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N 87 Febbraio 2015
Attualit 12
Assicurazioni 13
Il Punto su 15
Proprio in questi giorni hanno compiuto liter i primi due decreti in tema di
tutele crescenti per i nuovi assunti a tempo indeterminato e in tema di
ammortizzatori sociali. I due decreti sono in attesa di pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale ed entreranno in vigore, si dice, l1 marzo.
Attualit 1
Le Nostre Sentenze 8
Cassazione 11
Diritto Civile,
Commerciale,
Assicurativo
R. Stampa 17
Contatti 18
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Stefano Beretta
Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca
DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera,
Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trifir e Giovanna Vaglio Bianco
PROGRAMMA
IL LAVORO AL TEMPO
DEL
JOBS ACT
DALLE ASSUNZIONI AI
LICENZIAMENTI
Introduzione
Salvatore Trifir
Presentazione dei temi del convegno e
moderatore: Stefano Beretta
La legge di stabilit 2015: le agevolazioni
per le nuove assunzioni a tempo
indeterminato
Vittorio Provera
Il rapporto di lavoro a tempo
indeterminato a tutele crescenti.
Confronto tra Riforma Fornero e Jobs Act
Giorgio Molteni
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Lindennit risarcitoria, invece, non pu in ogni caso superare le 12 mensilit, e deve essere detratto sia
laliunde perceptum che laliunde percipiendum, ossia quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire
accettando una congrua offerta di lavoro.
In entrambi i casi, il lavoratore pu optare, in alternativa alla reintegrazione, per il pagamento di un
indennizzo pari a 15 mensilit, non assoggettate a contribuzione, che si aggiunge allindennizzo strong
o soft, dovuto a seconda dei casi. Tale opzione pu essere esercitata entro 30 giorni dalla
comunicazione di deposito della sentenza, o dallinvito a riprendere servizio, formulato dal datore di
lavoro, se anteriore a tale comunicazione. Nel momento stesso in cui lopzione viene esercitata, il
rapporto di lavoro cessa.
4) Quali tutele spettano al lavoratore, quando esclusa la reintegrazione?
Si parla di tutele crescenti perch, al di fuori delle ipotesi per cui prevista la reintegrazione, in tutti gli
altri casi di illegittimit del licenziamento al lavoratore spetta unicamente unindennit non
assoggettata a contribuzione, che si aggiunge allindennit sostitutiva del preavviso, allorch esso non
sia stato prestato in servizio. Tale indennit aumenta con lanzianit aziendale: 2 mensilit dellultima
retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non
superiore a 24 mensilit. Una novit del nuovo regime data dal fatto che si tiene conto
proporzionalmente anche della frazione di anno e di mese di anzianit (mezzo anno di anzianit vale 1
mensilit; le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni si considerano come un mese intero).
Pertanto, la quantificazione dellindennizzo non pi rimessa a una valutazione discrezionale del giudice,
bens basata su criteri esclusivamente oggettivi. La vecchia disciplina (sia la legge Fornero che la l.
604/1966) individua, invece, una forbice nellambito della quale il giudice pu individuare la sanzione
ritenuta pi congrua.
Lindennizzo spetta, quindi, sia in favore del lavoratore licenziato per ragioni oggettive, di cui sia
dimostrata linsussistenza, o anche la violazione del cosiddetto obbligo di repechage; sia in ipotesi di
licenziamento per ragioni disciplinari che il giudice ritenga sproporzionato al fatto contestato, e anche
laddove il C.C.N.L. di categoria prevederebbe, invece, per quel fatto, una sanzione conservativa, quale la
multa o la sospensione disciplinare. Questultima ipotesi costituisce una differenza rispetto al previgente
regime di tutele. In base allart. 18 St. Lav. post Legge Fornero (che resta in vigore per le vecchie
assunzioni), quando il C.C.N.L. di categoria prevede che, per un certo fatto, debba essere irrogata una
sanzione conservativa (ammonizione, multa, sospensione), se per quel fatto stato, invece, intimato il
licenziamento il lavoratore ha diritto ad essere reintegrato in servizio con pagamento delle retribuzioni
arretrate, fino ad un massimo di 12 (reintegrazione soft).
