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Archivio selezionato: Note

Nota a:
Cassazione civile , 06/05/2003, n. 6874, sez. III

(1) La qualificazione del contratto di brokeraggio assicurativo, tra


professioni intellettuali e contrattazione d'impresa.
Giur. comm. 2006, 2, 277
MAURIZIO BIANCHINI

1. La sentenza che si annota offre l'occasione per tornare su di un tema a lungo dibattuto
e che neppure oggi pu dirsi compiutamente risolto: quello della qualificazione giuridica
del rapporto di brokeraggio assicurativo(1). E, come spesso accade(2), la decisione in
esame desume la qualificazione del contratto al fine di applicare o meno una determinata
disciplina, nella specie quella dell'impresa.
La vicenda vedeva contrapposte una societ esercente attivit di brokeraggio (societ G.)
e un'altra (societ C.), proprietaria dell'immobile ove la prima conduceva i propri affari;
la societ conduttrice rivendicava nei confronti della seconda un'indennit di avviamento
in corrispondenza della cassazione del rapporto di locazione. La societ C. resisteva
argomentando che, avendo la societ attrice esercitato presso gli uffici oggetto di
locazione attivit di brokeraggio, ed essendo tale attivit inquadrabile tra le professioni
intellettuali, nessuna indennit poteva maturare in capo ad essa.
La tesi della societ G. era stata accolta nei primi due gradi di giudizio. In particolare, la
Corte territoriale era giunta alla conclusione che il brokeraggio costituisse attivit di
impresa in base ad una triplice considerazione: la prima, secondo la quale nessuna
norma della l. n. 792 del 1984 (c.d. "legge broker")(3) vieterebbe al broker di
procacciare clientela; la seconda, per la quale il broker sarebbe tenuto ad un'attivit di
''messa in contatto'' scevra da ogni rapporto di collaborazione, rappresentanza,
dipendenza con alcuna delle parti c.d. ''intermediate''; la terza, secondo la quale le
professioni intellettuali si caratterizzerebbero per l'autonomia in materia di formazione
degli albi e di disciplina, autonomia non riscontrabile nel caso del broker(4).
Il ricorso per cassazione, proposto dalla societ C., si articolava su due motivi. Con il
primo, la ricorrente asseriva che il broker non avrebbe svolto _ a tenore di legge (i.e., la
l. n. 792 del 1984) _ attivit d'impresa, bens quella di consulenza di stampo liberoprofessionale, esclusa, come tale, da quelle per le quali compete l'indennit di
avviamento. Con il secondo motivo, la societ C. criticava il richiamo legislativo alla
"mediazione", in quanto dell'attivit del broker non potrebbe predicarsi l'imparzialit
(dalla ricorrente ritenuta, invece, caratteristica essenziale della figura di cui agli artt.
1754 ss. c.c.), dal momento che quello svolge normalmente attivit di consulenza e
assistenza a favore e nell'interesse esclusivo dell'assicurando. La Corte di Cassazione ha
rigettato il ricorso.
2. In punto qualificazione del contratto, la Suprema Corte lucidamente riconosce che la
legge broker non stata in grado di ricomporre il dibattito sorto intorno alla
qualificazione giuridica del rapporto di brokeraggio(5), apertosi a partire da alcune sue
pronunce, rese tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta del Secolo
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scorso(6).
Anzi, come subito si vedr, le diverse correnti dottrinali che si sono via via confrontate
sul punto hanno attinto nuova linfa dall'entrata in vigore della legge broker,
individuando, ora nell'una, ora nell'altra disposizione normativa, gli argomenti per
sostenere le rispettive tesi circa la qualificazione giuridica della figura in esame(7): non
sorprende, dunque, che anche sul versante giurisprudenziale si riscontri una notevole
oscillazione da una all'altra delle ricostruzioni del rapporto di brokeraggio, in
corrispondenza della variet di opinioni dottrinali che ora schematicamente si passeranno
in rassegna.
In particolare, si deve qui menzionare: (a) la posizione di chi ha ritenuto il rapporto di
brokeraggio sussumibile nella figura della mediazione(8), talora intesa nella sua forma
atipica, o unilaterale o fiduciaria(9), talora quale fattispecie speciale, o sotto-tipo della
mediazione codicistica(10), in ogni caso intendendo le attivit di assistenza e consulenza
(pur espressamente previste nell'art. 1 della legge broker) come subalterne e gi
inglobate in quella tipica del mediatore; (b) la posizione di chi ha ritenuto il brokeraggio
un contratto c.d. misto(11), talora risultante dalla commistione di coessenziali elementi
di contratti tipici, quali la prestazione d'opera intellettuale e la mediazione (intesa anche
nella variante atipica, unilaterale o fiduciaria)(12); talora quale combinazione di elementi
dell'appalto o del contratto d'opera (a seconda della qualificazione del broker,
rispettivamente, come imprenditore non piccolo ovvero piccolo) e del mandato(13); (c)
la posizione di chi ha ritenuto di ricondurre la figura de qua ora alla prestazione d'opera
intellettuale(14), ora al contratto d'appalto o d'opera(15), cos assorbendovi l'attivit
messa in contatto; (d) infine, la posizione di chi ha inquadrato il contratto stipulato tra
broker e cliente nell'area dell'atipicit contrattuale, ricavando la disciplina del contratto
attraverso l'applicazione analogica di norme disciplinanti contratti tipici in base ad
un'analisi funzionale dei diversi aspetti del rapporto da regolare(16).
Peraltro, a pi riprese stato notato che l'opera di classificazione del brokeraggio
assicurativo ha stagliato la figura del broker a partire dalla negazione della riconducibilit
del rapporto negoziale ora all'uno, ora all'altro dei tipici contratti di mandato, agenzia,
prestazione intellettuale, ecc., ossia ''tipizzando negativamente per tipizzare
positivamente''(17).
Nella decisione in commento, la Suprema Corte, preso atto di questo quanto mai
variegato quadro di opinioni e riportandosi ad una propria precedente decisione del
1998(18), osserva come, alla luce della legge broker, abbia assunto rilevanza: ''il ruolo di
collaborazione con l'assicurando alla copertura dei rischi e di assistenza del medesimo
nella determinazione del contenuto dei relativi contratti, oltre che di collaborazione
eventuale alla gestione ed esecuzione degli stessi, valorizzando il momento della
consulenza ed assistenza all'assicurando che, nel complesso dell'attivit di brokeraggio si
colloca come prius logico ed indefettibile del successivo momento di intermediazione;
momento che deve essere valutato nell'ottica della funzione sociale assolta nel settore
dell'intermediazione assicurativa dal broker a livello di assistenza della parte debole al
fine di realizzarne la tutela effettiva come corollario del generale principio della
solidariet sociale''.
Da questa premessa ci si sarebbe attesi una conferma della posizione assunta pochi anni
prima: nella precedente sentenza, infatti, si ammetteva il carattere (socialmente) atipico
del contratto(19) e, da un lato, ci si premurava di attribuire al brokeraggio una nuova
"etichetta" di contratto nuovo, ma parzialmentetipizzato, a seguito dell'introduzione
nell'ordinamento della l. n. 792 del 1984; dall'altro lato, si precisava tale asserzione
affermando che il broker fosse ''...innanzitutto (e lo era anche prima della legge del
1984) un fiduciario dell'assicurando...''(20), cos formalizzando un'inversione di tendenza
rispetto al precedente orientamento del contratto di brokeraggio quale ipotesi di rapporto
di mediazione.
Invece, nella decisione qui oggetto di commento, la Suprema Corte imbocca una strada
pi ''tortuosa''. Disinteressandosi delle doglianze incentrate sul difetto del requisito
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pi ''tortuosa''. Disinteressandosi delle doglianze incentrate sul difetto del requisito


imparzialit del broker(21) (difetto che, secondo la ricorrente, non avrebbe consentito la
riconduzione del rapporto alla mediazione, come pur ritenuto dalla Corte d'Appello), il
Collegio si soffermato sull'obbligo di iscrizione all'albo professionale istituito dalla legge
broker; iscrizione condizionata, tra l'altro, alla stipulazione di polizze di assicurazione
della responsabilit civile per negligenza od errori professionali e all'adesione ad uno
specifico fondo di garanzia per il risarcimento dei danni agli assicurati e alle imprese di
assicurazione (cfr. artt. 4, 5, legge n. 792 del 1984)(22). Sulla base di queste
considerazioni la Cassazione giunge ad affermare: ''...che nell'attivit del broker
presente un rischio imprenditoriale da collegare all'aspetto mediatizio dell'attivit.
''La presenza del rischio imprenditoriale riconduce l'attivit economica ausiliaria di quella
assicurativa, organizzata ed esercitata dal broker, nell'ambito commerciale con
conseguente prevalente rilievo del dato economico rispetto a quello del servizio prestato.
''Non v' dubbio che la complessiva attivit del broker connotata pure da profili di
intellettualit, richiedendosi in chi la esercita specifiche ed approfondite conoscenze di
economia, tecnica e diritto delle assicurazioni, ma l'esercizio di attivit intellettuale
compatibile con quello di attivit commerciale, solo che l'elemento organizzativo riveste
carattere funzionale ed esterno, diversamente da quanto avviene nell'esercizio di attivit
intellettuali, nelle quali l'elemento organizzativo, se sussistente, ha carattere strumentale
ed interno''.
Di qui la conclusione che: ''il broker di assicurazioni svolge attivit mediatizia in forma di
impresa commerciale, che denota connotati intellettuali, e in caso di cessazione del
rapporto di locazione relativo all'immobile adibito all'attivit, ha diritto all'indennit per la
perdita dell'avviamento''.
3. La conclusione circa l'inquadramento dell'attivit di brokeraggio nell'ambito
dell'impresa commerciale appare condivisibile(23). Ci che stride il passaggio _ dalla
Cassazione sentito come necessario per poter chiudere il proprio sillogismo _ volto a
ricondurre il rapporto di brokeraggio alla mediazione, onde poi giustificare la prevalenza
del carattere imprenditoriale della professione, in ragione del rischio e a scapito
dell'intellettualit della prestazione (di cui, comunque, viene riconosciuta la rilevanza).
Tale modo di ragionare non convince perch il procedimento di qualificazione del
contratto qui viene utilizzato, non gi per inferirne la disciplina applicabile (anzi: nessun
particolare rapporto di brokeraggio assumeva rilevanza nel caso di specie), bens per
dedurne la qualificazione soggettiva (quella di imprenditore) di uno dei soggetti che di
quel contratto costituisce parte naturale, anzi, essenziale. In altre parole, la Suprema
Corte, sulla base di tutt'altro che univoche disposizioni legislative, cede al consueto ...
richiamo del tipo contrattuale(24), ritenendo la riconduzione del brokeraggio alla
mediazione funzionale alla qualificazione dell'attivit del broker come attivit d'impresa,
bench, tale previa sussunzione non sembrasse necessaria ai fini della soluzione della
controversia.
Pare, invero, che l'accertamento del carattere imprenditoriale dell'attivit svolta non
debba essere indotto a partire dalla qualificazione giuridica dei rapporti da quello posti in
essere(25). Dunque, la Corte meglio avrebbe potuto concludere nel senso
dell'imprenditorialit dell'attivit svolta dal broker ragionando su un piano diverso da
quello della tipizzazione del contratto in funzione della qualificazione dell'attivit.
Il broker poteva e potr essere qualificato come imprenditore (commerciale) laddove
l'attivit abbia ad integrare i presupposti e i caratteri della fattispecie "impresa"(26) (e
cio riscontrando la compresenza degli elementi costituitivi: l'"economicit" e
l'"organizzazione" dell'attivit di produzione o di scambio; la "professionalit"
dell'imprenditore, e, almeno secondo alcuni, la destinazione del bene o servizio al
"mercato"(27)): e ci a prescindere dalla previa riconduzione del brokeraggio ad un
particolare rapporto contrattuale (nella specie, il tipico rapporto di mediazione)(28).
Inoltre, l'esigenza di tipizzare il contratto di brokeraggio avrebbe definitivamente ceduto
se la constatazione, non soltanto enunciata, circa la compatibilit dello statuto
dell'imprenditore con l'esercizio di un'attivit c.d. intellettuale fosse stata coerentemente
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dell'imprenditore con l'esercizio di un'attivit c.d. intellettuale fosse stata coerentemente


sviluppata. Tale compatibilit tra attivit intellettuale ed esercizio di un'impresa risulta
gi da tempo affermata, almeno in linea di principio, dalla dottrina italiana(29), sulla
base di una sostanziale impossibilit _ nonostante la previsione espressa nell'art. 2238
c.c.(30) _ di differenziare l'attivit economica(31) condotta in forma di impresa da quella
propria del professionista intellettuale(32).
In particolare, vani si sono rivelati i tentativi di fondare la distinzione tra professione
intellettuale e impresa sulla base dell'assenza nella prima categoria del c.d. "rischio
d'impresa"(33), predicato per la seconda fattispecie, anche sulla base della
considerazione che la ''assenza del rischio ... sarebbe conseguenza e non presupposto di
una certa qualificazione''(34). Con specifico riferimento a tale nozione, inoltre, stato
osservato essa sarebbe da intendersi in un ''significato meno angusto di quello del buon
esito di una singola operazione commerciale o contrattuale'', potendosi riscontrare
''anche nell'attivit professionale, nello svolgimento della quale chi ha investito nel
proprio lavoro pu certamente correre il rischio di non vedersi remunerato''(35).
