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questi anni, primo fra tutti quello della Banca romana del 1893, descritto con
amarezza ne I vecchi e i giovani. In questo anno (1893) Pirandello appena
rientrato da Bonn dove ha conseguito la laurea con una discussione sul tema Suoni e
sviluppi di suono della parlata di Girgenti. Aveva lasciato la universit romana per
un litigio con un professore, rientra nella capitale perch ammalato, e qui si
stabilisce. Grazie all'assegno paterno pu dedicarsi liberamente alle lettere, guidato
nei primi anni da Luigi Capuana, su consiglio del quale scrive il primo romanzo:
L'esclusa (1893). Negli anni successivi la sua attivit s'intensifica. Scrive numerosi
articoli su giornali e riviste, compone le sue prime novelle e il secondo romanzo, Il
turno (1895).
Nel 1897 inizia pure la collaborazione alla rivista Marzocco . I suoi saggi erano
improntati ad un tenace antidannunzianesimo e ci fu la causa di non poche
polemiche con il mondo letterario del tempo, in cui il D'Annunzio imperava. Questo
provoc anche la diffidenza degli editori che solo dietro la caparbia insistenza del
Capuana pubblicarono, prima con incertezze poi con sempre pi vivo interesse, le
opere pirandelliane.
Nel 1894 frattanto Pirandello si era sposato con Maria Antonietta Portulano da
cui ebbe tre figli. La felicit del momento viene interrotta bruscamente dal
fallimento economico del padre. La notizia provoca nella signora Maria Antonietta
una tale impressione che il suo fisico e la sua mente cederanno. Improvvisamente
Pirandello si ritrova senza alcuna sostanza e con la moglie gravemente inferma. Lo
aiuteranno il forte carattere e la determinazione dei momenti difficili. Grazie ai
proventi dell'insegnamento e delle sue, sino ad allora gratuite, collaborazioni
editoriali, lo scrittore riuscir a salvaguardare il mantenimento della non piccola
famiglia.
In questo difficile periodo la rivista La Nuova Antologia gli richiede un romanzo.
La difficolt del momento solletica l'azzardo e lo scrittore promette un'opera che non
c' o meglio di cui c' solo il titolo: Il fu Mattia Pascal. Verr pubblicato
periodicamente e Pirandello lo scriver a puntate . E' l'inizio della grande
produzione pirandelliana, sta per giungere il successo. Ma alla fortuna dello scrittore
fa da contrasto la difficile vicenda dell'uomo. Le difficolt nascevano da una
situazione familiare piuttosto critica, in cui la malattia della moglie creava non pochi
problemi. Ci nonostante Pirandello si lasci convincere ad internarla in una casa di
cura solo nel 1919, dopo esserle stato sempre vicino.
Questi anni contribuiranno a rafforzare la solitudine dello scrittore il cui
atteggiamento nei confronti della vita proceder di pari passo con le sue opere.
Anche negli anni della sua pi grande produzione, ormai impegnato non pi solo
come autore bens anche come uomo di teatro sui palcoscenici del mondo, Pirandello
conserver il proprio dignitoso distacco, la propria costituzionale riservatezza. E' lui
stesso a darci un quadro della sua vita in una lettera del 15 ottobre 1924: Vivo a
Roma quanto pi posso ritirato; non esco che per poche ore soltanto sul far della
sera, per fare un po' di moto, e m'accompagno se mi capita, con qualche amico:
Giustino Ferri o Ugo Fleres. Non vado che rarissimamente a teatro. Alle 10, ogni
sera, sono a letto. Mi levo la mattina per tempo e lavoro abitualmente sino alle 12.
Il dopo pranzo, di solito, mi rimetto a tavolino alle 2 e mezza, e sto fino alle 5 e
mezza; ma, dopo le ore della mattina, non scrivo pi, se non per qualche urgente
necessit; piuttosto leggo o studio. La sera, dopo cena, sto un po' a conversar con la
mia famigliuola, leggo i titoli degli articoli, e a letto. Come si vede nella mia vita
non c' niente che meriti di essere rilevato: tutta inferiore, nel mio lavoro e nei
miei pensieri che... non sono lieti. Io penso che la vita una molto triste buffoneria,
poich abbiamo in noi, senza poter sapere n come n perch n da chi, la necessit
d'ingannare di continuo noi stessi con la spontanea creazione di una realt (una per
ciascuno e non mai la stessa per tutti) la quale di tratto in tratto si scopre vana e
illusoria. Chi ha capito il giuoco, non riesce pi ad ingannarsi; ma chi non riesce pi
ad ingannarsi non pu pi prendere n gusto n piacere alla vita. Cosi . La mia arte
piena di compassione amara per tutti quelli che s'ingannano; ma questa
compassione non pu non essere seguita dalla feroce irrisione del destino, che
condanna l'uomo all'inganno (Saggi).
Questa allergia alle convenienze sociali non neppure contraddetta dallo scrittore
nell'ultimo periodo della sua vita. Egli infatti col successo si trov ad essere suo
malgrado un uomo pubblico. Le sue opere si rappresentavano ovunque, dappertutto
si richiedeva la sua presenza. Ebbene nel parlare di s e della sua opera egli non
vendeva la propria merc bens difendeva la propria arte, che, come i suoi
personaggi, sentiva del resto sempre pi staccata da s. Eccomi qua pronto a
rispondere a quelle domande che vi piacer rivolgermi, purch siano discrete, o sulla
letteratura in genere o pi propriamente sul teatro o anche intorno a ci che
purtroppo suoi chiamarsi il mio pensiero filosofico, bench io non mi sia mai assunto
nessuna responsabilit filosofica e mi sia inteso sempre e soltanto di fare arte,
secondo le mie possibilit, non filosofia. Certo, da tutta la mia opera fantastica, si
pu dedurre un particolare modo che io ho sempre avuto di considerare il mondo e
la vita. Questo modo, che a me pare naturalissimo, ed espresso nel modo che a me
sembra pi proprio e pi chiaro, sembra invece agli altri, spesso, strano ed oscuro.