Quando il vizio da cui affetto il licenziamento unicamente formale, lindennit dimezzata: 1
mensilit per ogni anno di anzianit, con un minimo di 2 e un massimo di 12. Questo vale sia per i
licenziamenti per ragioni oggettive (ad es. nel caso di difetto di motivazione), sia nel caso di
licenziamento disciplinare (violazione dellobbligo di affissione del codice disciplinare, violazione del
procedimento disciplinare, omessa/generica contestazione degli addebiti e/o della recidiva, mancato
rispetto dei termini a difesa).
5) Questa disciplina vale anche per i licenziamenti collettivi?
La reintegrazione spetta solo nel caso di licenziamento intimato in forma orale. In tutti gli altri casi di
illegittimit del licenziamento (sia vizi formali che sostanziali), il lavoratore ha diritto alla stessa tutela
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economica prevista per il caso di licenziamento individuale illegittimo: 2 mensilit per ogni anno di
anzianit, minimo 4 e massimo 24 mensilit.
Da notare che, in tale ambito, i vizi della procedura sono considerati al pari di quelli sostanziali
(violazione dei criteri di scelta), mentre invece, nei licenziamenti individuali, i vizi di forma sono
considerati meno gravi e lindennit dimezzata. Il vecchio regime, disciplinato dalla legge Fornero
(che ha modificato, sul punto, la l. 223/1991), prevede: reintegrazione strong per lipotesi di
licenziamento intimato in forma orale; reintegrazione soft nel caso di violazione dei criteri di scelta;
indennizzo tra 12 e 24 mensilit, in caso di violazioni procedurali.
6) Quali norme disciplinano limpugnazione del licenziamento, nel contratto a tutele crescenti?
La legge Fornero prevede un particolare procedimento, suddiviso in una fase sommaria e una fase di
opposizione, per accelerare le cause di impugnazione del licenziamento. Questo rito speciale, per
lappunto definito rito Fornero, continuer ad essere utilizzabile solo in caso di impugnazione dei
licenziamenti assoggettati al vecchio regime. Per i licenziamenti intimati nellambito di un contratto a
tutele crescenti, il decreto attuativo ha escluso la possibilit di utilizzare tale rito speciale, per cui
il procedimento di impugnazione del licenziamento torner ad essere il normale rito del lavoro
disciplinato dagli artt. 409 e ss. cod. proc. civ.
Il decreto contiene anche una norma a scopo deflattivo, che si applica a qualsiasi ipotesi di
licenziamento. Entro il termine di impugnazione del licenziamento (60 giorni da quando stato intimato),
il datore di lavoro pu offrire al lavoratore, per dirimere la potenziale controversia, un importo che, se
accettato, non tassato in alcun modo e non soggetto a contribuzione. Limporto che beneficia della
detassazione pari ad una mensilit della retribuzione globale di fatto per ogni anno di anzianit e,
comunque, non inferiore a 2 mensilit e non superiore a 18.
Da notare che il Jobs Act ha escluso, per le nuove assunzioni, lapplicazione dellart. 7 della l. 604/1966,
come modificato dalla riforma Fornero. Di conseguenza, per i licenziamenti economici intimati in
regime di tutele crescenti il datore di lavoro non dovr attivare il tentativo preventivo di
conciliazione innanzi alla Direzione Provinciale del Lavoro.
7) ancora previsto un differente regime di tutela per le aziende di piccole dimensioni?
Il decreto sulle tutele crescenti ha previsto queste disposizioni per le aziende prive dei requisiti
dimensionali di applicazione dellart. 18 St. Lav.: a) la reintegrazione prevista solo per il caso di
licenziamento sorretto da motivo illecito/discriminatorio o intimato in forma orale; b) non , invece, mai
possibile la reintegrazione nel caso di licenziamento disciplinare, nemmeno ove sia dimostrata la
materiale insussistenza delladdebito; c) al di fuori dei casi di reintegrazione, in ipotesi di illegittimit del
licenziamento, al lavoratore spetta un indennizzo economico dimezzato rispetto a quello previsto per le
aziende pi grandi (ci vale per i vizi sia formali che sostanziali).
