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DI
DIRITTO DELLAMBIENTE
NUMERO 1/2011
G. Giappichelli editore
Chiarisce bene simili aspetti S. NESPOR, Il dibattito internazionale sulla responsabilit per danno
ambientale, in B. POZZO (a cura di), La nuova responsabilit civile per danno allambiente, Giuffr,
Milano, 2002, pp.19 e 3.
nei prossimi anni. Lo stesso Obama ha poi analizzato in serie le azioni avviate e
quelle da intraprendere:
a) anzitutto, la creazione di un team di scienziati e anche tecnici di BP, con il
compito di trovare il modo di bloccare la fuoriuscita di petrolio; a tale operazione
tecnica, si associata unattivit di c.d. clean up condotta da un insieme di circa
30.000 uomini operanti presso 4 Stati sotto la direzione dellammiraglio Thad
Allen;
b) poi, le prime richieste risarcitorie, che hanno messo in allarme i vertici
dellazienda ed il governo britannico per le possibili ricadute negative sul valore
delle azioni (a met giugno stata decisa listituzione di un fondo costituito da 20
miliardi di dollari e gestito in modo terzo ed indipendente da Kennet Feinberg, che
ha gestito anche il fondo per le vittime dell11 settembre; mentre BP ha reso noto
che sono state presentate oltre 106.000 domande di risarcimento a fonte delle quali
sono stati erogati 164,9 milioni di dollari; nessuna richiesta stata respinta e sono
presenti sul posto pi di 1.050 periti);
c) quindi, un piano a lungo termine (long term Gulf Coast Restoration Plan)
per ripristinare le bellezze della regione colpita e listituzione di una commissione
nazionale di indagine per scoprire le cause del disastro e suggerire
raccomandazioni per migliorare gli standards di protezione e sicurezza nei casi di
perforazioni offshore (la National Commission on the BP Deepwater Horizon Oil
Spill and Offshore Drilling stata costituita con lexecutive order del 21 maggio
2010 che ha concesso 6 mesi di tempo per produrre un final public report).
Nel riassumere il proprio punto di vista, Obama ha infine sottolineato come
lunico approccio che inaccettabile in casi del genere linazione, apparendo
inammissibile il principio del too big and too difficult to meet.
Questa sintesi evidenzia la comparsa sulla scena del sito inquinato di una
pluralit di attori (politici, tecnici, economici e, in senso lato, sociali), ciascuno dei
quali rispondenti a logiche di responsabilit e di azione differenti. Elementi
ricorrenti di un collaudato copione appaiono i seguenti:
a) percezione della novit dellevento e della sua entit: ogni episodio viene
avvertito come nuovo e pi grave nella storia dellumanit. Anche negli anni
passati cos accaduto che gravi fenomeni di inquinamento siano stati salutati
come disastri ecologici di entit epocale. Concentrando lattenzione sulla pi
diffusa tipologia di inquinamento marino 4, quella derivante dalla navigazione, si
possono citare i seguenti casi. Nel marzo del 1989 la petroliera Exxon Valdez si
incagli su un fondale basso e roccioso della baia di Prince William, rovesciando in
mare 50.000 tonnellate di greggio che inquinarono 1.900 km di coste dellAlaska
meridionale. Si stima che tale evento abbia provocato la morte di 250.000 mila
uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche, 250 acquile di mare e 22 orche; oltre alla
4
perdita di lavoro dei pescatori della zona ed a danni immensi alleconomia della
regione. Il 2 dicembre 1999 la petroliera Erika battente bandiera maltese affondava
a circa 70 km a largo della punta di Penmarch (Francia) versando in mare circa
20.000 tonnellate di petrolio su unarea di circa 400 km di costa.
b) spettacolarizzazione della risposta sul piano politico. E noto che la
denuncia di problematiche diffuse, a rilevante impatto sociale e, dunque, ad alta
visibilit (linquinamento, come la sicurezza pubblica, la povert, il debito
pubblico, ecc.) costituisce tecnica altamente redditizia in termini di consenso:
denunciare costa poco e rende molto, perch nobilita e manifesta limpegno di una
certa parte politica su tematiche di interesse generale. Inoltre, pi elevato il tono
della denuncia ed il livello di allarme diffuso nellimmediatezza dei fatti, pi si
creano i presupposti per proclamare il successo delle iniziative intraprese. Non a
caso, per tornare al caso californiano, allallarmato messaggio televisivo del 15
giugno hanno fatto seguito: il 4 agosto lo stesso giorno in cui BP annunciava il
definitivo stop kill del vulcano petrolifero - il rapporto BP Deepwater Horizon Oil
Budget: What Happened To the Oil? del National Incident Command (Nic) della
National Oceanic and Atmosphere Administration (Noaa) e di altre agenzie federali
del governo Usa, che annunciava, in toni giudicati da Greenpeace Usa anche
troppo ottimistici, che il 74% del greggio sversato sarebbe evaporato o bruciato e
che dunque rimarrebbe disperso solo il 24% di una marea nera calcolata in 4
milioni e 900 mila barili dal Flow rate techical group creato da Obama; le
dichiarazioni della geochimica Jaqueline Missel che coordina la pulitura delle coste
della Lousiana: limpatto stato molto, molto inferiore a quel che si era temuto;
fino al liberatore bagno di Obama e della figlia Sasha nelle salmastre acque di
Panama City il giorno di Ferragosto dinanzi ad una folla di fotografi, il cui
messaggio chiaro: non abbiate paura, le acque non sono cos inquinate come
credevamo e la situazione ormai sotto controllo.
c) attivazione di un tavolo di tecnici ed esperti scientifici per capire le cause
dellaccaduto e trovare i rimedi specifici.