N maggior fortuna ha riscosso il tentativo di tracciare una valida e definitiva distinzione
tra professione e impresa sulla base dell'elemento organizzativo dell'attivit(36), che
nella prima avrebbe valenza ''ausiliaria'', e un carattere ''strumentale ed interno'', mentre
nella seconda sarebbe prevalente quello funzionale ed esterno(37); e ci soprattutto a
causa della insoluta questione di quale sia il minimum di organizzazione richiesto
dall'(ampia) fattispecie di cui all'art. 2082 c.c., anche in relazione all'evidente apparato
organizzativo che oggi contraddistingue molti studi professionali in diversi settori del c.d.
"terziario avanzato"(38).
La tesi circa la compatibilit della categoria professione intellettuale con la fattispecie
impresa (salvo la verifica caso per caso), fino ad ora minoritaria in dottrina ed avversata
dalla giurisprudenza, sembra oggi trovare una sponda nel diritto comunitario afferente
alla libert di concorrenza(39), ove il concetto di impresa stato relativizzato e
oggettivizzato, cio ritenuto idoneo ad identificare il generico svolgimento di un'attivit
economica, prescindendo dallo status giuridico del soggetto che la esercita e dalle sue
modalit di funzionamento, individuando un significato della nozione in relazione a
ciascuna specifica funzione perseguita dall'ordinamento comunitario(40). Un'ulteriore
spinta in tal senso si certamente avuta anche a seguito dell'abrogazione dell'art. 2 della
legge 23 novembre 1939, n. 1815, che faceva divieto ai professionisti (protetti) di
esercitare la propria attivit in forma societaria(41).
Le attivit di consulenza e l'assistenza all'assicurando, svolte dal broker prima, durante e
(eventualmente, ma normalmente) dopo la stipulazione del contratto di assicurazione,
risultano essenziali alla qualifica soggettiva della figura in esame (cfr. art. 1, l. n. 792 del
1984), consentendo l'erogazione di un peculiare servizio alla clientela; e tali attivit
hanno natura intellettuale, come del resto espressamente riconosciuto dalla sentenza in
esame. Ritenute dunque compatibili la professione intellettuale e la fattispecie "impresa"
e non necessaria la biunivocit del rapporto tra professione intellettuale e prestazione
d'opera intellettuale (e ci grazie, soprattutto, alla distinzione tra professioni "protette" e
professioni "non protette", da un lato, e tra prestazioni "esclusive" e "non esclusive",
dall'altro lato(42)), si pu oggi considerare il servizio prodotto dal broker _ quest'ultimo
inteso, vuoi come professionista singolo, vuoi come societ professionale _ quale
possibile oggetto dell'esercizio di un'attivit condotta, in forma d'impresa(43).
Dalla discussione che precede, sembra dunque emergere che la riconduzione del
brokeraggio al tipo mediazione non fosse in realt giustificata. L'attivit svolta dal broker
avrebbe potuto essere qualificata come "imprenditrice" (cos determinando l'obbligo di
riconoscere l'indennit di avviamento in capo al locatore dell'immobile adibito ad ufficio
del broker), senza alcuna necessit di procedere alla previa qualificazione del contratto
posto in essere da quel soggetto, essendo l'applicazione dello statuto dell'imprenditore
riconducibile al positivo riscontro dei tratti qualificanti l'"impresa" e non ostando a tale
ultima classificazione l'appartenenza del brokeraggio al novero delle prestazioni di servizi
aventi un contenuto intellettuale.
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aventi un contenuto intellettuale.


4. Sotto diverso ma connesso profilo, la qualificazione del rapporto di brokeraggio in
chiave di mediazione non appare la conseguenza univocamente derivabile dalle norme
della legge broker citate nella decisione in commento (cio quelle contenute negli artt. 4,
lett. f) e g); 5, lett. e) e f) e 8, l. n. 792 del 1984).
Le disposizioni citate, infatti, non appaiono dotate di portata dirimente per la soluzione
del problema qualificatorio, in quanto esse si preoccupano (con un respiro assai pi
limitato) di stabilire alcuni oneri e limiti in capo a coloro che aspirano all'iscrizione all'albo
dei brokers, e ci al fine di gestire l'allocazione del rischio connesso all'attivit svolta e di
assicurarne l'indipendenza, del tutto a prescindere dalla qualificazione del contratto
attraverso il quale l'attivit potenzialmente ''rischiosa'' viene esercitata.
Dette norme certamente rappresentano delle misure obbligatorie di cautela rispetto ad
ipotesi di responsabilit in cui il broker pu incorrere, ma non rivelano nulla in ordine alla
specifica tipologia di rischio ad essa connaturato (se non che esso esiste). Esse prendono
in considerazione tutti i soggetti con i quali il broker possa entrare in contatto,
nell'ambito, appunto, della propria attivit; tuttavia, ci non significa che esso non entri
in contatto con vari soggetti a titolo diverso e sulla base di rapporti distinti(44). Sembra,
dunque, voler desumere troppo dal(l'ermetico) linguaggio usato nelle norme citate
chi(45) vi legga una scelta del legislatore circa la qualificazione del rapporto di
brokeraggio in chiave di mediazione.
Del resto, la stessa sentenza in esame che, almeno inizialmente, sembra voler
sganciare il brokeraggio da tale figura codicistica, soffermandosi sul rapporto privilegiato
broker-cliente(46). Inoltre, l'art. 1 della l. n. 792 del 1984 a precludere espressamente
''impegni di sorta'' tra il broker e la compagnia di assicurazione, spingendo il primo ad
instaurare un rapporto di natura fiduciaria con l'assicurando; ancora, in questo senso,
proprio l'art. 8 della citata legge a porre un obbligo di diversificare il portafoglio del
broker, limitando il volume di polizze che un broker pu appoggiare alla medesima
compagnia assicurativa(47).
Non certo questa la sede per tentare un'analitica opera di ricostruzione della figura e
del ruolo del broker nel settore assicurativo(48). Si vuol qui sottolineare che la
riconduzione del rapporto di brokeraggio alla mediazione risponde ad una consuetudine,
per cosi dire, tipizzante della giurisprudenza(49). Nel caso del brokeraggio assicurativo,
tuttavia, detta tendenza non considera compiutamente, da un lato, l'articolato
svolgimento del rapporto in esame e l'assetto degli interessi ad esso sotteso (qui si
ricordano, a mo' di esempio, il meccanismo relativo al pagamento del compenso; il
carattere ''fiduciario'' del rapporto(50); la peculiare collocazione del brokeraggio nella
filiera della distribuzione assicurativa, che oggi si intreccia con l'intermediazione
finanziaria e sembra poterne condividere quei principi che presiedono alla tutela del
contraente c.d. "debole"(51)); dall'altro lato, e su di un piano pi generale, le dinamiche
della contrattazione d'impresa, le quali _ rispondendo, a loro volta, a logiche non pi
facilmente riducibili alle ''lenti'' costituite dai tradizionali concetti di causa e, soprattutto,
di tipo contrattuale(52) _ contribuiscono a ridurre la centralit dei modelli contenuti nel
codice civile(53). E, non chi non s'avveda dell'alto grado di compenetrazione tra i due
suddetti aspetti.
5. Tale ultima osservazione consente un'ulteriore, sintetica, riflessione di respiro pi
generale. I concetti di causa e di tipo contrattuale tuttora rilevano come i principali
strumenti di ''comprensione'' delle fattispecie contrattuali(54). Essi, tuttavia, vengono
messi a dura prova nel processo di riconduzione a sistema (inteso, ancora, come monosistema, incentrato sul codice civile)(55) di fattispecie di accordi che, quanto all'origine,
risultano estranee al nostro ordinamento (nel caso che qui ci occupa, lo stesso nome
risulta di derivazione anglosassone): esse corrispondono a figure di contratti, per cos
dire d'importazione, desunte cio dalle prassi commerciali di altri paesi ovvero dalla
prassi del commercio internazionale, in particolare, per quanto qui interessa, di quelle
invalse nel settore della distribuzione assicurativa.
Bench non sia questa le sede adatta per approfondire tali complessi aspetti, pare
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Bench non sia questa le sede adatta per approfondire tali complessi aspetti, pare
importante segnalare che il dibattito intorno alla qualificazione giuridica del brokeraggio
assicurativo si innesta nel pi articolato confronto della civilistica contemporanea con
l'introduzione nel nostro ordinamento di ''nuovi contratti'' (come ad esempio il leasing, il
factoring, il franchising, l'engineering, ecc.)(56), riflesso di un'irreversibile apertura delle
imprese italiane al mercato europeo e mondiale e della sempre pi rapida circolazione dei
modelli giuridici contrattuali e organizzativi; in particolare, di quelli relativi alla
produzione e allo scambio di beni e servizi, concepiti e forgiati nell'ambito dell'attivit
d'impresa.
Di qui, appunto, l'avvento degli studi dedicati specificamente alla "contrattazione
d'impresa"(57) e il progressivo delinearsi di "nuove categorie contrattuali"(58),
attraverso l'innesto nell'ordinamento italiano di leggi "speciali" e "settoriali" di matrice
spesso comunitaria, le quali hanno progressivamente eroso la centralit del codice civile
(ed alterato il rapporto tra parte generale e parte speciale delle obbligazioni)(59) e
messo nell'angolo i tradizionali strumenti attraverso i quali si era soliti qualificare e
interpretare i fenomeni di natura contrattuale(60).
Sotto diverso profilo, la creazione di ''nuovi'' contratti si pone in una linea di continuit
con la valenza sovrannazionale (o, meglio, universale) storicamente associata alla c.d.
"lex mercatoria"(61); peraltro, le problematiche poste dalla comprensione (e dalla
ricostruzione) dei modelli contrattuali nuovi attraverso lenti non altrettanto aggiornate
(ovvero fino ad allora utilizzate secondo logiche differenti) come, appunto, la causa e il
tipo, pongono in risalto l'altro carattere che si suole predicare del diritto commerciale: la
sua specialit(62).
Cos, il confronto scaturito dall'introduzione nello spazio giuridico italiano dei nuovi
contratti _ quasi sempre riconducibili alla categoria della contrattazione d'impresa _ ha
contribuito a riportare alla ribalta il dualismo, per la verit mai del tutto sopito, tra il
diritto civile e il diritto commerciale(63); questi ultimi intesi, non soltanto quali branche
della scienza giuridica afferenti alla pi generale categoria del diritto privato _ divise sul
piano didattico, ma unitariamente considerate sul piano sistematico(64) (anche a seguito
della scelta unificatrice operata nel 1942(65)) _ bens, e soprattutto, come discipline
dotate di reciproci tratti di specialit(66).
Peraltro, questo processo ha messo in discussione anche lo stesso concetto di "impresa",
il quale viene assumendo significati diversi rispetto alla concezione tradizionale
impressagli dal codice del 1942; ci a seguito delle ormai profonde, bench asistematiche, modifiche al proprio "statuto" (e dunque a quello dell'imprenditore) dovute,
da un lato, al diritto comunitario (che pare privilegiare una concezione oggettiva e
funzionale dell'impresa, in parte diversa da quella del nostro codice)(67); dall'altro lato _
e di nuovo _ alla legislazione speciale (o settoriale) che sembra progressivamente
rinnovare il rapporto tra lo Stato e l'iniziativa economica privata(68): come recentemente
notato, il tratto ''notevole in questo "nuovo diritto" ... che esso prescinde dal modello di
comportamento che il codice civile chiama impresa e dalle articolazioni di questo
modello''(69).
6. In conclusione, pur condividendosi la soluzione cui la Suprema Corte pervenuta in
punto di indennit d'avviamento a favore di un imprenditore-conduttore, in ipotesi di
convalida per finita locazione, il ricorso alla tipizzazione del rapporto di brokeraggio in
chiave di mediazione appare, nel merito, stonato rispetto (e se non altro) alle stesse
considerazioni svolte dalla Cassazione circa il rapporto broker-cliente e
metodologicamente non necessario, alla stregua della decisione che, nel caso di specie, si
intendeva adottare. Infatti, per poter affermare la sussistenza dell'indennit di
avviamento per l'attivit svolta dal broker sarebbe stato sufficiente la dimostrazione del
carattere imprenditoriale di tale figura: riscontro che necessitava della positiva verifica
dei consueti parametri posti dagli artt. 2082 ss., c.c., e non gi la sussunzione (da
ritenersi, peraltro, non univoca) del rapporto posto in essere dal broker entro uno
specifico tipo contrattuale.
