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PER.

LA SCIENZA DELL'ANTICHIT

GAETANO DE SANCTIS

PER

SAGGI E POLEMICHE

TORINO
FRATELLI BOCCA, EDITORI
MILANO
-

ROMA

1909

PROPRIET LETTERARIA.

Torino

Tipografia Vincenzo Bona (11001).

AL LETTORE

, questo, un libro di battaglia.

Ne

perci ri-

marr

stupito chi legge nel trovarlo

talora,

come
.

deve essere

un

libro d battaglia,

pieno di Marte

Uno

de' miei propositi nel darlo alle stampe,

come

del resto in tutta la

mia operosit di

scienziato,

quello di combattere la tendenza dei critici filologi

a ridurre

la storia antica

soprattutto
dell'antichit,

alla

pura

interpretazione

dei

resti

tendenza
il

contro

cui

protestava

poco fa

bene a ragione
richiede

Kaerst.

La

storia, antica o moderala,

la interpretazione esatta dei

documenti;

ma

poi

soprattutto,

come bene ha insegnato ripetutamente

tra noi Benedetto Croce, intuizione della realt di


vita che

s'adombra dietro di
la

essi.

Peraltro, anche
io
le

pi che

pura

critica

filologica,

intendo di

combattere, illustrandole con esempi,

aberrazioni

di quelli che vorrebbero lo storico " privo di ogni

competenza specifica

Il

primo indirizzo pu dare

AL LKTTOHE

non degli

storici,

ma
e

dei

grammatici ;
Il

non

male,

ma non

la stessa cosa.

secondo non pu dare


li

che dei ciarlatani;

in effetto

d.

Ma
il

la interpretazione e la valutazione dei resti

dell'antichit

pu
si

essere fatta in rari

modi secondo
orale e

valore

che

assegna

alla

tradizione

scritta.

E
e

mi sono studiato di mostrare praticacome


lo

mente

teoricamente

studio

della

tradi-

zione debba farsi,

evitando

l'eccesso del tutto ne-

gare
pili e

e l'altro

del tutto affermare, per

un

preconcetto

meno consapevole,
come
la

quel

che

tramandato;
suo nome
se

cio

critica

non meriti

il

non

critica

temperata.

stato osservato giusta-

mente che
nastico:

l'epiteto

di temperata in realt pleoe

la critica critica,

non pu n deve
diritti.

rinunciare ad alcuno de' suoi

Ed

veris-

simo, e credo d'averne dato la prova anch'io ana-

lizzando criticamente la tradizione.


verte
ritti,

Ma

la disputa

per l'appunto intorno ai limiti di questi dieccedendo


i

quali

si

incorre
si

nell'acrisia o

nell'ipercritica.

per

come
diritto

parla di verit
Recht),

vera o persino di retto

(richtiges

bench la verit per essere verit debba essere vera


e il diritto,

in quanto

diritto,

non possa

essere
l'epiteto

storto,

non

inopportuno determinare con

di temperata la critica quale io la intendo; a can-

sare anche ogni confusione con quella che oggi critica da molti
la negazione.
e

si

chiana

che della critica

per

me

Nulla

pi

della ostilit o per dir

AL LETTORE

VII

meglio del furore che


agli
ipercritici

lui

ispirato

agli acritici ed

dimostra

la opportunit di quel-

l'epiteto.

Allo studio diretto delle

cj[uestioni

metodiche fone

damentali
rire
il

al

tempm stesso a difendere

a chia-

metodo da

ine seguito nella Storia dei

Ropiti

mani
ampia
e

dedicata

in

specie la terza parte


<'

del volume: parte che


tale,

vivacemente polemica,
indispensabile per

doveva esser
di

riuscendo
questioni

discorrere

siffatte

senza

cadere in

oziose generalit

prendere in esame non gi dei

metodi
e

delle tendenze in asfratto,

ma

quei metodi

quelle

tendenze

che prevalgono

oggi realmente

tra gli studiosi dell'antichit. Senonch la polemica,

pur

vivace,

non esclude

la cortesia.

quella po-

lemica sola dovrebbe esser lecita fra studiosi, che


lascia l'avversario
si

se

non convinto
convinto
e

delle idee che

sostengono, almeno
si

della sincerit ed

onest con cui

sostengono

che condotta

da

ambe

le

parti

con tal

serenit e

amore del vero


Frac-

da accrescere

la stima- scambievole dei disputanti.


il

In pratica pur troppo valentuomini come


caroli e
tal
il

De Mai' chi

con cui possa disciriersi in

modo son pi

unici che rari.

E l'affermazione
delle

libera e franca,

per quanto

cortese,

proprie

dottrine a fronte delle dottrine altrui suole indurre


gli avversari

tal cieco
e

furore da dimenticare non

solo

ogni

riguardo

ogni

misura

(che sarebbe
bens

grave,

ma

solo nel rispetto personale),

per-

AL LETTOKE

sino (ci che


e

gravissimo nel rispetto


esemp,

scientifico,

ne vedremo

non so

se

pi grotteschi o
percezione
esatta

pi dolorosi)
della realt.

smarrire
tutto ci

ogni

Con

ho creduto sempre mio

dovere usare agli altri maggior cortesia di quella


che

hanno dimostrato verso di me, avendo di mira


e sterili

non vane

beghe personali,

ma

unicamente
e

l'interesse della scienza.

per questo dei veri


che,

propri teppisti
della scienza
,

della

critica

non per amore


il

ma

per

soddisfare

loro

livore

m'hanno disonestamente aggredito, ho


che
il

taciuto, sicuro

pubblico

onesto far

da

se stesso

giustizia

della loro cecit e delle loro contumelie volgari.

Per chiarire del

resto

come

con qual metodo

debba essere studiata a mio avviso la scienza dell'antichit,

era mio intendimento di mostrare con qualche


resultati
e

esempio a quali

possa giungersi allorch


diretta ricerca filologica,

movendo da una severa


ina

non appagandosi di

minutaglie filologiche,

si

cerchi di intendere le molteplici manifestazioni della


vita antica.

ci

son diretti

saggi omerici

e i

saggi di storia antica contenuti in questo volume:

pochi

dei

molti

saggi

editi

od
e

inediti che a tal

uopo avrei potuto raccogliere

appena bastanti a

dare

il

primo abbozzo

del

disegno che avevo in


quelli

animo di

colorire; scelti poi, s'intende, tra

soltanto che l'assenza d'un troppo minuto tecnicismo

poteva rendere di pi facile


colte.

lettura

alle
e

persone

Se per

le

forze

mi basteranno

non mi

AL LETTORE

mancher

il

favore del pubblico, potr usare a meti

terne insieme altri

periodi di riposo che mi la-

scer la preparazione della mia storia delle guerre

puniche.

Intanto

prima

di separarmi dal lettore voglio


il

ringraziare jjubblicamente

mio dotto amico pro-

fessor Angelo Taccone della cura amorevole con cui

m'ha
e

assistito nella correzione delle bozze di

stampa

pi ancora

delle versioni metriche

da Omero che

m'ha favorito per


cos fedeli

la

prima parte

di questi saggi,

che

le

discussioni

critiche

possono

seil

guirsi su di esse anche senza prendere in


testo greco.

mano

Torino, maggio 1909.

Gaetano De Sanctis.

Avvertenza.
parentesi

quadre

le

Nei saggi gi editi sono chiuse tra aggiunte (quando non si tratti di
il

qualche
le

parola che serva solo a chiarire

concetto) e

pochissime correzioni che non sieno semplici ritocchi di lingua e di stile. Debbono considerarsi come chiuse

tra parentesi quadre la nota a p. 155 dalle parole

'

Non

pu
p.

dirsi

'

(lin.

12) alla fine, la n. 1


p.

p.

157, la n.
'

la

187 e la n. a

196-7 dalle parole

'

Sulla citt

(lin. 10)

alla fine.

SOMMARIO

Al Lettore

P(i9-

I,

Saggi omerici.

I.

IL
IIL
IV.

V.

La

divinit omerica e la sua opera sociale L'anima e l'oltretomba secondo Omero

27
53

L' irrazionale nell'Iliade

. .

L'Iliade e

diritti della critica


.

76

Le interpolazioni dell'Odissea

99

IL

Ricerche d storia antica.

VI.

Agatocle
I.

L'usurpazione e

suoi precedenti, 141

,141

IL La guerra in

Sicilia,

158

III.

L'im-

presa d'Africa, 166

grande guerra, 184


VII.
Vili.

IV. La fine della V. La politica ita. .


. .

liana ed orientale di Agatocle, 194.

pi antichi generali sanniti


e la
:

207
231

La guerra Appendice
rico

pace nell'antichit

Intorno al materialismo

sto-

,259

III.

A' miei critici.

IX.

In difesa della critica


1.

Pag. 303

Le

fonti della

storia

romana

antichis-

X.

II. Mito e leggenda, 319. sima, 803 Per rintuzzare l'acrisia Pietro Bonfante e il metodo storico, 349 alla questione aria, 353 I. Intorno II. Intorno alla questione etrusca, 867 III. Errori storici del Bonfante, 377 V. Sofismi IV. Famiglia e gente, 405

349

e eontrosensi

d'una replica, 420.


461

XI.

Polemica spicciola
I

miei

critici

italiani, 461

plica a Guglielmo Ferrer,

Una re463 II. Una


I.

replica ad Ettore Pais, 480

HI.
di

Il

me-

todo e la dottrina
Pais, 506.

filologica

Ettore

I.

SAGGI OMERICI

G.

De

Sanctis, Per la sciensa dell'antichit.

jlii

ilhiilh

iniiiiliiiii,.oillliill!ii.

Alili

iitliiiill

,iiy[li..,..iitltiiill[ii

[|!^jlluino,Aini.....,.i>llliiil[ii..,i.il!liiillli....iii!lillin,JlKl[li.,

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'iliP'illii"""'il!l'niii'''"-Mi||rirnn"--"i|jiMi^^^

I.

La

divinit omerica
^^K

e la sua opera sociale

ehi s'accinga a studiare sotto l'aspetto religioso

l'epopea omerica d tosto nell'occhio l'immediata e con-

tinua azione sugli uomini che


Gli di ispirano
il

il

poeta ascrive agli di.


g'
il

coraggio
;

al

guerriero o

incutono

nell'animo
affinch

il

terrore
la

drizzano con la

mano

suo dardo
il

colpisca

mira o ne

lo sviano;
al

rialzano

caduto, danno vigore al ferito, coraggio

fuggiasco;

(1)

[Dai Saggi storico-critici fase.

segg.

Tn questo saggio l'intervento


un
il

(Roma, 1896),
in

p. 3

divino nell'epopea

studiato sotto rispecchia

solo aspetto, ossia

quanto

vi

si

lento

trasformarsi

della

divinit,

dinanzi
etica.

alla coscienza greca, di forza

amorale in potenza

Esso pu studiarsi naturalmente sotto molti

altri aspetti

non meno

interessanti.

Pu

p. e. cercarsi se l'intervento

divino sia in generale in Omero,

come

(a torto,

credo)

da molti si ritiene, una semplice forma plastica dei fenomeni fisici e morali che si riscontrano in natura se, come pur non credo, la frequenza di tale intervento piti che un motivo religioso abbia un motivo mitologico.
;

SAGGI OMERICI

a chi

amano suggeriscono un

consiglio salutare, a chi

odiano un divisamento

esiziale.

Del

pari, se

muore imvi-

provvisamente una vergine, Artemide


brato
;

deve averle

una freccia nel seno quando una infezione fa strage in un campo dove sta ammassato un esercito,
l'ha suscitata

Apollo scendendo dall'Olimpo simile

alla

notte col turcasso pieno di dardi apportatori di morte.

N
i

gli di

intervengono soltanto quando siano in giuoco


interessi

pi gravi

d'un

uomo

o d'un

popolo;

ma
non

persino

nelle

gare pacifiche di corsa o di lotta


far cadere nel

hanno ritegno a

fango l'avversario dei


il

loro favoriti o a ghermii'gli di

mano

flagello

perch

non spinga primo


essi

suoi cavalli alla

mta.

E come da

procede tutto ci che l'uomo opera o patisce, cosi


essi egli ripete le vii't o
i

da

beni che possiede; agli

perch, gli eroi dell'epopea essendo in origine di o


di di,

figli

dovevano essere necessariamente le loro saghe compenetrate coi miti intorno alle divinit; se infine, come ha asserito recisamente l'Usener, dell'intervento divino si serva il poeta in modo spontaneo ed inconsase, come non meno recisamente ha asserito il pevole, Romer, esso sia gi in Omero, come pii tardi in Vergilio, un mezzo artistico di cui il poeta si serve consapevolmente per raggiungere dati effetti. Intorno a tali questioni basti per ora rimandare a P. Cauer Grundfragen der Homerkritik (Leipzig 1895) p. 220 segg. FraccaROLi L' i irrazionale nella letteratura
p.

(Torino, Bocca, 1903)

UsENER Der Stoff des griechischen Epos Sitzungsber. der Wiener Akad. nei CXXXVII (1897). RoMER Abhandl. der Bayer. Akad. philos.-philol.
200
'

segg.

'

'

'

Klasse XXII (1905)

p.

393 segg. Nell'antiquato,

ma sempre

importantissimo libro del Naegelsbach Homerische Theologie'^ (Nrnberg 1884), questi problemi nonch risoluti,

non sono neppur

proposti].

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE


di
re deve la sua autorit,
il

il

il

guerriero la sua vi-

goria, l'aedo
il

canto, le fanciulle la bellezza e perfino


perizia

ladro la sua
(1),

nel

rubare e

il

pirata le sue

prede
esita

tanto

che

suoi stessi

errori

l'uomo non
gli

ad imputarli ad una divinit avversa che


duole
e

abbia

alterato la mente. Cosi Elena agli di rinfaccia le sue

colpe e

si

che Zeus
alla

le

abbia

assegnato un

triste destino;

sua

volta

Priamo

la conforta

dicendole
gli di

Non

tu mi sei cagione

d'alcun male,

ma

mi hanno

suscitato contro la guerra molto fu(2).

nesta degli Achei


dell'errore

Similmente Agamennone
nel carpire ad Achille
il

si

scusa

commesso

suo bot-

tino con riversarne la colpa sugli di:

Ma

che avrei

a fare?
Achille,

Un

dio conduce a termine tutto. E,


rifiuta di

come

lui,

mentre

deporre

l'ira,

esclama:

A
Vada
in malora, che
il

sua posta

senno raccorto Zeus gli rapia(3).

Questi
carli,

esemp, e

si

potrebbe di leggieri moltipli-

bastano a mettere in sodo che nell'epopea nulla

vi che

vada esente
di
e tutto, il
le

dall'influsso

dei

numi, se pur
visibili tra gli

comparativamente
uomini,
cede.

rado

si

rendono
il

bene come

male, da

essi

pro-

Ma

azioni delle varie divinit sono spesso in


i

contrasto tra loro, ed anche

diversi interventi di

un
di

singolo dio non appaiono ordinati che a

fini particolari.

Manca dunque
finalit?

nelle operazioni divine ogni ordine


tal

Per rispondere a

quesito conviene osser-

vare che vi hanno

nell'epopea

due

categorie

affatto

distinte d'interventi divini: l'una

comprende quei

casi

(1)

T 395. E 86.

(2)

357. r 164. Cfr. 261.

222.

(3)

T 86

segg.

376 seg.

SAGGI OMERICI
in cui l'azione

degli

di determinata da motivi
gli

si-

mili a quelli

che

inducono ad operare
la

uomini

anzitutto dall'interesse proprio;


quelli in cui l'opera loro assurge

seconda

abbraccia
sociale.

ad importanza

Pu
come

forse

sembrare che

vi sia

anche una terza ca-

tegoria: di vero in alcuni casi gli di paiono operare


forze cieche senz'ombra alcuna di motivo (1).
p. e.,

quale criterio,

s'attengono nel distribuire tra gli

uomini

doni di natura? e perch hanno dato a Dea

modoco
negarono?

Femio
non

il

dono
il

del

canto

che
di

ad

altri

Perch

tale

loro piacere:

motivi

pi profondi

v" in

Omero alcun

sentore.

se

poi in molti casi non


ticolari

mancano ad essi ragioni parper odiare un uomo, si danno altri casi in


neanche
lontanamente
soffrire.

cui l'uomo riferisce loro le sue sventure o le sue colpe

senza

supporre

che

abbiano

un

particolare motivo di farlo

di fatto gli

di distribuiscono di pieno
cattivi beni e mali (2)^

loro

capriccio a buoni e

largheggiando nei mali pi che

nei beni.

Delle due giare sulla soglia di Zeus di cui


i

l'una contiene

beni, l'altra

mali

(3),

il

dio o d
:

d'ambedue o d soltanto non riceve che di questi vaga per


a ciascuno

dei mali
la terra

e chi

divina,

senza onore

al

cospetto degli di e degli uomini. Tali

casi ed altri simili

non son per che ecceziom

e sonci

(1)

Non

parlo qui ne delle Sirene

che spingono alla che


si

raorte gl'incauti naviganti,

ne

di Scilla

pasce di

carne umana, ne di Circe che tramuta gli uomini in animali perch mio tema la teologia, non la mitologia
:

omerica.
(2) Z

188

seg.
I

Ze?

b'

aT^

v|uei

Xpov 'OXiairio;

vepujiTOioiv,
(3)

oGXoti; r\b KaKoaiv, 6mJU(; GXriaiv KciaTiu.

527 segg.

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE

in contraddizione palese col concetto della divinit pre-

valente nell'epopea.
tarsi gli

Omero

infatti

non pu rappresendegli

di

che

dotati,

sull'esempio

uomini,

d'intelligenza e di sentimento e quindi necessitati


gli

come

uomini a non operare senza motivo.


n eonvien cercarvi
le

Ma

tale con-

traddizione senza importanza, perch essa inevitabile;

reliquie

d'un

modo

pi

rozzo di concepire gli di.


o pu procedere dalle

Quando ogni cosa procede divinit, per trovare a tutto una


si

cagione adeguata o per acquetarsi nella esigenza d'un

motivo generale di bene,


giose assai

richiedono

dottrine

reli-

pi

elevate di quelle che


il

dominano
tramandati

nelrisi

l'epopea
levar
le

e d'altra parte

poeta,

non ancora uso a


,

contraddizioni

dei

concetti

accontenta di lasciare
divinit che
egli

inesplicate

queste

opere della
inespli-

non vale a spiegare, come

cate

rimangono sempre molte opere degh uomini. Esaminiamo ora la prima maniera d'azioni divine,

quella in cui
degli
gli

non

si

avverte tra le opere degli di e


gli di

uomini disparit nei motivi. Anche


disinteressati:

come

uomini operano qualche volta mossi da sentimenti


cos
la
figlia

puramente

del

vecchio
e dei

marino Proteo prova compassione

di
e

Menelao
li

compagni che vede presso a perire


sulla zattera
piet,
il

salva;

cos

pure Ino, senza essere pregata da Ulisse che affronta

mare

infuriato, lo

soccorre,

mossa a

dandogli
tra gli

modo
al

di salvarsi (1).

Ma

pur troppo,

come

uomini omerici, questi


poeta
in
il

casi son rari, es-

sendo estraneo

concetto che gli di amino


(2).

veramente l'umanit

genere

Ed

naturale;

364 segg. e 333 segg. solo argomento forse potrebbe trarsi dall'epiteto ujxfipeq duuv ; ma questo, mentre frequente nella Teo(1)
(2) Il

5AGGI OMERICI

lo stesso

uomo omerico pu amare


il

parenti,

con-

cittadini, gli ospiti,

suo
chi

re,

ma non
resto
il

sarebbe neppure
di

in
gli

grado

d'

intendere

gli

parlasse

amore per
che de-

uomini

in generale.

Del

motivo
il

termina l'intervento di un dio


interesse,
di.

di regola

suo proprio
Gli

non

il

riguardo

al

bene degli uomini.

pi potenti degli uomini, vogliono che questa poil

tenza sia riconosciuta ed esigono dall'uomo


dei sacrifizi, di cui
si

tributo
(1).

dilettano anche materialmente


i

Convien dunque propiziarsi una divinit come


della terra,

potenti
ricono-

non con

le

buone opere,

ma

col

scerne l'autorit e presentarle ricchezza d'offerte. Essa


propiziata in tal

modo assume
i

la tutela

del suo pro-

tetto senza curarsi

punto della bont della sua causa,


termini segnatile
dal

ma

senza

eccedere
le

destino e

nella

misura che

permesso dalle
essa

altre divinit, le
i

quali per ragioni analoghe possono difendere anche

nemici di coloro
suo popolo;

che

patrocina.

Cos Zeus pro-

testa che sopra tutti gli altri


il

uomini ama Priamo ed


suoi altari
in cui Zeu-?

ma

questo affetto ha solo una ragione

egoistica, che cio


di
sacrifizi e di

hanno fornito sempre

libazioni (2).

E
i

se nel

momento
d'Achille,

Ettore sta

per

cadere
gli

sotto

colpi

pensa a salvarlo,

non che Ettore abbia praticato


o pi degli
altri

piti degli altri la giustizia

abbia ob-

bedito

alla

legge morale,

ma

perch

nella citt e

gonia esiodea

(46. [111]. 633. 664),

che rappresenta con-

cetti religiosi progrediti di parecchio, in tutta l'epopea

omerica, tra tante volte che sono nominati gli di, ricorre
solo nel
cfr.

carme degli amori

335). Cfr.
I

Q 525
M'

(uc,

di Ares e di Afrodite yp ueKXiiaavTo 6eo

(6 32-5,

beiXoai

PpoToTcnv
(1) (2)

Zibeiv xvu|ivoi(;

axo b

t'

Kribe; eiaiv.

A 472

segg.

205 segg. T 437 seg.

44 segg.

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE


sulle

cime dell'Ida ha sacrificato a Zeus molte pingui


di

cosce

buoi

(1).

Accaparrarsi

degli di e schivare ci che

dunque l'amicizia pu provocarne l'ira son


(2).

tra

primi pensieri dell'eroe omerico


chi

Guai pertanto a
l'offesa agli di sia

offende gli di!


delitto che
si

Non

perch

un

faccia orrore,

non

perch nel concetto di Dio


d'ideali elevati l'umanit,

accolga tutto quanto ha

ma

per

la

ragione che pro-

clama Apollo scotendo l'egida


"

sulla faccia di

Diomede(3)
gli di

Bada, o Tidide, e t'arretra, e non voler con Girne superbo a pari, che ugual non
in

vero la stirpe
,

De gl'immortali
Ragione
di forza

de l'uom che figge a terra l'impronta

maggiore,

a cui si piega lo stesso in-

domabile Pelide, quando, costretto

cedere

dinanzi

ad Apollo,
"

gli grida: (4)


il

Certo su te vendetta correi, se

poter mi bastasse

,.

(1)

120,
l

cfr.

S2

34. 69.
:

(2) Cfr.

420 fp

seg.

ob

auptirn^

Xneex'p' Bav-

Tuuv

cppeo

Kxpr)T' yaBroiv. Perfino in

uno dei brani

religiosamente

pi

progrediti

dell'epopea (a 60 segg.)

Atena per muovere Zeus a favore di Ulisse non sa che ricordargli i sacrifizi da lui fatti. vero che nella risposta di Zeus
vati
(a
si

ravvisano gi concetti religiosi pi ele:

65 segg.)
]

ttk;

fiv

l-neir

'Obuof|oq
PpoTuv,

yub
irep

eeioio
'

XaGoiiuriv

8c,

irepi

uv

vov

ori

ip

eeomv

GavTOioiv ?&iuk, to

opavv epv xouoiv.


religiodi Crise
|

La preghiera di Penelope in 762 segg. non samente progredita d'un punto sulla invocazione
in

kX09i

|ueu,

aYixoio Aii; tkoc;, xpuTUJvri'

e
f\

Tror

TOi TToXuiuriTK;

vi

neYpoiaiv
I

'Obuooeq

f\
I

Poq
Kai

ioq
cpi-

KOT TTiova Mripi' ^i^nf Xov uia aLuocv. (3) E 440 segg.
(4)

'T*'^

vOv

faci

lavioai

uoi

X 20

r^

a'

Sv

Tiaai|Lir|v

et

|noi

bva,uiq ye irapeiri.

10

SAGGI OMEEICI

Niente sta pi a cuore agli di di quel che nessuiio


ardisca atteggiarsi a loro eguale
(1).

Guai perci
in
tal caso

se

un nume crede

di essere trascurato:
si

una

semplice dimenticanza (perch

equivalgono nell'epopea
(2)

mancanze volontarie ed involontarie)


pagata a caro prezzo
rovina.
e divenire

pu

essere

persino occasione di

Ma non
l'ira

solo

provoca

del

una mancanza, consapevole o no, nume, bens talora anche un'azione


precisamente come in casi analoghi

ragionevolissima:
l'ira

dell'uomo. Al

modo

stesso che se

si

uccide o fedel-

risce altii per legittima difesa, tutta la famiglia


l'offeso

ne

cerca la vendetta

del

sangue, e soltanto

in et pili tarda s'introducono per questo rispetto usi

meno

barbari, cos pure Ulisse nell'Odissea avendo per


il

propria difesa acciecato

Ciclope, mentre da

un

tri-

bunale attico del

VI

secolo sarebbe stato assoluto,

perseguitato invece da Posidone con sdegno implacabile (3). In tal condizione di cose placare
i

numi quando

(1) Cfr.
(2)

B 594

segg. (Tamiri).

Q 602

segg. (Niobe).

Ci vale anche per le parti pi recenti dell'Odissea.