Signori, originali si o non si . Non si pu essere originali per forza. Chi vuoi
essere originale, sar stravagante, non originale... chi veramente originale non sa
neppure di esserlo. Lo perch vede il mondo e la vita con occhi nuovi; e come
vede, dice e scrive: dice e scrive parole nuove, parole sue e non d'altri. E non vuoi
farlo apposta. Signori io vi giuro che il mio teatro non l'ho fatto apposta. Quasi,
anzi, vorrei non averlo fatto cos, anche per non sentirmi pi dire che esso nuovo
.
Niente di studiato, quindi, ma tanto nella vita quanto nelle opere Pirandello
sempre fedele a s, perch non si pu essere originali per forza . Lontana dai
clamori e dai colpi di scena la vita di Pirandello stata il non facile cammino di un
uomo che ha cercato, soprattutto attraverso la propria creativit poetica, di superare
le superficialit illusorie di un'esistenza alienante e proprio per questo falsa. Tutto
questo nella consapevolezza della necessit di superare l'egoismo isolato ed isolante
del per s , onde assegnare un senso assoluto ed universale alla vita.
L opera
Si nasce alla vita in tanti modi, si nasce anche personaggi! .
1) Il sentimento del contrario: II saggio sull'umorismo
Nella pausa creativa che dal 1904 al 1908 trova Pirandello intento a dare ordine al
suo castello raziocinante, si colloca tra gli altri il Saggio sull'umorismo (1908). E
importante, per comprendere l'opera pirandelliana, questa sorta di summa
ideologica, posta com' al centro d'una maturazione e di una crescita letteraria che
proprio in questi anni toccava vertici gi elevati (del 1904 la pubblicazione de Il fu
Mattia Pascal). In questo saggio Pirandello d lucida spiegazione di quel sentimento
del contrario o coscienza della contraddizione che nasce tra la vita e la forma, tra
l'anelito ad una pienezza e ad una libert del vissuto e le costrizioni dei ruoli che
vuoi la societ, vuoi i doveri e le colpe c'impongono. ... la tristizia degli uomini si
deve spesso alla tristezza della vita, ai mali di cui essa piena e che non tutti sanno
o possono sopportare; induce a riflettere che la vita, non avendo fatalmente per la
ragione umana un fine chiaro e determinato, bisogna che, per non brancolar nel
vuoto, ne abbia uno particolare, fittizio, illusorio, per ciascun uomo, o basso o alto
(L'umorismo).
Queste finzioni nelle quali l'uomo crede di realizzarsi pienamente sono poste in crisi
dall'intervento della riflessione che le smaschera e le scopre giustapposte quali sono
veramente. Il comico, ch' l'avvertimento del contrario, si trasforma cos in
umorismo, che altro non se non la drammatizzazione del comico. Pirandello ce
ne d fulgida dimostrazione nell'esempio della vecchina imbellettata oltre misura, il
cui voler essere altro da quello che realmente , non pu non suscitare, in un primo
tempo, il riso. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella
vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi cos come un pappagallo,
ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perch pietosamente si inganna, che parata
cos, nascondendo cos le sue rughe e le canizie, riesca a trattenere a s l'amore del
marito pi. giovane di lei, ecco che io non posso pi riderne come prima, perch
appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo
avvertimento o piuttosto pi addentro; da quel primo avvertimento del contrario mi
ha fatto passare a questo sentimento del contrario. (L'umorismo).
Troviamo cos in questa sistemazione del pensiero pirandelliano i due elementi
portanti della sua opera: il desiderio profondo della vita, e la coscienza del vivere.
La tumultuosa adesione alle illusioni ed alle fittizie messe in scena dell'esistenza e
la persuasione cosciente del sentirsi vivere.
Nel Saggio sull'umorismo sono quindi in un certo senso codificate quelle tensioni
vitali che possiamo ritrovare nell'affollata umanit dell'intera opera pirandelliana.
- Il relativismo filosofico e la poetica dellumorismo; i personaggi e le
maschere nude, la forma e la vita
Lelaborazione della poetica dellumorismo avviene tra il 1904 ed il 1908, anno in cui
esce il volume LUmorismo. Del 1904 sono le due Premesse iniziali (corrispondenti ai
primi 2 capitoli) de Il fu Mattia Pascal, che gettano gi le basi della nuova poetica.
Questa viene ideata sulla base di considerazioni sollecitate dalla lettura dei maestri
dellumorismo europeo, Cervantes e Sterne soprattutto, ma anche studiosi di
psicologia come Binet. Mentre nel saggio del 1908 P. sembra considerare lumorismo
una caratteristica perenne dellarte, riscontrabile nellantica Grecia come nellItalia
moderna, nelle due Premesse esso collegato strettamente alla nascita della
modernit e in particolare alla scoperta di Copernico.
Pi in generale P. oscilla sempre, ogni volta che parla dell'umorismo, fra una visione
eterna dell'umorismo, considerato come una possibilit perenne dell'uomo, e invece
una sua visione storica, derivante da particolari condizioni che hanno posto in crisi le
antiche certezze. Da un lato infatti egli vede un limite connaturato all'uomo, che da
sempre vive in un mondo privo di senso e che tuttavia si crea una serie di
autoinganni e di illusioni attraverso i quali cerca di dare significato all'esistenza: in
questa prospettiva, l'umorismo sarebbe l'eterna tendenza dell'arte a svelare tale
contraddizione. Dall'altro egli individua invece nella caduta dell'antropocentrismo
tolemaico, che considerava l'uomo e la terra centri del creato, e nell'affermazione
del pensiero copernicano e galileiano, per il quale l'uomo e la terra sono entit
minime e trascurabili di un universo infinito e inconoscibile, la nascita di quel
malessere, tipico della modernit, che induce alla percezione della relativit di ogni
fede, di ogni valore, di ogni ideologia e all'intuizione che fedi, valori e ideologie
sono solo autoinganni, utili per sopravvivere ma del tutto mistificatori. Ne
deriverebbero un disincanto, uno sbandamento, un tendenziale nichilismo che,
sviluppatisi con forza a partire da Cervantes, si sarebbero poi accentuati con
l'affermazione piena della modernit e con la crisi delle ideologie ottocentesche.