Su di un piano pi generale, sembra a chi scrive che il rapporto di brokeraggio
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Su di un piano pi generale, sembra a chi scrive che il rapporto di brokeraggio


assicurativo possa rappresentare un esempio dal quale partire per una riconsiderazione
di concetti giuridici nati e coltivati nella logica monosistematica costruita attorno al codice
civile e che oggi _ al cospetto del noto fenomeno (o, meglio, al reticolo quasi inestricabile
di fenomeni socio-economici, politici e giuridici), sintetizzabile con la pur abusata
espressione "globalizzazione" _ sembrano fronteggiare taluni dei loro forse insuperabili
limiti.

NOTE
(1) Salvo rimandare al prosieguo di questa nota per pi puntuali riferimenti bibliografici,
da subito si segnalano i contributi di taglio monografico dedicati allo studio del problema
enunciato nel testo: E. GIACOBBE, Brokeraggio e tipo contrattuale, Milano, Giuffr, 2001,
passim; PEDICINI, Il broker di assicurazioni, Milano, Giuffr, 1998, passim; GUIOTTO, Il
contratto di consulenza assicurativa, Milano, Giuffr, 1993, passim; CASALI, L'agente e il
broker di assicurazione, Milano, 1993, Giuffr, 429 ss.; inoltre, per un'analisi comparata
con la realt anglosassone, dalla quale la figura stata mutuata, v. BOGLIONE, Il broker di
assicurazione e riassicurazione in Italia e in Inghilterra. Funzioni e responsabilit, in
Assicurazioni, 2000, I, 23 ss. La sentenza in esame, pur riferendosi all'"indennit di
avviamento", non affronta, n il problema della sua natura, n quello del metodo della
sua quantificazione: tali aspetti, dunque, non saranno discussi nelle osservazioni che
seguono; gli aspetti relativi al rapporto di locazione sono trattati nella nota di commento
alla medesima sentenza pubblicata in Riv. giur. ed., 2003, I, 1492
(2) Cfr., ad es., App. Torino, 8 marzo 2001: la si pu leggere in Giur. it., 2001, I, 1,
1663 ss., nonch in Assicurazioni, 2001, II, 179 ss. (e ivi, 180, v. la nota di BOGLIONE, Il
broker di assicurazione ha diritto alla provvigione da parte dell'assicuratoreaggiudicatario a seguito di bando d'asta recante le condizioni di sicurt predisposte dal
broker su incarico dell'assicurando?) e in Dir. econ. ass., 2001, 1115 ss. (e ivi, 1125, v.
la nota di PARADISI, Mediatore di assicurazione, denominato anche broker...)
(3) la legge 28 novembre 1984, n. 792, "Istituzione e funzionamento dell'albo dei
mediatori di assicurazione", in Gazz. uff. 29 novembre 1984, n. 329: la si veda
commentata, a cura di PARTESOTTI, dal medesimo A. e da BONILINI, FORLATI PICCHIO, G.
CARRARO, RIVA CRUGNOLA, in N. leggi civ., 1985, 734 ss. (d'ora innanzi, per brevit, il
''Commento l. n. 792/84''), nonch da CASTELLANO, La legge sui brokers d'assicurazioni, in
questa Rivista, 1985, I, 146 ss. Si deve subito segnalare che la citata legge broker,
stata emanata anche in attuazione della direttiva 77/92/CEE, del 13 dicembre 1976 del
Consiglio, concernente le "misure destinate a facilitare l'effettivo esercizio della libert di
stabilimento e della libera prestazione di servizi per le attivit di agente e di mediatore di
assicurazioni" (in G.U.C.E., 31 gennaio 1977, L 26, 14 ss.; v. anche in Assicurazioni,
1977, II, 81 ss.), la quale, invero, si rivolgeva alla pi generale categoria degli
intermediari di assicurazioni, e cio anche gli agenti (per i quali, infatti, stata emanata
la l. 7 febbraio 1979, n. 48, istitutiva dell'albo nazionale degli "agenti di assicurazione");
e che tale direttiva stata recentemente sostituita dalla direttiva 2002/92/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 dicembre 2002, "sulla intermediazione
assicurativa" (in G.U.C.E., 15 gennaio 2003, L 9, 3), la quale certo offrir nuovi spunti di
discussione intorno al tema dell'inquadramento giuridico di tale figura contrattuale (cfr.,
in particolare, i ''considerando'' nn. 6, 9, 10, 11, 13, 19, 20 e 21). Sulle direttive
comunitarie in tema di libert di stabilimento e intermediazione nel settore assicurativo e
la loro attuazione v. FORLATI PICCHIO, Commento l. n. 792/84, cit., 774 ss.; VOLPE PUTZOLU,
Le assicurazioni. Produzione e distribuzione, Bologna, Mulino, 1992, 215, e, pi
recentemente, P. MARIANI, Libera prestazione di servizi e stabilimento degli intermediari di
assicurazione comunitari in Italia, in Dir. comm. internaz., 2001, 661; SACERDOTI,
L'evoluzione del quadro comunitario: la distribuzione dei prodotti assicurativo-finanziari,
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in SACERDOTI (a cura di), Assicurazioni e prodotti finanziari, Milano, Giuffr, 2000; CERINI,
Prodotti e servizi assicurativi - Distribuzione e intermediazione, Milano, Giuffr, 2003, 7
ss. e 152 ss
(4) Sul tema dell'autoregolamentazione nell'ambito del brokeraggio, cfr. DE' COCCI, I
codici di autoregolamentazione degli intermediari di assicurazione, in Dir. prat. ass.,
1987, 483 ss. e SCALFI, Deontologia e qualificazione professionale degli intermediari
autonomi di assicurazione: agenti e brokers, in Dir. prat. ass., 1981, 529 ss.; cfr. inoltre
il codice deontologico approvato dall'A.I.B.A. (che si pu leggere in PEDICINI, (nt. 1), 183
ss. e in Assicurazioni, 1981, I, 211), laddove si stabilisce, tra l'altro, che il broker deve
"a) salvaguardare gli interessi del cliente, ponendo gli stessi al di sopra di ogni propria
considerazione, anche in ordine della durata dei contratti assicurativi e degli incarichi di
brokeraggio. In particolare l'importanza della rimunerazione che egli percepisce non deve
in alcun caso influenzare la qualit del servizio. b) Assistere il cliente nell'individuazione
delle sue necessit assicurative, nell'ambito dell'incarico ricevuto... c) Assistere il cliente
sia nella formulazione delle condizioni contrattuali..."
(5) Tale il comune rilievo della dottrina: si veda ad. es. LUMINOSO, La mediazione, in
Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo (continuato da
Mengoni e Schlesinger), vol. XX, t. 3, Milano, Giuffr, 1993, 158, sub nt. 101 e A. PERULLI,
Il lavoro autonomo, ivi, vol. XXVII, t. 1, Milano, Giuffr, 1996, 157
(6) In particolare, cfr., Cass., 12 novembre 1979, n. 5860; Cass., 21 ottobre 1980, n.
5676, entrambe pubblicate in Foro it., 1981, I, 749 (e, ivi, 750 ss., v. la nota di CARRIERO,
Sulla figura giuridica del "broker") e in Assicurazioni, 1981, II, 155 (e, ivi, 156 ss., v. la
nota di PIZZIGATI, Profili giuridici del broker di assicurazioni) e Cass., sez. I, 29 maggio
1980, n. 3531, in Giust. civ., 1980, I, 2154 (e, ivi, 2162 ss., v. la nota di BONILINI, Sulla
qualificazione giuridica del rapporto di brokeraggio). Si sottolinea come la figura del
broker allora non fosse affatto sconosciuta: il tema veniva affrontato gi dal Vivante il
quale rilevava un impiego sempre pi raro del mediatore in affari di assicurazione nella
coeva prassi commerciale italiana: cfr., VIVANTE, Contratto di assicurazione, II - Le
assicurazioni marittime, Milano, Hoepli, 1890, 26 (la circostanza ricordata, tra gli altri,
da BIN, Broker di assicurazione, in Contr. imp., 1985, 531). Tuttavia, fu in seguito alle
citate sentenze che il dibattito circa la natura giuridica del brokeraggio guadagn
l'attenzione di molti Studiosi. La ragione dell'apparente eclissarsi della figura del broker e
del suo ''ritorno sulla scena'' soltanto in tempi relativamente recenti stata cos spiegata
da PARTESOTTI, (nt. 3), 735: "[l]a storia recente del mercato italiano _ rispetto a quanto si
pu rilevare nei paesi pi evoluti _ stata contrassegnata in proposito dall'assoluto
predominio della struttura agenziale". Per una prima approfondita classificazione delle
figure operanti nel settore assicurativo si rimanda a ID., Gli intermediari di assicurazioni,
in Assicurazioni, 1971, I, 392 ss. Per un inquadramento storico del "sensale
d'assicurazioni", cfr. PENE VIDARI, Il contratto di assicurazione nell'et moderna, in
L'assicurazione in Italia fino all'Unit, Milano, Giuffr, 1975, passim; DAVEGGIA,
L'intermediazione assicurativa nel Medio Evo, in Assicurazioni, 1985, I, 326; E. GIACOBBE,
(nt. 1), 1 ss
(7) Cfr. E. GIACOBBE, (nt. 1), 132 ss. e 177 ss
(8) Tale la posizione tradizionale della giurisprudenza di legittimit: cfr., Cass., 12
novembre 1979, n. 5860 e Cass., 21 ottobre 1980, n. 5676, entrambe gi citate, seguite
anche da Cass., 5 giugno 1992, n. 6956, in Foro it., 1994, I, 1548 (e, ivi, nota critica s.t.
di R. ROSSI). Tra le pi recenti decisioni delle corti di merito, Trib. Napoli, 30 settembre
2003, in Giur. nap., 2003, 392; App. Torino, 5 novembre 1998, in Giur. it., 1999, I, 2,
1455 (e, ivi, nota di SCOZIA, Brevi note in tema di brokeraggio nei contratti di
assicurazione della Pubblica Amministrazione), nella quale, tuttavia, la motivazione
sembra propendere per una commistione di cause (o di tipi?), con prevalenza della
mediazione. In dottrina, PARTESOTTI, Gli intermediari, (nt. 6), 413-14; ID., Commento l. n.
792/84, (nt. 3), 736-37, ove si parla del broker come di un ''mediatore qualificato'',
svolgendo alcune osservazioni che sembrano condurre verso la tesi indicata nel testo sub
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svolgendo alcune osservazioni che sembrano condurre verso la tesi indicata nel testo sub
(b); FANELLI, Le assicurazioni - I, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo
(continuato da Mengoni e Schlesinger), Milano, Giuffr, 1973, 411-12, il quale precisa
che tale qualificazione pu essere condotta solo ''[s]e si accetta di allargare lo schema
del rapporto di mediazione ...anche [al]la c.d. mediazione "parziale"''); SCALFI,
L'intermediazione nell'assicurazione, in Resp. civ. prev., 1984, 6 e 22 ss., ove si sostiene,
in particolare, che sarebbe da ammettersi la qualificazione del broker in chiave di
mediazione in forza della direttiva comunitaria del 1976 (e, poi, dalla legge broker che ne
attua i principi), la quale avrebbe l'effetto di derogare all'ultima parte dell'art. 1754 c.c.,
''sia per la "collaborazione" sia per l'"assistenza" alla "determinazione del contenuto dei
contratti"'', potendosi cos applicare le ''norme tutte sul contratto di mediazione se non
derogate da patti o usi contrattuali (ex art. 1756 c.c.)'', configurando (ivi, a p. 24) un
''rapporto contrattuale preesistente tra assicurando e mediatore... collegato [alla
mediazione] e ...regolato dalle norme proprie della sua natura'' di cui, tuttavia, non si
delineano i tratti; CASALI, Chi paga il broker?, in Dir. prat. ass., 1986, 306 (ma cfr., ID.,
Agente di assicurazione e broker, (nt. 1), 433, ove si sposa la tesi di una ''una nuova
figura giuridica, creata dalla legge ... al quale comunque dovr applicarsi la normativa del
mediatore di commercio...''); G. ALPA, G.B. FORLINO, voce "Broker", in Dig. disc. priv., sez.
comm., vol. II, Torino, UTET, 1987, 367; POLLICE, Il brokeraggio tra mediazione e lavoro
intellettuale: un problema di qualificazione, in Dir. giur., 1987, 7 e 25; R. BALDI, Il
contratto di agenzia7, Milano, Giuffr, 2001, 357 e 359; CAGNASSO, COTTINO, IRRERA,
L'assicurazione: l'impresa e il contratto, in Tratt. dir. comm., diretto da Cottino, vol. X,
Padova, CEDAM, 2001, 67; BUONOCORE, Contratto di assicurazione, in BESSONE (a cura di),
Istituzioni di diritto privato7, Torino, Giappichelli, 2000, 908
(9) In generale sulla mediazione atipica (unilaterale o fiduciaria), cfr.: Cass., 11
dicembre 2002, n. 17628, in Contr., 2003, 796 (e ivi, 799, v. il commento s.t. di BRUNO,
la quale osserva, a p. 800 e poi a p. 803, come la configurazione di una ''mediazione
atipica'' dipenda, tra l'altro, dallo schieramento sul fronte di chi individua in tale figura
un'ipotesi di contratto ovvero di fatto produttivo di obbligazioni: ''ciascuno schieramento
dottrinale riconosce validit giuridica al contrapposto, qualificandolo come mediazione
atipica''); cfr., inoltre, Cass., 1 giugno 2000, n. 7273, in Giust. civ., 2001, I, 784; Cass.,
13 febbraio 1998, n. 1630, in Foro it., 1999, I, 2662; Trib. Ivrea, 29 ottobre 2003, in
Giur. merito, 2004, 274; Id., 11 luglio 2002, in Foro it., 2003, I, 1186; Trib. Venezia, 9
ottobre 2002, in Foro it., 2002, I, 3469 e in Gius., 2003, 874; Id., 5 marzo 1998, in Foro
pad., 1999, I, 76 (e ivi, v. la nota di VIERO, Appunti sulla mediazione atipica). In dottrina,
cfr. LUMINOSO, (nt. 5), 60 ss. e 123 ss.; CATRICAL, La mediazione, in Trattato di diritto
privato, diretto da P. Rescigno, vol. 12, Torino, UTET, 1985, 435 ss.; sosteneva la tipicit
della mediazione anche se ''unilaterale'', AZZOLINA, La mediazione2, in Trattato di diritto
civile, fondato da Vassalli, Torino, UTET, 1957 (rist.), 28-29, e 51 ss
(10) Cfr. App. Torino, 8 marzo 2001, citata retro, sub nt. 2; Trib. Milano, 12 febbraio
1987, in Foro pad., 1987, I, 249. Pi recentemente, anche la S.C., in un obiter dictum,
pare sostenere la natura speciale del brokeraggio rispetto alla mediazione codicistica: cfr.