La cosa espressa con una chiarezza che non si pu maggiore nei rimproveri dei Proci ad Ulisse dopo l'uccisione di Antinoo (x 28 segg.) vOv xoi a(bc, atir^ 8Xe:

Bpoq

Ko

Yp

f*l

vOv

qpjTa KOTKTOveq,

Se;

luy'
|

piaroc;
|

Koupmv
I

eiv MBdKr)
fj

tuj a' vGdbe Tfrec bovrai.

laKev ^ko-

OTOt; vrip, ire

qpoav ok eXovxa

fivpa KaraKTevai.
:

versi 31 segg. sono stati presi per


la

una interpolazione

natura stessa del concetto espressovi dimostra che son genuini [L'argomento su cui si fondano gli scoliasti, Xeyev come il Bla ss, per respingerli, che cio tdKev

ma

non
(3)

omerico, prova solo che sono recenti].

Dove

si

ha da notare che
:

il

dato dello sdegno di

poeta l'ha trovato e non pu metterlo da parte ma naturalmente niente gli impedisce di cercare una ragione di questo sdegno conforme a' suoi

Posidone mitico
;

il

concetti religiosi.

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE

11

una volta

si

siano
(1);

offesi,

possibile,

ma non

la cosa
forti,

pi agevole

e se sostenuto

da divinit pi
di

un uomo pu osar vero ci non muove


perch gli di
si

d'affrontare

pi deboli, per

affatto a scandalo

l'uomo omerico,

venerano

soltanto per l'influsso che


sulle
sorti

sono in grado di esercitare


se questo influsso v'

umane

onde

modo

di renderlo

ineficace, la

venerazione non ha pi luogo

d'essere;
;

ma

sempre

cosa pericolosa inimicarsi gli di


gli

poich se anche tra

uomini

il

debole offeso dal forte pu spesso fargli


l'offesa,

pagare assai caro


mille

un nume debole ha sempre


:

modi

di

opprimere l'uomo pi forte

(2)

Stolto, ne questo conosce di

Tideo il figliuol ne la mente. Che non ha in ver lunga vita qual pugni a gli eterni
[di fronte
;

Ne

figlioletti avvinti

a'

ginocchi

Poi ch'egli fea da la guerra e

chiamano babbo da l'aspra pugna ritorno.


il

Adunque l'uomo
forse per ci

si

trova a fronte di molte potenze


;

divine spesso ostili tra loro

amico d'una
l'

tra esse
;

pu
Chi

stesso attirarsi

ira

d'un'altra

mentre

propiziarsele tutte

materialmente impossibile.
contro
i

pertanto

gli

sar di schermo
di

Dovremmo attenderci

numi avversi? vedere l'uomo omerico immerso


sempre
di calmarli

nei terrori superstiziosi cercar

con

scongiuri e sacrifizi anche feroci, turbato nei banchetti


e nei sonni dal

timore del Mane-Thekel-Phares d'una


e in battaglia

divinit

nemica
fiducia

scevro

affatto

da ogni

superba

nel

suo valore e nelle armi sue. In


l'al-

realt ci

non

All'eroe omerico, sereno sia fra

legria dei banchetti sia nel fragore delle battaglie, ter-

(1)
(2)

497 segg. E 406 segg.

12
rori superstiziosi
egli

SAGGI OMERICI

sono ignoti
di

al tutto

o quasi

perch

ha una guarenta

non essere

senz'altro abban-

donato ad una divinit avversa nell'ordine che come


tra gli uomini, cos regna nel

mondo
tanto

divino.
il

Il

pri-

mato

di

Zeus tra

gli di

a'

suoi adoratori

diritto

di confidare

che non resteranno

facilmente in

bala di divinit

meno

potenti;

iDoich

Zeus

supera

tanto gli

altri

di in potere che contro tutti potrebbe

vincerla da solo (1).

vero che

si

rassegna talora a

eedere per amore di pace e gode quando pu evitare


le battaglie tra gli di

perch, pur essendo sicuro della


(2).

vittoria, sa che

potrebbe costargli assai sudore

Ma

u da queste eventuali arrendevolezze scossa in realt


la fede nel

primato di Zeus, n dall'ingenuo antropole relazioni tra

morfismo che non concepisce


gli di

Zeus

diversamente da quelle tra un re

il

suo po-

polo e quindi non sa immaginarsi l'Olimpo senza un


senato e senza un'assemblea.
Afidava oltre a ci dell'avvenii'e l'uomo omerico la
divinazione.

Non

questo

il

luogo

di

far la teoria

della divinazione omerica.

Va

solo notato che la co-

gnizione del futuro una esigenza assoluta dello spirito

umano, quando

l'esito delle

imprese che s'iniziano

dipende non soltanto da condizioni di fatto pi o


atte

meno

ad essere misurate e valutate,


che

ma

soprattutto da

contingenze

sfuggono ad ogni previsione umana,

le disposizioni

che hanno gli di verso un

uomo quando
;

cio l'avvenire

(come dice Omero) giace

sulle ginocchia
il

degli di.

poich sempre in potere di Zeus


il

fare

ci che vuole e l'impedire o

permettere che

gli altri

(1)

23 segg. 462.
228.

(2)

notissimo

il il

Posidone mette in dubbio

diritto di

luogo (0 185 segg.) dove Zeus al primato.

LA DIVINIT OMERICA E LA
di

Sl'A

OPERA SOCIALE

13

traducano in atto
si
il

i
i

propri divisamenti, da lui sosegni dell'avvenire


del
(1).

prattutto

ripetono

Ma
hanno

se

motivo principale
degli

culto sta nell'esser


e

gli di pili potenti

uomini

nell'influsso che

sulle loi'o sorti, interesse

d'aflPermare del continuo siffatto

supremo degli loro primato non

di
tol-

lerando che

per

prosperit di successi non interrotti

un uomo
altrui.

s'innalzi di soverchio nella stima propria

ed
s

Cotesto concetto peraltro della invidia divina,

difl'uso nella et classica,

non

espresso che in alcune


(2),

delle parti

meno

antiche dell'Iliade

dove

chiara-

mente
gloria
soli gli

lo svolge solo

Posidone
a

nel
si
il

suo disorso alla


ridurr la nostra
dio) se di per s

chiusa del libro

settimo;

che

(questo pensiero tormenta

uomini valgono a compiere opere meravigliose

come il muro onde gli Achei hanno circondato il loro campo? Ma qui non s'arrestano i poeti dell'Odissea;
in essa dei

fortunati

eventi

delle
si

imprese

umane

d'ogni soverchia felicit dell'uomo


gli

mostrano ombrosi

di, n giova che si goda senza tracotanza la buona ventura n che per raggiungerla si siano invo-

cati gli stessi di a cui ora torna sospetta

dove

quasi

un presentimento
il

della intensit che prender pii tardi

timore

dell'invidia

divina

(3).

Cos

da una parte,

(1)

Non esclusivamente
;

per.

Anche Apollo rende noto


abbia la divinazione

l'avvenire

il

concetto che

egli

da Zeus apparisce soltanto negli inni omerici {Hymn. Ap.


Del. 132. Mere. 583 segg.).
(2)

H 445

segg.

(cfr.

l'introduzione di M).
471. P 73. 450.
qpGvo^
il

862 segg.

Non spettano punto


(3)

qui

Un esempio

nettissimo di

divino

si

ha

in

h 181 seg.

quadro della felicit che avrebbe goduto con Ulisse, soggiunge XX x |iv
Menelao, tratteggiato
:

li

SAGGI OMERICI
concetto della divinit omerica,
i

come vedremo
progredisce

poi,

il

notabilmente attraverso

vari strati del-

l'epopea, dall'altra
di forza e

va

al

tempo

stesso

acquistandovi

d'ampiezza

la teoria della invidia divina,

che

sembrerebbe rappresentare un regresso nella evoluzione


teologica.

tuttavia ci

si

spiega agevolmente

poich

solo
di

quando l'uomo, divenuto consapevole di s, cessa riputarsi come un fantoccio in balia di forze sopi'ancredersi
atto a raggiungere col senno e
la

naturali per

con

mano, senza

aiuti esterni, alti destini, solo al-

lora pu, quasi

per reazione, cominciare a temersi la

invidia divina.

Da
un

questo concetto della divinit nasce che


cio

il

vero

sentimento religioso, l'elevamento

dell'anima ad

ideale di verit, di bellezza e di bont che

non ha

riscontro

neppur

lontano sulla terra,

il

tentativo del

contingente di profondarsi nell'assoluto, fa difetto al-

l'uomo omerico. N pu essere altrimenti:


religioso, inteso cos,

il

sentimento

pu vigoreggiare soltanto quando


le

l'uomo che alza supplichevoli

si

braccia

alla divinit

persuaso della bont


rivolge.

somma

e assoluta del dio

cui

Non

per questo da reputare che la reHsia

giosit

omerica

cosa meramente esteriore, ignara

TTOu luXXev

faaeaQai Geq aTq, 8^ kcvov aTrjvov vari^ov olov l6r|Kev Ne meno caratteristica l'escla|

mazione
Xriiuovec

di Calipso, e

118 segg.
'

axTXioi ore, Geoi,

Zt^-

^Eoxov XXuuv,
\

oi

re GeaTq yaaQe tiap' vpaiv


tic;

evZeoQai

jnqpabinv, tiv

xe

qpiXov

iroiriaeT' kottiv.

Qui, vero, par significato

uno (pGvo^

tra
il

divinit e

non
che
vp

tra di e uomini

ma
agli

evidentemente

poeta muove

dal concetto, modificato a


gli di

norma

delle esigenze del caso,

invidiano

doli riservati solo a se.

uomini certi piaceri volenCfr. anche 6 565 segg. v 125-187.

210 segg.

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE


d'ogni intimit e profondit di sentimento.
tra

15

Che anzi

un uomo

un

dio

pu correre
son

affetto vivo e sindi amicizia tra

cero. Tutti ricordano lo stretto

legame

Pallade ed Ulisse;

meno

noti quei versi del

quarto dell'Iliade dove Atena salva la vita a Menelao


preso di mira da Pandaro con l'arco, deviando
il

dardo
figlio

con

l'atto

d'una madre che scosta una mosca dal


(1).

immerso nel dolce sonno

Senonch in realt questi

sentimenti, per profondi e sinceri che possano essere,

non son meno umani dell'amicizia d'un re per un suddito che l'abbia sempre fedelmente servito o d'un suddito pel re che gli sia stato

largo di protezione e di

stima affettuosa.

Ma la
traria,

divinit omerica, oltre ad intervenire nelle cose

umane merc questa

azione

che potremmo dire arbiche,

ha anche una missione sociale-provvidenziale


pii

limitatissima negli strati pii antichi dell' Iliade, divien


poi

man mano

importante

pi efficace.
si

Presso qualsiasi popolo che non


allo stato selvaggio

trovi addirittura

dev'essere in qualche

modo
da

pro-

tetto

il

forestiero

che

non

si

comporti

nemico;
d'ogni
tale pro-

poich

codesta la condizione

indispensabile

relazione amichevole con vicini o lontani.

Or

tezione
il

non poteva essere assunta dallo Stato omerico


assicurava
della
il

quale neppure

vita

dei beni

singoli cittadini. D'altra parte


se

forestiero, in ispecie
di mettersi

temeva qualche pericolo, aveva ben cura


paese, in
ispecie

sotto la protezione degli di venerati da quelli di cui

visitava

il
i

del

dio

sommo, adorato
il

da

tutti

Greci, Zeus;

mentre per suo conto


degli
di,

popolo
si

era disposto a riconoscere che in effetto l'ospite

tro-

vava sotto

la protezione

perch

l'esigenza

(1)

130 seg.

16

SAGGI OMEEICI
difesa

d"una qualche
tutti.

per

lui era

nella

coscienza di

tanto

pi ciascuno avvertiva la convenienza


all'ospite in

d'aver
s'era

riguardo

quanto che

egli stesso

trovato o poteva

trovarsi nel caso di ricorrere

all'ospitalit altrui (1). Cos la

lacuna che lasciavano gli

ordinamenti ancora raanchevoU dello Stato veniva col-

mata
dallo

dalla religione

onde, cosa

per noi singolare,

il

cittadino nella vita e negli averi

non era protetto n


in altri

Stato n dalla religione, o

termini gli

non peccavano n al cospetto del re n al cospetto di Zeus l'ospite invece era come persona sacra, e ci appunto perch non disassassini ed altri delinquenti
;

poneva,

al pari del cittadino,

d'un gruppo di parenti e


e, se

d'amici pronti a difenderne gl'interessi


a compierne la vendetta del sangue.

era ucciso,

Ma

vi

sono anche

altri casi in cui,

pur sentendosene
del tutto.

l'esigenza,

una protezione umana mancava


figlio assassina
i

Se per esempio un
tello
i

genitori o

un

fra-

fratelli

maggiori, prendendo

cos la direzione

della famiglia o del


tra coloro

gruppo

familiare, a nessuno certo


la

che

vengono a trovarsi sotto


il

potest

dell'omicida spetta di vendicare


interviene, che anzi,
la

reato;

n lo Stato

pur quando

lo

Stato assunse a s
il

punizione

dei

delitti di

sangue,

parricidio rest

sulle prime, e persino

nelle leggi di Solone,

immune

da pena
trattasi

(2),

perch appunto lo Stato non fece che sopropria vendetta. Cosi

stituire alla vendetta privata, la quale nel caso di ci

non poteva aver luogo,

la

(1) Menelao al servo che gli domanda se gli stranieri debbano essere condotti in altra casa, risponde che parla da stolto {b 33) f\ lav r) vui Eeivnia noXX qafvje X-i
:
\

Xujv vBpiijTTUJv eOp' K.u66a.


(2)
'

La. Diog.
'

59. Cic.
p.

pr Amer.
n.

25, 70, ecc. E.

Meteb

Hermes

30 (1895)

273

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPEEA SOCIALE


al

17

padre od

alla

madre che venivano

trucidati dal figlio,

certi

che nessuna vendetta

umana avrebbero

conseguito,
divina
la

non restava che invocare


sul capo del delinquente.

terribile la giustizia

naturalmente anche qui

fede nella efficacia di queste imprecazioni doveva essere

tanto pi viva in quanto che, pur nessuno arrogandosi


di far la vendetta
dell'uceiso^
il

reato

per feriva

il

sentimento di tutti e nella coscienza di tutti era


sigenza d'una punizione.

l'e-

Quale sicurezza v'era


figlio

infatti

per un capo di famiglia se un

un

fratello

po-

tevano impunemente dargli

la

morte (1)?

Fino a questo punto


rena.

la

punizione dei delitti

ter-

Vi ha per una colpa che secondo Omero

pu

nita nell'altra vita, lo spergiuro (2), sebbene,

come

noto, ci sia in pieno contrasto col concetto dell'altra


vita e dell'anima

umana

che

predomina

nei

poemi
le

omerici.

Se pot mantenersi, in contraddizione con

dottrine prevalenti, questa fede in

una pena oltremonDi


fatto

dana dello spergiuro,


vitale del

la

ragione sta nella importanza


la societ omerica.

giuramento per

non

il

diritto delle genti,

ma

il

giuramento assicurava
vicini;
il

solo la pace o la tregua fra

due popoli
di

giu-

ramento costituiva
nale del re
;

il

modo

prova davanti

al tribu-

esso soltanto guarentiva la vita al supplice

e l'incolumit all'uccisore

dopo che era venuto a com-

posizione con la famiglia dell'ucciso e poneva termine


alle

guerre tra

le

famiglie; in breve la vita stessa della

societ omerica riposava sulla santit del giui-amento.

Donde

la

esigenza

d'una

punizione

esemplare

dello

(1)

Sulle offese ai genitori ed ai fratelli maggiori e le

pivec;

upeapurpiuv

incaricate di punirle
Oj;

v.

454 segg.

565 segg.
'itovTai.
(2)
G-.

204

laQ'
P

irpeapuTpoiaiv
X 279 seg.

pivueq alv

412 seg.

135.

r 278 se^.

259 seg.
2

De

Saxctis. Per la scienza dell'antichit.

18
spergiuro, che

SAGGI OMERICI

ch'essa per opera dello Stato. Ora


sisteva

non poteva trovar soddisfazione neanil giuramento conper l'appunto nel chiamar gli di a testimosi

niare la verit di ci che


di ci che si

dichiarava o

il

mantenimento
di se la loro

prometteva e invocare sopra

punizione in caso di spergiuro. Cos lo spergiuro era

anche una ingiuria agli di


la punizione, la quale

una

sfida alla loro po-

tenza; ed era naturale che dagli di se ne aspettasse

doveva essere

la

pi tremenda,

perch lo spergiuro scoteva lo stesso fondamento della


societ

come

era allora costituita, la pena eterna.


inconcilia-

Questa maniera d'operosit divina non


bile

con

quell'altra categoria

che
cose

abbiamo studiato
ten-ene
;

d'interventi

degli

di

nelle

in

quanto
che soc

anche

in questi casi la divinit

non

fa altro

correre in vita

vendicare

in

morte

chi

si

messo
ad

sotto la sua particolare protezione ed esaudire la do-

manda
altri
si

di chi
s.

ne ha imprecato solennemente

l'ira

od a

Ma

in effetto per questa via la divinit

fa protettrice dell'ordine sociale,

ed anzich oj^erare

senza legge, interviene

regolarmente a difesa dell'opcose doveva

presso e a danno dell'oppressore e dell'ingannatore. Accolti poi questi concetti, la logica

delle

fare che s'allargasse

sempre pi

l'azione provvidenziale

della divinit,

man mano

che col progredii-e dell'inciil

vilimento

si

faceva

pi vivo nelle coscienze

senso

della giustizia e pi palese la insufficienza e la

mana

chevolezza della giustizia

umana

mentre s'ampliava
diminuire
avviarsi a sj^arire

questa

maniera
di

d'azione

divina, doveva
e poi

grado a grado d'importanza


a eambiar
Ci dato

natura

quell'azione interessata degli


il

di che nell'Iliade occupa di gi-an lunga


di rintracciare gli inizi di

primo posto.
evolusi

questa

zione nella stessa epopea omerica. Per esempio


sciava in origine

la-

insepolto

il

corpo dei nemici, come

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE dimostra


il'

19
l'ira

il

proemio

dell'Iliade,

dove detto che

Achille lasci molti cadaveri d'eroi preda dei cani e

degli uccelli (1).

Ma

in realt nell'Iliade

morti venalle

gono regolarmente
belve
i

seppelliti,

dacch lasciar pasto

nemici uccisi pareva aUa coscienza progredita


crudele.

troppo

questa mitigazione
la

del

diritto di

guerra s"era compiuta merc

religione, piegatasi a
si

soddisfare le esigenze nuove. Ci


di Ettore, che

vede dall'esempio
pregato Achille di
gli

dopo avere invano


cadavere
(2);
ai

rendere

il

suo

parenti

minaccia lo

sdegno degli di
libro

ed anche pi chiaro risulta dal


il

ventesimo quarto, religiosamente

libro pi pro-

gredito dell'Iliade, dove


la

pende

in

effetto

su Achille
il

vendetta divina se non von- rilasciare

corpo di

Ettore.
I

Anche qui

del resto l'intervento degli di

non

manca d'ogni addentellato con la consueta arbitraria e interessata. La coUera divina


molto pio verso
gii di,

loro azione
infatti ap-

pare parzialmente determinata dall'essere stato Ettore


talch per lui
;

non mancava
abbasevizie fatte

mai

di vittime

Tara di Zeus
il

ma

pure

espresso

stanza chiaramente

concetto che

le

ad

un cadavere sono in odio alla divinit (3). Del pari movendo dal concetto che a fronte
turale che
finisse

del suo

patrono l'ospite tutelato da Zeus Xenios, era natusi

col

riputare

come una

offesa a

(1)

[Qui

si

paiia naturalmente non dei Troiani,


'

come

ritiene

W. Helbig

Rh.

Museum
Cfr.

'

LV
i

(1900),

p.

55 segg.,

ma
loro

degli Achei che la contesa

tra

maggior difensore. wickelnng des griech. Epos

Immisch

due re priv del Die innere Ent-

p. 31 n. 23.

tuttavia ci

non

indebolisce la osservazione fatta nel


v' disparit d'incivilimento tra
(2)

testo,

perch non
Yvuuiiiai.

Achei

e Troiani].
)uirivi|ua

358

qppdZieo
I

vOv

\xr\

to ti Beiv

(3) 9.

44 segg.

13 segg. 503.

20
Zeus Xenios
contro
la

SAGGI OMERICI

anche

un

delitto

commesso

I
dall'ospite
il

persona e

gli averi

del patrono, sebbene

patrono disponesse di tanta difesa

umana

che non

si

doveva in
concetto

generale

sentire

per lui l'esigenza

d'una

speciale protezione divina.


si

Sembra

peraltro che a tale


l'ira

giungesse lentamente. Infatti

di

Zeus

un motivo che pu dirsi alieno dall' Iliade. V' bens due volte un accenno a ci, ambedue le volte in bocca di Menelao, ma come desiderio o voto suo, non come cosa che siasi effettuata, e del resto neppure nelle parti pi antiche del poema (Ij. Mancava parimente una sanzione contro i giudizi
Xenios contro Paride
ingiusti, e

doveva

farsi avvertire l'esigenza

d'una sansi

zione divina.

Un

accenno a questa per non

trov:

che nella Patroclia, anzi in una parte della Patroclia che ha sofferto vari rimaneggiamenti
difetto
(2).

Faceva pure
da
altri,

una sanzione umana contro


riparazioni,

chi, offeso

non accetta eque


vendetta.

ma

cerca implacabilmente
alieni

a quelli

che

si

mostrano cos

da

piet viene appunto minacciata sotta forma allegorica

(1)

r 351

segg.

N 623

segg.

V.

622-630

(e forse
il

anche alcuni

altri)

Qui per ritenendo i come un'aggiunta


assai

posteriore

contesto
si

guadagna

in

pei-spicuit.

L'accusa che

fa ai Troiani di essere beivfq dKpr)T0t


f

uxfjq. Solo in

28 la colpa di Paride (e va inteso la


29-30 non sono che un
Tr|<;

sua offesa al diritto ospitale) cagione dell'ira di Posidone. Era ed Atena.


1

v.

commento

posteriore. 'AXeEdvbpou even'

diverso da quello che lo stesso


(2) TT

non pu avere un senso emistichio ha in Z 356


irfiaa

384 segg.
I

lix;

b'

ir

XaiXairi

KeXaiv>T
x^^'
|

p-

Ppi9e X0JV

iquaT' nuupiv),

re

Xa^prarov

viuipf

v ^opri

Zeq. ore n f)' avbpeaai Koreoadiaevo^ xo^^TTrivr), ci ^iir OKoXiq Kpivuuoi 6|niaTa^, k Kr|v XdauuaiJ
(

eejv

mv oK

XYovxet,.

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE

21

una punizione divina


raltro, della

in

un
il

tratto^

non originario pe(1).

Ambasceria,

discorso di Fenice

Un immenso
blica o privata

progresso su questa via traspare nelle

parti pi. recenti dell'Odissea.

Su ogni

ingiustizia pub-

vegliano ora gli di,

che in veste di
le

stranieri si aggirano per le citt

scratando

opere

violente e le giuste (2) e tezione speciale


dicanti (3).

prendono sotto

la loro pro-

non solo gli ospiti, ma anche i menConforme a ci, sia nella Telemachia sia
si

nei dodici ultimi libri,

accenna ripetutamente

alla

punizione divina che incombe sui Proci perch contro


giustizia dilapidano le ricchezze di

un

altro e ne

am-

biscono la sposa

(4).

Ma

anche per questo rispetto v'

pure qualche traccia


p.
e.

di concetti diversi e pi antichi,

dove non senza meraviglia

leggiamo che Ulisse

come Penelope, compiuto l'eccidio dei Proci, vi riconoscono una punizione divina non per la usurpazione dei beni altrui, ma perch non hanno praticato come
si

conveniva

il

dovere dell'ospitalit

(5).

(1)

502 segg.

evidente che non pu


ko t Geo
Eeivoiaiv

trattarsi

qui

di ogni offesa.
(2)

p 485 segg.
I

oiKrec;
|

XXobadvBpuj-

nolaiv,

TTavToToi TeX0ovTe(;, TriaxpuuqpULjai TtXriac;

TTUJv iPpiv

Te Ko evo|uiriv qpopOvTec.

(3) Z
T<;
I

207 seg.
66. S

57 seg.

-npc,

-fp

Aic; eloiv aTrav-

Eetvoi xe tttujxoi re.

(4) P

a 138 segg.
xaoSaXiai.

si

85 segg. u 215. 393. x 35 segg. Anche in accenna alla punizione di chi commette

xouabe laop' d|uaaae Beuv xai axe,5) X 413 segg. xXia ?pYa oOxiva yp xieOKOv irixSoviaiv vGpiTtujv, o
:
| |

KOKv o uv oGXv, 6

xe acpeac,
TtOTtov.

etoacpiKOixo
nj

xi koI

xaff6aXiT)CJiv eiKa Trxiaov

63.

Cfr.

363,

dove Atena induce Ulisse a mendicare tra i Proci per conoscere oi xivq eaiv vaiai|uoi oi t' 96|LiiaToi.

