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L'AUTORE
IL MONDO
IL RE
LA PRUDENZA
LA LEGGE DI GRAZIA
LA BELLEZZA
IL RICCO
IL CONTADINO
IL POVERO
UN BAMBINO
UNA VOCE
MUSICANTI
[Scena prima]
Entra l'Autore, con manto di stelle e raggi intorno al capo.
AUTORE
Edificio leggiadro
dell'inferiore, varia architettura
che tra ombre e fondali
alla celeste rapisci riflessi
poich con fiori belli
e innumeri tu emuli le stelle
e splendendo componi
un cielo umano di caduchi fiori;
campagna di elementi,
di monti, folgori, pelaghi e venti:
venti tra i quali, lente
imbarcazioni, veleggiano uccelli;
pelaghi e oceani dove in fitte schiere
vanno volando creature marine;
folgori ove divampa
ciecamente la collera del fuoco;
monti pei quali vagano
gli uomini e gli altri esseri viventi;
tu che in costante guerra
sei un mostro d'aria e fuoco, d'acqua e terra
e che sempre diverso
l'opera prima sei dell'universo
e prodigio felice, incomparabile
e per usare un solo nome, Mondo,
che come la Fenice nasci sempre
dalle tue ceneri...
[Scena seconda]
Entra il Mondo, da un'altra porta.
MONDO
Chi mai mi chiama,
chi dal roccioso centro
di questo globo che mi chiude e cela
mi trae con ala rapida?
Chi a me stesso mi strappa e fa il mio nome?
AUTORE
Il tuo Autore sovrano.
Della mia voce un alito, un sol cenno
della mia mano t'hanno dato forma
e una figura all'oscura materia.
MONDO
Che vuoi dunque da me, quali i tuoi ordini?
AUTORE
Come tuo Creatore, a te, fattura
mia, affido che sia data
esecuzione a un mio divisamento.
una festa che voglio
allestire a me stesso, giacch tutto
fa Natura affinch la mia grandezza
sia manifesta; e se quel che pi piace
una commedia ben rappresentata
ed l'umana vita uno spettacolo,
sia una commedia quanto
il cielo oggi vedr nel tuo teatro.
Io l'Autore, le mie creature attori
che con stile adeguato
alle parti che assegno sulla scena
del mondo sapran dare
vita. A ciascuno d'essi
dar il ruolo pi adatto
e affinch nella festa abbiano parte
gli scenar, il vestiario,
quanto diletti l'occhio,
voglio che tu, con ridente lusinga,
mi fabbrichi parvenze
che abbian l'aspetto della verit.
Dell'opera cos saremo, Autore
io, tu il teatro, l'uomo chi vi recita.
MONDO
Autore mio liberale
al cui potere e accento
deve ogni cosa obbedienza,
io, gran teatro del mondo,
perch vi possano gli uomini
rappresentare e ciascuno
trovi predisposto ci
ch' necessario alla parte,
obbediente (in quanto mero
esecutore di ordini
ch se pure mia l'azione
sei tu a compiere il miracolo),
in primo luogo, poich
d pi piacere, pi gusto
non vedere il palcocenico
prima ch'entrino in scena
gli attori, lo coprir
tutto con un velo nero,
caos dove gli elementi
stiano confusi, in disordine.
Ma dissoltasi la nebbia
fuggir il vapore oscuro
e affinch splenda il teatro
(ch senza luce non c'
AUTORE
E tu farai il Contadino.
CONTADINO
Che parte , ci guadagno?
AUTORE
Sappilo, un duro lavoro
che ti tocca.
CONTADINO
Duro? Allora
lavorer controvoglia.
Sebbene figlio d'Adamo
ve ne scongiuro, signore,
non mi date questa croce;
pur di evitarla, rinuncio
a ogni bene e propriet,
giacch ho il presentimento
che sar un gran fannullone.
