IL ROMANICO IN ITALIA SETTENTRIONALE ED I RAPPORTI CON LOTRALPE: Lantica diocesi di Como
A.A. 2006-2007 Il Romanico darea comasca 2
INDICE
Il Romanico in Europa: le prerogative ......................................................................................... 7 Il Romanico in Lombardia ........................................................................................................... 8 Larea dellantica diocesi di Como .............................................................................................. 8 I monumenti .............................................................................................................................. 10 S. Abondio ............................................................................................................................. 10 S. Carpoforo .......................................................................................................................... 11 S. Fedele ............................................................................................................................... 12 S. Giacomo ............................................................................................................................ 13 Galliano di Cant, battistero ................................................................................................. 14 Galliano di Cant, S. Vincenzo .............................................................................................. 15 Gravedona, S. Maria del Tiglio ............................................................................................. 15 Gravedona, S. Vincenzo......................................................................................................... 16 Isola Comacina, S. Eufemia ................................................................................................... 16 ILLUSTRAZIONI ........................................................................................................................ 18 BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................................... 22 NOTE ........................................................................................................................................... 26 Il Romanico darea comasca 3
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
Figura 1. La regione e lantica diocesi di Como. ............................................................................. 6 Figura 2. Como, S. Abondio, facciata............................................................................................. 18 Figura 3. Como, S. Abondio, pianta. .............................................................................................. 18 Figura 4. Como, S. Carpoforo, abside. .......................................................................................... 18 Figura 5. Como, S. Carpoforo, sezione longitudinale. ................................................................... 18 Figura 6. Como, S. Carpoforo, pianta. ........................................................................................... 18 Figura 7. Como, S. Fedele, pianta. ................................................................................................. 19 Figura 8. Como, S. Fedele, sezione longitudinale. ......................................................................... 19 Figura 9. Como, S. Fedele, abside. ................................................................................................ 19 Figura 10. Como, S. Fedele, abside (veduta esterna). ..................................................................... 19 Figura 11. Como, S. Giacomo, pianta. ........................................................................................... 19 Figura 12. Como, S. Giacomo, abside. ........................................................................................... 19 Figura 13. Cant, Battistero di S. Galliano, pianta. ........................................................................ 20 Figura 14. Cant, S. Vincenzo, pianta. ........................................................................................... 20 Figura 15. Cant, S. Vincenzo, cripta. ............................................................................................ 20 Figura 16. Gravedona, S. Maria del Tiglio, pianta (piano inferiore). .............................................. 20 Figura 17. Gravedona, S. Maria del Tiglio, pianta (piano superiore). ............................................. 20 Figura 18. Gravedona, S. Maria del Tiglio, particolare. ................................................................. 21 Figura 19. Cant, S. Vincenzo, abside (veduta esterna). ................................................................. 21 Figura 20. Como, S. Fedelino, pianta. ........................................................................................... 21 Figura 21. Como, Isola Comacina, S. Eufemia, pianta. .................................................................. 21 Figura 22. Como, Isola Comacina, S. Eufemia, pianta della cripta. ................................................ 21
Il Romanico darea comasca 4 ~ Introduzione
Quella che segue una breve e concisa ricerca sulle vicende del primo Romanico in Lombardia settentrionale con specifiche relative al tema dell'architettura chiesastica darea comasca e sui suoi rapporti con la Germania meridionale in generale e la Rezia in particolare. Per quanto si pu immaginare, si tratta qui di descrivere e commentare i rapporti (spesso confermati attraverso le fonti documentarie come pi comunemente dallanalisi dei monumenti) tra il settentrione centrale d'Italia e la bassa area germanica. Zona a cavallo delle linee di comunicazione tra Roma e le grandi citt del nord. Questa tesi, a termine della frequenza al corso di Storia dellArte Medievale Comparata nei paesi europei nella Scuola di Specializzazione in Storia dellArte dellUniversit di Pisa, sar basata e si evidenzia per chiarezza come per onest sui risultati raggiuti da Mariaclotilde Magni (ovvero quelli degli anni 1952, 1960, e quelli ripetuti del 1969) i , attraverso unanalisi pi enu- merativa che sistematica del tema dellarchitettura romanica minore darea comasca. Ad introduzione dei risultati raggiunti dalla Magni infatti, e comera necessario, si qui fatto anche riferimento allabbondante letteratura straniera precedente e successiva reperibile e si pensi soltanto ai diari di Street (1855) ii come alle grandi raccolte di Ferdnand De Dartein (1865-1882) iii , Arthur Kinsley Porter (1915-1917) iv a quella di Nicolaus Pevsner (1945) v . In allegato al testo stesso sar inoltre possibile consultare un repertorio bibliografico nel quale, in ordine alfabetico, sono elencate tutte le pubblicazioni utilizzate per la preparazione di questo lavoro insieme ad altre eventualmente utili al lettore e concernenti tematiche analoghe ma di interesse pi generale. Larea comasca in particolare come quella Lombarda in generale sembrerebbero aver dato i natali a molti artisti ed artigiani che lavorarono sia a nord che a sud delle alpi a partire dal X secolo. Tratto che sembra anzitutto confermato dalla placca con limmagine di S. Nazaro di Hannover (oggi al Kestner-Museum di Hannover) sulla quale si basa lattribuzione del Registrum Gregorii ad un maestro di provenienza lombarda al lavoro presso larcivescovo di Treviri Egberto e dellimperatore Ottone III vi . Squadre di muratori lombardi, analogamente a quanto fecero in et barocca, sembrerebbero poi essere presenti in Alsazia come in Svezia, mentre un comasco avrebbe lasciato traccia di se in Baviera nel 1133 vii . Altri sembrerebbero per i riferimenti e le conferme dellimportanza di questarea sia per linfluenza che ebbe verso linterno, ovvero sullItalia settentrionale viii , che lesterno, il centro e lest Europa ix . Da queste terre infatti provengono numerosi muratori, scultori e pittori. Adamo da Agogno inizia il Duomo di Trento mentre Giovanni da Campione sembrerebbe essere lautore dei portali della chiesa di Santa Maria Maggiore di Bergamo. Bonino da Campione, lautore dellarca scaligera di Cansignorio come Lorenzo degli Spazzi da Laino in Valdintelvi ricordato tra alcune vicende per la costruzione del duomo di Como. Nei registri delle fabbriche della Certosa di Pavia e del duomo di Milano si trovano tanti dei nomi di campionesi e di paesi vicini. Dal villaggio di Carona, oggi in Svizzera meridionale sul lago di Lugano (che era entro i limiti nord occidentali dellantica diocesi di Como), usciranno i Solari che sotto il nome di Lombardo rappresentano sicuramente alcuni tra i maggiori creatori del Rinascimento veneziano. Inoltre da Campione, sulla costa opposta del lago, partir Pietro Antonio Solari che lavorer verso al fine del XV secolo al Kremlino di Mosca. Poco pi a sud invece Maroggia da dove avranno origine i fratelli Rodari, noti aver lavorato al duomo di Como. Ed proprio da Marogia che partir ancora Baldassarre Longhena che a Venezia realizzer com noto, oltre ai palazzi Pesaro e Rezzonico, anche la chiesa di Santa Maria della Salute. Sempre sulla medesima sponda del fiume, da Bissone a pochi chilometri a sud di Campione dItalia, i Gagini partiranno per lavorare in Liguria, in Sicilia, in Lombardia come nel Friuli, in Francia ed in Spagna. Da Rovio, poi Scaria in Valdintelvi, si muoveranno molti dei membri della famiglia dei Carloni, scultori, pittori, architetti attivi in Liguria, nel Piemonte, a San Gallo, a Einsielden ed in altre chiese svizzere. Dalla medesima plaga luganese poi, e dalla Val Mesolcina (a Nord-Ovest del Lago di Como), partir Giovanni Maria Nasseri da Lugano impegnato preso la Cappella dei Principi a Dresda decisiva per lintroduzione del nuovo stile rinascimentale in Sassonia. Altri spostamenti Il Romanico darea comasca 5 vedranno artisti raggiungere la Polonia e quindi la Russia. Domenico Trezzini da Astano (tra il Lago di Lugano e il Lago Maggiore) nel XVIII secolo architetto di fiducia di Pietro il Grande nella creazione di Pietroburgo, architetto, tra laltro, del convento di Newski. Sempre a Mosca ritroviamo larchitetto Giovanni Battista da Montagnola. Ma fu sicuramente a Roma che tra il Rinascimento ed il Barocco giunsero dalle nostre regioni molti artisti di immenso rilievo; dallarea di Lugano provengono infatti Domenico Fontana (nato a Melide sul Lago di Lugano) come Carlo Maderno, nato a Capolago. Il medesimo Borromini era di Bissone. Ma conferme dellimportanza dellarea nellalto Medioevo, in fine, sembrerebbero provenire da pi recenti indagini sullarea Germanica settentrionale x e persino sul Ungheria xi .
Il Romanico darea comasca 6
Figura 1. La regione e lantica diocesi di Como xii .