22
Divenuti
gli

SAGGI OMERICI
di ^Hndici di tutte le iniquit, di
la

poco

v'era bisogno che progredisse

riflessione

religiosa

per vedere nella sventura


provvidenziale di una
l'ordine di giustizia

nel

dolore la punizione
nel

colpa, trovando

custodire

l'ufiicio

principale della divinit.


aflFermato
il

Esplicitamente

ci

non fu

che dai

lirici;

ma

vi

si

avvicin di molto

poeta del primo e delnel

l'ultimo libro dell'Odissea. Cos


al concilio degli di

discorso di
il

Zeus

con cui s'apre

poema

detto

che nella sventura non incorrono gli uomini per volere


degli di,

ma

per

effetto

delle

proprie
il

colpe.

Sulla

chiusa del

poema

poi assai eloquente

grido in cui

prorompe Laerte appena


sui Proci (1)
"
:

sa della vendetta

compiuta

Zeus padre, ben voi iddii ancor siete nel vasto Olimpo
Se
il

fio

de l'empio ardire han da vero

Proci pagato

,.

Ma

questo

un modo

di concepire che gi
l'alito

non

si di-

rebbe pi omerico; spira qui

d'un'et nuova.

E appunto
una

la

evoluzione nel concetto della divinit

delle cagioni principali del risveglio del sentimento


;

religioso nei secoli seguenti

poich quando gli di ap-

parivano come

potenze capricciose ed egoistiche, era

segno di

spii'ito

sano

il

contenersi di quel sentimento in

termini assai

ristretti.

Ma non

poteva non eccedere quei


il
i

termini, formatosi a poco a poco

concetto di un or-

dine morale di cui gli di erano

custodi supremi.

La

contraddizione

per tra questo concetto progi*edito e

quello dominante nell'epopea della divinit antropomorfica,

soggetta a tutte

le

passioni umane, che opera sotto

(1)

uj

351 seg.

Zeu uTep
I

fj

f)a

ex"

IjaKpv "OXuiiTTOv
xioav.

xev

fiviiaxfpe;

ax eeol kot dxaQaXov ^piv

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE

23

l'impulso di queste passioni e soprattutto dell'egoismo

che in sostanza la radice di tutte, non poteva restar

sempre

latente. Il

diverr cosciente

momento in cui questa contraddizione sar il momento critico della reliinvestigare se gli di nelle loro

gione greca.

Rimane ancora ad
relazioni con
gli

uomini possano veramente tutto o

vi sia al loro potere

potenti

un limite. In teoria essi sono onnicome onniveggenti (1) n la teoria infirmata


;

dalle esigenze del racconto poetico che gl'impediscono


di adattarvisi

appieno

come quando, per esempio,


succede fra Troiani e Greci,
la

sfugge a Zeus quel

che

mentre

egli

ha rivolto

sua

attenzione alle cose di

Tracia, o dai casi in cui, essendovi collisione tra gli di,


essi circoscrivono

a vicenda

il

proprio potere. V' per

un'altra limitazione del potere divino, e questa in con-

traddizione aperta con l'affermazione dell'onnipotenza,


il

Fato (Moipa)

(2).

Non

deve peraltro stupire codesta

pi di tante altre contraddizioni nei concetti religiosi


omerici.

la origine

deve cercarsene nella esperienza

assai agevole a farsi che

non basta

talvolta esser pio

per riuscir fortunato nella vita e che in ogni caso non


basta per schivare la pi irreparabile di tutte
ture, la
le

sven-

morte

(3).

Di ci non era

facile

render ragione

(1)

L'una e
v.

l'altra cosa,

accennate nell'Iliade, sono


esplicito nell'Odissea.

af-

fermate ripetutamente in
la

modo

Per

prima

90. 236. k 306. E 444.

La seconda

gi

contenuta implicitamente nella facolt degli indovini di conoscere t t' vxa xd x' aaiueva -rrp x' vxa. Vedi
inoltre h 379. 468. u 74 seg., ecc.
(2)

Vedansi

testi presso

il

Naegelsbach Homerische

Theologie^ p. 120 segg.


(3)

T 236 segg.
I

f]

8oi Tiep
hi\
I

Kai qpiXty dtvpi

xoi Bdvoixov |iv |uoiiov o buvavxai dXaXKnev irnxe kcv

luop' Xo>

Ka96\T)ai xavriXeyot; Govaroio.

24
alla

SAGGI UMEKICI
teologia omerica clie

non riconosceva quella molcon cui altre religioni


insieme. Se
il

titudine di divinit

malefiche
il

spiegano

il

dolore e

peccato e affermava esservi un dio


altri uniti

pi potente di tutti gli


lo stesso

dunque

Zeus non salva dalla morte


gli di a

suo devoto, non


uomini,

sono solo
v' poi

determinare

le sorti degli

ma

un destino indipendente della volont degli di e che quindi non si pu schivare per quanti sacrifizi ad essi si facciano. In tal modo si spiega come la
Moira od Aisa
rappresentata
degli di, ora

che
presso

personifica

il

destino
la

ora

venga

Omero come

volont stessa
distinta.

come da questa volont ben

Negare

del resto che in qualche

passo la Moira e la

volont di Zeus appaiano come cose affatto diverse


far violenza ai testi.
Infatti
se

solo

cos

pu

spiegarsi

l'incertezza di

Zeus

debba o no eedere

alla

Moira

lasciando che periscano Sarpedone ed Ettore (1); e della


stessa psicostasia, dove egli pesa le sorti di Achille e
di Ettore, la spiegazione pi naturale che investighi

quale

il

destino, perch

una bilancia

il

si

prende ap-

punto per riconoscere quale

peso

(2).

Alcuni hanno voluto scorgere nella Moira una oscura

immagine
supplendo
nella

della Provvidenza,

una potenza divina su-

periore a tutti gli di, intesa a preordinare l'avvenire


al loro difetto di scienza e di potenza.

Ma

sola

enunciazione di questo
ci,

concetto la sua

confutazione: chi non capisce


sibile discutere,

con

lui

non

pos-

perch non intender mai Omero. Sol-

tanto da questa profondit di concetti, cui non pote-

vano assorgere,
difficolt

atti'ibuita ai poeti omerici,

son nate

le

intorno alla spiegazione dell'hypermoron. Che

(1)17 433 segg. X 174 segg.


(2)

X 209

segg.

LA DIVINIT OMERICA E LA SUA OPERA SOCIALE


in realt la frase
il

25

non rara

in

Omei'O

"

e allora

contro
la

destino (hypermoron) sarebbe accaduta la tale o

tal altra cosa, se

non sopravveniva questo impedimento

non presenta alcuna difficolt grave d'interpretazione, e non dobbiara vedervi che un semplice modo d'esprimersi del poeta. Di fatto il destino si deve compiere
sempre
e

sempre

in

Omero

si

compie

(1);

n
si

gli di,

che pur potrebbero, volendo, resistervi, vi

risolvono

mai, perch questo loro potere d'impedire l'adempimento


del destino esiste soltanto in teoria; e

un destino che
dal
darci
i

non s'attuasse non sarebbe pi destino.


In conclusione
i

poeti

omerici, lungi

risultamenti d'una riflessione religiosa personale,

si la-

sciarono trarre inconsapevolmente dagl'impulsi e dalle


esigenze religiose di pi et successive.

Eppure l'epopea

ebbe nella evoluzione


tantissimo.

religiosa

greca influsso impor-

Non
le

mostrer qui come essa abbia fissato


degli di oscillanti

per sempre

singole personalit

necessariamente nei diversi tempi e nei diversi luoghi


finch restavano in bala
[e

della sola fantasia popolare


e

con ci

e col

diffondere

svolgere

miti abbia,

mediante

la piena affermazione della personalit divina,

(1) Vi sono due sole eccezioni, TT 780. a 34 segg. La prima senza importanza, pi apparente che reale. Il destino la sconfitta degli Achei. Essi non conseguono che un momentaneo vantaggio, che loro strappato di mano dall'intervento di un nume. Molta importanza ha

invece a 34 segg.
TiuuvTtti

u) tcttoi,

oiov

ri

vu Qeoc, PpoToi
^|U|uevai,

ai-

t^iuuuv

Yp

qpaoi

kk'

ci

he.
|

Kai
ibc,

aTO
Ko

ocpriaiv raaGaXiriffiv irp (ipov


AtTi<J6o<; iLiTTp

X^e ^xcuoiv,
|

vOv

|npov 'ArpeToo

ym'

aXoxov

fivri-

0T?)v ktX. Ci

per prova soltanto che quei versi furono composti quando si andavano perdendo i concetti genuini

dominanti nella poesia omerica.

26

SAGGI OMEKICI

superato l'animismo sempre rigoglioso nella religione


del volgo (1)
;

n come abbia contribuito a spezzare


stretti

legami troppo

fra singole trib e singoli di e

a trasformare in di nazionali quelli che, pur con diverse


forme, erano venerati presso
eroi
pii

trib, riducendo ad
di scuotere
i

quelli ai
li

quali

non riusciva
d'effetti

ceppi

che
il
il

legavano

alla trib

presso cui aveva avuto origine


fu che quando venne
soffi lo spirito

loro culto].

Ma

pi grave

momento

in cui nella religione

greca

nuovo che gi cominciava ad aleggiare negli ultimi strati dell'epopea, quando la materia mitologica avrebbe
dovuto trasformarsi a quel potesse vivere di nuova vita
pulsi.
soffio

perch

la religione

il

mito era gi

fissato

dall'epopea e la materia tradizionale rest sorda agli im-

Ed

allora per aprire al pensiero religioso

nuove

vie

convenne ricorrere ad una rivelazione.

(1)

[Sul persistere dell'animismo


e.

nella
'

Grecia

antica
l'ins-

vedi p.

le osservazioni di Ch.
'

Michel

Revue de

truction publique en Belgique

LI (1908) p. 349 segg.].

'llijlllnjjilllliimij^^

IL

L'

anima

1'

oltretomba
(^\

secondo Omero

L'epopea greca riconosce concordemente che v' nell'uomo, oltre


stinta.
il

corpo, una psiche

da questo ben
il

di-

Non

cotesta psiche e

peraltro
anzi

sostrato delle

potenze

intellettuali

morali,

non ha alcuna

parte nei fatti d'ordine intellettuale e morale menzionati infinite volte nell'epopea.

Omero

allude bens molto

sovente alla psiche

ma

solo a proposito degli sveni-

menti
dente
se

della

morte, la quale

consiste appunto

nel

partirsi che fa la psiche dal corpo.

Pare
il

quindi evidi vita o,

che la psiche
il

dell'epopea

soffio

abbandona il corpo quand'esso resta inanimato. Senonch questa " vita che si fugge come un soffio dall' uomo che muore, non era e non poteva nei tempi omerici esser concevogliamo,
principio vitale che
pita

come un'astrazione

neppure

come una

realt

(1)

[Dalla

'

Rivista di storia antica

'

II (1897) 3

p.

38

segg.]

28
concreta
s,

SAGGI OMERICI

ma non

percettibile

mai

ai sensi; n, le si

do-

vendosi darle una forma ed un aspetto,

poteva
;

dare altro aspetto che quello del corpo in cui abit


di

guisa

che

le

anime sono immagini


Tutto
ci

dei

defunti

(eluuXa KoiJvTUJv).

par molto chiaro: l'hanno

reso invece molto oscuro indagini troppo sottili e cavillose.

Si
il

detto, p.

e.,

che la psiche in

soltanto

principio della vita animale,


si

Omero come se nel-

l'epopea greca

facesse netta distinzione tra vita ani-

male
"

e vita spirituale (1).

Altri afferm che l'anima

un doppio un concetto
lare poi di
"

che abita entro l'uomo, mentre questo


affatto

alieno

dalla poesia omerica. Par-

doppia vita
pensiero
;

presso

Omero

addirittura

snaturarne

il

(2).

La

psiche vita,

la

sola

Omero, ben lungi dal riputarla come un altro uomo nell'uomo, come un secondo io, stima che l'uomo sia il corpo con le sue funzioni, la psiche
vita dell'uomo
e

null'altro se

non

ci che a codesto

corpo d la
il

vita.

N
di

vale obiettare che,

come spesso
il

cadavere chia-

mato

senz'altro Ettore o Patroclo, cos alle


si

anime non

rado

senz'alti'O

nome

di

Elpenore o di
necessit del

Tiresia; poich questa


discorso, a cui

non

che una

non

si

sottrae neppure chi oggi reputa

puramente

spirituale la personalit
piti

umana. Nei passi


corpo,

invece di cui dobbiamo tener

conto, cio in quelli


al

dove l'anima vien contraijposta

s'esprime

Omero con molta


il

chiarezza, dimostrando che per lui


(3).

corpo l'uomo

Questo
il

afferma

in

una parte

antichissima

dell' Iliade,

proemio, dove dice di voler

(1)
(2) (3)

Naegelsbacii Homer. Theologie^

p.

35.

RoHDK Psyche P

p. 5 segg.
il

Come

vide

gi

Naegelsbach

op.

cit.

p.

33

A 4

seg. H* 65 seg.

l'anima e l'oltretomba secondo omero


cantare l'ira di Achille
forti
"

29

che spinse nell'Hades molte

anime d'eroi ed
,
;

essi

degli augelli

con

abbandon preda dei cani e non minor chiarezza in una

parte molto recente deUo stesso poema, allorch Achille,

parlando della psiche di Patroclo, asserisce che meravigliosamente somigliava a


Si ritiene
lui.

da molti che v'abbia presso Omero, oltre


dal

l'anima che d la vita, anche un altro principio delle


nostre azioni distinto
corpo,
i

il

thyms,

al

quale

bench

si

riportino specialmente

moti del sentimento,

vien per riferita ogni maniera di

fatti interiori (1).

ci

non avrebbe
quanto
sia la

in

nulla

di

strano,

perch noto

credenza che pi anime coesistano nell'uomo


tra
i

diffusa

popoli

meno
il

inciviliti.

Certo che,

qualunque

sia l'origine e

significato primitivo della

parola thyms, in

Omero non ha mai

valore materiale,
e

e designa invece l'attivit che noi

diciamo psichica
con
il

in ispecie l'attivit affettiva. Peraltro, se con la


il

morte

thyms
si

lascia

il

corpo

insieme

la

psiche, la
nell'atto

psiche
stesso

continua a vivere, mentre


annulla
(2).

thyms

principio distinto

che l'attivit del


di che si

Laddove pertanto la psiche un dal corpo, il thyms invece non corpo o meglio di una parte di esso
;

ha una riprova nell'esser


del

tutti
al

senza

ecce-

zione

fatti

thyms

riferiti

anche

diaframma

(1)

Naegelsbach
Jahrbb.
[Il

p.

357 segg.
'

testi

concernenti la psico-

logia omerica sono

compiutamente

raccolti

da

W.

Schra-

DER

'

f.

Philologie

131 (1885) p. 145 segg.

(2)

9u)Li(;

dal corpo,

omerico pu dirsi un'anima inseparabile una Korperseele, nel senso in cui adopera
il

questa parola

Wundt

Volkerpsychologie
di

II 2.

Ma

per

evitare confasioni, dal

punto

vista della

psicologia

omerica meglio riservare la denominazione di anima


alla
vjjuxri.]

30
(q)pve<;))

SAGGI OMERICI
stimato

appunto

la condizione o

il

principio

materiale di quell'attivit che noi chiamiamo psichica;

mentre d'altra
sieda nel

jiarte

diaframma

thyms stesso si crede che ri(1) come ogni attivit dello spiil

rito in generale (2).

Dunque
il

lo spirito vitale partito


;

dal

corpo

umano

continua ad esistere

ma

col

corpo venendo a mancare


il

principio degli atti coscienti,

diaframma, vive privo


ci

di coscienza, senza
esso.

relazione con

che fuori
scolorita
;

di

la

sua una vita molto

triste e

e s'in-

tende bene

come all'uomo omerico


le

nulla riesca pi
(3).

odioso che le porte del regno dei

morti

Abbanin-

donato
visibile;

il

corpo,

anime scompaiono nel mondo

mondo

invisibile che

non potendo
che

allora esser

concepito n
di fuori

come qualche cosa


Su questa sede

d'astratto n

come

al
|

dello spazio, conveniva

avesse una sede


si

determinata.
leggieri

delFInvisibile

spiega di

come sorgessero
si

varie opinioni.

Era molto na-

turale che

cercasse sotterra, nel profondo, n


il

meno
si

naturale era d'altra parte che

regno delle tenebre

collocasse nell' estremo occidente, dove

muore

il

sole.

(1)

202.

462. K 232.
172.

280.

178.

357.

321.

165.
(2)

73.
il

n;

Cos

jivot;

ed

il

voOq. Se poi qpppv

si

contrap6u|uv,

pone a
eujui;

eujuc;

nella
il

frase

Kar qppva ko Kar


di

pi-ende

senso

ristretto

attivit

affettiva e

cppnv quello metonimico, pure ristretto, di potenza intellettiva.


(3)
|uoi

Il

passo

pi
jv

caratteristico
qpaibiiu'

488 segg.
|

|ui^

hf\

Gavaxv f

-rrapaa,

'OuaaeO
|

3ouXoifar|v
(KXripip,

k' tu

Tidpoupo<;
|Lir]

6r|TU|uev
etr),
1

XXtu,

vpl

nap'

pioToq TToXi;

f\

ttaaiv veKeaai KOTOcpSiiuvoiaiv

vaaeiv.

l'anima e l'oltretomba secondo omero


Tali

31

due sedi
testi

dell' Invisibile

coesistono in
di

Omero

(1),

jenza che sia


jcorza
i

punto necessario
si

metter d'accordo a
che anzi

che vi

riferiscono:

sarebbe

piuttosto da stupire se
iizione intorno a cosa
[a

non
s

vi fosse

nessuna contrad-

oscura. Necessariamente poi

fantasia doveva affaticarsi nel raffigui'are con abbonil

danza d'immagini

regno tenebroso; e
:

cos,

ad

es.,

lo

descriveva Circe ad Ulisse (2)


"

Ma

poi che con la tua nave solcato l'Oceano avrai,


e

L dov' umile una spiaggia

son di Persefone

boschi,

Eccelsi pioppi e salci che a

male mandano

frutti,

Ferma

la

nave
il

qui, in riva a l'Oceano dai

gorghi profondi,

E
In

tu rivolgi

piede a la fosca magione de l'Ade.


fluisce
:

Acheronte col Piriflegetonte

Oocito cui fuori effondono l'acque di Stige


i

Giungonsi a pie d'una rupe

due fiumi da

l'alto

rim

[bombo.

Come

le

anime

entrassero

in

questo regno non era

difficile

quali erano

immaginare a genti che usavano la cremazione, dell'Asia Minore a cui si deve i coloni

l'epopea omerica.
il

Ad

essi infatti si
il

presentava spontaneo

pensiero che

quando

cadavere scompariva per sempre


si

nelle

fiamme del rogo, quel che restava dell'uomo

dii

leguasse per sempre nell' Invisibile.

quelli poi tra

Greci che continuavano ad attenersi al rito della inu-

mazione

forse

dovuto

il

mito

di

Hermes accompa-

gnatore dei morti, cantato nell'ultimo libro dell'Odissea

mito che sembra superfluo dal punto di vista dell'ortodossia omerica (3).

(1)

Per la prima

v. p. e.
|

X 482
?pxfi-

vOv he o
la

|uv

'Aiao
v. le

|Liovj(;

Tu KeOeai fair\c,

Per

seconda

due Nece.
(2)

K 508 segg.

(3) uu

9 seg. 99 seg.

32
Oltrepassate
le

SAGGI OMEEICI
porte fatali dell'Invisibile, donde non

dato tornare (1), l'anima vi resta dentro vivente

non

per un tempo pi o
Ci

meno

limitato,

ma

per

sempre.
;

si desume dallo stesso concetto omerico dell'anima come pu infatti perire essa che la vita? (2j. Xon si opponga che un popolo chiuso nella cerchia del sensibile difficilmente pu pensare eterni esseri che non

gustino pi cibo (3); poich


unita
al

il

cibo mantiene soltanto

corpo

la vita,

non

la

genera

l'accresce.

Del resto chi allega


seue,

tale difficolt si pone, senza addar-

del filosofo

non pi dal punto di vista omerico, ma da quello moderno, che cerca una spiegazione del problema della vita: dove l'uomo omerico trova la vita
naturalissima e sente
invece
necessit di spiegare
la

morte.
psiche

Non
;

quindi
:

per

Omero

cosa singolare che

la

non muoia sarebbe piuttosto singolare che morisse giacch non vi sarebbe pi modo di spiegarne la morte per mezzo del dipartirsene d'un'altra cosa
reale e concreta.

Tal suo concetto della psiche

molto

facile

vedere

onde l'uomo omerico

lo tragga,

quando
e

se

ne cerchi Di

non

l'origine prima,

ma

la fonte viva

perenne.

fatto la psiche

menzionata da Omero solo in occa-

sione di morti o di svenimenti.

fenomeno

della

morte

(1)
TTriv

V
lue

75

seg.

o yp

er'

aOriq

viaao)aai

'Aiao,

TTUpt; XeXxlTe.

(2)

Questo concetto popolare espresso anche, assai


(Inst. Cijri

dopo, nel discorso che Senofonte mette in bocca a Ciro

moribondo
o toOto
pO -fp

VITI

7,

19): oOtoi
luc;
l'i

-^yx)-^^,
'iuc,

u)

Traec.

evriTUJ aibuoTi

v v xav totou TTaXXaYfj T9vr|Kv. 6ti Kai r 6vr|T oiJuMCiTa, aov civ v aToi<;
irdbTTOTe Treia0r|v
rj.

vj/uxri,

nv

Zrj.

Xptivov
(3)

fj

r)

H"Jxn' Zivxa TtapxeTai.

RoHDE Psyche P pag. 10

seg.

l'aXIMA e l'oltretomba secondo 05IER0

33

appunto uno

di

quelli die

sempre hanno maggior-

mente commosso lo spirito umano e di cui la riflessione bambina e adulta si piti affaticata a cercare le
origini e la natura.

Se

un corpo

ieri

pieno di vita,

pure avendo intatti in apparenza


il

gli

organi dei sensi,


e senza

cuore,

il

diaframma, giace oggi senza moto

sentimento, qualche cosa dev'essergli mancata che prima


esso aveva, invisibilmente uscendone per la bocca o per
le ferite
(1).

Di qui pertanto Omero attingeva


psiche;
e

il

suo

concetto

della

negli svenimenti, che gli

una conferma ne trovava apparivano come effetto di un

allontanarsi temporaneo della psiche dal corpo (2).

a tale origine del concetto dell'anima contrasta l'immagine, che le viene attribuita,

del

corpo
si

stesso in cui

abita

poich dovunque nella natura

manifesta una
ef-

energia,
fetti

l'uomo

primitivo dalla somiglianza degli


la

inducendo

somiglianza delle cause se la figura


alla sola energia che gli

come somigliante pi o meno


si

manifesti

direttamente

alla

coscienza,
essere
in

Fio.

nel
s

caso

nostro, trattandosi di

un

attinenza

stretta
si

con l'uomo, non poteva mancare che

la psiche

concepisse sotto

forma umana; donde seguiva che

la singola

psiche dovesse prendere l'aspetto stesso del


(8).

corpo in cui risiedeva

(1)
XeiffTri

408 seg.

vpq
iie

Hjuxn

ndXiv

XGev

oure
oout'

ou9' Xeriq,
I

p Kev

iueiiperai

epKoq

bvTuuv.
i

=.

518 seg.:
passo
se

HJUX1

Kax' ora.uvriv

jxeiXi'iv

TTeiYO|uvr|.
(2) Il

pi caratteristico E 696 seg.


k6XUx' xXq.
si

xv

' eXiire

vpuxn,
(3)

Kax

b' qp9aX|Li)v

[Ma

nell'uomo vivente

distingue da

Omero

corpo e la sua attivit, non v' alcuna distinzione nell'epopea greca tra l'involucro semicorporeo della psiche
tra
il

e l'attivit sua.
Gr.

Trovo perci imprecisa l'asserzione del


la

De

Sasctis, Per

scienza dell' anticMt.

34

SAGGI OMERICI

molto diffusa

al

presente

l'opinione

che dai

fe-

nomeni

del sogno l'uomo

primitivo abbia avuto imvitale a immagine del rimangono vivamente comle

pulso a raffigurarsi lo

spirito

corpo animato

(1).

certo
i

mosse dai sogni, come


vilite,

bambini, cosi

genti poco inci-

le

quali ci che scorgono in sogno stimano

non

una

illusione, bens qualcosa di reale, di esistente fuori

di loro.

Ma

di qui
i

non
morti

dato inferire che solo dal


quali
li

vedere in sogno

tali

vedemmo
senza

in vita

s'inducesse dall'uomo omerico l'esistenza d'una psiche,

immagine

del

defunto. Infatti anche

discutere
il

del valore intrinseco di questa ipotesi, che ha

difetto,

di dimenticare ci che essenziale per ci che

com-

parativamente d'assai minor


lare della poesia

conto, nel caso partico-

omerica

chiaro

che se essa solo dal

sogno ricavava
sarebbe
stata

il

suo concetto della psiche, questa non


di

nuda

sentimento e di forza, poich


che pi
s"

nel sogno le immagini, quelle almeno

im-

primono

nella

memoria, hanno moto

e senso e parola.
i

Poi, laddove in sogno

non

ci

appaiono solo

morti,

WuNDT

op.

cit. p.

'

dass die Seele (corporea o indipen-

dente) uberall

als

die

Ttigkeit
']

eines

korperlich ge-

dachten Wesens erscheint.


(1) [V. la

mia

Storia dei

Romani

I p.

91 n.

