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Scricchiolii
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I giorni passarono e i denti rimasero saldi al loro posto, splendendo orgogliosi e sani
alla luce del sole.
Col tempo, Lorenzo impar a gestire la sua routine dallenamenti quotidiana nel suo
nuovo corpo, anche se ancora con qualche difficolt. Ad esempio, capitava che
durante le flessioni i denti finissero per sfiorare il pavimento e provocare una
sensazione fastidiosa simile a una scarica elettrica che lo attraversava da capo a capo
facendogli tremare i molari. Poi, come terrorizzati, si ritiravano verso l'interno,
tremando e sprofondando nella carne, costringendo Lorenzo a prendersi un attimo e
attendere finch i denti non si fossero decisi a riemergere, e poi ricominciare con una
nuova serie di flessioni. Poteva anche darsi che nel bel mezzo di una serie di
piegamenti, i denti che gli ricoprivano il petto combaciassero perfettamente con
quelli degli addominali, lasciandolo incastrato in quella posizione da tortura
medievale a cercare di divincolarsi senza scheggiarsi i denti.
Dopo ogni allenamento, si rimirava nudo allo specchio, nudo. Cominci a vedere la
cosa sotto un'altra prospettiva. In un certo senso, se si dispone di un accentuato senso
del macabro, si poteva dire che quei denti li donassero.
Quella nuova dentatura, abbinata a un corpo massiccio, da guerriero greco-romano,
gli conferiva una certa aria minacciosa, possente, monumentale, temibile.
Si guard provando varie espressioni davanti allo specchio. Prov prima uno sguardo
duro e impassibile, poi un altro pi fiero ed eroico, degno di un guerriero degli inferi,
e infine uno pi placido e rilassato, da tutti giorni.
Si volt di lato, prima il profilo destro e poi il sinistro, si pass le mani lungo il torso
e sorrise soddisfatto.
Cominciava a prendere la cosa con filosofia. Sarebbe stato il suo ultimo incarico, e
come ogni incarico l'etica gli imponeva di evitare ogni contatto esterno, senza
eccezioni. Cosa importava alla fine? Non gli facevano nemmeno male, non come
prima.
Un rumore di passi riecheggi nel corridoio e si fermarono davanti alla porta della
camera. Lorenzo riprese la sua posizione iniziale, fiero e dritto davanti lo specchio,
senza guardare nient'altro se non il riflesso delle sue pupille scure nello specchio.
I passi si fermarono. Si sent un leggero fruscio di vestiti, un cappotto che veniva
spostato, uno stropicciare di fogli e la suola di una scarpa che strisciava lungo il
pavimento.
Una cartelletta sottile di carta marrone scivol da sotto la porta. I passi si
allontanarono in fretta, correndo, e sparirono gi lungo le scale.
Lorenzo cont fino a trenta e con uno scatto si mosse verso la cartelletta. Avvicin un
orecchio alla porta, si accert che non ci fosse pi nessuno nei paraggi e,
allontanandosi con cautela dalla porta, cominci a prestare attenzione a ci che
conteneva la cartelletta.
Trov una serie di foto in bianco e nero ritraenti un ometto paffuto sulla settantina,
basso, tarchiato, con pochi capelli radi che gli formavano una coroncina intorno alla
testa lucida e calva. Sorrise, pensando a come quel vecchietto assomigliasse a
Winston Churchill.
Le foto erano accompagnate da un foglio contenente i dati anagrafici del signore. Il
sosia di Churchill rispondeva al nome di Fortunato Lucarelli, nato a Pistoia nel 1941,
attualmente residente a Parma. Faceva il libero professionista di professione. Oltre
alle foto e ai dati anagrafici dell'obiettivo, avevano lasciato allegati una serie di
documenti falsi tenuti insieme da un elastico: Carta d'identit, passaporto, tessera
sanitaria e una tessera della biblioteca comunale.
Per quella settimana, Lorenzo si sarebbe chiamato Francesco Schiarelli.
Chiuse la cartelletta e la butt accanto al computer. Si pieg sulle ginocchia e tir
fuori una grossa custodia nera con i bordi in metallo.
Fece scattare i lucchetti, l'apr ed estrasse un grosso oggetto lungo avvolto in un
panno sgualcito color verde acqua. Prese dal bagno un panno scamosciato, si sedette
sul letto, apr il panno ed estrasse uno ad uno i pezzi che costituivano il suo fucile da
cecchino. Li lucid accuratamente uno ad uno: la canna, il manico e il piccolo
telescopio. Poi mont il tutto e si avvicin alla finestra.
La camera dava esattamente sulla piazza.
Imbracci il fucile e rimase in posizione rigida e tesa, tenendo l'occhio vicino al
piccolo telescopio piazzato sopra la canna.
Pass in rassegna l'intera piazza: il municipio, la scuola, la fontana e poi l'ortofrutta.
Trov il signor Lucarelli di fronte al bancone dei cocomeri, intento a constatarne la
maturit, picchiando timidamente con le nocche sopra la buccia verdastra di ciascun
cocomero.
Inizi un'altra mattinata di lavoro. Lorenzo si mise seduto davanti alla finestra con il
fucile da cecchino ben saldo sulla spalla a osservare la piazza.
Il Falso Churchillsi muoveva seguendo il copione quotidiano. Un caff ai tavolini
del bar della piazza, un salto in tabaccheria a comprare il tabacco per la pipa e di
nuovo dal fruttivendolo a tastare e picchiettare angurie.
Praticamente, disse fra s e s con l'occhio infilato nel cannocchiale, con la voce
ovattata dalla sigaretta che stringeva tra i denti, passi le giornate a fumare e a
palpare angurie?.
Lo vide avvicinarsi verso l'anziana fruttivendola con i capelli tinti di rosso acceso
artificiale stringendo una banconota da cinque euro.
La donna gli port l'anguria con entrambe le braccia e la pass con cura in quelle del
Falso Churchill, che se ne and con un ampio sorriso soddisfatto che gli gonfiava la
faccia.
Ciccione di merda..., sussurr Lorenzo.
Una nuova cartelletta marrone strisci da sotto la porta, in solitaria, senza l'eco dei
passi che riecheggiavano per il corridoio ad accompagnarla.
Lorenzo rimase seduto a guardare la cartelletta sul pavimento, perplesso. Attese
qualche attimo, si guard intorno circospetto e si trascin con la sedia verso la
cartelletta. Appena la ebbe sfiorata, i denti cominciarono a tremare e a battere tra loro
dolcemente, come percorsi da una brezza leggera. L'apr, e si sent come se qualcosa
avesse succhiato via l'aria nella stanza. Fiss la prima foto, immobile, mentre l'ultimo
respiro gli moriva in gola.
La prima di una serie di foto in bianco e nero raffigurava due cadaveri carbonizzati
stesi davanti una cascina in pietra e mattoni, circondati solo di cenere e fuliggine.
Le braccia e le gambe carbonizzate dei due corpi sporgevano da sotto un telo bianco,
troppo corto per poterli coprire del tutto, mentre spesse colonne di fumo scuro
inghiottivano l'edera scura che ricopriva i muri e le finestre.
Pian piano, Lorenzo torn lentamente a respirare. Quellimmagine gli parve nuova e
antica allo stesso tempo, come il frammento di un ricordo rimosso, troppo doloroso
per poter restare impresso nella memoria. Poteva quasi sentire l'odore famigliare dei
mattoni e della carne bruciata, un fumo tanto denso da farlo lacrimare, l seduto al
centro della stanza.
Scart la prima foto, ripugnato e sconvolto, mentre la paura avanzava strisciando
sotto la pelle, timoroso di vedere il soggetto raccapricciante che lo attendeva nella
seconda foto, ma gli si present una copia esatta della prima, soltanto leggermente
pi sbiadita, come se una luce accecante avanzasse lentamente per inghiottire in un
colpo solo quellangolo di campagna.
Foto dopo foto, la luce avanzava facendo svanire pian piano ogni cosa, rendendo
l'immagine sempre pi granulosa e indefinita fino a lasciare giusto qualche contorno
scuro e indefinito galleggiare in uno spazio bianco e inerte.
Man mano che l'immagine andava sparendo, il tremolio dei denti aumento, fino a che
il loro ticchettio incessante non prese la forma di un ritmo spastico e disarticolato.
I denti scattarono decisi verso l'interno. La cartelletta gli scivol dalle dita torte dal
dolore e cadde dalla sedia in preda alle convulsioni e agli spasmi dolorosi che
esplodevano per tutto il corpo.
Le labbra vennero sommerse da un'ondata di saliva calda e schiumosa. La stanza si
allontan da lui e spar inghiottita dal buio.
Lorenzo si risvegli sotto la luce tiepida del tramonto. C'era ancora qualche
macchiolina nera che svolazzava senza logica davanti ai suoi occhi, ma il peggio
sembrava essere passato.
Ruot gli occhi verso l'alto, e vide le lenzuola vibrare leggermente sopra il cellulare
che squillava.
Si alz con fatica e zoppic verso il letto, stringendo i denti a ogni fitta di dolore che
gli esplodeva nel petto e nel ventre.
Arriv al materasso giusto in tempo per vedere il telefono placarsi e illuminarsi a
intermittenza, esibendo sul display il messaggio 1 chiamata persa.
Clicc sotto la dicitura visualizza e comparve il numero di Natasha.
Sedette sul letto e richiam il numero, solo per poter sentire di nuovo la segreteria
telefonica.
I denti sussultarono facendogli scricchiolare qualche osso ancora indolenzito, come a
volergli ricordare che erano ancora l con lui, saldamente ancorati alla sua carne.
C'era qualcosa di nuovo nei loro scricchiolii. Non si trattava pi di uno scatto secco,
ma assomigliava pi a un suono viscido, vischioso. Anche il dolore era totalmente
nuovo. Invece di spegnersi ed accendersi in totale armonia con il loro sussultare, il
dolore permaneva e s'intensificava minuto dopo minuto.
Alz la maglietta con cautela e si guard il petto. Trov i denti completamente
ingrigiti, simili a piccoli sassolini, con i bordi spezzati e appuntiti e lo smalto eroso da
carie e tartaro. Una leggera patina biancastra intorno alla base dei denti luccicava
sotto la luce del sole. Pass un dito intorno a uno dei denti incastonati nell'addome,
raccolse un po' di quel liquido vischioso e lo schiacci tra i polpastrelli,
spiaccicandone i piccoli grumi di cui era composto e facendone colare un po' lungo il
dorso della mano. Si avvicin le dita al naso e si ritrasse di colpo cercando di
trattenere i conati. Emanava un odore penetrante, malato, che gli sarebbe rimasto
appiccicato alle mucose per tutta la sera.