Il Romanico darea comasca 7
Il Romanico in Europa: le prerogative
Nellarco di circa tre decenni, tra il 1060 e il 1090, lEuropa tutta vive un periodo di intensissima attivit architettonica. Mentre lo stile Romanico diviene la grande realt spirituale del tempo, lo sbocco per una o forse due generazioni di architetti ed artigiani, vengono infatti erette in questo periodo numerose costruzioni chiesastiche dallovest allest dellEuropa partendo dalla Spagna attraverso la Spagna fino alla Germania, lItalia e, a nord, lInghilterra. Una volta segnata la strada del nuovo sentimento architettonico, arriver il tempo per una diffusione che non potr essere che capillare: dai centri maggiori ai minori, dalle aree periferiche alle valli fino alle zone pi impervie delle montagne; da qui le singole creazioni dellarchitettura sembrano divenire normative, mentre nasce e si sviluppa un uso di forme e stili comune. Ma larchitettura Romanica in generale, come forse quella Romanica Comasca in particolare, principalmente chiesastica; rari, infatti, sono i monumenti archeologici di architettura militare come, ancora di pi, quelli di tipo civile, sia pubblico che privato. I palazzi comunali come quelli signorili sorgeranno pi spesso in et proto-gotica con laffermazione dei poteri comunali e delle citt franche, ed avranno forme accademiche xiii lontane dal primo Romanico. Daltro canto larchitettura delle chiese che aveva avuto la sua origine antica nelle basiliche romane, cominciava ad acquistare un nuovo valore con una pi chiara distinzione e marcatura dei pesi e degli spazi come lintroduzione delluso diffuso della volta. Ledificio cultuale di conseguenza diviene un insieme pi omogeneo e modulato costituito da murature perimetrali solidamente impostate e articolate in arcature a pieno centro gravanti su pesanti pilastri e non soltanto colonne. La distinzione dei pesi e delle strutture corrispondenti, vedr la nascita di pilastri a croce a supporto delle pareti come delle coperture laterali delle navate. Ai lati della chiesa si affiancheranno quindi i contrafforti a contenere le spinte verso lesterno. Altro elemento che si andr a diffondere variamente in tutta lEuropa sar lampio sviluppo del presbiterio e del coro ai quali si aggiungeranno poi gli elementi trasversali dei transetti. A partire dai modelli dellarchitettura carolingia, Aquisgrana prima fra tutte, principalmente in Francia si svilupperanno le forme tipiche del cosiddetto coro benedettino, ovvero della struttura areale del presbiterio dove al allabside principale se ne aggiungeranno altre a andamento radiale apparsa per la prima volta a Cluny xiv o assiale xv . Talvolta avendo un contorno di altari e cappelle absidali il cui accesso avviene senza bisogno di deambulatorio, come accade ad esempio a Bois, Chartres, Cluny II, al Saint Pierre di Sone-et-Loire e a Payerne. Il Romanico tedesco, prima con Centula (costruta da Angilberto, genero di Carlo Magno tra il 790 e 799), St. Riquier e con Corvey e Werden poi, con la chiesa di San Michele ad Hildesheim (1001-1003 ca.) offriva una struttura a doppio transetto con bipartita strutturazione tra labside ad oriente ed uno identico ad occidente, il Westwerk, ovvero corpo occidentale xvi . A differenza di quanto succede generalmente in Italia ed analogamente in area comasca spesso sopravvive il tipo basilicale semplice con o senza transetto, nei grandi cantieri di tipo monastico in area Francese si adotter oltre al coro benedettino anche il tipo delle chiese di pellegrinaggio (ad esempio a Conques), mentre in alcuni casi si avranno soluzioni ibride come a Saint-Benoit-sur-Loire. Sempre in territorio francese si uniranno le soluzioni della pianta a croce latina con quella della nave unica insieme con la copertura a cupola (cfr. Souillac). Ma le nuove soluzioni sviluppate in pianta verranno poi aggiornate negli alzati della chiesa romanica nella quale la diffusa pratica di concludere la chiesa in materiali lapidei o in muratura, o attraverso pi semplici arconi trasversali, forse per proteggere le costruzioni dai danni degli incendi porter alla creazione di un nuovo e stretto legame tra il muro e larco o la volta: nasce cos un nuovo stile architettonico basato su un modulo, la campata, ovvero lo spazio quadrangolare incluso tra quattro piedritti e coperto spesso da una volta a crociera mentre forma coincide con funzione. Da qui il pilastro, e non pi la colonna, il principale elemento di sostegno verticale utilizzato ed assume un profilo a croce o a fascio e si associa ai contrafforti allesterno che reggono Il Romanico darea comasca 8 le spinte laterali. proprio da qui che si svilupperanno variazioni come quella dellalternanza tra campate, una nella navata centrale corrisponder a due nelle minori laterali che assumono proporzioni dimezzate mentre i piedritti assorbiranno rispettivamente i pesi e della navata centrale e quindi delle laterali; primo fra tutti sta qui il modello di S. Ambrogio a Milano. Le due torri in facciata poi, comparse per la prima volta nella cattedrale di Strasburgo nel 1015, avranno un utilizzo molto ampio per tutta lEuropa, non soltanto in Germania ma in Francia ed in Inghilterra. In area lombarda poi le torri verranno utilizzate principalmente ai fianchi del transetto allincrocio con la navata principale.
Il Romanico in Lombardia
Ma proprio nel romanico lombardo che nasceranno e si propagheranno diversi tipi ed elementi costruttivi come motivi decorativi; infatti dalla Lombardia, ed ovviamente intendendo unarea molto ampia dalla moderna Emilia-Romagna alla Lombardia e parte del veneto occidentale, che si propagheranno gli elementi decorativi delle logge, archetti, delle gallerie, delle lesene che tanto hanno mosso ed animato prospetti, fiancate ed absidi delle costruzioni di quellarea. I rapporti pi stretti si ebbero sicuramente tra la Lombardia e Colonia, citt nella quale, prima delle gravi distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, era sicuramente capitale dellarchitettura romanica nella valle del Reno, sicuramente se paragonata con le soluzioni dellarchitettura dellalto Reno. Lungo gli itinerari delle campagne imperiali in Italia sembrerebbe essersi svolto un continuo scambio di idee come di artigiani e molti muratori, architetti e decoratori lombardi devono aver viaggiato in lungo ed in largo tra il nord della penisola e larea della Germania meridionale; la presenza di maestri di origine comasca per altro documentata in Alsazia come in Svezia mentre ormai certa la presenza di un maestro comasco a Baviera nel 1133 xvii . Una analisi del patrimonio architettonico lombardo rivela da subito, forse pi di ogni altro territorio dellEuropa del tempo, una grande variet (come forti differenze) di tendenze costruttive, come figurative; una diversit che frutto delle vicende storiche e politiche come della specifica collocazione geografica che lo vede in contatto con lEuropa centrale ed occidentale da un lato come, attraverso sud est con loriente. Larchitettura lombarda ha le sue fondamenta basate sullantica e fertile tradizione delle maestranze comacine che utilizzarono il loro lessico tecnico e decorativo in maniera ripetuta e continua; si pensi alle lesene, agli archetti pensili, elementi utilizzati per animare principalmente le superfici di facciata ed abside. Da qui il primo esempio compiuto di architettura romanica in Lombardia si avr nella basilica romanica di SantAmbrogio (X-XI secc.), edificata sullimpianto della chiesa paleocristiana gi rimaneggiata in et altomedievale; ad esempio, labside fu completamente rifatta mentre poi si rinnovavano le navate coprendole con volte a crociera costolonate. Di li in avanti molte nuove basiliche verranno erette in Lombardia: a Como, il SantAbbondio (1063-1095) xviii , San Carpoforo (consacrata nel 1040 ed poi modificata) xix , e S. Fedele (1115 ca.) xx , a Pavia la chiesa di San Michele (1004-1135), Modena, (1099 ca.), Cremona (inizi XII) ecc.
Larea dellantica diocesi di Como
Quello che appare assolutamente necessario prima di effettuare una analisi, seppur approssimativa, dellarchitettura comasca in generale e quindi delle strutture periferiche, tentare di ricostruire per quanto sia possibile il periodo storico come larea geografica interessata. Anzitutto si noter che dei monumenti da studiare ben pochi risalgono al periodo successivo al 1000 mentre si datano entro la fine del XII secolo. Leggendo i suoi ripetuti interventi sulla Storia di Milano del Bognetti xxi , appare chiara la fondamentale funzione politica oltre che posizione geografica nel periodo longobardo dei maggiori centri prealpini dellarea centrale a fronte delle montagne. Una volta caduto ogni limite Il Romanico darea comasca 9 geografico tra la penisola e lEuropa centrale, si crearono precise linee direttive tra il nord, la zona di Como e la pianura lombarda a sud xxii . Dallarea della Rezia per passare attraverso i passi del Bernina, del Malajola e dello Spluga si giungeva al Lago di Como e da qui, attraverso i due rami occidentale ed orientale, con Como e Lecco per superare a ovest ivalichi del Lucumano e del Settimio sul Lago Maggiore. Ed appunto questa larea delle prealpi lombarde nella quale, ancora sotto la dominazione bizantina, molti dovevano essere gli insediamenti vitali al tempo delle invasioni; si pensi a Lecco, Castelmarte, lIsola Comacina, Como stessa e Seprio ovviamente con il gruppo di Novate e Pombia. Questa sicuramente larea dellultimo baluardo contro i Longobardi che premevano da sud e si ricordi che lIsola Comacina fu certamente in possesso dei bizantini dipendenti da quel Francione arresosi soltanto nel 588 ben venti anni dopo la conquista longobarda dellItalia settentrionale xxiii . Molte sono purtroppo le lacune nelle fonti per quantoriguarda le vicende della storia comasca durante la dominazione longobarda prima e franca poi fino alla dominazione milanese degli inizi del XII secolo, anche se preziose sono le informazioni rintracciabili nella letteratura di Cant xxiv , Bagnetti xxv , Besta xxvi , Barni xxvii , Molteni xxviii e Strada xxix . Como, con le sue provincia e diocesi xxx , appare lungo tutto il Medioevo in aperto contrasto con Milano la cui influenza si far sentire significamene soltanto colla fine del XI secolo. I vescovi milanesi cercarono spesso di esercitare il loro potere su numerose diocesi lombarde che per, sia per quanto riguarda Como e Pavia, antica sede della capitale del regno, non sempre perdevano la loro autonomia. Dal canto suo Como sin dai primi anni del VII secolo godeva di una forte indipendenza dal vescovo di Milano quando, aderendo allo scisma dei tre Capitoli, chiedeva la consacrazione del proprio vescovo Agrippino direttamente al patriarca Giovanni di Aquileia xxxi . Una indipendenza, quella di Como che era anche politica ed economica probabilmente confermata anche dalla sua indipendente gestione dei passi e percorsi alpini xxxii . Ma le tensioni con Milano verranno sempre ad acuirsi fino a divenire rotture agli inizi del XII secolo; una lotta questa durata decenni e vinta a scapito della citt lariana. Quando nel 1096 moriva il vescovo comasco Artico, venne regolarmente eletto come suo sostituto Guido Grimoldi mentre da parte imperiale fu nominato Landolfo da Carcano. Da qui in avanti cominceranno attriti e scontri che dureranno per oltre due decenni fino al 1118 quando Milano sconfigger definitivamente Como. I due prelati infatti rimarranno in conflitto per circa venti anni essendo il primo insediato in citt mentre il secondo nel contado, lo stesso che i comaschi affronteranno e faranno prigioniero nel castello di San Giorgio. Da qui si scatener la potenza milanese a fianco del vescovo canonicamente eletto xxxiii . Una volta diminuito il potere di Seprio nella seconda met dellXI secolo, le diocesi di Milano e Como erano oramai a diretto contatto non solo religioso ma anche politico in unarea come si notava di estrema importanza nelle comunicazioni col centro Europa. La guerra scoppi nel 1118 vedendo la vittoria di Milano su Como e la definitiva distruzione della citt lariana ceh comincer cos a decadere ineluttabilmente e da un punto di vista politico e artistico. Una fioritura artistica quella comasca che aveva avuto un enorme sviluppo tra il X e lXI secolo nella diocesi e provincia della citt con la costruzione di un grandissimo numero di chiese sia sulla terra ferma che sulle isola Comacina. Si pensi soltanto che proprio qui, in una posizione che si penserebbe defilata, sono documentate esserci sei chiese mentre altre sette furono costruite sulla riva del lago vicina xxxiv . Larchitettura romanica darea comasca, analogamente a quella milanese, non si svilupp allinterno di una semplice area delimitata da confini, ma, anzi, in una regione molto diffusa anche se concentrata sulla direttrice nord sud tra Coira e Como. Quella zona che, scrivendo con le parole del Chiesa xxxv , era il Lario e il Ceresio ovvero due plaghe della medesima terra, popolata dagli stessi uomini che parlano la stessa lingua e sentono concordemente offrendo a chi li vede il medesimo volto. Il Romanico darea comasca 10 Ma alcune parole ancora sono da spendere a commento della letteratura esistente sullarchitettura romanica comasca; anzitutto, la prima e fondamentale opera del vescovo Ninguarda xxxvi , in visita a Como tra il 1589 e il 1593; una fonte importantissima ed estremamente dettagliata realizzata con intelligentissime note sullo stato delle chiese dellarea alla fine del XVI secolo xxxvii . Al vescovo faranno seguito anche, allla fine del secolo successivo Giovanni Battista Giovio xxxviii , mentre poi allinizio del XIX secolo, il Barelli xxxix e il Balestra xl , e quindi di seguito il Cavagna Sangiuliani xli , SantAmbrogio xlii , Giussani xliii , il Monnered de Villard xliv tutti studiosi in vario modo influenzati dal Venturi, Toesca e dallimponente monografia del Dartein xlv . Di qui in avanti, gli studi di Porter xlvi e poi di Verzone xlvii e Arslan xlviii , Panazza xlix e, anche se marginali al nostro discorso, quelle del Ceschi l si concentreranno principalmente su questioni di cronologia, mentre, in fine, alla Magni li si dovr una serie di interventi basati principalmente su questioni di storia della tecnica edilizia come un gran numero di lavori tipologici.