L'umorismo pirandelliano non solo una poetica; anche l'espressione coerente del
pensiero e della cultura del relativismo filosofico. Esso presuppone la messa in
discussione sia del Positivismo, sia delle ideologie romantiche. Del Positivismo P.
rifiuta, a partire dal 1904, il criterio della verit oggettiva, garantita dalla scienza;
del Romanticismo l'idea della verit soggettiva, della centralit del soggetto e della
sua capacit di dare forma e senso al mondo. Entrano in crisi tanto l'oggettivit
quanto la soggettivit, ed il concetto stesso di verit che viene posto radicalmente
in questione.
Anche se Pirandello tenta contraddittoriamente di darle un fondamento eterno, in
realt la poetica dell'umorismo nasce in Pirandello da una riflessione sulla
modernit. La stessa contrapposizione fra arte umoristica e arte epica e tragica, di
cui si parla nell'Umorismo, deriva dalla constatazione che nella modernit la poesia
fondata sul tragico e sull'eroico non pi possibile. Le categorie di bene e di male,
di vero e di falso, su cui si basavano la tragedia e l'epica, sono infatti venute a
mancare. Lumorismo l'arte del tempo moderno in cui tali categorie sono entrate
in crisi e in cui non esistono pi parametri certi di verit. Perci l'umorismo non
propone valori, n eroi che ne siano portatori, ma un atteggiamento esclusivamente
critico-negativo e personaggi problematici e dunque inetti nell'azione pratica; esso
non risolve positivamente le questioni che affliggono l'uomo ma mette in rilievo le
contraddizioni e le miserie della vita, irridendo e compatendo nello stesso tempo.
Larte umoristica volta continuamente a evidenziare il contrasto fra forma e vita e
tra personaggio e persona. Luomo ha bisogno di autoinganni: deve cio credere che
la vita abbia un senso e perci organizza l'esistenza secondo convenzioni, riti,
istituzioni che devono rafforzare in lui tale illusione. Gli autoinganni individuali e
sociali costituiscono la forma dell'esistenza: essa data dagli ideali che ci poniamo,
dalle leggi civili, dal meccanismo stesso della vita associata. La forma blocca la
spinta anarchica delle pulsioni vitali, la tendenza a vivere momento per momento al
di fuori di ogni scopo ideale e di ogni legge civile: essa cristallizza e paralizza la
vita. Quest'ultima una forza profonda e oscura che fermenta sotto la forma ma
che riesce a erompere solo saltuariamente nei momenti di sosta o di malattia, di
notte o negli intervalli in cui non siamo coinvolti nel meccanismo dell'esistenza. Il
contrasto fra vita e forma (poi teorizzato da un critico di Pirandello, Tilgher)
indubbiamente costitutivo dell'arte pirandelliana e della stessa poetica
dell'umorismo, che sottolinea ironicamente i modi con cui la forma reprime la vita e
rivela gli autoinganni con cui il soggetto si difende dalla forza sconvolgente dei
bisogni vitali (cfr. LUmorismo, parte seconda, cap. V)).Il soggetto, costretto a
vivere nella forma, non e pi una persona integra, coerente e compatta, fondata
sulla corrispondenza armonica fra desideri e realizzazione, passioni e ragione; ma si
riduce a una maschera (o a un personaggio) che recita la parte che la societ esige
da lui (la parte di impiegato, di marito, di padre, di figlio ecc.) e che egli stesso si
impone attraverso i propri ideali morali. Proprio per questo nell'arte umoristica non
sono pi possibili n persone n eroi, ma solo maschere o personaggi. Il termine
personaggio non viene dunque usato da P. nell'accezione comune: tutti gli uomini
sono maschere o personaggi perch tutti recitano una parte.
Il personaggio non coerente, solido, unitario, perch non pi persona. Ha davanti
a s solo due strade: o sceglie l'incoscienza, l'ipocrisia, l'adeguamento passivo alle
forme, oppure vive consapevolmente, amaramente e autoironicamente la scissione
fra forma e vita. Nel primo caso solo una maschera, nel secondo diventa una
maschera nuda dolorosamente consapevole degli autoinganni propri e altrui, ma
impotente a risolvere la contraddizione che pure individua. Nel secondo caso la
riflessione interviene continuamente a porre una distanza fra il soggetto e i propri
gesti, fra l'uomo e la vita: pi che vivere, il personaggio si guarda vivere. La
riflessione, la fine dell'immediatezza vitale, l'estraneazione da s e dagli altri
diventano la sua marca esistenziale. Chi si guarda vivere, si pone fuori
dall'esperienza vitale; condannato all'estraneit, guarda da fuori e compatisce non
solo gli altri ma se stesso. Questo distacco riflessivo, amaro, pietoso e ironico
insieme, il segno distintivo dell'umorismo.
E esso a distinguerlo dalla comicit. Nel comico assente la riflessione. Il comico
nasce infatti dal semplice e immediato avvertimento del contrario, dall'avvertire,
con un sussulto irresistibile che provoca il riso, che una situazione o un individuo
sono il contrario di come dovrebbero essere. Invece l'umorismo il sentimento
del contrario che nasce dalla riflessione: riflettendo sulle ragioni per cui una
persona o una situazione sono il contrario di come dovrebbero essere, al riso
subentra il sentimento amaro della piet (cfr. l'esempio che fa Pirandello della
vecchia imbellettata, che fa ridere solo se non si riflette sulle ragioni del suo
imbellettamento).