Per evitare che il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di tutele possa disincentivare la aziende pi
piccole ad effettuare nuove assunzioni, il decreto prevede che, quando unazienda con meno di 15
dipendenti supera tale soglia, effettuando nuove assunzioni dopo lentrata in vigore della riforma, il nuovo
regime delle tutele crescenti si applica a tutti i dipendenti, anche quelli assunti prima di tale data.
VIDEO:
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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE
IL FISCO RILIQUIDA UNA MAGGIORE IMPOSTA SULLINCENTIVO ALLESODO: IL
DATORE DI LAVORO NON PAGA
(Tribunale di Monza, 23 dicembre 2014)
Le somme erogate dal datore di lavoro al dipendente, in occasione della cessazione del
rapporto, a titolo di incentivo allesodo, sono tassate con la stessa aliquota del TFR, trattandosi
di emolumenti soggetti allo stesso regime fiscale; leventuale imposta aggiuntiva, rideterminata
dallAgenzia delle Entrate applicando laliquota media calcolata sui redditi complessivi dichiarati
nel quinquennio antecedente dal lavoratore, ad esclusivo carico di questultimo.
Cos ha deciso il Tribunale di Monza, allesito di un giudizio nel quale il ricorrente aveva
convenuto lazienda ex datrice di lavoro, pretendendo di essere rimborsato della maggiore
imposta riliquidata dallAgenzia delle Entrate sullincentivo allesodo allepoca percepito.
Secondo il ricorrente, lulteriore imposta era di esclusiva spettanza della datrice di lavoro,
considerato che laccordo risolutivo/transattivo - sottoscritto in sede sindacale - prevedeva la
corresponsione di una somma netta; tutte le imposte dovute su tale importo dovevano,
pertanto, essere sostenute dallazienda. Su detta somma netta la datrice, allatto dellaccordo,
aveva versato la ritenuta dacconto, calcolandola con laliquota applicabile al trattamento di fine
rapporto, ovvero con l'aliquota determinata con riferimento all'anno in cui maturato il diritto
alla percezione, secondo quanto stabilito dallart. 19, co. 1 del TUIR. Tale aliquota si applica
anche alle somme percepite una tantum in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro
(art. 19, co. 2 del TUIR) e, quindi, allincentivo allesodo, che, come il TFR, rientra tra i redditi
soggetti a tassazione separata (art. 17, co. 1, lettera a) del TUIR). Il Tribunale ha respinto il
ricorso e, in accoglimento della tesi sostenuta dallazienda, ha affermato che, ai sensi dellart.
19, co. 1 e 2 del TUIR, la datrice di lavoro, relativamente allincentivo allesodo erogato al
dipendente, non poteva far altro che versare al fisco le imposte dovute sulla base dellaliquota
applicabile al TFR vigente allepoca. Lazienda non poteva, invece, calcolare la tassazione sui
redditi dichiarati dal lavoratore nel quinquennio precedente, neppure conoscibili.
La sentenza condivisibile, se si consideri altres che il datore di lavoro, in base allart. 23, D.P.R.
n. 600/1973, tenuto a versare, quale sostituto di imposta, solo una ritenuta di acconto e non
, invece, obbligato ad operare le ritenute a titolo definitivo; pertanto, con il versamento della
ritenuta non si estingue lobbligo fiscale del lavoratore-sostituito e questi rimane il soggetto
passivo delleventuale maggiore imposta che venga determinata dallAgenzia delle Entrate.
Da rilevare che dalla riliquidazione potrebbero scaturire conguagli non solo a debito, ma anche a
credito; per entrambi il lavoratore sar unico responsabile/beneficiario nei confronti dellerario.