I monumenti
S. Abondio
Ad una analisi pi ravvicinata dei monumenti romanici comaschi con particolare riferimento allarchitettura religiosa S. Abondio (fig. 2) lii sicuramente quello di maggior rilievo; certamente uno dei maggiori monumenti dello stile lombardo, la chiesa descritta dal Giovio liii e dal Ninguarda liv e quindi analizzata ed illustrata dal Dartein lv . Successivamente studiata dal Boito lvi , fino alla Magni lvii . Molto probabilmente eretta gi in et paleocristiana, esistono infatti, molte iscrizioni datate al V secolo e ritrovate durante gli scavi di inizio secolo scorso. La chiesa fu tradizionalmente dedicata ai principi degli apostoli ed utilizzata a lungo come cattedrale. Cant (I, p. 54) affermava che S. Abbondio fu fondata da S. Felice quando S. Amanzio trasl delle reliquie di Pietro e Paolo da Roma (Giovio, p. 181). Tatti ricorda la prima chiesa officiata da un capitolo di preti menzionato in un privilegio carolingio nell803 e quindi di Ludovico il Pio nell818 (Tatti, I, 945, 946). Pi tardi (914), per, S. Abbondio non pi cattedrale a scapito di S. Eufemia lviii . Nello stesso 1013, Alberico, allora vescovo di Como, stabilisce un monastero benedettino presso la pieve lix ; atto confermato formalmente anche da Enrico II che seguir ad elargire donazioni nel 1015, 1027 e 1063 lx . Una cronaca forse di Filippo da Goffredo ricordava la data del 1095 per la consacrazione; al 16 maggio dello stesso anno risale la bolla di papa Urbano emanata a Milano lxi ; lo stesso papa che rinominer proprio in quellanno la chiesa a S. Abondio. Al 1180 risale un altro donativo del vescovo di Como, allora ormai insediato a S. Eufemia, mentre da documenti datati dal 1195 al 1205 si viene a sapere che gi crano state tensioni per lelezione del vescovo tra i monaci ed il capitolo della cattedrale. Daltro canto, con due bolle di papa Innocenzo III (1205, 1208), appare ormai chiara la dipendenza di S. Abondio direttamente dalla Santa Sede. La chiesa fu gravemente modificata dal cardinale Tolomeo Gallio nel 1586 lxii quando il portico dingresso fu raso al suolo mentre nuove finestre vennero aperte e le navate con volte mentre nuovi altari vennero ricomposti e rifatti. Proprio agli inizi del secolo successivo risale linstallazione presso S. Abondio di un canone di agostiniani che rimase attivo fino al 1796, quando venne definitivamente soppresso. Nel 1863, un grande intervento di restauro fu intrapreso per consolidare ledificio che ormai soffriva problemi statici; allinterno si rimossero paramenti murari tardi come si abbatterono le volte. La navata laterale, lato occidentale, venne rifatta seguendo la descrizione del Ninguarda. Questo il periodo nel quale i resti della precedente basilica furono scoperti. La chiesa attuale costituita da una pianta a cinque navate divise da sei campate e ciascuna terminante in una abside semicircolare; la maggiore, assiale, sviluppatesi in maniera estremamente maggiore rispetto alle laterali (cfr. fig. 3). Ai lati dellabside principale poi si alzano due campanili a base quadrata disposti simmetricamente. Allinterno, la chiesa sorretta da quattro elevate file di Il Romanico darea comasca 11 pilastri cilindrici, a collegamento di arcature, e coronati da capitelli cubici e con basi attiche. La muratura abbastanza regolare, analogamente a S. Benedetto di Lenno lxiii , e sicuramente uniforme costituita com da conci squadrati e filari ordinati anche se non sempre disciplinati. La decorazione delle pareti esterne particolarmente sviluppata e costituita da filari di archetti pensili alternati a lesene lisce, tratto comune dellarchitettura romanica comasca e che ritroveremo spesso di seguito, ed a colonnini. Le finestre ad ogiva cono fortemente strombate e decorate, soprattutto nellare absidale, da ghiere a tralci e motivi fogliati. Sui campanili le finestre sono su due livelli, trifore nellultimo. La facciata a salienti e ritmata longitudinalmente da larghe lesene a marcatura della divisione interna come a separazione delle archeggiature pensili alla sommit dei cornicioni. Un tratto formale in fine degno di nota; labside costolonato (con costoloni a profilo squadrato) ad ombrello analogamente a quanto accadeva nella medesima area in S. Eufemia sullIsola Comacina e, in Francia settentrionale, in St-Remy of Bruyre-sur-Fre. La stessa abside decorata da numerosi fregi dintorno ai fornici; strutture analoghe al S. Michele di Pava pi che al S. Ambrogio di Milano.
S. Carpoforo
Come accade spesso di riscontrare a chiunque si avvicini allo studio dellarchitettura romanica comasca, il primi dati bibliografici reperibili tornano ad essere il Ninguarda e il Giovio; qui che si trovano le prime tracce a descrizione di S. Carpoforo (fig. 4) lxiv , chiesa a poche centinaia di metri a sud dal centro urbano. A Clericetti si deve il primo contributo analitico delledificio lxv . Largomento fu poi ripreso, monograficamente, dal Tatti lxvi . Ultimissimo contributo quello di Giuseppe Rocchi Coopmansa de Yoldi lxvii . Da quanto sembra la fondazione di S. Carpoforo risalirebbe ad una data estremamente alta: la chiesa sarebbe stata infatti eretta sul luogo di un antico tempio pagano dedicato a Mercurio lxviii . Tatti ricorda inoltre anche la data di fondazione da parte del vescovo S. Felice nel 379, mentre allanno successivo (380 ca.) risalir la traslazione delle reliquie del santo, l poste nella cripta. Altra la tradizione ricordata dal Giovio lxix . La chiesa, considerata la pi antica di Como e che fu cattedrale, sarebbe stata specificamente realizzata sul luogo della memoria di San Carpoforo, soldato romano sottoposto a Massimiano che, convertitosi al Cristianesimo, moriva massacrato dai suoi stessi commilitoni nei pressi di Como. Le fonti disponibili, perduti gli originali lxx , ricordano il rifacimento di S. Carpoforo sotto Liutpriando che garant privilegi alla chiesa (724 d.C.). Il legame con Liutprando sar spesso confermato dalle fonti che insistono spesso sulla tradizione del trasporto proprio a S. Carpoforo di alcune reliquie del santo e di suoi accoliti (Proto, Giacinto e Eugenia) da Roma. Giovio poi ricorda lantica dedicazione di S. Carpoforo ai Sette Ordini, a significare dotazioni per tutti gli ordini ecclesiastici lxxi . Agli inizi dellXI secolo, la chiesa dipendeva da S. Abondio mentre entro il 1040, un monastero benedettino fu insediato a S. Carpoforo lxxii . Secondo Porter, e seguendo il Giovio e Barelli, la chiesa sembrerebbe in fine essere stata edificata tra il 1028, quando Litigerio diviene vescovo di Como e il 1040, quando la chiesa sembrerebbe essere gi in uso. Allo stesso litigerio sembrerebbe da attribuire la fondazione del convento annesso alla chiesa e ripetutamente testimoniato come attivo tra il 1090 e 1091 lxxiii . Nel 1872, comincia un pesante intervento di restauro lxxiv . La chiesa era in quella data molto ben conservata se paragonata con la situazione attuale; rimanevano ancora le antiche cancellate di separazione tra navate e coro rialzato e le volte a crociera dellarea absidale da li in avanti distrutte. In questo stesso periodo vennero anche alla luce numerose lastre datate alla tarda et carolingia. Soltanto due anni dopo (maggio 1874) la copertura croll mentre ricominciava una nuova e fervida attivit di restauro che comport anche la stuccatura ed intonacatura degli interni ad obliterare i paramenti murari. Il Romanico darea comasca 12 Attualmente la chiesa di S. Carpoforo a tre navate delle quali la centrale divisa in tre campate con loccidentale molto pi amplia delle due rimanenti; un coro rialzato sovrastante una cripta, unabside centrale, una absidiola meridionale, ed un campanile quadrato. I piedritti intermedi delle navate sono stati rimossi e sostituiti durante i restauri della seconda met dellOttocento. Le attuali navate laterali sono coperte da volte a crociera ed alternate da archi traversi evidentemente di restauro mentre in origine la copertura doveva essere certamente in legno. Lunica copertura a volta originale probabilmente quella alla base del campanile lxxv . Le pareti esterne sono mosse da frequenti aperture ogivali disposte regolarmente allaltezza del cleristorio e molto probabilmente anticamente schermate da materiali lapidei traslucidi. La cripta si alza ancora su alte colonne a sostegno di una copertura a volte a crociera non originarie. La muratura visibile grezza e sembra mantenere il suo carattere originale. Il materiale costruttivo costituito da grossi conci non squadrati distesi su filari soltanto approssimativamente allineati. Daltro canto, la muratura dellabside (decorato da un filare di archetti pensili allaltezza della cornice superiore e ritmato da colonnine verticali addossate alla parete; cfr fig. 4), estremamente fine e ben squadrata e costituita di blocchi ben sagomati e posati su filari estremamente regolari ed alternati su due toni, uno scuro ed uno chiaro (decorazione litotomica, ovvero alternanza di materiali scuri e chiari su filari sovrapposti).