1. Il

Wundt
Kor-

op. cit. distingue, secondo la origine della cognizione che

se ne ha, l'anima indipendente (contrapposta

alla

perseele inseparabile dal corpo) in Hauchseele (anima) desunta dal soffio vitale e Scbattenseele (ombra) desunta
dal sogno.

la

distinzione

pu

accogliersi,

purch

si

tenga per fermo che essa meramente teorica e ideale e che in pratica la psiche pei popoli primitivi Hauchseele e Scbattenseele al

tempo

stesso, e solo

pu

ricer-

predomini nel concetto che della psiche ha un dato popolo in un dato momento.]
carsi quale dei due aspetti

l'anima e l'oltretomba secondo omebo

35
raro

ma

assai
i

pi

spesso

viventi,

il

concetto, non

presso

selvaggi, clie la psiclie possa partirsi dall'uomo


di morte o di svenimento, estraneo Eppure se Achille sapeva solo per sogno dopo morto che a Patroclo
lui,

anche fuori dei casi


affatto all'epopea.

averlo veduto

in

sopravviveva una psiche simile a

quando,

il

caso

deve presumersi assai pi frequente,


in

gli fossero

apparsi

sogno Agamennone, Diomede od Ulisse,


le

avrebbe

dovuto arguire che


Del

anime

di costoro,

in vita, an-

dassero vagando a piacere fuori del coi'po.


resto, la scena della Iliade su cui
si

maggiormente

meglio unicamente
che
in
"

fondano

difensori di questa

ipotesi, costituisce invece


la ipotesi errata (1).

una

delle

prove pi valide
si

vero che quando


egli

mostra
:

sogno ad Achille l'anima di Patroclo,

esclama

Un

Ah, che da vero esistono ancor ne le case de l'Ade qualche spirto e parvenza, ma nulla v' al tutto
[hi

mente

Peraltro indurre di qui che sui

fenomeni del
concetto

sogno

l'uomo omerico forma

il

suo

della psiche,

sarebbe altrettanto infondato quanto asserire che dall'esercizio

della giustizia

divina

acquista

conoscenza
nella

degli

di in forza della esclamazione di Laerte

chiusa dell'Odissea (2):


"

Zeus padre, ben voi iddii ancor siete nel vasto Olimpo Se il fio de l'empio ardire han da vero i Proci pagato.

Che anzi da quel luogo appunto dell'Iliade dobbiamo indurre che il poeta omerico non ricava il suo con-'
cetto dell'anima dal sogno, per la ragione

molto sem-

(1)

103 seg.
y\i\)xr\

ttttoi,

HOiaiv

koX elbuuXov,

^a Tiq eari ko elv 'Aibao fj Tp qppveq ok ^vi Triairav.

(2) ui

351 seg.

36
plice che
la

SAGGI

(p:\[ER1CI

conclusione qui in evidente disaccordo


II

con

le

premesse.

poeta presenta ingenuamente come


la

confermata da quella apparizione


vi contraddice. Infatti,

notizia

che

egli

ha deiranima, mentre quell'apparizione per l'appunto

dopo che Patroclo ha parlato


esclama che
le
si

nel sogno, e assennatamente, Achille

anime son prive


son torturati,

di

senno nell'Hades. Gli interpreti

vero, per

dare alla parola phrnes un


l'apparente contraddizione

senso plausibile, togliendo

con

la

scena che precede


cosi

ma
;

in

realt
il

phrnes ha

qui, adoperato

genericamente,

significato che
a

assume

di

consueto nell'epopea

ed anzich togliere

forza la contraddizione, giova invece spiegarla.

Sarebbe assai strano se questa dottrina


e sull'altra vita

sull'

anima

che prevale nell'epopea vi dominasse

senz'alcun contrasto.
sione

Come avrebbe potuto


il

la

rifles-

ancora

bambina

risolvere, sia pure imperfetta-

mente,

ma

senza

contraddizione,

problema oscuro
di pensare al

dell'altra vita ?

In effetto fra l'apparente concordia non


traccie d'un

mancano nell'epopea

modo

tutto disforme da questo. Gli che lo spirito

umano

non potendo appagarsi d'un avvenire cos triste e scolorito come quello promesso da Omero, doveva acquistar del terreno l'aspirazione a rivestire, per dir cosi,
di

polpa

e di

nervi

un
il

tale scheletro di vita.

Quindi

in parti
si

comparativamente antiche della Neca omerica

dice che,

bevendo

sangue delle vittime,

le

anime

dei morti

ricuperano per un
si

istante la coscienza.

bench tale opinione non


minanti nella epopea

riscontri che nella Neca,

nondimeno essa pu ancora accordarsi con le idee dodi fatto, bevendo il sangue, le anime in certa guisa si rincorporano e possono momentaneamente riprendere quella operosit spirituale
:

che pel poeta inerente

al

corpo.
si

Ma, movendo da questo concetto, non

potr per

l'anima e l'oltretomba secondo omero

37

mezzo
sangue

di copiosi sacrifizi, col versare

in

abbondanza

di vittime, far riacquistare alla psiche se nella

una

vita

meno vaga ? E

tomba
il

si

depori'anno almeno
s' servito

in parte gli arnesi di cui

defunto

quass,

non sar concesso d'usarne alla sua anima, vivificata dal sangue bevuto? E se la tomba si eriger grande e sontuosa, non potr la psiche godere della sua casa
sotterranea? Per questa via nacque a poco a poco
cos detto culto dei morti. Perch ciascuno aveva
il

un

interesse

supremo a che divenisse men

pallida per lui


vi

quella esistenza

d'oltretomba; ed in parte

provve-

deva

egli stesso in vita, in parte faceva a jjarenti ed

amici stretto dovere di provvedervi

del

loro

meglio

dopo la sua morte. E naturalmente essi in genere non mancavano al loro ufficio, sia perch solo cos potevano assicurare a
eredi, sia

se stessi pari trattamento dai propri


di-

perch provando tutti questa aspirazione,

veniva dovere di piet

soddisfarla negli amici, negli

avi e nei padri (1). Siffatto dovere del resto

non

di-

fettava d'una sanzione

poich l'idea d'un dovere che

non abbia sanzione umana o sovrumana affatto aliena dall'uomo primitivo. Non abbiamo, vero, testimo-

(1)

[Questo

il

l'ombra di Patroclo

fondamento delle insistenze che fanno e quella di Elpenore per avere da


rogo
al
:

Achille e da Ulisse gli onori del

ed

naturale

che siffatte esigenze dessero origine

mito di cui sopra

p. 31.

Ne

saprei

col

Wundt,

op. cit. p. 69, sostenere

che la Hauchseele (vuxn) di Patroclo e d'Elpenore chiede


il

rogo perch con esso terminano

tormenti della Kor-

perseele (Oupc;) unita al corpo

morto che si dissolve. Di queste soiferenze cui andrebbe soggetto dopo la morte e prima del dissolvimento il principio degli atti che noi
si

diciamo psichici non


traccia.!

avverte in

Omero

la

pi piccola

38
nianze
della

SAGGI OMERICI
et

in cui tali concetti erano in vigore

nella lox'o purezza,

ma
il

ovvio

il

supporre che

la san-

zione sia quella stessa che punisce altre offese contro


il

padre o contro

fratello

maggiore,

le

Erinni dei

pi vecchi. Queste Erinni personificavano in certo

modo

come

in casi affini

il

bisogno di sanzione che


subordinata

s'affer-

mava

nella coscienza; n al diffondersi della fede in esse


il

pu aver avuto che una parte non poteva mancare che dando
vigore
di

timore

degli spettri dei defunti. Certo in progresso di


alle

vita

tempo anime un qualche s'inclinasse ad attribuir loro un po'


umane.

d'efficacia nelle cose

Ma

questa dottrina de-

rivata, posteriore, [n conviene confonderla

con

le

vaghe

fantasie popolari materiate di terrore che sono aliene

dall'epopea; ed a ragione sono aliene: poich senza


culto l'anima del defunto

il

non
vita.

si

trovava in possesso che


certo

d'una vaga parvenza di

Non

da credere
ter-

che la coscienza popolare ignorasse frattanto ogni

rore di spettri e di fantasmi, per quanto in contraddizione con la dotti-ina prevalente sull'anima;
l'orrore che desta

troppo

sempre
alle

la

morte

e trojDpo viva la

tendenza a dar corpo


sogni.] Peraltro

vane visioni

notturne dei

bens

alla

non dobbiamo gi a queste fantasie, graduale evoluzione che delineammo dei


preziosi che
se-

concetti sull'anima la ricchezza d'oggetti

confidavansi alle
polcrali
di

tombe

e le
Il

grandiose costruzioni

dell'et

micenea.
le

tesoro d'Atreo e quello


e
le

Minia destano per


stupisce anche pi

dimensioni

forme un
;

senso di ammirazione profonda in qualsiasi visitatore

ma

il

pensiero che non erano desti-

nati all'ammirazione dei viventi, bens, celati agli occhi

dei vivi, a restare tranquilla

dimora

delle

anime

(1).

(1)

[Del culto dei morti nell'et micenea, col sussidio

delle recenti scoperte cretesi e in particolare di quella

l'anima e l'oltretomba secondo omero

39

con

assai notevole che per questa via

Greci finirono

l'avere
(1);

un

rituale o, se vogliamo,

un

culto

dei

morti

ma non

assursero alla dottrina dell'immor-

talit dell'anima nel senso

che

si

attribuisse
oltre
la

alla

co-

scienza

di

sopravvivere
infatti

senza

fine

tomba.

Questa vita
razioni, che

che

si

cercava di dare all'anima era


e

sempre una cosa


pi pura
forza
zioni,

artificiale

vaga

e cos quelle aspi-

pur contenevano in germe una


elevata,

dottrina
la

ed

non avevano
riflessione

di per

s sole

di

svolgerla.

E
la

per, al pari di tante

superstidi

progredendo
il

correvan pericolo

perdere

terreno ch'erano venute acquistando a fronte

di quelle dottrine sull'anima


tere. Il rituale si
il

che non valevano a scuodi smarrirsene


e in

conservava,
in

ma rischiava

significato. Certo
il

molte parti della Grecia,


e

ispecie tra

popolo, quelle aspirazioni


vitali e

quelle creoffrire

denze
gli

si

dimostrarono pi

poterono poi

elementi per ulteriori progressi religiosi.

Ma

s'erano

gi, se

ionica

non spente, illanguidite d'assai nell'aristocrazia quando fiorirono gli aedi omerici che le dedii

carono

loro carmi

epici;

dove per

se

ne ravvisa

qualche traccia.

del sarcofago

di

Haghia Triadha, mi occuper altrove

con la larghezza che l'importanza dell'argomento richiede.


Basti per ora rimandare alle acute e dotte osservazioni
di R. Paribeni
"

Mon. Antichi

XIX

(1908) p. 75 segg.,

che peraltro non posso accogliere interamente.]


(1)

Non posso adoperare senza qualche chiarimento


si

questa frase di cui


,

fa tanto abuso. Il culto dei

morti

per lo

meno

era in origine, sostanzialmente diverso

dal culto degli di, in

quanto che
si

si

perch hanno vita e forza e


perch ne son privi e
la
si

sacrifica invece

rende onore agli di ai morti

vuole che l'abbiano [V. anche


I

mia Storia

dei

Romani

p. 91 segg.].

40

SAGGI OMERICI
descrizione
funerali di

Scorriamo anzi tutto


Patroclo.

la

dei

Sul
il

sommo

della pira, col cuore addolo-

rato, deposero

cadavere, ed uccisero innanzi ad esso


la

molte

pecore e buoi; del grasso ricoi)erse Achille


alle piante e

salma dal capo


delle vittime

intorno

ammass

corpi

ponendovi accanto anfore di miele


Questi
spiegano,
si

e d'un-

guento. Scann poi quattro cavalli, due cani e dodici


prigionieri per gettarli sul rogo
(

Ij.

riti

con

le

idee

dominanti in Omero non


in evidenza
il

si

come ha
tratta

messo

Rohde. Poich non


Siffatta
il

qui

d'un semplice

ufficio di piet.

maniera d'onoe

ranze procede dalla fede che


le

sangue delle vittime

anime dei cani

e dei prigionieri
al

potessero giovare

in qualche

modo
dei

defunto

nell'altra vita.
il

Al quale

proposito anche degno di nota che


tico

poeta, dimen-

ormai

concetti che diedero origine a queste

pratiche, le espone da
spiegarle, alla

una parte senza


di cose

darsi carico di
le

maniera

ben note, come

ce-

remonie che enumeri un

rituale, dall'altra

parte affret-

tandosi al termine e sorvolando sull'atto pi crudele,


la uccisione dei prigionieri. Traccie di concetti
si

simili

riscontrano, prescindendo da indizi

meno
armi

sicuri, nele,

l'uso di ardere col cadavere sul rogo le

in parte
(2),

almeno,

beni mobili del defunto (Kxpea KxepetZeiv)

(1) "V
(2)

165 segg.
38.

a 291. k 222. r 285. Naturalmente quest'uso non procede dal concetto che il defunto nell'altra vita si giovi delle anime di questi oggetti, bens la sopravvivenza di una consuetudine esistente allorch era in vigore l'inumazione. Allora mettendo nella tomba gli oggetti di cui uno s'era compiaciuto in vita, si doveva
credere che la sua psiche, rianimata dai
sacrifizi, tornat^se

a goderne nel sepolcro. Su ci


di V. CosTAXzi

v.

le giuste osservazioni

Rivista di Filologia' 28 (1895) pag. 237.

l'anima e l'oltketomba secondo omero


in quello di recidersi la

-il

vestigio forse di sacrifizi


tenti (1), e

chioma per gettarla nella pira, umani diretti ai medesimi in-

probabilmente anche nella consuetudine del


(2).

banchetto funebre
scopo
pratico,
i

Se infatti essa aveva anche uno


si

perch non

poteva rimandar via a


assai verisimile

digiuno
cole

parenti convenuti talora da distanze non picil

ad onorare

defunto,

che in
:

origine fosse destinata


cio si stimasse
gli di
il

pure ad un altro

scopo

che

defunto partecipe del convito, come


di

godevano materialmente

quei sacri banchetti

che

mortali celebravano in loro onore ed a proprio

profitto (3).

Anche
al

piti

notevole tra questi indizi


gli

che,
si

dopo prestati

defunto

onori della sepoltura,

continuava, nei tempi e nei


l'epopea, a rendergli

luoghi in cui

si

svolta

culto. Che se ci non detto nondimeno indubitato altrimenti sarebbe inesplicabile non tanto il sacrifizio che Ulisse fa

esplicitamente,

ai

morti

nell'evocarli

quanto quello che promette


;

al

suo ritorno in Itaca

(4)

parimente quando Achille


ri-

serba a Patroclo parte di quel che ha ricavato dal


scatto d' Ettore (5),
pare, altri sacrifizi e
le traccie

gli

promette con

ci,

a quel che

nuovi giuochi funebri.

del resto
si colle-

di culto dei

morti nell'et micenea

gano troppo evidentemente col eulto che ad essi si rende in et storica per poter ammettere che vi sia
stata discontinuit tra l'uno e l'altro.

U)
(2)
(3)
(4)
(5)

H'

135 segg.,

cfr.

b 198.

Wieseler
p.

'

Philologus

'

IX

pag. 711 segg.

29. T 309.

Rohde

I^

25 segg.

T 336.
X 29 segg.

595

croi

'

aO

co)

ko

tjv' d-rroaao^ai, aa'

iroiKev.

42

SAGGI OMERICI
per questo tali sopravvivenze (survicals) d'una

Non

dottrina diversa da quella dominante nell'epopea intorno

all'anima necessario spiegarle con la teoria


dal

proposta

Rohde, che per primo


(1).

se

n'

ampiamente occudelle

pato

Il

Eohde, conforme

alla opinione di vari so-

ciologi e filosofi

moderni che nel culto

anime

cre-

dettero di ravvisare le origini della religione, volle in

queUe

traccie vedere la

prova di un antichissimo culto


le

vero e proprio delle anime, nel senso che

anime

si

reputassero atte ad intervenire a fine di bene o di male


nelle cose di questo
di propiziarsele

mondo,
sacrifizi.

e quindi fosse necessario

con

Non
la

il

luogo qui

di
al-

combattere tale teoria (contro


cuni
degli scrittori
iniziato

quale del resto

pi

esperti nella

storia religiosa
(2)

hanno

una reazione salutare)


comparata
delle

ne dal punto n da

di vista della storia

religioni,

quello della storia stessa della religione greca; baster


il

notare che l'epopea, lungi dal suflFragarla,


l'altra

si

accorda

unicamente con
Infatti,

che

le

opposta.

ammessa

la teoria del

Rohde,

primi

che

avrebbero dovuto propiziarsi, sarebbero

stati gli spiriti

(1)

Psijche

pag. 15 seg. Vedi anche la sua polemica


'

con E. Meyer nel


segg. 600 segg.

Rlieinisches

Museum

'

(1895) p. 1

[Kleine Schriften II (1901) p. 224 segg-

255 segg.]. Io mi attengo


svolti dal
(2)
'

sostanzialmente
'

ai

concetti

E.

Meyer nel Hermes XXX (1895) Meyer Geschichte des Altertums


p.

p.
II

273 segg.
119
seg.
e

UsESER
stato
il

Gotternamen

253

seg.

Il

culto degli

eroi

principale punto d'appoggio di chi ha tentato

d'applicare quella teoria alla religione greca; ina ora questo viene a mancare, poich si vien riconoscendo che gli eroi sono di decaduti e che l'eroizzazione di defunti

non

anteriore al sec. VII.

Ma

sugli eroi e sul loro cult

avr occasione di discorrere altrove.

l'anima e l'oltketomba secondo omeeo


dei nemici uccisi.

43
omerico

Al contrario,

il

guerriero

non solo non cerca in alcun modo di placarli, come pur fanno non pochi popoli selvaggi, ma, stando al prologo dell'Iliade, non si fa punto sci'upolo di lasciarli insepolti,

preda dei cani e degli augelli. Inoltre


dell'

questa trasformazione

da un essere cosciente
che ha un
filo

e potente

di esistenza,

anima separata dal corpo ad un'ombra debole come concepita da Omero,


religiosa

sarebbe

dal

punto

di vista della evoluzione

assolutamente

inesplicabile. Solo infatti

dal

raziona:

lismo pu ripetersi questa maniera di trasformazioni


la

evoluzione religiosa segue la via opposta, e vedi-emo

in qual in

modo la psiche omerica tenda a trasformarsi un'anima cosciente ed immortale. Certamente v' a
"

questa obbiezione una risposta. Riconoscere che


libert,
il

la

libero

pensiero

quasi
le

con cui

in questi

carmi vengono concepite tutte

cose del

mondo non
stirpe
(Ij.

possono
intiera,

appartenersi ad

un popolo o ad una
di genio

ma

alLa

mente d'un poeta


tal

Il

Rohde
egli

in ci

molto logico, sebbene possa

dirsi

che

conduce in

modo

la

propria teoria
le

ad ahsue opi-

surdtim; non cos quelli

che condividono

nioni senza accettarne le conseguenze.

Una conferma
negli

della

sua

dottrina

cerca

il

Rohde

agoni

funebri

(2).

Omero
se

infatti di

pubbliche
in onore

gare con premi non conosce


dei defunti (3);

non quelle

mentre

in et storica

troviamo che se

ne celebravano regolarmente in Grecia per onorare di


ed eroi
;

dunque dagli agoni funebri pu argomentarsi

(1)

Psyche

pag. 38.

(2) Ibid.
(3)

pag. 18 seg.

257 segg. (Patroclo). 630 segg. (Amarinceo).

85

segg. (Achille).

44

SAGGI OMEPaCI
di culto divino delle anime.
(1),

una specie

Questo ragiopar che debba

namento, prodotto gi da Varrone


perai ti'O del tutto invertirsi.

Le gare a premio non


di,

facevano parte in origine del culto degli


delle

ma

solo

onoranze che
affatto

si

rendevano

provano
erano

un

culto

esse

del

resto in

dunque non divino di questi. Certo non origine una semplice dimoai

morti

strazione pietosa, se pur la ipotesi che le anime vi

si

credessero presenti e in grado di prenderne


insufficiente a spiegar

diletto e

come venissero
di

in

uso.

Xegli
infatti

agoni pacifici dei funerali di Patroclo non s'ha

da vedere che
vien raffigurare

la

trasformazione

ludi sanguinosi,

resti alla loro volta di sacrifizi

umani: ludi che con-

ad

analogia dei combattimenti gla-

diatori in onore dei defunti (2). Cos anche gli agoni

funebri

si

collegano con quelle aspii*azioni, di cui cer-

cammo
vita.

di chiarir la natura, a render pi reale l'altra

Un'altra conferma alla dottrina

del

Rohde s

vo-

luta scorgere nella cremazione dei cadaveri, che avendo

per

effetto,

secondo Omero, di separar definitivamente

Tanima dal regno dei viventi, si ritenne introdotta appunto in luogo della inumazione al fine di relegare nell'Hades la psiche temuta come un essere potente e
atto

ad

interporsi

nelle

faccende

dei

vivi

(3).

Ma

questa ipotesi, anche se fosse lecito di studiare cos


isolatamente un rito tanto diffuso quanto quello della

(1)

AcGCSTiN. de

mortiios existimari

civ. Dei Vili 26 Varr dicit oinnes manes deos et prohat per ea sacra,
:

quae omnibus fere mortuis exhibentur ubi et ludos commeniorat funebres tanquam hoc sit maximum divinitatis
,

indicium, quod non solent ludi nisi numinibits celebravi.


(2) Cfr.
i3)

Mleller-Deecke Die Etrusker


p.

II

pag. 224.

RoHDE Psyche P

27 segg.

l'aXIMA e l'oltretomba secondo GMEItO

45

cremazione, senza tener conto delle circostanze esterne

che

possono averlo fatto adottare in dati tempi

in
la

dati luoghi,

non pu

accettarsi in alcun

modo

per

piena antitesi in cui

essa con

quella religione

ap-

punto delle anime che se ne vuol dimostrare; poich


la

cremazione avrebbe impedito precisamente


benefico che gli

al
si

defunto
sarebbe

di esercitare quell'influsso

chiesto per

mezzo
era

del culto. Inoltre se lo scopo della

cremazione

veramente

quello

di

liberarsi

dalle
di

paure degli
tutti era
il

spiriti,

chi bisognava cremare

prima

nemico.

ci

porterebbe all'assurda consei

guenza

d'

ammettere che
alle belve,

Greci
di

dell' et
i

pi antica,
insei

dopo una battaglia, invece


polti,

lasciare

nemici

preda

si

affrettassero

bruciarne

cadaveri per rilegare

le loro

anime nell'Hades.

N
che
sale
le
;

milita a favore del

omerici concernenti le Erinni. Il

Rohde l'esame dei luoghi Rohde allega, vero,

Erinni non rappresentano punto la legge univer-

bens le singole Erinni intervengono in casi sin-

goli per proteggere o vendicare singole persone, talch

per designarle, alla parola Erinni viene unito in genitivo


il

nome

del

loro

protetto.

perci egli ritiene

che l'anima stessa dell'offeso bramando, quando manchino altri cui spetti questo ufficio, di compier
prie vendette, divenga un' Erinni assetata
di che sarebbe rimasta di
le

pro-

sangue:
atti-

una

traccia nella stretta

nenza che, anche alteratisi in proceder di tempo questi


concetti,

sempre

le

Erinni serbarono col regno delle


(1).

anime, dove ebbero persino la loro dimora

Poche teorie son pi


vista e

di questa

attraenti

prima

men

resistenti a

un tempo

alla critica. Infatti

(1)
p.

'

Rh.

Museum

'

p.

segg.

[Kl.

Schriffen

II

229

segg.].

46
la

SAGGI OMERICI

importanza

e la santit

che ebbe ab antico

il

giu-

ramento
qui

fa s che nelle sue

formule

siamo in diritto

di cercar le vestigia delle credenze pi vetuste (1).


le

Ora

Erinni appariscono in una guisa che non s'ac-

corda punto col concetto di esse suggerito dalRohde,non

come vendicatrici cio della sorte d'un singolo uomo, ma come ministre, tormentando sotterra le anime, di un castigo divino per un delitto che spesso immune
dalla punizione

umana, sebbene

l'esistenza stessa delle

primitive associazioni
ricolo.

umane

sia

per esso ridotta in pe-

Quanto

alle attinenze
e

riconosciute del

Rohde
s,

tra

singole

Erinni

singoli uomini, se, prese in

possono sembrare
diate in
infatti,

strane,

riescono

assai

chiare stu-

mezzo a fenomeni

religiosi simili.

La Erinni
un singolo
a

non essendo tanto

in relazione con
delitto,

uomo quanto con un


(Augenblicksgotter)
tivo allorch in
(2),

singolo

appartiene

quella classe di di che l'Usener chiama di istantanei

immaginati dall'uomo primi-

deva
solo

la

un singolo fenomeno passeggero vemanifestazione di una singola divinit. Non


da
seguire

certo

l'Usener
le

quand'egli
create

ritiene che

sommando

quasi
al

divinit

nei singoli

casi si pervenisse

concetto

della

divinit

nente, immortale, atta a dare


di

origine

ad

permauna serie
concetto

fenomeni

simili
ci

questa

ipotesi

infatti disconosce
il

che la natura

contemporaneamente

del passeggero e del durevole e che anzi impossibile

concepire l'uno senza dell'altro.


vinit siffatte
tivi,
s
si

Ma

ad ogni

modo

di-

son create non solo nei tempi primitai'di,

anche assai pi

come

il

Romano
la

del-

l'et imperiale

onorava per ogni imperatore

Piet

(1)
(2)

T 259

seg. Cfr.
p.

