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D UR ATA DEL L A V I TA

40 / FEBBRAIO 2013

tu Quanto a lungo vivrai?

D UR ATA DEL L A V I TA

I pi longevi tra gli esseri umani superano


abbondantemente il secolo di vita. Il sogno
dellimmortalit ha radici antiche. Sebbene resti
una chimera irraggiungibile, la scienza comincia
a svelare cosa condiziona fin dalla nascita la durata
della nostra esistenza. E non mancano le soprese

ellagosto 1997 si spegneva Jeanne


Calment, la donna pi longeva del
mondo, allet di ben 122 anni e 164
giorni. Dalle interviste rilasciate si
pu affermare che la supercentenaria
francese non era particolarmente
attenta alla salute: non ha mai
praticato regolarmente sport e ha
fumato per tutta la vita fino allet di 118 anni.
Com possibile che la signora Calment abbia
sempre goduto di buona salute mentre altre
persone, molto attente invece allo stile di vita, si
ammalino e muoiano giovani?
Nel mondo animale esistono innumerevoli
specie che non mostrano nessun segno di
decadenza con il passare del tempo. Alcuni
esempi sono i batteri, immortali quando si
trovano in colonie, le meduse, le planarie
(piccoli vermetti che vivono nel fondale fangoso
dei laghi), la famiglia delle aragoste e le idre.
Questi organismi, chiamati ageless animals,
hanno un continuo ricambio cellulare a
qualsiasi et. In sostanza non invecchiano
mai e alla fine muoiono per predazione o per
accidenti. La loro mortalit non aumenta e
non subiscono alcuna riduzione nella capacit
riproduttiva con il progredire del tempo.
La medicina e la biologia sono alla continua
ricerca di ci che determina la durata
dellesistenza di un individuo, sperando di
arrivare a capire cosa rallenti il suo declino e
di raggiungere, cos, anche per gli uomini, la
stessa condizione degli ageless animals.
Grazie agli studi sulle caratteristiche di queste
specie, alle analisi sui soggetti centenari e a
ricerche di tipo medico e genetico, si sono fatti
passi avanti rispetto al passato, ma le ipotesi
sono ancora tante e nessuna, da sola, riuscita
ancora a rendere conto di tutti gli elementi.
I processi di invecchiamento e morte hanno
rappresentato da sempre un vero rompicapo
per la biologia. Tutti prima o poi invecchiamo

e moriamo. Ma perch alcune persone vivono


pi delle altre? Da quali fattori determinata
la longevit e la qualit della nostra vecchiaia?
Quanto conta la genetica e quanto invece
lambiente e le condizioni di vita? Il patrimonio
genetico sempre stato chiamato in causa
quando si trattato di spiegare le differenze nella
lunghezza della vita degli individui. Tuttavia,
solo negli ultimissimi anni si sta iniziando
a comprendere i meccanismi genetici che
regolano il processo di invecchiamento
ed facile prevedere che nellimmediato
futuro se ne sapr ancora di pi.

La medusa fa parte
dei cosiddetti ageless
animals, specie che non
invecchiano mai

FEBBRAIO 2013 / 41

D UR ATA DEL L A V I TA

EA Quinn, fotolia

Una questione di telomeri

Se andiamo a indagare le cause


dellinvecchiamento a livello cellulare,
scopriamo che nel nostro corpo tutte le
cellule sono s destinate a degenerarsi e
morire, ma alcune di esse hanno la capacit
di rigenerarsi. Nellinvecchiamento proprio
questa caratteristica delle cellule che via via
si riduce a portare gradualmente alla morte
dellorganismo. Linvecchiamento cellulare
ha a che fare con i telomeri.
I telomeri sono delle brevi sequenze
di DNA che si trovano alle estremit dei
cromosomi umani. possibile immaginare
lelica di DNA come una corda, le cui
estremit si sfilacciano se non vengono
fissate con la colla o con il fuoco. I telomeri
non contengono informazioni genetiche
per la codifica delle proteine, ma hanno
la funzione di proteggere le estremit
dei cromosomi dallo sfibramento ci dice
Mariano Rocchi, professore di Genomica e
Genetica dei tumori allUniversit di Bari.
Ogni volta che la cellula si duplica, la parte
finale del DNA viene persa perch non riesce
a essere replicata e i telomeri si accorciano
costantemente. Quando, dopo un certo
numero di replicazioni, si giunge a una
lunghezza critica, la cellula non riesce pi
a duplicarsi. La scoperta, che risale alla fine
degli anni Settanta, valsa il Premio Nobel
42 / FEBBRAIO 2013