Causa seguita da Marina Olgiati e Francesco Torniamenti
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ALTRE SENTENZE
PRETESE MANSIONI SUPERIORI: DEVE ESSERE ACCERTATA LA PREVALENZA SOTTO IL
PROFILO QUANTITATIVO E QUALITATIVO
(Tribunale di Roma, 14 ottobre 2014)
Una recente sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Lavoro (n. 9172 del 2014), si pronunciata in
ordine alla domanda di un lavoratore volta ad ottenere la declaratoria del preteso diritto ad essere
inquadrato nella qualifica corrispondente alla categoria di quadro, con condanna al pagamento delle
relative differenze retributive, nonch al risarcimento del danno conseguente a pretese vessazioni e
violazione dellart. 2103 c.c con progressiva sottrazione delle mansioni di quadro fino ad una sostanziale
inattivit imposta dallazienda; il tutto, secondo la prospettazione avversaria, avrebbe integrato
dequalificazione e mobbing. La Societ datrice di lavoro, da noi patrocinata, si era costituita in giudizio
contestando la fondatezza delle doglianze avversarie, anche in relazione alla mancata tempestiva
deduzione di idonee allegazioni e prove in merito alle diverse rivendicazioni del dipendente.
Il Giudice, esaminato il ricorso e le difese della resistente, ha posto in decisione la causa, dopo che il
tentativo di conciliazione aveva avuto esito negativo.
Il Tribunale, nella motivazione della sentenza, ha, tra laltro, compiutamente evidenziato che, in caso di
mansioni promiscue, deve essere verificata la sussistenza di una prevalenza qualitativa e quantitativa
delle mansioni superiori rivendicate, rispetto a quelle proprie del livello dinquadramento. In particolare,
lindagine del merito non pu limitarsi a considerare le mansioni di maggior rilevanza qualitativa, ma si
deve anche accertare se queste prevalgano sulle altre sotto il profilo quantitativo, atteso che la mansione
primaria quella svolta con maggiore frequenza e ripetitivit, cos da rappresentare un dato ricorrente e
normale nelle diverse mansioni espletate dal dipendente (salva lipotesi di una diversa previsione della
contrattazione collettiva). Inoltre, lassegnazione deve essere piena (nel senso che la stessa deve aver
determinato lassunzione della responsabilit e lesercizio dellautonomia e delliniziativa proprie della
corrispondente qualifica rivendicata, coerentemente con le mansioni contrattualmente previste nelle
declaratorie dei singoli inquadramenti, cui vanno raffrontate poi le mansioni svolte in concreto dal
ricorrente).
Nel caso di specie, stato ritenuto che il lavoratore non avesse chiarito in cosa sarebbe consistita la
dedotta autonomia o responsabilit decisionale, essendosi limitato ad allegare le attivit svolte da un
certo periodo in poi, senza precisare i profili caratterizzanti delle mansioni della pretesa qualifica di
quadro, impedendo cos al giudice il necessario raffronto tra detti profili e quelli propri delle mansioni
asseritamente svolte; inoltre, stato rilevato che il dipendente aveva comunque omesso di provare le
proprie (generiche) affermazioni ed anche il carattere quantitativamente prevalente delle presunte
mansioni superiori svolte.
Il Tribunale, alla luce di quanto sopra, ha, dunque, ritenuto che le mansioni svolte fossero compatibili con
linquadramento assegnato al lavoratore. In proposito, sono stati anche richiamati i consolidati principi in
materia della giurisprudenza di legittimit secondo i quali contrariamente alle argomentazioni proposte
dal lavoratore - il trattamento pi favorevole che si deduce spettare al collega di lavoro che ha ottenuto la
stessa qualifica di lavoro non fonda, di per s solo, il diritto ad un pari trattamento.
Accertata, dunque, linfondatezza della domanda relativa al preteso diritto al superiore inquadramento,
stata anche esclusa la rivendicazione inerente un risarcimento di asseriti danni patrimoniali e non
patrimoniali.
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In merito, il dipendente aveva sostenuto che le (inesistenti) mansioni superiori ad un certo punto gli
sarebbero state sottratte con relativo pregiudizio; in proposito - nella sentenza in esame - si respinta la
doglianza, sia per la carenza del presupposto di cui sopra (qualifica di quadro), sia sulla base del noto
principio secondo il quale un danno alla professionalit pu essere riconosciuto solo in presenza di
idonee allegazioni, del tutto carenti nel caso in esame.