Si alz di scatto e prese a vagare per la stanza respirando profondamente e
disegnando ampi archi nell'aria, come gli avevano insegnato da bambino per calmarsi
e far ossigenare i tessuti.
Ogni volta che passava per il letto, l'occhio gli cadeva prima sul cellulare che
spuntava tra le lenzuola sfatte, un po' sul computer e poi sulle foto rovesciate sul
pavimento di fronte al bagno.
Pens a quanto avrebbe voluto avere Natasha con s a consolarlo e dirgli che sarebbe
andato tutto bene, che il dolore sarebbe passato.
Guard di nuovo il computer. Se avesse voluto sentirla, se avesse voluto vederla
esattamente come se l'era sempre immaginata, allora c'era una strada pi facile e
meno patetica.
Un'altra fitta di dolore esplose e gli fece tremare gli ossicini delle orecchie. I denti
nella bocca scricchiolarono fino a fargli lacrimare gli occhi. Guard il telefono sul
materasso attraverso il velo di lacrime, cercando di respingere il desiderio di
accasciarsi a terra per il dolore.
Si avvicin al letto, prese il telefono, selezion l'ultimo dei tre numeri registrati in
rubrica e attese. Dopo tre squilli, una voce nasale gli rispose.
Lollone?.
Lorenzo digrign i denti per il fastidio.
Tartaruga....
Un attimo di silenzio imbarazzato. In sottofondo si sentiva rumore di risate femminili
sguaiate, urla estasiate e brillanti tintinnii di bicchieri.
Che c'?, chiese Tartaruga con voce affannata.
Ho bisogno di aiuto aiuto medico. Sono allo Zeitgeist Hotel, a Castelchiasso,
dopo Langhirano. Riesci a raggiungermi? .
Ok, certo, Lollone ehi, basta, basta. Devo andare al lavoro, davvero, sussurr
Tartaruga rivolgendosi a una delle risate che lo circondavano, sto arrivando.
Il suo viso lasciava la strada aperta a decine di possibili soprannomi: per gli occhi
tondi e privi di emozioni che gli uscivano dalle orbite poteva essere soprannominata
ranocchio. Per le guance molli e grasse che pendevano fin sotto il mento, poteva
essere anche chiamato mastino o bulldog, ma sarebbe stato un nome anche
troppo deciso per uno che pareva stare al mondo solo per rubare l'aria altrui.
La gobba, che era quasi sul punto di stracciare la solita giacca da sera nera che
indossava da anni, distoglieva l'attenzione da qualunque altro particolare, stesso
dicasi per il collo sottile, rugoso e pieno di vene che gli sorreggeva la grossa testa
ovale.
Con piccoli passi svelti e misurati, Tartaruga corse ciondolando verso il letto e con un
lamento liberatorio butt la borsa da medico sul materasso. Tir fuori un fazzoletto di
stoffa e si asciug la fronte e il collo, passando in rassegna la stanza con i grandi
occhi a palla.
Che tugurio..., bisbigli con tono innocente, come se non volesse ferire i sentimenti
di Lorenzo.
Dillo anche ad alta voce. Tanto non mi offendo.
Questo posto spaventoso. Le altre camere non sono cos.
Come fai a saperlo?, Lorenzo abbass lo sguardo sui pantaloni di Tartaruga.
Tartaruga...?
Si?
Hai la bottega aperta....
Tartaruga punt gli occhi verso il basso e li ritir su lentamente, guardando Lorenzo
mostrando un sorriso sornione e leccandosi avidamente le labbra.
Non me n'ero accorto, disse tirandosi su la lampo, sai perch ho la bottega
aperta?
Non me ne frega niente...
Troie..., lo interruppe con tono eccitato. Sgambett ciondolando verso Lorenzo e lo
afferr con forza per la manica umida dell'accappatoio, questo posto pieno di troie,
bello! Anzi, escort, che sono tutta un'altra cosa. Non fanno domande. Non giudicano
e se ne fottono dell'aspetto. Non hanno n occhi, n orecchie, solo una gran fica
sempre umida e aperta. Sono fuori di testa, Lollone, completamente fuori di testa,
disse leccandosi le labbra come un formichiere.
Devono esserlo per forza....
Balzava subito all'occhio come quell'argomento favorisse ad aumentare la sua
sudorazione. Lorenzo pot a stento trattenere un'espressione disgustata.
Quelle troie te le paga lAzienda?
Escort... No. Non che loro sappiano.
I denti ebbero un leggero scatto. Lorenzo strinse le mascelle e schiuse gli occhi.
Tartaruga lo guard meravigliato. Allung il collo verso di lui e lo studi, piegando la
testa incuriosito prima a destra e poi a sinistra, come un cagnolino.
Chiuse la bocca prima che un rivolo di saliva gli colasse dal labbro e chiese:
Perch sono qui, Lollone?
Se tu non mi chiami Lollone, io non ti chiamo Tartaruga
Affare fatto, disse senza levare l'espressione compiaciuta dalla faccia, e allora,
come mi chiamerai?
Lorenzo lo trafisse con lo sguardo. In un lampo di cieca violenza, desider avere dei
denti sulle nocche, cos da fargli anche pi male del dolore minimo necessario a farlo
tacere.
Drizz la schiena, slacci l'accappatoio e lo lasci cadere a terra.
Un rivolo di saliva cadde dalla bocca spalancata di Tartaruga. Lorenzo sfoggi un
sorriso sarcastico.
Allora, pensi di poterci cavare qualcosa? .
Tartaruga fece un veloce cenno della testa. Gonfi le guance mollicce e dalla piccola
bocca rossastra erutt un fiotto di vomito giallastro e grumoso che and a schiantarsi
sui piedi nudi di Lorenzo.
Messo a sedere il paziente su uno sgabello di legno trovato in bagno, il Dottore diede
inizio all'operazione. Stese un panno macchiato di grasso sul letto e appoggi gli
attrezzi necessari: Una pinza da idraulico, una forbice da cucina, delle garze
eccezionalmente pulite, ago e filo.
Ma invece di pagarti le troie, non potresti spendere qualche soldo per degli
strumenti decenti?
Son un sentimentale, Lollo, disse Tartaruga camminando intorno al paziente, sono
i miei primi strumenti. Sono un pezzo di cuore.
Lorenzo diede un'altra occhiata scettica agli strumenti. La metafora fila....
La luce della stanza regalava alla pelle di Tartaruga un aspetto ancora pi sporco e
malaticcio. Lorenzo smise di distinguere un tremore dall'altro, anche se la scelta era
ampia: poteva tremare per i denti che si ammalavano ora dopo ora, o forse per le foto
della cascina e per chiunque gliele avesse scattate e lasciate sotto la porta. Anche
l'attesa per l'operazione chirurgica era un ottimo motivo per tremare.
Allora..., inizi Lorenzo timoroso, c' hai idea di cosa sia questa cosa. Cio... l'hai
mai vista prima?
Ho visto un sacco di cose assurde. Questo potrebbe essere un difetto genetico,
tipo...
Un difetto genetico?
Si.
'Sta roba che mi spunta dal nulla, Tartaruga? Che cazzo di difetto genetico ?
Non sei n un medico n uno scienziato, Lollone. Le vie della scienza sono
infinite.
E tu le conosci quelle vie....
Se no non farei il mestiere che faccio. Tanto adesso ti togliamo tutto, caro mio,
quindi stai l dove sei, dolce e tranquillo, e rilassati un po'.
Lorenzo cerc di seguire il consiglio. Era nelle sue mani, lo aveva chiamato lui, non
poteva fare molto altro.
Ma tu che facevi prima?, chiese a Tartaruga cercando di apparire disinteressato.
Prima di questo?
Si.
Il macellaio.
Lorenzo si volt di scatto verso di lui e sgran gli occhi. Tartaruga scoppi a ridere
unendo le mani al petto.
Guarda che scherzo, Lollone. Facevo il postino.
Tartaruga avvicin un dito verso un dente che spuntava sulla spalla.
Tartaruga!, url Lorenzo. Il dente cominci a dondolare e a tremare nella carne,
facendo ritrarre Tartaruga per lo spavento. Non dovresti indossare dei guanti?
E a che pro? Tanto son gi marci.... Lorenzo scatt in piedi facendo cadere lo
sgabello. Te sei marcio!
Sono un medico! Abbi rispetto.
Rispetto? Ti fai spompinare a morte e poi mi operi senza lavarti le mani!.
Guarda che sono donne di classe quelle! Robe che neanche ti sogni, te....
Lorenzo gli prese una mano paffuta, l'annus e si ritrasse disgustato.
Vedi che sa ancora di fregna? Dove vuoi trovarla te la classe, Tartaruga!.
Tartaruga s'irrigid. Serr le mascelle e la pappagorgia trem come un budino.
Mi vieni a parlare di classe, Lorenzo?, si volt verso il computer e sfoggi di
nuovo il sorriso malefico, scommetto che se mi metto a curiosare nella cronologia
del computer non ti metti pi a fare il signore, eh?.
Lorenzo rest ammutolito. Il pugno destro trem contro la coscia. I muscoli si
agitarono, tesi dal desiderio di fondarsi contro Tartaruga.
Cacciami, disse Tartaruga, Cacciami via, occupatene per i fatti tuoi. Poi chi
chiamiamo a farci togliere quelle schifezze dal corpo, Lollone?
Puoi lasciarmi i tuoi arnesi e andare fare in culo. Poi per dovr aggiornare
l'Agenzia.
E aggiornali! Tanto sono solo...
Senza preavviso, Lorenzo gli moll uno schiaffo. Tartaruga lo guard con gli occhi
gonfi di lacrime, accarezzandosi la guancia arrossata.
Perch siete sempre cattivi con me?, si lagn guardando in basso.
Perch sei monnezza, ecco perch.
Tartaruga prese a girare per la stanza con il viso paonazzo e le vene gonfie per la
rabbia, agitando i piccoli pugni sudati in aria.
Io non sono monnezza!, url Tartaruga con voce infantile, voi valete quanto me in
tutta questa storia. Io....
Uno scatto metallico lo interruppe. Tartaruga riport gli occhi su Lorenzo, in piedi
con la 9mm stretta nella mano destra.