Cass., 19 novembre 1999, n. 12833, in Giust. civ., 2000, I, 1042. In dottrina, trattano
del brokeraggio assicurativo collocandolo tra le ipotesi ''speciali'', ''atipiche'' o ''affini'' di
mediazione: LUMINOSO, (nt. 5), 155 e 158; TROISI, La mediazione, Milano, Giuffr, 1995,
173 ss.; VISALLI, La mediazione, Padova, CEDAM, 1992, 46; LA TORRE, I mediatori di
assicurazione, in Assicurazioni, 1985, I, 283; BALDASSARRI, I contratti di distribuzione,
Padova, CEDAM, 1989, 449-451; MARINI, La mediazione. Artt. 1754-1765, in Commentario
al codice civile, diretto da Schlesinger, Milano, Giuffr, 1992, 82 ss. Ritiene che il
brokeraggio costituisca un sottotipo della mediazione codicistica, GIACOBBE, (nt. 1), 328.
In forza dell'entrata in vigore della l. 792 del 1984, sostengono l'autonomia della figura
tipica del broker, pur plasmata a partire da quella del mediatore, POGLIANI, Discorso breve
sulla qualificazione del broker, in Resp. civ. prev., 1985, 726-27; RIGOLINO BARBERIS, I
protagonisti dell'intermediazione assicurativa, agenti, produttori, brokers, ibid., ivi, 736;
LUMINOSO, op. loc. ult. cit
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LUMINOSO, op. loc. ult. cit


(11) Sul contratto "misto" non si pu che rimandare a SICCHIERO, Il contratto con causa
mista, Padova, CEDAM, 1995, 158 ss., ove ricchi riferimenti bibliografici e giurisprudenziali
(12) Cons. St., 3 giugno 2002, n. 3064, in Foro amm. CDS, 2002, 1434, ove si afferma
che, ''anche se il carattere prevalente della sua opera sembra quello mediatizio..., non
sono da trascurare i profili di assistenza esclusiva nei riguardi dell'assicurando, prima, e
dell'assicurato, poi, dopo la stipulazione''. Su tale linea, v. inoltre, Trib. Torino, 26
gennaio 2000, in Giur. it., 2001, 783; Id., 10 gennaio 1997, n. 110, in Giur. it., 1998, I,
2, 976 (e, ivi, 974, v. la nota s.t. di SCOZIA) e in Dir. econ. ass., 1997, 621 (e, ivi, 632
ss., v. la nota di CERINI, L'attivit del broker di assicurazione nei confronti della Pubblica
Amministrazione: in cerca di una definizione dei ruoli. Prime osservazioni su una
sentenza recente). In dottrina, v. inizialmente, LOMBARDO, Considerazioni sulla posizione
giuridica del broker in Italia, in Dir. prat. ass., 1971, 501-502 e 506 ss. e, poi, BONILINI,
Sulla qualificazione giuridica, (nt. 6), 2167-68; ID., Commento l. n. 792/84, (nt. 3), 744
e 750 ss.; PIZZIGATI, (nt. 6), 167; G. SANTINI, Commercio e servizi, Bologna, Mulino, 1988,
443; A. PERULLI, (nt. 5), 161; DONATI, VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni7,
Milano, Giuffr, 2002, 100; tali AA. concordano nell'individuare due momenti del rapporto
di brokeraggio, ritenuti tra loro coessenziali e inscindibili: sul versante broker-compagnie
assicurative sussisterebbe un rapporto di mediazione atipica (unilaterale o fiduciaria); sul
versante broker-assicurando, un rapporto inquadrabile nel contratto d'opera intellettuale
(contra, E. GIACOBBE, (nt. 1), 204 ss.; POLLICE, (nt. 8), 10; BIN, (nt. 6), 540, v. nt.
seguente); sembrano assestarsi su tale linea anche PARTESOTTI, Commento l. n. 792/84,
(nt. 3), 737; D. IANNELLI, G. GIORDANO, G. SANTORO, Il contratto di agenzia. La mediazione2,
Torino, UTET, 1993, t. 2, 541 ss. e 800 ss. Sembrano cos concludere anche PEDICINI, (nt.
1), 147-148 (con qualche oscillazione verso la tesi ''classica'' della mediazione) e GUIOTTO,
(nt. 1), 19
(13) BIN, Broker di assicurazione, (nt. 6), 540: tale a., rifiutando la qualificazione del
contratto de quo quale ipotesi di prestazione d'opera intellettuale, ne afferma invece la
riconducibilit allo schema causale del ''comune'' contratto di appalto, salvo precisare:
''sul ceppo principale del "contratto di servizi" (appalto od opera) si innesta una ramo
secondario, ma importante..., ossia il mandato (per lo pi con rappresentanza)
dell'assicurando al broker per la conclusione di contratti di assicurazione (ed atti
esecutivi: pagamento dei premi, ecc.). Sembra che si profili allora una classica ipotesi di
ci che la dottrina e la giurisprudenza chiamano contratto "misto" o "complesso"'';
contrario alla configurazione del brokeraggio come contratto "misto", POLLICE, (nt. 8), 10,
il quale ritiene che, semmai, vi sia una ''mistione tra la prestazione tipica del
professionista e la posizione tipica del mediatore'', ma conclude (ivi, a p. 22) circa
l'inidoneit dello ''schema (prevalente) della prestazione d'opera intellettuale ... a
contenere tratti di disciplina provenienti dalla mediazione''
(14) TRICOLI, "Broker" si traduce mediatore o prestatore d'opera intellettuale?, in Corr.
giur., 1985, 199 ss.; IPPOLITO, Il professionista di assicurazione denominato anche broker,
in Assicurazioni, 1989, I, 130 e 138 (il brokeraggio costituirebbe un ''rapporto autonomo
e nominato nettamente differenziato sia rispetto al rapporto ordinario di mediazione che
al contratto di agenzia o di mandato'' concludendo, tuttavia, che esso ''si qualifica quale
contratto d'opera professionale a titolo oneroso ed a prestazioni corrispettive con
retribuzione commisurata a percentuale e condizionata all'oggetto della prestazione e
cio alla conclusione del contratto di assicurazione''); GIUFFRIDA, Profili problematici del
c.d. brokeraggio, in Giust. civ. 1991, II, 41 ss
(15) SCHIANO DI PEPE, Brokeraggio assicurativo, intermediazione, impresa di servizi, in
Assicurazioni, 1987, I, 328-330, ove si argomenta che ''l'attivit di brokeraggio sia
diretta alla prestazione di servizi particolarmente qualificati sul piano del contenuto al
punto da poterli considerare, almeno in parte, intellettuali ... ad ulteriore conferma
dell'allargamento dell'area dell'imprenditorialit di servizi'' e che il brokeraggio
assicurativo si atteggerebbe quale appalto o contratto d'opera. Su tale linea si collocano
GAZZONI, Manuale di diritto privato10, Napoli, Esi, 2003, 1294 e PERSANO ADORNO, Il ruolo
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GAZZONI, Manuale di diritto privato10, Napoli, Esi, 2003, 1294 e PERSANO ADORNO, Il ruolo
del broker nei rapporti con la p.a. (nota ad App. Torino, 5 novembre 1998), in Giur.
merito, 2000, I, 713 e 716: questi aa., inoltre aderiscono alla corrente dottrinale e
giurisprudenziale (per la quale cfr. anche R. ROSSI, infra, nt. 16) che riconosce una
''preminenza dell'opera personale del broker quale consulente fiduciario
dell'assicurando''; in particolare, la seconda a. asserisce che ''l'attivit di mediazione
"pura" descrizione non solo giuridicamente limitativa, ma anche non rilevante dal punto
di vista pratico'', sostenendo che l'attivit che il broker abbia a svolgere a favore della
P.A. si debba inquadrare nell'ambito dell'appalto di servizi, cos risultando applicabili le
regole dell'"evidenza pubblica"; su tale ultimo aspetto, sia pure con rilievi difformi in
punto di qualificazione del contratto di brokeraggio, cfr. altres CERINI, L'attivit del
broker, (nt. 12), 637
(16) Cfr. Cass., 29 maggio 1980, n. 3531, cit. sub nt. 6: tale sentenza, a prima vista
inquadrabile nel filone delle decisioni che appiattiscono il brokeraggio sulla figura della
mediazione codicistica, non stata correttamente massimata (come opportunamente
notano ALPA, FORLINO, (nt. 8), 364): essa, invero, dopo aver riconosciuto l'atipicit del
brokeraggio, applica analogicamente le norme sulla mediazione. Pi recentemente, cfr.
altres Cass., 12 dicembre 1990, n. 11810, in Riv. giur. circ. trasp., 1991, 209 ss., ove si
prendeva in esame una societ di brokeraggio che aveva instaurato con la compagnia
assicuratrice un rapporto atipico a prestazioni corrispettive e ad esecuzione periodica o
continuata (il cui contenuto si confonde con un rapporto agenziale, ivi, 212-213) la cui
esatta qualificazione risultava ''secondaria'', essendo la disciplina generale dei contratti
sufficiente a risolvere la questione (ivi, 214 ss.). Sul fronte della giustizia amministrativa,
cfr. T.A.R. Lazio, 9 aprile 1997, n. 637, in T.A.R., 1997, I, 1626 ss. (tuttavia l'atipicit del
contratto viene ritenuta coesistente con una sua ''parziale tipizzazione''). In dottrina, v.
GALGANO, Trattato di diritto civile e commerciale2, vol. II, t. 2, Padova, CEDAM, 1993, 108109; R. ROSSI, Obblighi di informazione e responsabilit del broker (nota ad App.
Bologna, 18 luglio 1992), in Foro it., 1993, I, 580 ss., il quale conclude per l'applicazione
analogica all'atipico contratto di brokeraggio delle norme in tema di appalto di servizi e di
prestazione d'opera intellettuale; GOLA, Contratti assicurativi della Pubblica
Amministrazione: il servizio del broker e le procedure contrattuali (nota a Cons. St., 26
giugno 1996, n. 796), in questa Rivista, 1997, II, 189-190, laddove, tuttavia, pur
affermando la riconducibilit del brokeraggio ''alla categoria dei c.d. "contratti atipici"''
con una ''precisa identit'' derivante dalla l. n. 792 del 1984, si sostiene che
''[l]'obbligazione principale del broker ... quella della mediazione assicurativa''; CERINI,
L'attivit del broker, (nt. 12), 636 (la quale, sulla scia di larga parte della dottrina,
propone di ''abbandonare l'ipotesi di una visione unitaria del broker di assicurazione, il
quale, svolgendo attivit di differente natura, si cala in vesti professionali diverse
sviluppatesi pur sempre tutte attorno a quell'originaria ed antica collocazione a cavallo
tra ius civilis e ius mercatorum ed alla configurazione del "mediatore" quale sensale...'').
Da ultimo, v. D. GIORDANO, Il contratto "atipico" di brokeraggio, in Riv. dir. comm., 1999,
I, 776-782, il quale pare sostenere la tesi di un'atipicit "pura" del brokeraggio
assicurativo, con conseguente applicazione delle norme tipiche sulla base di una
valutazione funzionale svolta con riguardo a ciascuna delle prestazioni dedotte nel
rapporto contrattuale
(17) GIUFFRIDA, (nt. 14), 37; D. GIORDANO, (nt. 16), 775 (riportandosi a SACCO, Autonomia
contrattuale e tipi, in Riv. trim dir. proc. civ., 1966, 785 ss.). Ritengono che ogni
tentativo di definire unitariamente la figura giuridica del broker sia destinato a fallire di
fronte alle molteplici articolazioni del rapporto: CARRIERO, (nt. 6), 753; FANELLI,
Considerazioni sulla disciplina del brokeraggio nell'assicurazione terrestre in occasione
del disegno di legge 189 (Senato) sull'esercizio della mediazione in assicurazione, in
questa Rivista, 1981, I, 373 (cos parzialmente mutando l'opinione espressa in
precedenza, cfr. ID., (nt. 8)); BALDASSARRI, (nt. 10), 450; DI CHIO, Mediazione e mediatori,
in Dig. disc. priv., sez. civ., IX, Torino, UTET, 1993, 397
(18) Cass., 26 agosto 1998, n. 8467, in Foro it., 1999, I, 608 ss. (e ivi, v. la nota di P.
