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Link ai lavori miei sulla Cina a partire dai pi recenti

2014
Cina e questione Ucraina la politica strategica del Dragone
2013
La Cina cosa cambia dopo il Terzo plenum
Cina migliora la distribuzione del reddito
09/2013 recensione di quattro lavori recenti di vari autori sulla Cina pubblicato
in un volume internazionale sulle transizioni da Luciano Vasapollo
2012
Copertura 18 esimo Congresso Pcc: seconda parte
Copertura 18 esimo Congresso Pcc: prima parte
Grandi manovre contro la Cina
Cina: braccio di ferro politico in vista del Congresso
La Cina investe sulle case popolari
Nepal i comunisti all'opposizione protestano contro quelli al governo
Crisi tra Cina e Filippine
Lo scudo antimissilistico dell'India
Chongqing un mese dopo la caduta di Bo Xilai cosa cambia
Cina: cambiamento di rotta sul sistema sanitario?
Esercitazioni militari congiunte tra Russia e Cina
Prove dello Scudo Spaziale americano in Asia
Cina scontro durissimo sul caso Bo Xilai
Cina destituito Bo Xilai
2011
Cina prove di stato sociale
L'Asia al centro della nuova strategia Usa
I seguenti articoli non sono pi disponibili online, li incollo qui:

Il vero asse del male: dieci anni di strategia americana in Asia


La strategia americana di ritorno in Asia orientale annunciata negli scorsi mesi
da Hillary Clinton e sulla quale ci siamo soffermati in un recente articolo, oltre
ad essere stata analizzata in quanto tale, ovvero come riposizionamento
asiatico delle priorit statunitensi, suscita una riflessione da parte nostra di pi
ampio respiro.
Se vista infatti nell'ambito delle vicende decennali dall'undici settembre 2001,
o ventennali dal crollo dell'Unione Sovietica, essa delinea l'ultimo tassello di
una strategia americana volta non solo ad un riposizionamento tattico dopo le
esperienze di guerra in Iraq e Afghanistan, ma completa una strategia alla
quale probabilmente gli Usa lavorano da pi di vent'anni.
Il controllo del continente euroasiatico ne sembra l'obiettivo non dichiarato.
Ebbene l'idea che la guerra al terrorismo islamico, le guerre in Libia e la
destabilizzazione della Siria, l'aumento della pressione su Iran e Corea del
Nord, nonch l'attuale riposizionamento americano in chiave anticinese nel
continente asiatico, siano pezzi sostanzialmente separati di una strategia
guidata solamente da esigenze regionali non appare credibile ai nostri occhi.
Da qui tuttavia non discenderebbe automaticamente il contrario, ovvero che
siano parte di una strategia definita in un periodo di tempo che comprende al
suo interno le amministrazioni di Bush padre, Clinton, Bush Junior e di Obama,
e di cui la guerra al terrorismo islamico stata sostanzialmente un elemento di
distrazione ideologica.
Se tuttavia guardiamo ai passi compiuti dagli statunitensi in questi anni il
quadro appare pi chiaro: tali guerre sono state scatenate contro due paesi di
un asse del male che al di l dei soli paesi inclusi dagli americani nella sua
definizione formale - Iran, Iraq, Corea del Nord, comprende nella realt un'area
territoriale senza soluzione di continuit che include oltre a questi paesi la Cina,
la Russia, la Siria e il Libano, che si sviluppa dalle coste del Mediterraneo a
quelle del Pacifico.
E' questo il vero asse del male per gli americani.
Si tratta di un blocco di paesi e di sistemi economico-sociali e politico-culturali
profondamente diversi tra loro che pur non rappresentando un'area omogenea,
occupa una posizione che gli consente di mettere una seria ipoteca sul
progetto americano di controllo dell'Eurasia, basato sull' impiando di
petromonarchie/borghesie compradore sul modello saudita.
Le guerre scatenate in seguito appaiono un tentativo di erodere questo blocco
a partire dall'aggressione dei suoi anelli pi deboli, e la strategia va avanti
almeno dai tempi della prima guerra del Golfo.

La guerra in Iraq ha impiantato un cuneo militare statunitense tra la Siria e


l'Iran, danneggiando i collegamenti con la Siria e accerchiandola
completamente, e quella in Afghanistan ha stabilito truppe e basi americane a
Occidente del confine iraniano, con l'obiettivo di circondare l'Iran da est e da
ovest e di stabilire un punto da cui controllare le zone ex sovietiche dell'Asia
centrale.
Nonostante gli alti costi materiali e le morti tra le truppe di occupazione
occidentale, queste guerre hanno infatti raggiunto almeno alcuni dei loro
obiettivi: hanno sostituito due regimi anti americani con regimi fantoccio
composti da borghesie compradore asservite agli interessi degli Usa, occupato
territori strategici per il controllo del petrolio in Medioriente e del gas in Asia, e
interrotto la continuit di un blocco che avrebbe potuto anche solo
potenzialmente, costituire un ostacolo ai progetti americani di controllo del
continente.
La crisi economica capitalista insieme prodotto e causa di accelerazione di
tale disegno, e probabilmente attaccare gli anelli deboli della catena, compresa
anche la Libia, o il Sudan vedi vicenda del Darfur e finanziamenti ai gruppi
cristiani del Sud del paese fino all'indipendenza, oltre ad Iraq ed Afghanistan,
ha come obiettivo finale il contenimento della crescita cinese, in parte
dipendente dalle esportazioni di materie prime dalla regione. E' anche in
questo senso che va letta la forte spinta interna alla rivoluzione dell'industria
verde ecocompatibile della Cina, come modo per tentare di affrancarsi dalle
importazioni petrolifere di cui gli americani controllano le fonti, ma si tratta di
un processo che richieder ancora molto tempo per essere realizzato.
Mentre i venti di guerra che spirano in tutto il mondo, Asia compresa, con il
recente aumento di pressione sulla Corea del Nord tramite esercitazioni militari
e la possibile creazione di una Nato dell'Asia Orientale come teorizzato da anni
da alcuni think tank americani, ci dicono che questa strategia gi in pieno
dispiegamento.
Stiamo assistendo ad una guerra mondiale asimmetrica o ad una nuova guerra
fredda, di cui la crisi economica ha messo in evidenza e fatto saltare i nervi
scoperti? Il ricompattamento tra Usa e India che fa passare in secondo piano
il momento caldo delle relazioni Usa Pakistan seguito agli attacchi americani
contro le postazioni dell'esercito pakistano, e il tentativo di riallineare perfino la
Birmania-Myanmar all'asse occidentale vedi visita della Clinton, sono tutti
elementi di questa preoccupante strategia che fa il pari con la costruzione di
nuove basi Usa in Australia, il rinnovo della cooperazione militare con le
Filippine, oltrech le citate esercitazioni militari con la Corea del Sud e il via
libera al riarmo del Giappone.
L'obiettivo quello di mettere a frutto le ricchezze naturali e la manodopera di
questi paesi nel tentativo di uscire dalla crisi economica capitalistica mondiale,

il cui presupposto il rovesciamento interno di tali regimi sul modello delle


rivoluzioni colorate, e nel caso dei paesi pi piccoli e pi vulnerabili, sul
modello libico-afghano di appoggio militare ad una guerra civile incoraggiata
da pressioni esterne.
Il gruppo di paesi cui facciamo riferimento ha da anni intessuto relazioni anche
con i paesi del continente africano e dell'America Latina, il che ne ha
accresciuto la pericolosit agli occhi degli strateghi dell'Occidente, basti
pensare ad i rapporti tra Cina ed Iran e Cuba, Venezuela, Ecuador, Congo,
Zimbabwe, il citato Sudan ed altri. In particolare l'aumento delle esportazioni
africane di materie prime verso il paese fabbrica del mondo ha messo in
allarme le cancellerie occidentali e i prestiti cinesi ai paesi Africani hanno
fortemente ridimensionato ruolo di pressione del Fondo Monetario
Internazionale nel continente.
Il ruolo della Russia e dei Brics in questo senso non poi secondario: il progetto
americano mira a erodere il network economico e commerciale di questi paesi
con i paesi dell'America Latina, dell'Africa e del Medioriente, in modo da
indebolirli e, nel caso di Russia e Cina, preparare un assalto finale ai loro regimi
economici e politici.
In particolare nei confronti della Cina, il riposizionamento strategico americano
in Australia consentirebbe in un futuro non molto lontano agli americani, di
tentare un blocco dello stretto di Malacca, che unitamente alla chiusura della
finestra birmana sull'oceano indiano potrebbe paralizzare i traffici di materie
prime e merci da e verso la Cina e l'Europa, primo partner commerciale del
paese asiatico.
Per quanto riguarda il suo alleato strategico, la Russia, se guardiamo all'attacco
espresso dalla Clinton al regime putiniano uscito di poco vincitore dalle elezioni
politiche di inizio mese in Russia, dove i comunisti che raddoppiano i voti fanno
sempre pi riferimento al modello cinese, mentre le navi russe attraccano ai
porti siriani, risulta ancora pi evidente come gli americani vogliano farla finita
con il regime di Putin per riportare la Russia ad una condizione eltsiniana di
asservimento e ritrasformare il paese in un mero esportatore di materie prime.
Per fare questo occorre utilizzare le spaccature interne a tutti questi paesi che
pure esistono, ed utilizzare la strategia del cuneo per aprire sempre di pi
contraddizioni interne fino a destabilizzarli completamente. In Russia ed in Siria
in particolare questi cunei sono di rispettivamente di natura economico-sociale,
ed etnico-religiosa. In particolare in Russia il regime putiniano non stato in
grado di garantire uno sviluppo economico sociale per la grande maggioranza
della popolazione e le offerte iraniane alla Siria di entrare nel network
finanziario sino-iraniano per emanciparsi dalle banche occidentali - ed il
possibile congelamento degli assets come nel caso libico, oltre ai citati scambi
militari con la marina russa, sembrano indicare che sulla partita della Siria si
siano concentrate e si stiano affrontando l'area occidentale e i paesi di questo

neonato blocco in formazione. In questo senso si arrivati ad


un'internazionalizzazione della crisi pur evitando finora risoluzioni di condanna
della Siria in sede Onu, difesa da Russia e Cina, a differenza di quanto avvenuto
per la guerra in Libia. Vedremo quale delle due aree e blocchi riuscir a d avere
la meglio in questa partita. Se questo porter ad un ulteriore rafforzamento
delle alleanze da noi evidenziate nel blocco asiatico oppure alla perdita di
pezzie al riallineamento all'Occidente. Sicuramente la sostituzione delle classi
dirigenti di questi paesi con borghesie compradore legate mani e piedi ai diktat
occidentali, sul progetto del Grande Medioriente, non sar motivo di
emancipazione dei popoli e delle classi lavoratrici di questi paesi. Anzi la
capacit di redistribuzione interna della ricchezza in questi paesi, come nel
caso della distribuzione delle rendite del petrolio alla popolazione avvenuto in
parte in Iran, e una crescita economica altrettanto elevata ma pi equilibrata
nel caso della Cina ma soprattutto della Russia, potrebbero essere elementi di
rafforzamento del consenso interno a questi paesi e giocare un ruolo
importante proprio nel confronto attualmente in corso.

A cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti.


Fonti: articoli vari della stampa nazionale ed estera.

Cina, cattolicesimo e Santa Sede


03/12/11
Nei rapporti tra Cina ed Europa, c' un solo paese/soggetto di diritto
internazionale nel continente europeo che non ha ancora stabilito rapporti
ufficiali con la Cina popolare da quasi sessant'anni: la Santa Sede. Nel 1999 per
un breve periodo accadde che la Macedonia riconoscesse Taiwan e non la Cina
continentale in ambito diplomatico, il che spinse la Cina a rispolverare il diritto
di veto nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu in concomitanza con una risoluzione
riguardante il paese balcanico. La Macedonia ci ripens presto.
Nel resto del mondo solo 23 stati su 192, tra cui Paraguay, Honduras,
Nicaragua, Guatemala, Haiti e Repubblica Domincana non riconoscono la Rpc
come unico rappresentante della Cina.
Tra questi la Santa Sede/Citt del Vaticano l'unico Stato europeo ad aver
ancor oggi la sua sede diplomatica a Taipei.
Misteri della diplomazia internazionale? Che i rapporti tra Vaticano e Cina
popolare non fossero tra i migliori non certo una novit, eppure si potrebbe

pensare che i problemi di natura religiosa vengano affrontati nell'ambito di un


rapporto ufficiale piuttosto che esternamente.
O comunque che i rapporti tra lo Stato della Citt del Vaticano e la Rpc
vengano stabiliti a prescindere da quelli tra Santa Sede come soggetto
autonomo di diritto internazionale e la stessa Rpc.
Ma questo evidentemente non possibile, data la natura duale della Chiesa
come autorit religiosa, soggetto di diritto internazionale e Stato indipendente
contemporaneamente, proprio perch i problemi di natura religiosa sono tali da
pregiudicare ab origine lo stabilimento dei rapporti diplomatici.
L'elemento che il Vaticano considera pi grave la condizione quasi scismatica
della chiesa cinese.
La Chiesa in Cina infatti, dopo la rottura dei rapporti diplomatici sino-vaticani
nel 1951, dal 1858 ordina autonomamente i propri vescovi e sacerdoti, secondo
i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione
democratica della Chiesa, cos come recita lo statuto dell'Associazione
Patriottica cinese, la struttura dell'autogoverno dei cattolici cinesi fortemente
legata al governo centrale. Ma questo, ricorda Papa Ratzinger nella lettera ai
cinesi del 2007, inconciliabile con la dottrina cattolica.
L'empasse non dunque su una questione di tipo dottrinale, tra Cina e Santa
Sede, come quelli ben pi gravi avvenute in passato con i paesi che hanno
aderito in tutto o in parte alla Riforma Protestante. La Santa Sede ha rapporti
dipomatici consolidati con questi paesi, proprio perch ci che il Vaticano
contesta non tanto la presenza di chiese nazionali assoggettate al potere
politico, come la Chiesa Anglicana, o di chiese riformate, quanto l'influenza
delle autorit politiche e le pressioni sulle comunit cattoliche esterne a queste
chiese al fine di escluderle dal comando gerarchico vaticano. Anche se la
Chiesa in Cina cambiasse nome e dottrina, la Santa Sede per mandato
apostolico pretenderebbe di guidare le comunit cattoliche rimanenti.
Ricorda nella citata lettera l'attuale pontefice, cheLa comunione e l'unit sono
elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica: pertanto il progetto di una
Chiesa indipendente , in ambito religioso, dalla Santa Sede incompatibile
con la dottrina cattolica.
Solo con Cina, Vietnam, Laos, Arabia Saudita, Afghanistan e pochi altri paesi la
Santa Sede non ha stabilito rapporti diplomatici ufficiali.
La questione quindi complessa poich il noto principio, richiamato anche
nella lettera di Papa Benedetto XVI, del date a Cesare quel che di Cesare, a
Dio quel che di Dio, ossia un principio di separazione e autogoverno degli
ambiti civili e religiosi al proprio interno, dai cinesi visto come un modo per