Uno studio sugli abitanti


dellla citt di Cebu, nelle
Filippine, suggerisce
lipotesi che padri pi
anziani concepiscano
figli pi longevi

per la medicina nel 2009 agli autori Elizabeth


Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak.
Recentemente laccorciamento dei telomeri
stato messo in stretta correlazione con la
durata della vita e uno degli esperimenti
pi noti che lo ha provato stato uno
studio pubblicato su Nature nel 2010. Un
gruppo di scienziati della Harvard Medical
School, guidato da Ronald Depinho,
riuscito ad attivare la produzione naturale
della telomerasi, un enzima che stimola la
ricostruzione dei telomeri, in topi anziani,
che hanno cos recuperato alcune funzioni
che avevano perso a causa dellet avanzata,
come la capacit di rigenerare tessuti
danneggiati e addirittura la crescita di nuovi
neuroni nel cervello degli animali. Quello
che gli scienziati hanno cercato di capire
se questo processo potesse effettivamente
aumentare la durata della vita o soltanto
ridurre le malattie durante la vecchiaia.
Questa ricerca ha sollevato la speranza
che anche nelluomo lattivazione della
telomerasi possa portare gli stessi benefici
osservati nei topi, ma il corpo umano
una macchina complessa e molti fattori
intervengono. Una complicazione ulteriore
deriva dal fatto che lattivazione della
telomerasi in tarda et potrebbe provocare
pi danni che benefici perch, favorendo un
pi veloce ricambio cellulare, comporta una

maggiore crescita delle cellule tumorali.


Per capire, invece, perch alcuni individui
sono pi longevi di altri Britt J. Heidinger
e i suoi colleghi dellUniversit di Glasgow
hanno studiato i diamanti mandarini, piccoli
uccelli canori che vivono fino a 9 anni.
Nel 2011 hanno preso in esame 99 esemplari
per tutta la durata della loro vita, misurando
la lunghezza dei loro telomeri alla nascita e a
vari stadi intermedi della loro esistenza.
I risultati mostrano che statisticamente,
un numero significativo di esemplari che a
25 giorni dalla schiusa delle uova aveva i
telomeri pi lunghi viveva di pi e viceversa,
quelli con i telomeri pi corti avevano
unaspettativa di vita minore. I nostri
risultati forniscono la pi forte evidenza
disponibile della relazione tra lunghezza

La cosa sorprendente
che i telomeri
sembrano avere
effetto anche su
pi generazioni