278 seg. 279 segg.

Gotternamen

l'anima e l'oltretojiba secondo omero


la

47

Fortuna d'Augusto, cos

il

Greco

dell'et

omed'una

rica per ogni fatto che destasse in lui l'esigenza

punizione oltremondana, immaginava un' Erinni punitrice.


le

del resto che a queste esigenze siano dovute


delle

attribuzioni

Erinni

ne

abbiamo anche una


mentre
nell'altra ipo-

prova negativa nell'intervenire esse soltanto dove non

pu arrivare

la giustizia dei vivi

tesi lo spirito di

un
poi

assassinato potrebbe, anzi dovrebbe


altri

prender parte alla vendetta anche se vi sono


dicatori.
si

ven-

Come
pur

le

Erinni abbiano stanza nell'Hades


alla ipotesi del

spiega

senza ricorrere

Rohde,

sia

per la loro natura malefica, sia pel loro ufficio di


le

punire in dati casi

anime

(1).

Pertanto non
culto delle

si

riscontrano

nell'epopea

traccie

di

anime come

d'esseri coscienti e potenti,

ma

d'un

culto, se

pu
vita

darglisi

questo

nome, diretto a
e

rendere la loro

meno

incosciente
stesso che,

meno

triste

Si vede peraltro al

tempo

pur l'imanendo

in vigore codesta specie di culto, si

sono offuscati nella

(1)

[Sulle Erinni v.

anche Gruppe Griech. Mythologiell


in

763 segg.]. Che le

Kfipei;
il

origine

fossero
p. 219,

le

stesse
dif-

anime, come vuole


ficile

Rohde Psyche P
si

sembra

tenga conto della formola OOmero con quel paZ^e Kfp6(;, oKT' 'AvSeOTripia. Ma in nome si designa il destino di morte ; e s'intende di leggieri come sia potuto avvenire un tale passaggio di significato. Solo bisogna avvertire che nulla possiamo ria negare quando
cavare con sicurezza da ci che
Kfipee;

Omero

attribuisce alle

in questo

nuovo
le

significato

per l'antico concetto

che

ave vasi dell'anima,

l'ipotesi
v|juxa(,

che anche

neppure da B 302, E 207. Per Arpie non fossero in origine che


'

[Kl. Schriften II p. 228]


[Cfr.

Rh. Museum L p. 5 non vedo presso Rohde neppure l'ombra di una prova sulle Arpie Gruppe II 846 n. 5].
'

48
epopea
i

SAGGI OMERICI
concetti cui deve la origine, a favore della co-

mune

dottrina sulla vita inconscia e grigia delle anime.


di

Ma

questa sorte non tale da appagare n la sete

vita e di felicit ingenita nello spirito

umano,

ne, col

progredire delle idee morali, quella


stizia che,

esigenza di

giu-

non soddisfatta alla vista del mondo dei vivi in cui troppo spesso sembra trionfar l'ingiusto, cerca il suo appagamento nell'ai di l. E se il semplice desiderio di vita perenne non pervenuto da solo ad
affermare la vera immortalit, la immortalit della coscienza, vi pervenuto invece
la

quando
talch

si

sposato con
in Grecia

esigenza della
della

giustizia

sempre

l'estensione

fede

nella

immortalit

dell'anima
oltre-

coincide con quella della

fede in

una
la

giustizia

mondana.
Questi nuovi concetti, cui
immortalit, sono
in
si

deve

dottrina della

massima

alieni dall'epopea.

Ma
del-

spunta gi nella coscienza omerica qualche germe


l'esigenza d'una

pena eterna. L'esigenza


si

del

premio

eterno all'incontro

manifest assai

piii

tardi di quella
n' traccia.

della giustizia punitiva, e in

Omero non ve
dell'

Ve

bens in una
ai

parte

recentissima

Odissea uu
le pro-

acceimo

campi

Elisi, in

bocca di Proteo, tra


(1):

fezie che egli rivolge a


"

Menelao

a te gli dei non statuir, Menelao cui Zeus nutricava,


cavalli,

Di veder l'ultimo giorno in Argo che pasce

Ma

a la pianura Elisia e a l'estremo confin de la terra


al crin d'oro.

T'invieran gl'immortali, dov' Radamanto

L dove

facile scorre a

l'uom pi che ovunque la

vita:

(1)

.561-569. Questi versi sono un'aggiunta posteri':


il

Di fatto

vecchio marino avendo gi

esaurito le

su

predizioni per Menelao, sono affatto fuori di luogo. I ver565-563 sono poi una interpolazione nella iuterpolaziont

l'axisia e l'oltketomba secondo

omero

49

Ma

Neve non mai ne lungo verno o pioggia v'impera, di Zefiro sempre canoro-sf)iranti le brezze
;

Sorgono su da l'Oceano a refrigerar gli abitanti Poi ch' tua sposa Elna, ed ei t'hanno per genero a
Zeus.

e ci

chiaro

peraltro

che, secondo

il

poeta, Menelao

dovr venir trasportato negli Elisi in anima e corpo,


per la sola ragione della sua affinit con Zeus.
gli di

Ora che

possano rendere eccezionalmente imanche


il

mortale qualche uomo, concetto che ricorre


altrove nell' epopea (1 j
;

n importa qui investigare


credenza.

sostrato mitico di siffatta

Ma

giova notare

che

si

tratta d'un semplice privilegio pei favoriti degli

di e che, costoro essendo viventi,

non pu

ascriversi

ad Omero
ficati.

la fede

che vi siano moi'ti santificati o dei-

Invece non manca in

Omero qualche esempio


siano

di dannati,

sebbene poche

ancora

nell'epos le

colpe per cui si senta l'esigenza di

una punizione sole

prannaturale; e una sola che, date


societ omerica, era di particolare

condizioni della

gravit abbia norlo

malmente una pena nella vita futura,

spergiuro

(2).

Ma

la

dannazione per
per
gli

Omero
non

l'eccezione,

non

la redi

gola, anche

scellerati; nella stessa


c' vestigio

Necia

punizioni nella vita futura

che in un

(1)

232 segg. (Ganimede),


^l

333 segg. (Leucotea).


offre

135 seg. 209.

335 seg. (Calipso

l'immortalit

iad Ulisse).
(2)

Cfr. le
I

mie osservazioni nei Saggi


seg.

storico-critici

fase.

p.

12

[sopra p. 17 seg.].

Ci

che

dice

a
et

questo proposito
tragicoriim
r

G. Iwanowitsch

Opiniones

Homeri

Berliner Studien

Iconcetti

Graecorum de Inferis (1894) p. 32 segg. (nei XVI), non pare che esagerazione di ormai vieti del Nitzsch.
'

G.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

50
passo

SAGGI OMERICI

da tutti riconosciuto come un'aggiunta poste-

riore, quello in cui si parla di Minosse, di Orione, dei

tre peccatori e di Eracle (1).


tori,

Ed anche

tre

pecca-

lungi dall'essere esemp tipici della punizione che

tocca nell'altra vita alla colpa, son dannati in via d'eccezione e non in

omaggio

alla legge morale,

bens per

l'arbitrio capriccioso dei

numi

(2).

Cosi nel castigo di

Titio,

punito per avere offeso Latona, non deve ve-

dersi la

pena d'una trasgressione


la

alla legge eterna,

ma

semplicemente
Tantalo,
stra

vendetta tremenda d'un

nume

offeso

nel suo onore. Degli altri due


il

peccatori poi, Sisifo e


il

poeta non dicendo neppure

peccato,

mo-

come

nel parlare di questi castighi

non
si

si

ponga

affatto dal

punto
i

di vista del moralista e gli siano del

tutto alieni

sentimenti di Dante che


la

studia con

ogni cura di commisurare al peccato

pena.

Ad
la

ogni

modo
di

la colpa

di

Tantalo quella

d'aver

offeso

gH
cosa

mettendosi a pari

con loro
e

(comunque
il

venga narrata dai mitografi)


offeso

quella di Sisifo d'aver dio rapiva

Zeus col denunziare ad Asopo che


e col cercare di schivar la

sua

fiorlia

morte da

Zeus

(1)

X 565-627

[Kl. Schriften II p.

Rohde Rh. Museum L p. 608 263 segg.] ha dimostrato all'evidenza


-631.
'

'

che

il

V.

390

si

deve leggere Itvuj


il

'

aliy'

|Li

kIvoi; nei

Ttiev al.ua

KeXaivv, e per anche

poeta del dialogo con


il

gli eroi della

guerra troiana considera

bere

il

sangue

come condizione del riacquistare la coscienza per le anime. Dove poi ire iriev aifiO KeXaivv non detto esplicitamente, si ha il diritto di sottintenderlo forse anche nel
;

caso di Aiace che, riconosciuto Ulisse,


parlare.
(2)

si

allontana senza

V.

le eccellenti

osservazioni del Rohde,

mem.

cit.

p.

630 [Kl. Schriften

II

286

seg.].

l'anima e l'oltretomba secondo omero


mandatagli in pena
e,

51

(1);

in quest'ultimo caso

almeno,

dovrebbe essere per tutti chiaro che Del resto anche lo spergiuro

impossibile cer-

care nel castigo la sanzione d'una legge d'alta morale.


rientra
in

fondo nella

categoria dei fatti che vengono

puniti nell'
:

Hades

in

quanto sono
rando
quasi
dello

offese personali agli di

poich spergiu-

si offende il dio invocato come testimonio e come mallevadore. Ma in realt nella punizione si^ergiuro il germe di quella evoluzione che,

come
da
di

nell'attivit terrena degli di, cos nelle punizioni

essi inflitte

nell'Hades, doveva a poco a poco

mutar

natura all'intervento divino dandogli un intento di


il

interesse sociale. Precedette naturalmente

riconosci-

mento

esplicito dell'ufficio sociale dell'intervento divino


si

nella vita terrena, che gi

riscontra nelle parti pii

recenti dell'Odissea (2); e solo


fettiva

pi

tardi, trovata disia

ogni giustizia terrena, sia divina

umana,

si

ricorse

ad una sanzione generale oltremondana. Ricoesplicitamente e solennemente


era riserbato

noscerla

agli Orfici.
Il

lento svolgersi del concetto della giustizia oltredi pari passo

mondana andava

con un graduale

affer-

marsi della dottrina della immortalit, anche prescin-

dendo dal culto che tenta di richiamare


l'essere.

le

anime

alsi

Cos
tre

nel

brano stesso

della

Odissea ove

parla

dei

peccatori, Ulisse vede


esercitare la sua

Minosse con lo
sulle

scettro in

mano
Eracle

giurisdizione

anime. Orione che con la elava continua a dar la caccia


alle fiere.

che

si

aggira

con

l'arco,

sempre
a

pronto

scoccar

dardi. In ci

peraltro,

sebbene

(1)

Pherec. ap. ScHOL.


su ci
i

153.
fase. I p.

(2) Cfr.

miei Saggi storico-critici

11

segg. [sopra p. 15 segg.].

52

SAGGI OMERICI

questo continuarsi delle occupazioni terrene laggi non


si

alluda altrove nell'epopea, una vera contraddizione

coi concetti

omerici non
si

tanto

perch

tratta

si avverte, o una lieve solsempre d'una semplice parvenza

di vita.

Ma
il

Eracle, con grande stupore dello scoliasta,

riconosce senz'altro Ulisse appena lo vede, e pur non

bevendo

sangue, discorre con lui dimostrando piena

consapevolezza.

Da

concetti simili

muove

il

poeta della
le

seconda Neca, recentissima

del resto, secondo cui


triste vita,

anime menano
appieno

laggi una

ma

conservano

la coscienza:

maniera di vedere che non pu


la

pi dirsi omerica. In sostanza


vita cosciente delle

fede in una futura

anime cominciava ad affermarsi. E


e di
se,

a poco a poco insieme con l'altra della giustizia oltre-

mondana
la lenta

di

premio

pena avrebbe

finito col

dif-

fondersi e consolidarsi

a turbare e ad interrompere

ma
e

feconda evoluzione religiosa, non sorgeva


filosofia

nell'Ionia

una

che trascur lo studio della co-

scienza

de' suoi

dati per errare

superbamente

sul

cielo e sulla terra.

III.

L'irrazionale neiriliade

(i).

Non
tifico

vi

ha errore pi pericoloso

al

progresso scien,

del negare o del voler ignorare quel che


si

ma
co-

non

pu conoscere,

o,

almeno per ora

non

si

nosce l'azionalmente. Questo Inconoscibile, oltrech oggetto di fede,

pu anche

essere, ed stato in effetto,

fonte d'ispirazione artistica. Studiare


alla intuizione

come

si

manifesti
intuizione
dell'arte
tale proe geniali
let-

dell'artista e

come

siffatta

riesca a trovar la sua espressione nelle

forme

problema tanto arduo quanto attraente. Da

blema trae occasione per osservazioni acute


il

Fraccaroli nel suo libro su L'irrazionale nella


;

teratura (Torino, Bocca, 1903)

libro in cui la difficolt

delle questioni trattate pari alla facilit della forma,


e in cui l'erudizione del

provetto ellenista

si

accoppia

ad una freschezza d'intuizione e ad una genialit rara


a trovarsi fra gli eruditi.

[Senonch se l'Inconoscibile
con
tal

pu

in certo senso dirsi irrazionale,

vocabolo

(1)

[Dalla 'Rivista di Filologia e d'Istruzione classica'


(1904) p. 41 segg.].

XXXII

54

SAGGI OMERICI

pu anche designarsi ci che con la ragione in aperto contrasto. E pu anche dirsi irrazionale quel che senza
essere n inconoscibile

n assurdo

contraddice sem-

plicemente a certo pedantesco

e grossolano

modo

ragionare intorno a cose d'arte che pur troppo molto^


di

moda

tra

gli

eruditi.

Quet'ultimo

l'irrazionale
il

che sembra avere


nel suo libro
certi scorci
:

specialmente di mira

Fraccaroli
lui

irrazionali sono
il

ad esempio secondo
e lo

per cui

tempo

spazio

nell'opera

d'arte

non sono pi

in esatta

rispondenza col tempo

e con lo spazio quali si riscontrano in natura.

Vero

che,

giovando questi scorci

alla efficacia della rappre-

sentazione artistica,

come

vengono usati
cos

spontaneamalizia
di ter-

mente
mini,

nell'arte

ingenua,

con

sapiente

nell'arte riflessa, e che

appunto perci, a rigore


irrazionali o, <e vuoisi,

non sono punto

non sono

pi irrazionali di qualsiasi
d'arte.

altro
di

elemento dell'opera
i

Ma

par vero che

rado

chiosatori d'opere

letterarie possiedono l'agilit

mentale necessaria a ren-

dersene ragione.

in questo senso

pu

dirsi

non inopl'irra-

portuna
peraltro

la
si

terminologia prescelta dal Fraccaroli, purch


distingua sempre accuratamente tra

zionale inteso in questo senso e quel che semplice-

mente svista, dimenticanza, confusione, espressione mal riuscita tutte cose che non possono trasformarsi in canone dell'arte bella, se pur se ne trova qualche esempio persino in Dante o in Shakespeare].
:

Il

volume del

Fi-accaroli

giunge

in

questo

momento

assai opportuno.

oggi alFaticata

menti poetici
media.
guire
certo

non si forse mai comf allo studio di due dei maggiori monudell'umanit, l'Iliade e la Divina Com-

La

critica

Ma come nel continuo mirare un oggetto o seun dato ordine di concetti s' intorbida ad un
punto
la

vista

il

pensiero,

cos par che la

critica a forza di ragionare sottilmente e di

misurare

l'irrazionale nell'iliade

55

con precisione, dimenticlii talora


pi vitale

clie

quel che nell'arte

non ha n numero n peso n misura.


divino

Prima
(pag.

nel
8),
"

si

cercava

poema, per dirla una bellezza


e

col
d'

Fraccaroli

impressione,

dunque una

bellezza estetica veramente; ora no, esso

grande d'una grandezza filosofica

razionale; ora,

per farsi degnamente ammirare, la Divina

Commedia
al

deve essere un enimma aggrovigliato


gliato che passarono sei secoli

tanto aggrovi-

prima che capitasse


:

mondo qualcuno
a

adatto a dipanarlo

ogni parola

deve avere la sua malizia, ogni frase deve rispondere

una chiave, e questa la bellezza delle bellezze . La critica omerica molto progredita in confronto
della dantesca, o

almeno

di quella critica dantesca cui

accenna
tativi

il

Fraccaroli. Per vero non sono mancati ten-

l'autore della

Omero come interpreta Dante Minerva oscura; ma quei tentativi risalgono a circa duemila anni fa. Oggi lo scoglio cui va incontro la cx'itica omerica non quello di cercare
d' interpretare

bellezze

filosofiche

riposte

dove

il

senso
,

comune
quello

trova

contraddizioni
l'

magari bruttezze
d'

ma

d'esagerare

importanza
pi

ogni apparente contraddi-

zione, senza concedere

al

poeta alcuna licenza n

alcun errore, e di fabbricare, eliminando la pi piccola


contraddizione, Iliadi che sono perfettamente razionali
in ogni loro parte,

ma

che hanno

un

solo

difetto,

quello di

non

valer nulla. Tale la

Urilias immagi-

nata da Carlo Robert ne' suoi Studien zur Ilias. Nella reazione contro
critici
il

supino razionalismo di certi

sta

il

valore del libro del Fraccaroli. Senonch,


le

come tutte
talvolta
zioni in

reazioni,

anche quella del Fraccaroli

esagerata.

E appunto
con
la

delle parziali esagera-

relazione
il

critica
alle

omerica voglio qui


molte osservazioni

intrattenere

lettore.

Quanto

acute ed assennate che sono nel libro su

Omero come

56

SAGGI OMERICI

SU Dante mi dispenso dal riassumerle, perch c' un

modo
il

facilissimo di farsene un'idea


;

quello di leggere

volume
Il

cosa che va raccomandata vivamente a tutti

gli studiosi.

mio punto

di partenza sar la teoria


il

sugli

am-

pliamenti della leggenda onde


gi'an parte de' suoi

Fraccaroli trae una


la

argomenti contro
dice egli,

moderna
"

cri-

tica omerica.

La leggenda,
,

si

amplifica
:

per
si

\drt di germoglio suo proprio

(pag. 282)

cos

formano quei doppioni

dei
il

quali v' abbondanza in


dire che ogni volta siano

Omero.

Ma

arbitrario

dovuti a copia o ad imitazione fatta da un poeta po-

mostra che uno pu cucire assieme molteplici variazioni perch dunque non dello stesso motivo (pag. 287). si dir il medesimo in generale dei doppioni omerici: che il poeta cio ha ripetuto con maggiore o minore
steriore (pag. 284). L'epopea francese

stesso poeta

opportunit se stesso?

Ecco
meglio
poeti
;

cosi a priori

non

v'

nulla

in

contrario

questa ipotesi. Sta per- a vedere se in pratica spieghi


i

fatti

che non

la ipotesi della molteplicit dei

perch chiaro che quella ipotesi noi dovremo


fatti.
si

accettare che meglio renda ragione dei

vano,

per verit, sperare che in questo campo

raggiunga

mai

la certezza assoluta

ma

l'impossibilit della cer-

tezza

non ci dispensa dalla ricerca del probabile. Ora prendiamo un libro ove i doppioni abbondino. Scelgo l'ottavo libro dell'Iliade. Questo libro sembra a prima vista nel tutto insieme uno dei pi organici del poema. Vi si narra per intero una battaglia tra
Greci e Troiani
;

al

combattimento sulla terra


passioni
il

cor-

risponde

il

cozzo
si

di

nel

cielo

in terra

come

in cielo

afferma

volere di Zeus che la viti

toria tocchi ai Troiani.

Ora

fatti,

concetti, le im-

magini

e perfino le frasi di

questo libro sono ricalcate

l'irrazionale nell'iliade

57
spesso ci che

in

buona parte

sul resto del

poema,

v'

aggiunto in pi non vale che poco o nulla. Lo stesso

Fraccaroli
avvertire

ha troppo
che l'inutile

fine

il

senso dell'arte per non


di in

intervento

Era

e di

Atena
let-

verso la chiusa del canto,

copiato

gran parte

una variante, ma una lungagnata d'un versaiuolo che non sa riprodurre n far rivivere un pensiero altrui, ma accozza solo delle reminiscenze . D'accordo. Con questo brano per cateralmente dal libro V,
"

non

dono anche
se

versi 198-212, che sono del tutto inutili

non preparano

un intervento

di

Era;

rimane
quale

priva di senso l'introduzione del libro con le terribili

minacele di Zeus contro chi oser intervenire,


serve soltanto a preparare le

la

scene
col

che

si

svolgono
terrestre.

neir Olimpo in corrispondenza

dramma
Il

E badiamo
di
"

che nella introduzione vi ha persino una

parte in cui imitata la chiusa del libro.

lamento

Atena

(v.

33

seg.):

Pm'B ci stringe piet pe' Danai bellicosi, Che tristo fato adempiendo saranno a morte condotti
la sua
(v.

ha

ragion d'essere dov' narrata la sconfitta dei

Danai
fitta

464

seg.).

Qui dove non


dove

si

parla n di scon-

n di vittoria, anzi
si

la battaglia

non

co-

minciata neppure,

spiega soltanto ammettendo che

un poeta povero
versi

d'idee e di frasi
altri

abbia preso

due

da

lui o

da

adoperati nel racconto dell'in-

tervento di Atena per meglio a questo intervento pre-

parare

il

lettore.

Ora
la

se la introduzione cosiffatta

che

si

lega stretse

tamente alla chiusa, anzi in parte la presuppone;


posta, ne conviene

chiusa una cattiva imitazione del libro V, comil

Fraccaroli, da

quart'ordine
i

se nella introduzione stessa

un poeta di terzo abbondano


e in par-

versi tolti di peso

da

altri libri dell'Iliade,

58
ticolare dal libro V,

SAGGI OMERICI

compresa quella scena del


chiusa (1
) ,

che

imitata

nella

libro

chiaro che di

questi fatti la ^spiegazione soddisfacente

una

sola:
del-

che

ci

troviamo dinanzi ad una tarda imitazione

l'Aristia di

Diomede.
il

Che

se

pure

Fraccaroli concedesse che

le

scene

celesti dell'ottavo libro spettino tutte al

genio cattivo
:

dell'Iliade,

V interpolatore, tal concessione non basta


il

perch tutto

resto del canto

mi

si

passi la frase,

dello stesso stampo.

La
del

battaglia
si

preannunziata nel cielo comincia con

versi che

ritrovano in buon
in cui
si

poema. Due,

narra

numero come
al

in altre parti
i

Troiani vensei

gono
altri,
si
il

fuori dalla citt, ricorrono

libro II (2),

che dipingono lo scontrarsi degli eserciti nemici,


al libro

trovano anche

IV

(3),

due, dove
al

si

dice che

combattimento
leggono
neir
:

dur incerto

fino

mezzogiorno,
ci

si

XI
i

(4)

ed altrove.
stanno

Tutto

non

vuol dire molto

versi

a posto

anche qui.

Soltanto vien poi una brutta imitazione, anzi una copia


della psicostasia del libro
i

XXII

(5).

Tutti ricordiamo

bellissimi versi in cui

Zeus pesa
il

le

e di Achille.
e

Qui
il

si

pesa invece
,

fato dei
di

anime di Ettore due popoli,


morte degli
cul-

precipita

giorno ferale

il

fato

Achei. Ora l'immagine sta perfettamente a suo luogo


nel
lib.

XXII, quando siamo giunti


e
il

al

momento

minante del dramma,

lettore che sente esita per

(1)

E 754

45-46

E 768-769

49-50

E 775-776.
(2)
(3) (4)

58-59
60

=B
=X

809-810.

65== A 446-451. 66-67 =- A 84-85.


69-70

(5)

209-210

72

=X

212.

l'irrazionale nell'iliade

59
quale dei due

un momento
ei'oi

al pari

di

Zeus

incerto

vorrebbe vedere uscir salvo dalla

lotta.
d'

il

poeta

gli ricorda

che la vittoria dei Greci e

Achille era
destino.

scritta a caratteri indelebili nel libro del

Qui

al libro

Vili

la bella

immagine,
:

oltre all'essere

sciupata, falsa anche la situazione


la battaglia decisiva,
gli

perch non questa


giorno
ferale

n sorto

il

per

Achei.

Il

Fraccaroli (pag. 152) riconosce che l'imal


lib.

magine
di

pi adatta

XXII

che

all'

Vili.

Ma
;

aggiunge: "noi, che abbiamo per principio artistico

non ripeterci tra i due luoghi non esiteremmo dovendone cancellare uno, cancelleremmo quest'ultimo
,

Omero, invece, non seguiva questo principio, anzi


posto
,

l'opri-

non

si

vede perch non avrebbe


,.

potuto

petere l'immagine stessa qui e l

Ora per ripetere


l'

qui r immagine, bisognava che

il

poeta che

ha

in-

ventata non avesse capito


concederei
al
si

il

suo valore;

e tuttavia

ne

Fraccaroli
trovasse in

la

possibilit se questa im-

magine non

un

libro in cui sono indualtri

bitatamente molte imitazioni posteriori e cattive di


luoghi del poema, e proprio in un passo
se

che

non

non un puro

semplice centone.
salire

Poco pi innanzi Diomede invita Nestore a


sul

suo cocchio (105-107):


"

onde tu vegga
e a fuggire veloci.