Causa seguita da Vittorio Provera e Marta Filadoro
NON COSTITUISCE MOBBING UN MUTAMENTO DI MANSIONI DISPOSTO PER COMPROVATE
ESIGENZE ORGANIZZATIVE
(Tribunale di Pescara, 9 dicembre 2014)
Il mobbing integra una fattispecie complessa a formazione progressiva, nella quale confluiscono una
pluralit di atti giuridici e comportamenti materiali, anche apparentemente leciti ed irreprensibili, collegati
tra loro sotto il profilo psicologico, ed intenzionalmente preordinati ad arrecare pregiudizio alla
professionalit, alla personalit morale ed alla dignit del lavoratore. Ai fini della configurazione della
fattispecie in questione, imprescindibile la concorrenza di una molteplicit di elementi: la frequenza e la
durata delle condotte; il carattere discriminatorio e vessatorio delle stesse; la finalizzazione di esse alla
denigrazione, alla emarginazione o alla estromissione del lavoratore dal contesto aziendale. In mancanza
di prova della ricorrenza di tali presupposti, eventuali condotte del datore di lavoro potrebbero essere
perseguite singolarmente, solo ove ne fosse provata lillegittimit. Nel caso di specie, la sentenza ha
escluso la sussistenza del mobbing lamentato dal lavoratore in relazione ad una pretesa
dequalificazione. Infatti, il giorno successivo a quello in cui lazienda ha comunicato al lavoratore il
mutamento di mansioni, questultimo caduto in pretesa malattia. Essa non pu, quindi, per definizione,
essere stata causata dal provvedimento aziendale che, di fatto, non ha mai trovato attuazione. Tanto pi
che lazienda ha dimostrato la ragionevolezza della decisione di mutare le mansioni del lavoratore,
motivata da comprovate esigenze tecnico organizzative e non certo dalla volont di discriminare il
medesimo.
Causa seguita da Tommaso Targa
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Civile, Commerciale,
Assicurativo
Pubblicato in G.U. il Regolamento per gli Organismi di composizione della
crisi da sovraindebitamento
A cura di Francesco Autelitano
stato pubblicato sulla G.U. del 27 gennaio 2015 il d.m. 24 settembre 2014 n. 202. Si tratta di un intervento
normativo essenziale al fine di dare compiuta attuazione allintroduzione della procedura di
sovraindebitamento - che risale esattamente a tre anni fa (l. 27 gennaio 2012 n. 3) - ossia ad uno strumento
finalizzato a risolvere, su basi negoziali, le situazioni di insolvenza di tutti quei soggetti che non possono
accedere alle procedure previste dalla legge fallimentare.
Possono, dunque, accedervi non solo i consumatori in difficolt, ma anche le imprese commerciali di minori
dimensioni (e perci non fallibili), ovvero altri soggetti, anche con potenzialmente rilevanti esposizioni debitorie,
quali le imprese agricole, le start up, i lavoratori autonomi, gli Enti no profit.
La ristrutturazione dei debiti, mediante il sovraindebitamento, possibile attraverso varie forme tecniche
mediante stralci, dilazioni di pagamento, garanzie, cessioni di credito ed altre misure, con la tutela del ceto
creditorio garantita dallomologazione del Tribunale Fallimentare. Sino ad oggi, tuttavia, mancava il vero
motore della procedura, che, in base alla stessa legge n. 3/2012, costituito dallOrganismo di composizione
della crisi, da istituirsi nellambito di Enti pubblici.
Questultimo trova ora la propria regolamentazione nel d.m. 24 settembre 2014 n. 202.
Il predetto Organismo ha la funzione di assistere il debitore, sia nellelaborazione del piano di ristrutturazione,
sia nella formulazione della proposta ai creditori, nonch di verificare la veridicit dei dati ed attestare la
fattibilit del piano, e, ancora, svolge una serie di attivit direttamente ausiliarie rispetto alle funzioni svolte dal
Giudice. Il Regolamento prevede, accanto agli Organismi che possono essere costituiti nellambito di taluni
Enti (Comuni, Province, Citt metropolitane, Regioni e Istituzioni Universitarie pubbliche), altri che vengono
iscritti di diritto, tra cui quelli costituiti presso gli Ordini degli avvocati. In concreto, le prestazioni necessarie per
lo svolgimento della procedura sono svolte da professionisti inseriti in elenchi interni a ciascun Organismo,
che il Regolamento denomina gestori della crisi. I medesimi devono essere titolari di idonea qualificazione
professionale (secondo quanto precisato nel d.m.) e devono svolgere personalmente la prestazione, in
condizione di indipendenza.