intromettersi nei loro affari interni da parte di uno stato straniero con il pretesto
della religione, piuttosto che un elemento di libert religiosa.
La differenze culturali tra occidente cristiano e cultura cinese sono tali che i
precetti religiosi cristiani di per s vengono visti come possibile veicolo e
strumento di intromissione negli affari interni del paese, e dunque che la
Chiesa risponda ad un'autorit universale esterna viene ritenuto inaccettabile
dai governanti cinesi. Inoltre essi contestano l'avvenuta beatificazione di
missionari europei che in passato a loro giudizio avrebbero perpetrato abusi e
crimini contro il popolo cinese, probabilmente compresi tra quelli ricordati
come santi Martirinella citata lettera dell'attuale Pontefice. Il che ovviamente
non aiuta nella distensione delle relazioni, cos come la recente scomunica di
due vescovi cinesi ordinati senza il consenso del Vaticano.
D'altronde lo sforzo di evangelizzazione della Chiesa nel terzo millennio, come
ricorda Benedetto XVI citando il suo predecessore Giovanni Paolo II, in gran
parte diretto verso l'Asia:la nuova evangelizzazione esige l'annuncio del
Vangelo [5] all'uomo moderno, con la consapevolezza che, come durante il
primo millennio cristiano la Croce fu piantata in Europa e durante il secondo in
America e in Africa, cos durante il terzo millennio una grande messe di fede
sar raccolta nel vasto e vitale continente asiatico[6].
Un impegno cos massiccio della Chiesa visto senza dubbio come un attacco
ai valori tradizionali del paese da parte cinese.
Ma qual' attualmente lo stato dei rapporti tra le due parti? Gli alti e bassi
dovuti alle nomine non approvate dal Vaticano e alle scomuniche di tali
vescovi, negli ultimi 60 anni, hanno portato ad una situazione per la quale
entrambe le parti hanno compreso che una co-nomina dei Vescovi un buon
punto di partenza. A partire da una rosa di nomi probabilmente inviata da
Pechino - sentite le comunit locali - il Vaticano, tramite canali diplomatici
riservati, d o meno la propria approvazione alla nomina dei vescovi, che solo a
quel punto vengono ordinati. In casi di diniego da parte vaticana, la chiesa
cinese decide se procedere lo stesso o meno, nel primo caso suscitando le ire
di Roma.
Il fatto che anche successivamente alla nomina i Vescovi devono dare prova
di costante comunione con il Pontefice, e dunque la situazione sempre in
precario equilibrio.
Recentemente anche sulle colonne di giornali italiani online dedicati alle
questioni vaticane, si erroneamente riportata come fosse ufficiale la
posizione espressa in un articolo da tale Sameh El-Shahat, pubblicata nella
sezione opinionidel quotidiano Global Times e ripresa dalla versione online in
inglese del Quotidiano del Popolo, secondo cui il governo cinese avrebbe preso
spunto dal recente inasprirsi delle relazioni tra il governo irlandese e la Chiesa

seguito ad un caso di scandalo nell'isola per attaccare l'autorit vaticana in


Cina e mettere in discussione il suo diritto esclusivo di nomina dei vescovi.
Anche se la pubblicazione sul quotidiano online di tale articolo lascia intendere
una certa simpatia nei confronti di tali posizioni da parte del governo cinese, la
direzione verso cui si sta andando pare essere diversa e nuova, ovvero verso
un regime di doppia nomina. La recentissima nomina di Luo Xuegang come
vescovo della diocesi di Yi Bing, doppiamente approvata da Chiesa patriottica e
Vaticano, ha tuttavia lasciato spazio alle polemiche per la presenza durante la
cerimonia di ordinazione, del vescovo Lei Shiyin, uno dei due vescovi
scomunicati la scorsa estate.
D'altronde questo metodo non viene sperimentato ora per la prima volta: gi
tre mesi fa era stato ordinato nello stesso modo Liang Jianshen, gradito
anch'esso al Vaticano.
Wang Zuo'an, direttore dell'Amministrazione di Stato per gli Affari Religiosi,
sotto la quale la chiesa cattolica patriottica cinese opera, ha ribadito in un
recente articolo su Global Times che la Cina intenzionata a stabilire relazioni
diplomatiche ufficiali con la Santa Sede a partire da due principi: il taglio delle
relazioni con Taiwan e la non interferenza negli affari interni cinesi.
Anche se la Cina mantiene la sua posizione di sovranit e di autogoverno sulle
questioni che riguardano il Cattolicesimo, Wang che esprime sicuramente una
posizione ufficiale - lascia la porta aperta rispetto alle nomine dei vescovi:
sarebbe irrealistico chiederci di alterare, prima che sia stato raggiunto un
accordo, il processo di ordinazione (dei vescovi), che stato praticato per pi di
cinque decadi. Il Cattolicesimo in Cina sarebbe difficile da immaginare senza i
pi di 170 vescovi autoeletti e autordinatisi. Noi cambieremo(il metodo)di
conseguenza solo dopo che entrambe le parti avranno raggiunto un'intesa.
E conclude ironicamente: quando sono stato interrogato da degli amici
americani riguardo ad una tabella di marcia per normalizzare i nostri legami
con il Vaticano, ho risposto loro che i colloqui tra gli Stati Uniti e il Vaticano
sono durati 103 anni, fino al 1984, prima che le relazioni diplomatiche ufficiali
e il riconoscimento reciproco venissero finalmente stabiliti, e che normalizzare
i rapporti sino-vaticani non richieder cos tanto tempo.
Fonti:
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/nel-mondo/dettaglioarticolo/articolo/cina-china-cina-irlanda-ireland-irelanda-vaticano-vaticanvaticano-7539/
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/letters/2007/documents/hf_benxvi_let_20070527_china_it.html
http://www.eresie.it/it/Chiese_cinesi_indipendenti.html

http://www.eresie.it/it/Cattolicesimo%20cinese.html
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/nel-mondo/dettaglioarticolo/articolo/china-vatican-ordination-ordinazione-ordinacion-cina-10400/
http://it.wikipedia.org/wiki/Relazioni_diplomatiche_della_Santa_Sede
http://it.wikipedia.org/wiki/Taiwan#Status_internazionale
http://archiviostorico.corriere.it/1999/febbraio/26/Missione_Macedonia_veto_cin
ese_co_0_9902262708.shtml
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/670148/Catholicism-should-adaptto-local-conditions.aspx
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/nel-mondo/dettaglioarticolo/articolo/3771/
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/nel-mondo/dettaglioarticolo/articolo/china-vatican-ordination-ordinazione-ordinacion-cina-10400/
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/214897
http://www.30giorni.it/articoli_id_77819_l1.htm
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglioarticolo/articolo/cattolici-cinesi-catholic-chineses-catolicos-chinos-10336/
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglioarticolo/articolo/cina-china-china-vescovo-obispos-bishop-li-suguang-9724/
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/nel-mondo/dettaglioarticolo/articolo/cina-china-9814/
http://eglasie.mepasie.org/asie-du-nord-est/chine/le-30-novembre-prochainune-ordination-episcopale-aura-lieu-au-sichuan-la-premiere-depuis-lesexcommunications-de-cet-ete
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglioarticolo/articolo/cattolici-cinesi-chinese-catholics-catolicos-chinos-10239/
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglioarticolo/articolo/cattolici-cinesi-catholics-chineses-catholicos-chinos-9304/
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/686228/Impasse-remains-forVatican-ties.aspx

Che fine ha fatto il salvataggio cinese dell'Europa?

22/11/11
Anche se per qualunque paese da solo sarebbe impossibile salvare l'economia
europea dalla crisi del debito, crisi nella crisi, fino ad alcuni mesi fa l'idea che il
dragone asiatico potesse rassicurare i mercati e in qualche modo garantire la
stabilit dell'euro non era poi tanto lontano dalla realt.
I cinesi avevano gi acquistato titoli di stato greci fortemente a rischio, ed
erano disponibili a mettere una quota nel fondo salvastati prima che l'Europa
scivolasse in una crisi difficilmente reversibile, che si avvicina sempre pi al
default di singoli paesi e mette in discussione la sopravvivenza della stessa
moneta comune.
La Cina ha necessit di salvare l'euro come valuta di riserva alternativa al
dollaro idem per diversificare i titoli da quelli americani svalutati - ma per
varie ragioni l'intervento cinese sull'eurozona non si tradotto in realt.
Zhong Sheng sull'edizione estera del Quotidiano del Popolo del 16/11 ci ricorda
il perch.
Le ragioni sono di due ordini di motivi.
Una essenzialmente politica: alcuni governi occidentali e organi di stampa
hanno accusato la Cina di volersi comprare l'Europa, mentre altri la
accusavano di non averla aiutata abbastanza. In una fase in cui i cinesi erano
interessati all'assenso europeo al riconoscimento in sede Wto alla Cina dello
status di economia di mercato formula che se accettata in sede Wto
renderebbe impossibile la pratica attuale per cui annualmente Usa e paesi
dell'eurozona concedono alla Cina tale status, che comporta strette limitazioni
all'imposizione di tariffe e barriere doganali alle merci provenienti dal celeste
impero l'aiuto cinese ai paesi dell'eurozona in difficolt sembrava una
possibilit concreta in cambio di un impegno europeo in tal senso che per non
arrivato.
Inoltre, prosegue Zhong Sheng, i paesi europei non hanno una posizione
comune sul tema. Perfino Francia e Germania non si sono messi d'accordo e
non hanno presentato un documento comune al recente vertice del G20 di
Cannes, lasciando di fatto cadere la proposta cinese.
Addiruttura l'eurozona non ha chiarito se l'iniezione di fondi dovesse avvenire
attraverso il Fondo Monetario Internazionale o tramite il Fondo Europeo di
Stabilit Finanziaria. In questo quadro l'accusa venuta da altre parti alla Cina
di non aver aiutato abbastanza l'Europa risulta priva di fondamento, sempre
secondo il quotidiano.
L'altra ragione fa riferimento al fatto che appunto gli europei non hanno trovato
una posizione comune sulla proposta cinese, il che ha ridotto le garanzie per i

cinesi rispetto a mosse affrettate, ovvero rischi rispetto all'acquisto di titoli le


cui garanzie di solvibilit si fanno sempre pi ridotte con l'aggravarsi della crisi
del debito, il che rende una ripresa della proposta cinese via via pi difficile,
una volta perso il treno iniziale.
Oltre a ci, sempre secondo l'editoriale del pi diffuso quotidiano cinese, il
problema che sta affrontando l'Unione Europea non la mancanza di denaro,
dato che il blocco europeo ha di per s ancora fondi sufficienti. Il reale
problema che la crisi europea del debito ha fatto s che alcuni problemi
strutturali profondamente radicati che piagano l'economia europea siano
esplosi tutti in contemporanea, e questi problemi non possono essere
completamente risolti semplicemente attraverso l'iniezione di capitali.
Un'esplosione simultanea di problemi dunque, di natura strutturale e non
congiunturale, il che riduce ulteriormente le garanzie per i cinesi, i cui
investimenti nel fondo di salvataggio potrebbero rivelarsi a fondo perduto, e
che peraltro non risolverebbero i problemi dell'Eurozona ma li rimanderebbero
soltanto.
Con i cinesi alle prese con il dibattito relativo al fatto se sia finita o meno l'era
della crescita del Pil a doppie cifre per l'economia nazionale, i benefici del
salvataggio dell'Eurozona si assottigliano sempre pi rispetto al rischio di
investimenti non oculati sui mercati esteri, gi sperimentati in passato.
In realt, prosegue, non c' alcun senso nel discutere se la Cina debba aiutare
l'Europa, perch l'ha gi fatto attivamente dall'inizio della crisi europea del
debito, acquistando titoli ad alto rischio ed aumentando le importazioni
dall'eurozona.
E tuttavia nella conclusione del ragionamento emerge un dato che tiene ancora
aperta una possibilit di ripresa del dialogo tra Cina ed Europa su questo tema,
dato che emerge in questi giorni anche nelle discussioni tra americani ed
europei, ovvero che: gli interessi di differenti paesi si sono cos interconnessi
nell'economia globalizzata di oggi, che l'economia mondiale sar trascinata in
basso se la crisi europea del debito continua a diffondersi.
Di fatto Eurozona, Usa e Cina, da posizioni diverse, hanno tutte e tre una
pistola puntata alla tempia : vedremo se qualcuno sparer.
Fonti:
La Cina ha gi aiutato abbastanza l'Europa
http://english.peopledaily.com.cn/90780/7646960.html
Finita l'era della crescita a due cifre?
http://english.peopledaily.com.cn/90778/7652763.html

Articoli vari sulla stampa italiana e straniera.


A cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

Corea ad un anno dai bombardamenti di frontiera

Ad un anno dai bombardamenti dell'isola di Yonphyong seguiti ad uno


sconfinamento dei militari di Seoul nelle acque territoriali del Nord, la
situazione nella penisola coreana attraversata da tensioni crescenti.
In questi giorni sono state eseguite manovre militari da parte del Sud e insieme
a Stati Uniti e Giappone.
Il Nord sostiene che di fatto in corso una prova di aggressione al proprio
territorio, che coincide con il cambio di strategia americana di riposizionamento
strategico nel Pacifico al fine di circondare la Cina e rallentarne crescita
economica ed influenza politica nella regione.
Mentre la Corea del Nord promette la stessa fermezza di fronte ad qualunque
provocazione esterna e rafforza la sua alleanza militare con Pechino, gli
Americani annunciano armi supersoniche in grado di colpire qualunque
obiettivo nel mondo entro un'ora e dotano le proprie forze armate di bombe
anti bunker che i nordcoreani accusano essere indirizzate ad una guerra contro
il paese.
Evidentemente l'usuale livello di tensione nella penisola, nell'attuale stallo dei
colloqui a sei sul nucleare, un ricordo lontano di fronte ad una tensione che
potrebbe destabilizzare tutta l'area.
In particolare la questione sui colloqui a sei bloccata perch i nordcoreani
richiedono che essi ripartano senza precondizioni, mentre gli Americani
mettono come precondizioni interventi degli ispettori dell'aiea e simili,
contestando in questo modo il diritto a procedere con lo sviluppo delle armi
atomiche da parte del Nord, che dichiara che il processo di arricchimento
dell'uranio sta procedendo speditamente. Da parte loro i nordcoreani
sostengono che finch in Corea del Sud ci saranno armi nucleari americane
pronte a distruggere le citt del Nord, loro manterrano un deterrente nucleare,
e che la condizione per raggiungere l'obiettivo di una penisola coreana libera
dalle armi nucleari che anche gli americani siano disposti a ritirare le loro
dalla Corea del Sud.
Fonti:
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/684697/China-DPRK-vow-to-strengthenmilitary-cooperation.aspx

http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/686467/Clinton-calls-on-DPRK-to-takesteps-toward-denuclearization.aspx
http://www.koreadpr.com/users/italy/page19/files/58519bf121a732ea99d40d8816a75fd8-205.html
http://www.koreadpr.com/users/italy/page19/files/ff8137c68466195cb9253cf6871adf0e-204.html
http://www.koreadpr.com/users/italy/page19/files/fc23ecae0605a419278a93d789718974-201.html
http://www.koreadpr.com/users/italy/page19/files/269f0e68d537835f84e05829445d7f58-199.html
http://www.korea-dpr.com/users/italy/page19/page19.html
http://english.people.com.cn/90777/7660588.html
http://english.people.com.cn/90777/7662074.html

2010
La Cina fa a meno delle agenzie di rating
2009
Intervista realizzata da me in Cina per la rivista LErnesto al Responsabile degli
affari con lEuropa del Ministero degli Esteri cinese in occasione del
sessantenario della rivoluzione.
intervista al Direttore Huang Hua Guang- prima parte- excursus storico storia
rivoluzione cinese e PCC
intervista al Direttore Huang - seconda parte - sul sistema economico cinese e
sempre seconda parte ma sul sistema politico cinese
intervista al Direttore Huang- terza parte- sulla politica estera cinese

Commentario mio sullintervista


(destinato allepoca al solo circuito interno della commissione internazionale
Rdc e mai pubblicato)

Prima parte
Intervista a Huang 2009: commentario

L'intervista a Huang divisa in tre parti, politica, economia ed esteri.


E' importante sia come sintesi dei tre aspetti della societ cinese in un unico
documento, sia perch in essa sono contenuti principi, previsioni e strategie
che non si esauriscono nel 2009 ma guardano ai prossimi 40 anni.
Huang esprime al 99 percento quella che la posizione del Pcc - tranne rari
casi in cui riportata come opinione personale preceduta da io penso, la
mia opinione che, ecc.. - per tutta la fase che arriva fino ai giorni nostri, il che
conferisce un valore a tutta la parte sull'excursus che prescinde dalla forma di
intervista effettuata due anni fa.
Pi che sintesi(il documento in s gi una sintesi della posizione ufficiale del
Pcc su 60 anni di storia economia e societ, che in questo senso va solo che
letto e assimilato), questo una sorta di commentario(in stile tipicamente
cinese ^^) utile per la lettura passo passo e come spunto di
riflessione/informazione.

Principi e concetti nella prima parte, quella dell'excursus storico e di linea


politica:

la sinistra europea non conosce molto bene la storia della Cina...a livello
di conoscenze storiche relativamente al periodo di aggressione
imperialista del XIX secolo, alla fase semicoloniale, di sottomissione
politica ed economica del paese, ecc...
L'aver adottato una scuola di pensiero occidentale come il marxismo per
un paese orientale nasce proprio da un esigenza innanzitutto nazionale,
ovvero si era disposti ad accettare in blocco un'ideologia straniera
piuttosto che continuare a lasciare che il paese cadesse in rovina, il che
testimonia la gravit della situazione. Eppure non vanno sottovalutate le
analogie tra marxismo e la tradizione del pensiero politico cinese, non
solo confuciano(pensiamo alla rivolta dei Taiping di fine ottocento e agli
ideali emancipatrici fusi con i principi cristiani), la teoria del mandato
celeste, ecc...sulla quale effettivamente il marxismo si innestato, e in
generale il grande contributo dato dalla millenaria riflessione politica
cinese attorno al concetto di Stato, che forse il contributo pi ampio
che l'intera letteratura cinese, saggistica e non, abbia mai dato.
Uso degli strumenti del marxismo e del leninismo per la pratica ma
innanzitutto per l'analisi della societ cinese del tempo: qui si riporta che
il Pcc ha utilizzato gli strumenti teorici del marxismo e del leninismo per
analizzare la situazione economica e sociale del paese negli anni 20 e
trenta nella fase che ha preceduto la presa del potere.
Integrazione degli stessi con la teoria di Mao di circondare le citt dalle
campagne: inutile dire quali dibattiti suscit in Occidente tale teoria,
eppure si iscriveva perfettamente nella teoria leninista dell'anello pi
debole: la Cina del primo dopoguerra era formalmente una potenza

vincitrice della prima guerra mondiale, e il movimento del 4 maggio


nasce proprio in opposizione alla concessione ai giapponesi delle ex zone
di influenza tedesca in Cina...movimento dal quale nascer - quattro anni
dopo la rivoluzione d'Ottobre - il Pcc. Era una potenza che faceva parte
politicamente ed economicamente del sistema imperialista mondiale,
seppur in ruolo fortemente subalterno. In questo senso era un anello
debole della catena.
Dall'anno della sua fondazione, ci sono voluti pi di 28 anni al Pcc per
prendere il potere, in un periodo che abbraccia il primo dopoguerra fino
alla fine della seconda guerra mondiale: un periodo lunghissimo, se
pensiamo a tutte le altre rivoluzioni nei paesi socialisti, compresa l'Urss,
Cuba, il Vietnam, ecc... Questa una singolarit della rivoluzione in Cina,
che ha avuto profondissimi effetti in tutto l'approccio che ha avuto il Pcc
negli anni successivi al 49 e alla sua capacit di rinnovamento interna: la
selezione dei quadri non avvenuta a scatti, velocemente, come in
Urss dopo la rivoluzione, in cui ci si trovati costretti ad imbarcare dal
nulla personale che non aveva avuto a che fare con la gestione
prerivoluzionaria...la selezione avvenuta in modo pi lento e graduale,
il che se ha dato maggior omogeneit interna ha dato anche una pi
ampia capacit di critica e autorinnovamento e mantenuto un approccio
movimentista di cui ancor oggi rimangono delle tracce. Lo Stato nelle
basi rosse si trovato sin da subito a dover gestire comunit e rapporti
con la popolazione, per cui si pu dire che la Cina arriva al 1949 gi con
un'esperienza pregressa di gestione dello Stato, che ha aumentato
gradualmente le sue funzioni fino a comprendere la totalit del territorio
del paese. (anche se il Tibet sar ripreso solo nel 1951).
LA COSTRUZIONE DEL SOCIALISMO IN CINA NELLA FASE 1949-1978:
AVANZATE, LIMITI, PROBLEMI
Nella fase post '49 della costruzione del socialismo: esperienza di
collaborazione con i sovietici: riprendendo la teoria di Mao, Huang
sottolinea che costruire il socialismo in un paese totalmente rurale e con
una popolazione numerosa come la Cina era un esperimento totalmente
nuovo anche se confrontato con l'esperienza sovietica post 17 perch le
condizioni dei due paesi erano profondamente diverse. Data questa
premessa anche se prima della crisi nei rapporti con l'Urss la Cina aveva
preso alcuni aspetti del modello sovietico, non c'era mai stata una copia
perfetta del modello sovietico in Cina paragonabile a quello verificatosi
in altri paesi socialisti.
Bilancio 49-78: a differenza di quanto qualcuno potrebbe pensare, Huang
ricorda quanto di positivo ottenuto dalla fondazione della repubblica alla
fine della rivoluzione culturale: costruzione di un sistema industriale
relativamente autonomo, costruzione di un sistema politico completo,
grandi risultati in termini di cultura, tasso di alfabetizzazione, ecc... In
questo senso l'obiettivit non porta i cinesi della fase post Deng a
criticare la fase precedente, anzi si fa di tutto per evidenziare una
continuit storica che riconduce la riflessione di fondo di Deng rispetto
alle capacit di sviluppo del paese alla strategia di Mao citt-campagna e
del Pcc, che di fatto fu anche bersaglio della stessa Rivoluzione Culturale
scatenata da Mao contro i vertici del Partito proprio perch al suo interno
l'ala vicina alle posizioni di Deng era risultata maggioritaria.

Tuttavia lo sviluppo di quegli anni irregolare e in generale pi lento di


quello dell'Occidente e di alcuni paesi dell'Asia Orientale.
Parte critica della fase '49-'78:
qui si critica il fatto che le strutture economico politiche importate dall'Urss non
potevano garantire la stabilit dello sviluppo e non sfruttavano a pieno le
capacit inespresse del popolo: di fatto hanno bloccato lo sviluppo, il che
introduce il tema della Riforma e della ricerca di un modello autonomo da
quello sovietico.
Critica dell'eccesso di idealismo in quella fase: sembrava non fosse
difficile costruire il socialismo, alcuni dirigenti pensavano si potesse
giungere facilmente anche al comunismo(!). Qui si introduce il tema della
capacit di apprendimento nell'arte di governo e di promozione dello
sviluppo dal quale anche i comunisti non risultano esenti(mi vengono in
mente gli articolo di Lenin del 1921 che ribaltano la posizione rispetto al
tema del capitalismo di stato, e che evidenziano i germi di una
riflessione che poi porter al varo dela Nep.). Oltre ovviamente al tema
della costruzione del socialismo come una lunga fase storica.
Le misure prese anche durante la Rivoluzione Culturale erano troppo
radicali: anche se formalmente volte a promuovere la crescita
economica, hanno prodotto l'effetto contrario.
Ambiente internazionale sfavorevole in quegli anni: l'embargo da parte
dei paesi occidentali e la rottura dei rapporti con l'Urss hanno contribuito
all'isolamento tecnologico e diplomatico del paese.
Attenzione volta alla lotta interna al Partito pi che allo sviluppo
economico: effetto disastroso e perdita di anni importanti nella corsa allo
sviluppo con l'Occidente. spesso emerge questo tema nella riflessione
politica in Cina...se non fossero stati necessari quasi trent'anni dal 49 al
78 per imboccare la giusta via dello sviluppo, oggi la Cina sarebbe ancora
pi avanti e forse il destino del mondo sarebbe stato diverso, compresa
la fine non ineluttabile dell'Urss.
Deng lancia le 4 modernizzazioni: inizio della politica di riforma, a partire
dalla modernizzazione di 4 settori strategici dell'economia che avevano
funzione di traino verso gli altri. S ma dice giustamente Huang, come
realizzarle queste 4 modernizzazioni? Si ricorda che all'epoca vi furono
grandi dibattiti nel Partito sul tema, finch con la terza sessione
dell'undicesimo comitato centrale nel 1978 non viene lanciata
formalmente la politica di Riforma e Apertura, che stata a tutti gli
effetti una svolta storica, una seconda rivoluzione per la Cina. Secondo
Huang ha prodotto tutta una serie di cambiamenti: ha liberato la
mentalit, ha portato all'abbandono del dogmatismo nel principio
ricercare la verit a partire dai fatti, ha portato ad abbandonare l'errata
visione portata avanti dalla Rivoluzione Culturale, e soprattutto ha messo
lo sviluppo economico al primo posto della strategia del Partito.Quel
momento stato l'inizio della costruzione teorica del socialismo alla
cinese o con caratteristiche cinesi.
TEORIA DEL SOCIALISMO ALLA CINESE.
Questo passaggio andrebbe letto per intero dall'intervista senza grandi
spiegazioni fino al passaggio in cui si afferma che la teoria del socialismo alla

cinese si basa proprio sul materialismo storico e dialettico, e che per costruire il
socialismo in Cina si deve afferrare proprio il suo nucleo teorico, ovvero il
riferimento al fatto che il livello di sviluppo dei rapporti sociali di produzione
debba essere in rapporto con quello delle forze produttive, piuttosto che
copiare alla lettera tutto quello detto da Marx ed Engels pi di 150 anni fa(e
qua i dogmatici sobbalzano sulla sedia). Questa senza dubbio una riflessione
teorica che ha grandi implicazioni per tutta la teoria marxista e che potrebbe
costituire l'anello di congiunzione storica tra una rivoluzione concepita nei punti
alti del processo di sviluppo capitalistico e una realt in cui le rivoluzioni pi
significative sono risultate vincitrici nei paesi periferici, in questo senso
perfettamente compatibile con la teoria leninista della rottura nel punto
dell'anello pi debole, ma soprattutto come teoria del recupero del gap
economico, ovvero una teoria dello sviluppo economico che pu, e di fatto lo
sta effettivamente facendo, portare i paesi del terzo mondo a recuperare il gap
di sviluppo con le punte elevate dei paesi occidentali: la Cina ha di fatto ridotto
il gap di sviluppo con l'Occidente in maniera notevole, ed in questo senso il
modello indiscutibilmente di maggior successo al mondo.
Riflessione sui fondamentali del socialismo: a partire da una riflessione
che apre la via, o meglio la riapre, ad un concetto che una sorta di
rivisitazione recente del concetto di vie nazionali al socialismo - inteso
come l'idea di una mancanza di un modello adatto ad ogni condizione di
partenza - si ricerca un modello in grado di far sviluppare le forze
produttive a partire dalle condizioni attuali e reali del paese. Per far
questo per, non bisogna uscire troppo dal binario, ed anzi vanno
conservate le caratteristiche fondamentali del Socialismo, il che a sua
volta porta all'interessante riflessione su che cosa sia in realt il
socialismo:
Huang riporta una frase di Deng su quali sono i compiti fondamentali del
socialismo, su cosa sia o non sia socialismo in base alla teoria marxista, il che
ovviamente una riflessione di carattere universale, credo utile al movimento
comunista nel suo complesso:
il socialismo per Deng Xiaoping ha quattro compiti:
1.
2.
3.
4.

Liberare le forze produttive


Eliminare lo sfruttamento (dell'uomo sull'uomo)
Eliminare la polarizzazione sociale (dei redditi)
Raggiungere l'obiettivo finale di un arricchimento comune(come base del
comunismo).
Su questo concetto da solo evidente che si potrebbe scrivere un libro, o
anche parecchi, e che ne sono gi stati scritti, e tuttavia davvero difficile non
considerare come
la sintesi di questi 4 compiti e caratteristiche principali del socialismo
risulti significativa soprattutto per la realt cinese, in una fase in cui la
priorit, tramite uno sviluppo economico pi equilibrato, sta diventando
quella del rallentamento prima e poi del regresso della polarizzazione

sociale verificatasi in questi 30 anni di sviluppo.