Come

cavalli di Troe sian destri per la pianura


e l'altra

Vr l'una

banda a incalzar

Qui col rischio di essere annoverato dal Fraccaroli tra


i

razionalisti pedanti o tra

"

pappagalli della critica

(pag. 409),
stato
i

debbo notare che Diomede aveva conquicavalli di Troe nella battaglia precedente, e non
il

poteva avere avuto


libro

tempo

di sperimentarli.

Se nel
con-

Vili non fosse

altra difficolt che

questa,

cederei anch'io assai volentieri che

si tratti

d'una delle

60

SAGGI OMEPaci

tante irrazionalit poetiche di cui


colto cos bene gli esemp.

il

Fraecaroli ha rac-

questo libro
libri,

abbiamo gi visto che in abbondano imitazioni mal riuscite d'altri


irrazionalit

Ma

specialmente del V. Spiegheremo quindi assai


nel

meglio questa
ossia

modo

pi razionale,

ammettendo che un poeta dappoco che cant l'intervento di Atena alla chiusa

lo

stesso

del libro

abbia trasportato
(1),

questi

versi dall' Aristia di Diorivolti

mede

dove erano perfettamente a posto,


cavalli

Pandaro da Enea che conosceva quei


tempo. Ed erano meglio a posto
ragione. Pandaro nel
ivi

da gran

anche per un'altra

V libro senza cocchio e se ne ramsuo carro, di cui tiene


appresta a sperimentare su

marica

Enea
la

lo fa salire sul
l'altro si

le redini,

mentre

Diomede
motivo
il

sua valenta

nel trar d'arco.

Questo bel

sciupato dal

poeta della Battaglia interrotta,


i

quale ricopia

malamente non

due versi soltanto

che ho citato,

ma

la situazione in generale.

Qui Nestore

essendo rimasto addietro nella fuga, Diomede lo raggiunge, e


gli

rimprovera che
esposto ai
di-

lui vecchio

cadente stia in
;

prima
salire

fila,

casi incerti della mischia

se-

nonch invece

star

pago a coprirgli

la ritirata, lo fa

come auriga

sul suo cocchio al posto di Stendo,


di
ca-

quasi fosse impresa adatta per un vecchio cadente,


cui fiaccata l'energia, reggere con
valli di Troe.

mano ferma
si

Ma

neppure

dopo

ci

il

poeta

stanca di dar
,

saggio della sua inettitudine. Gli Achei sono in fuga.


Solo Diomede, a cui Nestore fa
tuttavia
il

da auriga,

affronta
;

nemico

e uccide

il

cocchiere di Ettore
,

ma
le
.

da questo cocchiere dipendevano


sorti della battaglia. Poich,

a quanto pare,

sebbene venga sostituito

(1)

E 221-223.

L IRRAZIONALE NELL ILIADE

61

tosto con

un

altro,

il

poeta continua (130-132):

Seguian ruina allora ed insanabili guai Ed eran come agnelle in Ilio al chiuso ridotti Se ratto non v'intendea de gli iddii e de gli uomini
[il

padre.

Questa fuga improvvisa dei Troiani non


motivata; e la sua stranezza non
roli,
il

per nulla

sfuggita al Fracca-

il

quale

elimina

la

difficolt

supponendo che
di

testo sia alterato (pag. 183).

nel testo
si

una corruzione non v' alcuna traccia, n presupponendola guadagna gran che, perch resta sempre d'una sinstranezza
l'

Ma

golare

uso

della

frase

"

seguian ruina
cantore greco

allora ed insanabili guai

in

bocca

al

a proposito d'una sconfitta

troiana.

Invece

con una

soluzione assai semplice

possibile toglier di

mezzo
Vili

senza sforzo ogni difficolt


si

l'autore cio del libro

mostra qui quello stesso poeta da strapazzo che


il

appare in tutto

resto del libro. Questo


il

disgraziato

poeta continua anche qui

suo centone, inserendovi

malamente un verso che


stichi

sta

bene

al libro

XI

(310) a

proposito della sorte degli Achei, e pi oltre due emi-

che fan parte del consueto formulario epico;

ma

ben lontano dal saper dipingere con chiarezza di


mutevoli della battaglia.
difficolt di

linee gli eventi

Proseguo lasciando da parte varie


conto. Gli
il

minor

Achei respinti

si

raccolgono tra la fossa e


di Ulisse in-

muro. Agamennone recatosi sulla nave


l
i

coraggia di
gli

suoi con voce tonante


la fossa
il

dopo

di che

Achei ripassano

movendo
si

all'assalto.

Non

chi

non veda come

poeta
,

dimenticato qui del


il

muro che circonda il campo poich Agamennone fa dalla nave d'Ulisse si


se
le

discorso che

capisce soltanto

supponiamo che

gli

Achei siano

stati rinchiusi entro

mura ovvero che mura non

vi siano.

Certo

comodo

62
dire che qui
si

SAGGI OMERICI

ti'atta

d'una irrazionalit; resterebbe


irrazionalit.

per sempre a spiegare come nel libro Vili a pochi


versi di distanza
la
lib.
si

accumulino tante
facile
:

Ma
al

spiegazione

assai

quei versi rubati

XI, dove sono a posto, perch gli Achei non hanno


il

ancora lasciato

campo
se

(5-9),
li

il

poeta infimo, che

l'autore del canto Vili,

ha introdotti nel suo cenin relazione


di

tone senza badare

erano

con

le pre-

messe, e rendendosi colpevole ingenuit in cui incappano


satori che

una
muse.

di

quelle tante
e pro-

molte volte poeti

nacquero

in odio alle

poco dopo
il

ve n' un'altra non dissimile. Gli Achei udito


scorso d'Agamennone, e visto

di-

un presagio favorevole

mandato da Zeus,

essi

che fino allora non avevano

fatto che fuggire (252),

Con pi furor
Pili di

su'

Troi

si

gittaro e intesero a l'armi.

che?

c'

un pi ed un meno

tra

il

fuggire
all' irra-

ed

il

combattere ?

Non

si

ricorra

per carit
so
altro,

zionale delle comparazioni o di

che

che la

spiegazione pi soddisfacente di questa ingenuit del

poeta razionalissima:
(v.

il

verso tolto dal libro


si

XV

441), dove sta benissimo a posto, giacch


i

narra

come

Greci,

quali

pugnavano da

prodi, visto Ettore


i

fuori di combattimento, assalirono

Troiani con pi

impeto

di prima.

Ed

ora riposiamoci da queste ingenuit del libro Vili


delle

rievocando una

scene

pi belle

dell'

A ristia
al

di

Diomede. Diomede combatte a piedi innanzi


cocchio, di cui regge
i

suo

cavalli Stenelo,

quando sopragferisce
al,

giungono sul carro Pandaro ed Enea. Pandaro

Diomede

di freccia,

ma Diomede

scaglia

addosso

l'avversario la lancia, e l'uccide. Il cadavere di Pan-

dar precipita dal cocchio;


per difendere
il

anche Enea salta a terra

corpo dell'amico. Diomede, che ha or

l'irrazionale nell'iliade
pez'duto la lancia
afferra

63
e

oi'a

una grossa pietra


al

la

getta addosso all'eroe troiano. Colpito al bacino,

Enea

cade in ginocchio, e

si

appoggia

suolo con la

mano
tempo

robusta. Tutto in questo racconto bello, e al


stesso tutto

ben chiaro, ben motivato, in una parola,


torniamo
al

razionale.
tira d'arco

Ma
,

libro

Vili.

Teucro, che
d' Aiace
,

stando a piedi, protetto dallo scudo


colpisce l'auriga di Ettore. Ettore
il

Telamonio

dopo

aver commesso a Cebrione di sostituire


a terra, prende
risce all'omero.

caduto, salta

un

sasso, lo scaglia a Teucro, che fe-

Aiace corre a difender Teucro caduto


copre col suo scudo
,

in ginocchio

e lo

mentre due
v.

compagni, raccolto Teucro da terra (Trovxe,

322,

sembra indicare che Teucro sia disteso al suolo), lo portano alle navi. Tutto qui brutto, e al tempo
stesso tutto

poco chiaro, poco motivato,

in

una pa-

rola irragionevole. Ettore salta a terra per la sola ragione

che saltato a terra Enea nel passo citato del quinto


libro:

prende un sasso non perch ve ne

sia

alcun
solo

motivo (doveva essere armato di tutto punto),

ma

perch nel tratto parallelo ha preso un sasso Diomede.

Teucro cade in ginocchio, sebbene poco dopo lo tro-

viamo steso a
in

terra,

per la sola ragione che caduto


Aiace,
il

ginocchio

Enea.

quale copriva col suo


tira
la

scudo Teucro, sparisce

quando Ettore
il

pietra

per la sola ragione che nessuno proteggeva nel passo


parallelo

Enea

quindi

verseggiatore
la

dell'

ottavo

avrebbe dovuto

descrivere

difesa di

Aiace senza

reggersi con le stampelle che gli aveva fin qui fornite


il

poeta

dell' Aristia.

infine Aiace, che stava accanto

a Teucro, sopravviene di corsa a proteggerlo sola ragione che


tiloco
(v.

per la

con lo stesso verso


il

al

canto XIII An-

va di corsa a proteggere

corpo di Ipsenore

420).

Credo

ormai

d'

aver

persuaso

il

lettore

la intera

64

SAGGI OMERICI

Battaglia interrotta, tanto nelle sue scene celesti quanto


nelle scene terrestri,

un pessimo centone
da tutto
il

di motivi,

d'immagini

e di versi presi

resto del poema,

e in particolare dal libro V. Se vi ha

un paio

di brani

un
che

p" migliori del resto


ci

da credere per analogia


salvi

rappresentino

rottami

dal

naufragio di

carmi epici perduti

(1).

[Non ho fatto cenno delle irrazionalit rilevate nel da Th. Zielinski Die Behandlung gleichzeitiger Ereignisse ini antiken Epos nel Philologus Supplbd. Vili p. 429 seg. non gi perch mi sembri che ne fornisca una spiegazione soddisfacente la sua teoria della incompatibilit delle azioni contemporanee in Omero, ma perch non mi pare che si tratti d'irrazionalit vere. Cos al V. 213 detto che gli Achei si raccolsero tra la fossa e il muro era la conseguenza necessaria dell'impetuoso inseguimento di Ettore descritto in precedenza, e non pu dirsi che vi sia alcun salto cagionato (io direi
(1)

lib. Vili

'

'

piuttosto dissimulato) dalla scena celeste


versi 190-212.

descritta
salto

nei

E non

si

avverte

alcun

sulla fine del carme. Gli

Achei

si

ritirano di

neppure nuovo al
fossa
si

riparo della palizzata e della fossa.

Lungo
v.

la

aggira sul cocchio


vista,

(nqpiTrepiOTpiijqpa,

348), terribile in

Scende la notte, sospirata dagli Achei ed Ettore, com' naturale, raccoglie i Troiani lungi dall'accampamento navale dei Greci (vaqpi veOJv). Anche qui chiaro che la scena celeste ai v. 350-484 pu mentalmente sopprimersi senza che ne nasca nel racconto alcuna visibile lacuna ed ai'bitrario dal vcrqji veOv voler ricavare che Ettore abbia varcato la fossa e si sia avanzato sino alle navi. Certo non irrazionale, bens artisticamente poco soddisfacente questo chiudersi ex ahrupto della battaglia descritta nel carme ma, nella scena celeste intermedia, non essendo punto accennato che scendeva la sera, la spiegazione di tale chiusa ex ahrupto
Ettore.
(v.

485

segg.),

l'irkazioxale nell'iliade

65
oltre

questo punto

prima

di procedere

voglio

ancora mostrare con un esempio del libro YTII quanto


bisogni andare a rilento
zioni

nello spiegare
,

le

contraddi-

omeriche con

le

osservazioni

del

resto

spesso

giustissime, del Fraccaroli sull'irrazionale nelle opere


d'arte,

anche quando queste osservazioni appaiono pi


a

evidenti e di pi opportuna e facile applicazione. Ri-

spetto
libro

Teucro,

che

dopo essere stato


il
:

ferito

nel
il

Vili ricompare in battaglia


le

giorno dopo,
"

Fraccaroli cita

parole del

Bergk

non bisogna
reale,

di-

menticare che
presto.

le ferite

degli eroi omerici guariscono

Noi

ci

troviamo qui non nel mondo


leggi

mol-

teplicemente vincolato dalle


nell'ideale

della
"

natura,

ma
e

dominio della poesia


il

(1).

sono belle

giuste parole (soggiunge

Fraccaroli, pag. 485 seg.),


torto di
.

che per

il

Bergk ebbe

il

non tener sempre


il

presenti al proprio giudizio

In realt

torto del

Bergk sarebbe non gi


parole citate
,

di aver talora dimenticato le


scritte

ma

di

averle

proposito del

libro VIII, se

non avesse

egli stesso

mostrato di cre-

dere che nel caso presente la s^Diegazione possa essere

ben diversa. Se regge


stenendo
questo
sul libro

infatti

quel che son venuto socontraddizione

VIII,

la

deve in
il

caso

spiegarsi in tutt' altro


i

modo

carme

della Battaglia interrotta e

versi sulla parte che ebbe

Teucro nella battaglia del giorno seguente furono com-

desunta dalla legge d'incompatibilit

delle

azioni

con-

temporanee non sufficiente come non necessaria. E dal punto di rista della critica unitaria mi par di tanto pi plausibile di quanto pi semplice la spiegazione dello scoliasta. Ma neppur di questa v' duopo se nel libro si riconosce, conforme all'evidenza, non altro che un imperfetto centone.]
(1)
Gr.

Griech. Literaturgeschichte I 589.

De

Sasctis. Per la scienza

deW antichit.

66

SAGGI OilEPaCI

posti da poeti diversi, e probabilmente di questa

non

era parola nei carmi epici clie voleva imitare e recare

a compimento

il

poeta del libro Vili.

Ho
che
le

voluto dimostrare con l'esempio del libro Vili


posizioni della

moderna

critica

omerica possono
si

bene resistere agli

assalti.

Certo se

considerano

le

singole incongnienze omericlie isolate dal loro contesto,


si

rischia di

non apprezzarne

il

valore.

Bisogna invece

ogni incongnienza studiai'la nel posto che occupa, in


relazione con le incongruenze precedenti e seguenti e

con

le

cose dette bene prima e dopo nel poema. Se

si

studia

Omero

a questo

modo, non

v' teoria, per

quanto

acuta, suirirrazionale che riesca a spiegare anche solo

un decimo
cher
,

delle
,

incongruenze omeriche.

Non mi man-

spero

occasione di

fomime
cui

altrove quella di-

mostrazione

compiuta, di

qui ho dato solo un

piccolo saggio.

Ho

scelto a tal

uopo

il

libro

Vili per una ragione

molto semplice: che,


seggiatore, la

se esso l'opera di

un tardo

ver-

compagine dell'Iliade

spezzata senza

rimedio e riman confutata la teoria dell'unit d'autore.


Infatti
,

prescindendo dal libro Vili,

combattimenti

aUa riconciliazione tra Achille ed Agamennone nell'Iliade son due: uno che dui'a dal secondo al setanteriori

timo libro
quali

in

cui,

contrariamente

alle

premesse,

le

vengono del tutto dimenticate nel corso del

rac-

conto, la battaglia indecisa,

ma

il

vantaggio

dalla

uno che dui-a dall'undecimo al decimosettimo, in cui, dopo lungo battagliare, i Troiani sono vincitori conforme alle promesse che Zeus aveva
parte degli Achei
;

fatte a Teti.

Ora

degno

di nota che l'introduzionf

del libro II, la quale pare destinata a preparare una


sconfitta,

prepara invece una vittoria,

principio del libro

che dovi-ebbe

e che manca al XI quel richiamo delle premesse esservi se il poema fosse davvero un'opera

l'ikrazioxale nell'iliade
di

67
che
il

getto.

Stando

cos

le

cose,

innegabile

libro
ficio

Vili ha nella economia

dell'Iliade nostra

un ufponte

assolutamente indispensabile. Esso ricorda a tempo


il

debito le premesse dell'intero poema, e forma


di

passaggio

tra la vittoria e la sconftta degli Achei,

preparando inoltre l'ambasceria del libro IX e l'esplorazione notturna del X, che stanno e

cadono con

la

battaglia interrotta dell'ottavo. S'intende che con l'am-

basceria cade anche la pacificazione del libro


del resto, dei libri pii deboli dell'Iliade,
il

XIX, uno,
quale pre-

suppone una Ambasceria,

e sia

pure una Ambasceria


IX, X, XIX,

anteriore ad alcune delle amplificazioni del libro IX.

Ma
egli

anche prescindendo dai


che ebbe dinanzi a s

libri
il

cai-mi

iliaci

poeta dell'ottavo, e che

appunto con quel libro intendeva a collegare pi

organicamente, corrispondevano all'Iliade nostra?


stesso

Lo

aedo

ci dice

a chiare note che n' erano

molto

diversi.

Poich
il

(fa

affermare a Zeus) non

cesser di

combattere

terribile Ettore (v.

474 segg.)

Anzi che s'erga a le navi il pie-veloce Pelide In quel giorno quand'ei pugneranno a le poppe da presso
In terribile mischia sul corpo del

morto Patroclo.
versi, lasciando

La

critica antica elimina

due ultimi

campata

in aria la frase,

perch in piena contraddi-

zione con la Iliade


fatti

quale essa ora.


il

Quei versi

in-

presuppongono che
avvenuto presso
le

duello di Ettore ed Achille


sul cadavere stesso
di

sia

navi,

Patroclo.

Per un seguace
che qui

delle teorie sull'irrazionale

nell'arte la spiegazione dell'incongruenza

potrebbe

es-

sere invece
la

il

poeta riassume sommariamente

leggenda, senza preoccuparsi dello svolgimento che


"

poi le dar.

Allo stesso
p.

modo

(dice in

un caso ana-

logo

il

Fraccaroli,

149)

anche Dante nel primo

dell'Inferno

domanda

d'esser condotto fino a vedere la

68
porta di
S.

SAGGI 03IEEICI
Pietro, e poi la porta

non
alla
;

c'.

che vuol
il

dir questo ? Egli

aveva concepito
credenza

prima
poi

Paradi

diso

com'
,.

nella

popolare

trov

meglio
poich

certo

se considerassimo la

incongnienza

omerica isolatamente, questa spiegazione andrebbe.


il

Ma
il

libro

Vili
al

opera

di

un poeta
di

tardo,

quale ha messo
connettere

mondo

quell'aborto unicamente per

insieme

due gruppi

carmi

iliaci

che

senza di esso apparivano troppo staccati, giocoforza


tenere per fermo che conosceva bene
leva congiungere insieme.
i

canti che vo-

Dunque
le

nell'Iliade primitiva
di

Ettore veniva
Patroclo.

ucciso
ali*

presso

navi sul cadavere

Dunque
parti

Iliade primitiva erano estranee

non poche
lib.

della

Patroclia,

tutto

o
,

quasi
il

il

XVII

Toplopeia col suo presupposto

cambio

dell'armi, la lotta di Achille col Xanto. la teomachia,


la

corsa

di

Ettore attorno

alle

mura

lamenti dei

Troiani che vedono dalle


glior difensore.

mura

la

morte del loro micon due

Conclusioni

troppo ardite argomentando


dir

soU

versi,

mi

che razionale

un lettore prudente. In realt ci non mai troppo ardito. Ma io mi


il

son fondato su quei due versi unicamente perch

mio punto

di

partenza

stato

il

libro

Vili;
dieci

la

stessa dimostrazione

poteva

condursi

da

altri

punti di partenza. Mi contenter qui, per tranquillizzare


si
il

lettore timorato, di notare che

con questa ipotesi


ineongrait, le

spiegano razionalmente non poche

quali, sole o prese isolatamente, potrebbero forse parere

spiegabili con le teorie del Fraccaroli sull' irrazionale,


nell'arte. Cos

per rispetto

al

cambio

delle

armi

tr

Achille e Pati'oelo. Se l'oplopeia non faceva parte

poema
delle

posteriore.

cambio delle armi un'aggiunf cambio appunto d luogo ad alcune; pi stridenti inconseguenze del poema, che a questi
primitivo,
il

Ora

il

l'irrazionale nell'iliade

69

modo hanno una

spiegazione facile e chiara. Patroclo

veste le armi d'Achille affine d'essere preso pel Pelide.

Ma
ma

in

realt

ci

non
"

gli

accade

Glauco ed Ettore

sanno perfettamente
con Patroclo.
pag. 898)

di aver a fare

non con
(scrive

Achille,
il

Ora poniamo invece


che,

Fracil
,

caroli,

serbando la consentaneit,

poeta avesse fatto parlare Glauco ragionevolmente


gli

avesse fatto dire che Sarpedone


e

era stato ucciso

da Achille,

ciascun

vede quanto questo equivoco


.

sarebbe stato ormai fuori di luogo

Francamente
dovuti

io

non
resca.

vedo

perch.

Equivoci

prolungati
nell'

allo

scambio delle armi non mancano


Se l'equivoco
di
si

epopea cavallese poi


il

prolungava alquanto,
,

riconoscimento
l'aiuto di

Patroclo

sia

pure effettuato con


il

un nume,

ispirava ai Troiani respinti


il

co-

raggio di tornare all'assalto,

racconto avrebbe gua"

dagnato in logica senza perdere in poesia.


(continua
il

L'inganno

Fraccaroli)
la

sul principio era


.

buono per
che lo

determinare

fuga dei Troiani

Il

male
I

scambio delle

armi non

ha

lasciato

traccia
versi

sicura

neppure sul principio della battaglia.


si

su eui

fondano

interpreti

antichi
,

ci (1)

ammettono
si

certo

se

e moderni per asserir non richiedono, la spiei

gazione data dallo Hentze e dal Robert, che cio se


Troiani

spaventano
perch

al

sopraggiungere di Patroclo,

non

punto

lo

prendano

per
si

Achille,

ma

perch, vedendolo entrare in battaglia,

persuadono
da un mo-

che Achille ha rinunciato

all' ira,

e potr

mento

all'altro

comparire nella mischia.


che la Patroclia
sia

E ammesso

stata molto rima-

neggiata da poeti tardi ed

inetti, si

spiegano assai ras'

zionalmente eerte singolari difficolt che vi

incon-

(1)

278-282.

70
trano.

SAGGI OMERICI

La maggiore

ai vv.

700 segg. Febo


di
la citt;

si

ferma
a

sopra una torre delle mura

Troia per impedire

Patroclo di prendere d'assalto

ed allora
muraglia

Tre volte in su

lo

sprone ascese de
lo

l'alta

Patroclo, e lui tre volte risospingeane Apollo

Con l'immortale braccio urtando

scudo fulgente.

Che

cosa sia lo sprone


si

(-fKibv)

Tuttavia
l'alto del

tratta evidentemente di
tre

non molto chiaro. una sporgenza sulPatroclo da terr

muro. Dunque
scoiattolo

volte

sale

come uno
i

su questa sporgenza senz


,

che

Troiani facciano nulla a difesa

tre

volte

i!

nume

dall'alto lo fa saltar gi, per servinni


,

d'un pa-

come un palombaro e per niente una quarta volta il testardo eroe tenta la scalata, finch Apollo non lo induce con le sue minacele a ritirarsi. Anche qui con la inconragone omerico
, ,

stordito da queste cadute,

gruit della descrizione va di pari passo

al

solito

la

sua bruttezza.

Altrettanto

bella

quanto razionale

invece la descrizione del combattimento tra

Diomede
Pa-

ed Enea, che

il

miserabile

rimaneggiatore della
il

troclia copia sciupandola.

Tre volte

Tidide s'avventa

addosso all'avversario, bramoso di dargli morte, tre


volte Apollo, che sta invisibile a fianco d'Enea, risoluto
a salvarlo, scuote l'egida sulla faccia
di

Diomede
alla

reri-

spingendolo, e al quarto assalto lo costringe


tirata intimandogli di retrocedere

con parole gravi di


imitazione
trovasi

minaccia.

Meno
al libro

cattiva,

ma sempre
la

scadente

l'

dello stesso luogo delFAi-istia di

Diomede che
delle

XX. Tutta
Enea
il

narrazione infatti
si

scene

celesti e terrestri dell'Aristia

collega col combattiaffatto slegato dal

mento

tra

Diomede. Invece

contesto

duello tra Achille ed Enea, che ricalcato

pedestremente sul primo. Enea, scagliata invano una

l'irrazionale nell'iliade
lancia,

71
contro

prende

un

sasso,

sta

per

tirarlo

Achille.

Ma

mentre

egli palleggia la pietra e Achille


la

gli si precipita

addosso con
e

spada sguainata, se ne

avvede
risolve a

Posidone,

confabula con Era sul


il

modo

di
si

salvare l'eroe troiano, poi, udito

parere di Era,

muovere dall'Olimpo, Enea non ha ancora tirato la


stancato
il

e an-iva a

tempo mentre
perch
(1).
si

pietra, certo

braccio a forza di palleggiarla

Non

mi soffermerei su questa incongruenza se non fosse accompagnata da un'altra peggiore, sebbene in apparenza di minor conto. L'asta di Achille, volando sopra
il

dorso d'Enea,

si

configge in terra,

ma

Posidone per

restituirla al Pelide la toglie dallo

scudo del suo av-

versario.