2) I romanzi
Il vivere ed il non vivere, l'esserci ed il non esserci, sono l'inconsueta esperienza di
Mattia Pascal, che privato della vita, di fronte al proprio suicidio inventa una
nuova esistenza. E' la trovata, per molti versi geniale, de Il fu Mattia Pascal, che
pubblicato nel 1904 segue la precedente uscita di altri due romanzi, L'esclusa e Il
turno. In questi, come ne I vecchi e i giovani (1909), Pirandello mosso da quella
tensione, gi evidenziata per la prima stagione novellistica, di riprendere una
umanit, una societ dentro la sua sofferenza e disillusione.
Ne Il fu Mattia Pascal questo stadio superato e l'umorismo pirandelliano opera gi
distesamente. Mattia Pascal, angariato da una vita opprimente, si trova graziato
dalla scoperta del proprio suicidio . La nuova esistenza come Adriano Meis, in un
primo tempo scevra d'ogni vincolo, lo ritrova poi di fronte alla realt della propria
nullit ed impotenza: ...i morti non debbono pi morire ed io s: io sono ancora
vivo per la morte e morto per la vita .
Il ritorno alla primigenia identit, frutto di un secondo suicidio , lo ritrover fuori
della vita e si riveleranno allora dense di significato le parole del vecchio Anselmo
Paleari: A noi uomini ... nascendo, toccato un tristo privilegio: quello di sentirci
vivere, con la bella illusione che ne risulta: di prendere cio come una realt fuori di
noi questo nostro interno sentimento della vita, mutabile e vario, secondo i tempi, i
casi e la fortuna.
a) Tra Verismo e umorismo: i romanzi siciliani da L Esclusa a I vecchi e i
giovani
Lesclusa e Il turno sono stati scritti alla fine dell'Ottocento sotto l'influenza di
Capuana e del Verismo, ma corretti e rielaborati, soprattutto il primo, quando gi la
poetica dell'umorismo era in corso di maturazione. I vecchi e i giovani stato
composto invece fra il 1906 e il 1909, quando P. stava elaborando la sua nuova
poetica, ma appare ancora un romanzo di transizione, a met strada fra tradizione e
umorismo. Tanto Lesclusa e Il turno quanto I vecchi e i giovani riflettono nell'argomento e nell'ambientazione - l'esperienza siciliana dell'autore.
Di questi romanzi il pi datato Il turno, scritto due anni dopo Lesclusa, nel 1895,
ma prigioniero di un facile bozzettismo veristico. Tuttavia, compaiono anche
situazioni paradossali e gi pirandelliane: gli avvenimenti si succedono in un'assoluta
casualit, prodotti non dalla volont degli uomini, ma da tiri beffardi della sorte.
Lesclusa, scritto nel 1893 con il titolo di Marta Ajala, pubblicato a puntate su La
Tribuna nel 1901, e poi, in una nuova edizione rivista e corretta, nel 1908. Anche in
questo romanzo la fa da padrone il caso, con i suoi paradossi: Marta Ajala, cacciata
dal marito, Rocco Pentagora, per un tradimento coniugale non commesso, e per
questo esclusa dalla comunit, viene da lui ripresa e riaccolta in famiglia quando
invece stato da lei consumato l'adulterio con Gregorio Alvignani e addirittura la
donna attende un figlio dall'amante.
I principali motivi di interesse del romanzo sono i seguenti:
1) il tema dell'esclusione, presente gi nel titolo. L'esclusione la condizione tipica,
esistenziale e sociale, dell'intellettuale. E infatti Marta Ajala una maestra, che
cerca un riscatto riflettendo sulla vita e studiandola dall'esterno;
2) al determinismo naturale dei veristi si sostituisce un determinismo sociale: a
provocare l'esclusione non una condizione oggettiva, come nel romanzo
naturalista, ma l'apparenza di una condizione oggettiva: Marta non ha tradito il
marito, ma basta che tutti lo pensino perch venga emarginata. La verit non pi
un prodotto della oggettivit, ma il risultato di un'opinione;
3) il motivo esistenziale del padre, che chiude la porta della propria camera e non
vuole pi vedere la figlia: il motivo dell'incomunicabilit fra padre e figlio che
torner anche in racconti e romanzi (soprattutto in Uno, nessuno e centomila).
sullEspressionismo)
Assumendo le forme di un esagitato soliloquio, il linguaggio di Pirandello, che
potrebbe sembrare grigio e burocratico (tale era l'opinione di un grande critico,
Contini), acquista viceversa una notevole carica di espressivit.
I temi principali e l'ideologia de Il Fu Mattia Pascal
I temi principali del romanzo sono i seguenti:
1. la famiglia, sentita come nido o come prigione. E un nido la famiglia originaria,
fondata sul rapporto di tenerezza fra Pascal e la madre e sentita come idillio
minacciato dall'avidit dell'amministratore; una prigione il rapporto coniugale con
Romilda e quello con la suocera, la terribile vedova Pescatore. In questo secondo
caso, sembra possibile solo l'evasione. Si riflette in ci un elemento indubbiamente
autobiografico: lidealizzazione della madre costante in Pirandello e si accompagna
invece all'esperienza infelice del matrimonio;
2. il gioco d'azzardo e lo spiritismo. Pirandello rappresenta minuziosamente il casin
di Montecarlo, nei pressi di Nizza, dove Pascal vince alla roulette divenendo
improvvisamente ricco. La descrizione del luogo ha del reportage giornalistico e
doveva servire a stimolare la curiosit del lettore borghese nei confronti di un posto
favoloso e "proibito. Ma in realt il gioco d'azzardo era un tema ricorrente: esso
presente, per esempio, in Il giocatore di Dostoevskij (1867). Esso affascina
Pirandello perch l'importanza del caso e il potere della sorte contribuiscono a
rafforzare la sua teoria della relativit della condizione umana, sottolineando i limiti
della volont e della ragione. Nella stessa direzione va l'interesse per lo spiritismo
(una seduta spiritica rappresentata nel cap. XIV), molto diffuso fra i due secoli e
presente anche nella Coscienza di Zeno di Svevo. La crisi del razionalismo positivista
induceva infatti a occuparsi dei fenomeni non spiegabili scientificamente;
3. l'inettitudine. Come i personaggi di Tozzi, Svevo o di Kafka, anche Pascal un
inetto, un velleitario che sogna un'evasione impossibile e che alla fine si trasforma
consapevolmente in un antieroe, reso inadatto alla vita pratica dalla sua stessa
tendenza allo sdoppiamento, dalla sua propensione a vedersi vivere e insomma dalla
sua stessa estraneit nei confronti della vita e di se stesso;
4. lo specchio, il doppio, la crisi d'identit. Mattia Pascal ha un rapporto difficile non
solo con la propria anima, ma anche con il proprio corpo. Ha difficolt a identificarsi
con se stesso. Spia di questo malessere l'occhio strabico, che guarda sempre
altrove. La crisi didentit dipende anche dalla sua duplicit, rappresentata dalla sua
predisposizione a sdoppiarsi e dalla sua inclinazione a porsi davanti allo specchio.