L'applicazione della teoria del socialismo alla cinese, o meglio della teoria
di Deng Xiaoping del socialismo con caratteristiche cinesi che
appunto una teoria del suo autore fatta propria dal Partito per Huang
consiste nel persistere sulla strada dello sviluppo economico, della
Riforma e dell'Apertura, e interessante - sulla persistenza sui 4 principi
fondamentali anche questi massima sintesi teorica delle linee di
indirizzo della politica cinese:
1)
2)
3)
4)

mantenere la via socialista,


la dittatura democratica del popolo
il ruolo guida del Partito Comunista cinese
l aderenza al marxismo-leninismo e al pensiero di Mao Zedong

Questi quattro principi hanno ancora di pi carattere e rilevanza


strategici:
1)mantenere la via socialista: con il richiamo a questo principio il Pcc afferma
che l'abbandono del socialismo non nell'ordine delle idee n nella linea del
Partito. La Cina non ci pensa affatto ad abbandonare il socialismo.
2)la dittatura democratica del popolo: mantenimento del sistema politico e
della dittatura del proletariato.
3)il ruolo guida del Partito comunista cinese: curiosit: qui non si parla di
potere del Partito perch formalmente in Cina il partito comunista non il
partito al potere, ma il partito di cui gli altri 8 partiti minori riconoscono il ruolo
egemone: il programa per una nuova democraziadel lontano 49 che ha
mantenuto in piedi la sua architettura istituzionale, quello che tralaltro ha
ispirato la bandiera cinese la stella maggiore in alto a sinistra rappresenta il
Pcc, che traina le altre 4 che a loro volta rappresentano le 4 forze trainanti,
ossia i contadini, gli operai, la piccola borghesia e la borghesia nazionale. A
questi altri 8 partiti dedicato un intero ramo a carattere consultivo del
Parlamento.
4)l'aderenza al marxismo leninismo e al pensiero di Mao Zedong: qui si
riafferma l'adesione al marxismo-leninismo come ideologia del Partito e dello
Stato, integrato dal pensiero di Mao Zedong.

Data una corrispondenza empirica tra linea politica e realt


che in particolare in Italia diamo per scontato essere molto minore di quanto
sia in realt, questi principi o quattro pilastri fondamentali pongono sia dei

paletti chiari ai limiti della Riforma, sia costituiscono elementi in grado di


guidare e di forzare la pratica concreta qualora essa se ne discosti troppo.

La fase fondamentale, prosegue Huang, ancora quella dello stadio


primario del socialismo, ovvero della prima tappa nel socialismo(ovvero
gi socialismo realizzato, ma nella sua fase iniziale o primo scalino), in
cui la contraddizione fondamentale, pi che l'equit sociale o le disparit
di sviluppo, ancora tra i bisogni crescenti delle masse e la capacit del
sistema produttivo nel suo complesso rimasta ancora relativamente
indietro, nonostante la Cina sia diventata fabbrica del mondo.
Anche se un'affermazione del genere pu sembrare strana, effettivamente
vero che per quanto riguarda le alte tecnologie(pensiamo al monopolio
americano/canadese in campi come i chips per le unit centrali e le schede
video per i computer di colossi come Intel, Athlon, Nvidia e Ati, senza i quali
nessun computer del mondo funzionerebbe)e in altri settori la Cina deve
ancora raggiungere un livello soddisfacente ed essere in grado di mantenerlo e
svilupparlo rispetto alla domanda crescente. Per non parlare di bisogni sociali e
previdenziali o della stessa industria farmaceutica e delle attrezzature
mediche, senza le quali un aumento della spesa sociale sanitaria si tradurrebbe
in un aumento delle importazioni estere.

LA PIANIFICAZIONE DELLO SVILUPPO ECONOMICO


Questa interessante perch contiene una previsione di sviluppo che
arriva fino al 2049. Ebbene s, i cinesi hanno pianificato lo sviluppo per i
prossimi quarant'anni, e l'hanno diviso in tre tappe:
1. 1979-1999: questa fase aveva come obiettivo garantire al popolo le
condizioni di base: cibo, abbigliamenti, abitazioni ed un minimo di
garanzie sociali.
2. 2000-2020: la fase attuale ha come obiettivo quello di generalizzare un
tenore di vita confortevole per tutta la popolazione e offrire migliori
garanzie nel campo della sanit, dell'istruzione, delle infrastrutture, ecc...
3. 2020-2049: da qui fino al centenario della Rivoluzione l'obiettivo dei
cinesi quello di arrivare al livello di un paese mediamente sviluppato
del 2009.
Sostanzialmente i cinesi vogliono arrivare al centenario della Rivoluzione
ponendosi come obiettivo il livello di sviluppo di un paese mediamente
sviluppato di due anni fa.
Per fare questo secondo Huang gli strumenti sono sostanzialmente due: la
Riforma e l'Apertura. Nei paragrafi successivi vengono declinati questi temi. I
passaggi pi significativi sono i seguenti:

Obiettivo della Riforma rimuovere tutti i blocchi che ritardano lo sviluppo


economico e sociale, ma sempre nell'ambito di un'autoriforma interna al
sistema socialista, un autoperfezionamento del sistema socialista stesso.
Essa si concretizzata nella promulgazione di pi di 800 leggi dal 1978 ad oggi
che coprono un po' tutti i campi.
Per quanto riguarda l'apertura, Huang parte ricordando che a partire dalla
premessa che in un mondo globalizzato pensare di svilupparsi in modo
autarchico non possibile, tutte le esperienze straniere utili vanno carpite e
riportate in Cina con l'obiettivo di favorire lo sviluppo socialista.
Ad esempio si citano l'introduzione di intere linee di montaggio dai paesi
occidentali, la tecnologia, le esperienze di management, ma anche l'esperienza
del welfare europeo, tutti elementi significativi ai fini di garantire lo sviluppo del
paese in senso socialista.
Questo forse il tema pi importante: l'idea che Huang ribadisce - che i
comunisti cinesi abbiano imparato da modelli altrui non per cambiare il
proprio, ma per aiutarlo a difendersi in ambito globale - un'idea che una
certa sinistra occidentale(che invece ideologicamente passata dall'altra
riva del fiume), o una certa ultrasinistra, non hanno ancora ben chiaro:
d'altronde la stampa occidentale ci ha martellato in questi anni con l'idea
che gli elementi che portavano la Cina a svilupparsi fossero capitalisti, e
che il Partito fosse un peso, un fardello per lo sviluppo economico, dando
la transizione al capitalismo del paese gi per avvenuta, con la sola
mancata riforma del sistema politico.
I QUATTRO PRINCIPI FONDAMENTALI

Qui Huang riporta e declina il tema dei quattro principi fondamentali,


ricordando che dato che con l'Apertura entrano tante cose, anche negative,
dai paesi capitalisti,
per ridurre gli elementi negativi dati dall'apertura della Cina al mondo serve
una garanzia politica che dia stabilit, ovvero l'aderenza reiterata della Cina ai
quattro principi, ossia al sistema socialista e alla sua ideologia.
Sostiene a ragione Huang che questi quattro principi sono la base del partito e
del paese, che nessuno di questi pu essere abbandonato, e che essi
definiscono le differenze tra i paesi capitalisti e quelli socialisti, e che senza di
essi la Cina non potrebbe definirsi un paese socialista.
La base fondamentale cui appoggiarsi nella costruzione del socialismo sono le
masse di operai e contadini, e gli intellettuali. Oltre a queste figure sociali negli

ultimi anni ne sono emerse delle altre: i lavoratori autonomi, i liberi


professionisti, gli impiegati delle aziende straniere, e gli imprenditori privati.
Su quest'ultimo punto nulla di nuovo rispetto al programma nuova
democrazia, per quanto possa sembrare in contraddizione con
l'ideologia marxista una parte dell'imprenditoria privata cinese viene
cooptata nello stato in modo subalterno proprio per evitare che esprima
una soggettivit politca ostile nei confronti del sistema. Su questo punto
si scaten una grande polemica, sebbene velata nelle dichiarazioni,
durante la fase di successione tra la terza generazione di leader con a
capo Jiang Zemin, che proponeva di inserire nell'ideologia di stato il
controverso tema delleTre rappresentanze, che di fatto apriva la via
all'ingresso dei capitalisti nel partito, seppur come iscritti di base e non
con ruoli dirigenti(vedere il link sulla recente polemica per le voci di
ingresso nel comitato centrale dell'imprenditore pi ricco della Cina, che
non mai avvenuto), e Hu Jintao, che aveva proposto i pi popolari Tre
principi del popolo, che rimettevano il popolo al primo posto.
Sul ruolo guida del Pcc Huang ribadisce che il Partito non solo il pioniere
della classe operaia, ma di tutta la nazione, che deve essere armato dal
marxismo leninismo per avere un'idea chiara dei cambiamenti della
situazione interna e internazionale, e deve sradicare la corruzione per
fare in modo di avere uno stretto contatto con le masse.
Questa parte dell'intervista si conclude con l'idea che i comunisti nel
mondo debbano esplorare la propria via e trovare una strada adatta alle
condizioni specifiche del loro paese. E' anche utile che nel cammino si
scambino esperieze sui percorsi intrapresi. L'ulteriore cammino arricchir
anche la teoria del socialismo alla cinese, che a partire da Deng si
configurata come una teoria che si evolve e si arricchisce con
l'esperienza concreta.Dopo sessant'anni di costruzione del socialismo il
Pcc ritiene che gli attuali rapporti sociali di produzione si adattino al
livello di sviluppo attuale, e si augura che quando i comunisti degli altri
paesi si avvicinano allo studio dell'esperienza cinese lo facciano non
solamente a partire dai testi sacri, ma a partire dallo studio e dalla
conoscenza della realt e del livello di sviluppo attuale della Cina.

Commentario seconda parte intervista


Seconda parte

Seguono le domande sui punti di contatto tra l'esperienza cinese degli ultimi 30
anni e la Nep sovietica degli anni '21-27.
LENIN E LA NEP, MODELLO DI ISPIRAZIONE?

Questo un tema piuttosto interessante, non solo come letteratura, ma perch


spesso studiosi in Italia e in Occidente hanno fatto accostamenti tra le due
esperienze.
Dal punto di vista cinese, Huang risponde che sicuramente quell'esperienza ha
fornito elementi di ispirazione al processo di Riforma e Apertura in Cina. Con un
breve excursus storico, svolge un ragionamento sostanzialmente simile a
quello fatto dai cinesi a fine anni settanta: sulla base di una valutazione
corretta dello sviluppo sovietico del tempo, dopo il periodo del comunismo di
guerra, Lenin lancia la Nep. I risultati sono abbastanza soddisfacenti e portano
ad una relativa stabilizzazione dell'economia sovietica. Bacchetta quei dirigenti
che, a differenza della corretta analisi di Lenin del tempo, ponevano come linee
guida i libri di Marx ed Engels senza vedere l'arretratezza della realt sovietica
di allora. D'altronde, sostiene, era anche comprensibile, perch quella era la
prima esperienza di costruzione di un paese socialista e non vi erano elementi
di confronto con altre esperienze.
Esprime personalmente due punti di apprezzamento per la politica di Lenin
all'epoca: il primo la capacit di analisi che ha dimostrato nel comprendere la
situazione e il livello di sviluppo della Russia dell'epoca, il secondo stato la
capacit di fare un bilancio delle esperienze del Partito e del paese fino a quel
momento, e di mettere in campo uno spirito di esplorazione e di ricerca.
Ricorda che Lenin ha ripreso nella Nep degli elementi all'epoca considerati
capitalisti: la funzione di valore, della moneta e del mercato, non molto
diversamente da quanto avvenuto in Cina negli ultimi 30 anni. E che grazie
all'introduzione di questa politica la situazione in Russia fosse migliorata
rispetto alla fase del comunismo di guerra.
Questo credo sia davvero interessante, quantomeno da ricordare rispetto alla
stessa figura di Lenin, e tantopi significativo per lo sviluppo della Cina.
Prosegue dicendo che purtroppo Lenin venuto a mancare proprio nella fase di
applicazione di questa politica economica, e dunque non ha avuto neanche il
tempo di fare un bilancio di quell'esperienza, n tantomeno di ricavarne una
teoria economica in grado di guidare lo sviluppo successivo dell'Urss.
Per curiosit, la posizione cinese sull'epoca successiva e sull'era di Stalin, non
affatto completamente negativa come magari il finale del ragionamento di
Huang potrebbe dare a intendere.
I cinesi sono tra quelli che non hanno mai rinnegato Stalin, e anzi questo fu
motivo di aspre polemiche tra Mao e Krusciov. Mao sostenne che i meriti di
Stalin hanno avuto la meglio sui suoi errori, e che delle due metaforiche spade,
Lenin e Stalin, dismettendo quella di Stalin, si fosse gettato via il leninismo.
Fino alla rottura nel 1961con Zhou Enlai che lascia Mosca dopo aver deposto
corone di fiori ai mausolei di Lenin e quello di Stalin.

STATO E MERCATO
Ricordo che due anni fa, dopo tutto quel lungo excursus storico di fatto
ineludibile e una prima domanda appunto sui punti di contatto con la Nep, che
gli feci anche per rendere pi familiare e non del tutto nuova la politica cinese
all'occhio di un comunista occidentale, venne spontaneo andare un po' pi
nello specifico.
Anche nella parte precedente dell'intervista che vi ho spedito l'altro giorno la
domanda sorge spontanea: non avendo ancora toccato la parte dell'economia,
come possibile, nonostante i quattro principi, il non abbandono del
socialismo, l'aderenza al marxismo-leninismo, ecc... che un paese che in
Occidente sempre stato descritto come capitalista che sfrutta i lavoratori,
dominato da rapporti di tipo capitalistico, possa definirsi un paese socialista?
Per quanto lo si possa ripetere all'infinito, senza andare a confutare questa tesi
sul piano dell'economia, sarebbe solo un futile esercizio di stile.
La domanda su quali sono i rapporti stato e mercato in Cina andava in questo
senso.
Huang risponde che dato il principio generale di partire dall'analisi della propria
realt e ricercare nuovi mezzi, il mercato in questo senso per la Cina un
nuovo mezzo, ma sempre un mezzo. Specifica che un mezzo usato dai
capitalisti, ma che pu essere usato anche dai comunisti.
Ovviamente, e qui il richiamo all'economia politica doveroso, il mercato dai
cinesi inteso come sistema di allocazione delle risorse, e non come rapporto di
produzione. Nel senso che il sistema di allocazione delle risorse in economia
una sorta di corona, o elemento distributivo, nell'allocazione delle risorse della
produzione(ossia in teoria decidere le quantit di cosa produrre in base alla
domanda), e non va ad intaccare il rapporto fondamentale di produzione con il
quale esse vengono prodotte. La stessa economia politica borghese attuale
studiata all'universit prevede candidamente uno schema a quattro,
capitalismo-socialismo su un lato e mercato-pianificazione sull'altro, che d vita
a quattro possibilit di combinazioni tra rapporto di produzione fondamentale e
sistema di allocazione delle risorse.

