Sei sulla pagina 1di 5

Il confine orientale, le foibe e l'esodo istriano

Una rassegna sulle complesse vicende dei territori della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia, ricostruite
in una prospettiva storica di lungo periodo
A cura di Vittorio Caporrella

Cosa accadde?
Il Giorno del ricordo (10 febbraio) stato istituito per conservare e rinnovare la memoria di due eventi storici
accaduti immediatamente dopo la fine della Seconda guerra mondiale sul confine tra Italia e Iugoslavia:
- gli eccidi, con loccultamento dei cadaveri nelle grotte carsiche chiamate foibe, compiuti dallesercito
iugoslavo contro gli italiani (e in parte anche gli slavi anticomunisti) sospettati di essere possibili oppositori al
progetto di una Iugoslavia comunista comprendente anche le regioni della Venezia Giulia e dellIstria;
- lesodo di centinaia di migliaia di istriani dopo che il trattato di pace firmato a Parigi (1947) attribu quei
territori alla Iugoslavia.
Quello al confine orientale fu un conflitto complesso, che chiama in causa sia componenti di tipo nazionalistico
(il confronto fra italiani, sloveni e croati), sia di tipo ideologico (la lotta tra comunisti e anticomunisti). Per
questo, necessario inquadrare la ricostruzione storica in una prospettiva di lungo periodo, tenendo per
presente la specificit della situazione creatasi nel 1945. Una prospettiva a cui invita anche larticolo di Guido
Crainz, Foibe, le ferite nascoste, che ci conduce attraverso un percorso storiografico e letterario, per
comprendere meglio la complessa storia del confine orientale e dei tragici eventi delle foibe e dellesodo
istriano.

Limpero austro-ungarico
Fino al 1918, i territori della Venezia Giulia, dellIstria e della Dalmazia facevano parte dellimpero
austro-ungarico, un vasto stato multinazionale che governava su molteplici popoli e che si estendeva dalle rive
del mar Adriatico fino alla Transilvania. Allinterno delle singole province dellimpero, spesso convivevano
sullo stesso territorio popolazioni di lingue diverse. Ci avveniva anche nelle zone abitate dalle comunit di
lingua italiana, che condividevano lo spazio con chi parlava sloveno o croato, rendendo impossibile tracciare
dei netti confini linguistici. Spesso, specie nelle campagne, si parlavano dialetti estremamente diversi e vi erano
forme di fusione fra lingue differenti (ibridismo). A Trieste veniva parlato soprattutto litaliano, mentre nel
circondario prevaleva lo sloveno.
In ogni caso, fino alla prima met dellOttocento, alla lingua non si collegava una coscienza di tipo nazionale,
cos come rileva Marina Cattaruzza nel suo particolareggiato saggio Italiani e slavi nella Venezia Giulia tra
Ottocento e Novecento.

Le prime forme di nazionalismo


Quali sono le cause che determinarono un mutamento della situazione? Perch nella seconda met
dellOttocento, la lingua, da mezzo di comunicazione, divent sempre pi strumento del nazionalismo?
Tre sono i fattori che possiamo individuare:
1) nel 1861 nasce il Regno dItalia, che nel 1866 annette completamente il Veneto, fino ad allora sottoposto alla
dominazione austriaca. Le comunit italiane della Venezia Giulia, dellIstria e della Dalmazia (insieme al
Trentino) rimangono le sole ancora sottomesse allimpero austro-ungarico, isolate rispetto al resto degli italiani
unificati nel nuovo stato nazionale;
2) la modernizzazione economica e lindustrializzazione determinano spostamenti di manodopera e conseguenti
flussi migratori che mutano lequilibrio linguistico delle regioni. Trieste, ad esempio, allinizio del Novecento
vede aumentare significativamente la popolazione slovena che dalle campagne si trasferisce in citt. Inoltre, il
mutamento della societ slava, prima prevalentemente rurale, fa nascere un ceto borghese, analogo a quello
italiano, che percepisce la necessit di organizzarsi politicamente;
3) il nazionalismo, diffuso ormai in tutta Europa, determina laffermazione di partiti come quello dei liberali
italiani o il Partito cattolico sloveno, che basano il proprio consenso su argomenti e rivendicazioni di tipo
nazionalistico. Il Partito socialista invece su posizioni internazionaliste.