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(18) Cass., 26 agosto 1998, n. 8467, in Foro it., 1999, I, 608 ss. (e ivi, v. la nota di P.
SANTORO), pubblicata altres in N. giur. civ. comm., 2000, I, 245 ss. (e, ivi, 250 ss., v. la
nota di MULARONI, La conclusione di affari del preponente tramite brokers assicurativi),
nonch in Dir. econ. ass., 1999, 661 ss. (e, ivi, 669 ss., v. la nota di VERGANI, Il
"brokeraggio assicurativo": l'apertura della Cassazione sulla tipizzazione sociale del
contratto)
(19) Cass., 26 agosto 1998, n. 8467, cit., 614; in tal senso, si vedano anche Cons. St.,
24 febbraio 2000, n. 1019, in Foro amm., 2000, II, 416 ss.; T.A.R. Lazio, 9 aprile 1997,
n. 637, in T.A.R., 1997, I, 1628, laddove si afferma: ''[i]l contratto di brokeraggio una
figura atipica di contratto ad esecuzione continuata o periodica che ha ricevuto parziale
tipizzazione con l. 28 novembre 1984, n. 792 ... e compendia varie attivit''. Con identica
motivazione, ma con conclusioni difformi, cfr. App. Torino, 5 novembre 1998, cit. In
dottrina: all'indomani dell'entrata in vigore della l. n. 792 del 1984, cfr. TRICOLI, (nt. 13),
199 ss. (ma conclude nel senso che il brokeraggio integra una prestazione d'opera
intellettuale); POGLIANI, (nt. 8), 733; VOLPE PUTZOLU, Le assicurazioni. Produzione e
distribuzione, (nt. 3), 214, ove si afferma: che ''gli intermediari non occasionali nel
settore assicurativo sono in definitiva riconducibile a tre figure giuridiche: l'agente, il
mediatore, il broker'', il quale viene definito come una ''figura tipica della intermediazione
assicurativa, un intermediario che agisce nell'interesse dell'assicurando (cfr. l. 28
novembre 1984 n. 792)''; BRESCIA, I rimedi solutori nel contratto di brokeraggio, in DE
NOVA (a cura di), Recesso e risoluzione nei contratti, Milano, Giuffr, 1994, 756 e 758;
LUMINOSO, (nt. 5), 158, nonch ID., I contratti per la promozione o la conclusione di affari,
in Manuale di diritto commerciale3, Torino, Giappichelli, 2001, 1014 (ove si aderisce ad
una diffusa qualificazione del contratto divenuto, ''oramai tipico, che comprende elementi
della mediazione e della prestazione d'opera intellettuale'') e 1058 (ove si riconduce la
figura in esame ad ''un nuovo tipo legale, diverso dalla mediazione, dal contratto d'opera
e dall'appalto'', bench, comunque, esso ''appartenga all'area della mediazione'');
VERGANI, (nt. 18), 672
(20) Cass., 26 agosto 1998, n. 8467, cit., 615. Del resto, successivamente, la S.C.
(Cass., 19 novembre 1999, n. 12833, in Giust. civ., 2000, I, 1041-42), pur affermando
che il brokeraggio costituirebbe un ''mediazione particolare per l'oggetto e per il
soggetto'', ha evidenziato come il broker sia ''un incaricato di fiducia dell'assicurando,
con il compito prioritario di consigliarlo nella scelta per la collocazione sul mercato dei
rischi alle migliori condizioni ed assisterlo nella stipula del contratto di assicurazione o
riassicurazione...''. Sotto questo specifico profilo, entrambe tali decisioni riecheggiano
App. Bologna, 18 luglio 1992, cit., ove si sosteneva che il broker avrebbe integrato una
specifica figura professionale di consulente esperto in tecnica assicurativa, il quale, giusta
l'art. 1 della pi volte citata l. n. 792 del 1984, assiste e coopera con l'assicurando
(definito espressamente il ''cliente'' del broker) e con il quale si instaura un rapporto di
natura fiduciaria, dal quale sorge una precisa obbligazione di diligenza e perizia di natura
contrattuale. Peraltro, l'affermazione del carattere fiduciario dell'incarico affidato al
broker appare difficilmente conciliabile con il dettato degli artt. 1754 e 1759 c.c. (cos R.
ROSSI, Obblighi di informazione, (nt. 16), 579), contribuendo ad incrinare la tesi del
brokeraggio assicurativo quale specificazione del contratto di mediazione; contra, E.
GIACOBBE, (nt. 1), 290-91
(21) Il requisito dell'imparzialit del mediatore dalla giurisprudenza tradizionalmente
ritenuto essenziale per vedere integrata siffatta figura: cfr., ad esempio, Cass., 6 luglio
1950, n. 1766, in Giur. compl. cass. civ., 1951, I, 86 (e ivi, 89, nota critica di G.
MINERVINI, Agente occasionale o mediatore parziale?); Cass., 18 febbraio 1998, n. 1719, in
Giur. it., 1999, 268 e in Corr. giur., 1999, 211 (e ivi, v. la nota di E. GIACOBBE, Sulla
differenza tra mandato e mediazione: dubbi in merito ad un orientamento consolidato);
nonch in Contr., 1998, 489 (e, ivi, 492, v. la nota di NATALE, Sul cumulo delle attivit di
mandatario e mediatore unilaterale); Cass., 27 giugno 2002, n. 9380, in Giust. civ.
Mass., 2002, 1115; Cass., 16 luglio 2002, n. 10286, in Giust. civ., 2003, I, 709 e in Foro
it., 2003, I, 1186. In dottrina, hanno sostenuto l'imparzialit del mediatore, tra gli altri,
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it., 2003, I, 1186. In dottrina, hanno sostenuto l'imparzialit del mediatore, tra gli altri,
CARRARO, La mediazione2, Padova, CEDAM, 1960, 67 ss. e 143 ss. (ma intendendo la
mediazione nella sua forma tipica, cio, secondo tale Autore, non contrattuale); VARELLI,
La mediazione, Napoli, Jovene, 1953, 58 e 111. Considera l'imparzialit un onere posto
in capo al mediatore onde maturare il diritto alla provvigione verso entrambe le parti
"intermediate", MIRABELLI, Dei singoli contratti, in Commentario del codice civile, libro IV,
t. 3, Torino, UTET, 1960, 653 (e tale posizione si ritrova anche in giurisprudenza: cfr. la
gi citata Cass., 29 maggio 1980, n. 3531). Pi recentemente, v. IPPOLITO, (nt. 18), 126;
A. PERULLI, (nt. 5), 158. Contra, AZZOLINA, (nt. 8), 24 e 96 ss. (il quale, contrariamente al
CARRARO, ritenne quale ipotesi tipica di rapporto di mediazione quella contrattuale, ivi,
35); M. STOLFI, Della mediazione, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja e
Branca, Bologna-Roma, Zanichelli, 7; LENZI, Sulle differenze tra mediatore e figure affini e
sul dovere di imparzialit del mediatore, in Giur. it., 1983, I, 1, 820; LUMINOSO, (nt. 5), 26
ss.; 63 e 69 ss.; MARINI, La mediazione, in Commentario del codice civile, diretto da
Busnelli, Milano, Giuffr, 1992, 53 ss.; DI CHIO, (nt. 17), 386. Sui rapporti tra imparzialit
(del mediatore) e brokeraggio, v. E. GIACOBBE, (nt. 1), 165, 228 ss. e 300 ss
(22) V., rispettivamente, BONILINI, Commento l. n. 792/84, (nt. 3), 762 ss. e G. CARRARO,
ibid., 765 ss
(23) Sulla qualificazione del broker quale imprenditore commerciale, cfr. SCHIANO DI PEPE,
(nt. 15), 327-28; BIN, (nt. 6), 547; ALPA, FORLINO, (nt. 8), 367; BONILINI, Commento l. n.
792/84, (nt. 3), 747-748 (bench _ significativamente _ tali aa. differenzino le rispettive
tesi circa la natura ausiliaria o meno dell'attivit professionalmente condotta dal broker a
seconda della qualificazione del contratto da ciascuno preferita)
(24) Sulla tendenza della giurisprudenza a non qualificare il contratto qualora la
soluzione del caso concreto possa desumersi da aspetti non implicanti un
approfondimento dell'atipicit dello stesso, quantunque affermata in linea di principio, e,
pi in generale sul fenomeno giurisprudenziale (assolutamente ... tipico) volto alla
riduzione dell'atipicit alla tipicit contrattuale: cfr. SACCO, Autonomia contrattuale e tipi,
(nt. 17), 790 e, poi, DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, CEDAM, 1974, 3-5 e 12 ss
(25) Cfr. tuttavia GALGANO, Professioni intellettuali, impresa, societ, in Contr. imp., 1991,
1 ss., ove (spec. par. 4), pur in un ambito diverso, si sostiene che il professionista
intellettuale, rispetto alla sola prestazione c.d. "non protetta", pu scegliere se avvalersi
di un contratto d'opera intellettuale, cos rimanendo assoggettato alla disciplina del
lavoro autonomo intellettuale; oppure di avvalersi del contratto di appalto, cos
abbandonando l'area di privilegio per ricadere _ ma, si aggiunge: sussistendone i
requisiti _ nell'ambito di applicazione dell'art. 2082 c.c. Sulla rilevanza dello status delle
parti contraenti, anche in relazione ai contratti c.d. "innominati", v. BUONOCORE,
Contrattazione di impresa e nuove categorie contrattuali, Milano, Giuffr, 2000, 118 ss.,
147 e 155 (con specifico riguardo ai brokers e al significato ''delle norme che dispongono
l'iscrizione della parte imprenditore in albi od elenchi''). Sul rapporto tra attivit
d'impresa e (causa del) contratto v. i cenni in ASCARELLI, Corso di diritto commerciale.
Introduzione e teoria dell'impresa3, Milano, Giuffr, 1962, 385 ss. e cfr. ora anche CAPO,
Attivit d'impresa e formazione del contratto, Milano, Giuffr, 2001, 59 ss. e 214 ss
(26) Cfr. OPPO, Realt giuridica globale dell'impresa nell'ordinamento italiano, in Riv. dir.
civ., 1976, I, 591 e 601; ID., L'impresa come fattispecie, ibid., 1982, I, 109; BUONOCORE,
voce ''Imprenditore'', in Enc. dir., XX, Milano, Giuffr, 1970, 515: in particolare, tale
ultimo a., che peraltro ritiene che anche l'imprenditore costituisca una fattispecie,
specifica (op. cit., 524) che: ''l'impresa , innanzi tutto e soprattutto, esercizio di una
attivit qualificata, distinta e distintamente disciplinata dall'ordinaria normazione del
singolo atto giuridico''. Tale precisazione importante ai fini del discorso qui condotto
perch l'attivit (impresa) '' cosa distinta dal singolo atto e rappresenta, invece, una
serie di atti tra loro coordinati in relazione ad una comune finalit''; pi recentemente,
cfr. ID., L'impresa, in Tratt. dir. comm., diretto da Buonocore, sez. I/2.1, Torino,
Giappichelli, 2002, 51 ss. e, inoltre, SPADA, Diritto commerciale, I. Parte generale - Storia,
lessico, istituti, Padova, CEDAM, 2004, 29, per il quale la ''impresa del codice del 1942 ,
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lessico, istituti, Padova, CEDAM, 2004, 29, per il quale la ''impresa del codice del 1942 ,
in definitiva, un modello totalizzante di comportamento''
(27) V., ad es., F. FERRARAJR., CORSI, Gli imprenditori e le societ12, Milano, Giuffr, 2001,
30 ss. e BUONOCORE, L'impresa, (nt. 26), 14 ss. e 147 ss
(28) Peraltro, che la mediazione configuri un rapporto contrattuale tuttora tesi non
pacifica, bench risulti prevalente in giurisprudenza: cfr., ad es., Cass., 24 ottobre 2003,
n. 16009, in Giust. civ. Mass., 2003, f. 10; Cass., 24 maggio 2002, n. 7630, in Giust.