D UR ATA DEL L A V I TA

dei telomeri e durata della vita, mostrando


chiaramente che questa lunghezza nei primi
giorni successivi alla nascita predittiva
di longevit scrivono nel loro articolo.
Per questi uccelli sembra quindi possibile
prevedere, anche se in maniera probabilistica,
la durata della vita di un esemplare sin dal
momento della sua nascita, misurando la
lunghezza dei suoi telomeri. Sar possibile
farlo un giorno anche nelluomo?
La cosa sorprendente che i telomeri
sembrano avere effetto anche su pi
generazioni. Una ricerca dello scorso anno
suggerisce che se vostro padre o vostro
nonno si sono riprodotti in tarda et potete
sperare in una lunga vita. Per giungere a
questa conclusione, sono stati analizzati dati
e campioni raccolti nellambito di un ampio
studio multigenerazionale condotto sugli
abitanti di Cebu, una citt delle Filippine.
Precedentemente era stato mostrato
che i figli di padri vecchi hanno telomeri
pi lunghi. Il nostro studio mostra, per la
prima volta, che questo accade anche a
distanza di almeno due generazioni: se tuo
nonno concepisce tuo padre da vecchio,
allora avrai telomeri pi lunghi afferma
Dan Eisenberg, uno degli autori dello studio
e professore di antropologia evoluzionistica
alla University of Washington. Ci sarebbe
probabilmente dovuto al sorprendente fatto
che, contrariamente a tutte le altre cellule
umane, i telomeri negli spermatozoi si
allungano con linvecchiamento.
Non siamo sicuri, ma la spiegazione pi
probabile che la telomerasi sia attiva ad
alti livelli nei testicoli, continua Eisenberg.
Questa attivit potrebbe progressivamente
allungare la lunghezza dei telomeri quando
un uomo invecchia. Secondo lo scienziato
il fenomeno potrebbe avere una spiegazione
evoluzionistica: Se tuo padre e tuo nonno
sono stati in grado di vivere fino a riprodursi
in tarda et potrebbe essere pi vantaggioso
evolutivamente che anche tu abbia una vita
lunga. Questo particolarmente importante
perch suggerisce che il DNA che un
bambino riceve potrebbe essere cambiato
dallambiente del padre.

della genetica. Ma siamo davvero sicuri che


la cosa stia in questi termini? Studi recenti
sembrano mostrare che la situazione in
realt molto complessa.
David Barker, professore di Epidemiologia
clinica alla University of Southampton,
stato il primo a proporre lipotesi della
programmazione fetale, secondo la quale
quello che ci succede in un periodo critico
dello sviluppo, nellutero materno durante
la gravidanza, ha effetti permanenti sulla
struttura, la fisiologia e il metabolismo del
nostro corpo. Lo scienziato ha ipotizzato una
correlazione diretta tra la durata della vita
e una crescita fetale insufficiente dovuta
alla denutrizione. La denutrizione durante
il periodo fetale comporta un ridotto peso
del bambino alla nascita e una maggiore
probabilit di contrarre malattie legate
allinvecchiamento, diminuendo laspettativa
di vita dellindividuo. Ma c chi va oltre.
Le patologie cardiovascolari e alle vie
respiratorie, lobesit, il diabete, la depressione
e il cancro potrebbero avere avuto la loro
origine nellutero dice Tessa Roseboom,
leader del gruppo di ricerca sulle Origini
Fetali allAcademic Medical Center di
Amsterdam. Negli ulimi due anni lipotesi
stata supportata da una serie di articoli
scientifici in cui venivano analizzati i dati,
accuratamente registrarti, sulla denutrizione
delle donne incinte e sulle nascite durante
la carestia olandese del 1944. Questi studi
hanno permesso di indagare le conseguenze
a lungo termine dellesposizione prenatale
alla denutrizione. Diversamente da Barker,
la Roseboom conclude che non centra
il peso alla nascita: i bambini partoriti
durante la carestia non avevano un peso