Non bisogna per pensare a una contrapposizione frontale fra slavi e italiani.
Innanzitutto, vi era un forte potere centrale esercitato da Vienna: verso di esso che si indirizzavano le
rivendicazioni dei partiti nazionali. Tra queste, ad esempio, la diffusione di scuole con lingua dinsegnamento
italiana, slovena o croata. Inoltre, a fianco del governo centrale, vi era il governo locale dei singoli municipi,
detenuto dalla comunit linguistica maggioritaria. Questa comunit era dunque minoranza rispetto allimpero,
ma maggioranza rispetto alle altre comunit presenti sul territorio. Una situazione che in una zona limitrofa
poteva risultare esattamente rovesciata.
Si trattava di un quadro complesso e frastagliato, dove, in ogni caso, il nazionalismo si limitava al confronto
politico e alla difesa dellinsegnamento della lingua. Poich questultima veniva considerata dai partiti
nazionalisti come la base dellidentificazione nazionale, la sua difesa era percepita come una questione di
sopravvivenza. Aveva cos inizio un processo comune ai nazionalismi: la propria identit veniva costruita o
enfatizzata attraverso la contrapposizione allaltro.

La Prima guerra mondiale e il fascismo


La Prima guerra mondiale, innescata proprio dallattentato allarciduca dAustria Francesco Ferdinando
dAsburgo da parte di un nazionalista serbo, caus limplosione dellimpero austro-ungarico e del precario
equilibrio fra le comunit nazionali che ne facevano parte.
Alla fine della guerra, lItalia entr in possesso dei territori della Venezia Giulia e dellIstria, evento che
indusse parte delle comunit di lingua tedesca e slovena a lasciare la citt di Trieste.
La situazione sub una svolta quando entrarono in azione le prime squadre fasciste, protagoniste di violenze sia
contro le sedi sindacali e socialiste sia contro i circoli e le associazioni slovene e croate. Nel 1920 lhotel
Balkan di Trieste, centro culturale e simbolo della comunit slovena, venne dato alle fiamme. Con la definitiva
affermazione del fascismo, quello che prima della guerra era stato un confronto fra nazionalit
potenzialmente rivali, si trasform in qualcosa di radicalmente diverso: un tentativo di
snazionalizzazione. Non pi, dunque, la difesa delle proprie posizioni di potere, della propria cultura, n la
sua diffusione attraverso linsegnamento della lingua, ma la negazione del diritto di conservare la propria
identit: il fascismo viet linsegnamento dello sloveno e del croato nelle scuole, vennero chiusi tutti gli istituti
di istruzione slavi e vietati i circoli culturali; infine, con il pi simbolico di tutti i provvedimenti fascisti, i
cognomi slavi furono italianizzati, quasi a voler mutare lidentit personale dellaltro.
La snazionalizzazione fascista fu un fallimento, ma riusc nellintento di aumentare il livello della
contrapposizione etnica, compattando cos il consenso sociale attraverso la creazione dellimmagine di un
nemico da combattere.
L'invasione della Iugoslavia
Lentrata in guerra dellItalia a fianco della Germania nel 1940, determin linvasione della Iugoslavia, la quale,
allinizio del 1941, fu spartita fra Germania, Bulgaria, Ungheria e Italia. La Slovenia meridionale e il litorale
della Dalmazia furono annessi al Regno dItalia e vi venne applicata la legge di guerra.
Allesplosione della rivolta iugoslava contro loccupazione, le truppe italiane risposero con listituzione di
tribunali militari (83 le persone condannate a morte) e con rastrellamenti contro i partigiani, le loro famiglie e le
loro case. Gli internati furono circa 4.300, le case incendiate 1.800.
Dopo l'armistizio italiano dell8 settembre 1943, venne istituito vicino Trieste, occupata dai nazisti, il campo di
sterminio della Risiera di San Sabba. Le truppe tedesche, in stretta collaborazione con la polizia fascista,
diedero inizio a rastrellamenti e deportazioni verso i lager. Fra le circa 4.000 persone uccise nel campo della
Risiera di San Sabba vi furono numerosi partigiani iugoslavi.