civ., 2003, I, 409 (con nota di E. GIACOBBE, Il contratto di mediazione e la giurisprudenza,
tra spunti ricostruttivi e dubbi applicativi) e in Studium Juris, 2003, 373; Cass. 1 giugno
2000, n. 7273, in Giust. civ., 2001, I, 784; in dottrina, v. per tutti, LUMINOSO, La
mediazione, (nt. 5), 36 ss. (ove infine si conclude per l'ambivalenza della figura); in
passato, per la tesi contrattuale, AZZOLINA, (nt. 8), 86 ss.; per la tesi non contrattuale,
CARTA, Mediazione di contratto e non contratto di mediazione, in Foro it., 1947, I, 296 (il
quale esclude una fattispecie contrattuale della mediazione, quantunque meramente
residuale e/o atipica); L. CARRARO, (nt. 20), cap. I (il quale concepisce la mediazione
contrattuale quale mediazione atipica: cfr. op. cit., cap. II); pi recentemente, paiono
aderire alla tesi anti-negoziale (sia pure con impostazioni distinte) CATAUDELLA, Note sulla
natura giuridica della mediazione, in Riv. dir. comm., 1978, I, 372 (salvo rivedere la
propria precedente opinione in ID., Mediazione, in Enc. giur. Treccani, XIX, Roma, 1990,
2) e CATRICAL, (nt. 5), 408-411. Sui c.d. "rapporti contrattuali di fatto", cfr. SACCO, Il
Contratto, in Trattato di diritto civile, fondato da Vassalli, vol. VI, t. 2, Torino, UTET,
1975, 86 ss.; PERFETTI, La mediazione. Profili sistematici ed operativi, Milano, Giuffr,
1996, 249
(29) stato a pi riprese messo in luce che l'esercizio della professione intellettuale, ''di
per s, non comporta l'acquisto della qualit di imprenditore'', bench la nozione di
imprenditore di cui all'art. 2082 c.c. sia ''sufficientemente ampia da poter astrattamente
ricomprendere anche la figura del professionista'': IBBA, Professioni intellettuali e impresa,
in IBBA, LATELLA, P. PIRAS, P. DE ANGELIS, MACR, Le professioni intellettuali, in Giur. sist. civ. e
comm., fondata da Bigiavi, Torino, UTET, 1987, 273 (ove ampi riferimenti bibliografici);
v., in tal senso GALGANO, Il concetto di imprenditore e di imprenditore commerciale, in
AA.VV., L'impresa, in Tratt. dir. comm. dir. pubb. econ., diretto da Galgano, vol. II,
Padova, CEDAM, 1978, 28 ss.; P.G. JAEGER, La nozione di impresa dal codice allo statuto,
Milano, Giuffr, 1985, 43-45; SCHIANO DI PEPE, La societ di professionisti, in Tratt. dir.
priv., diretto da P. Rescigno, vol. 15, t. 1**, Torino, UTET, 1986, 1504 ss.; SPADA, (nt. 26),
29; PORZIO, Il farmacista imprenditore, in Dir. giur., 1967, 373; CAMPOBASSO, La societ fra
professionisti, in V. RIZZO (a cura di), Diritto privato comunitario. II - Lavoro, impresa e
societ, Napoli, Esi, 1997, 519 ss
(30) L'art. 22381 c.c., contempla l'ipotesi che al professionista intellettuale venga
applicato lo statuto dell'imprenditore, se ''l'esercizio della professione costituisce
elemento di una attivit organizzata in forma di impresa''. Sul punto v., con ricchezza di
riferimenti bibliografici, IBBA, (nt. 29), 269 ss
(31) Che l'attivit esercitata dal professionista intellettuale sia ''economica'' (nel
''risultato'' e nel ''metodo'': cfr. OPPO, Realt giuridica globale, (nt. 26), 595) ritenuto
dalla prevalente dottrina: cfr. BIGIAVI, La piccola impresa, Milano, Giuffr, 1947, 115-116;
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali: istituzioni di diritto industriale3,
Milano, Giuffr, 1960, 27; OPPO, Note preliminari sulla commercialit dell'impresa, in Riv.
dir. civ., 1967, I, 584; GALGANO, (nt. 29), 41; MARAS, Le "societ" senza scopo di lucro,
Milano, Giuffr, 1984, 79 ss., 336 ss. e 382 ss. In giurisprudenza, v. App. Torino, 11
luglio 1998, in Giur. it., 1999, 572 (con nota di MACCAGNO BENESSIA), in N. giur. civ. comm.,
1999, I, 353 (con nota di FERRERO), in questa Rivista, 1999, II, 302 (con nota di CODAZZI),
ove si afferma che ''l'attivit dell'avvocato ha ... natura economica, essendo costituita da
una prestazione intellettuale contro una remunerazione con l'assunzione a proprio carico
dei rischi economici e finanziari connessi a detta attivit, ai sensi degli artt. 2222 e 2229
c.c.''. Per un'analisi storica, economica e comparata del concetto di impresa, v. SCANDIZZO,
Il mercato e l'impresa: le teorie e i fatti, in Tratt. dir. comm., diretto da Buonocore, sez.
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Il mercato e l'impresa: le teorie e i fatti, in Tratt. dir. comm., diretto da Buonocore, sez.
I/6, Torino, Giappichelli, 2002, 8 ss
(32) Brevemente: alla difficolt di differenziare l'attivit economica d'impresa da quella
oggetto di professione intellettuale, la dottrina italiana (nonostante la variet delle tesi
proposte) ha interpretato l'art. 2238 c.c., in due modi: ritenendo che il professionista non
sia imprenditore per effetto di una scelta legislativa volta a riservare un'area di privilegio
o immunit alle professioni intellettuali (protette), estromettendole dal regime proprio
dell'impresa, salvo il caso del cumulo, in capo ad un medesimo soggetto, di un'attivit
(gi in s e per s) imprenditoriale, collegata ad un'attivit professionale (l'esempio
classico quello del medico esercente una casa di cura); ovvero, contro l'opinione della
giurisprudenza e dottrina dominante (ma cfr. Cass., 7 agosto 2002, n. 11896, in Giust.
civ. Mass., 2002, 1499, ove, tra l'altro, l'elemento organizzativo sembra risultare il
fattore prevalente per la qualificazione della fattispecie "impresa"), ritenendo tout court
compatibile lo status di professionista intellettuale con quello di imprenditore; e cos
qualificando il professionista come imprenditore ogni qualvolta si riscontri che le modalit
di esercizio dell'attivit economica coincidono con quelle prescritte ex art. 2082 c.c.: per
ogni riferimento, v. IBBA, (nt. 29), 298 ss. Peraltro, la differente impostazione del
problema comporta notevoli divergenze sui limiti all'ammissibilit delle societ di
professionisti intellettuali: divergenze che in parte permangono anche a seguito dei
successivi interventi legislativi (sui quali vedi infra, sub nt. 41)
(33) Sulla nozione, v. BUONOCORE, voce ''Imprenditore'', (nt. 26), 523, ove si precisa che il
''rischio d'impresa'' pu essere (ed stato) inteso in duplice senso: come ''rischio del
processo produttivo, rectius di sopportazione di esso''; e come ''complesso di obblighi e
di correlative responsabilit ai quali [l'imprenditore] soggetto e nelle quali pu incorrere
... nell'esercizio dell'attivit medesima''. Tale a. precisa poi (op. ult. cit., 524) che il
''rischio conseguente alla gestione di attivit di impresa parte qualificante della nozione
giuridica di imprenditore...'': e ci, secondo l'a., bench nella definizione di imprenditore
non vi sia alcun riferimento a tale elemento, come osservava Al. GRAZIANI, L'impresa e
l'imprenditore2, Napoli, Jovene, 1962; sul punto v. ora F. CAVAZZUTI, voce ''Rischio
d'impresa'', in Enc. dir., Agg., IV, Milano, Giuffr, 2000, 1095-96, il quale, nel descrivere
il secondo dei tre distinti piani sui quali il concetto assumerebbe rilevanza, individua il
''rapporto fra il rischio d'impresa e i requisiti che l'art. 2082 attribuisce all'attivit
d'impresa: l'economicit, la professionalit, l'organizzazione''
(34) IBBA, (nt. 29), 15
(35) SCHIANO DI PEPE, La societ di professionisti, (nt. 29), 1506; v, inoltre, GALGANO, (nt.
29), 30-31 e 59 ss.; FARINA, Esercizio di professione intellettuale ed organizzazione ad
impresa, in Impresa e societ. Scritti in memoria di Alessandro Graziani, Napoli, Morano,
1968, vol. V, 2107. Utili conferme in tal senso arrivano oggi dalla giurisprudenza
comunitaria nell'ambito della qualificazione dell'attivit professionale quale attivit
d'impresa (ma cfr. altres App. Torino, 11 luglio 1998, cit. sub nt. 31): ''gli avvocati
offrono, dietro corrispettivo, servizi di assistenza legale... Inoltre, essi assumono i rischi
finanziari relativi all'esercizio di tali attivit poich, in caso di squilibrio tra le spese e le
entrate, l'avvocato deve sopportare direttamente l'onere dei disavanzi'': cos sub par. 48,
in Corte Giust. CE, 19 febbraio 2002, n. 309, ''Wouters'', in Foro it., 2002, IV, 186 (e, ivi,
188, v. la nota di BASTIANON, Due pronunce, tanti problemi, nessuna soluzione: ovvero gli
avvocati e l'antitrust secondo la Corte di Giustizia). Tuttavia, cfr., POLLICE, (nt. 8), 16-23 e
ALPA, FORLINO, (nt. 8), 367, i quali fondano la riconduzione del brokeraggio alla mediazione
a partire dall'analisi del rischio dell'attivit svolta, con evidente eco nella motivazione
della sentenza in esame: dal primo a., il ''rischio del lavoro'' posto in capo al broker
(mediatore) viene, ritenuto incompatibile con la prestazione d'opera intellettuale; dai
secondi, viene indotto senz'altro dagli artt. 4, lett. f) e 5, lett. e), l. n. 792 del 1984. Di
qui l'esigenza di distinguere il ''rischio del lavoro'' _ cio il rischio connesso ad una
attivit economica genericamente intesa _ dal rischio connesso all'inadempimento di
un'obbligazione contrattuale (cfr. BUONOCORE, voce ''Imprenditore'' (nt. 26), 526). Peraltro,
tale ultima accezione del rischio risulta ancorata alla distinzione tra obbligazioni c.d. "di
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tale ultima accezione del rischio risulta ancorata alla distinzione tra obbligazioni c.d. "di
risultato" e obbligazioni c.d. "di mezzi", la quale, tuttavia, appare oggi in via di definitivo
superamento: v. Cass., 6 febbraio 1998, n. 1286 (con nota di FABRIZIO SALVATORE, La colpa
professionale dell'avvocato: in crisi la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato),
in Danno resp., 1999, 441 ss.; Cass., 14 febbraio 2001, n. 2078, in N. giur. civ. comm.,
2001, I, 720 (e, ivi, 723, v. la nota di M. BONINI, Professioni intellettuali, societ di mezzi
e contratto atipico per la fornitura di materiali necessari alla professione); in dottrina, v.,
anche per riferimenti bibliografici, A. PERULLI, (nt. 5), 177, 246 e 449
(36) L'organizzazione, intesa ''come raccolta e utilizzazione coordinata di pi fattori
produttivi la costante di ogni nozione economica e giuridica di impresa...'' (OPPO, Realt
giuridica globale, (nt. 26), 593-94, il quale aggiunge che ''[t]utte le norme definitorie
fanno perno sull'organizzazione'') l'elemento sul quale si fondano molte delle opinioni
che ritengono l'attivit del professionista intellettuale non riconducibile alla fattispecie
impresa: cfr. CASANOVA, Impresa e azienda, in Tratt. dir. civ., fondato da Vassalli, Torino,
UTET, 1974, 28-29, 81 ss., ove peraltro si precisa (ivi, 101-102) che, ''l'antitesi legislativa
fra esercizio professionale dell'attivit commerciale ... e l'esercizio delle professioni
intellettuali non esclude il carattere intellettuale dell'uno o dell'altro''; con riferimento
specifico al brokeraggio, v. altres SCHIANO DI PEPE, (nt. 15), 329, ove si afferma che la
''concreta qualifica come impresa di una determinata attivit non dipende ... dal tipo di
attivit che ne forma oggetto, ma unicamente dalle sue modalit organizzative (nonch,
naturalmente, dalla sua economicit)''; contra, P.G. JAEGER, (nt. 29), 44; GALGANO, (nt.