Mi dice qualcosa dentro
che varr poco a zappare
e in tutti gli altri mestieri;
e se potesse servire
dire non ci sto, l'avrei
gi detto, ma temo proprio
che con un simile autore
non serva, e allora sar
fra tutti nella commedia
quello che recita peggio.
Nella vostra gran saggezza
il mestiere che mi avete
assegnato in proporzione
all'ingegno, ch mandate
il freddo secondo i panni;
giusto, non me ne lagno
e che ho gi il vostro perdono
lo dice la particina
che far, certo, ma adagio;
non vorrei stancarmi troppo.
AUTORE
E tu farai la Prudenza.
PRUDENZA
condizione invidiabile.
AUTORE
E tu il misero, il mendico.
POVERO
Proprio a me deve toccare?
AUTORE
Morrai, tu, senza esser nato.
BAMBINO
La parte non difficile.
AUTORE
Ho provveduto a che tutti
rappresentino, e ciascuno
RICCO
Occorrer far le prove.
PRUDENZA
E come, se non abbiamo
anima, se siamo ciechi?
POVERO
Ma se non si prova, chi
si azzarda ad andare in scena?
CONTADINO
Il Povero dice bene,
sono anch'io del suo parere;
tanto, contadino e povero
sono come pane e cacio.
Anche una commedia vecchia
che si stufi di vedere,
se non la si prova, pu
far fare brutta figura:
figuriamoci una nuova!
AUTORE
Quello che dovete fare
(il cielo giudicher)
non sbagliare di un punto
negli atti che compirete
tra il nascere e il morire.
BELLEZZA
E come sapremo quando
ci toccher entrare e uscire
dalla scena?
AUTORE
Non c' modo
di saperlo: siate pronti
sempre a finire la parte;
penser io ad avvertirvi.
POVERO
Ma ci sentiremo persi!
AUTORE
Ci sar io ad aiutarvi,
non temete: chi sbagliasse
sar corretto, far
luce a tutti la mia legge.
E ora, poich vi s' dato
il potere di decidere
e il palcoscenico aspetta,
misurate la distanza
che va da nascita a morte.
PRUDENZA
Dunque si comincia?
TUTTI
S.
Dio ci vede: agiamo bene.
[Scena quarta]
Mentre stanno per lasciare la scena, entra il Mondo e li trattiene.
MONDO
Ogni cosa preparata
affinch si rappresenti
la commedia della vita.
Ditemi cosa vi occorre.
RE
Dammi l'alloro e la porpora.
MONDO
Perch tanto privilegio?
RE0
la parte che lo esige.
Gli mostra il foglio con la parte assegnatagli, prende la porpora e la corona d'alloro ed esce.
MONDO
Continuiamo: ora a chi tocca?
BELLEZZA
Mescola per me i colori
della rosa e del garofano
con quello del gelsomino.
Da ogni petalo e ogni raggio
mandino il loro fulgore
tutte le luci del giorno
e tutti i fiori di maggio;
si faccia fioco guardandomi
per l'invidia il sole e come
il girasole si volga
allo splendore che emano.
MONDO
Quanta vanit! Chi sei
per lodarti in questo modo?
BELLEZZA
la mia parte.
MONDO
E sarebbe?
BELLEZZA
La Bellezza umana.
MONDO
Neve,
cristallo dunque e rubino
ti diano riflessi ardenti.
Le d un mazzolino di fiori.
BELLEZZA
La mia veste ha mille tinte.
Siate il mio tappeto, fiori,
e voi il mio specchio, cristalli.
Esce.
RICCO
A me ricchezze e ogni gioia:
mi spettano di diritto.
MONDO
Schiuder il seno profondo
dove tenevo celati
oro e argento; mi far
prodigo per te, da avaro
che sono stato fin qui.
Gli d gemme.
RICCO
Tanta ricchezza mi rende
superbo, vano e orgoglioso.
[Esce.]
PRUDENZA
Per la mia parte, ti chiedo
solo terra su cui vivere.
MONDO
Dimmi, quale parte hai avuta?
PRUDENZA
La Prudenza riflessiva.