Capitalismo di mercato

Capitalismo pianificato

Socialismo di mercato

Socialismo pianificato

Posto che il modello reale sempre spurio rispetto ai modelli astratti, il modello
cinese si situa in un'area iscritta in gran parte nell'area del socialismo di
mercato, con una parte minore nel socialismo pianificato e una piccola parte di
capitalismo di mercato.

Per un modello - che anche questo all'apparenza pu sembrare impossibile da


realizzare se si continuano a confondere i rapporti sociali di produzione con i
sistemi di allocazione delle risorse di capitalismo pianificato, spesso in
economia ci si riferisce ad un modello concreto del genere con riferimento al
Giappone delle zaibatzu-kereitsu, ossia i grandi trust privati pianificati e
sviluppati dallo Stato.

L'Urss ovviamente si situava quasi completamente nell'area del socialismo


pianificato, tuttavia anche la Cina non ha dismesso i piani quinquiennali e la
pianificazione economica, ed utilizza il mercato solo in seconda battuta e dopo
aver stabilito le linee principali di controllo macroeconomico da parte dello
stato.
Prosegue infatti Huang dicendo subito che i cinesi sono anche consapevoli dei
difetti originari portati dal mercato, ovvero l'individualismo e l'avidit, e la
mancanza di interesse che questi comportano per i bisogni ed interessi
generali della societ e per le responsabilit sociali.
Per correggere questi difetti e regolare il mercato, sostiene Huang, bisogna
rafforzare il ruolo dello stato, non dismetterlo.
E questo ruolo di regolamentazione da parte dello stato va attuato, oltre che
con leggi e regolamenti, tramite la parte a controllo statale dei mezzi di
produzione.
E qui Huang introduce un altro tema che il completamento dell'interrogativo
sorto all'inizio.

ECONOMIA SOCIALISTA DI MERCATO

Posto che la Cina non intende abbandonare il socialismo, che fedele al


marxismo leninismo, che dice di avere il mercato in un'economia socialista,
dove starebbe il socialismo, se in Occidente la vulgata quella del capitalismo
sfrenato, dello sfruttamento dei lavoratori, dei capitalisti nel Partico, ecc...?
Insomma dove starebbe il socialismo in Cina nei rapporti di produzione?

Huang risponde in un modo che consente meglio di entrare all'interno della


variegata economia cinese, e che affiora anche sulla stampa borghese di tanto
in tanto: in Cina il peso maggiore dell'economia ancora svolto dalla propriet
pubblica, che e deve rimanere il soggetto principale dell'economia secondo
Huang. Essa comprende la propriet statale in senso stretto e la propriet
pubblica ai vari livelli dell'amministrazione.
In Cina esistono varie forme di economia/imprese, tra cui le pi importanti
sono: l'economia statale, l'economia pubblica, l'economia cooperativa,
l'economia privata di piccole imprese o imprese familiari o individuali,
l'economia privata di medio-grandi dimensioni, l'economia straniera, e tutte le
forme di partecipazione statale e pubblica nel capitale sociale delle public
companies o joint ventures comprese in tutti i precedenti tipi di economia/unit
produttive/imprese. I cinesi in particolare distinguono tra economia statale ed
economia pubblica.
Andando con ordine,
L'economia statale: qui i cinesi per economia statale intendono non tutte
le imprese pubbliche, ma solo quelle grandi imprese a carattere
nazionale possedute direttamente dallo Stato centrale e amministrate
dalla relativa commissione centrale.
Si tratta di grandi imprese statali a carattere nazionale o multinazionale sia che
operano in settori strategici come ferrovie, trasporti, aviazione civile,
telecomunicazioni, banche, petrolchimica, settore elettrico ed energetico,
settori chiavi dell'economia che sono tutte pubbliche.
Poi ci sono aziende statali anche nei settori non immediatamente strategici,
che operano nella produzione di beni di consumo quali elettrodomestici,
computer, televisori a controllo statale tramite azionariato maggioritario.
Esempi del primo tipo sono le China Railway, l'Air China, la China Telecom, la
China Unicom, la Bank of China e le altre 3 banche statali, la Petrochina, la
China National Offshore Oil Corp, la Huaneng Group, China Power International,
ecc...
Esempi del secondo tipo sono la Haier e la Tcl.
Tali imprese statali sono entrate a far parte della Classifica Fortune delle
principali 500 imprese mondiali. Nel 2009 erano gi 35, mentre tra le prime
dieci imprese al mondo 3 erano cinesi gi nel 2009. Parliamo quindi di grandi
colossi in grado di competere con le grandi multinazionali private, forse le
uniche in grado di farlo.
5. Economia pubblica: per economia pubblica i cinesi intendono tutte le
imprese pubbliche di dimensioni minori non possedute direttamente
dall'amministrazione centrale, bens dalle province, comuni e
aministrazioni pubbliche, nonch da istituti pubblici di ricerca(come ad es

la Lenovo che stata formata come joint venture con l'Ibm con quota del
48 percento a partire dalla ex Legend, azienda che produceva schede
madri per i pc posseduta dall'Accademia delle Scienze).
Dopo questa precisazione maggiore, le altre forme di economia non hanno
bisogno di grandi spiegazioni, fatto salvo notare negli ultimi dieci anni un
grande aumento del movimento cooperativo in agricoltura, segnalato anche nel
recente libro di Sidoli e Leoni, e notare come le imprese agricole date in
concessione alle famiglie poggino su terra che comunque pubblica, dato che
appartiene alle collettivit agricole: in Cina al massimo si possono avere
concessioni governative sull'uso della terra limitate nel tempo, mai acquistarla
direttamente. La differenza con l'Occidente in questo senso abissale. Anche
quando si compra una casa, si acquista solo il diritto d'uso che varia da 40 a 70
anni in forma di leasing firmando un contratto con l'autorit locale preposta, e
la propriet dei terreni urbani dello Stato. Il che spiega anche la facilit degli
espropri ai fini di abbattimento e ricostruzione di tutti gli edifici in Cina, che
stata recentemente mitigata da leggi e regolamenti: senza questo tipo di forma
di propriet pubblica le costruzioni degli ultimi 30 anni sarebbero andate per le
lunghe.

Ora, spiegate le varie forme, l'assunto che presuppone il socialismo in Cina si


basa sul fatto che l'economia statale e quella pubblica in Cina, comprendente
anche le quote pubbliche nelle imprese ad azionariato sociale, genera ancor
oggi la maggior parte dell'output economico e del prodotto interno lordo, in una
quota variabile che difficile da calcolare. C' chi dice(soggetti certamente non
marxisti) che le sole imprese centrali generino pi del 60 percento del Pil, e se
a questa percentuale aggiungiamo la parte delle societ regionali e comunali
arriviamo facilmente ad una quota che arriva al 70-80 percento del Pil prodotta
dal settore pubblico.
Cio sostanzialmente la Cina ancora un paese ad economia pubblico-statale,
nonostante i trent'anni di riforma.
Se aggiungiamo a questo il controllo delle 4 grandi banche statali sul credito e
il loro utilizzo, come riconfermato dal gigantesco piano anticrisi di due anni fa a
beneficio quasi esclusivo delle grandi aziende statali(in Cina per le imprese
private difficilissimo ottenere crediti dalle banche), il quadro si completa con
un sistema che va da quello fiscale, al controllo del credito, degli investimenti,
dei profitti delle imprese, e nuovamente al sistema fiscale, chiudendo il cerchio.
Tramite questo sistema il governo e il Partito attuano il controllo
macroeconomico dello Stato sull'economia in generale.

Tramite inoltre lo stabilimento in tutte le imprese, anche quelle private e


straniere dei sindacati e delle cellule di Partito(nota fu la ferrea lotta vinta dal
governo per stabilire i sindacati all'interno di Wall Mart, caso unico al mondo
per un'azienda che li vieta ovunque altrove), di fatto l'autorit pubblica
controlla anche le imprese private.
Non vi stata una politica di sostanziali privatizzazioni, come tralaltro era gi
stato evidenziato da un contributo di Luciano al convegno sull'Europa
organizzato dalla Rdc nel 2005-2006.
LE CONDIZIONI DI LAVORO
Nella parte successiva Huang parla delle condizioni di lavoro in Cina, a partire
dal salario.
Negli anni 50 e 60 era di circa 50yuan al mese, a fine 2009 era attorno ai
16.000 yuan annui. Al netto dell'inflazione aumentato di 18,5 volte in 60 anni,
ovvero in media aumentato del 5,2 percento l'anno.
Esiste un salario minimo differenziato sulla base della Provincia. Negli ultimi
anni le province hanno aumentato molto i salari minimi, poich la competenza
legislativa per la gestione ordinaria delle questioni relative al lavoro delle
province(se si escludono le leggi nazionali).Solo nel 2010 pi di venti province
lo hanno aumentato di pi del 20 percento.Questo il salario minimo delle
citt, che si applica anche ai lavoratori provenienti dalle campagne, dove il
salario medio un po' pi basso.
La settimana lavorativa fissata per legge in 8 ore al giorno per 5 giorni alla
settimana, per un totale di 40 ore lavorative. Gli straordinari hanno un
pagamento maggiorato e il salario nei giorni festivi il doppio di quello dei
giorni feriali. Huang ovviamente, data la competenza regionale nel controllo del
rispetto degli standard minimi salariali e delle leggi e regolamenti di tutela del
lavoro, non esclude casi di violazione degli stessi, di cui spesso si scrive in
Occidente e che hanno dato adito all'immagine dello sfruttamento dei
lavoratori in Cina. In un paese con 25-30 milioni di imprese, anche se
statisticamente poco rilevanti, casi del genere possono dare vita ad una
letteratura. Tuttavia la mia impressione ed esperienza che casi del genere
non siano la norma. In Cina il problema semmai quello di cercare di dare
lavoro a tutti(la disoccupazione met della nostra, quella urbana al 4.2 %),
e da quel che ho potuto vedere le persone hanno orari piuttosto regolari. Negli
anni recenti hanno aumentato le festivit, concedendo una settimana in pi a
ridosso della festa per la rivoluzione del 1 ottobre, e il sabato si lavora solo su
turni.
Huang cita anche la nuova legge sul lavoro che introduce misure di tutela per i
lavoratori. Se ne parlato molto anche in Occidente. Rinvio ad articoli specifici
sul tema.

Il capitolo dolente quello relativo alle morti sul lavoro e alle condizioni di
sicurezza, che tuttavia non affronter qui.
La tendenza generale quella di un miglioramento nelle condizioni di lavoro.
Vedremo quanto sar rapido e come l'aumento dei salari influir sul ruolo della
Cina come fabbrica del mondo.

Stato sociale
Ora ci sarebbe la parte sullo stato sociale. Per alcuni dati rimando all'articolo di
venerd mandato in ml da Luciano.
Dal 2002 al 2007 la Cina ha raddoppiato la spesa sociale in 5 anni, e poi l'ha
ulteriormente aumentata fino ad oggi. Ha introdotto sussidi di disoccupazione e
reddito minimo, pensioni ai contadini, aumentato i contributi previdenziali,
creato un sistema di cooperative sanitarie nelle campagne, creato
infrastrutture medico-ospedaliere in tutto il paese, costruito pi di dieci milioni
di case popolari.
Tramite il controllo dei prezzi agricoli, mantiene basso il livello dei prezzi dei
generi alimentari a scapito di quelli di lusso, che in Cina spesso costano di pi
che in Occidente.
La spesa pubblica in questi settori, pur partendo da livelli bassi in anni in cui si
erano privilegiate la costruzione di infrastrutture(fino a pochi anni fa la
costruzione della Diga delle Tre Gole assorbiva circa un sesto del bilancio
statale)come strade, ferrovie, tunnel, viadotti, dighe e trasporti in generale, si
spostata maggiormente sulle spese sociali, registrando forti passi avanti.
Tuttavia i livelli di sviluppo del sistema di welfare sono ancora molto al di sotto
della media di quello che fornivano i paesi sul modello socialista sovietico
nell'immaginario dei comunisti in Italia e poi nella realt. In questo senso la
Cina molto pi forte nella produzione di generi di consumo, a differenza di
quanto erano Urss e paesi satelliti, Cuba o Nord Corea.
Se una volta costituita una base di produzione autonoma di farmaci(i primi
vaccini cinesi sono entrati nel mercato internazionale nel 2009)e di produzione
di macchinari medici(cosa ancora difficile), la Cina continuer ad aumentare la
spesa nel settore sanitario, potr evitare che questa si traduca in un aumento
della domanda estera.
Se riuscir a portare il suo sistema di welfare a livelli di quel tipo senza
danneggiare la propria crescita economica, nonostante sia ancora un paese in
via di sviluppo, credo che le conseguenze per i comunisti e non solo saranno di
grande rilievo.