Non c'ho molto da perdere, Tartaruga, Il petto di Lorenzo prese a gonfiarsi
animatamente, come se stesse cercando di respirare con un macigno appoggiato sullo
sterno, ora andrai a lavarti quelle mani schifose, Tartaruga, mi opererai e ti magnerai
anche una bella cucchiaiata di cazzi tuoi. Intesi? Se no facciamo rapporto.
Tartaruga rimase a guardarlo con uno sguardo carico di terrore e senso di colpa.
Intesi?. Tartaruga salt portandosi le mani cinte al petto. Gir il bacino tenendo gli
occhi su Lorenzo. Il suono della sicura che scattava gli diede lo stimolo per correre in
bagno e lavarsi le mani.
Dal bagno, Lorenzo sent tartaruga frugare tra i cassetti ed esultare sorpreso.
Ecco qua, Tartaruga usc infilandosi due guanti di plastica gialli, di quelli che le
loro madri usavano per lavare i piatti, ti senti pi al sicuro con questi?.
Senti qualcosa?, chiese a Lorenzo con voce sforzata estraendo il dente con la pinza.
Vai, bello. Vai, vai, vai...
Il dente si stacc con un suono viscido e secco, portandosi dietro un filo rossastro di
sangue denso, mescolato a una sostanza trasparente e appiccicosa. Dalla ferita fresca
e pulsante si diffuse un odore marcio e malato, lo stesso che non voleva saperne di
staccarsi dal naso di Lorenzo.
Nel giro di una mezz'ora, lottando tra urla e spasmi, riuscirono a liberare la spalla
sinistra, lasciando che tra un dente e l'altro Lorenzo avesse il tipo di assorbire il
dolore.
Tartaruga sfogli la sua lista mentale di argomenti interessanti che potevano distrarlo
dal dolore. Gli scart tutti uno ad uno, sicuro che Lorenzo non avrebbe gradito
nessuno di essi e che avrebbe rifuggito ogni contatto che esulasse quello medico-
paziente, esattamente come tutti gli altri.
Tartaruga riusc a prenderci la mano, e in poco pi di un'ora e mezzo liber entrambe
le braccia.
I denti estirpati lasciarono nella carne solchi rossastri profondi e pulsanti.
Avvicinandosi a ciascun solco e pulendolo dal sangue in eccesso, vi si poteva vedere
l'intreccio di fibre muscolari che scintillavano alla luce in mezzo ai grumi di pus
giallastro.
L'aria fredda passava dalla finestra e filtrava attraverso le ferite, provocando al
paziente brividi sottili e affilati che si facevano strada dalla schiena fino alla punta dei
capelli.
Pensi di riuscire a non tremare?, chiese Tartaruga con aria professionale di chi
conosceva profondamente il proprio mestiere.
Fa freddo, rispose Lorenzo battendo i denti.
Vuoi fare una pausa?.
Lorenzo ci rimugin un po'. Forse.
Vuoi un t, tipo?, chiese Tartaruga
Lorenzo rivolse a Tartaruga uno sguardo stanco e incredulo.
Magari ti calma un pochino, ecco.
No, il dolore gli aveva cambiato la voce, trasformandolo in un rantolo profondo,
come se la sua ugola fosse cosparsa di vetro e bitume, fine della pausa.
Ricominciamo.
I passi tornarono. Solito gioco: tre passi, silenzio e un'ombra nera che filtrava da sotto
la porta. Poi, la cartelletta gialla fatta strisciare sul pavimento, e i passi che si
allontano in velocit sfumando gi per le scale.
Udendo i primi passi lenti, Lorenzo ebbe un piccolo scatto, ma il dolore alle braccia e
al petto lo fece desistere dall'andare verso la porta.
Tartaruga raccolse la cartelletta, l'apr e ne guard il contenuto con sguardo dubbioso.
Riguarda il lavoro?, chiese senza togliere gli occhi dai documenti.
No... Non lo so... Cos'?, chiese Lorenzo rantolando.
Documenti.
Che documenti?.
Carte d'identit, credo....
Ma come credi?, allung il braccio e gli strapp la cartelletta dalle mani.
Lorenzo guard il primo dei documenti. Tartaruga rimase in un angolo, appiattito
contro il muro, e not il labbro inferiore di Lorenzo sussultare su e gi, intanto che le
pupille scure perdevano vitalit man mano che Lorenzo si apprestava a leggere la
prima carta d'identit.
La pelle intorno ai solchi lasciati dai denti appena estratto cominci a chiudersi e ad
aprirsi come le bocche di decine di pesci, e il sangue cominci a colare copioso dalle
ferite.
Il corpo abbronzato di Lorenzo si ricopr di sangue in un attimo. La cartelletta gli
scivol dalla mano, e dopo aver fatto un giro su se stesso, cadde in avanti colpendo la
scrivania con la fronte e sparpagliando i denti per tutto il pavimento.
Tartaruga fece un passo indietro, stringendo la pinza con entrambe le mani. Allung il
collo verso il corpo di Lorenzo e, timidamente, lo chiam.
Lollone?
Ogni passo era una sofferenza, come una manciata di aghi che si disperdevano sotto
la pelle incastrandosi sotto i muscoli, infilzando vene e nervi.
Cammin verso il letto misurando bene ogni passo per dosare il dolore. Si sedette sul
materasso, punt un dito sulla cartelletta e la trascin a s.
L'apr e trov tre vecchie carte d'identit con gli angoli piegati e usurati dal tempo che
giacevano disposti a rosa come un mazzo di carte.
Prese la prima carta in cima al mazzo e l'apr.
Qualcuno aveva graffiato via la foto del suo possessore, lasciando giusto un ciuffetto
di capelli neri e un pezzo di spalla intorno allo sfregio bianco, lo stesso bianco che
inglobava ogni cosa nelle foto della cascina. Perfino nome, cognome, data di nascita
e residenza erano stati graffiati via con la stessa violenza, rendendo qualunque
tentativo di decifrare i dati e scoprire l'identit del possessore dei documenti era
pressoch impossibile.
Stessa cosa valeva per le altre carte.
Lorenzo rimase immobile sul letto, con una carta d'identit aperta tra le dita e gli
occhi fissi sulle generalit deturpate di quella persona.
Senza nemmeno accorgersene si port una mano alla bocca, e scoppi in un pianto
incontrollato.
Le lacrime sgorgarono tanto forte da bruciargli gli occhi, ma nonostante ci ai
singhiozzi si mescol uno sghignazzare malato. Una risata folle, spastica, che lo
terrorizz.
E' cos che ci si sente ad uscire di testa, pens. Sentiva come se ogni oggetto intorno a
lui perdesse di consistenza e si allontanasse fluttuando nell'aria. La trov una
sensazione leggera, liberatoria.
Si morse il palmo della mano per controllare il dolore e soffocare i gemiti e le risa,
tanto che il sangue fresco colava copioso attraverso le bende.
Seduto sul materasso, controll una serie di nomi sul bloc notes giallo che portava
sempre dietro di s durante le sue missioni.
Segn tutti i suoi obiettivi passati, obiettivi eliminati dalla faccia della terra. Persone
che vivevano ai margini della societ, o che erano riuscite a salire tanto in alto da
ritrovarsi completamente sole, senza affetti, senza qualcuno che potesse vendicare o
piangere la loro morte.
C'era una differenza abissale tra un assassino e un sicario. Un sicario non doveva
essere necessariamente visto come una persona cattiva, ai suoi occhi. Ripuliva l'aria,
la rendeva pi respirabile. Eliminava la feccia, o quelli che i suoi clienti etichettavano
come feccia. I suoi non erano gesti dettati dallodio o dal risentimento. Per quello che
poteva riguardargli, non aveva peccati da farsi perdonare.
Una volta che uno dei suoi proiettili penetrava nel cranio dei suoi obiettivi e le
schegge d'osso si sparpagliavano nell'aria, quello che restava era solo uno spazio
vuoto abitabile in pi sulla terra. Un'anima in meno nel regno dei vivi, una tacca in
pi nel curriculum.
Moriva dalla voglia di scrivere a Natasha. Non che si sarebbe aspettato una risposta a
lei, certo, ma gli bastava che sapesse che in quel momento, nella stanza 347 dello
Zeitgeist Hotel, lui la stava pensando.
Pens di scriverle ehi ciao, che fai? Scommetto che adesso stai sorridendo e
avrebbe fatto seguire uno smile sorridente.
Che domanda stupida.... Ovvio che sta sorridendo, era il suo lavoro sorridere, e...
Scacci quel pensiero dalla testa e torn alla sua lista. Erano rimasti fuori giusto un
paio di nomi. Uno era un dittatore di una piccola repubblica indipendente nell'Africa
centrale. Dubit che qualcuno potesse sentire la sua mancanza. Ma un dittatore
necessita di un certo seguito perch salga al potere, per forza.
Che qualcuno del suo partito gli avesse gettato una macumba? Era un'idea
abbastanza razzista, forse. Appoggi la penna alla carta e tracci una riga sopra quel
nome.
Un ultimo nome: Il falso Churchill. Qualcuno che lavorava per conto del
vecchiardo cercava di ostacolarlo? Forse un esperto in magia nera o chiss...
Poi, la risposta arriv come un fulmine a squarciare le nubi. Lo avevano drogato. I
denti non esistevano, non erano reali. Un'allucinazione, forse qualcosa nell'aria.
Gi dal primo giorno di permanenza nell'hotel, l'aria era intrisa di un odore dolciastro
e stantio, troppo forte perch potesse essere solo odore di vissuto.
Gett il bloc notes e corse in bagno. Afferr il tubetto di dentifricio e lo spremette
fino a ridurlo a un sottilissimo pezzo di plastica accartocciato.
Prese shampoo e bagnoschiuma e svuot il contenuto nello scarico della vasca.
Spezz in due una saponetta e la sbriciol tra le dita. Avevano contaminato ogni cosa.
La droga poteva essere ovunque.
Ora non restava che provare la non-esistenza dei denti. Come metterla con Tartaruga?
Aveva visto tutto e glieli aveva tolti, dente per dente.
Tartaruga era uno di loro, ecco la nostra risposta...
Afferr uno dei denti della spalla. Strinse e tir pi forte che pot. Il dolore esplose e
gli vibr lungo il collo. Sembrava tutto concreto e doloroso, pi di quanto non fosse
prima.
Doveva essere un particolare tipo di droga, uno di quelli che attacca i sensi o il
sistema nervoso...
si poteva fare un altro test.
Si precipit alla porta, apr ed usc in corridoio. Vuoto. Non una voce, non un passo.