significativamente diverso dagli altri. Durante


la carestia olandese, una tipica razione per
un adulto ad Amsterdam consisteva in due
patate, due fette di pane e mezza barbabietola
da zucchero. Questi studi supportano lipotesi
che la denutrizione, durante la gestazione,
porti a un numero di adattamenti nel feto
che potrebbero essere vantaggiosi nel breve
termine, ma negativi nel lungo periodo perch
hanno conseguenze sulla fisiologia e la
struttura di organi chiave.
Ci che succede nelle primissime fasi della
vita pu dunque influenzare, pi dei fattori
genetici e forse anche pi delle abitudini
alimentari e fisiche, la longevit di una
persona. Una correlazione fra denutrizione
della madre e ridotta durata della vita era
stata precedentemente dimostrata in modo
diretto in alcuni esperimenti sugli animali.
La ricercatrice olandese, per, suggerisce che
questi effetti potrebbero alterare le funzioni
cognitive e la salute mentale e potrebbero
avere ripercussioni persino a distanza di due
generazioni.Proprio questultimo punto lascia
credere che questo meccanismo abbia basi
epigenetiche. Lepigenetica lo studio di
come la funzione dei nostri geni pu essere
modificata da marcatori chimici senza alterare
la loro struttura. Questo processo pu avere
effetto per pi generazioni, permettendo ai
segnali di passare ai figli e ai nipoti ci spiega
Tim Spector, professore di Epidemiologia
genetica al Kings College di Londra e autore
di Identically different: why you can change
your genes, che verr pubblicato in Italia
in primavera. Nel suo libro, il ricercatore
britannico esplora le frontiere della
genetica, indagando come i piccoli eventi
della nostra esistenza e le scelte fatte sia

Un esemplare di diamante
mandarino, una specie che
stata protagonista di una recente
ricerca sui telomeri

Gestazione ed epigenetica

Sono stati condotti diversi studi per cercare di


capire quanto conti il patrimonio genetico nel
determinare la lunghezza della vita.
I principali risultati sono stati ottenuti
negli anni Novanta, da ricerche su porzioni
di popolazione e su coppie di gemelli. Da
quegli esperimenti risultato che i nostri geni
influiscono per massimo un terzo sulla durata
della vita umana. I restanti due terzi sono
legati allambiente e allo stile di vita. Agendo
su questi fattori possibile vivere pi a lungo e
ridurre il rischio di ammalarsi.
Nel 2011 un gruppo di ricercatori svedesi ha
dimostrato che i soggetti che avevano parenti
pi longevi non necessariamente vivevano di
pi, attribuendo un ruolo molto fondamentale
allo stile di vita, che quindi influirebbe pi
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D UR ATA DEL L A V I TA

da noi che dai nostri antenati possano


rendere conto di ci che siamo e che
ci rende unici. I fattori esterni, infatti, non
solo influenzano il nostro comportamento,
ma producono nel corpo delle vere e proprie
modifiche a livello chimico che possono
attivare o disattivare alcuni geni, tanto da
spiegare perch due gemelli identici, con lo
stesso codice genetico, possano per esempio
ammalarsi di malattie diverse e morire a
differenti et. Queste ricerche si scontrano con
lidea, finora predominante, che tutto scritto
in modo immutabile nei nostri geni,
e mostrano invece sempre pi evidenze del
fatto che il nostro organismo molto pi
plastico di quanto pensassimo.
Lepigenetica ha una grande potenza
esplicativa e pu essere uno strumento
per capire le cause dellinvecchiamento.
Attualmente solo un terzo della variabilit
nella durata della vita umana pu essere
spiegata dalla genetica. Non lo sappiamo
ancora con certezza, ma si potrebbe scoprire
che lepigenetica pu spiegare molto di pi...,
continua Spector. Comprendere lepigenetica
potrebbe rallentare linvecchiamento, dal
momento che i nostri marcatori epigenetici
cambiano notevolmente quando invecchiamo
e sono potenzialmente reversibili. Esistono gi
alcuni farmaci epigenetici utili per contrastare
il cancro, ma non ne stato ancora messo a
punto uno contro linvecchiamento.