MONDO
Quel che ti si addice allora
il digiuno e la preghiera.
Le d cilicio e flagello.
PRUDENZA
Non sarei quella che sono
se da te volessi altro.
Esce.
MONDO
E tu, che non chiedi nulla?
BAMBINO
Di nulla infatti ho bisogno
per la parte che mi tocca.
Senza nascere morr
e in te star quanto basta
a passare da una carcere
all'altra. Ma quattro zolle
me le dovrai dare a forza
perch ci prenda dimora.
[Esce.]
MONDO
E tu, zotico, che vuoi?
CONTADINO
So quello che ti darei.
MONDO
Via, mostrami la tua parte.
CONTADINO
Ba', non ci penso neppure.
MONDO
Dai tuoi modi, ho gi capito
che ti guadagnerai il pane
come umile bracciante.
CONTADINO
la mia cattiva sorte.
MONDO
Se cos, prendi la zappa.
Gliela d.
CONTADINO
l'eredit d'Adamo.
E questi avrebbe potuto
tra le molte cose apprese
capire che la sua donna
era una vera pettegola;
poteva mangiarla lei
la mela, e lui farne a meno:
ma lo avr tanto pregato
da doverla accontentare
recitando, come me,
male o peggio la sua parte.
Esce.
POVERO
Poich a tutti hai dato gioia,
contentezza e ogni piacere,
a me d pure amarezza,
pene e disgrazie; non voglio
porpora n alloro, tinte
delicate, argento, oro:
ma, questo s te lo chiedo,
dammi qualche palliativo.
MONDO
Qual dunque la tua parte?
POVERO
La mia parte l'afflizione,
l'ambascia, la miseria,
la sfortuna, il patimento,
il dolore e il sospirare,
il destare compassione,
gemiti di sofferenza,
le preghiere che importunano,
non aver niente da dare
e sempre tutto da chiedere.
E poi disprezzo, disgusto,
ingiurie, vergogna, fame,
PRUDENZA
Come potr bene usare
del mio intelletto?
BELLEZZA
Che fare
per rifulgere di pi?
LEGGE (canta)
Dio vi vede: agite bene.
MONDO
Il consiglio risonato,
ma invano per la Bellezza.
[Scena nona]
Entra il Ricco.
RICCO
Se il cielo ha voluto darmi
ricchezze e potere, non
sian da meno gli appetiti
per quanto arreca delizia.
Nulla che mi piaccia o tenti
ha da mancarmi: arricchiscano
la mia tavola imbandita
a gara uccelli e animali,
regni Venere sul letto
ove giaccio; e l'indolenza,
i piaceri, l'ambizione,
la gola, l'invidia e ogni altro
vizio domini i miei sensi.
[Scena decima]
Entra il Contadino.
CONTADINO
Chi fatica pi di me?
Rompo il petto della terra
per ricavarne il mio cibo;
sono mie armi l'aratro
e falce e zappa, con cui
impegno una dura lotta
con le radici e le messi.
In aprile e maggio ammalo
per troppa acqua, ma se poi
me la tolgono, son morto.
Tributi, tasse, balzelli
fanno guerra al contadino
ma, perdio, dico che i frutti
del mio sudore dovranno
essere pagati a un prezzo
che lo compensi ad usura.
Non c' calmiere che tenga;
chi compra deve sborsare
tanto quanto mi conviene.
Il punto che se non piove
a inchinarmi!
BELLEZZA
Se mi mostro
c' caso che la mia grazia
lo conquisti.
CONTADINO
Io mi nascondo;
temo che, appena mi vede,
mi appioppi una nuova tassa.
[Scena dodicesima]
Entra il Re.
RE
I confini del mio regno
stentano ormai a contenere
il mio retaggio. Signore
assoluto d'ogni terra
che il mare cinge ed il sole
illumina, venerato
dai miei vassalli, che altro
potrei mai chiedere o fare?
LEGGE (canta)
Dio ti vede: opera bene.