Le foibe
Perch stata necessaria questa lunga introduzione? La prospettiva di lungo periodo importante per
comprendere il contesto dei singoli eventi, tuttavia ci non deve portare a utilizzare la storia per legittimare i
conflitti, inducendo a un viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca di chi avesse iniziato per primo.
Chi non considera la memoria storica come il mezzo per evitare il ripetersi dei conflitti, pu usarla come
strumento per alimentare le appartenenze etniche ed accendere gli odi. Lo scontro nazionale precedente la
Prima guerra mondiale fu qualcosa di radicalmente diverso dalla snazionalizzazione fascista, la quale a sua
volta non pu essere confrontata con gli eventi del secondo conflitto mondiale. dunque importante collocare
gli eccidi delle foibe nel contesto storico adeguato, non dimenticando che nelle regioni di confine dellEuropa

centro-orientale l'intreccio fra motivazioni etniche e ideologiche determin, alla fine della guerra, numerosi
episodi di intolleranza e scontro fra differenti comunit, come per esempio il conflitto tra polacchi e ucraini, o
quello tra ungheresi e rumeni.
Quando nel resto dItalia la guerra era ormai conclusa, il destino della Venezia Giulia rimaneva ancora
estremamente incerto. Il 1 maggio 1945 i partigiani di Tito liberarono Trieste dai nazisti, un giorno prima
dellarrivo delle truppe alleate. I partigiani titini erano contrapposti al Comitato di liberazione italiano (CLN),
privo fra laltro della componente comunista che in questi territori aveva deciso di operare con Tito. Gli
iugoslavi si impossessarono del potere in citt, reprimendo con la forza ogni manifestazione di italianit,
arrestando migliaia di persone, deportandole nel campo di concentramento di Borovnica e uccidendo
circa 4.000-5.000 uomini occultati nelle foibe.
Foibe il nome delle cavit carsiche costituite da grandi e ripide grotte che si sviluppano in verticale rispetto
al terreno. Qui vennero gettati i cadaveri di alcune migliaia di italiani (ma anche slavi anticomunisti) uccisi
dallesercito iugoslavo di Tito, in quanto considerati potenzialmente nemici del progetto di una Iugoslavia
comunista, comprendente anche le zone precedentemente italiane.
Le uccisioni non avvennero in base alle responsabilit dei singoli, ma alla semplice appartenenza a categorie
etniche o politiche, senza alcun processo e in modo del tutto sommario. Si tratt di una epurazione
preventiva, come la definisce Raoul Pupo nel saggio Le foibe giuliane, in cui si intrecciano due elementi:
quello nazionalistico e quello ideologico del comunismo.
I primi eccidi furono in Istria, subito dopo larmistizio del settembre 1943, quando furono uccise tra le 600 e le
700 persone. Pi ampi furono quelli avvenuti tra Trieste e Gorizia nel maggio-giugno del 1945. Il numero di
coloro che furono uccisi ancora oggi oggetto di dibattito storiografico, ma esso non cambia la natura di un
eccidio preventivo che ha nelle foibe il simbolo pi significativo: i cadaveri dovevano essere nascosti, facendo
scomparire ogni traccia e occultandone cos la memoria.

Il trattato di Parigi
GLI ARTICOLI DI QUESTA SEZIONE
Istria 1947-2007. Il silenzio degli intellettuali di Eugenio di Rienzo (Il Giornale, 6 febbraio 2007)
Trieste. Solo De Gasperi cap che la pace si doveva firmare a tutti i costi di Sergio Romano (Corriere della
Sera, 9 febbraio 2007)
Trieste rimase sotto il controllo dellesercito iugoslavo per 40 giorni, fino allaccordo tra le truppe
angloamericane e quelle di Tito: (vedi carta) la Venezia Giulia venne divisa in una zona A, sotto
amministrazione alleata, che comprendeva Trieste e i suoi dintorni, e una zona B, controllata dalla
Iugoslavia. La citt era dunque libera dalle truppe di Tito, ma il suo destino, e quello di tutta la Venezia
Giulia e dellIstria, rimarr ancora incerto. La Seconda guerra mondiale si era appena conclusa, ma il nuovo
confine anticipava gi linizio della imminente Guerra fredda (sulle vicende di Trieste rispetto al contesto
internazionale, si pu consultare il saggio di Giampaolo Valdevit, Trieste, la Venezia Giulia e la politica
internazionale 1945-1954.
Nel febbraio 1947, la conferenza di pace di Parigi istitu il Territorio libero di Trieste, ma lIstria e le province
comprendenti Fiume, Zara e Ragusa (vedi carta) furono assegnate alla Iugoslavia. Fu questo un passaggio
decisivo, su cui si sono concentrati gli interventi di alcuni storici. Eugenio di Rienzo in Istria 1947-2007. Il
silenzio degli intellettuali e Sergio Romano in Trieste. Solo De Gasperi cap che la pace si doveva firmare a
tutti i costi, analizzano il dibattito in seno allAssemblea costituente, prendendo in considerazione le posizioni
di intellettuali e politici in merito alle clausole del trattato di Parigi.
DIDATTICA DI CONFRONTO TRA ARTICOLI
Confronta gli articoli di Eugenio di Rienzo, Istria 1947-2007. Il silenzio degli intellettuali e di Sergio Romano
Trieste. Solo De Gasperi cap che la pace si doveva firmare a tutti i costi.
- Riassumi le diverse reazioni in seno allAssemblea costituente rispetto alla decisioni del trattato di Parigi.
- Quale fu la reazione dellopinione pubblica?
- Quali erano le motivazioni a favore della cessione dellIstria alla Iugoslavia?
- Perch, secondo Sergio Romano, il mondo culturale e politico italiano dimentic gli eventi del confine
orientale?