Per quanto riguarda le politiche regionali, abitative e demografiche l'intervista


non ha bisogno di commenti, dato che si tratta di dati spiccioli.
Il dato importante invece quello sulle campagne, in cui dopo 30 anni di
sviluppo 250 milioni di cinesi sono usciti dalla povert. Dato che in Cina lo
squilibrio non tanto tra i redditi intra aree urbane e campagne, ossia
differenze di classe e reddito all'interno delle stesse aree nonostante
apprezzabili differenze tra provincia e provincia, ma tra queste due aree in
generale, il dato sugli aumenti del reddito nelle campagne rivestono particolare
rilievo.
Come affermato tempo fa da Losurdo, la metafora tra citt e campagna
quella dei due treni: uno andato pi veloce, l'altro a velocit pi ridotta, ma
senza mai fermarsi. In questo senso se andato aumentando il gap tra citt e
campagna, non che i contadini cinesi si siano impoveriti, anzi 250 milioni di
persone sono uscite dalla povert. E' solo che l lo sviluppo stato meno rapido
che in citt. Per cercare di colmare questo gap il governo sta spendendo molto
nelle aree rurali in termini di infrastrutture, welfare, politiche di sviluppo
dell'Ovest. In particolare queste regioni negli ultimi anni hanno fatto registrare
tassi di crescita superiori a quelli delle regioni costiere, nonostante le difficolt
nei collegamenti.
Idem per quanto riguarda la parte sul sistema istituzionale.
Ricordandolo brevemente, il Parlamento(o soviet supremo)cinese si basa su un
meccanismo di elezione indiretto sul modello dei congressi del Partito.
Recentemente stato aumentato il livello di competizione nelle elezioni a
livello di base. Il parlamento prevede due camere,
5) L'Assemblea popolare nazionale, che legifera
6) La Conferenza Consultiva del Popolo Cinese, in cui vengono sentiti gli altri
8 partiti, le associazioni e i sindacati, con funzione di camera di
compensazione e di ascolto.
Poi c' il sistema delle regioni autonome, il Tibet, il Xinjiang, la Mongolia
Interna, il Ningxia, il Guangxi. Il dato pi rilevante l'assenza della politica
demografica del figlio unico per le minoranze etniche che ha portato ad un
aumento della popolazione. Inoltre ai fini amministrativi le municipalit di
Pechino, Tianjin, Chongqing e Shanghai vengono amministrate direttamente dal
governo centrale.

Uno, due, tre, mille, diecimila, innumerevoli 1 Cine


9/2013
Questa intende essere una quadruplice recensione in chiave critica di alcuni
lavori degli ultimi mesi sulla Cina tradotti in italiano e di un testo del 2009. In
ordine cronologico:
Jorge A Giordani C., Cina, millenaria e attuale, Editori Fratelli Vandell
2009
Pun Ngai, Cina, societ armoniosa, sfruttamento e resistenza degli
operai migranti, edizioni Jaca Book, novembre 2012
Samir Amin, China 2013, tradotto italiano da Nunzia Augeri, marzo
2013
Angela Pascucci Societ e potere in Cina luglio 2013 Edizioni dellAsino.
(anche se lei stessa ci ha rivelato il giorno della presentazione del libro
che il titolo da lei proposto a livello editoriale avrebbe voluto essere Il
drago non pu vincere i piccoli serpenti).
CARATTERISTICHE GENERALI DELLE OPERE
Prima dei lavori pi recenti abbiamo analizzato un piccolo ma significativo
opuscolo datato 2009 scritto dal professore e ricercatore universitario presso
lUniversit Centrale del Venezuela, autore di numerosi testi, gi ministro per la
Pianificazione Economica del Venezuela bolivariano dallepoca del presidente
Chavez fino ad oggi, Jeorge A. Giordani. C.
Si tratta di una serie di riflessioni e di appunti tratti da impressioni e visite di
viaggio, in cui lautore membro della Commissione Strategica di alto livello
Cina-Venezuela, riporta le sue esperienze e ragionamenti sul Paese, sul sistema
istituzionale, sulle personalit caposaldo della sua cultura e filosofia millenarie.
Per quanto riguarda gli altri tre volumi, diciamo innanzitutto che ci che li
accomuna la loro diversit. Sono opere molto diverse tra loro: il libro di
Angela Pascucci narra le storie di vari personaggi incontrati personalmente
dallautrice provenienti da vari settori della societ cinese, con tutte le loro
esperienze e contraddizioni. La raccolta di saggi di Pun Ngai unopera frutto
del lavoro dinchesta sociale di una ricercatrice delluniversit tecnologica di
Hong Kong e della sua rete di contatti, mentre il saggio di Samir Amin analizza
in chiave di economia internazionale le caratteristiche sistemiche del paese
asiatico, cercando di fare chiarezza rispetto ad un quadro per altri
allapparenza indistricabile.
ARGOMENTI SPECIFICI TRATTATI NELLE QUATTRO OPERE

Jorge Giordani, ricordando come premessa l'importanza delle relazioni tra Cina
e Venezuela, inizia trattando le caratteristiche millenarie e attuali della Cina,
dagli elementi geografici e dai reperti storici antichi e di come le condizioni
orografiche abbiano in seguito influenzato le peculiarit di questa civilt. Parla
in seguito di un incontro significativo e insolito avvenuto il primo novembre del
1931 a Changsha tra Mao Zedong, Bertrand Russel e John Dewey, su cui stato
scritto ben poco, per passare agli elementi della storia rivoluzionaria cinese a
cominciare dal bagno di sangue della lunga guerra civile tra comunisti e
nazionalisti. In seguito parla dell'importanza storica di Mao Zedong nel periodo
dei dibattiti interni al Pcc in quegli anni, diviso tra insurrezione urbana e
innovativa linea contadina di Mao, dell'importanza per il pensiero rivoluzionario
dell'eredit ideologica di Mao Zedong e della sua dialettica che distingueva tra
le contraddizioni principali e quelle secondarie, ovvero tra popolo e nemico e
quelle in seno al popolo. Riflette in seguito sulla scarsa separazione storica tra
l'esperienza di vita di Marx(morto dieci anni prima della nascita di Mao)e il
fondatore della Cina moderna.
Tocca brevemente il periodo delle contraddizioni tra Cina e Urss negli anni
sessanta, per passare al periodo della Rivoluzione Culturale, prima di prendere
in esame la Cina di Deng Xiaoping, il Partito comunista cinese e i suoi
congressi. In seguito tratta dei periodi storici delle dinastie con il calcolo degli
anni della loro durata e le ricollega alle varie generazioni di leader del Pcc.
Ricorda l'anno delle olimpiadi del 2008 a Pechino, sintetizza l'importanza
geostrategica della regione asiatica, tratta delle impressioni che gli ha suscitato
il socialismo cinese. Riporta i propri appunti di quando si recato in visita alla
diga delle Tre Gole, o di quando ha visitato il Monte Taishan nello Shandong con
la sua importanza culturale. Ricorda la citt millenaria di Xi'An con il suo
Esercito di Terracotta, cos come Pechino d'autunno e le sue universit.
Abbozza ritratti di Confucio, Lao Tze, Mencio e Sun Tzu sintetizzando il loro
contributo sul piano ideologico, spirituale, politico e del pensiero militare alla
civilizzazione cinese e mondiale. Conclude descrivendo la rete di rapporti
politici e commerciali che declina le relazioni tra il Venezuela e la Cina.
Angela Pascucci invece ci narra le storie di personaggi rappresentativi di vari
settori della societ cinese secondo una classificazione oggi molto pi
evanescente che in passato, ci parla di contadini, operai, intellettuali, e del
modo in cui sono cambiate queste figure rispetto alle pi granitiche definizioni
dellera maoista, nelle forme moderne di un paese in costante e rapida
trasformazione. Sono storie di resistenza rispetto ad una realt che respinge e
sconcerta i protagonisti, esperienze al margine delle storie di successo e di
coloro che, lasciati indietro nel vorticoso processo di crescita, spesso si trovano
da soli in unambiente sociale percepito come ostile.
Sono inoltre storie di comunit, da quelle pi piccole come quella dei giovani
gestori di Cheng Bian Cun, un portale internet per lavoratori migranti, a quello

delle nuove comuni ispirate allepoca maoista come Nanjie Cun, ai villaggi
dellovest come Xiyong trasformati in grandi conglomerati industrialitecnologici.
Scorci di realt visti con locchio del giornalista cinese o dellavvocato
improvvisato, problemi dapplicazione del diritto, di rivalutazione dei terreni
agricoli, delle nuove tendenze culturali, tutti questi pezzi del puzzle della realt
cinese vengono proposti al lettore mediati dalle vite di Liu Hongbo, il gruppo
Xiwang, lex pubblico ministero Li, il professor He Xuefeng, la professoressa
Dai Jihua, il gruppo Womende Jia (la nostra casa).
Passando al terzo titolo, nel suo volume Pun Ngai inizia trattando il concetto di
classe e sostenendo che nella Cina delle riforme il tema della classe sarebbe
espunto dal discorso politico ufficiale, in opposizione allidea del proseguimento
della lotta di classe nel socialismo tipico invece della Cina pre 78, anno di
avvio delle riforme dellera denghista.
In seguito tratta la formazione o, a suo avviso, ri-formazione delle classi in Cina
analizzando alcune figure caratteristiche come gli operai di fabbrica che
risiedono nei dormitori nellambito dei nonminggong, ovvero dei contadinioperai migranti, del ruolo dello stato(nel senso secondo lautrice di assenza di
tutele da parte dello stato a favore dei contadini migranti) , delle politiche del
lavoro, delle condizioni di lavoro in subappalto nellindustria edile e di quelle
del colosso taiwanese da un milione di lavoratori impiegati nella Cina
continentale che la Foxconn, produttrice di buona parte dellelettronica
mondiale e venuta alla ribalta per dei frequenti casi di suicidio tra i lavoratori.
Il metodo utilizzato quello dellinchiesta sociale che la porta ad analizzare vari
casi di proteste e di lotte di fabbrica organizzate, che per Pun Ngai forniscono
esempi di nuova formazione di una coscienza di classe tra questi operai e pi in
generale nel paese.
Tratta in particolare le mobilitazioni di protesta degli operai in due fabbriche per
lesportazione, la taiwanese A e la tedesca B, e di due diverse forme di regime
di dormitorio in altre due fabbriche, la China Golden e la China Silver.
Sia la Pascucci che la Pun Ngai parlano di capitalismo di stato e di postsocialismo per descrivere lattuale realt cinese, e ne descrivono gli aspetti pi
negativi.
Nel quarto elemento della nostra analisi, Samir Amin apre il suo saggio
affermando di volersi discostare dalla pratica, diffusa anche in una certa
sinistra, del cosiddetto China bashing2 , cercando di fornire uninterpretazione
originale del complesso macroeconomico del paese. Prosegue trattando la

questione agraria nellimmenso paese, un quinto dellumanit e solo il 7% della


terra coltivabile a livello mondiale, e il collegamento con i sistemi a produzione
semplice. Analizza poi i risultati complessivi di quello che definisce anche lui
come il capitalismo di stato cinese, dellinserimento della Cina nella
globalizzazione, dei successi raggiunti a livello complessivo e delle nuove sfide
che attendono il paese.
Tuttavia a differenza delle due autrici sembra valutare gli aspetti positivi di
questo stesso modello.
Le ultime tre opere proprio per i differenti approcci utilizzati rappresentano un
paradigma possibile del processo di avvicinamento alla conoscenza della Cina e
delle cose cinesi, passando per una fase empirica, ad una accademico-sociale,
ad una visione economica pi generale. Questo ovviamente se si cerca di
connetterle, cosa che non possibile affermare se le si prende singolarmente.
APPROCCI E METODI ANALITICI ADOTTATI DAGLI AUTORI
Il testo di Giordani stato scelto come base di un approccio alluniverso Cina
che ci sentiamo in via preliminare di consigliare ai lettori: a differenza degli altri
saggi e lavori analizzati, questo ha il pregio, indipendentemente dal merito
delle sue riflessioni, di sintetizzare il giusto approccio che chiunque dovrebbe
avere nellavvicinarsi allargomento secondo il nostro avviso.
Il testo di Giordani infatti una somma di piccole riflessioni su singoli
argomenti di varia natura: della storia politica rivoluzionaria e delle varie
vicissitudini della Cina nel ventesimo secolo e nei primi anni del nuovo, della
cultura millenaria e delle sue personalit pi importanti come Confucio, Mencio,
Lao Tze, Sun Tzu, e di esperienze di viaggio in prima persona per aver visitato
Pechino nella mitezza del clima dautunno, la diga delle Tre Gole, il monte
Taishan, levento delle Olimpiadi del 2008. Analizza inoltre nellintroduzione e
nellultimo capitolo i rapporti tra Cina e Venezuela.
Il motivo per cui questapproccio secondo noi il pi adatto perch nella
riflessione sulla natura del sistema politico ed economico cinese
imprescindibile un approccio alla civilt del paese, alla conoscenza della sua
storia, cultura e tradizioni. Per un approccio completamente sinologico,
mancherebbe solo lelemento della lingua. Eppure lapproccio di Giordani
secondo noi il corretto modo, curioso e sedimentario, per avvicinarsi
alluniverso Cina e, se lo si vuole, in seguito tentare di raggiungere poi
conclusioni il pi possibili aderenti alla realt sulla natura particolare del paese,
della sua economia, le particolarit del suo socialismo, la natura e i rapporti di
classe interni, comprendere il suo ruolo nella comunit internazionale.
Cercare come fanno altri di giungere con voli pindarici(e spesso tragici
atterraggi)alle conclusioni su questi punti senza una sufficiente formazione
sulle caratteristiche e la storia di questo paese viene spesso citato(anche
ufficialmente, Huang Hua 2009)dai cinesi stessi come un elemento che

preclude una conoscenza e comprensione corretta dei complessi fenomeni


interni alla Cina attuale, in particolare da una certa sinistra europea. Invece con
lumilt dellapproccio e soprattutto la curiosit di conoscere ed approfondire
un universo che le specificit culturali e linguistiche altrimenti renderebbero
alieno a noi come Marte sta alla Terra, Giordani riesce a dare lesempio a nostro
avviso corretto dellatteggiamento che porta ad una sedimentazione di
conoscenze reali e alla comprensione, solo per fare un esempio, di quanto
naturalmente il sistema politico cinese attuale si innesti nella tradizione
statuale confuciana della Cina storica e ne costituisca in qualche modo uno
sbocco conseguente in tempi moderni. Questo solo uno degli esempi che si
possono fare dei possibili collegamenti tra la Cina attuale e quella classica
mano a mano che si scoprono le caratteristiche filosofiche e di riflessione
politica storica del mondo della Cina antica, del suo sistema di scrittura, degli
antichi metodi di coltivazione e organizzazione del paese, solo per citarne
alcuni. Come in una miniera a noi aliena ed esotica, pi si scava a fondo e pi
emergono i collegamenti, pi ci si avvicina allattualit in un processo inclusivo
e che rende losservatore parte di una civilt che si pu comprendere solo se ci
si entra dentro.
In realt Giordani, tra i pi grandi studiosi attuali del pensiero gramsciano,
utilizza un approccio che figlio di questimpostazione e quindi in realt per
nulla involontario, nel senso che per analizzare i sistemi di egemonia ideologica
e culturale in ogni paese necessario entrarvi con tutti e due i piedi e
conoscerli in maniera approfondita. In questo senso il suo approccio marxista
e gramsciano, e di conseguenza questa serie di riflessioni ed appunti a nostro
avviso impostata meglio di altre opere sistematiche o specialistiche
sull'argomento ed lapproccio gramsciano di tipo culturale storico e filosofico
adottato da Giordani per le sue stesse caratteristiche quasi completamente
sovrapponibile ad un approccio sinologico specialistico.
La Pascucci adotta un altro approccio, un metodo empirico fatto di conoscenza
diretta di persone, seppur mediata da uninterprete, e delle loro esperienze
riportate e tenute insieme da un filo conduttore in parte ereditato dalla
studiosa da cui trae ispirazione, Adriana Masi. E quindi una visione
sicuramente parziale(un pugno di quel miliardo e quattrocento milioni di
visioni, tante quante i cinesi stessi, che Angela Pascucci afferma essere le
visioni possibili del paese)ispirata dalle persone intervistate ma che ha il pregio
di essere sostenuta dallesperienza personale di una giornalista che ha vissuto
per molti anni in Cina e ne ha avuto a lungo, a differenza di altri, conoscenza
diretta del paese. E, per ammissione della stessa autrice, un lavoro che non
aspira al rigore dellopera scientifica o accademica. Si rintracciano in essa
alcune caratteristiche storiche del pensiero di Edoarda Masi e altre pi tipiche
della tradizionale linea editoriale del gruppo Manifesto, come la tendenza a
considerare inevitabili processi di evoluzione dei sistemi politici verso un
modello di democraziaoccidentale considerato in modo piuttosto acritico