MONDO
Questa voce suggerisce
a ciascuno il suo dovere.
POVERO
Dal fondo della miseria
vedo ciascuno felice.
Il re impera indifferente
senza fermarsi a pensare
ai miei bisogni; la dama
bada solo alla toletta
come non ci fosse al mondo
dolore e fame; la monaca
prega Dio, vero, ma in cambio
ha tutto quanto le occorre;
il contadino, tornando
stanco dal lavoro, trova
apparecchiata la tavola,
sia pure grama la cena;
e al ricco tutto d'avanzo.
Ma io ho bisogno di tutto
e di tutti: ora mi provo
a chieder la carit.
Comincio dalla Bellezza:
bella dama, l'elemosina.
BELLEZZA
Fonti, specchi al mio splendore,
quali ornamenti, che vesti
mi stanno meglio?
POVERO
Ma dunque
non mi vedete?
MONDO
Sei sciocco:
come vuoi che badi a te
se trascura quanto pi
dovrebbe premerle?
POVERO
Voi,
ricco come pochi al mondo,
una piccola elemosina.
RICCO
Come siete entrato qui?
Potevate ben fermarvi
alla porta o nel vestibolo.
POVERO
Non siate cos severo.
RICCO
Via di qui, mi importunate.
POVERO
Voi che tanto scialacquate
pei vostri piaceri, avete
la durezza di negarmi
una monetina?
RICCO
S.
MONDO
Sono il povero e l'avaro
della parabola.
POVERO
Allora,
poich non c' chi mi ascolti,
mi appeller al Re in persona.
L'elemosina, signore.
RE
A tali cose provvede
il grande elemosiniere.
MONDO
Delegando tutto agli altri,
mette a posto la coscienza.
POVERO
Contadino, tu che semini
pochi chicchi e li moltiplica
per te Dio, non mi negare
l'elemosina.
CONTADINO
Sar
anche Dio a moltiplicarli,
ma l'arare e il seminare
POVERO
A me.
Perisca, Signore, il giorno
in cui nacqui a questo mondo.
Perisca la notte buia
in cui venni concepito
per non avere che pena.
Non giunga mai a illuminarla
la luce pura del sole
ma sia ombra sempiterna,
paurose tenebre, oscura
caligine priva del lume
della luna e delle stelle.
Non conosca sole e aurora.
Ma se mi lamento, Dio,
non tanto per lo stato
in cui mi vedi, bens
per esser nato in peccato.
MONDO
Ha tenuto bene a bada
il disperare; anche Giobbe
col giorno della sua nascita
malediceva il peccato.
VOCE (canta)
Come ha una fine la gioia
l'ha anche il dolore; sta a voi
di trarne le conclusioni.
RICCO
Ahim!
POVERO
Che lieta notizia!
RICCO
La voce che ci ha chiamati
non ti fa fremere?
POVERO
S.
RICCO
E non tenti di fuggire?
POVERO
No, giacch se Dio in persona
in quanto uomo potrebbe
provar timore, fuggire
non l'han tentato il potente
n la bellezza, che avevano
forse dove rifugiarsi.
Quanto a me, dove potrei?
Quel che provo gratitudine
invece, ch con la vita
avr fine anche il dolore.
RICCO
E non ti duole lasciare
la scena?
POVERO
Proprio per niente,
giacch di buono non c'era
niente per me.
RICCO
Ma io ci lascio
il cuore; le mie sostanze
erano tutto per me.
POVERO
Che gioia!
RICCO
Quale tristezza!
POVERO
Che sollievo!
RICCO
Quale pena!
POVERO
Che fortuna!
RICCO
Che dolore!
Escono.
[Scena sedicesima]
MONDO
Nella morte, Ricco e Povero
non meno che nella vita
hanno sentimenti opposti.
PRUDENZA
Non son rimasta che io
sulla scena.
MONDO
vero, l'ultima
che resta la Religione.
PRUDENZA
La Religione, s, l'unica
a non avere mai fine;
ma io non sono da tanto,
ho solo scelto di starmene
appartata e solitaria.