Il Regolamento disciplina altres i compensi ed i rimborsi spese dovuti dal debitore allOrganismo, i quali, in
difetto di accordo, sono determinati sulla base dei valori dellattivo e del passivo oggetto della procedura,
parametrati in relazione alle tariffe previste per il curatore fallimentare.
Con il descritto provvedimento ora possibile intervenire con adeguati strumenti in unimportante area non
coperta dalle procedure concorsuali classiche, nella quale vi ugualmente la necessit di affrontare il
problema del debito con idonee soluzioni giuridiche, nellinteresse di tutte le parti coinvolte, debitori, creditori e
terzi.
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Assicurazioni
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano
SOLIDARIET PASSIVA
RISCATTO DI POLIZZA
VITA E FALLIMENTO
TRA LE NOSTRE
SENTENZE
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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera
ILLECITO DAUTORE TRAMITE INTERNET, A QUALE GIUDICE RIVOLGERSI
Nel contesto generale della societ contemporanea e della sua tumultuosa evoluzione, la disciplina del
diritto dautore ha risentito fortemente delle innovazioni intervenute in campo tecnologico. Protagonisti
primi ne sono stati, com noto, Internet e le reti telematiche.
La divulgazione tramite Rete, innegabile, aumenta la visibilit e facilita la commerciabilit di opere
dellingegno condivise tra gli utenti. Tuttavia, la struttura stessa della Rete, la sua estensione globale e la
sua immaterialit caratteristica, questultima, che mette in crisi le tradizionali regole giuridiche fondate
sui concetti di tempo e spazio del mondo reale -, rendono pi difficoltosa la rintracciabilit di eventuali
violazioni del diritto dautore, che possono intervenire anche in uno Stato diverso da quello in cui lopera
stata creata, nonch lidentificazione dei responsabili.
La Corte di Giustizia europea, chiamata di recente a pronunciarsi in merito ad un illecito transnazionale
consistente nella violazione di diritti dautore e dei diritti connessi al diritto dautore, mediante la messa in
rete su un determinato sito Internet di fotografie senza il consenso del loro autore, ha stabilito i criteri di
giurisdizione per proporre unazione risarcitoria in circostanze che non consentano di collocare
territorialmente la concretizzazione del danno (Causa Hejduk, C-441/13), ovviando alle criticit sopra
evidenziate.
Oggetto della controversia nazionale era il ricorso presentato da una fotografa professionista austriaca,
che aveva autorizzato una societ tedesca a presentare e utilizzare alcune sue riproduzioni nel corso di
un convegno. Nonostante tale autorizzazione fosse limitata allevento, la societ tedesca aveva poi
diffuso le immagini anche sul proprio sito internet, consentendo agli utenti di scaricarle pur in assenza
del consenso della fotografa a riguardo e senza fornire indicazioni relative ai diritti dautore.
Di qui lazione della professionista, volta a ottenere il risarcimento dei danni patiti in seguito alla lesione
dei diritti patrimoniali dautore dovuta allillegittima diffusione delle proprie fotografie via web.
La fotografa agiva innanzi alla giustizia austriaca in virt della precedente giurisprudenza della Corte di
Giustizia, in base alla quale il foro in materia di illecito previsto dal Regolamento (CE) n. 44/2001 (articolo
5, punto 3) consente al soggetto leso di chiedere il risarcimento integrale dei danni patiti dinanzi ai giudici
del suo domicilio (eDate Advertising ealtri, C509/09 e C161/10).
Nel costituirsi, la societ convenuta aveva sollevato uneccezione di incompetenza nei confronti del
tribunale austriaco. A opinione della societ citata in causa, infatti, essa aveva sede a Dsseldorf e la sua
pagina web aveva utilizzato un dominio di primo livello nazionale .de, ragion per cui il suo sito internet
non era destinato allAustria. Da ci doveva conseguire che, a suo avviso, la mera facolt di consultare il
sito a partire da tale Stato non avrebbe consentito di attribuire ai giudici austriaci la competenza su
eventuali domande di danno, competenza da riservarsi, invece, ai giudici tedeschi.