Cammin avanti e indietro per il tappeto rosso che si stendeva per tutto il piccolo
corridoio. Poi si ferm di colpo e rimase in ascolto dei piccoli passi incerti e leggeri
che scendevano dal quarto piano.
Raddrizz la schiena e tir in fuori il petto, cos che i denti spiccassero sopra ogni
cosa.
Vide prima un paio di scarpe da sera nere, fresche di lucido. Poi i pantaloni colori
cachi con i bordi che svolazzavano intorno alle caviglie coperte dalle calze nere.
L'uomo si ferm di colpo, lanci un grasso colpo di tosse e sput un grumo di sangue
scuro e catarro che and a spiaccicarsi sullo scalino davanti a lui.
Fece gli ultimi scalini barcollando e gemendo per il dolore. Un impermeabile dello
stesso colore dei pantaloni gli copriva le spalle larghe e muscolose. Doveva essere
uno di quelli della festa anni '40 che si era deciso a smaltire la sbronza all'hotel.
Arriv in fondo alle scale e imbocc il corridoio, diretto verso la seconda rampa di
scale.
Il cuore di Lorenzo si ferm. La faccia dell'uomo era ridotta a un ammasso di carne
squarciata e sanguinolenta.
Dietro la poltiglia di sangue e muscoli che doveva essere stato il mento spuntavano la
mandibola totalmente scarnificata che pendeva cigolante nel vuoto.
Sangue e sudore gli impiastricciavano i lunghi capelli neri pettinati all'indietro come
fossero brillantina.
Il cadavere si ferm e fiss Lorenzo attraverso gli occhi azzurri.
Le pupille erano umide e arrossate, forse per il dolore, forse per il pianto. Grandi
occhi blu freddi e penetranti.
Luomo fece per allungare una mano, ma rinunci. Disse qualcosa, ma al posto delle
parole si ud soltanto il sangue ribollirgli nella gola spaccata.
Come?, chiese Lorenzo, sorpreso dal suono della sua stessa voce.
Il cadavere gorgogli di nuovo. Inarc le sopracciglia, come pronto a piangere. Poi,
scosse la testa, gli volt le spalle e torn a scendere le scale, gorgogliando suoni
inesistenti e tirando su col naso.
Tornato nella sua stanza, Lorenzo decise prendere il cellulare e chiamare l'Agenzia.
Volevano sabotare la missione. Lo avevano drogato e in preda alle allucinazioni non
poteva fare un granch.
Tir via le lenzuola e gett i cuscini sul pavimento, finch con la coda dell'occhio
vide il cellulare in bilico sul comodino. Prima che potesse allungarsi ad afferrarlo,
suon il telefono della camera.
Pi che uno squillare, quel suono pareva un grido dallarme che in un primo
momento lo fece saltare dalla paura.
Lascio squillare un altro paio di volte. Poi, torturato dal suo suono ossessivo, prese in
mano la cornetta.
Si, disse tenendo un tono di voce serio e controllato.
Signor Damiani?, chiese una finta voce metallica.
Si.
Stanza 347.
Si.
Restarono un silenzio. Solo il ronzio del telefono li teneva collegati luno allaltro.
Chi parla?
Quanto deve fare male ancora perch ti decida a fare qualcosa?.
Riconosceva quel filtro vocale. Era stato costretto ad usarlo a lavoro di tanto in tanto.
Tartaruga?.
Posso ancora sentire lodore del fumo, Lorenzo, nonostante il filtro elettronica, la
voce non riusciva a nascondere una certa malinconia arresa, Senza i tuoi ricordi, tu
sei ancora innocente.
Non dovete fare incazzare la gente per cui lavoro.
I ricordi dell'adolescenza si raccolsero e si sovrapposero nella memoria
ingarbugliandosi.
E inutile che ti sforzi. Hai altro a cui pensare. Ho sempre pregato per te, in ogni
caso. E lo far anche dopo.
Uno scatto e il segnale di linea libera.
Lorenzo rimase in piedi con gli occhi sbarrati nel voto e il labbro inferiore che
sobbalzava facendogli tremare il mento.
Si sedette sul pavimento, strisci verso il letto e si port le ginocchia al petto.
Si concentr sul suono degli uccelli e sul vociare che proveniva dalla piazza. Era
domenica, giornata di mercato. Chiuse gli occhi e si lasci coccolare dalle urla dei
fruttivendoli, dal gridare gioioso dei bambini.
Prov a chiamare Natasha una decina di volte. Ormai il segnale acustico della
segreteria telefonica non significava pi niente, se no prova a richiamare un'ultima
volta. Camminava velocemente avanti e indietro per la stanza, puntando l'occhio di
tanto in tanto sull'angolo nero della custodia del fucile che faceva capolino da sotto il
letto.
Gett il telefonino sul letto e riprese a vagare per la stanza.
Che giorno era ormai? Marted? Domenica? Sabato? Per quando doveva essere finito
il lavoro? Presto, ecco quando, pens.
La febbre era troppo alta per fare qualunque cosa, perfino per preoccuparsi della
salute dei suoi denti.
Durante il breve sonno, la pelle si era arrossata, come appena scottata dal sole, e
cominci a formarsi un reticolo di linee scure e sottili che dividevano la pelle in
sezioni simili a squame.
Gemendo e risucchiando in dietro la bava che colava in fili sottili, avvicin un dito ad
una delle squame sul braccio. Bast semplicemente sfiorarla, un leggero contatto, e
questa cadde sul pavimento lasciando dietro di s un filo di liquido denso e una
sezione di muscoli scoperta pulsare nell'aria.
Un ronzio tenue gli attravers le orecchie. Lorenzo si gir di scatto, spaventato,
guardandosi attorno e ringhiando, curvo sulla schiena dolorante.
Il cellulare dell'Azienda prese a tremare sul comodino. Non senza qualche esitazione,
si avvicin e prese il cellulare.
Il display segnava un numero privato.
Poteva non essere l'agenzia. Poteva essere di nuovo quella voce che voleva fargli
sapere quanto fosse soffocante lodore del fumo, quanto aveva impiegato la pelle dei
proprietari a staccarsi e scivolargli via dal corpo per il calore.
Ignor il telefono e riprese a vagare per la stanza con le braccia incrociate contro il
petto per frenare i tremori.
Poteva essere chiunque. Il dubbio che questa storia cominciasse a perdere di senso lo
risvegli in qualche modo. Si guard allo specchio. Quelle protuberanze che gli
riempivano il corpo, ormai, cominciavano ad assomigliare a tutto meno che a denti.
In alcune parti, come le spalle e il petto, i denti cercavano di uscire a coppie da
un'unica ferita.
Lo smalto and via, lasciando le protuberanze rivestite di una parete rigida e solcata
da profondi crateri che le facevano sembrare delle piccole rocce appuntite.
And verso il letto, si accovacci e, cercando di non barcollare o svenire dalla febbre,
tir fuori la custodia del fucile di precisione.
Lo mont pezzo per pezzo, prendendosi una pausa di tanto in tanto per calmare le
mani tremanti.
Stringendo l'arma con entrambe le braccia, si sedette e strisci verso il muro,
appiattendosi esattamente sotto lo specchio ovale.
Allung le braccia, punt l'arma davanti a s, e infil la canna del fucile tra le labbra.
Il sapore ferroso del fucile gli riemp la bocca in un attimo. I denti presero a tremare
tutti insieme come impazziti. Il tremolio si estese a tutte le ossa e agli occhi, dandogli
l'impressione che presto gli sarebbero scivolati fuori dalle orbite.
Sfior il grilletto, accarezzandolo e soffermandosi su ogni millimetro, ogni
imperfezione. Fece pressione col polpastrello, strizz gli occhi, serr le mandibole, e
prima che il cervello di mandasse un impulso che ordinasse al dito di fare maggiore
pressione e far partire il colpo, dei passi vagamente famigliari echeggiarono fuori
dalla porta.
Con la canna del fucile salda tra i denti, gir gli occhi verso le due ombre lunghe e
scure filtrarono da sotto la porta.
Indugiarono brevemente e rimasero immobili a scambiarsi bisbigli incomprensibili.
Lorenzo prese l'occasione al volo: lev il fucile dalla bocca, lo punt versa la porta e
spar due colpi.
Una delle due ombre si allarg accompagnata da un tonfo sordo e potente. La prima
ombra si amalgam all'altra, unendosi e formando un unico strato nero e denso che
scendeva dalla porta fino al mucchietto di denti vicino alla scrivania.
Poi un sussulto, e l'altra ombra si separ dalla prima singhiozzando e lanciando
versetti sordi di sorpresa e spavento.
Da sotto la porta, una lenta ondata di sangue scuro cominci a scorrere lentamente,
affogando l'ombra filtrata dai raggi di luce accecante del corridoio.
Lorenzo si gett immediatamente verso la porta con la mano tesa verso la maniglia,
l'apr, fece due passi indietro e punt il fucile davanti a se, pronto a fare fuoco.
Tartaruga si fece trovare con le manine tozze bene in vista sopra la testa lucida.
Accanto a lui il cadavere di una donna vestita come una prostituta degli anni quaranta
giaceva a terra, scomposta, con i palmi delle mani che puntavano rivolti il soffitto.
Un tappeto di sangue si espandeva sotto di lei invadendo la stanza.
Perch?, balbett Tartaruga sconvolto.
Lorenzo guard l'orologio. Segnava le 14.45. Afferr Tartaruga per la camicia e lo
trascin nella stanza. Lanci Tartaruga contro il muro, e puntandogli il fucile addosso
disse:
Non esiste che mi facciate ammattire, non esiste proprio. Io resto lucido, sempre.
Sono allenato, mi alleno ogni giorno, sono perfettamente preparato a situazioni come
queste.
Indietreggi fino alla finestra tenendo Tartaruga sotto tiro, gli volt le spalle, and
alla finestra e punt il fucile verso la piazza.
Il sosia di Churchill non manc l'appuntamento dal fruttivendolo.
Rispett il copione riga per riga. Si avvicin al bancone, pass in rassegna le angurie,
le accarezz e cominci a bussare sulla buccia di ciascun frutto e ad appoggiarci
l'orecchio per verificarne la qualit.
Il mirino schizz come impazzito, incorniciando per sbaglio la testa di qualche
passante innocente finch non si pos su quella di Churchill.
Il sudore col lentamente, solleticando la fronte di Lorenzo. Aggrott le sopracciglia
per farlo scorrere pi velocemente e scacciare via il prurito. Respir una profonda
boccata d'aria afosa e la ributt fuori man mano che la pressione sul grilletto si faceva
pi decisa.
