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Codice Penale

ART. 56
Chi compie atti idonei (1), diretti in modo non equivoco (2) a commettere un delitto, risponde
di delitto tentato (3), se l'azione non si compie o l'evento non si verifica(4).
Il colpevole del delitto tentato punito (5): con la reclusione non inferiore a dodici anni, se
la pena stabilita l'ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un
terzo a due terzi (6).
Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti
compiuti, qualora questi costituiscano per s un reato diverso (7).
Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita
da un terzo alla met(8) (9) (10).

Note
(1) Il tentativo si configura come fattispecie in cui la sfera oggettiva rimasta incompleta, perch,
al di l della volont colpevole, l'ipotesi delittuosa prevista dalla norma realizzata solo in parte.
Tale situazione diventa punibile al ricorre dei due requisiti: idoneit e univocit.
Per idoneit, s'intende che gli atti posti in essere dal soggetto devono essere in grado di causare
offesa al bene giuridico tutelato. Deve ovviamente trattarsi di atti tipici della fattispecie tentata. Il
giudizio sull'idoneit va effettuato ex ante, ovvero avendo a riguardo del momento in cui la
condotta viene posta in essere (se la valutazione venisse compiuta ex post, non ci sarebbe mai
tentativo punibile), e in concreto, poich l'adeguatezza dell'atto al reato tipico va considerata in
rapporto al contesto fenomenico in cui si inserisce (si pensi al bicchiere d'acqua zuccherata, di
norma innocuo, fatale per un diabetico). A proposito la dottrina prevalente ha affermato che
l'idoneit va valutata tenendo conto di tutte le circostanze realmente esistenti al momento del
fatto, non solo quelle conoscibili o conosciute, come invece sostenuto da altri autori.
(2) Per quanto attiene all'univocit, questa indica che sia l'azione o l'omissione devono far
trasparire con certezza l'intento delittuoso (es. mettersi una pistola in tasca non indica la volont
di sparare come uccidere) sia che le modalit di attuazione devono integrare in maniera non
equivoca un fatto tipico o costituire almeno un atto collegato e di anticipazione certa di fatti
rientrati nel disegno criminoso del soggetto.
(3) Tale norma ha carattere generale e deve quindi essere riferita poi alle singole disposizioni di
parte speciale. Le fattispecie di delitto tentato infatti sono tante quante quelle di delitto
consumato, di cui sono una realizzazione imperfetta.
(4) Affinch si abbia delitto tentato, necessario che l'azione tipica si stata iniziata ma non sia
giunta a compimento (si pensi al soggetto che prende la mira, ma viene disarmato prima di
sparare) oppure la condotta sia stata portata a compimento, ma l'evento non si poi verificato (si
pensi al soggetto che spara, ma non colpisce la sua vittima). Nel primo caso si parla di tentativo
incompiuto, nel secondo di tentativo compiuto.
(5) A seguito dell'abolizione della pena di morte nel nostro ordinamento (per questo aspetto si
rimanda all'analisi dell'art. 17 del c.p.), stato abrogato l'inciso che originariamente prevedeva: "Il

colpevole del delitto tentato punito con la reclusione da ventiquattro a trenta anni, se dalla
legge stabilita per il delitto la pena di morte".
(6) Si deve per puntualizzare che, relativamente al contrabbando si applica la stessa prevista per
il reato consumato, ex art. 293, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43.
(7) Si configura la desistenza quando il soggetto muta il proprio proposito e interrompe
volontariamente l'attivit criminosa (delitti commissivi) o intraprendere ci che stava omettendo,
ossia la condotta doverosa (delitti ommissivi). Per chiarie, nel primo caso si pensi al ladro che,
forzata la serratura, decide di non portare a compimento l'azione criminosa, nel secondo alla
madre che riprende ad allattare il neonato dopo che aveva deciso di farlo morire di fame. La ratio
della desistenza, come ipotesi di normativa premiale, tradizionalmente ravvisata
nell'opportunit di prevenire la violazione di norme penali e disincentivare cos il crimine
attraverso la promessa di impunit. Tuttavia la concezione special-preventiva ritiene che il
fondamento di tale istituto risieda, invece, sulla inutilit della sanzione per un soggetto che ha
modeste probabilit di ricaduta nel reato.
(8) Quando, realizzata l'azione tipica, l'agente volontariamente impedisce la verificazione
dell'evento, si parla direcesso, il quale, diversamente dalla desistenza, presuppone n tentativo
compiuto. Questo rappresenta l'unica circostanza valida nel caso di tentativo e nello specifico si
tratta di una circostanza attenuante.
Il rapporto recesso-desistenza assume rilevanza soprattutto in relazione ai reati omissivi. Per
esemplificare, quindi, la madre che ha omesso di nutrire il neonato per alcune ore, desiste se
riprende a nutrirlo, mentre recede se si reca in ospedale affinch vengano prestate al bambino le
cure necessarie.
(9) Relativamente ai delitti commessi con finalit di terrorismo e di eversione dell'ordine
democratico l'art. 5, l. 29 maggio 1982, n. 304, dispone che non punibile colui che, avendo
compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere il delitto, volontariamente
impedisce l'evento e fornisce comunque elementi di prova rilevanti per l'esatta ricostruzione del
fatto e per l'individuazione degli eventuali concorrenti.
(10) Si ricordi che il tentativo non ammissibile nei delitti colposi (per l'incompatibilit tra la
mancanza di volont delittuosa e l'idoneit e univocit degli atti in cui si sostanzia il delitto
tentato) nelle contravvenzioni (l'articolo in esame si riferisce ai soli delitti), nei reati
unisussistenti (solo relativamente alla forma del tentativo incompiuto), nei delitti di
attentato (poich quanto richiesto per configurarsi tentativo punibile gi sufficiente alla
consumazione del delitto), nei reati di pericolo, nei delitti preterintenzionali.
Fonti Codice Penale LIBRO PRIMO - Dei reati in generale Titolo III - Del reato (Artt. 3984) Capo I - Del reato consumato e tentato
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 8 ottobre 2007, n. 37077, Cassazione Penale, sez.
V, sentenza 11 aprile 2008, n. 15323, Cassazione Penale, sez. I, sentenza 28 ottobre 2008, n.
40058, Cassazione Penale, sez. I, sentenza 4 marzo 2009, n. 9914, Cassazione Penale, sez.
II, sentenza 10 marzo 2009, n. 10547, Cassazione Penale, sez. II, sentenza 10 giugno 2009, n.
23491 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 18 novembre 2009, n. 44029 in Altalex Massimario.

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