Che vuol
d'

dir ci?
si

Vuol

dire semplicemente

che l'asta
sopra
il

Achille

conficcata nel suolo passando


al

dorso d'Enea, solo perch


si
;

libro

XXI

in

un

passo pi antico
il

conficca
e che
il

in terra

volando sopra

dorso di Ettore

poeta tardo che cant lo


si

scontro d'Enea con Achille


in parte all'Aristia di

valse di motivi attinti


al duello tra
l'arte

Diomede, in parte

Achille ed Ettore, e da cattivo sarto


di adattare al

non ebbe

panno vecchio le rattoppature nuove. Questa spiegazione, che mi pare in s assai preferibile
a qualsiasi sottigliezza sul razionale e l'irrazionale,
la

sola che possa accogliersi

quando

si

riconosca che,

come ho cercato

di dimostrare

sopra, nell'Iliade priil

mitiva l'uccisione di Ettore avveniva presso

cadavere

(1)

[Per una

svista

nella
il

saggio avevo sostituito


Achille e viceversa.

nome

prima edizione di questo di Enea a quello di

Mi

sarei limitato a rettificare taci-

tamente l'equivoco se non se ne fosse voluto trar partito, con qual diritto non so, per infirmare la teoria qui da me sostenuta.]

^AGGI OMERICI
volta ne costituisce

di Pati'oclo, e alla sua

una condel-

ferma.

Ma
l'Iliade

se

a un dato momento della elaborazione mancava tuttora la Battaglia interrotta


lo

del

libro

Vili ed Ettore moriva


la

stesso giorno in cui


di Ettore si trovava
e la inconse-

aveva ucciso Patroclo,

morte

assai pi vicina all'addio di

Andromaca,

guenza peggiore

di tutta l'Iliade era

assai attenuata,

bene trattenerci su questa inconseguenza, che bastela teoria dell'unit di

rebbe da sola a dimostrar falsa


composizione.
Ettore
d'avvisare
e

va
le

per consiglio di Eleno

a Troia, afl&ne

matrone troiane che


si

il

pericolo grave,

che conviene

rechino nella rocca a placare Atena.


alle

Al pari d'Ettore ognuno poteva dare


giore pericolo
guerriero.

donne questo

avvertimento senza che proprio nel momento del magsi


il

privasse l'esercito troiano del migliore

Ma

poeta

voleva
e la sua

introdurre l'addio di

Ettore

ad Andi'omaca,

ingenua tecnica

pri-

mitiva non seppe suggerirgli

all'

uopo migliore espeil

diente. Nell'addio l'uno e l'altro dei coniugi evoca

fantasma della morte.


rezza, lo scongiuro

risoluto, se

pur pieno d'ama-

con cui Ettore resjjinge da s

quel fantasma (Z 487-489):


"

Che a l'Ade centra

il

fato

non sospingerammi alcuno:


al sole
il

Ma Ma

nullo de' mortali sfuggiva al destino giammai,

Non dappoco ne buon, poi che


mentre
il

guardo schiudea.

guerriero non curante della morte torna

a combattere, la sposa fedele e le ancelle lo piangono

come

gi estinto nel suo palagio (500-502):

S vivo

ancora EttoiTe piangevan quelle in sua casa,


la battaglia
al valor e

Poi che pi non speravan ch'a dietro da


Fesse ritorno, scampato a
le

man

de gli
[Achei.

L IRRAZIONALE NELL ILIADE

73

Or una

certo, nella

sua efficacissima semplicit, questa

delle scene pi belle e

commoventi
cos
si

della

poesia

greca.

Ma

addii simili contengono la preparazione im-

mediata

alla

morte
di

di

chi

separa da' suoi

tanto vero che mentre la letteratura

poetica e ro-

manzesca abbonda

congedi

siffatti

neppure ad un

poeta di quarto ordine o ad un'appendicista di giornali


di villaggio saltato

mai

in

mente

di disporre le cose

in

modo che
si

gli eroi,

dopo

essersi salutati per l'eter-

nit

possano rivedere tranquillamente, prosaicamente,

come se nulla fosse, il giorno dopo. E questo assurdo vorremo noi attribuire al poeta ispirato dell'addio di
Ettore ad
la

Andromaca ?

Nell'Iliade nostra tra l'addio e


di quindici libri, quanti ba-

morte sono non meno

stano perch la preparazione vada, pel lettore pi coscienzioso, al tutto perduta, e tanti giorni quanti ba-

stano perch Ettore possa,

anzi debba
Infatti

rivedere

una

mezza dozzina
taglia
i

di volte la sposa.

dopo

la bat-

Troiani rientrano in

citt,

e in citt

tengono
citt

l'assemblea, in cui deliberano di chiedere agli Achei

una tregua per


poi

la sepoltura dei morti,

dalla
della

muovono

al

combattimento

il

giorno

Batnepse-

taglia interrotta.

si

badi:
il

il

poeta

non

ha

pure l'attenuante che


gnato
dal
contesto.

luogo dell'addio
egli

gli fosse

No,

stesso

ha dovuto, non

senza violenza, farne scaturire l'occasione nel bel


di

mezzo

una battaglia
posto ?

e l'avi-ebbe scelta

assolutamente fuori

di

Ora, se le conclusioni tratte dall'analisi del libro

Vili

diminuiscono la misui-a dell'incongruenza ravvicinando


in

ordine al

tempo
e

in

ordine al luogo nei carmi


di Ettore, questo stesso

omerici
e'

l'addio

la

morte

indica

della

come dobbiamo cercare la soluzione piena difficolt. l'addio un carme staccato inserito
che
ora occupa, o pi ve-

arbitrariamente nel posto

74
risimilmente
rito tra

SAGGI OMERICI
l'addio
di

r Aristia

quando nulla
le battaglie

fu immaginato per essere inseDiomede e quella d'Agamennone impediva di riferire ad uno stesso giorno

narrate dai
il

due carmi. In

altri termini,

allorch ebbe origine

brano dell'addio non avevano


il

ancor preso posto nell'Iliade n


Aiace, n
il

duello tra Ettore ed

racconto della sepoltura dei cadaveri, n

quello della costruzione delle mura.


della critica omerica
si

cos le conclusioni

confermano vicendevolmente,
dubita anche per altre ragioni.
imitato e

perch dell'antichit del duello, del seppellimento e della


costruzione delle

mura

si

Del duello, perch esso


perch

troppo da vicino dal


;

combattimento tra Paride


il

Menelao
suppone

della sepoltura,
il

proemio

dell'Iliade
ai

costume bari

baro di lasciar preda


dei nemici,
pellirli,

cani ed agli uccelli


di far

cadaveri

non quello

tregua regolare per sep-

volte poi nell'Iliade,

mentica
risposta

con pi
proprie
l'

Iliade

delle mura, perch molte quando meno si dovrebbe, si dila loro esistenza. Ora facile osservare in come non manchino esempi d'imitazioni che o meno d' opportunit un poeta faccia deUe poesie come la contraddizione col proemio delpossa spiegarsi riconoscendo nel proemio una

della

costruzione

sopravvivenza
rozzi,

di

concetti

morali pi antichi
si

pi

analoga a sopravvivenze simili che

notano in

qualsiasi poeta o prosatore;


stato

omesso qua
forse

e l,

come il muro possa essere quando il tenerne conto avrebbe


Tutto ci reggedi darne

reso troppo prosaica la narrazione.

rebbe
libro

se l'accumularsi delle inconseguenze nel

VII non rendesse indispensabile

una
essa

spiegazione cumulativa

meno

irrazionale, e se la spie-

gazione razionale
sola

della

critica

non permettesse

d'intendere

ed apprezzare l'addio

di Ettore

ad

Andromaca.

Da

ci

appare evidente che

la distinzione, si cara a

l'irrazionale nell'iliade
molti
critici, tra il
il

75

genio buono ed

il

genio cattivo del-

l'Iliade,

poeta e l'interpolatore, non risolve alcuno


la

dei
e

problemi che presenta

composizione del poema

sembra del resto alquanto arbitraria, perch dei molti poeti dell'Iliade non ve n' nessuno il quale non sia interpolatore, e dei molti interpolatori non ve n' nessuno
il

quale non sia poeta. Gli uni e gli altri hanno


:

adoperato versi altrui e ne hanno fabbricato di propri


la differenza

solo

nella
e nella

misura della originalit


perizia

del valore del


il

nuovo

quanto all'adattare
omerica deve pro-

nuovo

sul vecchio.

chiaro

quindi

che la

critica

cedere per la sua via cercando sempre di separare gli


strati

che

si

son venuti successivamente quasi

cristal-

lizzando attorno al nucleo primitivo del poema.

Ma

la

lettura del libro del Fraccaroli potr servire ai critici

per evitare
e

le

esagerazioni pericolose e la unilateralit

per non dimenticare,

volta che essi facciano, che


critica
il

come purtroppo par qualche norma fondamentale della

buon

senso.

IV.

L'Iliade e

diritti della critica

^^'>

Alla breve replica

clie

dedico alle

osservazioni poall'irrazio-

lemiche rivolterai

dal

Fraccaroli

intorno

nale nell'Iliade (2) d'uopo che io faccia alcune bre-

vissime premesse.

Ho

risposto tante volte col silenzio

a certi miei contraddittori, che mi dorrebbe se la mia

prontezza nel replicare

all'illustre

collega ed

amico

desse luogo a qualche interpretazione errata o maligna.

(1)

[Dalla

'

Riv. di Filologia

'

XXXIII
'

(1905) p.552 segg.


'

Non mette
L'Iliade e
i

il

conto di discutere la replica di R. Onorato,


Classici e Neolatini

doveri della critica in

III (1907). Si tratta di

dialettica. L'A.

ma
del

una pura e semplice esercitazione non si contenta di fraintendere Omero, fraintende anche bizzarramente l'Orlando Innamorato
Boiardo.

Non

si

avvede, p.

e.,

che al

e.

Vili

st.

29

della p. 3*
alla

Rodamonte, per quanto sopra i merli fino cintura^ sempre sulla sua scala di ferro, e accusa
il

perci

Boiardo d'una incongruenza


al critico].

che

deve invece
il

imputarsi unicamente
(2)

'Riv. di Fil.'

XXXIII

(1905) p. 273 segg. V.

mio

articolo nello stesso periodico

XXXII

(1904) p. 41 segg.

[riprodotto sopra a p. 53 segg.].

l'iliade e

DIRITTI DELLA CRITICA

77

La spiegazione
scritte col

semplicemente questa. Alle polemiche


io,

tono scortese adoperato da certuni,

per

rispetto alla scienza ed a

me

stesso,

non risponder

mai (1), tanto pi che si usa quel tono soltanto quando si ha torto, e quindi il lettore intelligente dei loro scritti in grado di rendermi giustizia da s. Ma son sempre pronto ad accettare un duello ad armi cortesi,
offertomi da

un valentuomo come

il

Fraccaroli.

se

anche

l'effetto della

polemica sar quello che ciascuno

dei disputanti

almeno ne ricaver
fondo
il

rimanga del proprio parere, il lettore guadagno di conoscere pi a il


il

pr e

contra della questione.

E prima

di tutto intendiamoci sul

punto
la

di partenza.

Io mossi da questa osservazione,

che per

spiegare

doppioni dell'Iliade dovremo


il

accettare
stesso solo

ipotesi che

poeta

abbia

copiato
i

se

in pratica

spieghi meglio
plicit dei

fatti
"

che non la ipotesi della molte?

poeti.

Ipotesi

(esclama

il

Fraccaroli).

Quella della molteplicit dei poeti


del ripetersi e del copiarsi
fatto e

una

ipotesi; quella
ipotesi,

non

una

ma un
che

una legge

della creazione artistica

Forse non
fatto

mi sono espresso abbastanza molti poeti hanno copiato s

chiaro.
stessi,

E un

ed cosa notis-

sima, e la dimostrazione datane dal Fraccaroli

ben

lungi dall'essere troppo scarsa, com'egli mostra di te-

mere.
tici

Ma

del pari

un

fatto che molti elaborati poe-

sono opera di parecchi poeti; ed anche questa

cosa notissima e che


strazione.

non ha neppur bisogno

di

dimo-

perci nel caso particolare di una ripetiipotesi


diritti:

zione in

Omero, questa pu spiegarsi con due


si

che a priori

stanno a fronte con parit di

(1)

[Perch

mi

sia stato poi

impossibile attenermi a

questo proponimento spiegato al lettore nel saggio XI].

78
o che
il

SAGGI OMERICI poeta abbia copiato s stesso, o che la ripe-

tizione sia dovuta alla pluralit degli autori.

La

tra-

dizione

sulle

origini

dei

poemi omerici non avendo


soltanto
delle

ombra

di valore, si potr,

prescindendo dalla tradizione,

trasformare in tesi quella

due ipotesi
deve

che spieghi meglio

fatti.

Dicendo diversamente presi

supponiamo gi dimostrato quel che appunto


dimostrare.
fatto che vi

Lo

stesso vale per le incongruenze.


in

un
incon-

hanno

molte

opere

poetiche

gruenze in parte dovute a necessit artistiche, in parte


a dimenticanze o a spropositi degli autori.
fatto che vi

pure un
in-

hanno

in opere di prosa e di

poesia

congruenze dovute a rimanipolazioni o a fusione


brani o carmi diversi in uno. Nel caso quindi di

di

Omero

bisogna vedere serenamente se nell'uno o

nell' altro

modo
delle

si

spieghino meglio
;

le

incongi'uenze dell'Iliade

e dell'Odissea

non

attenerci per partito preso ad


l'altra

due spiegazioni, respingendo


.

come

"

una un
col

supposto gratuito

con queste due osservazioni

la

mia polemica
Il

Fraccaroli potrebbe dirsi bella e terminata.

Frac-

caroli ha cercato di dimostrare che le inconseguenze

da

me

segnalate in parte non sussistono, in parte possono

spiegarsi anche con la teoi'ia dell'unit di composizione


dell'Iliade. E non eredo che sia cos; ma per un momento poniamo che sia. Non solo doveva mostrare che quelle inconseguenze, la cui esistenza non pu negare, possono spiegarsi a questo modo, ma altres che Don

possono spiegarsi per mezzo della molteplicit degli autori, ovvero che la spiegazione tratta dalla molteplicit degli autori

meno

soddisfacente,

meno

verisi-

mile dell'altra:

questo non mi pare ch'egli abbia


fare.

neppure tentato di
di Ettore

Per citare un esempio, l'addio


la

ad Andromaca per

coUocazione che ha
Frac-

nel

poema presenta una

difficolt gravissima. Il

l'iliade e

DIRITTI DELLA CRITICA

79
di

caroli lo riconosce,

sebbene a malincuore,

e cerca

mostrare che pu tuttavia conciliarsi con l'unit del

poema. Doveva dimostrare che


dalla pluralit dei poeti
e

la

spiegazione tratta

meno

soddisfacente dell'altra;

non

l'ha

neppure tentato.
del

questo

modo

il

presup-

posto

costante

suo

ragionamento

che l'unit
il

delFIliade sia gi dimostrata.

Ma

se questo

pre-

supposto, allora inutile discutere.

Ed intendiamoci anche sul metodo a seguire. " L'argomento A, l'argomento B, l'argomento C (dice il Fraccaroli) non bastano ciascuno da solo, ma possono
bastare tutti e tre insieme:
razionalisti), e

cos

ragionano
.

(i

critici

questo un sofisma

Non

sofisma

ad alcun patto, egregio amico, perch, come notai altra


volta in

una polemica

col Miinzer, l'apologo delle verghe

vale anche per la critica, storica o filologica.

Nel caso
diritto

nostro poi quel principio

si

applica a
il

buon

questo modo. In un dato carme

brano

tare al poeta della Iliade primitiva

solo se

pu spetquesti non
il

ha sonnecchiato,
verso
gine
s'

ma ha

dormito
e

profondamente,
col

solo se
il

si

sana col ferro

fuoco, l'imma-

solo se

poeta che l'ha adopei*ata bene altrove


ci

ripetuto senza neppure capire egli stesso


il

che

altrove aveva detto;

brano
se

poi tanto goftb che


costretti

aache

partigiani

della

unit son
della

ripu-

tarlo interpolato.

Ora

li-razionalit

A, della

pretesa corruttela B, della pessima imitazione C, della


gofferia
darsi

che s'incontrano in uno

stesso

carme pu

con la pluralit dei poeti una spiegazione cole

lettiva soddisfacente
diritto,

semplice, sono

ma

nel dovere di accoglierla.


in A,

non dico nel Al contrario se


dimentico
le

ammetto una licenza poetica


analogie della pretesa
di sottigliezze di
la gofi'eria

se

corruttela

B, se cerco a forza
se

difendere l'immagine C,

elimino

presupponendo una interpolazione senza

80

SAGGI OMERICI

saper dare di questa ragione alcuna, e prescindo dal


riscontrarsi
in
tutti

questi

luoghi o nella

maggior

parte di essi uno stesso


ripetizione con
la

rapporto di imitazione o di

un
il

altro

carme determinato del poema,

mia

critica

pu essere ingegnosa,
suo presupposto

ma

pecca contro
sia

la logica, la tesi

perch

che

provata

che s'ha da provare.


un'altra osservazione da fare prima di entrare

Ed

in particolari pi minuti.
altri critici,

Mi son fondato, come molti

bilire

474 segg. del libro Vili per stache Patroclo nell'Iliade primitiva moriva presso
sui vv.

le navi.

Ci

non corre
Quei
versi, a

secondo

il

mio egregio conli

traddittore.
il "

suo

dire, io

rigetto perch
tardo.

lib.

Vili secondo

me

opera di
il

un poeta

Io non capisco poi

(esclama

Fraccaroli)

che ra-

gionare sia questo, di dire che

versi sono interpolati

e poi cavarne cpelle conseguenze che

non

si

potreb.

bero dedurre se non dai pi sicuramente genuini

Debbo

essere assai infelice

nella

scelta delle

espres-

sioni se

mi accade
non
c'

di essere frainteso a questo

modo.

Credevo d'aver detto molto chiaramente che per me


nell'Iliade

un genio buono,
;

il

poeta, e

un genio
e

cattivo, l'intei'polatore

ma

ci

sono soltanto (prescin-

dendo da eccezioni
pili recenti,

di

poco conto) poeti pi antichi


cattivi.

pi buoni e pi

Quei versi sono

a mio avviso sicuramente genuini, tanto genuini quanto


i

brani migliori del libro primo

sono soltanto di pa-

recchio pi recenti, ed appartengono,


di dimostrare, allo stesso

come ho

cercato
stesso

poeta o almeno allo

strato di poesia

la frase

non

bella

ma

esprime

chiaramente
l'ottavo.

il

mio concetto

il

a cui appartiene tutto

E non
si

vedo come con un figura d'esclamadiritto


s'

zione

mi

vorrebbe togliere
era,

di

valermene
il

per determinare quale


ottavo,

quando

formato

carme
di-

l'economia

dell'Iliade.

Bisognerebbe aver

l'iliade e

DIKITTI DELLA CKITICA

81
che

mostrato esser non solo possibile,


si

ma

necessario

tratti soltanto

d'una stupida, singolarissima incon-

gi'uenza.
il

Ma

dov' nella
il

memoria dell'amico Fraccaroli

pi piccolo,

pi rudimentale tentativo d'una simile

dimostrazione?

Ed

ora seguir brevemente ad


del

una ad una
Vili.
del libro

le

os-

servazioni

Fraccaroli

sul

libro

Principio

dalla psicostasia, che quella

medesima
fato degli

XXII,
quanto

pur essendo
dei
a

il

paragone tra
fuori

il

Achei

e quello

Troiani

tanto
nel

di

luogo
tra

nell'YIII
il

suo luogo

e di Achille.
"

XXII quello Infatti, come gi


Achei
.

fato di Ettore

scrissi,

[sopra p. 59]
il

non

questa la battaglia decisiva n sorto

giorno

ferale per ghi

Non
il

la battaglia

decisiva,

perch gli Achei tornano


e sul principio

giorno dopo a combattere,


i

respingono vittoriosamente

Troiani;
Ettore,

non

il

giorno ferale, poich a differenza di


vivi
il

dopo quella battaglia son pi


di pi:

di prima.

Ma

c'

non
di

neppur quello

momento supremo
i

della battaglia,

perch poco dopo

Troiani
Ilio

sono

sul

punto

chiudersi

novamente

in

come
si

agnelli

nell'ovile.

si

dica col Fraccaroli che la scena della


tratta della

psicostasia qui pi giustificata perch


sorte di

due popoli

dell'adempimento d'un atto mosi

rale di giustizia.
di

Non

tratta per

vero

della sorte

due popoli,

ma

soltanto d'un incidente della guerra,


;

che terminer egualmente con la vittoria degli Achei

n dell'adempimento
perch

d'un

atto

morale
questo

di

giustizia,

bene

ricordare
Il

che

un concetto

estraneo all'Iliade.
Achille
soltanto

Zeus omerico dando onore ad


di giustizia,

una dea dal candido piede; e quando nessuno degli di n degli uomini riguarda la risoluzione di Zeus come un atto di giustizia, non inseriamo noi stessi nel cai-me dell'ira di
di
G.

non compie alcun atto muovere dalle moine

ma

si

lascia

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

ti

S2

SAGGI OMERICI

Achille gli ideali morali di un'et posteriore


la psieostasia

(1).

per

non

solo

non

molto a proposito,
ed

ma

del tutto a sproposito nel libro Vili,

quindi

poco credibile cbe


del

il

creatore della splendida

XXII

l'abbia cos

barbaramente

fraintesa.

immagine Onde se
spie"

ragioniamo senza preconcetti, dovremo inclinare a


gare questo doppione con
la pluralit dei poeti.

non capisco come non


Fraccaroli

si

voglia capire

(la
si

Io
il

conclude

il

che senza

questa

scena

psieostasia

neirVIII)

poema
.

monco
se
il

e l'azione

sua semplice:
riferisce alla

mente insensata
permanente
"

Ora

Fraccaroli

sola psieostasia, dir che

non avendo

essa alcun effetto


sorti alterne

e la battaglia

continuando con

non capisco come non si voglia capire che non ha punto d'importanza. Quanto all'intervento di Zeus
in quel libro, esso era certo indispensabile se nell'Iliade

primitiva vi era

il

libro Vili, se vi era l'ambasceria,

se Achille rifiutava l'accordo, se interveniva


rifiutato

dopo aver

l'accordo per
e

vendicare

Patroclo.

Ma

tutto

ci
se

da dimostrare;
dei disputanti
si

come pu

discutersi utilmente
ci

uno

presuppone gi dimostrato
la

intorno a cui

disputa?

Ma

la psieostasia

par collegarsi con

scena

del-

l'Olimpo che la precede. Or se la psieostasia sembra


appartenere non
al

poeta della Iliade primitiva,

ma

ad

(1)

Pu

ricordarsi che lo stesso vocabolo kuig!; ricorre

assai di rado nell'Iliade (A 832.


limiti del resto

6.

181).

Entro quali

Omero

riconoscesse l'azione sociale-prov-

videnziale della Divinit ho cercato di determinare nel

mio

scritto su
'

La
p. 3

divinit omerica e la sua funzione so-,


'

ciae in

Saggi storico-critici
a
segg.],

fase. I

(Roma

1896) [ristam-| a
p.

pato sopra

specialmente

11 segg.'

[sopra p. 15 segg.].

l'iliade e

DIRITTI DELLA CRITICA

83

un poetastro

posteriore,

dovremo

inclinare a ritenere

che anche quella scena sia opera dello stesso poetastro.

che la cosa sia proprio cos ho cercato di dimostrare

per un'altra via, fondandomi sopra


gi da molti notata.

una incongruenza
agli di

Zeus intima

con

gravi

minaceie di astenersi dal parteggiare per gli uni o per


gli altri dei

contendenti. Era ed Atena


il

si

rassegnano,
:

pur manifestando

proprio dolore

(v.

31 segg.)

Cronio padre nostro, signore de'

forti

supremo,
:

Ben sappiamo ancor noi

ch'invincibile la tua possa

Pure ci stringe piet pe' Danai bellicosi Che tristo fato adempiendo saranno a morte
"

condotti.,,

Quali fossero

le

intenzioni di Zeus (dice


altri di

il

Fracca-

roli a difesa di

quei versi) gli


;

non potevano
di intel-

infingersi d'ignorare
di

la

conseguenza della proibizione


qual meraviglia che Atena
solito
la

combattere era evidente, n c'era bisogno


capirla:

letto divino per

stessa la dichiari? .
caroli

Al

risposta del Fracla

presuppone prima

di tutto

pertinenza

alla

Iliade primitiva della

poco edificante scena tra Zeus ed Era al termine del primo libro, ossia presuppone in buona parte quella unit che il Fraccaroli dovrebbe
dimostrare,
inoltre

non

tien

conto

del fatto che al

principio del quarto Zeus stesso aveva dimenticato le

intenzioni che aveva nel primo.

Ma

anche accettando
invitare

quel presupposto e lasciando correre la contraddizione


col quarto libro,

Era ed Atena potevano


la

Zeus ad osservare lui per primo


tervento da lui stesso

legge di non in-

promulgata;

ma

supporre

gli

Achei senza speciale aiuto divino necessariamente inferiori ai

Troiani era tanto arbitrario quanto ingiurioso.


versi,

Ora questi

qui molto

inopportuni,

si

trovano

pi oltre (vv. 464-5) senza presentare alcuna difficolt,


anzi assai appropriati al caso, in

mezzo ad un brano

84
che
il

SAGGI OMERICI
Fracearoli stesso riconosce
il

come tardo (w. 350attribuisce


al

484). Quindi

principio dell'VIII libro tardo almeno


il

quanto

il

tratto che

Fracearoli

suo

interpolatore. In tal condizione di cose

non mi

riesce

d'intendere perch non debba aver importanza la os-

servazione che pi versi dell'esordio dell'VIII rieorronc

anche altrove nel poema e


fatto,
il

in

particolare
e

nel

V. Di

riscontrarsi e nell'esordio

nel

brano tardo

sulla chiusa del libro,

che

si

collega strettamente con


si

l'esordio, versi copiati dal quinto,


l'ipotesi

spiega bene con

che l'uno e

l'altro

passo siano
il

composti da

uno o pi
a s.

poeti tardi che avevano

quinto dinanzi

respingendo simili osservazioni rischiamo di

sostituire l'arbitrio alla logica.