Lesodo istriano
GLI ARTICOLI DI QUESTA SEZIONE
Sessantanni fa la fuga: oggi il Giorno del ricordo di Lucia Bellaspiga (Avvenire, 10 febbraio 2007)
Istria, l'esodo a teatro di Lucia Bellaspiga (Avvenire, 3 febbraio 2007)
Istria, unItalia negata di Edoardo Castagna (Avvenire, 6 febbraio 2007)
La firma del trattato di Parigi diede inizio allesodo istriano. Gli italiani di queste terre si trovarono di
fronte a quel dilemma di cui ci parla Lucia Bellaspiga in Sessantanni fa la fuga: oggi il Giorno del ricordo:
rimanere sotto il regime comunista, vedendo statalizzate le proprie terre ed essendo esposti a possibili
discriminazioni e persecuzioni come quelle avvenute nel caso delle foibe, oppure fuggire abbandonando tutti i
propri beni verso una meta ignota? Furono circa 350.000 coloro che optarono per la prima scelta, affollando i
campi profughi italiani per emigrare verso lAmerica e lAustralia. Unesperienza che viene oggi raccontata
anche attraverso opere teatrali, come ci illustra la recensione di Lucia Bellaspiga a La cisterna di Bruno Carra
Nascimbeni.
Larticolo di Edoardo Castagna Istria, unItalia negata descrive come, al dolore di chi emigr, si aggiunse
lenorme danno nel tessuto sociale ed economico del territorio, per le famiglie miste, per i tanti che avevano
pacificamente convissuto fino ad allora, per la partenza della borghesia italiana. Fattori che influenzarono
pesantemente la vita di chi decise di restare, come viene illustrato dallo stesso Castagna mentre ci accompagna
nella lunga storia dei rapporti fra la comunit italiana e quella slava dopo il 1947.
Il contenzioso sui confini trov un primo accordo con il Memorandum dintesa del 1954, che assegn allItalia
la zona A, mentre ci che restava della zona B fu annessa alla Iugoslavia (vedi carta). Tuttavia, solo nel 1975,
con il trattato di Osimo, venne definitivamente avviata la normalizzazione delle relazioni diplomatiche fra i due
paesi.
DIDATTICA DI CONFRONTO TRA ARTICOLI
Confronta e collega gli articoli che narrano lesperienza dellesodo istriano e descrivi in un breve testo:
- quali furono le motivazioni alla base delle scelte di chi rimasto e di chi partito;
- quali sono, secondo te, le conseguenze e gli effetti che lesodo ha avuto nella vita di chi partito e nei territori
dellIstria.