29), 33 e 47 ss. (ove si contesta la possibilit di distinguere, tanto qualitativamente,
quanto quantitativamente l'organizzazione del professionista dall'organizzazione richiesta
ex art. 2082 c.c., in definitiva ritenendo il requisito dell'organizzazione uno ''pseudorequisito'' ai fini della qualificazione di un'attivit come imprenditrice). V., per le diverse
tesi, BUONOCORE, voce ''Imprenditore'', (nt. 26), 516-518; IBBA, (nt. 29), 285
(37) CASANOVA, (nt. 29), 24, 79 ss. e 102
(38) Talora, infatti, il dibattito si incentrato sull'organizzazione intesa in senso
quantitativo: cfr. BIGIAVI, (nt. 31), 77 ss. e 85 ss.; G. MINERVINI, L'imprenditore. Fattispecie
e statuti, Napoli, Jovene, 1966, 13. Vero che l'aspetto dimensionale
dell'(organizzazione nell') impresa discrimina la disciplina cui essa rimane sottoposta (ad
es., distingue la piccola impresa dall'impresa medio-grande: cfr. BIGIAVI, op. cit., 6 ss.),
ma non offre elementi testuali idonei ad identificare il minimum di organizzazione sotto il
quale la fattispecie "impresa" cessa di essere applicabile (cfr. OPPO, Realt giuridica
globale, (nt. 26), 594); d'altra parte, potendo esservi organizzazione, sia pur minima,
anche nell'esercizio della professione intellettuale (cfr. art. 2238, comma 2, c.c.), il
criterio quantitativo diventa assai labile: sul punto, v. GALGANO, (nt. 39), 33 e 47 ss. e
P.G. JAEGER, (nt. 29), 44; IBBA, (nt. 29), 291 e 315; DI VIA, L'impresa, in LIPARI (a cura di),
Diritto Privato Europeo2, vol. II, Padova, CEDAM, 2003, 73 (ove si riferisce di come la
giurisprudenza comunitaria ritenga l'elemento organizzativo non dirimente per
l'individuazione della fattispecie)
(39) Corte Giust. CE, 19 febbraio 2002, n. 309, Wouters, punto 48 (cit. sub nt. 35,); Id.,
18 giugno 1998, causa C-35/96, Comm. c. Rep. It. (''spedizionieri doganali''), in Racc.,
1998, I-3851; Id., 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre, in Racc., 1997, I7119, punto 21; Id., 16 novembre 1995, causa C-244/94, Fdration francaise des
socits d'assurances e a., in Racc., 1995, I-4013, punto 14; Id., 23 aprile 1991, causa
C-41/90, Hofner e Elser, in Racc., I-1991, 1979, punto 21; Id., 16 giugno 1987, causa
118/85, Comm. c. Rep. It., in Racc., 1987, 2599, punto 7. Cfr., inoltre, Aut. gar.
concorrenza e mercato, provv. n. 2523. in AGCM, Boll. Aut. Gar., 1994, n. 48; Id., provv.
n. 5400, ibid., 1997, n. 42; Id., provv. n. 6601, ibid., 1998, n. 48, sui quali v. SCASSELLATI
SFORZOLINI, L'indagine conoscitiva sulle professioni, l'Autorit garante e l'attuazione dei
principi comunitari, in Rass. forense, 1998, 27 ss.; da ultimo v. T.A.R. Lazio, sez. I, 3
settembre 2004, in www.Lexitalia.it. In dottrina, v. P.G. JAEGER, (nt. 29), 63; NIZZO, La
dfinition d'entreprise dans la recente jurisprudence de la Cour de justice et l'emprise
croissante du droit communautaire de la concurrence, in Resp. comunic. impr., 1996, 73
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croissante du droit communautaire de la concurrence, in Resp. comunic. impr., 1996, 73


ss.; DI VIA, (nt. 38), 54 ss.; GALGANO, Le professioni intellettuali e il concetto comunitario
di impresa, in Contr. imp./Europa, 1997, 1 ss.; SPADA, Diritto commerciale, I, (nt. 26), 35
ss. e, in senso critico, cfr. OPPO, Antitrust e professioni intellettuali, in Riv. dir. civ., 1999,
I, 123 ss. Peraltro, si rileva che gi alla luce dell'art. 60 del Trattato istitutivo della CEE
(libert di prestazione di servizi) le attivit delle libere professioni erano state assimilate
alle attivit a carattere industriale e artigiano (sul punto, v. AFFERNI, La nozione di impresa
comunitaria, in AAVV., L'impresa, (nt. 29), 129 ss.; VERRUCOLI, La nozione di impresa
nell'ordinamento comunitario e nel diritto italiano: evoluzioni e prospettive, in VERRUCOLI
(a cura di), La nozione di impresa nel diritto comunitario, Milano, Giuffr, 1977, 395
(40) V. Corte Giust. CE, 16 novembre 1995, causa C-244/94, Fdration Franaise des
socits d'assurances e a. c. Ministre de l'Agricolture et de la Pche, in Foro it., 1996, IV,
67 (con nota di DI VIA), nonch le sentt. e gli aa. citt. retro nt. prec., cui adde SCASSELLATI
SFORZOLINI, RIZZA, La tensione fra regole di concorrenza comunitarie e regole professionali
e deontologiche nazionali (nota a Corte Giust. CE, 19 febbraio 2002, n. 309, Wouters, cit.
sub nt. 35, e a Corte Giust. CE, 19 febbraio 2002, n. 35, Arduino), in questa Rivista,
2003, II, 5, e ivi, spec. par. 24, ove, con riguardo alla sentenza Wouters, si afferma:
''[i]rrilevanti sono state ritenute, al fine di escludere la natura economica dell'attivit
svolta dagli avvocati iscritti all'albo (olandese), le circostanze che l'esercizio della
professione forense regolamentato e che i servizi forensi hanno natura complessa e
tecnica''. Sulla c.d. "dottrina funzionalistica", secondo la quale, un ente o una societ pu
cumulare attivit di natura economica ed attivit rientranti nell'ambito dei pubblici poteri,
sottratte all'applicazione delle regole di concorrenza v., inoltre, Corte Giust. CE, 22
gennaio 2002, n. 218, Soc. Cisal c. Inail, in Giur. it., 2002, 2241 (con nota di ROSSI), in
Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2002, 795 (con nota di FERRARO); Corte Giust. CE, 18 marzo
1997, Diego Cal & Figli, causa C-343/95, in Racc., 1997, I-1547. Occorre avvertire,
tuttavia, che attualmente non esiste una posizione giurisprudenziale unitaria ed organica
sulla definizione giuridica di impresa a livello comunitario: v. DI VIA, (nt. 38), 83
(41) Tale abrogazione ha avuto luogo in forza dell'art. 24 della l. 7 agosto 1997, n. 266
("Interventi urgenti per l'economia", la c.d. "legge Bersani"), la quale, sulla spinta del
diritto comunitario, ha rimosso il divieto di esercizio delle professioni intellettuali in forma
societaria, incrinando uno dei pilastri sui quali la distinzione tra impresa e professioni
intellettuali (protette) si era sino a quel momento basata. Sul punto v. Trib. Milano, 3
giugno 1999, in Societ, 1999, 984; Trib. Trento, 3 marzo 2001, ibid., 2001, 1371;
MARAS, Societ tra professionisti e impresa, in Riv. not., 1997, 1345; SPADA, Societ tra
professionisti, ivi, 1364 ss.; IBBA, Le societ fra professionisti dopo l'abrogazione dell'art.
2, l. n. 1815 del 1929, ivi, 1356 ss.; ID., Contro il regolamento sulle societ professionali,
in Riv. dir. priv., 1998, 5; SCHLESINGER, Ancora sulla societ fra professionisti, in Corr.
giur., 1998, 378 ss. In seguito, il d. lgs. 2 febbraio 2001 n. 96 ha introdotto la nuova
figura della "societ tra professionisti". In particolare, sull'evoluzione legislativa
successiva al 1997, v. IBBA, La societ fra avvocati: profili generali, in Riv. dir. civ., 2002,
II, 355 ss.; BASTIANON, D. lgs. n. 96 del 2001: avvocati stabiliti, avvocati integrati e
societ tra professionisti, in Corr. giur., 2001, 609 ss.; si vedano, inoltre, le relazioni
esposte al convegno di Bra, 5 luglio 2001 di DI CARO, MONTALENTI, CAGNASSO, NAPOLI,
BRIGNOLO, ABRIANI, in Societ, 2001, 1161 ss.; da ultimo, v. LEOZAPPA, Societ e professioni
intellettuali, Milano, Giuffr, 2004. Sul tema, prima di tali modifiche legislative, cfr., tra
molti, SCHIANO DI PEPE, La societ di professionisti, Milano, Giuffr, 1977; ID., (nt. 29),
1501 ss.; M. RESCIGNO, Le societ fra professionisti, Milano, Giuffr, 1985; SPADA, Tipicit
della societ e societ e associazioni "atipiche" fra professionisti, in questa Rivista, 1979,
I, 117; MONTALENTI, Societ di professionisti, societ di ingegneria e contratto di
engeneering (nota a Cass. 30 gennaio 1985, n. 566), in questa Rivista, 1986, II, 851;
GALGANO, Professioni intellettuali, (nt. 25), parr. 4 e 5; IBBA, (nt. 29), 416 ss. e 437 ss.,
ove si legge, tra l'altro, un'approfondita analisi circa le correlazioni esistenti tra le tesi
sulla compatibilit della fattispecie impresa rispetto alla categoria costituita dalle
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professioni intellettuali e l'ammissibilit dell'esercizio dell'attivit professionale in forma


societaria, in tutte le sue varianti
(42) Per tale distinzione in giurisprudenza, v. ad es. Cass., 7 luglio 1987, n. 5906, in N.
giur. civ. comm., 1988, I, 338. In dottrina, v. GALGANO, (nt. 29), 39 ss.; ID., Professioni
intellettuali, (nt. 25), parr. 4 e 5; IBBA, (nt. 29), 21-22, il quale ritiene che ''[p]i
esattamente, forse, dovrebbe parlarsi di prestazioni protette o meno: a ben vedere,
infatti, l'iscrizione all'albo, quando richiesta, condiziona l'esplicazione di singole
prestazioni intellettuali prima e pi che l'esercizio di una professione nel suo complesso'',
in seguito (ID., Le societ fra professionisti dopo l'abrogazione dell'art. 2, l. n. 1815 del
1939, (nt. 41), 1357) precisando di ritenere inderogabile il regime legale del contratto
d'opera intellettuale (artt. 2230 ss. c.c.) e, in particolare, l'obbligo di eseguire
personalmente la prestazione oggetto del rapporto (art. 2232 c.c.); altra parte della
dottrina (SPADA, Societ fra professionisti, (nt. 41), 1365) ritiene invece che ''la
concatenazione: se professioni intellettuali _ allora applicazione imperativa degli artt.
2231 c.c., ... sembra non solo non essere l'unica sviluppabile, ma neppure la pi
convincente''
(43) Cfr. SCHIANO DI PEPE, Brokeraggio assicurativo, (nt. 15), 329, ove un riferimento al
broker come ''prestatore di attivit professionale (certamente dotata del carattere
dell'intellettualit)'', la cui veste imprenditoriale o professionale dipenderebbe
''unicamente dalle modalit dell'attivit svolta''. Sull'impresa come attivit in una certa
forma, v. gi OPPO, Materia agricola e "forma" commerciale, in Scritti giuridici, vol. I,
Padova, CEDAM, 1992, 82 ss. Negano la qualificazione di prestatore d'opera intellettuale,
rispettivamente, al mediatore e al broker, G. CIAN, La mediazione tra codice e legge
speciale, un problema di tipologia di regolamento di rapporti contrattuali e GALGANO, La
nuova figura del mediatore tra professionista intellettuale e imprenditore, entrambi in
AA.VV., La disciplina della mediazione (alla luce della l. n. 39 del 3 febbraio 1989). Atti del
convegno di Verona 3-4 novembre 1989, Padova, CEDAM, 1990, 3 ss. e 41 ss
(44) Osserva CERINI, Prodotti e servizi, (nt. 3), 18, che ''la legge in questione non offr[e]
un'esaustiva configurazione delle regole che governano il contratto di brokeraggio,
eludendo ogni riferimento puntuale alla responsabilit nei confronti dei diversi soggetti
coinvolti nella transazione assicurativa...''. Tali rilievi, uniti alla empirica rilevazione circa
la sussistenza di un rischio in connessione allo svolgimento di ogni attivit (la quale, a
sua volta, di norma consta nel compimento di atti), suggeriscono di ritenere quello
considerato dalle norme citate non suscettibile di essere qualificato in se e per s (e _
aggiungerei _ di specificarsi) quale rischio d'impresa, cos mettendosi in discussione la
sicurezza con cui tali norme sono state lette in chiave, appunto, di rischio d'impresa
(ALPA, FORLINO, (nt. 8), 367). Esse, infatti, proprio per la loro "neutralit", non sembrano
idonee ad offrire una risposta univoca circa la natura del rischio che prendono in
considerazione (rischio connesso ad attivit professionale ovvero rischio d'impresa). In
nessun caso, comunque, le norme in commento risulterebbero atte ad orientare la
sussunzione del contratto relativo all'attivit (al quale, peraltro, la legge broker non
dedica neppure un accenno) entro lo schema tipico della mediazione
(45) Come ad es. E. GIACOBBE, (nt. 1), 117 ss. e 303. La legge, come la stessa a. del resto
osserva (op. ult. cit., 173), non disciplina un rapporto, ma regola _ individuandola
superficialmente _ la figura del broker
(46) Ci si riferisce al passaggio della sentenza in commento in cui si fa riferimento alla
pi volte citata Cass., 26 agosto 1998, n. 8467
(47) L'art. 8, l. cit., esprime l'intento, esplicitato nei lavori preparatori della legge broker,
di prevenire la proliferazione del c.d. "captive broker", precludendo l'iscrizione all'albo
all'operatore che abbia un portafoglio non sufficientemente differenziato tra le diverse
compagnie di assicurazione, o di riassicurazione, oppure costituito da un'unica fonte di
affari, derivanti, cio, da un unico cliente. Sul punto, v. PARTESOTTI, Commento l. n.