Inoltre egli ripete sempre la stessa situazione, raddoppiandola continuamente:
seduce prima Romilda, poi Oliva; finge di essere morto due volte; per due volte si
d una nuova personalit, prima come Adriano Meis, poi come fu Mattia Pascal. E
ancora: si sostituisce spesso a un alter ego, a un "doppio" di s: per esempio si
sostituisce a Pomino nell'amore di Romilda, e poi questo stesso amico a sostituirsi
a lui come marito; infine tende sempre a ripetere la stessa situazione collocandosi
come terzo all'interno di un rapporto di coppia (si inserisce cosi all'nizio fra Malagna
e Romilda, e anche fra la ragazza e Pomino che ne innamorato; poi fra Adriana e
Papiano; infine fra il pittore spagnolo e la fidanzata, e alla fine, di nuovo, fra
Romilda e Pomino). E stato detto che tutto il romanzo come una successione di
specchi (Gardair) e che ci deriverebbe da una divsione schizoide (Gioanola)
della personalit di Pirandello. Certo che la tendenza alla autoriflessivit e allo
sdoppiamento sembra connaturata all'atto del vedersi vivere e alla "riflessione"
umoristica
5. la modernit, la citt, il progresso, le macchine. Nel cap. IX Adriano Meis a
Milano e, frastornato dai rumori, dai tram elettrici (introdotti da poco) e dalla vista
della folla, riflette sulle conseguenze del progresso tecnico, negando che la felicit
sia prodotta dalla scienza e che le macchine possano servire a migliorare la
condizione dell'uomo. In tale critica al progresso si avverte l'influenza di Verga e
Analisi del brano: Nelle poche parole che Anselmo Paleari pronuncia prima di andarsene
ciabattando per i fatti suoi, contenuta gran parte dellideologia pirandelliana, quella che fa da
supporto allintera sua opera. Essa si esprime in una serie di metafore collegate fra loro, in modo
che luna prende vigore dallaltra. Intanto c lidea, non certo nuova, anzi antichissima, del
teatro come grande metafora della vita: nello spazio ristretto del palcoscenico, qualsiasi esso sia,
nobile o meschino, non si rappresentano solo commedie o tragedie, ma vengono messi a nudo,
mostrati i complessi meccanismi della vita degli uomini. Questa vita non consiste forse nel
recitare una parte, rivestire un ruolo che si determina in base al rapporto che ogni personaggio
ha con gli altri, con le strutture teatrali, con le idee che rappresenta, con le capacit e la
convinzione con le quali riesce a sostenere la recita? Se il teatro dunque la vita stessa, la
differenza tra la tragedia antica e la moderna non riguarda soltanto lo sviluppo storico di una
espressione artistica, ma la condizione umana nel suo complesso.
Ecco perci apparire e contrapporsi i due modelli: Oreste ed Amleto; essi sono due emblemi
della situazione esistenziale, la testimonianza di una crisi e di una frattura. Non tanto
necessario stabilire quando tale rivolgimento si manifestato, ma piuttosto il come: PaleariPirandello non vuole fare un discorso di storia della cultura, ma stabilire la natura della crisi
esistenziale delluomo contemporaneo. E lo strappo nel cielo di carta che blocca Oreste,
perch gli mostra che dietro non c nulla; in questo senso la metafora pirandelliana, che
richiama alla mente quella di Schopenhauer (il velo di Maia che viene squarciato) si colloca sullo
stesso piano della morte di Dio proclamata da Nietzsche.
Infatti lo strappo vuole indicare che luomo moderno non pu pi avere punti di riferimento fissi,
le sue certezze sono cadute, sono venuti meno i presupposti metafisici sui quali si reggevano gli
ideali e il chiaro discernimento del bene e del dovere. Nella tragedia antica Oreste trova il
coraggio di superare le difficolt e di far tacere i propri sentimenti in nome di una lealt verso i
capisaldi che reggono lintera vita sociale, le strutture familiari e politiche che permettono
allindividuo di vivere in armonia con se stesso allinterno della societ.
Lemblema delluomo moderno, che vive sotto il cielo squarciato, scelto oculatamente da
Pirandello. Amleto posto da Shakespeare nella stessa condizione di Oreste: deve vendicare
sulla madre e sul suo amante la morte violenta del padre; ma, al contrario del protagonista della
tragedia antica, egli tormentato dal dubbio e nessuna cosa al mondo lo pu aiutare a
discernere fino in fondo il bene dal male, ci che dovere da ci che libera scelta. Questo non
significa che non succeda niente: alla fine della tragedia shakespeariana la madre uccisa,
lamante usurpatore ucciso, ma tutto questo si verifica attraverso una concatenazione di
circostanze dominate dal caso, che determinano anche la morte di Amleto. Quindi non linerzia e
linazione il destino delluomo moderno, ma linsicurezza e il dubbio, uniti alla coscienza della
sostanziale casualit del proprio agire.
