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Giovanni 15, 1-8

La vite e i tralci
Il testo biblico
1 Io sono la vera vite e il Padre mio il vignaiuolo. 2 Ogni tralcio che in me
non d frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che d frutto, lo pota affinch ne
dia di pi. 3 Voi siete gi puri a causa della parola che vi ho annunciata. 4
Dimorate in me, e io dimorer in voi. Come il tralcio non pu da s dar frutto
se non rimane nella vite, cos neppure voi, se non dimorate in me. 5 Io sono
la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta
molto frutto; perch senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora
in me, gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si
gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole
dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sar fatto. 8 In questo
glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, cos sarete miei discepoli.
Introduzione
Il tema di questo brano la vita di relazione, di comunione che noi credenti
siamo chiamati ad avere con il Signore Ges Cristo. il primo di tre
insegnamenti che Ges comunica ai suoi discepoli. Il secondo lo troviamo
nei vv. 11-17, che ci parla della relazione d'amore degli uni con gli altri, e il
terzo insegnamento ci fornisce istruzioni e avvertenze su come comportarci
con quella parte della societ, pagana e incredula, che mostra ostilit verso
i credenti (18-16:4).
Sono insegnamenti che costituiscono una sorta di testamento spirituale che
Ges lascia ai suoi prima della sua morte e che, bene sottolinearlo,
riguarda anche ognuno di noi.
Il tema della comunione affrontato in pi parti nel Nuovo Testamento. Qui
l'evangelista Giovanni ci parla del rapporto dei discepoli/credenti con Ges
con la metafora della vite e dei tralci. Il cap. 10 dello stesso vangelo ci
presenta la vita di comunione del Pastore con le sue pecore. L'apostolo
Paolo ci offre invece l'immagine del corpo e delle sue membra (1 Cor. 12:
12-27; Rom. 12: 4-5), raffigurazioni della vita della chiesa nella sua
espressione di unit e di comunione.
La vigna Israele
Nell'Antico Testamento la vigna rappresenta il popolo di Israele.

In Is. 5:1-7 c' la storia del rapporto tra Dio, il vignaiolo, e questa vigna,
piantata sopra una fertile collina, curata, amata. Ma era un amore a senso
unico, perch quella vigna anzich produrre uva per corrispondere alle
aspettative del vignaiolo, diede come frutto dell'uva selvatica, acerba,
immangiabile.
In Osea 10:1, la vigna Israele, moltiplica i suoi altari e la sua idolatria.
Per Geremia, Israele una vigna scelta, ma che si inselvatichita ed
divenuta sterile (Ger. 2:21; 8:13).
Il profeta Ezechiele paragona Israele ad una vigna feconda, poi inaridita e
bruciata (Ez. 19: 10-14; 15: 1-8).
Nel Salmo 84: 9-16, la vigna piantata dal Signore, un tempo rigogliosa, ora
indifesa e preda dei passanti che la spogliano, del cinghiale del bosco che la
devasta.
Dunque, nell'A.T. l'immagine della vigna ci parla di un popolo che ha
abbandonato il suo Dio e che non d i frutti desiderati. Ma questa condizione
non senza speranza, poich i profeti promettono che verr un giorno in cui
la vigna rifiorir sotto la custodia vigilante di Dio (Is. 27:2-3) e Israele sar
restaurato.
Anche Il salmista Asaf (80: 9-17) invoca l'intervento di Dio per salvare la
vigna Israele.
L'attesa escatologica ha la sua soluzione, ma non sar Israele a realizzare la
promessa dei profeti. Non sar un popolo, ma una persona: Ges Cristo.
La vite e i tralci
Nei vangeli, il tema della vigna, di Israele, affrontato in modo nuovo
operando una sostituzione. La vigna Israele sostituita dalla vite Ges
Cristo. Ges il vero Israele che d a Dio ci che l'Israele corrotto e infedele
non riuscito a dare. Infatti, il nostro testo inizia dicendo: " Io sono la vera
vite", che ci ricorda le altre affermazioni: "Io sono il pane della vita" (Gv, 6:
35); "Io sono il buon Pastore" (Gv. 10:11); "Io sono la porta" (Gv. 10:7); "Io
sono la via, la verit, la vita" (Gv. 14:6); "Io sono la luce del mondo" (Gv. 8:
12); "Io sono la risurrezione e la vita" (Gv. 11: 25). E sempre nel vangelo di
Giovanni troviamo queste due espressioni: "Quando avrete innalzato il Figlio
dell'uomo, allora saprete che Io sono" (Gv. 8: 28) e ancora: "Ve lo dico fin
d'ora, prima che accada, perch quando sar avvenuto, crediate che Io
sono" (Gv. 13: 19).
Ma se Ges la vera vite, Dio il vignaiuolo. E, dunque, se la vita e l'azione
di Ges dipendono dalle cure amorevoli del Padre, la vita dei tralci dipende