792/84, (nt. 3), 788 ss. e E. GIACOBBE, (nt. 1), 126 ss. Rileva CASALI, Osservazioni in tema
di albo broker e problematica relativa, in Dir. prat. ass., 1985, 370-71, che l'art. 8 fa
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di albo broker e problematica relativa, in Dir. prat. ass., 1985, 370-71, che l'art. 8 fa
riferimento ai ''"singoli mandanti". Mandante l'assicurato e quindi il legislatore ha
recepito la prassi del mandato conferito dall'assicurando "cliente"''
(48) Per simili tentativi, si rimanda alle trattazioni monografiche del problema citate
retro, sub nt. 1
(49) Si vedano ancora le opere di SACCO e di DE NOVA, (nt. 17), locc. citt
(50) Sul primo aspetto, cfr. PIZZIGATI, (nt. 6), 162; CASALI, Chi paga il broker?, (nt. 8),
298; CERINI, Prodotti e servizi, (nt. 3), 19. Sul secondo, cfr. GAZZONI, Manuale di diritto
privato10, Napoli, ESI, 2003, 1294; R. ROSSI, Obblighi di informazione, (nt. 16), 578
(51) COSTI, CASTELLANO, Attivit bancaria e attivit assicurativa nell'intermediazione
finanziaria, in Profili di concorrenza e di integrazione fra attivit bancaria e attivit
assicurativa, Milano, Giuffr, 1985, 3 ss.; VOLPE PUTZOLU, Le assicurazioni, (nt. 3), 219 ss.;
LUCCHINI GUASTALLA, La distribuzione dei prodotti assicurativi. Profili giuridici, in FILOTTO (a
cura di), L'evoluzione dei rapporti tra compagnia di assicurazioni e reti agenziali, Milano,
Giuffr, 1997, 76 ss.; E. GIACOBBE, (nt. 1), 132 ss.; CERINI, (nt. 3), passim; BIN, Banche,
canali alternativi, produttori liberi nella distribuzione assicurativa?, in Riv. trim. dir. proc.
civ., 1987, 805; ROPPO, Sportelli bancari, reti di collocamento di prodotti finanziari e altri
canali alternativi nella distribuzione assicurativa. Profili giuridici, in Banca, borsa tit.
cred., 1992, 787 ss.; G. MINERVINI, Le SIM possono collocare prodotti bancari e
assicurativi? nota a Trib. Napoli, 25 novembre 1998, in questa Rivista, 1999, II, 317; P.
MARIANI, (nt. 3), 668; BOCHICCHIO, L'investimento in strumenti finanziari ed il ruolo
dell'intermediazione: rapporti tra negoziazione, gestione e distribuzione e ID., Promotore
finanziario e consulenza finanziaria: non solo distribuzione, entrambi in Dir. econ. ass.,
2002, rispettivamente, 3 ss. e 255 ss
(52) Entrambi i concetti, distinti ma intimamente connessi, sono stati oggetto di
molteplici e approfonditi studi: qui non si pu che rimandare, anche per ulteriori
riferimenti bibliografici, a G.B, FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico,
Milano, Giuffr, 1966; DE NOVA, (nt. 17); GIORGIANNI, voce ''Causa (dir. priv.)'', in Enc. dir.,
vol. VI, Milano, Giuffr, 1960, 547; A. DI MAJO, voce ''Causa del negozio giuridico'', in
Enc. giur. Treccani, Roma, vol. VI, 1988. Si noti come, nelle classiche trattazioni dei
concetti di causa e di tipo contrattuale, il primo venga usualmente collocato nell'ambito
della disamina dei requisiti del contratto (in relazione dunque, all'art. 1325 c.c.); il
secondo di norma esaminato in relazione alla interpretazione del contratto e alla sua
qualificazione: da ultimo, v. SACCO, DE NOVA, Il contratto3, in Tratt. dir. civ., diretto da
Sacco, Torino, UTET, 2004, t. 1, 777 ss. e t. 2, 439 ss
(53) Parla di ''policentrismo legislativo'' e di ''micro-sistemi'', IRTI, L'et della
decodificazione4, Milano, Giuffr, 1999, 4 e 38 (ma passim); v. in senso analogo,
BUONOCORE, Contrattazione, (nt. 25), 54
(54) C. FOIS, Le societ per azioni tra codice civile e legislazione speciale. Preliminari ad
una indagine esegetica, in Riv. soc., 1985, 64 ss. e 76 ss
(55) IRTI, (nt. 53), 10-11, 76 ss., 113 ss
(56) DE NOVA, Nuovi contratti2, Torino, UTET, 1994, passim; G. SANTINI, (nt. 12), 407;
BUONOCORE, Contrattazione di impresa, (nt. 25), 58 e 161; E. GABRIELLI, Il contratto e
l'operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003, I, 93. Con particolare riguardo al
brokeraggio, v. LUMINOSO, (nt. 5), 158, il quale ritiene che esso integri ''un nuovo tipo
contrattuale, appartenente alla grande area dell'intermediazione, che deve essere
differenziato e dalla mediazione e dal contratto d'opera o di appalto (di servizi)''
(57) DALMARTELLO, voce ''Contratti d'impresa'', in Enc. giur. Treccani, vol. IX, Roma, 1988
(ma gi ID., I contratti delle imprese commerciali, Milano, Giuffr, 1962); OPPO, Note sulla
contrattazione d'impresa, in Riv. dir. civ., 1995, I, 629 ss. (ora in ID., Scritti giuridici, vol.
VI, Padova, CEDAM, 2000, 203 ss. e da cui si citer d'ora innanzi); G. SANTINI, (nt. 12),
484. Recentemente v. anche SAMBUCCI, Il contratto dell'impresa, Milano, Giuffr, 2002, 10
e 24 ss.; CAPO, (nt. 25), capp. I, II e VI. In particolare, sull'incidenza del fenomeno della
c.d. "contrattazione d'impresa" sulle categorie codicistiche tradizionali, in quanto
''motore'' di innovazione dei tipi contrattuali, si rimanda, tra gli altri, a BUONOCORE,
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''motore'' di innovazione dei tipi contrattuali, si rimanda, tra gli altri, a BUONOCORE,
Contrattazione d'impresa, (nt. 25), 57 ss.; P. RESCIGNO, Note sulla atipicit contrattuale (a
proposito di integrazione di mercati nuovi e nuovi contratti d'impresa), in Contr. imp.,
1990, 45-47; ZENO ZENCOVICH, Il diritto europeo dei contratti (verso la distinzione fra
"contratti commerciali" e "contratti dei consumatori", in Foro it., 1993, IV, 57; da ultimo,
v. SPADA, (nt. 26), 36, ove si sottolinea come nel codice civile _ a seguito della
legislazione speciale, di matrice comunitaria _ si sia venuto a creare un ''capitolo
dedicato alla contrattazione del produttore professionale di beni o di servizi''
aggiungendosi ''all'area tematica del diritto commerciale, affiancando e sopravanzando,
in importanza sistematica, i capitoli tradizionali su singoli contratti detti commerciali''
(58) Cos (sia pure con diverse sfumature), BUONOCORE, Contrattazione d'impresa, (nt.
25), 182 ss.; DE NOVA, (nt. 56), 17-18; OPPO, (nt. 58), 210
(59) Cfr. IRTI, (nt. 53), 36 ss., 44 ss. e 72 ss.; DE NOVA, (nt. 56), 3 ss., 12 ss. e 19 ss
(60) Cfr. BUONOCORE, (nt. 25), 175-179; C. FOIS, (nt. 54), 64 (spec. sub nt. 10) e 95; G.
SANTINI, (nt. 12), 404. Circa il rapporto tra qualificazione e interpretazione del contratto,
cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile3 - il contratto2, Milano, Giuffr, 2000, 472 ss.; A. DI MAJO,
La causa del contratto, in BESSONE (a cura di), Manuale di diritto Privato7, (nt. 8), 629
(61) GALGANO, Lex mercatoria, Bologna, Mulino, 2001, 19
(62) GALGANO, Lex mercatoria, (nt. 61), loc. cit. (ma si veda altres, ivi, 9, ove, con
riferimento allo sviluppo del diritto commerciale, si ricorda che ''la storia della lex
mercatoria la storia di un particolare modo di creare diritto, la storia del
"particolarismo" che ha contraddistinto la regolazione normativa dei rapporti
commerciali, rendendola diversa dalla regolazione normativa di ogni altra specie di
rapporti sociali...'')
(63) Il dualismo ha origini assai risalenti (cfr. nt. prec.); assume una dimensione
scientifica nel XIX secolo, soprattutto grazie alla ''scuola storica'' di GOLDSCHMIDT,
Universalgeschichte des Handelsrechts3, Stuttgart, 1891. Nell'Italia unita, il ''diritto
commerciale'', inteso come l'insieme di rapporti giuridici retti dal(l'abrogato) codice di
commercio del 1882, era considerato quale ordinamento autonomo, tanto sul piano
sostanziale, quanto sul piano processuale. La distinzione dei due ''ordinamenti'', peraltro,
era legislativamente stabilita (cfr., ad es., gli artt. 1, 3, 4 e 6 dell'abrogato codice di
commercio del 1882). Sul dibattito si scritto molto: si vedano, fra gli altri, ASCARELLI,
Natura e posizione del diritto commerciale, in Studi di diritto comparato e in tema di
interpretazione, Milano, Giuffr, 1952, 270; G. CIAN, Diritto civile e diritto commerciale
oltre il sistema dei codici, in Riv. dir. civ., 1974, I, 524 ss., 531 ss.; C. FOIS, (nt. 54),
106; OPPO, Le ragioni del diritto: il diritto commerciale, in Principi e problemi del diritto
privato - Scritti giuridici, VI, Padova, CEDAM, 2000, 153 ss.; ID., Codice civile e diritto
commerciale, ibid., 164 ss.; ID., Impresa e societ nel cinquantennio del codice civile,
ibid., 345 ss.; FERRARAJR., CORSI, (nt. 42), 9 e 10; SPADA, (nt. 26), 27 ss.; LIBONATI, La
categoria del diritto commericale, in Riv. soc., 2002, 1 ss.; GALGANO, (nt. 61), 95 ss., 222
ss
(64) FERRARAJR., CORSI, (nt. 42), 10, sub nt. 4; SPADA, (nt. 26), 25 ss.; v. inoltre BUONOCORE,
Contrattazione d'impresa, (nt. 25), introduzione e 47 ss
(65) La critica al dualismo, allora sancito sul piano ''positivo'', tra diritto civile e diritto
commerciale venne formalizzata nella famosa prolusione resa all'Universit di Bologna
nel 1892 dal VIVANTE (e riportata quale seconda introduzione, dal titolo ''L'unit del diritto
privato'', al Trattato di diritto commerciale5, vol. I, Milano, Vallardi, 1922. Peraltro, tale
chiaro a. recedette da tale posizione alcuni anni dopo (cfr. la prima introduzione al
Trattato, cit.), rilevando, tra l'altro, che la continua evoluzione dei rapporti
imprenditoriali, sulla spinta uniformatrice del commercio internazionale, la crescita delle
imprese e le connesse necessit di sicurezza e prevedibilit del regime giuridico degli
affari, richiedevano la distinzione positiva tra diritto civile e diritto commerciale. Sul
punto, v. ancora BUONOCORE, Contrattazione d'impresa, (nt. 25) e l'ampio studio di G. CIAN,
(nt. 63)
(66) Cfr. opp. citt. retro, sub ntt. 53, 54, 57, 58, 61 e 64. Si vuol qui ricordare come le
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(66) Cfr. opp. citt. retro, sub ntt. 53, 54, 57, 58, 61 e 64. Si vuol qui ricordare come le
stesse norme che delimitavano la materia ne ripartissero correlativamente la
giurisdizione (e ci, formalmente, sino all'avvento della l. 25 gennaio 1888, n. 5174, che
abol i Tribunali di commercio); e come l'art. 1 del cod. comm. 1882 imponesse
l'applicazione analogica delle norme del codice di commercio a fattispecie commerciali
per le quali si fosse riscontrata una lacuna, prima del ricorso (sussidiario e subordinato)
alle norme del codice civile
(67) AFFERNI, La nozione di impresa comunitaria, in AA.VV., L'impresa, (nt. 31), 129 ss.; DI
VIA, (nt. 38), 54-56 e 83 ss.; GALGANO, Le professioni intellettuali, (nt. 39), 9; BUONOCORE,
L'impresa, (nt. 26), 491. Da ultimo, v. un efficace cenno al fenomeno anche in SPADA, (nt.
26), 35, 36
(68) IRTI, Iniziativa economica e concorrenza, in DELLA CANNEA, NAPOLETANO (a cura di), Per
una nuova Costituzione economica, Bologna, Mulino, 1998, 23 ss.; S. CASSESE (a cura di),
La nuova costituzione economica3, Bari, Laterza, 2004, 31 ss
(69) SPADA, (nt. 26), 36

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