d) intervento a livello regolatorio per introdurre limiti e controlli pi
stringenti. Cos, in risposta al caso Exxon Mobil, nel 1990 gli Usa hanno adottato
lOil Pollution Act che ha imposto lobbligo del doppio scafo a tutte le navi che
volessero approdato nei porti americani; in conseguenza di ci, lOrganizzazione
Marittima Internazionale (Omi) ha introdotto lobbligo del doppio scafo nella
Convenzione internazionale sulla prevenzione dellinquinamento causato dalle navi
(Convenzione Marpol firmata a Londra il 2 novembre 1973); pertanto tutte le navi
consegnate a partire dal luglio 1996 devono essere equipaggiate con
unintercapedine di circa 1,5/2 metri tra lo scafo esterno e le cisterne di carico per
contenere la eventuale fuoriscita di petrolio. Il caso Erika, invece, ha indotto a
modificare in modo significativo la legislazione marittima europea, con tre
pacchetti di direttive (Erika I e Erika II del marzo e dicembre 2000 e Erika III del
2009) che hanno condotto allintroduzione dellobbligo del doppio scafo (con il
reg. CE n. 417/2002), alla nascita dellAgenzia Europea per la Sicurezza
Marittima, la cui sede stata istituita a Lisbona dal dicembre 2003, alla creazione
ed implementazione di un sistema comunitario di monitoraggio e informazione.
e) denuncia delle responsabilit civili ed attivazione dei rimedi risarcitori. La
vicenda giudiziaria che ha fatto seguito al disastro Exxon Mobil si conclusa dopo
circa 20 anni, con la condanna da parte della Corte di appello federale americana,
in data 16 giugno 2009, a una multa di 500 milioni di dollari oltre 480 milioni di
interessi, cifra molto ridotta rispetto alla condanna di primo grado (risarcimento di
33 mila persone tra pescatori e lavoratori marittimi per circa 3.4 miliardi di dollari,
oltre a 5 miliardi per danno ambientale) che la Corte Suprema il 25 giugno 2008
aveva giudicato eccessivamente punitiva, indicando un tetto massimo di 507
milioni di dollari. Il 27 agosto 2008 la Exxon Mobil ha accettato di pagare ai
pescatori e lavoratori danni equivalenti al 75% di quanto calcolato dalla Corte
Suprema, vale a dire circa 383 milioni di dollari e poi la Corte di appello ha
confermato il limite massimo citato. Nel caso Erika, il Tribunale di Parigi ha
condannato in solido nel gennaio 2008 la Total, noleggiatrice della nave, per
imprudenza, il Registro Navale Italiano per avere rilasciato il certificato nonostante
le precarie condizioni strutturali del mezzo, e larmatore e gestore della petroliera
per non avere effettuato i necessari lavori di riparazione al fine di contenere i costi,
inducendo la Corte di Giustizia CE nel giugno 2008 a creare una vera e propria
filiera di responsabilit ampliando la sfera di imputazione della stessa in capo a
tutti coloro che nelle fasi della produzione, vendita e trasporto abbiano contribuito
al rischio dellevento inquinante5.
Da simili considerazioni si evince, in via di prima approssimazione, che la
responsabilit rappresenta la chiave di attivazione di un circuito di facolt
intellettive, immaginative e regolative capaci di sviluppare la c.d. euristica della
paura.6, ovverosia di condurre dalla paura alla cura del problema, attraverso il
disvelamento dellimportanza strategica della paura nel predisporre gli uomini
allimperativo ineludibile della sopravvivenza.7. Essa costituisce, in generale, un
potente fattore di risposta8 ai timori ingenerati dalle emergenze ambientali e
strumento di mobilitazione di una serie articolata di azioni destinate ad interagire a
livelli diversi in uno scenario complesso che coinvolge una pluralit di interessi ed
5
Una pi distesa analisi di tali aspetti, ed il superamento della responsabilit del solo proprietario
della nave affermata dalla Civil Liability Convention di Bruxelles del 1969, in funzione del
rafforzamento del principio chi inquina paga, pu leggersi in A. RELLA, Il caso Erika al vaglio
della Corte di Giustizia, in Riv. dir. delleconomia, dei trasporti e dellambiente, 2009, p. 5.
6
Cfr. H. JONAS, Das Prinzip Verantwortung, trad. it. a cura di P.P. PORTINARO, Il principio
responsabilit. Unetica per la civilt tecnologica, Einaudi, Torino, 2009.
7
E. PULCINI, La cura del mondo. Paura e responsabilit nellet globale, Bollati Boringhieri, Torino,
2009, p. 197.
8
Come si evince dalla radice etimologica di responsabilit, dal tardo latino respondre: cfr. U. CURI,
Introduzione, in B. GIACOMINI (a cura di), Il problema responsabilit, Cleup, Padova, 2004, p. 13; M.
FRANZONI, Lillecito, I, 2 ed., Giuffr, Milano, 2010, p. 5.
Cfr. anche per adeguati e completi riferimenti G. ROSSI (a cura di), Diritto dellambiente,
Giappichelli, Torino, 2008, p. 95.
10
I riferimenti al carattere relazionale e processuale del diritto ambientale sono tratti dal lavoro di M.
CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dellambiente come sistema complesso, adattivo, comune,
Giappichelli, Torino, 2007, cui si pu fare rinvio per ogni approfondimento.
11
12
Cfr. P.G. MONATERI, Illecito e responsabilit civile, in M. BESSONE (a cura di), Trattato di diritto
privato, Giappichelli, Torino, 2002, p. 195.
Cos si legge nellIntroduzione del Libro bianco sulla responsabilit per danni allambiente,
presentato dalla Commissione CE il 9 febbraio 2000, nellintento di rafforzare il principio chi
inquina paga.