La commessa dell'ortofrutta arriv pronta ad assecondare ogni bisogno del suo
cliente.
I denti scattarono nascondendosi sotto la pelle, provocando un unico poderoso
schiocco che fece contrarre tutte le ossa di Lorenzo.
Il colpo part all'improvviso e la testa della commessa esplose addosso a Churchill,
imbrattando di rosso scuro il suo faccione stupefatto.
Lorenzo si ritir, strinse i denti e si rimise in posizione. Un altro scattare di denti e
l'osso della clavicola si spezz, diffondendo dolore per tutto il collo e le spalle. Part
un altro colpo di risposta e, questa volta, fu un cocomero ad esplodere e a imbrattargli
la camicia e il panciotto bordeaux.
Tartaruga si gett su Lorenzo e si avvinghi alle sue spalle. Affond le dita nella
clavicola spezzata, resistendo ai tentativi disperati di Lorenzo di levarselo dalla
schiena.
Stringendo il fucile tra le dita, caric verso il muro e schiacci Tartaruga con la
schiena.
Lorenzo si liber del peso e gli rifil un paio di calci ben assestati alla pancia e ai
testicoli. Gli sput sulle guance gonfie e livide e grugn:
Dopo penso anche a te, ciccione pervertito doppiogiochista.
I denti continuarono a girare vorticosamente su loro stessi spremendo dolore dai
muscoli e riempiendogli i pettorali e l'addome di sangue caldo.
Rinunci in fretta al mirino. Senza badare minimamente alla precisione e alla mira,
Lorenzo prese a sparare alla cieca sulla piazza, nella disperata speranza che un
proiettile colpisse il suo obiettivo.
Quando la prima cartuccia si scaric, strinse gli occhi in una fessura e guard il
risultato della sua esercitazione.
Una decina di corpi stavano stesi sulle mattonelle grigiastre della piazza: donne,
anziani, bambini stesi accanto alle loro biciclette, pi un altro paio di corpi
difficilmente identificabili che galleggiavano nelle acque rossastre della fontana.
Churchill stette l esattamente dove lo aveva trovato, accovacciato tra i banchi colmi
di cocomeri e meloni fracassati, con le mani sulla testa per proteggersi dalla polpa
che schizzava via ad ogni colpo invisibile.
Volevo solo portarti un po' di figa, cominci a piagnucolare Tartaruga vicino a
Lorenzo, massaggiandosi i testicoli, a te piace la fica, pensavo ti piacesse. Non
volevo darti fastidio, nemmeno lei voleva, voleva farti divertire un po' e...
Lorenzo si volt di scatto verso il letto a prendere un caricatore. L'accappatoio si apr
e il pene ricoperto di denti cariati sbatacchi contro il naso di Tartaruga.
I denti..., balbett Tartaruga.
Si, certo, tuon Lorenzo infilando con stizza il caricatore nel fucile, i denti... non
darmela a bere, Tartaruga.
Il suo telefono personale prese a vibrare sotto le lenzuola.
Tornato nella posizione di partenza, quella che si addiceva alla sua professione, con la
canna appoggiata al davanzale e l'occhio infilato nel mirino, Lorenzo torn a
respirare, rivolgendosi bisbigliando al telefono sul letto aspetta, aspetta.
Fece coincidere il puntino nero del mirino al centro della fronte di Churchill,
trattenne il respiro, e in una manciata di frazioni di secondo le sue cervella andarono
a confondersi alla polpa rosa dei cocomeri sul marciapiede.
I muscoli si sciolsero di colpo, cogliendo Lorenzo alla sprovvista. Si lasci cadere sul
davanzale, rischiando di farsi cadere il fucile addosso.
Rise un po' tra s e s, stringendo il fucile tra le braccia tremanti e sudate.
Una macchiolina scura spunt sul cavallo dei pantaloni grigi di Tartaruga per poi
spandersi fino alle cosce.
Il volume delle risate sue risate impazzite crebbe fino riempire la stanza.
Tartaruga punt le mani tozze sul pavimento e prese a strisciare in direzione della
porta, tenendo gli occhi attenti e fissi su quella massa di muscoli, denti e sudore che
sghignazzava appiattita contro il muro sotto la finestra.
Lorenzo moll il fucile e afferr le gambe di Tartaruga. Le dita affondarono nella
carne come metallo fuso. Perfino attraverso il tessuto spesso dei pantaloni si poteva
sentire il la febbre che gli arroventava la carne.
Tartaruga invoc il suo nome, invano.
Le dita di Lorenzo affondarono nei polpacci, poi scesero gi lacerandogli la carne e si
piantarono nelle caviglie, squarciando i tendini.
Lorenzo... lasciami..., implor cercando di farsi forza e strisciare verso la porta.
Lorenzo ridacchi, tenendo la testa china sul pavimento. Se Tartaruga avesse girato la
testa, se avesse avuto la possibilit di vederlo, avrebbe trovato due occhi folli e
febbricitanti spalancati verso il nulla.
Lasciami in pace, gracchi Lorenzo aumentando la presa fino a strappare i
pantaloni.
Cominci ad arrampicarsi e a strisciare su Tartaruga. I bordi seghettati dei denti
graffiarono la cintura, lacerarono la camicia disegnando sottili strisce di sangue
acceso e penetrarono nella pelle attraverso il tessuto.
Le narici di Tartaruga si riempirono di un odore acre e penetrante. Un odore cos
famigliare, memore di tante operazioni fallite, di tante infezioni che gli sono passate
davanti ribollendo davanti agli occhi.
Lorenzo gli premette una mano sulle labbra e si avvicin a Tartaruga finch non si
trovarono naso contro naso.
Ad ogni mugolio, Lorenzo gli stringeva la presa sulla bocca, fino a sentirgli la
mascella schioccare sotto i palmi tesi.
Perch adesso non mi dici com' lodore del fumo, eh?, disse Lorenzo.
Tartaruga avrebbe voluto dirgli che non aveva idea di cosa stesse dicendo, che se ne
sarebbe andato se avesse voluto, che si era sbagliato come sempre, che se Lorenzo
avesse voluto una donna per s se la sarebbe andata a cercare, senza che quel
grassone storpio venisse a portargliene una, che forse quella se la meritava una
pallottola in testa, s era cos che Lorenzo riteneva pi giusto e, soprattutto, avrebbe
voluto scusarsi per avergli imbrattato i pantaloni di pip.
Lasciatemi stare, disse Lorenzo con la voce strozzata dalle lacrime.
Strinse gli strinse le mani intorno alla testa, fece scivolare i pollici lungo la pelle unta
e calda e glieli premette sugli occhi. Appena i suoi occhi affondarono nel cranio, le
braccia e le gambe tozze di Tartaruga presero ad agitarsi come possedute. Lorenzo lo
colp testicoli e vi fece affondare il ginocchio, girandolo e rigirandolo per tenerlo a
bada. Il sangue scuro e denso prese a colare da sotto i pollici, imbrattandogli le
guance.
Poi, strinse ulteriormente la presa intorno alla sua testa, la sollev da terra e prese a
sbatterla freneticamente contro il pavimento.
Tartaruga si sent gli occhi esplodere a ogni colpo, a ogni crac del cranio contro il
pavimento in legno. Le sue dita si mossero freneticamente sul pavimento come le
zampette di un ragno in cerca di un appiglio.
Accompagnando ogni colpo a un urlo roco e inumano, Lorenzo continu finch il
cranio non gli si spezz tra le mani e viscidi frammenti insanguinati di cervello non
presero a schizzare intorno a lui.
Quando Tartaruga smise di lottare, Lorenzo appoggi delicatamente la testa
frantumata sul pavimento.
Si alz in piedi e s'infil le mani tra i capelli, respirando profondamente cercando di
controllare il cuore.
Rimase in piedi a guardare il corpo di Tartaruga scomporsi in una danza convulsa,
mentre sangue e vomito uscivano gli sgorgavano dalle labbra, finch l'ultimo rivolo
di sangue trascin dietro di se un dente sano, bianco e splendente, come quelli che
spuntavano dalla pelle di Lorenzo i primi giorni di permanenza nell'hotel.
Lorenzo cadde in ginocchio, inerme, con i palmi rivolti verso l'alto, come in
preghiera.
Ricordi come iniziata, Lorenzo? Lo sai perch sei qui? Lo sai perch fai quello che
fai?
Lorenzo si risvegli con la bocca impastata di fumo e cenere. La stanza si era ridotta
in una massa nera e grigiastra. L'unica cosa che aveva ancora pareva avere una
minima consistenza era il computer portatile ridotto a una bolla informe fusa con il
pavimento.
Poco lontano dalla sua testa, un cellulare continuava a vibrare in mezzo alla cenere.
Fece per muoversi ma la pelle fusa al pavimento lo tenne inchiodato a terra.
Uno strato di pelle sotto il braccio si lacer facendo un rumore simile a quello di un
pezzo di carta. Lorenzo url dal dolore e si divincol, strappando altra pelle sulle
gambe e sulla schiena.
Fece cadere la testa a terra e si lasci cullare dal pianto. Le punte curve dei denti si
fusero alla pelle. Ormai avevano perso ogni forma che permettesse di ricondurli a dei
denti umani.
La porta si apr cigolando. Lorenzo continu nel suo pianto, immaginando che ad
entrare fosse l'ombra della bambina che aveva dato fuoco alla stanza, la stessa che gli
aveva parlato al telefono, la stessa che gli chiese se si ricordava l'odore del fumo.
Pieg leggermente la testa verso la porta e trov una sagoma nera all'ingresso. Pareva
l'ombra di una donna alta e dalle forme agili e sensuali. Il taglio dei capelli a
caschetto gli rivel la sua identit.
Natasha..., gemette Lorenzo con le sue ultime forse.
La sagoma si avvicin a lui. Natasha usc dall'ombra, sorridendo dolcemente e con la
luce del sole che vibrava dentro i suoi occhi a mandorla.
Pos l'indice alle labbra e sussurr dolcemente:
Shhh.
La sua pelle, bianca e lucente come l'aveva vista nella webchat, era ricoperta da
tatuaggi edere nere che si contorcevano e si legavano tra di loro lungo tutto il corpo.
E' stata una settimana lunga, Lorenzo.
Si pieg sulle ginocchia e si sdrai su di lui. Gli accarezz la fronte sudata, pass la
mano sulle guance roventi e spostargli dolcemente i capelli fradici di sudore.
Perch sei tornato? .
Sei bellissima, disse Lorenzo commosso, sei ancora bellissima.