dallo stretto legame che li unisce alla vite. Cos i discepoli e tutti i credenti in
Cristo rappresentano i tralci che portano frutto solo in quanto uniti alla vite.
Il rapporto di dipendenza tralcio vite vignaiuolo il fondamento di
un'opera che non fallir e che produrr effetti benefici nella chiesa, nella
societ, nel mondo intero. "Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo
Figlio Unigenito affinch chiunque crede il lui non perisca ma abbia vita
eterna (Gv. 3, 16).
Il frutto che i tralci recano l'uva gustosa e succulenta da cui si estrarr il
vino, simbolo della gioia. un frutto che scaturisce senza alcuno sforzo da
parte del tralcio, perch l'opera di Dio e di Ges Cristo e l'unico lavoro che
il tralcio deve fare di permettere che la linfa fluisca con facilit per
alimentare il frutto.
Dei tre attori, vignaiuolo vite tralcio, i primi due sono attivi, mentre il
terzo, il tralcio in un certo senso figura passiva, perch ha soltanto un
ruolo ricettivo e si limita a produrre il frutto per cui stato creato. Come
dicevo, c' dunque un evidente rapporto di dipendenza del tralcio. Ma noi
credenti (tralci) realizziamo effettivamente questa dipendenza da Ges
Cristo, la vera vite?
Oggi pi che mai, oltre a tutti i miti costruiti dalla cultura moderna e
contemporanea, dobbiamo ammettere che abbiamo coltivato il mito
dell'autonomia alimentando un certo grado di autosufficienza e di
indipendenza. Abbiamo pensato - e questa tentazione ancora attuale - di
poter vivere da soli al di fuori di forme di aggregazione sia ecclesiali che
sociali. L'idea di poter vivere una "fede fai da te" o una vita in piena
indipendenza alimenta i sogni di una pseudo libert che ci farebbe vivere da
buoni religiosi senza andare in chiesa o da buoni cittadini senza alcuna
partecipazione attiva alla vita civile e sociale.
La crisi attuale che stiamo vivendo, prima di essere economica e finanziaria,
una crisi etica e spirituale, perch ha le sue radici nell'egoismo
esasperato, in un eccesso di individualismo, nella ricerca di un tornaconto
personale senza alcun obiettivo di realizzazione del bene comune. la crisi
del modello di societ solida, solidale, fondata sui principi di sussidiariet e
solidariet, di giustizia sociale, che stato sostituito da un nuovo modello di
societ che il sociologo Zigmunt Bauman definisce "societ liquida", in cui
non ci sono punti di riferimento e dove tutto cambia velocemente a tal
punto che non riusciamo a stare dietro ai cambiamenti.
Ges, nel nostro brano, ci ammonisce con le parole "senza di me non potete
far nulla" (v. 5), che ha il significato che Ges Cristo e il suo messaggio
evangelico devono costituire il modello guida della nostra vita cristiana,
della nostra testimonianza e del nostro agire in chiesa e fuori della chiesa,

perch, come un tralcio non pu dare frutto se non attaccato alla vite, cos
il credente se non dimora in Ges Cristo e nella sua parola. Infatti,
conoscenza e sequela di Ges Cristo significano riempire di senso la propria
vita e trasmettere agli altri non solo parole ma anche atti di amore, di
generosit, di condivisione e solidariet, dentro un pi grande progetto di
fraternit, di unit e riconciliazione dei popoli della terra.
Il risultato della vita di Dio, il vignaiuolo, attraverso la mediazione della vite,
Ges, produce inizialmente frutto, poi l'azione della potatura e della cura di
Dio produce pi frutto (v. 2). Infine, dimorare, essere perseveranti e
ubbidienti a Cristo produce molto frutto (v.5). La fruttuosit garantita non
dall'azione del tralcio, perch nessun discepolo perfetto, ma
dall'intervento di cura di Dio. Il tralcio ha bisogno di essere continuamente
mondato/potato (v.2), perch il raccolto sia pi abbondante.
Dunque, questo brano del vangelo di Giovanni un invito a scegliere ogni
giorno di vivere con la mente e con il cuore con Cristo Ges, meditando la
sua Parola e pregando.
Ci non significa vivere ripiegati su se stessi o ammantati di una spiritualit
fine a se stessa, ma implica operare scelte anche difficili, talvolta
controcorrente, per realizzare la volont di Dio e la diffusione del Regno che
Ges ci ha annunciato.
L'apostolo Paolo, al vertice della sua maturit spirituale, disse: "Non sono
pi io che vivo, ma Cristo vive in me" (Galati 2, 20).
La vita cristiana non una tecnica o uno stile. unicamente la conseguenza
di un rapporto che consente a Ges Cristo di essere il Signore nella vita di
una persona. lo Spirito della vita di Cristo che fa funzionare la vita
cristiana.
Il Signore ci chiama a dimorare in Lui e nella sua Parola, a riconoscere la sua
autorit e la sua presenza.
La dipendenza da Cristo ci insegna che non possiamo vivere da soli e che
abbiamo bisogno di Lui, degli uni e degli altri, formando una comunit
solidale, giusta, libera, dove l'amore va incontro ai bisogni di tutti.
Il Signore disse: "Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho
scelto voi, e vi ho costituiti perch andiate e portiate frutto e il vostro frutto
sia permanente" (Giovanni 15, 16).