Ma nel passo c anche un altro particolare da non dimenticare : la rappresentazione di cui
Paleari parla ad Adriano Meis non verr compiuta da attori, ma da marionette; il carattere
metaforico dellintero discorso fa s che anche questa riduzione delluomo ad automa rientri
nellinsieme dei significati; tanto pi che a sottolineare proprio questaspetto c il commento di
Adriano Meis, che indica in una sostanziale perdita e rinuncia alla condizione di uomo lunica
possibilit che rimane di non vedere lo strappo nel cielo di carta.
Lopera di Pirandello ha, dunque, questo presupposto ideologico: in un mondo sostanzialmente
privo di certezze, nel quale domina la coscienza della perdita irrimediabile degli ideali religiosi
civili e culturali ( la classicit finita), lindividuo agisce alla ricerca di un equilibrio che non pu
essere che precario; basta un accidente qualsiasi perch lo strappo nel cielo di carta si
manifesti in tutta la sua angosciosa tragicit.
ossificate date dalle autorit (i tribunali, per esempio) e per proporre diverse
interpretazioni dei fatti. P. sembra credere, insomma, che sia possibile, con la forza
dell'argomentazione, usando la ragione come metodo o strumento e non come
ideologia complessiva, giungere a verit relative;
5) La struttura delle novelle. A conferma di quanto appena detto, la struttura
dominante delle novelle quella di una "narrazione discorsiva", spesso fortemente
parlata e comunque fondata sul principio dialogico della conversazione. Lautore
sembra nutrire una qualche fiducia nell'uso critico e straniante del linguaggio o
addirittura nella sua capacit argomentativa, messa in campo per sostenere una tesi
di parte e dunque per persuadere un ipotetico lettore. Insomma P. vuole convincere
il pubblico a cui si rivolge che un'ipotesi interpretativa preferibile a un'altra e si
batte, e si arrovella e incessantemente argomenta per raggiungere tale scopo pratico
(si veda ancora Il treno ha fischiato). Un'altra costante strutturale la variet e la
mobilit dei punti di vista adottati, delle focalizzazioni, delle tecniche narrative: si
va dalla forma epistolare al racconto dialogato e alla narrazione oggettiva; si passa
dalla prima alla terza persona, dall'appello al tu a quello al voi.
In questo modo i racconti mettono in rilievo l'apertura e la problematicit di una
ricerca in corso.
Novelle per un anno , insieme ai racconti di Verga e di Tozzi, uno dei risultati pi
alti della narrativa italiana dopo l'Unit. Di pi: insieme al Decameron di Boccaccio,
a cui per certi versi si ispira (nel tema temporale e nell'intento di rappresentare
realisticamente la commedia umana), indubbiamente uno dei capolavori della
novellistica italiana di tutti i tempi.
4) Pirandello e il teatro
Il teatro
Tutta l'opera di Pirandello giunge alla sua esaltazione nel teatro. La stagione teatrale
testimonia l'avvenuta maturazione della coscienza pirandelliana che in tante opere,
anche grandi, era andata crescendo.
E' nei Sei personaggi in cerca d'autore e nell'Enrico IV che Pirandello tocca i punti
pi elevati del suo creare. I sei personaggi ricercano un autore che dia loro la
possibilit di svolgere quel dramma per cui sono nati ; Enrico IV, essendogli
venuta meno la forza di rappresentare sul palcoscenico della vita il proprio dramma
di uomo autentico, accetta la bollatura di chi lo vuole pazzo, recitando a se
stesso ed agli altri la propria pazzia cosciente. Questi i poli culminanti dell'iceberg
pirandelliano. Da un lato sei figure, o meglio sei ombre la cui realt appare a volte
pi cruda, pi solidamente ingenerata rispetto a chi, uomo, vive la labilit
temporale. Dall'altro un uomo, ormai ombra a se stesso, la cui vita diviene lucida
pazzia per sfuggire la normalit ipocrita di chi giudica senza piet l'altrui vivere.
Analisi della produzione teatrale
Pirandello l'unico scrittore italiano del Novecento famoso in tutto il mondo; e
questa celebrit si fonda in massima parte sul suo teatro. Gi in vita, egli riscosse
successi all'estero, soprattutto in Francia, in Germania e negli Stati Uniti. Ancora
oggi i suoi drammi continuano a essere rappresentati e a incidere sull'immaginario
collettivo.
Nel teatro P. trov in effetti la forma espressiva che meglio poteva dare forza alla
sua visione della realt. Il contrasto fra vita e forma, fra realt e finzione, fra
persona e personaggio o maschera acquista sulla scena un'evidenza straordinaria, Il
teatro infatti la forma di rappresentazione artistica che pi pretende al realismo
(cose, persone e fatti ci si presentano direttamente davanti gli occhi); ma anche
quella, in cui il grado di artificio "alto (tutto quello che vediamo un inganno: gli
eroi sono uomini travestiti, le passioni sono recitate, gli eventi simulati). Pirandello
esalta questa ambiguit e la fa esplodere, per indagare le ambiguit della vita
stessa.
Come nella sua opera narrativa, la riflessione ha sempre un posto centrale. I
personaggi rimangono personaggi ragionatori, e buona parte dell'azione
raddoppiata dall'indagine sull'azione stessa e dalla ricerca del suo significato. Ma a
questa riflessione si aggiunge quella dell'autore sul teatro, in quanto allegoria della
vita: ecco l'aspetto metateatrale e il " teatro nel teatro
Sovvertire i limiti fra finzione e realt, rompendo, l'illusione drammatica e la
separazione fra scena e platea, vuol dire infatti rivelare quanto di teatrale ci sia
nella nostra esistenza. Il teatro, con i suoi specifici meccanismi, diventa cos uno
straordinario strumento di conoscenza e di critica.