come un punto universalistico di convergenza, oltrech allopposto una certa


idealizzazione del periodo della Rivoluzione Culturale. Insomma sempre e
comunque critica, senza linserimento in unanalisi complessiva che la stessa
autrice ritiene impossibile fin quando non si riesce nemmeno a osservare
lucidamente noi stessi. Questi elementi sono accumunabili nei risultati pi che
nelle premesse ad una versione italiana di ci che Samir Amin riporta come
China Bashing2 di sinistra, poich muoverebbero appunto da una
prospettivadi sinistra, che tipicamente negli anni il manifesto ha espresso
in una linea editoriale estremamente critica in materia di Cina, ma che di fatto
finiscono per non differire molto dalle conclusioni cui arrivano altre espressioni
della stampa angloamericana. Lelemento prezioso in questo caso
lesperienza personale, il lavoro di raccolta delle voci. Da leggere, in ogni caso.
La raccolta di saggi di Pun Ngai ed altri ricercatori invece si muove nel circuito
accademico anglosassone interfacciato da quello di Hong Kong e lautrice si
ispira direttamente allopera dellintellettuale britannico dispirazione marxista
Edward P. Thompson e al suo filone di ricerca sociale inaugurato in Gran
Bretagna negli anni 60 , quello stesso intellettuale che ha dato vita ad un
percorso di New Left britannica dopo aver abbandonato il partito comunista
in polemica antistalinista e di opposizione ai fatti di Ungheria del 56, e in
seguito impegnato nel movimento pacifista tra i due blocchi fino a suscitare le
ire della parte sovietica negli anni 80.
Il lavoro dinchiesta che ne viene fuori interessante e frutto di lavoro diretto e
collaborazioni in loco, e tuttavia la parte analitica mostra dei seri limiti nella
pretesa di estendere alla totalit della forza lavoro attiva cinese delle
caratteristiche che riguardano solo una sua parte, seppur importante. In Cina
vivono duecento milioni di lavoratori migranti interni, e di questi solo una parte
viene impiegata nellindustria desportazione, e solo una parte nelle modalit
descritte dalla ricercatrice. Non rappresentativa dunque degli 800 milioni di
Cinesi che formano il complesso della forza lavoro attiva del paese, sia quella
del settore privato sia quella impiegata nelle strutture delleconomia statale
centralizzata, delle amministrazioni pubbliche e delle cooperative, dove le
condizioni sono nettamente migliori di quelle descritte dallautrice nella
fabbrica A e B della sua inchiesta o nei regimi di dormitorio a carattere
provvisorio.
In questo senso lanalisi soffre di un punto debole che quello che si riscontra
in tutte le interpretazioni critiche, o che si autodefinisconodi sinistra, o
dispirazione marxista sulla Cina.
Esplicitando, sicuramente le condizioni di lavoro descritte dal lavoro dinchiesta
sono dure, inserite in un limbo legale rispetto al diritto di sciopero e
allapplicazione generale del diritto, frutto della convergenza di interessi tra

capitale straniero e piani di sviluppo locali, ma non questa la condizione


lavorativa dominante o rappresentativa della nuova Cina. Ad esempio Pun Ngai
parla quasi di sfuggita della popolazione urbana, come fosse quasi un ceto
ristretto e non una fetta che ha ormai superato la met della popolazione del
paese e composta nella sua stragrande maggioranza di lavoratori. Secondo
lautrice questa sarebbe una delle basi di consenso al sistema compessivo
interno poich avrebbe visto migliorare notevolmente le condizioni di vita della
popolazione, e molto pi in fretta di quella rurale, mantenendo rispetto alla
stessa unopposizione di interessi fondata sui diversi sistemi di welfare cui la
popolazione urbana e rurale hanno distintivamente accesso e basate sul rigido
sistema di residenza interna detto hukou.
Tuttavia viene sottostimato dallautrice la recente tendenza al riallineamento
tra i tassi di crescita dei redditi urbani e rurali negli ultimi anni, e le politiche di
investimento sociale in agricoltura a livello sia previdenziale che sanitario nel
loro peso e impatto complessivo.
Le stesse conclusioni dellautrice sullallargamento dei redditi vengono
contraddette dai dati rilasciati questanno dallUfficio nazionale di Statistica
cinese che mostrano un leggero miglioramento (abbassamento)dellindice di
Gini, che misura il grado di concentrazione della ricchezza in un paese. Questo
a riprova che le nuove politiche sociali inaugurate dallera Hu-Wen, che
comunque la prof cinese, a differenza della Pascucci, analizza in modo pi
approfondito, hanno avuto un impatto positivo e tale da compensare anche il
calo delle esportazioni dovuto alla crisi economica mondiale ed europea in
particolare.
Samir Amin invece in questo suo saggio mostra unevidente evoluzione
rispetto alla sua condizione di storico detrattore del modello cinese. La sua la
visione di un economista terzomondista che dopo molti anni sembra aver
rivalutato il modello cinese come lunico modello di sviluppo che su larga scala
tra quelli dei Brics si sostanzialmente emancipato economicamente eppure
mantiene una separatezza del sistema finanziario interno, dominato dallo stato,
da quello della speculazione internazionale, e a differenza delle altre due autrici
nega il carattere capitalistico tout court della Cina. Anzi afferma che se fosse
capitalista o diventasse pienamente capitalista, tale sistema durerebbe poco, e
che tale modello si affermato appunto per la sua sostanziale diversit dal
capitalismo. Non ne afferma nemmeno il carattere socialista, ma afferma che
tale modello, per un paese in via di sviluppo, rappresenta una tappa
letteralmente inevitabile e ha ottenuto un successo straordinario, oltre che
costutuire una base per la costruzione possibile del socialismo.
Ora a livello di storie di vita vissuta e di analisi di condizioni lavorative
concrete, il libro della Pascucci e di Pun Ngai rappresentano lavori importanti.
Come detto non ci riconosciamo nella parte analitica delle opere delle due

autrici. Pi convincente pare Samir Amin, che azzarda unanalisi pi dettagliata


del sistema paese basata su una visione pi su larga scala tipica
delleconomista. Basandosi sull analisi dei dati macroeconomici tuttavia tende
sicuramente a sottostimare lo stress di massa frutto dellaumento del carico di
lavoro in questa fase di crescita, e lo spaesamento che ne deriva viene
descritto bene nei lavori delle due donne che qui stiamo considerando.
Tuttavia le contraddizioni descritte nei lavori della giornalista italiana e della
ricercatrice cinese sono reali e prese in considerazione anche dalllite di
governo, ma utilizzarle come base di partenza per lanalisi rappresenta un
vizio, diciamo, di natura ideologica.
Giordani invece non giunge a particolari giudizi su tali argomenti, in particolare
sulle caratteristiche economiche interne e dei rapporti di classe, ma lascia
aperta al lettore la dimensione della prospettiva futura. Per definire il
medesimo sistema economico e sociale parla alternativamente di Socialismo
cinese, di capitalismo con delle proprie peculiarit, di postcapitalismo,
logica del capitale, sostiene che per quanto riguarda il sistema cinese da qui
a definirlo socialista c una lungo cammino(da percorrere). Le differenti
terminologie adottate sono il risultato dell'approccio di Giordani che abbiamo
qui gi descritto. La particolarit del sistema economico misto cinese e le sue
possibili evoluzioni lasciano aperta la porta a due scenari divergenti, e Giordani
pur sostenendo che l'attuale sistema sia una base possibile per il socialismo,
similmente a Samir Amin, utilizza tali differenti definizioni, a volte
contraddittorie l'una con l'altra, proprio perch il sistema in s che non di
facile definizione ad un iniziale approccio. Non volendo essere un'opera
specifica sul tema dei rapporti sociali, non descrive l'economia cinese se non
per impressioni personali(ad esempio marxianamente come flusso di merci)e
quindi non tratta dei rapporti di produzione ancor oggi prevalentemente
pubblici e con migliori condizioni di lavoro e di welfare che sono la base della
stessa definizione di socialismo cinese.
Tuttavia Giordani non evita di riesumare un legame con esperienze del passato,
in questo caso con lUrss degli anni venti e trenta, quando suggerisce un
legame tra le pratiche economiche della Cina di oggi e la teoria economica di
N. I. Bucharin, basata su un maggiore accento dato alla produzione di beni di
consumo e allindustria leggera rispetto a quella pesante. Paragone
interessante e che lo differenzia rispetto ad altri autori che citano solo il legame
con lesperienza storica della Nep.

RIFLESSIONI SUL SISTEMA PAESE


Quando si parla di Cina infatti, tutte le visioni sostanzialmente critiche
sembrano non riuscire a spiegare questo fondamentale punto: ma in Cina oggi

si vive peggio che prima del lancio della politica di Riforma? E o no il paese che
ha pi che decuplicato, al netto dellinflazione, il reddito pro-capite del 1949?
Le condizioni di vita generalizzate dei lavoratori sono migliorate o no dopo
trentanni di alta crescita, bassa disoccupazione e bassa inflazione
complessiva? Gli indici di sviluppo umano internazionalmente riconosciuti sono
o no nettamente migliorati nello stesso periodo?
Spesso sembra, e nei lavori della Pascucci e di Pun Ngai questo elemento
evidentissimo, che il quadro della situazione generale del paese sia negativo,
oscuro, addirittura senza speranze.
Ma come si concilia questa visione, con la realt di una crescita della
produzione, dellaumento dei redditi, per quanto a diverse velocit tra citt e
campagna, della crescita delle infrastrutture, del livello tecnologico, ecc...
verificatisi nel paese negli ultimi trentanni?
Sicuramente c stato un aggravamento delle condizioni ambientali che d i
limiti dello sviluppo, ma anche su quel piano le misure ecologiche, gli
investimenti in tecnologie rinnovabili, i piani di riafforestamento, di riduzione
del consumo energetico per unit di pil, ecc... sono o no quanto di pi avanzato
oggi tra i grandi paesi in via di sviluppo e non solo?
Cio in sostanza stiamo qui parlando delle contraddizioni generate dal modello
di crescita e quindi nellambito di un quadro generalmente se non
marcatamente positivo e incoraggiante, o gli elementi secondari, ovvero le
contraddizioni stesse, diventano in un rovesciamento di prospettiva lelemento
principale, il filo della narrazione?
Ci sembra di riscontrare questenorme contraddizione in chi dovrebbe cercare
di dare il quadro di una realt, sia in modo empirico, che in modo accademico,
e che invece troppo spesso sfocia purtroppo nellarte del China bashing pura e
semplice. Spiace in particolare quando ci avviene da parte di chi ha
conoscenze sinologiche e dovrebbe utilizzarle per divulgare una realt e non
per mistificarla senza timore di smentita.
In questo senso lopera di Samir Amin in contraddizione con le altre due,
sicuramente con quella della Pascucci ma in misura minore anche con quanto
fa Pun Ngai. Ad esempio la ricercatrice cinese cita i piani adottati in Cina a
livello nazionale per cercare di ridurre le disparit nei redditi, ma li ritiene
insufficienti, ignorando i dati pi recenti sul coefficiente di Gini.
Samir Amin ricorda limportanza ancor oggi della pianificazione in Cina e del
piano generale(in Cina leconomia procede ancor oggi per piani quinquiennali
che stabiliscono i principali parametri macroeconomici) e in questo senso, pur

non identificandoci con la sua visione generale economica e sociale, non c


dubbio che il suo saggio quadra meglio la questione sul piano generale rispetto
alle altre due opere, che risultano invece pi vivesul piano della trasmissione
di esperienze personali di vita.
Daltronde le due autrici raccontano di una realt di spoliticizzazione di massa,
verificabile in prima persona, che se in passato stata funzionale al fatto che il
complesso della popolazione abbandonasse le lotte di fazione e si concentrasse
sulla produzione, oggi tende a rivelarsi sempre pi un limite, rispetto al quale
tuttavia le azioni e le proteste nei luoghi di lavoro e nelle altre istanze
sembrano muoversi in controtendenza.
Non si tratta di dividere lo schieramento tra analisti pro e contro il modello
cinese in una logica da tifosi da stadio, ma di riconoscere che sul piano
oggettivo le contraddizioni del modello cinese possono e debbano essere s
studiate e analizzate con un costante e vasto lavoro di ricerca, ma nellambito
di un modello di sviluppo che va riconosciuto per quello che , un successo
economico - crescita, tecnologia, know how, ecc... - e sociale, con centinaia di
milioni di persone uscite dalla povert, in grado di influenzare le relative
statistiche mondiali che risultano positive solo per lapporto cinese, il passaggio
da un paese poverissimo ad un paese a medio reddito, la graduale uscita dal
sottosviluppo, ecc...
Poi si discute delle contraddizioni, delle storture, dei difetti. Tuttavia a se non si
riconosce in anticipo questo quadro generalmente positivo sulle condizioni di
vita, crescita e svilupppo umano, si mistifica semplicemente la realt.
Se non facciamo questo non quadriamo oggettivamente il problema e facciamo
solo propaganda ideologica e tifoseria, che sia pro o che sia contro. Ci si
evidenzia spesso sia nelle analisi degli ultra-critici, sia in alcuni sostenitori del
modello cinese che invece tendono a minimizzare le contraddizioni generate
dalla crescita, che pure sono presenti. Del sistema, premesso il carattere
generalmente positivo dei risultati raggiunti, vanno invece studiate a fondo
proprio le contraddizioni e verificato sul campo le possibili contromisure e
quelle effettivamente adottate, per avere un quadro il pi possibile completo.
Ad esempio sulla natura di classe del sistema e sui rapporti di produzione
prevalenti evidente che finch rimane maggioritaria la parte pubblica
delleconomia, dove le condizioni di lavoro sono nettamente migliori e le
protezioni sociali garantite, rispetto a quella privata, in Cina non si pu a
ragione parlare di privatizzazione delleconomia o di capitalismo in senso
stretto. In Cina la parte delleconomia definita come statale comprende le
imprese di livello nazionale sottoposte ad una commissione di gestione sotto
diretto controllo del governo centrale e quindi solo una parte delleconomia

