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CAMPO MAGNETICO ED ELETTRICO

Intensit di corrente: I=Q/t; 1 OHM: V=RI; Resistenze in serie: V=(R)I; Resistenze in parallelo: 1/R=1/R 1+1/R2. 1 Kirchoff: In ogni punto
di un circuito la somma dei flussi entranti uguale alla somma di quelli uscenti; 2 Kirchoff: In ogni percorso chiuso, fissato un verso
continuo, il potenziale totale nullo. Induzione magnetica: campo magnetico indotto da una corrente -> dipende da I, l e d. Magnetizzazione:
fenomeno permanente che si ottiene inserendo un corpo predisposto in un campo magnetico. Campo magnetico indotto: B = k((Il)/d);
k=/2. Campo elettrico: E = k(Q/d2); k=1/(4). Biot-Savart: B=(/2)/(I/d). Circuitazione: calcolo del prodotto scalare tra il campo
magnetico e un percorso chiuso. Correnti concatenate: correnti che percorrono un filo che passa dentro un percorso chiuso. Equazioni di
Maxwell (a sinistra sono vettori): {1} ES=(Q/) gauss1 {2} BL=I kirchoff2 {3} EL=0 ampere {4} BS=0 gauss2. Forza di Lorentz: su
cariche in movimento; F=qvB (vettori tranne q); R=(vm)/(qB). Terna destrosa. Fenomeni transitori -> flusso = = B A cos.5 ||||||||||||

MAXWELL
MAXWELL Il campo elettrodinamico creato soltanto da un campo magnetico che varia nel tempo. Come un campo magnetico variabile
crea un campo elettrico, cos un campo elettrico variabile crea un campo magnetico. Sia il campo elettrodinamico che quello magnetico, tra
di loro concatenati, si propagano nello spazio, anche vuoto, trasportando lenergia elettromagnetica sotto forma di onde, la cui velocit di
propagazione c = 2,998 m/s. Linsieme dei campi E e B costituisce il campo di irradiazione: in ogni istante, in unonda elettromagnetica, il
rapporto tra il campo elettrico e il campo magnetico uguale alla velocit della luce.
Le equazioni di Maxwell sono la sintesi dellelettromagnetismo insiemealla forza di Lorentz. 1 -> E = Q/0. 2 -> B = 0. 3 -> C(E) = (E/t). 4 -> C(B) = 0(i+0(E/t)). 5 -> F = qvB sin.Circuitazione E -> E l = (B)/t. Circuitazione B -> B l = (I + (E/t)).
Interruttore aperto: E = Q/. Interruttore chiuso:E = 0. Interruttore non stazionario: E = E/t. Nel vuoto: B l = 00(E/t). Luce c =
1/00. Analisi dimensionale F = BiL; B = F/iL; B = N/Am; F = qE; E = F/q = N/c. Le Radiazioni elettromagnetiche sono onde che oscillano
su due piani perpendicolari tra loro e sono state definite sperimentalmente da Hertz. c = f.

RELATIVITA CLASSICA E RISTRETTA


La meccanica relativistica descrive fenomeni di movimento con velocit prossime a quelle della luce. La fisica classica si basa sul
concetto di uno spazio assoluto nel quale il tempo scorre uniformemente in modo autonomo. Secondo Einstein, il tempo e lo spazio non
sono assoluti: qualunque riferimento in moto uniforme pu essere utilizzato per descrivere uno stesso fenomeno. Gli esperimenti avevano
dimostrato che letere non esiste e che la velocit della luce non si compone con altre velocit. Teoria della relativit ristretta: le leggi della
fisica sono le stesse in tutti i riferimenti in moto rettilineo uniforme uno rispetto allaltro; la velocit della luce nello spazio vuoto ha lo stesso
valore in tutti i riferimenti. Non esiste la simultaneit, perch due eventi che sono simultanei in un riferimento non lo sono in un altro. La
velocit delle onde elettromagnetiche non dipende dal movimento del trasmettitore o del ricevitore. RELATIVITA tempo proprio: t =

2h
C . Dilatazione relativistica del tempo:

y=

1
2
(1 ) ; h = cT/2. Lintervallo di tempo tra due eventi risulta y volte maggiore

dellintervallo di tempo T misurato da un osservatore che si trova nello stesso riferimento nel quale tali eventi hanno luogo. La relativit
della simultaneit comporta anche la relativit delle lunghezze. Lunghezza propria: = ut. Espressione della contrazione relativistica della
lunghezza: x =

y . Ogni dimensione trasversale di un oggetto rimane immutata. Il principio di reciprocit vale anche per la

contrazione. Gli orologi nei riferimenti in moto scandiscono il tempo con un ritmo rallentato rispetto agli orologi che si trovano nel riferimento
fermo.