Shhh, gli pos l'indice sulle labbra, l'ora di ricordare, Lorenzo. Lo ricordi adesso
l'odore del fumo?
I tatuaggi si animarono. Le edere si separarono dal corpo di Natasha e presero a
strisciare nell'aria, vagando sinuose e confuse nel vuoto.
Poi, s'irrigidirono di colpo e puntarono dritte sui denti incastonati nel corpo di
Lorenzo. Vi girarono intorno e gli accarezzarono. Le edere si scissero e si
moltiplicarono. Estrassero i denti uno ad uno, mentre Natasha teneva stretto il corpo
di Lorenzo agitato per il dolore.
Estratti tutti i denti, le edere entrarono nelle ferite pulsanti e penetrarono nei muscoli.
Le mani e le braccia si agitarono incontrollate.
Un formicolio impazzito e pungente si diffuse in tutto il corpo. Un sapore dolce e
vischioso gli riemp la bocca e la stanza cominci ad allontanarsi pian piano, finch
non restarono le sensazioni del vuoto sotto il suo corpo e delle morbide dita di
Natasha attorno alle sue spalle.
Torna a ricordare, Lorenzo, ti prego.
Lorenzo torn a ricordare.
I ricordi cominciarono a spandersi e gonfiarsi nella mente bruciata nelle fiamme.
Tutto cominci ad apparire cos pacifico, cos dolce...
II. Primi scricchioli
Ritornando indietro nel tempo, lo Zeitgeist Hotel si sciolse nell'aria, lasciando posto
alle colline traboccanti di luce sotto il sole primaverile.
Il piccolo Lorenzo stava seduto in cima a una di queste colline, mentre il vento gli
accarezzava la testa rasata da cui spuntavano pochi millimetri di capelli biondi.
Rivolgeva il viso imbronciato verso il paesaggio sconfinato di colline e campi, in
cerca di consolazione, o forse anche solo di riposo dopo una lunga mattinata a scuola.
Appena il sole cominci a bruciargli il viso, si alz e s'incammin verso casa tenendo
lo sguardo verso il basso per proteggere gli occhi dal sole accecante.
Per strada incroci un viso nuovo, una ragazzina che trainando a s una vecchia
bicicletta rosa mezza arrugginita stava risalendo la collina in direzione opposta alla
sua.
I loro sguardi s'incontrarono e si comunicarono reciproca curiosit. I loro vestiti si
sfiorarono, e ognuno prosegu per la sua strada.
Lorenzo pens a lei tutto il giorno e non smise fino alla fine dell'estate. Quando mai
gli era capitato di vedere un viso cos grazioso?
Torn nella sua casetta. Diede due frettolose carezze al cane, chiuso nel recinto di
legno e metallo costruito dal padre qualche settimana prima e si fiond in casa a
mangiare.
Mamma aveva lasciato un piatto di pasta al pomodoro sopra il piano cottura ed era
scappata al lavoro, lasciandolo a mangiare da solo col padre, ancora scocciato per i
pagamenti delle bollette accumulate per mesi e mesi.
Mangiarono praticamente in silenzio, rivolgendosi poche parole.
Finito il piatto, corse in camera, prese la lente d'ingrandimento sepolta sotto i libri di
scuola e corse in cortile a giocare.
Si sedette a gambe incrociate vicino alla scalinata di pietra dell'ingresso e attese.
Una lunga fila di formiche spunt da un buchetto nel muro e marciarono disciplinate
verso di lui. Si volt per controllare se il sole fosse nella posizione giusta. Inclin
leggermente la lente e aspetto pazientemente che la prima formica bruciasse sotto la
colonna di luce.
Diede un nome e una faccia a ogni formica che rosolava sotto la sua lente
d'ingrandimento: Marcello, il ciccione che lo chiamava deportato vomitone da
quella volta che in fila per andare in classe vomit sul pavimento dell'atrio davanti a
tutta la scuola. Luca, il primo bambino a chiamarlo deportato davanti a tutti,
durante un intervallo in cortile e Giovanni, che ogni volta che lo prendevano in giro
lo guardava pieno di pena e poi si univa alle risate degli altri, troppo fifone per
difenderlo e compromettersi.
Alla fine rimasero solo una manciata di puntini neri informi sparsi per il terreno.
Lorenzo li guard e un pensiero elementare gli attravers la mente: prima erano qui a
marciare e a camminare per il cortile e adesso non c'erano pi, sparite nel nulla,
chiss dove.
La cosa lo incurios anche quando dopo afferr una mosca con un agile gesto della
mano. Avvicin l'orecchio al pugno per sentirne il ronzio e poi la lanci
violentemente contro il tavolo. Stessa questione, prima c'era e adesso non c'era pi,
eppure la vedeva, l immobile. La morte gli parve una faccenda molto semplice ed
elementare in quel momento, un calcolo semplice ed inevitabile. Chiss perch la
gente se ne preoccupava cos tanto...
Il mattino dopo, Lorenzo stava seduto sulle gradinate del cortile, fingendo di giocare
con un Game Boy scarico mentre di tanto in tanto spiava Natasha mentre mangiava
un toast al formaggio fresco in cima allo scivolo.
In quel momento, con le guance gonfie di cibo e gli occhi scuri e malinconici persi
nel vuoto, gli parve una creatura fragile, un tesoro prezioso da proteggere che non
avrebbe dovuto conoscere pianto o dispiacere.
Frug nella sua mente ma non trov una frase bella o carina con cui approcciarsi.
Alla fine decise semplicemente di venirle incontro. Magari sarebbe stata lei la prima
a farsi avanti. Cammin con passi timidi e insicuri verso la piccola figura di Natasha
si faceva sempre pi grande e vicina. Poi, qualcosa lo urt e lo spinse di lato
gettandolo terra. Il culone di Marcello gli copr la visuale e si ferm insieme a Luca e
Giovanni sotto lo scivolo, fermi a guardare Natasha con aria di sfida.
La maglietta a maniche corte di Marcello riusciva a nascondere a malapena i grossi
lividi verdastri che gli coprivano le braccia.
Scendi, disse Marcello. Quando cercava di apparire cattivo, la sue voce risultava
stridula e strozzata, come se fosse sul punto di scoppiare a piangere.
Natasha ritrasse le gambe dallo scivolo e se le port al petto.
Mio fratello dice che Natasha un nome da puttana. Lo sai? Sei una puttana!, url
Marcello.
Luca e Giovanni si arrampicarono e Marcello si mise davanti allo scivolo
bloccandole ogni uscita. Giovanni guard prima Marcello con uno sguardo carico
dinsicurezza e poi Natasha. La spinse gi dallo scivolo. Natasha rotol gi, ma riusc
a frenare la discesa con le ginocchia e si aggrapp ai bordi dello scivolo. Marcello
l'afferr per le caviglie e la trascin a s. Natasha scivol gi strillando in preda al
panico, finch non colp con i denti il fondo dello scivolo. Un dente saltell gi e si
pos insanguinato sull'erba del cortile. Luca e Giovanni si guardarono increduli e
fuggirono terrorizzati.
Chiama mamma e pap, adesso, disse Marcello con la solita vocina piagnucolosa e
corse via, pestando il dente poggiato sull'erba.
Lorenzo rimase l, immobile a guardare Natasha rialzarsi e asciugarsi il sangue e le
lacrime dal mento.
Seguendo l'istinto, si gir, rivolgendole le spalle sperando che non lo avesse
riconosciuto o notato e se ne and.
Guard Marcello, Luce a Giuseppe scappare via e passare vicino a un grande sasso
appuntito vicino alle panchine. S'immagino afferrare la pietra e fracassargli il cranio
con la parte appuntita del sasso.
Pass vicino al sasso, vi appoggi lo sguardo e acceler il passo.
Quel giorno, Marcello non pot risalire al padrone dell'escremento che riempiva
completamente il suo nuovo astuccio.
Pianse per tutta la lezione e tutto il cambio d'ora, spingendo via i bambini che si
avvicinavano per chiedergli che cosa fosse successo.
Poi, punt lo sguardo verso Lorenzo. Si pul il muco con l'avambraccio e lo indic
col dito.
E' stato il deportato, per forza!
Lorenzo sobbalz dalla sedia. Guard Marcello con la bocca aperta dallo stupore.
Con la coda dell'occhio vide Natasha guardare verso di lui piena d'apprensione.
Non vero!.
Provalo!.
Lorenzo riflett un poco, poi rispose.
Perch sono un vomitone, lo dite anche voi. Se fossi stato io ci avrei vomitato,
mica ci avrei cagato.
La classe scoppi in una sonora risata. Natasha sorrise dolcemente in mezzo ai
bambini e guard Lorenzo con ammirazione.
Marcello si guard intorno perplesso, poi si un alle risate. La maestra arriv e tutti
ritornarono al loro posto.
Cose quella roba l, Marcello!, url la maestra disgustata indicando l'astuccio,
Portami qui il diario, subito!.
Col passare del tempo Natasha divenne la sua piccola ossessione. Venne addirittura a
scoprire dove abitava, gironzolando qua e l per le campagne. Abitava nella cascina
poco fuori il paese, tra la piazza e la campagna. Quel casolare lo aveva sempre
inquietato, sia di giorno che di notte. Pareva abbandonato da secoli. Decine di
proprietari e nessuno che si degnasse a ristrutturarlo un minimo. I ragazzi pi grandi
dicevano che la sera certi tizi coperti dalla testa ai piedi da tuniche di seta nera si
riunivano proprio l e andavano a sacrificare degli animali per i demoni del
sottosuolo. I proprietari del casolare erano ovviamente tra i membri di questa setta ed
erano pi che disponibili a lasciare la loro dimora ai loro compagni satanisti per
idolatrare Satana.
Questo di certo non fece bene alla reputazione di Natasha. Agli occhi di Lorenzo
queste voci valevano meno che nulla, in qualche modo la rendeva abbastanza
affascinante. Alla fine, mettendo che fosse la verit, i loro riti non si discostavano
molto dalle attivit pomeridiane di Lorenzo con mosche, formiche, lucertole e ogni
animale che gli capitava a tiro.
Solo una cosa lo teneva alla larga da quel posto, ovvero l'enorme mastino napoletano
legato a un palo di metallo ai margini del cortile.
Ogni volta che Lorenzo passava davanti al casolare con la speranza che Natasha
passasse davanti a una delle finestre, quel dannato cane impazziva, dimenandosi
inferocito, facendo schioccare la catena al palo di metallo, abbaiando, guaendo e
schizzando bava ovunque fissandolo con quegli occhi gialli e feroci.