14
P. G. MONATERI, Il futuro della responsabilit civile per danni allambiente in Italia, in B. POZZO (a
cura di), La responsabilit ambientale, Giuffr, Milano, 2005, p. 137.
15
Cos le sempre attuali considerazioni di P. TRIMARCHI, Per una riforma della responsabilit civile
per danno ambientale, in ID (a cura di), Per una riforma della responsabilit civile per danno
allambiente, Giuffr, Milano, 1994, p. 246.
16
Cfr. S. SHAVELL, Analisi economica del diritto, ed. it. a cura di A. BACCINI-A. FINESCHI,
Giappichelli, Torino, 2004, p. 54.
17
F. ROMANI, Strumenti di politica economica per la tutela dellambiente, in Monte dei Paschi di
Siena - Note economiche, 1974, p. 21.
da parte del Presidente Obama del principio too big and too difficult to meet non
giunge fino al punto di escludere la vigenza del correttivo principio too big to
fail.
Altro profilo da considerare, che spesso al risarcimento vero e proprio si
giunge solo allesito e sulla base di percorsi e modalit concordate tra gli attori
della vicenda ed anche grazie alla mediazione politica. Lesperienza dimostra che
la transazione ha pi successo delle condanne giudiziarie, in quanto,
contrariamente a quanto sostenuto a livello teorico circa i presunti elevati costi
transattivi dei danni diffusi e la conseguente scarsa appetibilit delle pratiche
concordatarie, la gestione processuale di una pluralit di domande risarcitorie si
appalesa ancora pi costosa, anche in relazione agli esiti incerti e lontani nel
tempo, tanto che le parti preferiscono giungere ad un accordo anche perch
tendono a comportarsi sociologicamente come un gruppo riuscendo a veicolare
istanze unitarie e coerenti nei confronti dei soggetti responsabili18 . Ci
confermato dai veduti sviluppi della vicenda Exxon Valdez e, per rimanere entro i
confini domestici, dagli esiti del noto caso Seveso, definito con un decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri di approvazione di un atto di accollo e di
transazione delle liti tra lo Stato e la Regione Lombardia, da una parte, e la soc.
Icmesa e Givaudan dallaltra, e giunto allesame dei tribunali civili solo per residue
richieste di danni non patrimoniali 19. Significativo altres listituto del contratto di
transazione globale che, allesito di una prassi ministeriale sperimentata con la
conclusione di accordi di programma allo scopo di mettere fine al notevole
contenzioso esistente con i destinatari di prescrizioni impositive di obblighi di
messa in sicurezza e di bonifica, stato codificato dallart. 2 del d.l. 30 dicembre
2008, n. 208, convertito nella l. 27 febbraio 2009, n. 13, recante Misure
straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dellambiente. Tale
contratto, introdotto per ovviare al pratico insuccesso dei meccanismi di bonifica
dei siti inquinati disciplinati dal d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e dal d.m. 25 ottobre
1999, n. 471.20 , viene inquadrato nellambito degli strumenti di attuazione degli
interventi di bonifica e messa in sicurezza di uno o pi siti di interesse nazionale
con lobiettivo di definire la spettanza e la quantificazione degli oneri di bonifica,
18
Simili notazioni sono sviluppate con estrema chiarezza da P.G. MONATERI, Illecito e responsabilit
civile, cit., p. 199 e nota 19.
19
Ibid., pp. 200-201. Da ultimo Cass., Sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059, in questa Rivista, 2010,
numero 0, con commento di E. BLASI, Il caso Seveso: ampliamento della risarcibilit del danno non
patrimoniale e riflessi sulla nozione di bene-amiente, ha ammesso il risarcimento autonomo del
danno non patrimoniale derivante da reato, pur in assenza di danno biologico, in favore di coloro che
in virt di un rapporto di vicinanza, per ragioni di residenza o di frequentazione abituale, con
lambiente inquinato ne hanno presuntivamente subito conseguenze in termini di patema danimo
indotto dalla preoccupazione per il proprio stato di salute.
20
Vicenda su cui si vedano: A. MILONE, Bonifica dei siti di interesse nazionale: le recenti pronunce
del giudice amministrativo, in Ambiente & Sviluppo, 2009, p. 1010; F. GIAMPIETROA. QUARANTA,
Gli orientamenti del giudice amministrativo sulla bonifica nel passaggio tra il vecchio ed il nuovo
regime, ivi, 2008, p. 205.
di ripristino e di risarcimento del danno ambientale e degli altri eventuali danni che
possano essere chiesti dallo Stato e dagli altri enti territoriali; il relativo schema
assoggettato ad adeguate procedure di contraddittorio e di coordinamento
infrastrutturale mediante le tecniche, rispettivamente, delle osservazioni e della
conferenza di servizi, cui riservata lacquisizione e valutazione di tutti gli
interessi rilevanti; la stipula dellatto comporta labbandono del contenzioso
pendente e preclude ogni ulteriore azione per il rimborso degli oneri di bonifica e
di ripristino, per il risarcimento del danno ambientale nonch per le altre eventuali
pretese risarcitorie azionabili per i medesimi fatti dallo Stato e dagli altri enti
territoriali.
Da queste notazioni si pu desumere una prima conclusione che funge da
sviluppo di quanto gi notato in apertura: la responsabilit civile rappresenta una
risposta necessaria, in quanto anche le mediazioni politiche e le procedure
transattive appena vedute operano non nel vuoto ma in un ambiente mobilitato e
presidiato da regole di tort che possono svolgere una funzione strategica e
propulsiva per lindividuazione di soluzioni adeguate; si tratta per di una risposta
che non pu essere n esclusiva n esaustiva, in quanto non sufficiente traslare i
costi dei danni in capo ai presunti colpevoli per rendere lambiente pi pulito e
ridurre per il futuro i rischi di ulteriori incidenti 21 . Sovradimensionarne la portata
pu essere pertanto rischioso e controproducente.