S. Fedele
La chiesa di S. Fedele (figg. 7-9) lxxvi , sicuramente una delle pi rilevanti dellarea lariana, come accade spesso fu descritta sia da Giovio che Ninguarda lxxvii . Entrambi autori di complete descrizioni. Lo stesso Dartein si intrattenne molto sullo studio di S. Fedele pubblicando le prime tavole della pianta e della sezione come di alcuni particolari decorativi mai pubblicati fino ad allora. Il Barelli continuer questa linea interpretativa non aggiungendo molto di nuovo lxxviii . La chiesa abbastanza ben conservata mentre gli interni sono purtroppo rivestiti di intonaco dal tardo Rinascimento mentre il paramento lapideo praticamente illeggibile. La chiesa era dedicata a S. Eufemia prima del X secolo mentre il Tatti congetturava di conseguenza che la chiesa fosse stata fondata dallo stesso S. Abondio verso il 452 da quando il vescovo introdusse a como il culto della santa orientale lxxix . Tatti stesso ricordava anche un atto del vescovo Walperto del 914 nel quale la stessa S. Eufemia come cattedrale di Como officiata da un capitolo di preti lxxx . Questa medesima importanza poi confermata dal vescovo Ninguarda che ricordava anche che la chiesa era ancora degna di tutta considerazione anche dopo il trasferimento del titolo di cattedrale mentre in essa, collegiata, mantenne sede un preposto e sette canoni con cura danime ed ufficiatura regolare lxxxi . Il titolo della chiesa sembrerebbe probabilmente cambiare nel decimo secolo, precisamente nel 964, quando i resti di S. Fedele vennero trasferiti da Samolaco (sullestremo lembo settentrionale del Lago di Como) alla chiesa che da quel momento in avanti cambier nome lxxxii . La chiesa sembrerebbe essere stata officiata per la prima volta nel 1032 e 1035 lxxxiii quando era presente anche un capitolo di preti mentre Cant lxxxiv e Tatti lxxxv rammentavano anche che i preti della chiesa si erano anche riuniti in un canone regolare. Latto di fondazione, non datato purtroppo, fu pubblicato sempre dal Tatti lxxxvi . Sempre dal Tatti veniamo a sapere che per tutto il XII secolo ed a partire dal 1103, si ebbero continue ingerenze da parte vescovile sulla canonica di S. Fedele terminate soltanto con lintervento del papa Pasquale II lxxxvii . Cesare Cant era invece testimone del contenuto di due altri testi dove era descritta lesistenza di un portico di fronte alla chiesa (1151) lxxxviii come pi tardi lo stato gravemente precario del campanile (1270) lxxxix . Altre due date sono di grande rilievo: nel 1335 la chiesa ospita temporaneamente il titolo della cattedrale quando la chiesa di S. Maria era in ricostruzione e il 1509 quando S. Fedele viene ricostruita in stile tardo rinascimentale e la facciata forata da un rosone xc . Sempre dalle nostre fonti sappiamo che il piano di calpestio interno alla chiesa non corrisponde pi a quello antico, probabilmente a mosaico, mentre il livello stato innalzato per adeguarlo a quello del piano stradale. A conferma del rialzamento sono le colonne prive di basi perch interrate. Il Romanico darea comasca 13 La muratura esterna, coerente con quella interna, in materiali lapidei regolarmente squadrati e bene allineati su file ben disposte orizzontalmente analogamente allinterno. Sulla sinistra dellingresso principale trova spazio il battistero; noto come S. Giovanni in Atrio xci proprio perch annesso alla chiesa ed anticipato da un antico portico sfortunatamente distrutto. Il capitolo della chiesa venne soppresso nel 1789 xcii . Nel 1806 la cupola antica fu restaurata nella sua forma attuale mentre alcuni anni pi tardi alcune cappelle laterali vennero aggiunte xciii . Di nuovo nel 1867 si effettuarono altri lavori di restauro che comportarono un abbassamento del livello della pavimentazione e quindi un avvicinamento al livello originario di calpestio. Questo il periodo nel quale una cappella costruita sul lato occidentale della chiesa fu rimossa mentre unantico ingresso l aperto fu nuovamente reso utilizzabile. Nel 1893 le cappelle furono restaurate ed i pavimenti abbassati. La chiesa di San Fedele consiste oggi di una nave lunga quattro campate e due navatelle laterali. Il coro costituito da una sola campata circondata da una navata anulare; una struttura questa del tutto analoga alla terminazione absidale composita di S. Maria in Campidoglio a Colonia (cfr. fig. 9) xciv . Originariamente, escludendo alcune cappelle aggiunte in tempi moderni, il coro era affiancato da cinque cappelle radiali a profilo semicircolare. Se vista in pianta, la chiesa di S. Fedele appare evidentemente come uno, forse il pi sviluppato, dei pi importanti risultati dellarchitettura romanica non solo comasca ma europea. Attualmente la chiesa completamente voltata a differenza della situazione originaria; la navata centrale infatti era attraversata da tre arconi, ancora esistenti al di sopra delle volte attuali, e coperta a capriate. Le navate laterali sono attualmente coperte di volte a crociera costolonate prive di archi trasversi. Le strutture di copertura sicuramente pi importanti e significative sono quelle dellarea absidale dove queste furono rivestite da murature posticce in epoca tarda e quindi attualmente ancora mantenute; gli spazi voltati sono suddivisi in compartimenti alternativamente rettangolari e triangolari attraverso pesanti archi trasversi. Sul lato nord della navata settentrionale si alza il campanile, che pendente. La cupola stata rifatta completamente in stile barocco mentre limitate tracce della struttura originaria dimposta sono ancora visibili. A conferma dei grandi lavori di rifacimento sono le finestre quasi tutte rifatte soltanto poche mantengono ancora oggi il loro aspetto romanico. Significative le aperture delle nicchie absidali, molto ampie, rispetto a quelle pi limitate delle gallerie. Le murature sono estremamente regolari come i conci perfettamente squadrati e disposti su filari regolari ed orizzontali. Tale raffinatezza nelluso dei materiali costruttivi farebbe persino pensare allutilizzo di materiali antichi, forse romani xcv . La decorazione lapidea estremamente diffusa ed elaborata; capitelli corinzi a foglie lisce decoravano le colonne a separazione delle navate come anche capitelli cubici a profilo liscio erano alternativamente utilizzati. Particolarmente degni di nota sono i variati capitelli delle colonnine interne ed esterne dellabside coronate alternativamente di capitelli corinzi a foglie lisce, da strutture composite, come da capitelli zoo- morfi (aquile e animali mostruosi sono per esempio ben visibili). Colonne come pilastri hanno basi modanate ben sagomate. Allesterno la decorazione architettonica molto abbondante e costituita da archetti pensili sui lati delle navate mentre nellabside coronata da una complessa struttura praticabile con colonne libere a sorreggere un portico ad archetti a qua volta sormontato da strutture pensili su mensole. Una ulteriore caratteristica della decorazione scultorea della chiesa quella rappresentata dallapertura absidale; sugli stipiti del portale, qu timpanato, sono infatti rappresentati due episodi dellAntico Testamento: Daniele nella fossa dei Leoni e Abacuc e langelo. Ma sicuramente per le gallerie absidali, praticabili, che S. Fedele merita ogni attenzione anche considerando che non sembrano essere documentate strutture decorative di questo genere entro il XII secolo. Nella stessa S. Abbondio, la struttura degli archetti pensili appare molto meno elaborata e nessun accenno allesempio fedelino fatto.
S. Giacomo
Il Romanico darea comasca 14 La grande chiesa di S. Giacomo xcvi (vedi figg. 11-12) data dal Porter al 1105 ca. xcvii , pur essendo uno dei pi maestosi edifici religiosi di Como, affatto conosciuta; ovviamente la chiesa compare sia nelle descrizioni di Giovio xcviii e Ninguarda xcix (quando S. Giacomo era in restauro; ovvero negli anni nei quali la chiesa era sottoposta ad interventi di rifacimento come di rimodellamento in stile baroccheggiante) come anche in studi pi tardi di Clericetti c e Barelli ed in fine dal Rivoira ci ; dopo di questi almeno si ricordino i lavori storici di Rocchi cii e di Gini ciii . Ben poco si sa: la chiesa documentata soltanto nel 1144 mentre soltanto nel 1292 si ricordava la rimozione delle campane civ . E si noti anche che labside decorato da due file di archeggiature. Pensili appena al di sotto della copertura e piene, sorrette da colonnette libere, appena ad un livello pi in basso (fig. 12). Sempre dal citato Barelli cv , la chiesa fu restaurata nuovamente ed in maniera pesante nel 1657. Ad oggi, S. Giacomo consiste di una navata a tre campate con due navate minori ai lati ed un transetto sporgente. Il coro moderno diviso in due campate e aperto su cappelle laterali ed un abside. Il coro anticamente comunicava con le campate laterali con unarcata che fu poi chiusa ma di cui rimangono ancora oggi delle tracce. Linterno delledificio stato completamente coperto di intonaco barocco. Da quanto si nota da unanalisi autoptica del monumento come leggendoli Porter sembrerebbe evidente che la chiesa fu originariamente coperta da capriate nella navata centrale e volte a crociera nelle due minori ai lati. Per quanto riguarda lo stato originario della copertura dellabside, ben poco si sa. La struttura attuale, a cupola costolonata su trombe angolari soltanto del XII secolo inoltrato. La struttura della chiesa si innalza su strutture rifatte in stile barocco e difficilmente leggibili. I capitelli erano probabilmente cubici. Daltro canto gli unici tratti di muratura visibili presentano una muratura regolare in pietra squadrata. Labside decorato esternamente con una galleria molto allungata ed archi rialzati su pilastrini, e con una cornice orizzontale costituita da nicchie cieche sormontate a loro volta da una fila di archetti pensili (cfr. fig. 12).
Galliano di Cant, battistero
Il battistero di S. Galliano di Cant, a sud est del margine dellantica diocesi di Como, (vedi fig. 13) cvi , fu anzitutto studiato dallAnnoni cvii che lo illustr per la prima volta in maniera estensiva seguito dal Garavaglio cviii ed ovviamente al De Dartein cix e Rivoira cx . Porter data il battistero, mai sconsacrato come invece capit alla chiesa di S. Vincenzo, al 1007 circa. Ledificio consiste di una pianta rettangolare dalla quale si aprono quattro nicchie semicircolari mentre agli angoli sono quattro pilastri liberi. Allesterno delledificio, sul lato ovest, in portico quadrangolare. Su di un piano ammezzato, e nel sodo delle pareti, una galleria praticabile del tutto analoga a quella di S. Fedele. La struttura coperta alla sommit da una cupola impostata su trombe e sorretta da arconi e mascherata allesterno. Il portico dingresso anchesso voltato a crociera. Linterno fu rimodellato in et rinascimentale e quindi attualmente illeggibile a causa di pesanti interventi di stuccatura e rivestimenti ad intonaco. Pare invece evidente ad unanalisi della muratura che il portico sia un aggiunta rispetto alla struttura originaria. A conferma di questa situazione sta il rifacimento della muratura ovest delledificio come anche degli archetti pensili a coronamento poco sotto la linea di copertura. La muratura del battistero analoga a quella della vicina S. Vincenzo anche se evidentemente pi affinata (sul lato est la parete decorata ad archetti pensili su colonnine e divisi regolarmente in serie di due a due); si veda per esempio la scansione regolare dei materiali lapidei che sono per altro ben squadrati.