Meditare queste parole di Ges sulla vite e i tralci, significa cogliere il


rapporto che ci lega a lui nella sua dimensione pi profonda: siamo vivi solo

se uniti a lui, e solo cos possiamo portare qualche frutto. "Senza di me non
potete fare nulla", dice Ges.
E la stessa verit che san Paolo inculca con l'immagine del corpo e delle
membra: Cristo il Capo di un corpo che la Chiesa, di cui ciascun cristiano
un membro. Anche il membro, se staccato dal resto del corpo, non pu
far nulla.
Dove riposa questo rapporto, applicato a noi uomini? Non contrasta esso
con il nostro senso di autonomia e di libert, cio con il nostro sentimento di
essere un tutto e non una parte? Esso riposa su un evento ben preciso che
l'apostolo Paolo, con un'immagine tratta anch'essa dall'agricoltura, chiama
un innesto. Nel Battesimo noi, che eravamo di natura selvatica, siamo stati
inseriti e innestati in Cristo; siamo diventati tralci della vera vite e rami
dell'ulivo buono. Tutto questo in forza dello Spirito Santo che ci stato dato.
Qual il nostro compito di tralci? Giovanni ha un verbo particolare per
esprimerlo: rimanere: rimanere uniti a Cristo che la vite.
"Rimanete in me ed io in voi; Se non rimanete in me...; Chi rimane in me..".
Rimanere attaccati alla vite e rimanere in Cristo Ges significa anzitutto non
abbandonare gli impegni assunti con il Battesimo, non andarsene in paese
lontano, come il figliol prodigo, ben sapendo per che ci si pu staccare da
Cristo tutto una volta, oppure con passi impercettibili che portano allo
stesso effetto.
Rimanere in Cristo Ges significa anche qualcosa di positivo e cio rimanere
nel suo amore; significa permettergli di amarci, di farci passare la sua
linfa che il suo Spirito, di lasciarci salvare dalla debolezza e dal peccato.
Ges insiste sull'urgenza di rimanere in lui facendoci intravedere le
conseguenze fatali del distacco da lui. Il tralcio che non rimane unito alla
vite si secca, non porta frutto, viene tagliato e gettato nel fuoco
Rimanere in Cristo significa rimanere nel suo amore, nella sua legge;
talvolta significa rimanere nella croce, perseverare con lui nella prova.
Per la crescita e lo sviluppo dei frutti, occorre essere potati e lasciarsi
potare: Ogni tralcio che porta frutto (il Padre mio) lo pota perch porti pi
frutto. Che significa lo pota? Significa che recide i germogli superflui e
parassitari (i desideri e gli attaccamenti disordinati), perch concentri tutta
la sua energia in una sola direzione e cos cresca davvero. E una grazia
grande saper riconoscere, nel tempo della potatura, la mano del Padre che
lo fa per il nostro vero bene.
In questa luce, dobbiamo sforzarci di vedere non solo le nostre sofferenze
individuali, i lutti, le malattie, le angosce che colpiscono ognuno di noi o la

nostra famiglia, ma anche la grande universale sofferenza che attanaglia la


nostra societ e il mondo intero, compresa quella pi misteriosa di tutte che
colpisce gli innocenti. Da alcuni anni, ci dibattiamo in una crisi che rivela la
nostra impotenza a mettere pace e
ordine nella convivenza civile, a trovare un accordo e a porre fine all'odio e
alla violenza. E anche questa una potatura necessaria dell'orgoglio e della
presunzione umana. Forse il Signore sta cercando, in tutti i modi, di farci
capire che senza di lui non possiamo proprio far niente. "Se il Signore non
costruisce la casa, invano faticano i costruttori, se il Signore non custodisce
la citt, invano veglia il custode...
Nell'Eucarestia che celebriamo, nella comunione che riceviamo, noi veniamo
incorporati a Cristo, diventiamo sempre pi uniti a lui, poveri tralci, ma uniti
a Cristo, vera vite, vero cibo e vera bevanda per la vita del mondo, per la
vita di ciascuno di noi.

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