RELATIVITA GENERALE

La teoria della relativit generale estende i concetti di base della relativit speciale ai sistemi di riferimento non inerziali, che sono cio in
moto a velocit non costante e quindi soggetti a un'accelerazione. L'idea centrale di questa teoria, che Einstein svilupp attorno al 1916,
che nei sistemi di riferimento non inerziali si producano effetti analoghi a quelli associati alla forza di gravit. In questo senso la teoria della
relativit generale rappresenta una teoria della gravitazione.
Per Einstein, in sostanza, la causa del moto degli oggetti, e in particolare di quelli sottoposti alla forza di gravit (per esempio, i pianeti
attorno al Sole), non una forza che agisce a distanza, nel senso newtoniano della forza di gravit, ma la modifica della geometria dello
spazio nel quale si muove l'oggetto. Lo spazio-tempo nel quale l'oggetto si muove viene incurvato a causa della presenza di grandi masse e
questa curvatura determina la traiettoria dell'oggetto (v. fig. 26.1). Si pu spiegare semplicemente questo fenomeno pensando a un foglio di
plastica sospeso su un'intelaiatura rigida, sul quale venga fatta rotolare una palla pesante: la palla tende a incurvare il foglio e di
conseguenza ogni altro oggetto che venga posto sul foglio tender ad avvicinarsi alla palla a causa della curvatura che si prodotta. Il moto
di una pietra che cade in un campo gravitazionale determinato non dalla forza prodotta dalla massa che genera il campo, ma dalla

curvatura dello spazio-tempo nel punto in cui si trova la pietra. Lo spazio-tempo controlla la massa "dettandole" il moto, mentre la massa, a
sua volta, controlla lo spazio-tempo determinandone la curvatura.
Alla base della relativit generale risiede l'idea per cui, se impossibile per la relativit ristretta distinguere tra due sistemi di riferimento
inerziali, allora le leggi della fisica devono essere le stesse per tutti i sistemi di riferimento inerziali. Ma che cosa succede se il sistema di
riferimento accelerato? Einstein riteneva che tutti i sistemi di riferimento dovessero essere equivalenti per quanto riguarda la formulazione
delle leggi fisiche. Questa affermazione rappresenta il principio di invarianza, alla base della teoria della relativit generale.
Per incorporare i sistemi di riferimento non inerziali Einstein formul il principio di equivalenza, che stabilisce che non possibile distinguere
tra i fenomeni osservati in un campo gravitazionale uniforme e quelli osservati in un sistema mobile con accelerazione costante. Al riguardo
egli propose il noto esperimento dell'ascensore: un osservatore in moto in un ascensore in caduta libera in un campo gravitazionale
uniforme sperimenta i medesimi effetti di un osservatore che si trovi su un ascensore posto nel vuoto ad accelerazione costante. Il principio
di equivalenza di Einstein oltre che per le leggi della meccanica vale anche per tutte le leggi fisiche, compreso l'elettromagnetismo. Non solo
la massa soggetta alla curvatura dello spazio-tempo, ma anche la luce, la cui traiettoria pu venire deflessa in corrispondenza di un campo
gravitazionale.
Durante il 1919, un'eclissi totale di Sole permise ad alcuni scienziati di misurare la deflessione subita dalla luce delle stelle nel passare
vicino al Sole, e la deflessione era in buon accordo con quella misurata teoricamente da Einstein. Questo episodio venne considerato la
prima conferma della teoria generale della relativit.
Poich la teoria della relativit generale pu essere considerata una teoria della gravitazione, essa rappresenta lo strumento teorico ideale
per la trattazione dei fenomeni astrofisici e cosmologici. Ed appunto da queste discipline che vengono le conferme alla validit della teoria
di Einstein. Una delle maggiori conferme alla teoria considerata la spiegazione dell'avanzamento del perielio di Mercurio. Il perielio il
punto dell'orbita ellittica di un pianeta nel quale esso si trova pi vicino al Sole; secondo le leggi della meccanica classica, il perielio di un
pianeta si dovrebbe trovare sempre nello stesso punto. Considerando gli effetti di perturbazione sull'orbita, dovuti all'attrazione degli altri
pianeti, si era pervenuti anche prima della teoria di Einstein a una correzione dell'avanzamento del perielio di Mercurio, che si discostava
per ancora dalle misure di 43 secondi d'arco ogni secolo. Questa discrepanza trova la sua spiegazione solo attraverso la relativit
generale, che prevede che la curvatura dello spazio dovuto alla massa del Sole produca esattamente questo avanzamento. Recenti misure
del moto del pianeta hanno confermato l'esattezza delle previsioni sulle misure con uno scarto inferiore all'1%.
L'esistenza dei buchi neri considerata un'altra conferma alla relativit generale. Un buco nero un oggetto celeste di massa e densit
talmente grandi che nessun altro oggetto, luce compresa, pu sfuggire alla sua attrazione. Anche in questo caso la relativit pu dare una
spiegazione del fenomeno in termini di curvatura dello spazio-tempo, pensando che la massa del buco nero sia tanto grande da deformare
totalmente, fino "a richiuderlo dietro di s", lo spazio-tempo attorno a un oggetto con le caratteristiche di un buco nero.