Il Romanico darea comasca 15
Galliano di Cant, S. Vincenzo
La piccola chiesa di S. Vincenzo (cfr. fig. ) cxi , fu descritta anzitutto da Castiglione nel 1625 cxii nel suo lavoro sulle antichit milanesi intrattenendosi sulle reliquie di S. Adeodato li conservate. Da quanto sembra dalle indicazioni date dal Porter, la chiesa era ancora intatta entro il 1781 dal cui periodo non sembra essere pi documentata in piedi la navata meridionale attualmente distrutta; sempre Porter ricordava la chiesa costruita su spoglie romane poi mai chiaramente identificate. Sullangolo sud ovest della navata destra si alza il campanile con ancora segni del quadriportico anticamente allingresso della chiesa. Allegranza cxiii ci da alcuni ulteriori dettagli sulle vicende della chiesa. La prima monografia su S. Vincenzo, gi allora sconsacrata, di Annoni (1872) cxiv . La descrizione di Annoni, affiancata anche da disegni, poi utile strumento di analisi anche perch testimone della situazione della facciata di quel tempo ancora rinforzata da pesanti e robusti contrafforti. Oltre allAnnoni torneranno su S. Vincenzo, Barelli in maniera forse affrettata nel suo studio sullarchitettura romanica comasca cxv , poi Romussi e quindi Rivoira, Ratti e Cant cxvi . La chiesa fu consacrata dal vescovo di Milano Ariberto (1018-1045) originario per altro proprio di un villaggio presso Cant, Intimiano. Seguendo ancora il Porter si sa che S. Vincenzo fu officiato da un collegio canonico sin dal 1398 fino al XIV secolo. Entro due secoli per la chiesa perse il suo collegio come il titolo di pievela decadenza continu sino a quando, nel 1801, le reliquie vennero traslate e ledificio sconsacrato. Di l a poco poi, nel 1835, il campanile fu demolito. 1909 il momento della ricostruzione della chiesa che mia stata portata a termine fino ad oggi. Questa fu anche loccasione nella quale la chiesa fu liberata dalle baracche dei contadini che li si erano insediati sin dal secolo precedente; superfetazioni che per altro resero a lungo difficile la lettura storica del monumento. In questo stesso periodo si apportarono grandi modifiche sulla pavimentazione, scavata allora, e quindi alle finestre liberate degli interventi barocchi e rifatte in stile. Attualmente la chiesa consiste di una navata centrale lunga di quattro campate pi una settentrionale, pi due absidi semicircolari, alle quali, in sequenza scalare, si deve aggiungere la meridionale perduta, e la cripta che si sviluppa soltanto al di sotto del coro e che conseguentemente rialza notevolmente il piano di calpestio interno al di sopra delle navate (cfr. fig. 15). Parte dellantico cleristorio ancora visibile mentre la facciata quasi del tutto preservata. La chiesa nel suo insieme coperta in legno mentre soltanto nella cripta le volte sono a crociera costolonate con archi traversi assottigliati. La muratura di per se abbastanza regolare ma realizzata con conci non squadrati con sezioni in mattoni posati su filari orizzontali. I pilastri interni non hanno n basi n capitelli (talvolta soltanto abbozzati nelle forme di blocchi); nella cripta invece i capitelli sono corinzi a foglie lisce. In fine labside (cfr. A. K. Porter, tav. XCIX, fig. 2), decorato di una serie di archetti ciechi a tutto sesto ben visibili in alto sulla linea di copertura, secondo un modulo diffuso nellarchitettura chiesastica minore a Como come della Rezia cxvii , e disposti regolarmente e tratteggiati in continuit con le lesene (fig. 16).
Gravedona, S. Maria del Tiglio
La chiesa di S. Maria del Tiglio (cfr. figg. ), a Gravedona nei pressi di Como, come accadeva spesso per le chiese romaniche nella seconda met del 500, veniva visitata dal Ninguarda cxviii dal quale sappiamo molto dello stato della chiesa in quel periodo come anche da Mella cxix , Barelli cxx , il citato De Dartein cxxi e quindi Monti cxxii ed ovviamente il Porter (che la data al 1135 ca.) cxxiii e la Magni (che invece propone una datazione al periodo tra il 1150 e il 1175) cxxiv . Non sembrerebbero esserci dei dubbi sulla dipendenza di S. Maria dalla vicina chiesa di S. Vincenzo per la quale svolgeva, analogamente a quanto ricordava ancora Ninguarda, funzione Il Romanico darea comasca 16 battesimale. La chiesa era infatti precedentemente dedicata a S. Giovanni Battista le cui scene delle vita sono ancora dipinte sulle pareti esterne dellabside. La chiesa di S. Maria del Tiglio su cos chiamata dopo un episodio miracoloso avvenuto nel IX secolo e numerose volte ricordato sia nella cronaca di Aimoino cxxv che negli Annales Einardi cxxvi e negli Annales Bertiniani cxxvii . Nel 1895 la chiesa fu radicalmente restaurata mentre si rifacevano le coperture a capriate e si depurava la struttura tutta delle superfetazioni barocche. La chiesa costituita da una pianta quadrangolare con su tre lati absidi semicircolari che rendono una struttura trifogliata. La facciata invece anticipata da unampia struttura turrita ancora oggi in uso come campanile della vicina S. Vincenzo. La copertura a capriate. Le pareti tutte, sia allinterno che allesterno sono decorate di arcate cieche su colonne ritmate anche da una evidente decorazione litotomica (ovvero costituita da alternanza di pietre scure e chiare su corsi di posa orizzontali per altro a Gravedona non troppo dissimile da quella del S. Carpoforo di Como). I capitelli sono pressoch tutti cubici mentre alcuni solamente abbozzati a foglie dacanto; talvolta sono presenti elementi zoomorfi. Le pareti esterne sono ritmate da archetti pensili sorretti da lesene assottigliate che girarno tuttintorno alla chiesa. Sullabside la decorazione si sdoppia: gli archetti pensili infatti si ripetono su due file sovrapposte una allaltra.
Gravedona, S. Vincenzo
Il S. Vincenzo di Gravedona (presso Como; cfr. fig. ) fu, analogamente a quanto si pi volte notato a tante altre chiese e battisteri dellarea comasca, descritta dal vescovo Ninguarda alla fine del XVI secolo; una serie di note poi confermate dagli studi del Monti allegati alla sua nuova edizione cxxviii . Sia Barelli che De Dartein cxxix hanno studiato la chiesa insieme poi al Porter cxxx ed ovviamente alla Magni cxxxi . Molto probabilmente la chiesa fu edificata su di una struttura precedente; forse la chiesa ricordata dal Giovio cxxxii col titolo di S. Salvatore. La stessa S. Vincenzo nel 931 fu eletta al titolo di pieve e quindi officiata da un capitolo di preti cxxxiii . Si ha traccia anche della data di consacrazione, il 1072. Seguendo la citata edizione di Monti del Ninguarda, che citava un memoriale del 25 novembre 1593, si sa infatti che la chiesa fu chiesa parrocchiale e che in essa erano conservati numerosi salteri manoscritti, di cui uno datato al 1250 mentre altri persino pi antichi: la cerimonia invece ebbe luogo la prima domenica di settembre del 1072. Lo stesso Monti ricordava nello stesso luogo un canone nel quale nel 1164 erano citati larciprete e il collegio canonico. Nel 1593 ledificio fu visitato dal vescovo Ninguarda cxxxiv che ricorda la collegiata in grave stato, in rovina, a tre navate con corrispondenti absidi; proprio qui che si hanno le prime menzioni della cripta (con altare dedicato a S. Antonio), che ragione del rialzamento dellarea presbiteriale, allora ancora conservata ed interrata. Nel 1660 la chiesa minacci gravi segni di staticit a causa delle infiltrazioni delle acque del lago che causarono labbattimento delle navate laterali. proprio in questo periodo che il pavimento fu rialzato e ledificio trasformato in una chiesa a navata unica abbattendo il cleristorio ed innalzando le pareti delle precedenti navate laterali. Un nuovo coro fu poi eretto. Successivamente quindi nuove cappelle vennero edificate e la sagrestia costruita ex novo. Dal Tatti sappiamo che labside venne ricostruito insieme con la facciata e latrio cxxxv . La chiesa veniva nuovamente scavata (1875) e restaurata (1889) come ricorda uniscrizione nellatrio cxxxvi .
Isola Comacina, S. Eufemia
S. Eufemia allIsola (nel lembo nord ovest del Lago di Como; cfr. figg. 18, 19), oggi purtroppo in rovina, sicuramente una tra le chiese romaniche comasche pi studiate; si sono soffermati sullanalisi della chiesa il Bagnetti cxxxvii , il Monti cxxxviii , Monneret cxxxix , in maniera monografica e Il Romanico darea comasca 17 quindi Porter cxl , la Magni cxli . La sola elencazione dei contributi sullargomento sarebbe un lavoro qui impossibile. Come ricordava Porter, esistono molti numerosi documenti raramente pubblicati sulla chiesa sia allAmbrosiana cxlii che a Brera cxliii mai pubblicati. La stessa S. Eufemia era pubblicata ed illustrata nella Grande Illustrazione cxliv . Descrizioni quelle estremamente utili perch descrittive di una situazione oggi purtroppo differente. SullIsola Comacina, forse gi nel luogo della chiesa di S. Eufemia, fu sepolto Agrippino, vescovo di Como che visse probabilmente agli inizi del VII secolo. E forse dopo la distruzione dellisola avvenuta nel 1169, trasportato sulla terraferma presso la chiesa gemella di S. Eufemia. Delle antiche origini dellinsediamento di S. Eufemia si ha poi conferma da un manoscritto citato dal Porter cxlv . Un atto di donazione alla chiesa datato 1054 nel quale si rammentava le abituali visite di S. Abondio allIsola dove il vescovo comasco trovava riposo. Al suo tempo per altro S. Abondio fece portare diverse reliquie. Le medesime fonti sulla donazione del 1054 (pubblicate dal de Villard) cxlvi , nelle quali si evidenziava tra laltro la sua povert, sono copiate nella carta di fondazione della canonica, purtroppo non datata, promulgata da Litigerio, vescovo di Como. Qui si legge che la chiesa era anche pieve dellIsola come servita ancora da un gruppo di religiosi riuniti in un capitolo. Proprio a nord delle rovine della chiesa sta ancora un piccolo oratorio barocco dedicato a S. Giovanni e tradizionalmente detto costruito sulle rovine di un analogo edificio precedente. Le relazioni tra la chiesa di S. Eufemia e S. Giovanni molto difficile da spiegare. Le due strutture erano anticamente connesse con un portico e sembrerebbero appartenere ad un complesso difficilmente databile ma appartenente agli ultimi decenni prima della fondazione della chiesa di S. Eufemia quando questa era chiesa pievana e non sede capitolare e quindi la chiesa di S. Giovanni, com facile immaginare, utilizzata con scopi battesimali. Il Romanico darea comasca 18
ILLUSTRAZIONI
Figura 2. Como, S. Abondio, facciata.
Figura 3. Como, S. Abondio, pianta.
Figura 4. Como, S. Carpoforo, abside.