Dopo Il berretto a sonagli, i capolavori di Pirandello in campo teatrale sono Cos
(se vi pare) e Il piacere dell'onest, entrambi del 1917, e Il giuoco delle parti del
1918. E la fase del "teatro del grottesco". In queste opere il tema tradizionale
del triangolo borghese (moglie, marito, amante) ripreso e nel contempo
rovesciato: la logica delle convenzioni borghesi accettata solo per essere portata,
estremisticamente e paradossalmente, alle ultime conseguenze, in modo da farne
esplodere dall'interno tutte le contraddizioni. Il teatro tradizionale diventa, cos,
"grottesco". Spesso, per esempio, i personaggi consapevolmente si attengono alla
norma delle convenzioni, smascherandola proprio grazie alla coerenza e al rigore con
cui la rispettano: fanno cos i protagonisti del Berretto a sonagli, del Piacere
dell'onest e del Giuoco delle parti. Nei capolavori di questa fase, i protagonisti sono
caratteri fissi, irrigiditi in maschere. Laudisi in Cos (se vi pare), Baldovino in Il
piacere dell'onest, Leone Gala in Il giuoco delle parti sono personaggi astratti,
maestri del puro ragionamento e ad esso crudelmente fedeli. In Il piacere
dell'onest Baldovino vuole rispettare fino in fondo il codice borghese e la parte di
marito che gli stata affibbiata. Accetta di sposare Agata solo nella forma, in modo
da poter dare un padre legittimo al figlio che costei sta aspettando dall'amante, ma
poi pretende che le forme siano rispettate sino in fondo, scontrandosi cos con il
perbenismo ipocrita della madre di Agata e dell'amante di lei. Recita cos
onestamente e rigorosamente la parte del marito che la situazione diventa
insostenibile: alla fine Agata si innamora di lui ed egli finisce con il diventarne
marito a tutti gli effetti. Quanto a Leone Gala, protagonista del Giuoco delle parti,
egli fa sino in fondo la parte del marito: pur essendo separato dalla moglie, ne sfida
a duello, come il codice borghese impone, l'offensore; ma poi esige che sul terreno
di scontro scenda l'amante di lei, di fatto mandandolo a morte (l'offensore della
moglie infatti un famoso spadaccino).
In Cos (se vi pare) - andato in scena per la prima volta a Milano nel giugno 1917
- Laudisi smaschera, con la sua lucidit, con i suoi commenti paradossali, con le sue
risate, la pretesa di verit oggettiva che una comunit borghese vanamente ricerca a
spese della povera famiglia di un impiegato, il signor Ponza. Sua suocera, la signora
Frola, sostiene che la moglie di lui sua figlia e che il genero le impedisce di
vederla. Il signor Ponza, invece, afferma che la figlia della signora Frola morta e
che la donna con cui egli vive la sua seconda moglie. Sono in questione qui sia la
categoria di identit (chi veramente la moglie?) sia quella di verit: pazza la
suocera, come afferma il signor Ponza, o proprio lui, invece, a essere pazzo? E
poich le autorit cittadine, nell'intento di arrivare a una presunta verit oggettiva,
mettono in scena una specie di inchiesta giudiziaria e poi di tribunale, il palcoscenico
si trasforma in una sorta di camera da tortura (Macchia). Il dramma deriva la sua
efficacia non tanto dalla sua dimensione "filosofica", che ne fa una sorta di
manifesto del relativismo gnoseologico pirandelliano, quanto dal freddo accanimento
con cui l'autore aggredisce la nozione comune di verit e mette in scena il sadismo
piccolo-borghese. La gelida impassibilit della regia pirandelliana nasconde un furore
speculare e antitetico rispetto a quello della crudelt borghese che si accanisce
contro il signor Ponza e la signora Frola.
conservare una lucida estraneit non solo dall'esistenza reale ma dai propri stessi
sentimenti. Cosi, quando Matilde, Belcredi e uno psichiatra, vent'anni dopo l'episodio
della caduta da cavallo, vanno a trovare il presunto Enrico IV nel tentativo di
guarirlo, questi trafigge il rivale non tanto per gelosia, quanto per cancellare il
mondo del rimosso, delle pulsioni del passato che sono tornate improvvisamente e
pericolosamente a manifestarsi, e soprattutto per conservare un'immagine di pazzo
che gli consentir di continuare a guardare la vita da fuori e a sospenderne gli
usuali, consunti significati.
Dopo il 1923 (anno anche dell'importante atto unico Luomo dal fiore in bocca) la
produzione teatrale di Pirandello si svolge in tre filoni principali- uno quello che
abbiamo gi considerato, del "teatro nel teatro", di cui fanno parte Ciascuno a suo
modo e Questa sera si recita a soggetto; un secondo quello del Surrealismo - in
cui per esempio rientra l'atto unico Sogno (ma forse no) del 1931 e dei tre miti
teatrali di cui ci occuperemo nel prossimo paragrafo; il terzo quello del cosiddetto
"pirandellismo", che comprende il grosso della produzione teatrale pirandelliana
fra il 1926 e la morte. In quest'ultimo, Pirandello imita se stesso portando sulla
scena con insistenza ossessiva gli stessi temi in modi ormai manierati e artificiosi. Il
contrasto vita/forma vi esemplificato in situazioni e ambienti della ricca e alta
borghesia, non senza concessioni a modi dannunziani precedentemente sempre
combattuti, soprattutto nella rappresentazione dei personaggi femminili.
I miti teatrali: I giganti della montagna
Il recupero del momento della creazione estetica e del valore conoscitivo dell'arte
caratterizza i tre miti, La nuova colonia (1928), Lazzaro (1929), I giganti della
montagna (1930-33) e la fiaba in versi , La favola del figlio cambiato (1933).