E ora prima che la voce
inviti anche me al sepolcro
mi ci avvio da sola: tanto
m'ero gi sepolta in vita.
Per me finita la recita,
verr l'Autore a tirare
le somme. E chi ha visto quanto
si sbagliato, si corregga.
MONDO
E la bellezza, la grazia che avesti?
BELLEZZA
Ha consumato tutto ormai il sepolcro.
L ho lasciato i soavi colori
del gelsomino e del corallo e ho perso
con l'avorio e la rosa quanto ornava
la gentile persona. Ogni riflesso
di bellezza s' spento, non rimane
che ombra e polvere di tanta grazia.
[Scena ventesima]
Entra il Contadino.
MONDO
Villano, la tua parte?
CONTADINO
Se mi chiami
villano, nome che si d a chi suda
sulla terra, evidente che la parte
che m' toccata di contadino.
Son quello che il cortigiano disprezza
e cui si d del tu senza riguardi.
MONDO
Rendimi quel che ti detti.
CONTADINO
Cos'era?
MONDO
Una zappa.
CONTADINO
Davvero un bel regalo!
MONDO
Bello o brutto, tu me lo devi rendere.
CONTADINO
da non credere; di quanto al mondo
si pu desiderare, la mia parte
era una zappa, e lo so solo io
se ci ho penato! Ebbene, neanche quella
posso tenermi, gliela debbo rendere.
[Scena ventunesima]
Entrano il Ricco e il Povero.
MONDO
Chi va l?
RICCO
Chi da te n oggi n mai
vorrebbe andarsene.
POVERO
Chi da te sempre
se ne sarebbe andato.
MONDO
E perch mai
questo vostro volermi e non volermi
lasciare?
RICCO
In quanto ricco io, e potente.
POVERO
Io, perch povero e senza fortuna.
MONDO [al Ricco]
Lascia questi gioielli.
Glieli toglie.
POVERO
La fortuna
mia tutta qui, di andarmene contento.
[Scena ventiduesima]
Entra il Bambino.
MONDO
E tu, che non hai detto una parola?
BAMBINO
Per me stato tutt'uno culla e bara.
Ti lascio quello che m'hai dato: niente.
[Scena ventitreesima]
Entra la Prudenza.
MONDO
Tu, bussando alle porte della vita,
che avevi chiesto da poter sfoggiare?
PRUDENZA
Nient'altro che disciplina e obbedienza,
cilicio, sferza e perfetta astinenza.
MONDO
Rendimi tutto, ch anch'io debbo rendere
conto di tutto quello che ho prestato.
PRUDENZA
No, non dovranno restare nel mondo
sacrifici, preghiere e opere buone.
Mi seguiranno, perch l'hanno vinta
sulle altre tue passioni; se no, prvati
a portarmeli via, se ti riesce.
MONDO
Non posso, lo sai bene; son le sole
cose che l'uomo pu tenersi strette.
RE
Oh, non avessi avuto scettri e regni!
BELLEZZA
Non avessi mai ambito la bellezza!
RICCO
Non avessi ammassato oro e tesori!
CONTADINO
Avessi lavorato un po' di pi!
POVERO
Oh se avessi sofferto ancora un po'!
MONDO
Troppo tardi, la prova terminata.
E ora che ho fatto incetta di corone,
bellezza, vanit, zappe ed orpelli,
tutti al teatro della verit,
ch la recita stata una finzione.
RE
Com' diverso il saluto con cui
ci accogli e ci congedi!
MONDO
C' il motivo
e ve lo spiego. Quando l'uomo deve
ricevere qualcosa, atteggia in modo
ben diverso le mani che se deve
rifiutarla; e cos la culla accoglie
l'uomo alla nascita, poi rovesciata
ne diviene la tomba. Questo tutto.
[Scena ventiquattresima]
POVERO
Poich il mondo ci respinge
con tanta durezza, andiamo
alla cena che per premio
l'Autore ci ha apparecchiata.