3. Il carattere relazionale dei rimedi al danno ed i limiti dellapproccio
tipologico.
Per verit, i limiti e le particolarit del modello di responsabilit applicato al
danno ambientale sono stati evidenziati sin dallentrata in vigore della prima
disciplina introdotta dallart. 18 della l. 8 luglio 1986, n. 349. Essa apparve subito
come una sorta di mostruoso incrocio tra categorie di diritto pubblico e categorie
del diritto privato, che proiettava il rimedio risarcitorio in una logica punitiva e
sanzionatoria ritenuta estranea al sistema generale della responsabilit civile22.
Della stessa furono in particolare criticati: il criterio soggettivo di imputazione
della responsabilit, ritenuto inadeguato a fronteggiare fenomeni spesso legati ad
attivit imprenditoriali o, comunque, ad incidenti di cui non facile ricostruire la
dinamica in modo da individuare profili di colpevolezza ed in cui, in ogni caso,
non sono in grado di incidere in modo preventivo i potenziali danneggiati; il
ricorso al discusso principio dellantigiuridicit, con la necessaria dimostrazione
21
Chiare in tal senso le notazioni svolte da P.G. MONATERI, Il futuro della responsabilit civile per
danni allambiente in Italia, cit., pp. 139-140, il quale osserva che la sfera classica del tort, cui siamo
abituati a guardare quando parliamo di responsabilit civile, rappresenta solo un sottoinsieme di un
insieme molto pi grande composto da tutti i danni allambiente.
22
Cos F. D. BUSNELLI, La parabola della responsabilit civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 643 ss.
ora in F. D. BUSNELLI S. PATTI, Danno e responsabilit civile, Giappichelli, Torino, 2003, p. 155 ss.
Cfr. in generale M. COMPORTI, La responsabilit per danno ambientale, in Foro it., 1987, III, p.
269.
24
Cfr., per esempio, la felice sintesi delle problematiche che fanno del risarcimento del danno
ambientale uno degli ambiti pi controversi della responsabilit civile svolta da M. GORGONI,
Ripristino, bonifica, risarcimento in forma specifica: dei vari volti della riparazione del danno
allambiente, in AA.VV., Liber amicorum per Francesco Donato Busnelli, Giuffr, Milano, 2008, p.
324, ove sono anche reperibili i principali riferimenti alla dottrina e giurisprudenza sullargomento.
25
10
26
Cfr. E. GALLO, Levoluzione sociale e giuridica del concetto di danno ambientale, in Amministrare,
2010, p. 262, e la conforme giurisprudenza ivi citata.
27
Una illustrazione dei vari sistemi di responsabilit vigenti alla vigilia del Codice si deve a F.
GIAMPIETRO, La responsabilit per danno allambiente: sintesi di leggi e giurisprudenza messe a
confronto con la direttiva 2004/35/CE e con il T.U.A., in Riv. giur. amb., 2006, p. 19.
28
Su questi aspetti, si veda G. TADDEI, Il risarcimento del danno ambientale dopo lart. 5 bis del D.L.
n. 135/2009, in Ambiente&Sviluppo, 2010, p. 126.
29
Cfr. U. SALANITRO, Il risarcimento del danno ambientale: un confronto tra vecchia e nuova
disciplina, in S. PAGLIANTINI - E. QUADRI - D. SINESIO (a cura di), Scritti in onore di Marco
Comporti, Giuffr, Milano, 2008, p. 2406.
11
30
Sulla progressiva tipizzazione del concetto di salubrit ambientale, ormai strettamente collegato al
rispetto dei limiti legali di immissione, si veda da ultimo Cass., Sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564,
secondo cui lart. 844 c.c. deve essere letto, tenendo conto che il limite della tutela della salute da
ritenersi ormai intrinseco nellattivit di produzione oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una
interpretazione costituzionalmente orientata, dovendo considerarsi prevalente rispetto alle esigenze
della produzione il soddisfacimento ad una normale qualit della vita. Ne consegue che le immissioni
acustiche determinate da unattivit produttiva che superino i normali limiti di tollerabilit fissati, nel
pubblico interesse, da leggi o regolamenti, e da verificarsi in riferimento alle condizioni del fondo che
le subisce, sono da reputarsi illecite, sicch il giudice, dovendo riconoscerle come tali, pu addivenire
ad un contemperamento delle esigenze della produzione soltanto al fine di adottare quei rimedi tecnici
che consentano lesercizio della attivit produttiva nel rispetto del diritto dei vicini a non subire
immissioni superiori alla normale tollerabilit.
12
31
In questi termini puramente oggettivi stata definita la responsabilit di operatori economici che
producono e ritraggono profitti attraverso lesercizio di attivit pericolose, in quanto ex se inquinanti
dal Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Sicilia, in sede di appello cautelare (cfr. ord.