Figura 5. Como, S. Carpoforo, sezione longitudinale.
Figura 6. Como, S. Carpoforo, pianta. Il Romanico darea comasca 19
Figura 7. Como, S. Fedele, pianta.
Figura 8. Como, S. Fedele, sezione longitudinale.
Figura 9. Como, S. Fedele, abside.
Figura 10. Como, S. Fedele, abside (veduta esterna).
Figura 11. Como, S. Giacomo, pianta.
Figura 12. Como, S. Giacomo, abside.
Il Romanico darea comasca 20
Figura 13. Cant, Battistero di S. Galliano, pianta.
Figura 14. Cant, S. Vincenzo, pianta.
Figura 15. Cant, S. Vincenzo, cripta.
Figura 16. Gravedona, S. Maria del Tiglio, pianta (piano inferiore).
Figura 17. Gravedona, S. Maria del Tiglio, pianta (piano superiore). Il Romanico darea comasca 21
Figura 18. Gravedona, S. Maria del Tiglio, particolare.
Figura 19. Cant, S. Vincenzo, abside (veduta esterna).
Figura 20. Como, S. Fedelino, pianta.
Figura 21. Como, Isola Comacina, S. Eufemia, pianta.
Figura 22. Como, Isola Comacina, S. Eufemia, pianta della cripta.
Il Romanico darea comasca 22
BIBLIOGRAFIA
La seguente bibliografia raccoglie i testi utilizzati come fonti nella realizzazione di questa ricerca, qui elencati in ordine alfabetico. La messe di contributi esistenti, farebbe tendere verso la scelta, condivisibile, di raggrupparli, subito dopo le fonti pi generali, per argomenti. Quello che si fatto qui stato raccogliere e trascrivere ordinatamente la maggior parte della letteratura esistente sul tema dellarchitettura romanica lombarda in generale e romanica comasca in particolare ed evitando eccessivi formalismi. Nellintento invece di facilitare chi legge, si scelto di evidenziare tra parentesi quadre, ed ovunque questo sia stato possibile, le pagine relative agli argomenti trattati. In questa maniera sar eventualmente possibile ripercorrere le linee critiche fin qui seguite. Sempre al lettore spetter valutarli ed utilizzarli ad hoc.
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NOTE
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Notes of a tour in the North of Italy, Londra, 1855, 3 ed, 1885. iii Fernand De Dartein, Etude sur larchitecture lombarde et sur les origines de larchitecture romano-byzantine, Parigi, 1865-82 (Como, ristampa, 1963). iv Arthur Kinsley Porter, Medieval Architecture: Its origins and development with lists of monuments and bibliographies, New York, 1909, I, pp. 199- 239; ID, Lombard Architecture, New Haven, 1917, [da questo contributo di si traggono le linee prncipali del nostro sudio, eccetto gli studi della Magni (1960), Porter ha analizzato estensivamente molti dei monumenti qui discussi ed appartenenenti al gruppo dellarchitettura romanica comasca. Como, SantAbondio, pp. 301-312; San Caropoforo, pp. 313-322; San Fedele, pp. 322-335; San Giacomo, 335-338; San Pietro di Civate, S. Benedetto, 388-389; S. Pietro, pp. 389-404; Galliano di Cant, Battistero, pp. 437-439; San Vincenzo, pp. 439-445; Gravedona, Santa Maria del Tiglio, pp. 450-458; San Vincenzo, pp. 453-455; Isola Comacina, S. Eufemia, pp. 456-461; SS. Faustino e Giovita, p. 462; Lago di Mezzola, San Fedelino, pp. 477-481; Lenno, Battistero, pp. 481-482; S. Stefano, pp. 482-485]. v Nicolas, Pevsner, European Architecture, New York, 1945; cfr. trad. it., ID, Storia dellArchitettura Europea, Milano, 1966. vi Carl Nordenfalk, Milano e larte ottoniana: problemi di fondo sinora poco osservati, in Carlo Bertelli, La citt del vescovo dai carolingi al Barbarossa, Milano, 1988, pp. 102-123. vii A maestri lombardi sembrerebbe da attribuire la nascita e lo sviluppo della decorazione ad archetti pensili tanto diffusa in questo periodo proprio in alta Lombardia come in Germania meridionale; motivi per altro particolarmente importanti nella decorazione degli absidi connessi per altro da lunghe lesene spesso ad intervalli regolari; cfr. Nicolaus Pevsner, European Architecture, New York, 1945, pp. 69-70. viii Cfr. ad esempio, G. Teresio Rivoira, Le origini della architettura lombarda e delle sue principali derivazioni nei paesi dOltralpe, Milano, 1908; in particolare si veda il quinto capitolo, Larchitettura prelombarda dalla conquista di Carlo Magno allapparizione dello stile lombardo, e il completamento di questo stile, pp. 193-310, ed il settimo, Larchitettura lombardo-renana, pp. 695-758. ix Antonio Balbiani, I maestri comacini in Europa con particolare riguardo allarchitettura romanica comasca, conferenza tenuta per il Comitato di Roma della Societ Dante Alighieri nella Sala di Palazzo Firenze, Roma, 1960; Ernst Guldan, Die Ttigkeit der Maestri Comacini in Italien und in Europa, in Arte Lombarda, 5, 1960, pp. 27-45. x Joseph J. M. Timmers, Influssi Lombardi sulle chiese di Maastricht e di Rolduc, in Il Romanico, Atti del seminario di Studi diretto da Pietro Sanpaolesi, Villa Monastero di Varenna, 8-16 settembre, 1973, pp. 249-254. xi Ern Marosi, Esztergom e gli influssi del romanico lombardo in Ungheria, ibidem, pp. 262-276. xii Si notino qui evidenziate le principali vie di comunicazione tra Nord e Sud e quindi tra Coira e, ad Ovest, Bellinzona, Ponte Tresa, Seprio e Milano, mentre ad Est, sempre a partire da Coira a Chiavenna, Gravedona, Como e Milano, (da Mariaclotilde Magni, Architettura Romanica Comasca, Milano, 1960). xiii Virgilio Gilardoni, Il Romanico, Milano, 1963, pp. 85-86. xiv Cfr. ad esempio, Henri Focillon, Art dOccident: Le Moyen age romane et gothique, Parigi, 1955, pp. 18, 3, 36; ma anche Nikolaus Pevsner, European Architecture, New York, 1945, pp. 67-135; Rolf Toman, Larte del Romanico, Kln, 1999, pp. 24-25; le ragioni per lo sviluppo delle aree absidali risalirebbero nella sviluppata adorazione dei santi come dallaltro lato la diffusione del compito di celebrare messa quotidianamente. Di conseguenza, per far si che le messe potessero svolgersi senza troppo indugio, la soluzione fu quella di creare nella terminazione orientale, ovvero quella riservata al clero, nuove cappelle vicine allabside centrale. Per gli architetti del protoromantico francese questa stessa esigenza pratica divenne una spinta estetica feconda di risultati che port ad una articolazione assolutamente nuova ed unitariamente concepita dello spazio. Si scelse quindi di circondare labside centrale con un ambulacro al quale accostarono una corona di cappelle semicircolari disposte in maniera radiale. Daltro canto si scelse talvolta di allungare la terminazione delle navate laterali oltre il transetto in piccole absidi laterali con altezza analoga a quella della centrale. Altra soluzione fu quella del presbiterio a gradoni, ovvero larea absidale frutto dellaccostamento al muro orientale del transetto di alcune absidi scalari come accadeva a Tours, Saint-Martin, Cluny III (1088) e San Severio, a Landes. xv Lefvre-Pontalis, E., Les plans des glises romanes bndictines, in Bulletin monumental, LXXVI, 1912, pp. 439-4; L., Brhier, Lorigine des chevets chapelles rayonnantes et la liturgie, in La vie et les arts liturgiques, Parigi, 1921; Carol Heitz, De la liturgie carolingienne, au drame liturgique mdival: rpercussions sur larchitecture religieuse du haut Moyen ge e de lpoque romane, in Bollettino del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, XVI (1974), pp. 73-92. xvi Francesco Abbate, (riduzione a cura di), Il Romanico in Germania e in Italia, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1966; passim; cfr. per esempio anche Ernst Adam, Il Medioevo,ed. it., Milano, 1973, pp. 9 e sgg. xvii Nikolaus Pevsner, European Architecture, New York, 1945, pp. 69-70; si deve notare per anche lintelligente approfondimento di F. Gandolfo, Lombardia IX-XII, ad voc., in AA. VV., Enciclopedia dellArte Medievale, Roma 1996, VII, pp. 772-785. xviii Fernard De Dartein, tude sur lArchitecture lombarde et sur le origines de larchitecture romano-bizantine, Parigi, 1865-1882, Como, 1963, pp. 312-327; Arthur Kingley Porter, Lombard Architecture, New Haven, 1917, ristampa New York, 1967, pp. 301-312; Mariaclotilde Magni, Architettura romanica comasca, Milano, 1960, pp. 77-88. xix Fernard De Dartein, op. cit., pp. 328-336; Arthur Kingley Porter, op. cit., pp. 313-322; Mariaclotilde Magni, op. cit., pp. 36-43. xx Fernard De Dartein, op. cit., pp. 345-363; Arthur Kingley Porter, op. cit., pp. 322-335; Mariaclotilde Magni, op. cit., pp. 101-117. xxi Gian Piero Bognetti, Milano Longobarda, in Storia di Milano, II, Milano, 1954; ID, Milano dopo la conquista franca, in Storia di Milano, II, Milano, 1954. xxii Giacomo C. Bascap, Le vie di pellegrinaggio attraverso le Alpi centrali e la pianura lombarda, in Zeitschrift fr schweizerische Archologie und Kunstgeschichte, Gennaio-Dicembre, 1936. La piccola diocesi di Como dovr, quasi per ragioni di sopravvivenza, intrattenere rapporti con quella di Coira posta al punto di passaggio obbligatorio di alcune delle pi importanti vie di comunicazione tra la pianura padana ed il meridione dellEuropa germanica. Padrona dei passi dello Spluga, di Malora e del Bernina, la citt di Como costituiva cos lunico attraversamento a nord della citt e diocesi di Milano; cfr. anche Mariaclotilde Magni, Architettura romanica comasca, Milano, 1960, pp. 14-15. xxiii Cfr. Pauli Diaconi Historia Langobardorum, a cura di Erbesto Pontieri, Napoli, 1943, III, 27; la presenza bizantina nellarea del Lario confermata oltre che dalla letteratura anche da resti monumentali, cfr. anche Cesare Cant, Storia della citt e della dicesi di Como, Firenze, 1856, I, p. 81. xxiv Cesare Cant, Storia della citt e della dicesi di Como, Firenze, 1856, I, p. 81. xxv Gian Piero Bognetti, Milano Longobarda, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, II, Milano, 1954; ID, Milano dopo la conquista franca, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, II, 1954. xxvi Enrico Besta, Milano sotto gli imperatori carolingi, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, II, Milano, 1954; ID, Dalla fine dellunit carolingia alla conquista di Ottone I, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, II, Milano, 1954; ID, Let ottoniana, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, II, Milano, 1954. Il Romanico darea comasca 27