pubblica, cui va aggiunta quella delle imprese possedute dalle amministrazioni


locali, quella cooperativa e tutte le partecipazioni. E infatti correttamente
anche Samir Amin nel suo saggio non definisce il sistema come semplicemente
capitalistico. Si pu parlare invece sicuramente, di un Capitalismo di Stato
insolito3 in qualche modo inevitabile, in cui lagettivo insolito evidenzia
una differenza fondamentale, e sul quale direttamente pu innestare il
socialismo posto che i comunisti mantengano la guida del processo politico e le
leve dello stato, anche secondo Samir Amin.
Per questo la questione dellanalisi della fase in senso stretto secondo il saggio
di Samir Amin andrebbe spostata molto di pi sul tema di scontro interno tra
liberali favorevoli alla privatizzazione della parte pubblica delleconomia e chi
invece vorrebbe mantenere lattuale sistema o ripubblicizzare quella privata.
In alcuni settori, come in quello minerario, o in singole comunit descritte
anche nel libro di Angela Pascucci, una ripubblicizzazione delleconomia sta gi
avvenendo, facilitato da un programma di centralizzazione economica varato
agli inizi di questanno che lascia prospettare come in molti settori pochi
saranno gli operatori che resteranno in piedi, dei quali la maggior parte sar
pi facilmente composta da giganti statali che non da aziende private di medie
e minori dimensioni.
Ad ogni modo la Cina sembrerebbe volerci ricordare che non esistono
scorciatoie allo sviluppo, e che la contraddizione di ogni rivoluzione che ha
avuto successo nellallora - terzo mondo - va risolta con un lungo periodo di
transizione e oggi con una crescita il pi possibile ecocompatibile.
Sicuramente le generazioni di oggi in Cina stanno pagando con il sudore e a
volte col sangue tale tributo alluscita dal sottosviluppo. Ma si trattato forse
dellultimo tentativo possibile da parte della dirigenza del Partito che le aveva
provate tutte nei decenni precedenti, senza riuscire a ridurre lallargarsi del
divario con i paesi occidentali e a superare i limiti intrinseci del sistema
sovietico adottato nel paese dopo la rivoluzione del 49. Non esistono a tuttora
modelli pi soft nella corsa alla crescita e allemancipazione materiale di un
paese in via di sviluppo che abbiano ottenuto risultati comparabili su tale
gigantesca scala.
Letta dialetticamente, la Cina di oggi potrebbe essere descritta secondo questa
chiave interpretativa, come frutto di un primo tentativo fallito di saltare le fasi
dello sviluppo tramite uno sforzo collettivo volontaristico, quello del Grande
Balzo in Avanti, di un secondo momento espresso da un periodo di caos e di
critica interna (dovuta al fatto che una parte del Partito con Mao alla testa non
si fidava delle conclusioni raggiunte dal Partito stesso dopo il fallimento del
Grande Balzo in Avanti), ovvero la Rivoluzione Culturale, e che terminato solo

quando Mao ha capito che Deng e la maggioranza del Partito non intendevano
con queste posizioni restaurare il capitalismo, ed infine dal terzo momento
rappresentato dal periodo post 78 di Gaige Kaifang (Riforma e Apertura), in cui
si iniziato ad affrontare la complessit di ogni problema materiale sul piano
materiale stesso e non su quello volontaristico/o di critica politica. Questa
sintesi dei primi due momenti si dimostrata in grado di ingranare la marcia
dello sviluppo e di costruire dei rapporti economico-sociali che si adattano alle
attuali condizioni della Cina(Huang Hua, 2009).
Oggi la crisi economica occidentale ha costretto i cinesi a basarsi di pi sul
consumo interno e a modificare il modello di sviluppo, e quindi il cambiamento
del modello di sviluppo in questa fase cruciale allordine del giorno del
dibattito politico. Ovviamente molti sembrano ancora non averli presi sul serio,
soprattutto una certa sinistra europea, il che mostra ancora una volta
larretratezza del dibattito, soprattutto tenendo conto che la Cina nel secolo
scorso ci ha abituato a svolte economico e sociali a centottanta gradi, prodotte
da precise scelte politiche, e ce ne potrebbe riservare ancora altre.
Come tuttavia nota giustamente Samir Amin, il percorso dalle attuali politiche
definite fase primaria del socialismoe la possibilit che queste costituiscano
la base materiale per la costruzione piena del socialismo, si basa sul
presupposto del mantenimento della propriet pubblica in posizione dominante
nelleconomia cinese, cosa che esposta a continue pressioni in senso
contrario da parte dei paesi occidentali, Usa e Ue in prima linea, e dalle loro
emanazioni come Banca Mondiale e Fmi, nonch dai capitalisti cinesi
doltremare, di Taiwan, di Hong Kong e Macao, e da quelli autoctoni arricchitisi
dopo il 1978 e riuniti nelle associazioni industriali. Si tratta di un equilibrio
precario e non definitivo a priori. Quindi le pressioni in questo senso sono
fortissime e per evitare che si rafforzino le posizioni di destra liberali e liberiste
fondamentale in Cina dare una narrazione corretta di quanto avvenuto in
questi(ormai quasi 35)anni di Riforma e in questo senso c una battaglia
anche ideologica ad accaparrarsi e ad intestarsi i successi dello sviluppo.
Dare una visione ormai irrimediabilmente perduta in quantocapitalistica della
Cina non fa che rafforzare le posizioni destrorse nel paese, riporta ancora Samir
Amin, di chi ascrive il successo del paese alle liberalizzazioni (peraltro poche e
rigidamente controllate dalleconomia di piano)e di chi sostiene dunque che
solo ulteriori liberalizzazioni possano far avanzare leconomia verso un nuovo
stadio di sviluppo, che precisamente la posizione ideologica di chi sostiene la
privatizzazione dei settori pubblici. In questo modo si avrebbe una visione del
mondo mutuata da uneconomia privata dellindotto che si sostenuta
sullapporto fondamentale delleconomia pubblica senza che nessuno nel
frattempo ne dia merito sul piano politico, almeno nelle analisi di certa sinistra
occidentale e della destra liberal cinese. Per questo la battaglia anche

ideologica nella stessa Cina fondamentale e la magra esperienza di vita dei


cittadini di paesi che come lItalia hanno privatizzato e distrutto i gioielli
pubblici delleconomia e con essi il sistema produttivo dovrebbe essere
studiata come esempio di quello che in un futuro potrebbe replicarsi su scala
esponenziale nel paese asiatico se le posizioni dei liberisti non venissero
arginate.
Per non parlare della liberalizzazione dei tassi di cambio che estenderebbero
linfluenza di altre aree monetarie, come quella del dollaro, sulla stessa
economia cinese. Gli effetti disastrosi sui sistemi produttivi dei paesi del
mediterraneo prodotti dallingresso nellArea Monetaria Europea, o la
devastante crisi giapponese seguita alla liberalizzazione dello yen ci ricordano
dei possibili effetti negativi cui anche leconomia cinese potrebbe essere
esposta qualora cedesse alle pressioni esterne.
Il prossimo momento di rilievo nei piani economici della leadership cinese
rinviato a novembre con la presentazione di un intervento economico a livello
nazionale frutto dellelaborazione della Likonomics 4 (visione economica
secondo il nuovo premier Li Keqiang)ed elaborato da oltre un anno, in cui alcuni
temono possano essere contenute misure di smantellamento di parte dei
colossi statali.
I rappresentanti politici e commerciali della Ue spingono per una riforma che
porti a meno stato, pi mercato in Cina. Fonti interne dimostrano di vedere la
cosa un po' diversamente5
Tuttavia sarebbe un errore non considerare che, fotografato cos com oggi,
senza evoluzioni in un senso o nellaltro, il modello cinese gi tuttora, senza
alcuna modifica, un potente modello di attrazione per intellettuali progressisti
dei paesi in via di sviluppo come legiziano Samir Amin, che rifiuta la vulgata
sulla democrazia occidentale come panacea ai mali del sottosviluppo, e che
dunque manifestano una crescente simpatia per il modello cinese, cosa che
inserisce il sistema-paese sempre pi in rotta di collisione con legemonia Usa e
nel mirino termonucleare degli occidentali. La Cina viene infatti considerata
come il pi pericoloso competitore strategico dagli Usa nel prossimo futuro.
Una sottovalutazione o non comprensione dellattuale e della futura importanza
della Cina da parte di una certa sinistra e delle formazioni comuniste ancora
attive in Occidente qualcosa che non ci si pu pi permettere. Gli elementi
positivi che emergono da unanalisi approfondita, per quanto in continuo
aggiornamento e verifica, della realt del sistema paese sono tali da modificare
le stesse conclusioni storiche su chi uscito sconfitto dalla guerra fredda 6 e
sullatteggiamento psicologico generale dei comunisti, in una prospettiva
affiancata, pur nella diversit dei paradigmi economici e delle situazioni locali,

da tutto il movimento per il socialismo del XXI secolo che emerge con forza
dallAmerica Latina della Patria Grande.
Laccento che Giordani pone, dedicandogli un intero capitolo ed in parte
lintroduzione al suo opuscolo, sulle relazioni Cina-Venezuela, in questo senso
non peregrina e non solamente dettata da necessit di politica estera.
Con civilizzazioni e prospettive storiche anche molto differenti, questi due tipi
di esperienze, in primis sul piano delle relazioni internazionali, vanno sempre
pi stringendo legami economici e politici. Allo stesso modo, mentre in Cina si
pone sempre pi laccento(con risultati pratici7) sulla giustizia sociale e sulla
diffusione del welfare(ad oggi il 95% dei cinesi coperto assicurativamente da
polizza sanitaria per lassistenza medica di base, ampliamento della copertura
pensionistica, pensioni contadine, ecc...), e sulla sostenibilit econmica dello
sviluppo, il Venezuela, Cuba, e la stessa Bolivia, stanno trovando metodi pi
efficienti di produzione di beni di consumo(anche grazie agli investimenti
cinesi, come quelli a Cuba o in Venezuela della statale Chery per la produzione
di auto o lacquisto di materie prime energetiche da Venezuela e Bolivia). In
questo modo un paradigma sviluppista ed uno basato sul Vivir Bien si stanno,
da punti opposti, gradualmente avvicinando nella prospettiva della creazione di
sistemi economici autosufficienti(ma tuttaltro che chiusi), integrati negli
scambi internazionali, ma soprattutto non subordinati agli interessi e alle
priorit delle economie dei paesi imperialisti. Da questo avvicinamento o
possibile livellamento potrebbe scaturire una media di quello che potr
essere il futuro del socialismo del XXI secolo a livello statuale.
Il modello di sviluppo cinese infatti di fronte alla crisi economica e finanziaria
occidentale si dimostra sempre pi attrattivo proprio nei paesi in via di
sviluppo, a cominciare da India e Russia, ma non per questo significa che vada
assunto come modello in Occidente dove la condizione di sviluppo raggiunta
consentirebbe teoricamente un passaggio pi breve a rapporti sociali pi
avanzati, in caso di rovesciamento del tavolo e di rottura degli attuali assetti.
Note:
1. dalla poesia Neve attribuita a Zheng Xie, meglio noto come Zheng Banqiao
(1693-1765), poeta, calligrafo e pittore cinese di epoca Qing, anche utilizzata
come filastrocca per insegnare ai bambini laritmetica.
2. riporto dalla definizione di Samir Amin:
Lespressione China bashing si riferisce allo sport preferito dei media
occidentali di
tutte le tendenze inclusa disgraziatamente la sinistra che consiste nel
denigrare sistematicamente,

e anche criminalizzare, tutto quanto si fa in Cina. La Cina esporta mercispazzatura


a buon mercato nei mercati poveri del terzo mondo (ed vero), un delitto
orribile. Per
produce anche treni ad alta velocit, aerei, satelliti, le cui meravigliose qualit
tecnologiche
sono apprezzate in Occidente, ma alle quali la Cina non avrebbe diritto. Sembra
che pensino
che la costruzione in massa di abitazioni per la classe operaia equivale ad
abbandonarli negli
slum e paragonano la diseguaglianza della Cina (le abitazioni operaie non
sono grandi ville)
a quella dellIndia (grandi ville a fianco degli slums) ecc. Questo
comportamento supporta
lopinione infantile di alcune correnti impotenti della sinistra occidentale, per
cui se
non il comunismo del ventitreesimo secolo, un tradimento. E inoltre
partecipa alla campagna
sistematica di mantenimento dellostilit verso la Cina, in vista di un possibile
attacco
militare. Non altro che la volont di distruggere le opportunit di emergere da
parte di un
grande popolo del Sud.
3. Lenin, sulla cooperazione, 6 gennaio 1923
4. Articolo di Eugenio Buzzetti, ex collega di studi alla Universit di Lingua e
Cultura di Pechino nel 2005 sul portale Agichina al link:
http://www.agichina24.it/focus/notizie/inizia-lera-della-likonomics

5. http://www.agichina24.it/focus/notizie/presidente-euccc-davide-cucino-br-/menostato-nelleconomia-cinese
e la risposta cinese
http://www.globaltimes.cn/content/809256.shtml#.UitIgX9f-Hs da cui riporto:
Wang's opinion was echoed by Niu Li, an economist with the State Information
Center.
"Two structural reforms are urgently needed to stimulate domestic demand.
One is to push for reform on wealth distribution; the other is to improve social
security such as housing, education and medical care," said Niu.
6 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2009/commenti-sole-24ore/8-novembre-2009/cina-vincitore-guerra-fredda_PRN.shtml

7 http://www.contropiano.org/archivio-news/documenti/item/15766-cina-migliora-ladistribuzione-del-reddito-congelate-le-destrutturazioni

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