in data 2 aprile 2008) avverso la sentenza del TAR Sicilia, sez. II, 20 luglio 2007, n. 1254, che, con
riferimento al noto caso dellinquinamento della Rada di Augusta per effetto della realizzazione negli
anni 60 del polo petrolchimico Augusta-Priolo-Melilli, aveva invece offerto una lettura unificante e
combinata delle varie disposizioni del Codice (seguita e sviluppata anche da B. POZZO, La direttiva
2004/35/CE e il suo recepimento in Italia, in Riv. giur. amb., 2010, pp. 61 ss.), privilegiando il criterio
della colpa di cui allart. 311, comma 2, in luogo di quello di strict liability ritenuto anche inefficiente
dal punto di vista della tutela ambientale. Sulla questione, da ultimo intervenuta la Corte giust., con
sentenza 9 marzo 2010, in causa C-378/08, la quale ha evidenziato la centralit del nesso di causalit
chiarendo che, anche in caso di sua presunzione, lautorit competente deve comunque disporre di
indizi plausibili in grado di darvi fondamento, quali la vicinanza dellimpianto delloperatore
allinquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti
impiegati da detto operatore nellesercizio della sua attivit. Anche nelle ipotesi di responsabilit
oggettiva, dunque, il principio chi inquina paga impone laccertamento dellorigine della
contaminazione e della sua imputazione causale allattivit dellimprenditore. Nelle conclusioni
dellAvvocato Generale Juliane Kokott, presentate il 22 ottobre 2009, si legge che il termine
Verursacherprinzip (letteralmente principio del soggetto causatore), con cui si traduce in tedesco
il principio chi inquina paga, mira a stabilire che colui che ha provocato un inquinamento
responsabile per la sua eliminazione e che una responsabilit svincolata da un contributo causale alla
causazione del danno non corrisponderebbe allorientamento della direttiva potendo produrre il
controproducente effetto di attenuare la responsabilit del soggetto effettivamente responsabile:
infatti, non la societ e neppure i terzi, bens linquinatore il soggetto tenuto a sopportare le spese
per eliminare un inquinamento. La conseguenza che si verifica una internalizzazione dei costi
ambientali, vale a dire questi ultimi vengono inglobati nei costi di produzione dellimpresa
inquinatrice (par. 85 e 98). Si veda il commento di G. TADDEI, Responsabilit, nesso causale e
giusto procedimento (nota a Corte di Giustizia 9 marzo 2010 in C 378/08 e CC 379-380/08), in
Ambiente&Sviluppo, 2010, p. 437.
32
Cfr. per approfondimenti H. JONAS, Il principio responsabilit, cit., p. 117; E. PULCINI, La cura del
mondo, cit., pp. 225-262.
13
35
Per la cui messa a fuoco, con riferimento alla nozione di operazione, sia consentito rinviare a G. D.
COMPORTI, Il principio di consensualit tra bilanci e prospettive, in www.giustamm.it, n. 4/2010.
14
36
In questi termini Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30254, in Danno e responsabilit, 2009, p.
722, con commento di M. Clarich, chiariva che a tale forma di tutela pu aggiungersi anche quella
impugnatoria, che dunque assumerebbe natura accessiva a quella base di tipo risarcitorio, spettando
comunque al titolare della situazione protetta, in linea di principio, scegliere a quale fare ricorso in
vista di ottenere ristoro al pregiudizio provocatogli dallessere mancata la soddisfazione che attesa
attraverso la condotta altrui.
15
37
Parte della giurisprudenza amministrativa ha ritenuto di poter ricavare simili affermazioni dai
principi costituzionali. Per esempio, Cons. Stato, Sez. IV, 29 aprile 2002, n. 2280, in Foro amm.C.d.S., 2002, p. 897, ha sostenuto che la effettivit della tutela del cittadino nei confronti dellattivit
provvedimentale o materiale della pubblica amministrazione, predicata a livello costituzionale dagli
articoli 24 e 113, impone di non considerare la tutela restitutoria o ripristinatoria come eventuale o
eccezionale, limitata ad ipotesi residuale, ed anzi spinge a ritenere che proprio la tutela risarcitoria
patrimoniale deve essere considerata sussidiaria rispetto alla prima, con la conseguenza che essa deve
considerarsi praticabile solo quando quella restitutoria non possa essere conseguita con successo.
Altre volte si richiamato il doveroso contemperamento dei principi di civilt giuridica conseguenti
al riconoscimento della risarcibilit della lesione degli interessi legittimi con quelli di doverosa tutela
degli interessi anche patrimoniali dellamministrazione (Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2001, n.
1684, in Foro amm., 2001, p. 400); o si fatto appello ai principi di coerenza dellordinamento e di
certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico. Simili prospettazioni hanno alimentato una
linea di pensiero che giunta almeno fino a Cons. Stato, Ad. pl., 22 ottobre 2007, n. 12, in Foro it.,
2008, p. 1; Id., Sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 578; Id., Sez. VI, 21 aprile 2009, n. 2436, in Foro it, 2009,
p. 536. Si legge infatti nella sentenza n. 12/2007 che il coinvolgimento dellinteresse del singolo
nellinteresse della collettivit spiega la priorit dellazione impugnatoria, nel cui ambito soltanto
possibile conformare lazione amministrativa affinch si realizzi un soddisfacente e legittimo
equilibrio tra luno e gli altri interessi. La stessa Relazione allatto del Governo n. 212, recante lo
schema di decreto legislativo di attuazione della delega per il riordino del processo amministrativo, ha
addotto evidenti esigenze di stabilizzazione delle vicende che coinvolgono la pubblica
amministrazione a giustificazione della previsione di termini decadenziali per lesercizio dellazione
risarcitoria e del richiamo ai principi dellart. 1227 c.c.