Attualmente
solo un terzo
della variabilit
nella durata della
vita umana pu
essere spiegata
dalla genetica
Tim Spector, professore di Epidemiologia genetica
al Kings College di Londra

fotolia, Amdam et al. pLoS One

Intelligenza e longevit

Anche lintelligenza di una persona sembra


giocare un ruolo nella durata della sua
vita. Ian Deary, psicologo allUniversit
di Edimburgo, aveva ipotizzato che una
intelligenza particolarmente elevata aiuta
a vivere di pi, non solo perch indice di
una maggiore attenzione e consapevolezza
nelle scelte da prendere, ma proprio perch
la biologia degli intelligenti a essere diversa.
I punteggi psicometrici infantili (QI) sono
correlati allet a cui si morir e possono,
statisticamente, predire la mortalit con una
forza simile a quella del fumare, afferma
Gro Amdam, ricercatrice allUniversit
44 / FEBBRAIO 2013

Perch due gemelli omozigoti possono non avere le stesse aspettative di vita? Lepigenetica risponde che dipende
dai fattori esterni i quali, non solo influenzano il comportamento, ma possono attivare o disattivare alcuni geni

dellArizona e alla Norwegian University of


Life Science, che ha cercato di trovare una
spiegazione ai risultati ottenuti nel 2009 sul
rapporto tra QI e durata della vita. Il legame
tra basso QI e minore longevit pu essere
in gran parte spiegato dallo status socioeconomico degli individui. Per cercare di
eliminare questo fattore, la studiosa, nel 2010,
ha addestrato delle api mellifere a riconoscere
un odore e associarlo alla presenza di cibo.
Come per gli umani, alcune api apprendevano
prima, altre dopo. Per testare quanto questa
abilit influisse sullinvecchiamento, gli
insetti sono stati immersi in un ambiente
sovraccarico di ossigeno, un fattore che
accelera linvecchiamento e porta quindi
alla morte. I risultati hanno mostrato che le
api che apprendevano pi in fretta vivevano
pi a lungo di quelle che avevano impiegato
pi tempo. Questo, secondo Gro Amdam,
potrebbe essere dovuto al fatto che le api pi
intelligenti hanno una maggiore resistenza
organica allo stress ambientale. Il risultato
ottenuto, tuttavia, non prova che c uno
stesso meccanismo biologico in api e uomini
che permetta di confermare direttamente
lipotesi in questi ultimi.
Molti altri studi si dovranno effettuare prima
di capire pienamente come le api possano
meglio contribuire alla ricerca per ridurre le
disparit nella salute e nella durata della vita
tra le persone.

Il futuro nelle staminali

Luomo vincer mai la lotta contro la


morte per vecchiaia? In questa sfida un
ruolo fondamentale verr probabilmente
svolto in futuro dalla ricerca sulle cellule
staminali. Lavvento delle staminali ha
causato un cambio di paradigma nella
medicina. La medicina classica, una volta
che la malattia si instaurata, va a curare
il sintomo. Raramente, come nel caso della
chirurgia, si riesce ad aggredire la causa.
Una medicina di tipo rigenerativo, invece,
sfrutta la capacit delle cellule staminali
Immagini dellesperimento
di Gro Amdam
sulle api mellifere

D UR ATA DEL L A V I TA

di sostituire le cellule distrutte riparando i


tessuti che contengono queste cellule, spiega
Angelo Vescovi, professore di Biotecnologie e
Bioscienze allUniversit di Milano-Bicocca.
In unottica futuribile, la creazione di organi
utilizzando cellule staminali del proprio
organismo permetter di allungare la vita
fino ad arrivare allipotesi, ancora lontana,
della rigenerazione locale dei tessuti, in
maniera tale che linvecchiamento proceda
in maniera molto pi lenta o possa essere
addirittura invertito. La realizzazione
semplicemente legata al problema di
applicare la giusta tecnica per sviluppare
queste possibili terapie. Se dovessi fare una
previsione sensata, credo di poter azzardare
che un essere umano, nei prossimi due o tre
secoli, potr arrivare a 150-200 anni.
Una sempre maggiore comprensione dei
meccanismi che regolano il processo di
invecchiamento, anche se non ci render
immortali, ci permetter sicuramente di
aumentare ulteriormente laspettativa
di vita nel mondo occidentale. Tuttavia
questa prospettiva potrebbe comportare dei
problemi di welfare. Se noi europei ipotizza
Giuseppe Passarino, docente di Genetica
allUniversit della Calabria abbiamo gi
dei problemi sociali legati alla vecchiaia come
la pensione e le cure per gli anziani, avendo
aumentato di soli dieci anni laspettativa
di vita, immaginate cosa succederebbe se
invece la facessimo crescere non allinfinito
ma di soli cinquantanni. Rincorriamo il
sogno delleterna giovinezza come tanti Peter
Pan che si rifugiano nellIsola Che Non C
per sfuggire allet adulta, ma forse quello
che riempie di senso la nostra esistenza e ci
permette di entusiasmarci di fronte alle cose
belle proprio la consapevolezza di non vivere
per sempre. Come scriveva Anton Cechov,
La morte spaventosa, ma ancor pi
spaventosa sarebbe la coscienza di vivere
in eterno e di non poter morire mai.