Se la ricerca di P. umorista e allegorico, dal Fu Mattia Pascal al progetto delle
Novelle per un anno, dal teatro grottesco" a Sei personaggi ed Enrico IV, era
sostanzialmente razionale, condotta sul filo del ragionamento e della logica e giocato
sulla dialettica della scomposizione e decostruzione di situazioni e ambienti borghesi,
ora prevalgono invece - non senza qualche fortunata eccezione - procedure e
suggestioni di tipo irrazionale, mistico, talora addirittura trascendente, tendenti ad
affermare verit universali che dovrebbero imporsi immediatamente attraverso
processi del tutto intuitivi e per la forza delle immagini e dei simboli. Invece di
cogliere la mancanza, la scissione, la contraddizione, il Pirandello dei
miti (soprattutto dei primi due perch per il terzo occorre fare un discorso diverso)
aspira a un'arte dell'organicit e della naturalezza, che sia espressione di una verit
arcaica e voce simbolica di un assoluto. Nella Nuova colonia la Madre Terra punisce
con un sisma coloro che non sanno vivere all'altezza dei valori naturali che il suo
mito esprime (i contrabbandieri che sono andati ad abitare su un'isola deserta e qui
ripristinano le vecchie coercizioni della civilt e della forma) e invece salva, e
santifica, chi resta a essi fedele, mostrandosi capace di accogliere in s le forze
vitali della creazione: unica superstite, con il figlioletto, La Spera, immagine della
maternit. In Lazzaro la forza di una religione immanentistica e spiritualistica fa
compiere al suo sacerdote, Lucio, il miracolo di far camminare la sorella paralizzata
e a Sara e ad Arcadipane quello di un ritorno alla sanit della natura e della
campagna in un podere felice contrapposto alla mostruosit della citt e della vita
meccanizzata. Anche nei Giganti della montagna esiste un prodigio, realizzabile
solo separandosi dalla vita associata: quello della liberazione magica, a un tempo,
delle forze del sogno, dello spirito e dell'inconscio e di quelle della creazione
artistica; ma in questo dramma rimasto incompiuto agiscono anche altre interessanti
controtendenze che ne fanno, insieme ad alcune novelle (come C' qualcuno che
ride), uno fra i risultati pi alti dell'ultima stagione di Pirandello e della sua intera
produzione.
In I giganti della montagna da un lato abbiamo il luogo del mito, la villa della
Scalogna, separata e isolata dal mondo, dove il mago Cotrone e altri dimissionari
dalla vita si dedicano a pratiche magiche ed estetiche di tipo surrealistico facendo
riemergere il mondo dell'inconscio; dall'altro abbiamo la montagna dove abitano i
Giganti insensibili all'arte e dediti solo alla guerra, agli affari e a ciclopiche
costruzioni (evidentemente, i Giganti rappresentano il potere fascista, la sua
ideologia, il suo costume) e dove Ilse, la prima attrice di una compagnia di
commedianti respinti dalla societ, vorrebbe portare il messaggio dell'arte recitando
La favola del figlio cambiato. Lopposizione dei luoghi rivela dunque un'altra
opposizione: quella fra natura e civilt, fra mito e storia.
Cotrone e Ilse sono entrambi sconfitti, cacciati dalla comunit, perch dediti ai
fantasmi del sogno, della creazione estetica, dell'inconscio; ma il primo ha ormai
rinunciato alla societ e immagina il mondo del mito come autosufficiente e
autonomo, la seconda non pu fare a meno del rapporto sociale e del contatto con il
pubblico. Cos Ilse persuade lo scettico Cotrone ad aiutarla a portare sulla scena il
proprio dramma; ma i servi dei Giganti, unici spettatori, incapaci di comprenderne
l'arte, finiranno per farla a pezzi. Questa conclusione del dramma fu comunicata
dall'autore morente al figlio e non fu mai scritta.
A differenza degli altri due miti teatrali, qui il conflitto fra mito e storia emerge
con violenza inaudita. Il programma dell'autosufficienza dell'arte, del sogno e della
fantasia e la poetica simbolista e surrealista sostenuta da Cotrone devono fare i
conti con l'irruzione della dimensione della socialit, e cio di una prospettiva
estranea che apre fratture e tensioni. Al mito della natura si oppone la realt della
storia e della societ, rappresentata non senza evidenti allusioni al fascismo.
Persona significa in latino maschera dattore ed indica il ruolo recitato sulla scena. In italiano questa
parola significa invece lessere umano nei rapporti sociali, in quanto soggetto cosciente di s, moralmente
autonomo, capace di diritti e di doveri, e dunque, in quanto essere libero e responsabile, capace di
compiere il bene o il male. In altri termini, oggi persona indica lintegrit dellindividuo, vista come unit
intellettuale e psicologica. La psicoanalisi ha messo in crisi questo concetto di persona, mostrando come il
soggetto sempre, nel profondo, scisso e contraddittorio. Ma nella vita pubblica, nella responsabilit civile
e penale, necessariamente rimasto il concetto di persona, che deve rispondere come un tutto integro di
ci che fa. >>
>>Comunemente il termine personaggio indica uno dei protagonisti di un dramma, di una commedia, di
un poema, di un romanzo o di una novella. Dunque il personaggio recita una parte in un mondo di
finzione. P. usa persona nel senso comune di oggi. Egli nega che il soggetto possa essere una persona,
in ci concordando con la psicoanalisi (che peraltro, nel 1908, egli non conosceva). Per P. gli uomini non
sono pi persone, cio soggetti integri, coerenti, compatti, ma personaggi, in quanto costretti a recitare
una parte allinterno della commedia sociale. Ogni uomo, insomma, porta di necessit una maschera e
recita il ruolo che la societ o le convenzioni o i propri ideali astratti gli impongono. Essendo lesistenza
normale diventata forma, che blocca e paralizza la vita, le persone si sono trasformate in personaggi,
costretti a recitare uno specifico ruolo sociale.
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