EMISSIVITA CORPO NERO

La legge di Stefan-Boltzmann stabilisce che la quantit totale di energia E emessa da un corpo nero a una data temperatura
proporzionale alla quarta potenza della temperatura stessa T (espressa in gradi kelvin); in formula: E = T4 dove una costante di
proporzionalit, detta costante di Stefan-Boltzmann, che vale 5,669.10?8W/m2K4. La legge di Wien stabilisce il legame tra
la temperatura del corpo nero e la lunghezza d'onda (o, analogamente, la frequenza) corrispondente al massimo di emissione:
osservando la curva dello spettro, si nota che all'aumentare della temperatura la lunghezza d'onda a cui corrisponde il massimo nel potere
emissivo si sposta verso valori pi bassi. La legge di Wien dice che la lunghezza d'onda corrispondente al massimo di emissione, mx,
moltiplicata per la temperatura, T, sempre uguale a una costante, b: mxT = b dove b = 2,8978.10?3 mK detta costante di Wien.
Alla fine del XIX sec. tutti i tentativi per spiegare attraverso le leggi classiche il comportamento dello spettro erano falliti, fino a quando, nel
1900, M. Plank sugger che gli atomi della cavit si comportassero come degli oscillatori armonici, di frequenza , e che ciascuno di essi
potesse assorbire o emettere energia solo in quantit proporzionali alla loro frequenza secondo una costante, detta costante di Plank,
secondo un'espressione del tipo E=hv. Secondo le leggi dell'elettromagnetismo classico, un'onda irradia energia su uno spettro continuo di
frequenze, mentre l'ipotesi di Plank implicava che l'energia fosse quantizzata e di conseguenza che l'energia totale del radiatore potesse
assumere solo valori del tipo: E=nhv dove n un numero intero qualsiasi. Attraverso questa assunzione Plank ricav la legge della densit
di energia nella radiazione del corpo nero in funzione della sua frequenza:

E ( v )=

8 hv
3
c

1
e

hv
1
kT

dove c la velocit della luce

e k una costante, detta costante di Boltzmann. Questa legge, detta legge di Plank, si accorda perfettamente a tutti i risultati sperimentali
e da essa possibile, attraverso procedimenti matematici relativamente semplici, ricavare le leggi di Stefan-Boltzmann e di Wien. L'energia

totale della legge di Stefan-Boltzmann rappresentata dall'area racchiusa dalla curva descritta dalla legge di Plank (v. fig. 24.1), mentre la
legge di Wien si ottiene trovando il punto corrispondente al massimo della curva di Plank.

PLANCK

Nel dicembre del 1900 present all'Accademia delle scienze di Berlino una memoria dal titolo: Zur Theorie des Gesetzes des
Energieverteilung in Normalspektrum (Per la teoria della legge di distribuzione dell'energia nello spettro normale), nella quale, per spiegare
le leggi dell'irraggiamento del corpo nero, avanz la rivoluzionaria ipotesi che l'energia non fosse una grandezza continua ma discreta e che
risultasse sempre multipla di un certo valore elementare non ulteriormente divisibile h, noto come costante di Planck. Alla quantit
elementare di energia diede il nome di quantum, da cui la sua teoria, con quelle che ne derivarono, prese il nome di teoria dei quanti. Nella
formula semi-empirica proposta da Planck, gli elementi di energia sono entit puramente teoriche postulate solo allo scopo di dare una
spiegazione a fenomeni non altrimenti spiegabili. Il suo lavoro, quindi, non ottenne inizialmente il riconoscimento che meritava. Il principale
ostacolo che impediva di comprenderne il valore consisteva nella difficolt di trovare una interpretazione fisica per la costante h, il cosiddetto
quanto universale d'azione. Ci fu reso possibile da Einstein che, in una memoria del 1905 sulla produzione e trasformazione della luce,
sugger l'idea che i quanti di Planck potessero venir considerati, sotto certi aspetti, come pacchetti di radiazione luminosa (fotoni). La
profonda innovazione concettuale proposta da Planck fu ben presto considerata una delle tappe decisive della storia della fisica
contemporanea, concorrendo in misura essenziale all'elaborazione del modello atomico di N. Bohr, unanimemente riconosciuto come
l'autentico inizio di una nuova era della fisica. Per i suoi successi scientifici, Planck ricevette numerose onorificenze e, nel 1918, fu insignito
del premio Nobel per la fisica. Per la formula di Planck per la radiazione monocromatica in funzione della lunghezza d'onda,
vedi irraggiamento. Costante fisica universale (simbolo h) che compare nella formula che esprime il quanto (ossia l'unit discreta,
indivisibile) di energia E contenuta in una radiazione di frequenza f: E=hf. La costante h vale 6,62510-34 Js. Si usa anche la costante di
Planck razionalizzata

h
2 , detta appunto acca tagliata.

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