16
38
17
Per il cui esame si rinvia ora a P. M. VIPIANA PERPETUA, La bonifica dei siti contaminati:
considerazioni sui profili procedimentali, in Urb. app., 2010, p. 922; ID., Listruttoria nei
procedimenti di bonifica dei siti inquinati, ibid., p. 1133. Il procedimento si ramifica nelle seguenti
principali fasi: indagine preliminare sui parametri oggetto dellinquinamento al fine di verificare il
livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC); in caso di superamento delle medesime
CSC, autorizzazione del piano di caratterizzazione recante la descrizione delle operazioni da svolgere
per la ricerca delle sostanze contaminanti; approvazione del documento di analisi del rischio sito
specifica per la verifica delle concentrazioni soglia di rischio (CSR); in caso di non superamento dei
valori CSR, dichiarazione di conclusione positiva del procedimento, con eventuale definizione di un
programma di monitoraggio; in caso di superamento dei valori CSR, approvazione del progetto
operativo di bonifica. Analogo svolgimento ha anche la procedura di bonifica dei siti di interesse
nazionale di cui allart. 252 del Codice, che si caratterizza dunque solo per la competenza accentrata
in capo al Ministero dellambiente e della tutela del territorio e per le preliminari operazioni di
individuazione e perimetrazione dei siti che sono espressive dellindirizzo politico-amministrativo. In
termini di specialit si configura invece il procedimento di bonifica dei siti di preminente interesse
pubblico per la riconversione industriale, ora disciplinato dallart. 252 bis del Codice, che ruota
intorno al meccanismo consensuale dellaccordo di programma.
41
Se ne veda ladeguata applicazione assicurata, tra gli altri, da parte del TAR Toscana, Sez. II, nelle
sentenze: 6 maggio 2009, n. 762; 14 ottobre 2009, n. 1540; 18 dicembre 2009, n. 3973; e da ultimo 6
luglio 2010, n. 2316.
18
42
Come sottolinea Corte cost., 23 luglio 2009, n. 235, punto 12 della motivazione.
43
A tali enti un orientamento giurisprudenziale meno formalistico tende, per esempio, a riconoscere
una autonoma legittimazione a promuovere lazione civile in sede penale ai sensi della clausola
generale di cui allart. 2043 c.c.: cfr. Cass. pen, Sez. III, 11 gennaio 2010, n. 755, nonch Trib. Siena,
Sez. distaccata di Poggibonsi, ord. 18 febbraio 2010, in Riv. giur. amb., 2010, p. 581, con nota di A.
GRATANI, Enti territoriali e azione risarcitoria ambientale dopo il TUA.
44
Comprensivo anche del danno allimmagine, anche turistica, dellente per il discredito derivante
alla propria sfera funzionale dal danno ambientale. Cos gi Cass., Sez. III, 15 aprile 1998, n. 3807, in
Giust. civ., 1999, I, p. 223, con note di Cacciavillani e Lo Iudice sul disastro del Vajont. Cfr. anche
Cass. pen., Sez. III, 11 novembre 2004, n. 48402, che richiama altri precedenti.
19
45
Cos, sempre relativamente alla costituzione di parte civile nel processo penale, Cass. pen., Sez. III,
16 aprile 2010, n. 14828, che, nel riassumere la giurisprudenza sul punto, ha ricordato come la
legittimazione non riguarda il danno ambientale di natura pubblica ed limitata alle associazioni non
portatrici di interessi meramente diffusi, comuni a pi persone e non sucettibili di appropriazione
individuale, ma esponenziali di interessi ambientali, la cui concreta differenziazione e
soggettivizzazione pi desumersi da circostanze quali: il fine statutario, il radicamento nel territorio
anche attraverso sedi sociali, la rappresentativit di un numero significativo di consociati, la
continuit del suo contributo a difesa del territorio. Resta inoltre sempre salva la possibilit di
intervenire nei giudizi per danno ambientale, ai sensi dellart. 18, comma 5, della legge n. 349/1986
non abrogato dallart. 318 del Codice (TAR Toscana, Sez. II, 2 dicembre 2009, n. 2584). Sul punto la
giurisprudenza ferma nellammettere la legittimazione processuale delle associazioni nazionali
destinatarie del decreto di riconoscimento di cui allart. 13 della stessa l.n. 349/1986, e non alle
relative articolazioni regionali o territoriali, che non hanno autonomia neppure relativamente ad atti
ad efficacia territoriale limitata (Cons. Stato, Sez. VI, 9 marzo 2010, n. 1403); esiste altres un
crescente indirizzo volto a ritenere possibile una legittimazione caso per caso in favore di associazioni
o comitati anche non riconosciuti, purch abbiano fra gli scopi statutari la tutela ambientale, operino
nellarea geografica che viene in rilievo, e rivestano una posizione differenziata in virt di un
adeguato grado di rappresentativit, il collegamento stabile nel tempo con il territorio di riferimento e
unazione dotata di apprezzabile consistenza anche tenuto conto del numero e della qualit degli
associati (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 2003, n. 1830; Id., Sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3234; TAR
Piemonte, Sez. I, 25 settembre 2009, n. 2292; TAR Toscana, Sez. II, 6 ottobre 2009, n. 1505). Per
una diffusa ed aggiornata panoramica dei vari orientamenti giurisprudenziali, si rinvia a Corte di
Cassazione Ufficio del Massimario e del Ruolo, Relazione tematica n. 112 del 1 settembre 2010,
dal titolo Riferimenti normativi vecchi e nuovi nella delineazione delle responsabilit da illecito
ambientale e profili soggettivi di risarcibilit a favore del soggetto leso, par. 7.
46
Cfr. A.L. DE CESARIS, Lamministrazione fa male allambiente e allimpresa, in Riv. giur. amb.,
2007, p. 836; P.M. VIPIANA PERPETUA, La bonifica dei siti contaminati, cit., p. 916.
20
47
Altra essendo poi la questione del valore da attribuire alla concentrazione e, quindi, della via
attraverso cui giungere a tale esito: se attraverso scelte individuali rimesse ai soggetti agenti o
attraverso una scelta generale compiuta a livello normativo. Per una analisi dei termini del problema,
sia consentito rinviare a G. D. COMPORTI, Il sindacato del giudice delle obbligazioni pubbliche, in Dir.
proc. amm., 2010, p. 413.