Rilevate le difficolt dindividuazione del luogo di verificazione del danno in un caso di divulgazione online di fotografie diffusione che difficilmente pu considerarsi concretizzata in uno o pi luoghi
collocabili territorialmente (ragion per cui il danno si smaterializza, ossia diventa diffuso e, pertanto, si
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delocalizza ), prima di accertare lentit del risarcimento il giudice austriaco rinviava la causa alla Corte
europea, chiedendo chiarimenti circa loperativit del foro in materia di illeciti (articolo 5, punto 3 del
regolamento CE n. 44/2001), in caso di violazioni diffuse dei diritti connessi al diritto dautore perpetrate
tramite web.
Detta disposizione, che stabilisce competenze speciali in materia di illecito aggiuntive rispetto alla regola
generale dellattribuzione della giurisdizione al giudice del domicilio del convenuto (articolo 2 del
medesimo regolamento), individua la competenza del giudice sia del luogo in cui il danno si
concretizzato, sia del luogo del fatto generatore di tale danno. Spetta cos al danneggiato scegliere
di quale titolo di giurisdizione avvalersi (Coty Germany, C-360/12).
In una situazione quale quella portata allattenzione dei giudici europei, levento causale deve essere
individuato nellavviamento del processo tecnico finalizzato alla visualizzazione delle fotografie sul sito
internet. Il fatto generatore della lesione dei diritti dautore risiede, dunque, nel comportamento del
proprietario del sito e deve, pertanto, essere localizzato presso la sede della societ in cui sono state
prese le decisioni in merito alla divulgazione in rete. Siccome, nel caso di specie, tale luogo doveva
essere collocato fuori dallAustria (sede tedesca della societ convenuta), il criterio del fatto generatore
non permette di stabilire la competenza del giudice austriaco.
Tuttavia, la Corte, in coerenza con taluni principi gi affermati in materia di danno, ha osservato che il
pregiudizio pu concretizzarsi anche in uno Stato membro diverso da quello in cui la societ convenuta
ha preso la decisione di mettere in rete le fotografie, a condizione che il diritto del quale si lamenta la
violazione sia protetto in tale Stato. E cos avvenuto nel caso in esame. La fotografa, infatti, rivendicava
la lesione del diritto in Austria, ove il diritto dautore protetto.
Poco importa prosegue la Corte che il sito sul quale sono state pubblicate le fotografie abbia un
dominio nazionale di primo livello tedesco. Larticolo 5, punto 3 citato, infatti, non richiede che il sito sia
diretto verso lo Stato membro del giudice adito. Ci che conta, invece, laccessibilit, nel predetto
Paese, delle opere tutelate. Di conseguenza, considerato che, nel caso di specie, il sito controverso era
accessibile in Austria e che lordinamento austriaco tutela il diritto dautore, la fotografa ben poteva agire
dinnanzi al Tribunale di quel Paese, in base al criterio del luogo del danno.
Si per precisato che - poich la tutela dei diritti qui in esame accordata dallo Stato membro vale
soltanto per il territorio del medesimo - detto Organo giudicante competente a conoscere del solo
danno cagionato nel territorio di tale Stato.
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, diviene pi agevole per il titolare dei diritti dautore e
dei diritti connessi ottenere dal Giudice del proprio Paese (in cui riconosciuta una tutela dei medesimi) il
risarcimento dei pregiudizi determinati da terzi che hanno operato attraverso reti telematiche da un
diverso Stato membro - nel caso oggetto di riflessione, attraverso labusiva messa in rete di fotografie su
un sito internet accessibile nel territorio del tribunale investito dalla causa - limitatamente ai danni subiti
all'interno del predetto territorio (nella fattispecie lAustria).
Qualora la diffusione del pregiudizio non sia limitata al territorio del tribunale investito della causa, resta
salva la facolt del soggetto che si ritiene leso di esperire unazione di risarcimento per la totalit dei
danni subiti di fronte al giudice dello Stato membro del luogo in cui vi la sede/stabilimento del
responsabile che ha assunto le determinazioni in merito alla illecita divulgazione delle opere in rete.
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di Tommaso Targa
di Marina Olgiati
di Francesco Autelitano
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