In quel momento alla finestra si affacci la nonna di Natasha. Un donnone grosso e
tozzo, con gli occhi stretti in una fessura protetti da enormi occhiali tondi con le lenti
simili a fondi di bottiglia.
Perlustrava il cortile reggendo la stanghetta degli occhiali tra le dita in cerca
dell'intruso con espressione severa, la stessa che rivolse a Lorenzo quando scopr che
era Lorenzo e la sua famiglia quando qualche giorno dopo scopr essere lui il mittente
di quel regalo orrendo.
Natasha continuava a ignorarlo, mattina dopo mattina. Lorenzo era praticamente
invisibile: in classe, in cortile, in mensa. Per lei probabilmente non c'era e non c'era
mai stato. Voleva lasciarle un segno, un segno del suo amore, cos che sapesse che
occupava i pensieri di qualcuno che avrebbe desiderato proteggerla dai nonni severi,
dai compagni crudeli e dal suo mastino napoletano.
Durante il pranzo in mensa, Giacomo, il giullare di classe, replicando un vecchio
copione, s'infil due pompelmi sotto la maglietta e cominci ad accarezzarseli con
foga come fosse un seno prosperoso, ammiccando verso i compagni con la punta
della lingua che spuntava da un angolo della bocca.
Tutti scoppiarono a ridere a crepapelle, Natasha compresa, mettendo in bella mostra
lo spazio nero che Marcello e i compagni gli avevano lasciato tra un incisivo e il
canino.
Lorenzo la guard sorpreso e affascinato. Natasha lo not subito, chiuse in fretta la
bocca, arross e continu mangiare timidamente tenendo la testa bassa, come se
questo fosse bastato ad allontanarlo da lei.
Il giorno dopo and alla cascina. Il cotone gli riempiva la bocca e il dolore che dal
nervo gli faceva pulsare la testa.
Appena arrivato, il mastino lo punt e si gett verso di lui. La catena lo trattenne al
palo e lo trascin indietro come uno yo-yo. Il suo guaito echeggi per la strada, e la
vecchia usc dalla cascina con la scopa stretta tra le mani grasse.
Guard con sguardo furente il cane, poi verso Lorenzo, timido e tremante di paura ai
margini del cortile.
Si aggiust gli occhiali, mise a fuoco la macchiolina marrone che stava nel suo cortile
e riconoscendo il bambino, il suo viso si rilass. La sua espressione rimase lo stesso
severo tutto il tempo, e cos era sempre stata, sin da quando era venuta al mondo.
Zoppic verso il cane, facendo ballonzolare il suo grosso fondoschiena coperto
dall'abito verde pistacchio che a malapena riusciva a contenere i rotolini che
spuntavano in rilievo dal tessuto.
Colp il cane tre volte con il manico di scopa, urlando imprecazioni in una lingua
sconosciuta.
La bocca gli si secc. Rimase a fissare la donna mentre guardava minacciosa il cane
gli puntava il dito.
Il mastino rimase seduto sulle quattro zampe a guaire e guardare la padrona con gli
occhi carichi di paura e dolore.
Sei amico di Natasha?, chiese la vecchia continuando a fissare il cane con
entrambe le mani ben strette intorno al manico.
Lorenzo rimase muto a fissare l'arma della vecchia.
Si? No?
Si, rispose in una sola emissione vocale che sembrava un guaito.
La vecchia si gir e tent un sorriso. Paradossalmente, sembrava quasi pi severa
dietro quel sorriso che pareva canzonatorio.
Non pu venire adesso. Aiuta mio marito a lavorare. Raccolgono ai campi. Cos'hai
l?
Lorenzo stringeva nel pugno un fazzoletto bianco. Una piccola macchiolina rosso
scura spunt fuori in mezzo al bianco candido del tessuto.
Niente, rispose Lorenzo.
Allora cosa fai qui?, la vecchia appoggi i pugni sui fianchi e si pieg leggermente
in avanti verso di lui.
Natasha non pu uscire un attimo? Devo darle questo. E' per scuola.
La vecchia pieg la testa e scrut il bambino con gli occhi piccoli resi giganti dalle
lenti. Sbuff e and dietro il casolare.
Natasha. C' tuo amico che deve darti roba di scuola.
Natasha usc correndo, piena di curiosit. Si ferm di colpo poco davanti al fienile.
Fiss per un attimo quel bambino che la spaventava tanto a scuola. Fece per tornare
indietro, ma, all'ultimo, ci ripens.
Guard la sua mano che tremava nervosa stringendo un fazzoletto. Il suo terrore la
rassicur. Avanz e trovatasi a pochi passi da lui si ferm, sussurr un ciao e lo
guard curiosa.
L'odore di Natasha era nuovo e dolce. La sua immaginazione vibr, ma era ancora
troppo giovane per poter associare quel profumo a qualcosa di altrettanto dolce.
Nemmeno crescendo Lorenzo pot associare quel profumo a un ricordo particolare.
Si era perso tra le pieghe frastagliate dei ricordi, vanificandosi missione dopo
missione.
Succedeva sempre ed era successo pure con il falso Churchill. Ogni volta che un
cranio si spaccava attraversato da una pallottola, ogni volta che il sangue macchiava
l'aria andando a infrangersi contro i muri, i pavimenti, macchiando i vestiti, ogni
volta che un bossolo tintinnava rimbalzando sul pavimento, in mezzo all'odore di
polvere da sparo, quell'odore cos dolce simile al latte gli riempiva le narici per una
brevissima frazione di secondo e tutto sembrava artificiale, lontano. Quell'odore lo
portava in un posto sicuro dove non c'era niente da temere, dove la morte era
qualcosa di pi complicato della semplice formula prima c', adesso non c' pi,
tramutandola in una lacerazione dove quell'odore avrebbe cessato di esistere
Il nonno mi sta aspettando, disse Natasha.
Vieni a scuola domani?.
Natasha lo guard dubbiosa.
Si....
Bene, un leggero sorriso gli gonfi le guance scavate. Natasha spalanc
leggermente gli occhi a vedere che a quel bambino strano ed emaciato gli mancava lo
stesso dente che aveva perso in cortile qualche giorno prima. Tornando serio, le porse
il fazzoletto e Natasha lo prese con cautela senza levargli lo sguardo gli occhi di
dosso.
E' per te. Adesso devo andare, disse nervoso.
Alz meccanicamente la mano in segno di saluto e scese gi verso la piazza,
promettendosi di non guardare indietro.
Natasha rimase in piedi nel cortile del casolare, mentre la polvere turbinava intorno a
lei spinta dal vento.
All'interno del fazzoletto c'era qualcosa di piccolo, duro e fragile, simile a una
pietrina. Lo apr e trov un incisivo. Un pezzo di radice sporgeva ancora dal dente e
due macchioline di sangue macchiavano lo smalto giallognolo.
Sul fazzoletto, Lorenzo aveva lasciato un messaggio, scritto a lettere grandi con una
calligrafia incerta e tremolante.
Mi dispiace per il tuo dente. Scusa se non ho fatto niente. Ti regalo il mio. Tu devi
essere bella sempre.
La nonna url il suo nome da dietro il casolare. Natasha richiuse il fazzoletto, lo
infil nella tasca posteriore dei pantaloni e corse verso l'orticello con un leggero
sorriso stampato sulla faccia, pregando che la nonna non trovasse mai quel fazzoletto.
Il resto dei giorni, Lorenzo li pass a chiedersi che cosa fosse andato storto. I suoi
genitori non avevano preso benissimo la sua bravata.
Sono stati Marcello e i suoi amici, disse ai genitori per giustificarsi.
La mamma, stanca e frustrata dai turni doppi in ristorante, era gi pronta a svegliarsi
di buona lena la mattina dopo e costringere le maestre a prendere le misure
necessarie. Pap la ferm, disse che cos gli avrebbe rovinato la reputazione, gli
restavano ancora due anni di scuola e non poteva passarli come quello che chiamava
la mammina a ogni problema.
Lorenzo era di gran lunga pi maturo e sveglio degli altri bambini, lo sapeva perch
glielo dicevano gli altri genitori, e sicuramente se ne sarebbe uscito in maniera adulta
e intelligente.
Una strigliata dalla mamma, un'intera sera a dover incrociare il suo sguardo accigliato
e diffidente, solo per rendersi pi invisibile agli occhi di Natasha.
Ogni volta che cercava il suo sguardo a lezione, lei affondava la testolina nei libri, o
si girava mostrandogli le spalle. In cortile gli passava di fianco con passo svelto e la
testa china. La sua presenza sembrava turbarla.
Una mattina, durante l'intervallo, Lorenzo prese coraggio e si diresse da lei, seduta
sui gradini della scuola a mangiare il suo toast in solitaria.
Ciao.
Lorenzo rimase in piedi a guardarla, in attesa di una risposta. Natasha continuava ad
addentare e masticare il suo panino guardandogli le scarpe.
Gli altri giocano a strega comanda colore e....
Natasha scatt in piedi, facendo cadere il panino nel fango e spinse via Lorenzo con
tutta la poca forza che aveva.
Lorenzo fin per terra e rimase l, troppo sconvolto e confuso per scoppiare a
piangere.
Lasciami stare! Non mi parlare! Lasciami stare!
Strill fino a che la sua voce non divenne un gorgogliare roco che le graffiava la gola.
Compagni e maestre accorsero, disponendosi in cerchio intorno ai due.
Un muro di facce curiose gli fece ombra. Gli occhi sbarrati, vuoti, le bocce spalancate
serrarono la gola del piccolo Lorenzo, frantumandola completamente quando vide il
volto gonfio di lacrime di Natasha. Sembr essere passata un'eternit tra il tempo in
cui i bambini si radunarono nel cortile e quello in cui le maestre intervennero
prendendo Natasha per il braccio, strillando e chiedendole cosa fosse successo.
In quel momento, Lorenzo not una macchia sulla guancia di Natasha, fino a quel
momento coperta dai capelli neri. Una grosso livido violaceo dai contorni arrossati su
cui era spuntata una colonia di macchioline rosse.
Non lo voglio pi vedere!, riprese a strillare Natasha come un'ossessa.
Ogni strillo era un peso sul petto e uno scricchiolio in quel terreno sicuro in cui si
posava il suo amore per Natasha, e in quel momento, Lorenzo desider che non ci
fosse pi.