21
Lapproccio per matrici, sotteso anche alla direttiva comunitaria 2004/35, consiste nella
scomposizione dellambiente nelle risorse elementari naturali che lo compongono (di tipo abiotico:
aria, acqua, suolo; o biotico: flora e fauna) ed i relativi ecosistemi specifici (es. lecosistema fluviale)
e consente di associare a tali unit le funzioni o i servizi che possono essere interessati dal danno in
termini di valori duso, diretti (assicurati dalla risorsa in quanto direttamente fruibile da parte di
individui e/o in processi economici) o indiretti (assicurati dalle interazioni tra componenti abiotiche e
biotiche che garantiscono lequilibrio dellecosistema) e/o valori passivi. Tale procedura permette
dunque di legare la valutazione scientifica del danno, ovvero degli effetti fisicamente misurabili in
termini qualitativi e quantitativi, alla valutazione economica del danno attraverso lindividuazione
delle funzioni compromesse per ogni risorsa naturale. Per una adeguata illustrazione di simile
metodologia operativa, si pu rinviare allo studio dellAPAT, Il risarcimento del danno ambientale:
aspetti teorici e operativi della valutazione economica, Roma, 2006, capp. 6 e 7.
22
23
note teorie del consumatore e/o produttore, sia in termini di valori passivi espressi
da fruitori in senso lato non gi in relazione ad un uso economico, diretto e
materiale ma in relazione al desiderio che le stesse continuino ad esistere e ad
essere fruibili in futuro. I metodi di misurazione sono classificabili in tre principali
categorie: preferenze imputate, preferenze rilevate e preferenze dichiarate. Le
prime due seguono un approccio duale, nel senso che si basano sullequivalenza
tra utilit perduta e somma di denaro in grado di ripristinarla facendo leva sugli
adattamenti dei fruitori valutabili come variazioni della spesa o dei costi di
produzione di beni e servizi scambiati sul mercato. Ad esse sono riconducibili
metodi (il costo per le spese difensive, il costo del ripristino, il costo di
surrogazione, il profitto indebito, i prezzi di mercato, le funzioni di produzione, i
prezzi edonici, il costo di viaggio) che consentono di cogliere soprattutto i valori
duso avendo riguardo al comportamento dei soggetti nei mercati reali, limite che
compensato dalle esigenze informative relativamente contenute e quindi dai costi e
tempi ridotti, ed appare accettabile quando il danno ripristinabile e reversibile ed
i valori passivi sono di entit trascurabile. La terza, che appare sicuramente pi
onerosa in termini di costi e di tempi basandosi sulla simulazione di mercati
ipotetici cui si giunge attraverso interviste a mezzo di questionari di un campione
di individui, diviene invece decisiva allorch siano danneggiate in modo
irreversibile risorse o servizi non riproducibili n surrogabili.
Lidea di fondo che scaturisce dal complesso delle superiori indicazioni
metodologiche51 calate nel contesto funzionalmente unitario delloperazione, in cui
azione e reazione si tengono e si connettono, che il prima condiziona e conforma
il dopo: nel senso che, salva sempre la possibilit di fare valere il danno da perdite
temporanee ed il danno non patrimoniale 52, quanto pi si potuto/dovuto fare in
sede di azione preventiva e di bonifica, e quindi sotto forma di spese difensive 53, di
51
Cass., Sez. III, 17 aprile 2008, n. 10118, in Giur. it., 2008, p. 2708, con nota di P. FIMIANI, La tutela
risarcitoria a seguito del danno ambientale, ha chiarito che non sussiste una duplicazione
risarcitoria qualora il responsabile sia condannato al ripristino dello stato dei luoghi ed al pagamento
di una somma di denaro a titolo di risarcimento, essendo la condanna volta ad elidere, per il primo
aspetto, il pregiudizio non patrimoniale del vulnus allambiente in quanto bene giuridico unitario ed
immateriale e, per il secondo, quello patrimoniale verificatosi nel periodo successivo al verificarsi
dellevento lesivo.
53
Comprendenti anche le spese per le polizze assicurative, quelle per le azioni urgenti di primo
intervento e di messa in sicurezza, ma anche il pricing applicato dagli istituti di credito al
finanziamento di attivit che presentano rischi ambientali elevati (con conseguente aumento del
rischio di insolvenza del cliente).
24
54
Si distingue tra ripristino in senso stretto, che si riferise alle condizioni ed ai materiali originari e
consente di fare riferimento agli attuali prezzi di mercato, e ripristino funzionale; in tale caso la
riproduzione riguarda beni con caratteristiche diverse o in siti alternativi che siano in grado di
assicurare la stessa funzionalit di quello danneggiato (es. la funzione idrogeologica di un bosco
compromessa a seguito di disboscamento abusivo pu essere ripristinata, senza riprodurre il bosco,
attarverso manufatti alternativi come briglie o muri di sponda). Tale metodo tende ad avvicinarsi alla
surrogazione e implica il problema di tenere conto dei valori passivi e duso che gli individui
associano al bene perduto.
55
Il cui costo dato dalla somma delle spese affrontate per sostituire il bene danneggiato con altri
beni capaci di svolgere le stesse funzioni o fornire le stesse utilit. Ad esso viene fatto sovente ricorso
per valutare i siti ricreativi compromessi da un evento (parchi, giardini pubblici).
56
Analogo criterio di commisurazione del grado di interventi da compiere per fronteggiare gli eventi
che rischiano di compromettere la qualit dellaria ambiente, richiamato dal recente d.lgs. 13 agosto
2010, n. 155, recante attuazione della direttiva 2008/50/CE per unaria pi pulita in Europa, che in pi
parti fa riferimento alladozione di misure che non comportano costi sproporzionati in relazione
agli obiettivi da perseguire (es. artt. 9, comma 1 e 13 comma 1).