xxvii Gianluigi Barni, Dal governo del vescovo a quello dei cittadini, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, III, Milano, 1954; ID, Milano verso legemonia, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, III, Milano, 1954. xxviii Mariaclotilde Magni, Architettura romanica comasca, Milano, 1960, pp. 11-19. xxix Paolo Strada, Como, ad voc., in Istituto dellEnciclopedia Italiana, Enciclopedia dellArte Medievale, V, Roma, 1994, pp. 235-243. xxx Cesare Cant, Storia della citt e della dicesi di Como, Firenze, 1856. xxxi Ugo Monneret De Villard, Lisola Comacina, in Rivista Archeologica dellantica Diocesi di Como, 1914, pp. 107-111. xxxii Cfr. Enrico Besta, op. cit., (1940), p. 90 e ID, op. cit., (1954), p. 489; la presenza di vescovi di origine comasca a Pavia presso la sede regale pi volte confermata per via documentaria. Si pensi soltanto al vescovo di Como Liutprando chiamato alla reggenza della regia cancelleria di Pavia dopo lelezione di Lodovico di Provenza a re dItalia e poi beneficiario dei diritti su Lugano, Bellinzona e Chiavenna (cfr. Codex Diplomaticus Longobardiae, n. 388). Questa la medesima posizione favorevole nella quale Como, col vescovo Azione per ripetuta disposizione e di Ugo e Lotario II, confermata essere beneficiaria dei redditi di pedaggio sulle chiuse di Chiavenna (cfr. Codex Diplomaticus Longobardiae, n. 550). Un ruolo di primo piano quello di Como che confermato anche da altre fonti: in epoca pi tarda infatti Pietro vescovo di Como arcicancelliere di Ottone III nel 992 mentre Arduino, di li a poco dalla sua elezione, gli riconfermava i suoi diritti su Bellinzona, Mesocco e Chiavenna; cfr. Enrico Besta, op. cit. , 1954, p. 489. xxxiii Si notino le premesse allo scoppio della guerra tra Como e Milano; cfr. Gian Luigi Barni, Milano verso legemonia, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, 1954, III, pp. 325-326. xxxiv Maria Clotilde Magni, op. cit., p. 17. xxxv Cfr. Francesco Chiesa, cit. in Antonio Balbiani, op. cit., p. 6. xxxvi F. Feliciano, Ninguarda, Atti della visita pastorale diocesana di F. Feliciano Ninguarda, vescovo di Como, Como, 1898; cfr. anche Nuova ed. con testo italiano a cura di Lino Varischetti e Nando Cecini, Sondrio, 1963. xxxvii Oltre al Ninguarda, si deve per ricordare unaltra fonte; il resoconto delle visite pastorali del vescovo Filippo Archinti, recentemente ripubblicato; cfr. Antonioli, G., et al., Visita pastorale alla diocesi, Filippo Archinti vescovo di Como (1595-1621), Como, 1995. si tenga anche presente lepistolario di Boldoni, Sigismondo Boldoni, Sigismundi Boldoni Mediolanensis Epistolarium liber Joannis Boldoni fratres opera ecc., Milano, 1651. xxxviii Giovani Battista Giovio, Como e il Lario, Como, 1795. xxxix Sicuramente Vincenzo Barelli, al quale si devono soprattutto monografie, fu il principale autore di studi sullarchitettura romanica comasca della seconda met dell800; cfr. ad esempio, Vincenzo Barelli, Memorie storiche intorno alla insigne chiesa prepositurale di S. Fedele in Como, Como, 1858; ID, Il S. Carpoforo, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1872, fasc. 2; ID, S. Maria del Tiglio in Gravedona, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1873, fasc. 3; ID, Diploma originale in parte inedito del 1013, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1874, fasc. 5; ID, Altre chiese nelle tre pievi, inRivista archeologica della provincia di Como, 1874, fasc. 5; ID, Notizie archeologiche riferibili a Como e alla sua provincia, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1875, fasc. 7-8; ID, Recenti ispezioni e scoperte, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1876, fasc. 9-10; ID, La basilica di S. Abondio nei sobborghi di Como, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1887, fasc. 30; ID, La chiesa di S. Giacomo a Como, in Rivista archeologica della provincia di Como,, 1887, fasc. 20; ID, I monumenti comaschi, Como, 1899; ID, Importanza artistica ed archeologica della provincia di Como, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1918, fasc. 78. xl Balestra, S., Lapidi antiche scoperte nella basilica di S. Carpoforo e nei dintorni, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1873, fasc. 4. xli Antonio Lavagna Sangiuliani, Il tempietto di S. Fedelino, Pavia, 1902; ID, La chiesa e il chiostro di Piona, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1905, fasc. 50. xlii Diego SantAmbrogio, Il priorato cluniacense di Piona sul Lago di Como, in Monitore Tecnico, Luglio, 1904; ID, Il chiostro di Piona sul Lago di Como, in Politecnico, 1905; ID, La Badia di S. Giovanni Battista, in Archivio Storico Lombardo, V, 1905; ID, Il chiostro ed il reliquiario di San Nicola in Piona, in Politecnico, 1905; ID, Le due pi vetuste chiese di sicura data di origine cluniacense, in Politecnico, 1906; ID, I restauri di Piona sul lago di Como, in Arte e Storia, giugno, 1906; ID, Della chiesa di S. Maria e S. Nicol di Piona, in Lega Lombarda, giugno, 1907; ID, Genesi e natura dei priorati cluniacensi in Lombardia, in Osservatore Cattolico, 1908; ID, Lantico priorato cluniacense di Vertemate, in Osservatore Cattolico, 1909. xliii Antonio Giussani, Il priorato di S. Nicol di Piona dopo i restauri, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1908, fasc. 56; ID, Il priorato di S. Pietro di Vallate in Cosio Valtellina, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1916, fasc. 75; ID, La basilica di San Giorgio in Borgovico di Como, Como, 1932; ID, I restauri della basilica di S. Abondio di Como, Como, 1936; cfr. ristampa ed aggiornamento in Alberto Rovi, Antonio Giussani e Marziano Bernardi, Como, 2004, pp. 7 e sgg. xliv Ugo Monneret de Villard, I monumenti del lago di Como, Milano, 1912; ID, LIsola Comacina, in Rivista archeologica della provincia di Como, 1914, fasc. 70-71; ID, Note di archeologia lombarda, in Archivio Storico Lombardo, V, XLI, parte I, Milano, 1914. xlv Fernand de Dartein, tude sur larchitecture lombarde et sur les origines de larchitecture romano-byzantine, Parigi, 1865-1882; cfr. nuova ed., Como, 1963. xlvi Arthur Kinsley Porter, Lombard Architecture, New Haven, 1909-1917, ristampa New York, 1967. xlvii Paolo Verzone, Nuove ricerche sullorigine della basilica lombarda a volte, in Cronache dArte, Luglio-agosto, 1928; ID, Architettura romanica nel novarese, Novara, 1935; ID, Architettura romanica nel Vercellese, Vercelli, 1935; ID, La pieve di Velezzo, in Atti della Societ Piemontese di Archeologia e Belle Arti, XVI, Torino, 1936; ID, Lorigine della volta lombarda a nervatura, in Atti del IV Convegno Nazionale di Storia dellarchitettura, Milano, 1939; ID, Larchitettura religiosa dellalto Medio evo nellItalia Settentrionale, Milano, 1942; ID, Larte preromanica in Liguria, Torino, 1945. xlviii Edoardo Arslan, L' architettura romanica Veronese, Verona, 1939; ID, Larchitettura dal 568 al Mille, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, II, Milano, 1954; ID, Larchitettura romanica milanese, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, Storia di Milano, III, Milano, 1954. xlix Gaetano Panazza, Larte medioevale nel territorio bresciano, Bergamo, 1942; ID, Campanili romanici di Pavia, in Arte Lombarda, 1956, II; ID, LArte Romanica, in Giovanni Treccani degli Alfieri, Storia di Brescia, Brescia, 1963, I, pp. 711-771. l Carlo Ceschi, Architettura romanica Genovese, Milano, 1954. li Mariaclotilde Magni, S. Maria del Tiglio in Gravedona, in Rivista archeologica dell'antica provincia e diocesi di Como, 1952, n. 133, pp. 29-36; ID, Alcuni affreschi medioevali in chiese del Lago di Como, Milano, 1954; ID, Architettura romanica comasca, Milano, 1960; ID, Sopravvivenze carolinge e ottoniane nell'architettura romanica dell'arco alpino centrale, in Arte lombarda, 14, 1969, pp. 35-44; ID, Le torri campanarie romaniche del Canton Ticino, in Commentari, 17, 1966, pp. 266-281; ID, Sopravvivenze carolinge e ottoniane nell'architettura romanica dell'arco alpino centrale, in Arte lombarda, 14, 1969 No. 2, pp. 77-87. lii F. De Dartein, op. cit., pp. 312-327 (tavv. LXXV, LXXVI, LXXVII, LXXVIII, LXXIX, LXXX); A. K. Porter, op. cit., pp. 301-312 (tav. LVIII, figg. 2, 4; tav. LIX, figg. 1, 2, 4); M. Magni, op. cit., pp. 77-88 (tavv. XXI-XXV, figg. 86-96). liii Presso la chiesa Giovio ricordava anche i resti dellantico palazzo vescovile; Giovanni Battista Giovio, Como e il Lario, Milano, 1795, pp. 213 e sgg. liv La chiesa di S. Abondio era poi testimone di una tradizione secondo la quale verso il 940 la chiesa antica fu sede di un collegio canonico e beneficiario di privilegi concessi da Ugo e Lotario re dItalia, cfr. Ninguarda, p. 83. Il Romanico darea comasca 28