SERENA AZZARELLO ha studiato Comunicazione


della Scienza alla UWE di Bristol

Le teorie evoluzionistiche
dellinvecchiamento
Perch la selezione naturale non ha eliminato
i processi di invecchiamento e morte?
Vi sono due diversi gruppi di teorie
che rispondono in maniera opposta
a questa domanda: le teorie non
adattive, secondo le quali la selezione
naturale non riuscita a contrastare il
degenerare dellorganismo nel tempo, e
quelle adattive, per cui invecchiamento
e morte sono, invece, stati selezionati
di proposito dallevoluzione perch
comportano un vantaggio per la specie.
Una delle teorie non adattive pi comuni
quella dellaccumulo delle mutazioni,
che prevede che linvecchiamento
sia dovuto allaccumulo di mutazioni
nocive che si presentano negli stadi
avanzati della vita animale. La selezione
naturale elimina tutte le mutazioni
che hanno effetto negativo durante il
periodo riproduttivo dellanimale, ma
non si sarebbe curata di eliminare quelle
dannose che compaiono tardivamente,
perch a quel punto lanimale ha gi
terminato la riproduzione ed unet che
pochissimi esemplari raggiungono.
La teoria forse pi diffusa nel dibattito
contemporaneo quella del disposable
soma, o corpo usa e getta. Secondo
questa teoria, linvecchiamento non
dovuto a fattori genetici, ma ambientali
e somatici e c una correlazione molto
stretta tra il momento in cui una specie
raggiunge la maturit sessuale e la
durata della vita. Ogni organismo, infatti,
riesce ad assumere un numero limitato
di calorie, queste calorie vengono in
parte investite nella crescita e in parte
nella riparazione del tessuto somatico,

dei danni cellulari. Quindi quanto pi


rapidamente cresce un organismo,
tante meno energie ha a disposizione
per poter riparare i danni dovuti allet e
quindi tanto pi rapidamente invecchia.
La caratteristica di queste teorie
non adattive quindi il considerare
linvecchiamento come un processo
collaterale di altre funzioni pi
importanti. Tuttavia queste conclusioni
sono state contestate da alcuni
scienziati, che ne hanno messo in
evidenza i problemi.
Una delle prime teorie adattive
stata formulata da Giacinto Libertini,
membro della Societ Italiana di Biologia
Evoluzionistica, la cosiddetta teoria
della selezione della parentela, e si
basa sul concetto che levoluzione
favorisce chi aumenta le probabilit
di sopravvivenza dei propri geni. In
breve, non si considera solo lindividuo
in cui il gene agisce, ma anche le copie
del gene probabilmente presenti in altri
individui imparentati spiega Libertini.
Per esempio: considerando un nonno
(ovvero un soggetto con potenziale
riproduttivo praticamente zero) e un
nipote (che ha solo un quarto dei geni in
comune con il nonno, ma ha potenziale
riproduttivo massimo), un gene del
nonno che determina la morte del nonno
e la salvezza del nipote sar favorito
dalla selezione mentre un gene del nipote
che determina la morte del nipote e la
salvezza del nonno non sar favorito
dalla selezione.

FEBBRAIO 2013 / 45

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