25
maggio 1999, n. 152 contemplava per i soli illeciti amministrativi e penali previsti
in materia di scarichi57 .
Daltra parte, la teoria della responsabilit civile insegna che tali derive
sanzionatorie ancora presenti nel sistema rischiano di limitare la funzione
deterrente, che sottesa al principio chi inquina paga 58, in quanto i potenziali
inquinatori sono indotti a non adottare le cautele necessarie a ridurre
linquinamento ove le probabilit di vedersi addossato un obbligo risarcitorio non
risultino commisurate nellan e nel quantum alle condotte esigibili dal soggetto
agente: in tali casi, infatti, si introducono elementi di incertezza e casualit che
interrompono il rapporto esistente tra il costo delle polizze assicurative59 per danno
ambientale ed il potenziale carico risarcitorio, rendendo tendenzialmente uguale la
posizione del soggetto che investe in misure di contenimento dei rischi e di quello
che invece risparmia su tali spese di aggiornamento tecnologico.
Lenunciazione necessariamente sintetica di simili questioni ha lo scopo non
gi di disorientare il lettore, quanto di renderlo consapevole delle profonde
variabili in gioco e della presenza di delicate opzioni valoriali60 che si collocano al
di l del dato meramente economico e della relativa prospettiva efficientista e si
presentano ad essere meglio colte, analizzate e sviluppate in seno ai procedimenti
amministrativi piuttosto che nei processi. I primi, infatti, muovendosi in un
ambiente dialogico e negoziale idoneo a selezionare anche le migliori competenze
tecniche, manifestano una capacit di presa diretta, tempestiva e continuativa con
la realt dei fatti che ai secondi manca61.
Tutto ci implica un mutamento della tradizionale prospettiva giustizialista
che non appare pienamente colto dal dato normativo (art. 311, comma 3), se vero
che, in termini contraddittori con limpianto complessivo fin qui descritto, oltre ad
avere incrementato le sedi giudiziarie abilitate a pronunciarsi sulle vicende
57
Cfr. in generale DE SADELEER, Environmental Principles. From Political Slogans to Legal Rules,
Oxford, 2002, p. 42 ss., ripreso da B. POZZO, La direttiva 2004/35/CE e il suo recepimento in Italia,
cit., p. 9.
59
Incertezza che induce, oltre tutto, molte compagnie a non sottoscrivere pi le polizze assicurative
per attivit con elevate esposizioni ambientali, come riferito da A CROSETTI, Danno ambientale e
risorse naturali dopo il D. Lgs. n. 152/2006: rilievi problematici, in Quaderni reg., 2010, p. 496, nota
50.
60
Oltre alla scelta del tipo di intervento, si pensi anche alla priorit da dare alla riparazione di certi
danni, nel caso di simultaneit di eventi avversi. Ai fini della relativa decisione, lart. 306, comma 3,
prescrive che lautorit competente deve tenere conto anche della natura, entit e gravit dei diversi
casi di danno nonch della possibilit di un ripristino naturale.
61
26
62
Tecnica di cui si pu apprezzare la recente declinazione per opera del d. lgs. 13 agosto 2010, n. 155,
in materia di qualit dellaria ambiente, che prevede la seguente sequenza di interventi: zonizzazione
del territorio (art. 3), classificazione delle zone e degli agglomerati ai fini della valutazione della
qualit dellaria (artt. 4-5); nel caso di accertato superamento dei valori limite, adozione mediante
opportune procedure di raccordo e concertazione di piani e misure per agire sulle principali sorgenti
di emissione e ripristinare i valori limite nel pi breve tempo possibile (art. 9, con lavvertenza che le
misure non comportino costi sproporzionati); piani e misure per ridurre il rischio di superamento dei
valori limite, in presenza di significative e comprovate circostanze attinenti alla durata e gravit del
rischio ed alla possibilit di ridurlo (art. 10).
63
Per riprendere il messaggio di C. R. SUNSTEIN, Laws of Fear. Beyond the Precautionary Principle
(2005), trad. it. di U. IZZO, Il diritto della paura. Oltre il principio di precauzione, Il Mulino,
Bologna, 2010.
27
ABSTRACT
Gian Domenico Comporti La responsabilit per danno ambientale
La tecnica della responsabilit civile non costituisce lo strumento pi efficace per
amministrare i danni diffusi causati da disastri di massa. Il danno ambientale
rappresenta infatti il tipico esemplare di mass tort, al quale difficile applicare un
paradigma rimediale concepito con riferimento a fattispecie molto pi semplici e
lineari. Tali difficolt trapelano anche dalla odierna legislazione, che fornisce una
serie di spunti sintomatici di un crescente favor verso forme riparatorie alternative
al mero risarcimento per equivalente. Larticolo ripercorre in modo critico questi
spunti, sollecitando la riflessione sulla necessit di sperimentare tecniche di
contrasto allinquinamento che si esprimano soprattutto al di fuori del processo, e
in particolare nellambito di una sempre pi partecipata istruttoria procedimentale.
-------------------------------------------------------------------------------------------------The compensation for damages is not the most effective way in order to administer
the widespread damage caused by mass disasters. Environmental damage is in fact
a typical example of mass tort: so it is difficult to apply to this kind of damage a
paradigm designed with reference to much more simple situations. These
difficulties are often underlined by the environmental law, which provides a set of
cues revealing a growing appreciation for remedies which are alternative to mere
compensation for equivalent. The paper underdraws these cues critically, focusing
to anti-pollution techniques which take place outside the litigation and, particularly,
in the context of an increasing participation to the preliminary evaluation in the
administrative procedure.
28