lv Fernand De Dartein, tude sur larchitecture lombarde et sur les origines de larchitecture romano-byzantine, Parigi, 1865-82 (Como, ristampa, 1963), pp. 312-327, tavv. LXXV-LXXIX. lvi Camillo Boito, La chiesa di S. Abondio e la Basilica di sotto, Milano, 1868. lvii Mariaclotilde Magni, Architettura romanica Comasca, Milano, 1960, pp. 77-88. lviii Attraverso una fonte sul vescovo di Como Walperto del 914, S. Abondio sappiamo non essere descritta come cattedrale a favore di S. Eufemia, oggi S. Fidelio; cfr. Tatti, II, p. 323. lix Gli atti di fondazione, uno in copia, sono pubblicati da Tatti (II, p. 828) e Barelli, cfr. Barelli, V., La basilica di S. Abbondio nei sobborghi di Como, in Rivista archeologica della provincia di Como, fasc. 30. lx Cfr. Luigi Tatti, op. cit., II, pp. 833, 837, 857. lxi Cfr. A. K. Porter, op. cit., p. 304, Pietro Grazioli, De praeclaris Mediolani aedificiis [], Milano, 1735, p. 238. lxii A. K. Porter, op. cit., pp. 306-307. lxiii A. K. Porter, op. cit., p. 312. lxiv F. De Dartein, op. cit., pp. 328-336 (tav. LXXXI); A. K. Porter, op. cit., pp. 313-322 (Tav. LX, figg. 1, 2, 3, 4, 5); M. Magni, op. cit., pp. 36-43 (figg. 24-24; 147-148). lxv Celeste Clericetti, Ricerche sullarchitettura religiosa in Lombardia dal secolo V allXI, in Il Politecnico, 14, 1862, pp. 141-192; ID, Ricerche sullarchitettura religiosa in Lombardia dal secolo V allXI, Milano, 1862. lxvi Luigi Tatti, La basilica di S. Carpoforo presso Como: memoria delling. Arch. Luigi Tatti, Milano, 1879. lxvii Giuseppe Rocchi Coopmansa Yoldi, Nuovi orientamenti sulla basilica di San Carpoforo e sullAlto Medioevo comasco, in Arte Lombarda, 149, 2007, pp. 10-32. lxviii Luigi Primo Tatti, De gli annali sacri della citt di Como Raccolti, e descritti dal p.d. Primo Luigi Tatti, Como, 1663-1735. lxix Giovio, G.B., Como e il Lario, Como, 1795, p. 217. lxx Luigi Tatti, op. cit., I, pp. 740, 743, 744, 944. lxxi Giovan B. Giovio, op. cit., p. 217. lxxii Luigi Tatti, op. cit., II, p. 170. lxxiii Bonomi, Dip. Sti. Ben., Brera MS. AE, XV, 23, f.45, 116; nel 1511 i monaci benedettini vennero rimpiazzati da eremiti dellorine geronimiano. Da qui in avanti la chiesa viene abbassata al titolo di priorato; cfr. Ninguarda, op. cit., p. 164. lxxiv A. K., Porter, op. cit., p. 318. lxxv A. K. Porter, op. cit., p. 320. lxxvi F. De Dartein, op. cit., pp. 345-363 (tavv. LXXXII, LXXXIII, LXXXIV, LXXXV); la chiesa di S. Fedele viene datata dal Porter al periodo appena precedente lo scoppio della tragica guerra tra Como e Milano (1118-1127) in un periodo di grande prosperit per la citt lariana; A. K. Porter, op. cit., pp. 322-335 (tavv. LXI; LXII; LIII; figg. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9; tav. LXIV, figg. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7); M. Magni, op. cit., pp. 101-117 (tavv. VII, VIII, figg. 110-115, 117, 119). lxxvii Giovan B. Giovio, op. cit, pp. 212-213; F. Ninguarda, op. cit., pp. 20 e sgg. lxxviii Vincenzo Barelli, I monumenti comaschi, Como, 1899. lxxix P. Luigi Tatti, op. cit., I, pp. 433-434. lxxx P. Luigi Tatti, op. cit., II, p. 790. lxxxi P. Luigi Tatti, op. cit., p. 20 e sgg. lxxxii P. Luigi Tatti, Martyrologium, p. 13; Ninguarda, p. 20 e sgg.; Giovani Battista Giovio, op. cit. , p. 213. lxxxiii Piero Buzzetti, Il millenario tempietto di S. Fedelino sul lago di Mezzola, in Rivista archeologica della provincia di Como, fasc. 51, p. 229. lxxxiv Cesare Cant, Storia della citt e della dicesi di Como, Firenze, 1856 lxxxv P. Luigi Tatti, op. cit., I, p. 189. lxxxvi P. Luigi Tatti, op. cit., II, p. 856. lxxxvii P. Luigi Tatti, op. cit., II, p. 866. lxxxviii Cesare Cant, op. cit., I, p. 72. lxxxix Cesare Cant, op. cit., I, p. 72. xc Santo Monti, Per le fonti della storia dellarte nella provincia e nellantica diocesi di Como, Como, 1922, p. 84. xci La chiesa non sembrerebbe essere menzionata prima del 1228; cfr. Luigi Tatti, op. cit. , II, p. 596. xcii Pietro Bozzetti, Le memorie di S. Fedele, martire comense, Monza, 1906, p. 229. xciii Giuseppe Rocchi, Como e la Basilica di S. Fedele nella storia del Medio Evo, Milano, 1973, pp. 21, 29-31. xciv Cfr. Antonio Balbiani, I maestri comacini in Europa con particolare riferimento allarchitettura romanica comasca, Roma, 1962, p. 18. xcv A. K. Porter, op. cit. , p. 332. xcvi F. De Dartein, op. cit., pp. 339-344; A. K. Porter, op. cit., pp. 335-338 (tav. LXIV, fig. 8); M Magni, op. cit., pp. 95-100 (tavv. XXVIII-XXX, figg. 104-107). xcvii A. K. Porter, op. cit., p. 338. xcviii Giovanni Battista Giovio, op. cit. , p. 212. xcix F. F. Ninguarda, op. cit., I, pp. 27 e sgg. c Carlo Clericetti, Ricerche sullarchitettura religiosa in Lombardia dal secolo V allXI, in Il Politecnico, 14, 1862, pp. 141-192. ci Teresio G. Rivoira., Le origini dellarchitettura romanica lombarda e delle sue principali derivazioni nei paesi doltralpe, Roma 1901-1907, pp. 296 e sgg. cii Giuseppe Rocchi, Como e la Basilica di S. Fedele nella storia del Medio Evo, Milano, 1973. ciii Pietro Gini, Quattro lustre di storia e arte nel San Fedele di Como, 1961-1981, Como, 1981. civ Luigi Tatti, op. cit., II, p. 771. cv Citato in A. K. Porter, op. cit., p. 336. cvi A. K. Porter, op. cit., pp. 437-439 (tavv. LXXXXV, LXXXXVI, fig. 1); si veda anche Giulio R. Ansaldi, Gli affreschi della basilica di S. Vincenzo a Galliano, prefazione di Gabriel Millet, I restauri e lorganismo architettonico della basilica di Ambrogio Annoni, Milano, 1949. cvii Cfr. A. K. Porter, op. cit., p. 437. cviii A. K. Porter, op. cit., pp. 437. cix F. F. De Dartein, op. cit., p. 408. cx Teresio G. Rivoira, op. cit., p. 233. cxi A. K. Porter, op. cit., pp. 439-445 (tavv. LXXXXVI, figg. 2, 3; IIIC, IIC, IC. fig. 1, 2). cxii Sembrerebbe infatti da Castiglione che appunto S. Aadeodato, discepolo di S. Simpliciano, battezzato da S. Ambrogio morendo amIlano fu prima sepolto a S. Vincenzo al Prato per poi essere trasportato a Galliano da Ariperto; Giovanni A. Castiglione, Mediolanenses Antiquitates, Milano, 1625; cfr. anche A. K. Porter, op. cit., p. 438. Il Romanico darea comasca 29
cxiii Esistevano infatti ancora alla fine del 700 alcuni antichi epitaffi det paloecritiana ritrovati in S. Vincenzo come concludeva con alcuni utili dettagli sulla visita pastorale del cardinale Cesare Monti del 1640; Giuseppe Allegranza, Spiegazione e riflessioni del P. Giuseppe Allegranza sopra alcuni sacri monumenti antichi di Milano, Milano, 1757. cxiv Ad Annoni si deve la descrizione di S. Vincenzo prima dei gravi danni subiti alla fine del secolo come unattenta analisi di struttre oggi poco leggibili perch interrate; gi in questo periodo la chiesa aveva la navata meridionale completamente distrutta mentre sembra confermare lesistenza di un portico di connessione tra il battistero e la stessa chiesa; Cfr. A. K. Porter, op. cit., p. 440. cxv Vincenzo Barelli, I monumenti Comaschi, Como, 1899. cxvi Cesare Cant, et. al., Grande illustrazione del Lombardo-Veneto, ossia storia delle citt, dei borghi, comuni, castelli, ecc., Milano, 1857, III, p. 1031 e sgg., ; cfr.anche A. K. Porte, op. cit., p. 441. cxvii Cfr. gli articoli della M. Magni, Magni, M.C., Sopravvivenze Carolinge e Ottoniane nellarchitettura romanica dellarco alpino centrale, in Arte Lombarda, XIV (1969), Primo Semestre, pp. 35-44 e Secondo Semestre, pp. 77-87. cxviii F. F. Ninguarda, op. cit., II, p. 159. cxix Edoardo Arboreo Mella, Il battistero di S. Maria del Tiglio in Gravedona, Torino, 1872. cxx Vincenzo Barelli, Santa Maria del Tiglio in Gravedona, in Rivista archeologica della provincia di Como, fasc. 3. cxxi F. De Dartein, op. cit., pp. 374-375 (tavv. LXXXVII7-LXXXIX, e fig. p. 372). cxxii Maurizio Monti, La chiesa di S. Maria del Tiglio a Gravedona, in Rivista Archeologica della Provincia di Como, Novembre, 1877. cxxiii A. K. Porter, op. cit., pp. 450-458 (tav. C, figg. 1, 2, 3). cxxiv M. Magni, op. cit., pp. 131-139 (figg. 144-145). cxxv Aimoni, De gestis Francorum, Lib. IIII, Cap. CXI, ed du Breul, p. 252. cxxvi M.G.H., Script. Rer. Mer. et Carl., I, p. 211. cxxvii Bertiniani, Annales Regum Francorum, ed. Duchesse, Historia Francorum Scriptores, Lutetiae Parisorum, Sebastiani Cramoisy, 1641, III, p. 181. cxxviii F. F. Ninguarda, op. cit., II, p. 154 e sgg. cxxix F. De Dartein, op. cit, pp. 364 e sgg. cxxx . K. Porter, op. cit., pp. 458-455 (tav. C, figg. 4, 5, 6, 7). cxxxi ; M. Magni, op. cit., pp. 67-70 (figg. 69-70). cxxxii Il Giovio ricorda persino il periodo antico della costruzione della chiesa di S. Salvatore, ovvero gli anni 565-568; Cfr. Giovanni Battista Giovio, op. cit., p. 184. cxxxiii Luigi Tatti, op. cit., II, p. 793. cxxxiv F. F. Ninguarda, op. cit., II, p. 154. cxxxv Luigi Tatti, op. cit., I, p. 512. cxxxvi Cfr. A. K. Porter, op. cit., p. 455 (e note 9, 10). cxxxvii Cfr. A. K. Porter, op. cit. , p. 456. cxxxviii Cfr. A. K. Porter, op. cit. , p. 456. cxxxix Cfr. A. K. Porter, op. cit. , p. 456. cxl A. K. Porter, op. cit., pp. 456-461. cxli M. Magni, op. cit., pp. 43-47 (tavv. IX-X; figg. 36-42). cxlii (Biblioteca Ambrosiana, MS. D. S., IV). cxliii (Biblioteca di Brera, A.E., XV, 33-35). cxliv Cfr. Grande Illustrazione, op. cit., III, 1156. cxlv A. K. Porter, op. cit., pp. 457-458. cxlvi Monneret de Villard, , p. 221.