Passarono un paio di mesi. Le scuole finirono e le brezze d'estate lavarono via tutto il
dolore. Non era pi stagione per camminare nelle campagne sotto il sole cocente. La
sera era il suo momento preferito della giornata. Era abitudine uscire di casa, verso le
nove e mezza, dire a mamma e pap che usciva per andare fuori con gli altri e poi
vagare per le stesse strade a vedere le stesse colline con i contorni che luccicavano
della luce della luna.
Quella sera mamma e pap non se ne preoccuparono. Risposero con un vago cenno
della testa e un grugnito di accondiscendenza, mamma mentre sparecchiava, pap
davanti alla tv, piegandosi in avanti per sentire meglio le notizie della sera mentre
Lorenzo annunciava la sua uscita.
Prese il solito giaccone color cachi buono per tutte le stagioni e si leg alla vita il
marsupio grigiastro con la stoffa ormai consumata.
La brezza gli entrava sotto la maglietta e gli faceva venire piccoli e delicati brividi di
piacere. Tutto sembrava dolcemente alterato nelle sere d'estate. Camminava
ciondolando sulla strada deserta, mentre il frinire delle cicale e le urla dei ragazzi che
giocavano al circolino degli anziani s'intrecciavano creando un morbido tappeto
sonoro che lo accompagnava dolcemente nella sua strada. Arrivato in cima alla salita
si ferm di colpo, come seguendo l'istinto. Si gir e trov la cascina della famiglia di
Natasha immersa nel buio e nella vegetazione come un ologramma.
La luna si rifletteva sui muri bianchi, conferendole un aspetto tetro e irreale. Il buio
giocava con i suoi occhi, trasformando l'edera in tentacoli che accarezzavano i muri.
Strinse gli occhi per scrutare nell'oscurit, e vide la figura confusa del grosso e grigio
mastino napoletano rannicchiato pigramente nell'erba, ancora legato al quel palo
arrugginito ficcato nel terreno.
Rimase imbambolato a guardare quella visione. Desiderava ancora che Natasha e i
suoi nonni non ci fossero stati pi, come gli animali che torturava nei pomeriggi dopo
la scuola.
Gli sguardi pieni di vergogna di mamma e pap erano a malapena sopportabili,
soprattutto quelli della mamma, umidi e stanchi dopo ore di lavoro.
Infil una mano nel tascone della giacca e tir fuori il dente avvolto nel fazzoletto
bianco.
Chiuse il pugno intorno al dente e serr le mascelle con rabbia. Gli occhi
cominciarono a bruciare dietro le palpebre serrate, un'ondata di pianto gli gonfi il
petto e gli s'incastr in gola. Allent le mascelle e sfior con la punta della lingua lo
spazio vacante tra l'incisivo e il canino. La gengiva era ancora gonfia e un sapore
metallico si diffuse per tutta la lingua.
Il nervo puls leggermene e pens che se Natasha non ci fosse mai stata, allora non
sarebbe stato cos male, non avrebbe compreso cos precocemente i dolori di un cuore
spezzato. Avrebbe continuato a patire quello che un bambino doveva patire: gli
scherzi crudeli dei compagni, le ramanzine della maestra, i giochi troppo costosi che i
suoi genitori non potevano permettersi, ma soprattutto, mamma e pap non sarebbero
stati umiliati in quella maniera.
Cosa poteva fare perch non ci fossero pi n lei n i suoi nonni?
Fece ricadere le braccia, arreso alle limitazioni che portavano essere un bambino di 8
anni. Poteva solo lasciarsi andare all'immaginazione. Immagin che fosse giorno, che
il sole pulsasse nel cielo scaldando l'asfalto fino a renderlo incandescente. Apr il
marsupio e tir fuori la lente d'ingrandimento, quella che le formiche del suo muretto
identificavano ormai come un'arma di distruzione di massa.
Immagin il sole alle sue spalle e il frinire impazzito delle cicale in mezzo alle spighe
di grano. Immagin il calore scaldargli le spalle e passare dietro la lente
d'ingrandimento.
Il cane sarebbe stato il primo a bruciare guaendo e abbaiando disperato con la catena
che gli recideva la gola a ogni salto nell'aria.
Poi la carcassa annerita del mastino sarebbe caduta sgretolandosi nell'erba e le
fiamme si sarebbero diffuse trasformando il prato in un lago di fuoco sopra cui
galleggiava la cascina.
Pass una gelida brezza notturna e Lorenzo torn alla realt. Rimase in piedi, rigido e
immobile di fronte la cascina, con il braccio teso in avanti a guardare il mondo
bruciare attraverso la lente.
Rimase fermo cos per qualche minuto e, proprio quando si arrese alla dura realt,
una luce fioca e calda si accese timidamente dietro una finestra al piano terra.
Le ombre dei mobili vibravano dietro le tendine. Fiammelle rosse, gialle e rosse
presero a saltellare nella stanza, distorcendo con il calore gli oggetti intorno a s.
Poi s'illumin l'altra finestra del pian terreno, seguita immediatamente da quelle del
piano di sopra, accompagnate da un ruggito che sembrava provenire dalle profondit
del terreno.
Seguirono le urla, quella roca e acuta della nonna e quella squillante e angosciata di
Natasha. Il fumo denso strisci via dalle finestre e dalla porta e vol via sinuoso
verso l'alto coprendo le stelle.
Il vento soffi trascinando con s un calore insopportabile e l'odore soffocante del
fumo. Il cane impazz, abbaiando e ringhiando verso il cielo in fiamme, mentre il
sangue zampillava da dietro le catene macchiandogli il pelo.
Lorenzo rimase pietrificato di fronte alla cascina in fiamme.
Dalla finestra della cameretta di Natasha spunt un ciuffo di capelli neri che
scorrazzava senza una direzione precisa tra le fiamme. Le sue manine annerite dalla
fuliggine cominciarono a picchiare contro il vetro. Natasha sporse il viso oltre il
davanzale e incroci lo sguardo paralizzato di Lorenzo. Le pupille nere si riempirono
di panico e paura, mentre le coltre di fiamme avanzava alle sue spalle, pronta ad
inghiottirla. Il fuoco, ormai, l'aveva gi sfigurata. La guancia sinistra si era sciolta,
ridotta a una massa informe di fili di pelle cadenti che incorniciavano una zona
scoperta di muscoli rosi e pulsanti nel calore.
Natasha picchi la finestra finch le nocche non lasciarono sul vetro rovente chiazze
rosse di sangue e pelle.
Lorenzo rimase a guardarla urlare dimenarsi mentre il fuoco ruggiva e ingoiava ogni
invocazione d'aiuto, ogni grido di dolore. Stava scomparendo e soffriva come
soffrivano le sue formiche bruciate dal sole.
I vetri e il legno esplosero sputando scintille che volteggiavano nell'aria come fuochi
fatui.
Un gruppo di uomini coperti dalla testa ai piedi in una tunica di seta nera e lucida
spunt fuori da dietro il fienile.
Girarono intorno alla casa con fare solenne, stringendo tra le mani torce goffamente
ricavate da rami d'albero.
Una delle figure in nero si avvicin al fienile e allung la torcia verso il fieno che
prese fuoco in un attimo.
Quando le fiamme ingoiarono la cascina riducendola a un massiccio muro di fuoco, si
riunirono in un gruppo compatto e alzarono contemporaneamente la testa in
contemplazione.
Uno di loro abbass lo sguardo e si gir verso Lorenzo. I suoi occhi castani
brillarono attraverso i fori dai contorni frastagliati del copricapo a punta e
comunicarono una piet e una compassione che a Lorenzo parvero famigliari, come
se lo avessero guardato in quel modo da sempre, sin da quando era nato.
Le sirene dei pompieri presero a strillare dal centro del paese. Il blocco di figure in
nero si ruppe, e avanzarono lentamente verso i campi dietro la cascina, come in
processione.
Luci rosse e blu lampeggiarono sull'asfalto e sugli alberi.
Due camion dei pompieri arrivarono e frenarono poco lontano da Lorenzo. Abbass
la testa e trov la lente d'ingrandimento sull'asfalto, rotta in decine di pezzi. Due mani
robuste ricoperte da guanti spessi e pesanti lo afferrarono per le spalle.
Stai bene?, disse il pompiere con il viso paonazzo e brillante di sudore, Fra'! Fra',
c' un bambino qui! Presto! Dove abiti? Cosa successo qui?.
Lorenzo rimase a guardarlo imbambolato. Mosse le labbra e un suono debole gli usc
dalle labbra.
Cosa?, url il pompiere cercando di sovrastare le sirene.
Non ci sono pi. Lo volevo io. E' colpa mia....
Rimase seduto sul retro di un'ambulanza, mentre le luci blu e rosse delle sirene
lampeggiavano sull'asfalto e su quello che rimaneva della cascina.
I pompieri trascinarono i corpi carbonizzati dei nonni di Natasha, li stesero sul prato,
poco distanti dalla carcassa del loro cane e coprirono i corpi con due tali bianchi,
troppo piccoli per poterli coprire del tutto.
La mano della nonna spuntava fuori dal telo. Buona parte della gioielleria che le
appesantiva il polo e le dita si fusero con la pelle cadente e maculata.
Lorenzo rimase a fissare la scena finch non gli rimase impressa nella mente, finch
il rosso e il blu non smisero di lampeggiare e un velo bianco e nero cal su ogni cosa,
come in una fotografia.
Poi arrivarono gli ultimi ricordi, quelli pi confusi. Decine d'immagini granulose che
scivolavano via davanti a lui, senza dargli minimamente il tempo di concentrarsi
sull'immagine o di godersene i particolari.
Stanze bianche e asettiche. Letti sempre in ordine. Coperte marroni e pesanti piene di
pilucchi. Una stanza piccola con al centro una panca di metallo. Il corpicino di
Lorenzo, infilato in un camicie d'ospedale giallastro, steso su quella panca gelata che
gli faceva venire i brividi e la pelle d'oca. I medici e le infermiere intorno a lui. Gli
occhi dolci e materni delle infermiere e i loro sorrisi sforzati mentre stringevano tra le
mani un oggetto strano, simile a delle cuffie da stereo che gli mettevano sulla testa,
con le due estremit tonde e ricoperte di spugna appoggiate sulle tempie. Uno
schioccare meccanico e un ronzio che trapassava i muri. I medici che si guardavano.
Un cenno del dottore e quella morsa improvvisa al cervello, il fischio, gli occhi e i
denti che tremavano e, soprattutto, quel rumore bianco che lo attraversava e
inghiottiva ogni ricordo di Natasha.
III. Epilogo