Il ricordo, tra silenzio e uso pubblico


GLI ARTICOLI DI QUESTA SEZIONE
Il silenzio generalizzato di Claudio Magris (Corriere della Sera, 11 febbraio 2007)
Trieste. Solo De Gasperi cap che la pace si doveva firmare a tutti i costi di Sergio Romano (Corriere della
Sera, 9 febbraio 2007)
Nel caso delle foibe e dellesodo istriano, sono due le storie che si intrecciano fra di loro: quella relativa
alla ricostruzione degli eventi e quella relativa al silenzio storiografico o alla strumentalizzazione che per
molti decenni li ha caratterizzati. Nelle pagine dei giornali, cos come nel dibattito storiografico e politico,
non facile distinguere le due diverse questioni. Lo scrittore triestino Claudio Magris, nel suo articolo Il
silenzio generalizzato, spiega le ragioni della rimozione o dellabuso storiografico rispetto alle foibe e allesilio
degli istriani. Ne scaturisce una riflessione sulluso pubblico della storia, sui meccanismi che possono indurre
una parte politica non solo a nascondere, ma anche a dimenticare e cancellare dalla propria coscienza un
evento, o al contrario a sfruttarlo a fini politici per accendere nuovamente gli odi nazionali o ideologici.
Lo stesso tema viene affrontato da Sergio Romano in Trieste. Solo De Gasperi cap che la pace si doveva
firmare a tutti i costi, dove lo storico spiega il silenzio, calato sugli eccidi e sullesodo istriano, alla luce di
unItalia che nel dopoguerra voleva volgere il proprio sguardo al futuro, evitando il ricordo del trattato di Parigi
e dunque il confronto con una verit storica in cui lItalia risultava sconfitta.
DIDATTICA DI CONFRONTO TRA ARTICOLI
Gli articoli di Claudio Magris, Il silenzio generalizzato, e di Sergio Romano, Trieste. Solo De Gasperi cap che
la pace si doveva firmare a tutti i costi, riflettono sulle ragioni che inducono storici, politici e uomini di cultura
a rimuovere un evento storico o a deformarlo. Confrontando i due articoli, descrivi quali sono i motivi che
hanno spinto a un tale uso pubblico della storia nel caso delle foibe e dellesodo istriano.

CRONOLOGIA
1940 LItalia entra nella Seconda guerra mondiale
1943 (3-8 settembre) Con larmistizio di Cassibile lItalia dichiara la resa incondizionata
1943 (settembre) Primi eccidi contro gli italiani in Istria (foibe istriane)
1945 (25 aprile) Liberazione dellItalia dalle truppe nazifasciste
1945 (1 maggio) Liberazione di Trieste da parte dei partigiani di Tito che anticipano di un giorno larrivo delle
truppe alleate. Inizia loccupazione iugoslava di Trieste
1945 (maggio-giugno) Le truppe iugoslave arrestano molti italiani trasferendoli in carcere e nel campo di
concentramento di Borovnica. Diverse migliaia di italiani, ma anche slavi anticomunisti, vengono uccisi e
gettati nelle foibe
1945 (10 giugno) Con laccordo di Belgrado, provvisorio, si divide in due zone il territorio della Venezia
Giulia: la zona A, sotto il controllo britannico, e la zona B, sotto il controllo iugoslavo. Le truppe iugoslave
lasciano Trieste
1947 (10 febbraio) La firma del trattato di pace di Parigi istituisce il Territorio libero di Trieste, ma assegna
alla Iugoslavia tutta lIstria nonch le province comprendenti Fiume, Zara e Ragusa (vedi carta). La maggior
parte degli italiani dellIstria lascia le proprie terre e parte per lAmerica o per lAustralia. Lesodo, iniziato gi
alla fine del 1946, durer per buona parte degli anni cinquanta
1954 Il Memorandum dintesa tra Italia e Iugoslavia, siglato a Londra con la mediazione anglo-americana,
segna il passaggio della zona A allItalia e annette la zona B alla Iugoslavia (vedi carta)
1975 Con il trattato di Osimo vengono definitivamente sanciti i confini e avviata la normalizzazione dei
rapporti diplomatici fra Italia e Iugoslavia
DOCUMENTI CORRELATI
Fonte: Italiani e slavi nella Venezia Giulia tra Ottocento e Novecento
Fonte: Le foibe giuliane
Fonte: Lesodo degli italiani da Zara, da Fiume e dallIstria
Fonte: Trieste, la Venezia Giulia e la politica internazionale 1945-1954
Carta: L'impero austro-ungarico sino al 1908
Carta: Il confine orientale
Dossier: Il confine orientale: una storia rimossa. Apparso nel 1998 nelle pagine de I viaggi di Erodoto,
contiene numerosi saggi di approfondimento sulla complessa storia dei territori della Venezia Giulia, dellIstria
e della Dalmazia, dallimpero austro-ungarico fino a oggi.
LINK UTILI
www.kozina.com
Il sito pubblica la relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena che costituisce il risultato di un
lungo confronto fra storici italiani e sloveni per giungere a una versione condivisa della storia del confine
orientale tra il 1880 e il 1956. possibile scaricare la relazione in diversi formati.
www.lefoibe.it
Il sito, curato dalla Lega nazionale, interamente dedicato al Giorno del ricordo. Contiene documenti e riporta
il dibattito storiografico relativo alle foibe.

Potrebbero piacerti anche