RE
Come ti azzardi a precedermi?
Hai scordato cos presto
d'esser stato mio vassallo?
POVERO
Ma, finita la tua parte,
nel vestiario del sepolcro
siamo tutti tali e quali.
Quel che fosti non importa.
RICCO
Di', non ti ricordi pi
d'aver chiesto l'elemosina?
POVERO
E tu di averla negata?
BELLEZZA
Non sai che ho la precedenza,
bella quale sono e ricca?
PRUDENZA
Nel vestire siamo uguali:
il sudario sempre quello.
RICCO
Mi passi innanzi, villano?
CONTADINO
Lascia i tuoi fumi, fratello;
sei l'ombra di quel che eri.
RICCO
Non so che timore provo
alla vista dell'Autore.
POVERO
Autore di cielo e terra,
la povera compagnia
che ha fatto quel che poteva
rappresentando la vita,
qui alla cena che tu
ci hai promessa; si schiudano
le cortine e manifstati.
[Scena venticinquesima]
Suona una musica e appare nuovamente il globo celeste e in esso una mensa col calice e l'ostia,
e l'Autore seduto; entra il Mondo.
AUTORE
Questa mensa su cui un pane
posa, adorato dai cieli
e temuto dall'inferno,
vi aspetta; ma occorre prima
sapere chi siano i degni
di prender parte alla cena.
Ne escluso chi non ha fatto
bene la sua parte, immemore
della mia misericordia
e di quanto ho amato l'uomo.
Vengano dunque alla cena
il povero e l'anima pia:
il pane spezzo per loro.
I due salgono alla mensa.
POVERO
Maggiori pene e sventure
avrei durate, giacch
vedo che la ricompensa
le ripaga con usura!
PRUDENZA
E io mi dico beata
se le aspre penitenze
fatte han meritato un premio
qui, dov' salvo chi piange
confessando i propr errori.
RE
Al colmo del mio potere
non ti ho chiesto, Dio, perdono?
Perch non me lo concedi?
AUTORE
La Bellezza ed il Potere
che sebbene fatui han pianto
saran salvi, ma non sbito;
e con essi il Contadino
che quantunque abbia negato
l'elemosina, non fu
per durezza ma perch
voleva spronare il Povero
a uscire dalla sua inerzia.
CONTADINO
Sar vero, ma confesso
che ebbi in uggia i vagabondi.
AUTORE
Poich vi siete pentiti
tutti e tre nel purgatorio,
luogo di penosa attesa,
sarete ammessi.
PRUDENZA
Signore,
quand'ero in angustie il Re
mi porse la mano e ora
tocca a me porgerla a lui.
D la mano al Re, salendo.
AUTORE
Gli rimetto la sua pena
per quel gesto di piet;
e poich visse sperando
voli il tempo, sia annullata
l'attesa che gli toccava.
CONTADINO
Piovano tante indulgenze
sulle mie pene, da fare
un contrappeso benefico,
giacch da Roma il Pontefice
decreta che esse han potere
di liberare dal carcere
del purgatorio.
BAMBINO
E di me
che farai, signore, dato
che non ho sbagliato in niente?
AUTORE
I due salgono.
BELLEZZA
Felicit!
CONTADINO
Mi consolo!
RICCO
Sventura a me!
RE
Dunque ho vinto!
RICCO
Che dolore!
PRUDENZA
Che sollievo!
POVERO
Quale dolcezza!
RICCO
Che tossico!
BAMBINO
Io soltanto non gioisco
fra tutti, n sento pena.
AUTORE
Tutti pieghino i ginocchi,
angeli, demoni, uomini
innanzi al Pane celeste.
Si odano per ogni dove
dal paradiso all'inferno
soavi accenti che lo esaltino.
Si sente il suono di zampogne, mentre molte voci intonano il Tantum ergo.
MONDO
E poich solo una recita
questa vita che ci ospita,
meriti il vostro perdono
quella cui avete assistito.