E andiamo
respinti
si

innanzi.

Secondo

il

v.

213

gli

Achei

raccolgono fuori del campo delle navi nello


il

spazio tra la fossa ed

muro:
fosso chiudea da la torre del

Ma

di color,

quanto

il

[campo,
Brulicava del par di cavalli e scudati guerrieri
Addensati.

(1)

La

interpretazione di questo passo che, non so come,

lascia

dubbioso
difficolt:

il

Fracearoli,

non mi sembra
si

offrire

alcuna

dicendo

navi

indica spesso neltutte le

l'Iliade l'intero
Il Fracearoli,

accampamento navale con


spazio

mura.
fossa

per quella difficolt che a parer mio non


tra
la

esiste,

perch l'ammettere uno


gli

ed

il

muro

pare una baggianata, ricorre ad un'altra

interpretazione. . credo che ne converrebbe lo stesso

autore, assai forzata e tale che

non

vi si

pu

far rid;

corso se non

come ad ultima

ratio.

Ma

essa cade

(1) offov

K vriLuv dir TrOpyou xdoppoc; ^epye-

l'iliade e

DIBITTI DELLA CRITICA

85

s,

eliminata la prima

diflficolt

e atteso che, sia


la fossa
le

una
in

baggianata o no, lo spazio tra

e le

mura

Omero
cui
si

c',

ed quello dove stanno

sentinelle, di

parla nel libro

IX

(v.

86 segg.):

Sette duci le scolte aveano e cento a ciascuno

Giovini giano compagni lunghe aste in pugno recando. Nel mezzo tra la fossa e il muro venuti piantarsi L suscitavan le fiamme e la cena allestivasi ognuno,
:

dove

si

reca Achille nel libro

XVIII

(v.

ISj:

Venne
Si

dal

muro

a la fossa e piantovvisi, ne tra gli Achei

mescolava,
i

dove rimangono per qualche tempo

Troiani quando

nel

XII

danno

V assalto
lasciare
il

al

campo.
con

Non
i

sarebbe

dunque meglio
di

parlar

tanta facilit
testi ?

baggianate e discutere con tutta ealma


per

Ma
del

meniamo
e
si
il

buona
gli

la

forzata
si

interpretazione
le

Fracearoli, che

Achei

raccolgano tra

navi

muro. La consentaneit manca

lo stesso. Il

poeta
si

dimenticato del muro, o quando


l

Agamennone
il

reca sulla nave di Ulisse e di


se
il

incoraggia gli Achei,

V.

213

s'interpreta

come (seguendo

ed

altri) faccio io; ovvero, se s'interpreta

La Roche come fa il
all'
il

Fracearoli,

quando

gli

Achei per tornare

assalto

ripassano la fossa e dimenticano di

varcare

muro.

Ora
vede

se

presupponiamo

gi

dimostrato quel che vo-

gliamo dimostrare inutile discutere.


il

Ma come non
e

Fracearoli che dovere di buon critico, piut-

tosto che accogliere

una interpretazione forzata


le
il

una

incongruenza abbastanza grave, risolvere

diflBcolt

ammettendo che il poeta tardo dell'VIII, come gi abbiamo visto, non ha nel copiare
felice,

quale,

la

mano

abbia copiato fuor di luogo l'XI libro

(v. 5-9) V

SAGGI OMERICI

Procedendo ho da registrare una concessione, una


delle

poche

che
al

il

Fraccaroli mi faccia.
libro

I vv.

105-7

tornano
'

bene

(221-3) e qui nell'VIII no.


il

Ma
;

questo non basta ancora (osserva


.

Fraccaroli)

per dire che siano interpolati


certo

Non

basta per s solo,

ma
il

se

il

poeta tardo di due tratti dell'VIIT ha

usato
del

V, e se in un altro passo troviamo un luogC)

ripetuto

malamente, dobbiamo inferirne come


anche quest'ultimo passo appar-

assai probabile che

tenga allo stesso poeta, o allo stesso strato di poesia


cui spettano gli altri due. Invece

un indizio

di fatto

per l'autenticit (vale a dire l'appartenenza al

poema
in

primitivo deiriliade, che, a scanso d'equivoci, io non


faccio questione d'autenticit)
ci che
il

trova

il
i

Fraccaroli
vv. 105-7
"
:

brano

cui

appartengono

fu

imitato e quasi copiato da Aretino (1)

era dunque

dice egli, interpolazione molto antica se interpolazione

era

Contro chi

sia

diretta questa

osservazione non

so: certo

non

vale contro di

me, che non parlo mai


strati
sec.

di interpolazioni,

ma

solo

di

successivi

nella

formazione delFIliade. Che nel


noi non dubbio n per
critici;

VII

l'Iliade avesse

gi press'a poco la forma in cai

pervenuta fino a con la questione


si

me

n per la pi parte dei


fare
di

ma

ci

della formazione del


tratta.
tico e

non ha nulla a poema; e

questa appunto
i

C' appena bisogno di dire che

vocaboli an-

tardo

parlando degli strati dell'Iliade, come di


cosa,

qualsiasi
strati

altra

hanno un valore

relativo. Gli

pi tardi dell'Iliade sono molto pi antichi delle

iscrizioni

romane antichissime

e gli strati antichissimi

dell'Iliade son probabilmente pi tardi dei pi tardi

palazzi micenei.

Qui sorvolo del resto su

tanti

altri

(1)

PiND.

Fi/th.

VI 28-39 e

gli scolii

ad

l.

l'iliade e

DIRITTI DELLA CRITICA

87
e.,

punti di cui

si

potrebbe discutere.

incerto, p.

se

Aretino

sia

mai
;

esistito; incerto se sia stato l'autore


incerto se

della Etiopide
alla

quella allusione

si

riferisca

Etiopide o ad altro carme.

E molto

dubbio che
ed

ogni carme ciclico sia opera di un

solo poeta,

incerta la et tanto della Etiopide quanto della Piccola


Iliade.

Son problemi che


e

il

Fraccaroli avr certo per


;

conto suo studiati


liberato

risoluti

ma

finch

il

lettore

non

da tanti dubbi, quell'argomento pu perpasso in cui, narrato che Ettore aveva


si

suadere soltanto chi lo adopera.

E vengo

al

cambiato cocchiere,

soggiunge

(v.

130)

Seguian ruina allora ed insanabili guai, Ed eran come agnelle in Ilio al chiuso ridotti.
Se ratto non v'intendea de gl'iddii e de gli uomini
[il

padre.

"

Qui non

e'

nesso

logico,

dice

il

Fraccaroli,
ci

n
pre-

nesso plastico, n nesso qualsiasi


cede);

(con

che

nessuno concepisce a questo


possa
essere
.

modo

per c^uanto
il

Bertoldino
caroli

Ma

qui di nuovo

Fracsi

presuppone che l'autore di questo brano


il

sia

dato

disturbo

di
si

pensare. I copisti pigliano questo


e

in

prosa e in

poesia
volte

non sempre
Plutarco,

disturbo. Molte

Diodoro

Livio

si

son risparmiati,

trascrivendo dalle fonti, la pi piccola fatica intellettuale, e

questo tanto noto

che non ha bisogno di


il

esemp.
tanto

il

miserabile verseggiatore,

quale ha fatto

risparmio di lavoro intellettuale

da
vv.

scrivere

vv. 34-5 che

non hanno alcun nesso logico con


e

ci

che

precede

da riprodurre

dal

105-7 che

non hanno

comune in bocca di Diomede, non potrebbe avere omesso qui, per la smania di copiare, il nesso logico? E badiamo che in Omero esemp di
senso
versi introdotti

da

altri

carmi,

che

turbano

il

nesso

SAGGI OMERICI
logico, ne

abbiamo non pochi, n


la facile ipotesi della

tutti si

possono

eli-

minare con
del

corrazione del testo.

Molti di essi son raccolti nelle Honierische Ahhandlungen

Kayser

fv. in

specie p. 4^^ segg. \

Qui come esempio

,'

d'un verso rubato a sproposito da un carme pi antico


e

pure indispensabile
tra'

al

senso citer quello notissimo

Giunto

primi d'un dardo vibrato da

man

vigorosa

(1).

Ci insensato detto del leone che assale


detto

l'ovile,

mentre

assai

bene altrove del guerriero che muore


nelle

combattendo
Giunto
tra'

prime

file

(2):
la

primi d'un dardo che

mia mano
e io

vibrava.
ri-

Esempi

simili

non mancano nell'VIII,


e.
il

ne ho

cordati alcuni, p.

v.

252:
gittaro e intesero a l'armi,
logico, e pure
il

Con
dove
n
il

pifi

furor su' Troi

si

"

pili

turba

il

nesso

verso

(che tolto da
il

XIV

441)

indispensabile al contesto:

Fraccaroli ha creduto di dir nulla in proposito.


critica la quale, per

Ora una

non riconoscere che alcuni


miseri poetastri, trascura

dei tardi aedi omerici

son
,

questo po' po' d'analogie

mi perdoni
mentre

l'amico, emiil

nentemente

arbitraria.

perci

Fraccaroli

conclude di aver dimostrato che sul principio dell'VIII


libro a posto son tutte le irrazionalit da
late e per di pi

me
il

segna-

non son tutte

irrazionalit,

mi pare

invece che abbia dimostrato precisamente


sia

contrario

con

la

debolezza dei puntelli cui appoggia la dot-

trina tradizionale, sia


i

quando concede
bene
qui,

egli stesso che

vv.

105-7 non tornino

sia

quando per

(1) (2)

M
A

306:
675,

?pXr|T' v irptUToiai eof)i; tto x^'P^ kovti.

dove

anche assai meglio

)ar<;

invece di

eofiq.

l'iliade e

DIRITTI DELLA CEITICA

89

togliere di
di

mezzo
che

l'iiTazionalit del v.

130 non trova


su ime al fuoco.

meglio

ricoiTere,

fondandosi soltanto
al ferro

pressioni puramente subiettive, E veniamo ora all'episodio

di

Teucro.

Secondo

il

mio

egregio

contraddittore

"

tutto l'argomento
...

del

De
non

Sanctis contro l'episodio di Teucro


gli piace,

questo, che

che

il

suo autore gli pare un cane di

poeta

. Son piuttosto io un ben cattivo prosatore se mi faccio fraintendere a questo modo. Il mio argomento tutt'altro, e se qualcosa nello svolgerlo ho lasciato sottinteso, stato unicamente per non tediare il

lettore ripetendo

sempre

lo stesso ritornello.

Ma

scanso d'equivoci giover questa volta ripeterlo. L'episodio di Teucro nell'VIII


libro

contiene

una copia
e

spropositata e irragionevole (e perch


ii-ragionevole, al

spropositata

mio modo

di vedere,

brutta: la mia
e per
di

estetica

le gofferie) di

ha poca compassione per gli spropositi altri luoghi del poema, in specie

un

luogo del V. Ora nell'VIII


ce

copie spropositate del

V
un

ne sono parecchie
il

ce n", tra l'altro, anche in stesso

brano che

Fraccaroli

dichiara tardo.

L'ana-

logia c'induce quindi a ritenere che la ragione per cui

tante copie spropositate del

si

trovano nell'VIII
tardo

sia

precisamente

la

stessa per cui ce n' in quel


il

brano

tardo, ossia che tutto

carme

sia

composto
tempi,

da uno o pi poeti ammiratori del


ginalit,

e privi di orii

che,

come

tanti

poetastri di tutti
il

hanno copiato servilmente

loro modello.

E veniamo
assalire

ai particolari.

Ho

detto che Ettore per

Teucro

salta

terra

per

la

sola

ragione
libro, e

che saltato a terra

Enea

nel passo

del

prende

un

sasso

non perch ve ne

sia

alcun motivo
solo perch

(doveva essere armato di tutto punto),


nel passo parallelo

ma

ha preso un sasso Diomede. Altrova


qui
il

l'incontro

il

Fraccaroli

salto

motivato

90
assai

SAGGI OMERICI
meglio.
Infatti

come prendere

il

sasso se

non
?

saltava gi?
tirare

in

qual modo,

fuorch con un sasso,

ad un arciere die mirava da una certa distanza


Ettore

Certo

non poteva prendere un sasso


terra,

se

non
in

scendendo a
nell'et

questo chiaro.
tirati a

Ma

il

guaio

che

omerica grossi sassi


precisamente per
:

mano servono

generale

le

medesime distanze per


in

cui sei'vono le lancie

ci risulta dall'esame dei luoghi

in cui getti di pietre

son menzionati

Omero
il

(1).

Invece

il

caso di Enea e

Diomede

al tutto diverso.

Enea
di

salta giii dal

cocchio per difendere

cadavere

Pandaro. Or

la difesa di

un cadavere non poteva


in altro
(

farsi e

non

si

fa

mai

in

Omero

modo

che a

piedi col proteggerlo da ogni parte

trepiPaiveiv)

contro

ogni possibile sorpresa di nemici che cercassero di trascinarlo via.

il

tiro del

sasso qui

perfettamente
e,

motivato. Diomede non aveva pi la sua lancia

non

volendo venir subito

ai

ferri

corti,

cosa che evitano


preferisce

anche altre volte


di colpire a

di fare

gli

eroi omerici,

una

certa distanza

con un sasso. Ettoi'e


i

invece ha l'arma in cui pi fidano


la lancia, e

guerrieri omerici,

deve deporla

per

afferrare

senza

scopo

un sasso. Questa una assurdit introdotta gratuitamente dal poeta del libro Vili.
Proseguiamo.
la sola ragione
"

Teucro (ho

scritto)

cade in ginocchio,

sebbene poco dopo lo troviamo disteso per terra, per


che
tal

caduto in ginocchio Enea


il

Ma, oppone a
"

proposito
affatto

Fraecaroli,

dal

testo

non

si

a terra, e su ci

pu dedurre non

che Teucro fosse disteso

insisto poich
ci

sono sicuro che


..

neanche

il

De

Sanctis

insisterebbe

Intendiamoci

(1)

E 302. 582. = 410.


si

774.

285. Cfr.

325, dove

aToaTobiri

applica anche al duello con grandi x^Pi^hia.

l'iliade e

DIRITTI DELLA CRITICA

91

bene:

il

vocabolo usato

('uirobOeiv)

si

applica ottima-

mente a chi rialza un caduto o un cadavere (1), pessimamente a chi solleva un uomo inginocchiato ed io ho voluto dire, e mantengo, che il verso, composto
;

per stare in tutt'altro contesto, stato inserito qui a


sproposito.

Quanto poi
il

al

cadere in ginocchio, pi

spiegabile, secondo

Fraccaroli, che cada cos Teucro

che

non Enea,
Teucro
;

e ci

perch

Enea

ferito

all'anca,

ferita

che parrebbe molto adatta a mandare uno lungo


alla clavicola.

disteso. di ferite

Non mi
si

intendo molto

ma mi
il

pare

che se ne intendesse l'autore


sostenne in gialla terra, ci

del

V
il

canto,

quale dice che Enea


si

nocchio perch
che

appoggi col braccio

Fraccaroli sembra aver dimenticato. Invece

un

colpo non verticale all'omero


indietro,

potr far cadere avanti


facesse cadere in
difficolt,

ginocchio.
giore

ma mi pare strano che Ad ogni modo questa


sia,

di

magtra
le

minor conto che

non
"

che

una
il

molte. Pi oltre ho scritto


priva col suo scudo Teucro,
tira la pietra

che

Aiace,

quale co-

sparisce

quando Ettore
il

per la sola ragione che nessuno proteg-

geva nel passo parallelo


tore
di

Enea,

quindi

verseggia-

dell'ottavo

avi-ebbe dovuto descrivere la difesa

Aiace
fin

senza

reggersi
fornito
il

con

le

stampelle

che

gli al

aveva

qui
il

poeta

dell' Aristia .

Ma
serio

Fraccaroli
si

dire che, perch

Teucro
"

colpito,

Aiace
,.

dovesse

intendere

scomparso

non par
prima

Qui mi permetter di osservare

che

di

usare

una frase cosi grave forse


assicurarsi d'avermi

il

Fraccaroli avi-ebbe dovuto

ben capito. Naturalmente non ho

voluto dir punto che pel poeta


sparire

un nume abbia

fatto

miracolosamente Aiace come scompare Paride

(1)

Cos in P 717.

92
dopo
e
si
il

SAGGI o:merici
duello

con Menelao.

Ho

volato dir soltanto,


il

v'insisto,

poich
se

evidente, che

combattimento
questo
versi

svolge

come
n

Teucro non avesse avuto n scudo


accanto e che

innanzi
dalla

difensore
del

dipende
del

inettitudine

poeta a coniar
falsariga.

suo

quando non aveva una


di cui
il

Ed ho

poi

notato

nello stesso luogo un'altra singolarissima incongruenza,

Fraccaroli

tace, quella cio che

'Aiace che

stava

accanto a Teucro

sopravviene di corsa a pro-

teggei'lo per la sola ragione


al

che con lo stesso verso


di corsa a

canto

XIII Antiloco va
(v.

proteggere

il

420 j . In sostanza questo racconto del combattimento tra Ettore e Teucro (bello o
corpo di Ipsenore
che brutto
sia,

me

par

bruttissimo,

ma

poco
si

importa) pieno
spiegano affatto o
arbitrarie
e

zeppo d'incongruenze che o non


si

spiegano a forza d'inteii^retazioni

di

sottigliezze

con

la

teoria
il

dell'unit

d'autore, che

hanno invece, ammesso

mio concetto

sulle origini del libro VIII.

una spiegazione semplice

e piana.
Il

fin

qui detto, aggiunto alle considerazioni da


precedente,

me
(2),

svolte nel saggio

spiega

perch mi paia

che
del

le osservazioni del

Koehly

(3),

dello
sulle

Lachmann (1), del Kayser Schomann (4), del Niese


incongnienze
e
le

(5),

dell'Erhardt

(6)

ripetizioni

deirVIII

libro,

da

me

coordinate, riassunte ed esami-

nate alla luce delle

nuove teorie

sull'irrazionale nel-

(1) (2)
(3)
(4)

Betrachtnngen^

p. 2.3

^egg.

Hoiner. Ahhandlungen p. 47 segg.

Opusc. philologica

121.

'Neue Jahrbb.

f.

Phil.' 69 p. 21.
p.

(5)

Entwickelung der homer. Poesie


Entstehung der homer. Gedichte

66 seg.
Ili segg.

(6)

p.

l'iliade e

DIRITTI DELLA CRITICA

93

l'arte,

non abbiano avuto


osservazioni

dalla ultima critica del Fx-acio bo scelto e badiamo mi parevano pi evidenti e


; :

caroli la pi piccola scossa

alcune
facili

cbe

ad esporre,
cbe

ma

ve ne sono molt'altre assai istrat-

tive,

possono trovarsi soprattutto nelle Homer.


del Kayser.

Abhandlungen
cora
Il

E come

l'VIII libro

indi-

spensabile alla economia dell'Iliade nostra, rimane an-

una volta confutata


che
l'

la teoria dell'unit d'autore.

Fraccaroli crede di farmi una gran concessione di-

cendo
l'Iliade,

Vili

uno

dei

libri

pi

guasti

del-

che non abbiamo

pi

qui l'opera genuina e

intera del poeta,


schizzo,

un

riassunto.

ma un avanzo, una traccia, uno Non posso accettare la sua connon s'appartiene
sono 154 versi
di fatto

cessione, poich riflette cosa che a lui


di concedere.

Nel libro Vili

che

si

trovano, sia isolati sia in gruppi, in altre parti

del poema; e se teniamo conto poi di quei versi che hanno riscontro in tutto o in parte nel resto dell'Iliade, ve ne sono non meno di 466, anche condonando al Fraccaroli l'evidente centone dei primi 40

versi (1). In tal condizione


il

di

cose, se vi

un

libro

cui testo sia relativamente assicui-ato

dai

continui

raffronti, questo, e

una

critica che lo

supponga pi
assai

corrotto degli altri proprio


razionale. Inoltre vi
e irrazionalit

una

critica

poco
cor-

hanno nell'VIII
credo
d'averlo
il

libro incongruenze

che sono
;

insanabili con qualsiasi

rezione del testo


di logica,

dimostrato a rigor

ad ogni

modo

Fraccaroli solo a non

prestarvi fede.
sere

Una

critica razionale

deve

quindi

es-

dieci volte pi parca che altrove

ad ammettere

corruttele del testo

dove

la

consentaneit fa difetto.

Poeti

quali

come

l'autore della Battaglia inteiTotta

(1)

Kayser op.

cit.

p. 67.

94
lavorano con

SAGGI
le forbici

(OIEIIICI

non possono non cadere qua


bastare. Ridal

e l in gi-avi e strane incongruenze.

E per rVIII libro mi par che possa mane poco da aggiungere. Mi dispenso
sull'addio di Ettore ad
sufficiente quel che

tornare

Andromaca, parendomi pi che


e

ho detto nel saggio precedente


due parole
nel

nella introduzione di questo. Piuttosto

sul

duello

tra
il

Enea ed Achille
d'una
svista (1).

XXII.

qui debbo rin-

graziare
ai lettori

Fraccaroli d'una rettifica e chiedere venia

Parlando dell'eroe che in


l'argomentazione rimane
se
e

quel libro tira una pietra l'ho chiamato erroneamente


Achille invece di Enea
intatta e rimarrebbe
;

ma

anche

invece

d'Enea avessi

nominato
e ridicolo

Tersite.

M' parso,

mi

pare, irragionevole

che mentre l'eroe palleggiava la pietra per


fosse

scagliarla

avvenuto un conciliabolo
di salvare

tra

Era

Enea e che finalmente l'ultimo, presa la deliberazione di muovere al salvataggio, arrivasse mentre ancora la pietra non era stata scagliata. Perch la irrazionalit diminuisca, come par
credere
il

Posidone sul modo

Fraccaroli,

se

chi

palleggia

la

pietra

si

chiama Tizio piuttosto che Caio, proprio non

capisco.
il

molto meno capisco

la

spiegazione che d

Fracaltri

caroli della incongi-uenza pi grave

da me

da

notata nei versi


lo

seguenti.

L'asta di Achille

traversa

scudo d'Enea

e si configge in terra,

mentre pochi

versi

dopo Posidone

la restituisce all'eroe togliendola


di.

dallo scudo deiravversario. Pel Fraccaroli lo scudo

Enea
il

rimasto impigliato alla base dell'asta, e perci


l'asta
.si

poeta ha potuto dire che

conficcata nella
|

terra e che Posidone l'ha cavata


sei'e

daUo scudo. Dev'esper fermo radicalmente errata una teoria la quale

(I)

[V. sopra p. 71 n. 1].

l'iliade e

DIKITTI DELLA CRITICA

95

costringe a simili
critico

artifizi
il

di esegesi

combinatoria un

assennato come

Fracearoli.

vengo da ultimo

all'assalto di Patroclo alle

mura

di Troia.

Patroclo tre volte sale sullo sprone del muro,

tre volte viene respinto

da Apollo. Qui

il

Fracearoli

trova

clie

"

l'indeterminatezza dell'immagine omerica


e

veramente epica
suggestiva
.

veramente grande;
il

eminentemente

Io trovo invece che


il

punto culminante

dell'azione offensiva di Patroclo,


lata, dipinto in

suo tentativo di sca-

modo

misero, falso e ridicolo. I due

giudizi son qui affatto irriducibili


interesse pel lettore vedere

ma forse non senza come mai due critici che


;

hanno
parati.

pur l'uno

e l'altro

qualche

cognizione

della

letteratura greca possano giungere a giudizi cosi dis-

Vi hamio presso

poeti molte volte immagini


e

imprecise e indeterminate
piti

pur suggestive, anzi tanto


indeterminate.
il

suggestive quanto
citato

piti

Un

ottimo
di

esempio

dal

Fracearoli

Dio

creatore

Dante
che volse
All'estremo del
il

sesto

mondo

e dentro

ad esso

Distinse tanto occulto e manifesto.

Ma

qui Dante doveva necessariamente essere indeter-

minato, poich non poteva davvero dare un'idea chiara


dell'atto creativo; solo

con la grandiosit dell'imma-

gine ha cercato di farci splendere innanzi alla fantasia

un bagliore

di ci che occhio

umano non

vide.

v'

anche un'altra maniera di indeterminatezza suggestiva,

quando molto potrebbe pur


mente poco
e si lascia
il

dirsi,

ma

si

dice efficacealla fan-

molto da compire

tasia del lettore.

Non confondiamo

per la indetermi-

natezza inerente a certi concetti e a certe immagini o


l'altra

che con un imjjulso

potente d l'abbrivo alla

fantasia del lettore

con quella che dipende dalla ina-

96
bilit

SAGGI OMERICI
a concepire

ad

esprimersi; o altrimenti
i

do-

vremo riguardare come capolavori


e

compiti dei nostri

alunni di terza elementare, dove tutto indeterminato

impreciso

cominciare dalle lettere dell'alfabeto.

Se un poeta mi descrive un duello,


idea chiara dell'andamento

deve darmi una

del duello o per lo


eguale

meno

darne un qualche cenno sul


conto mio un'idea
pari
:

possa farmene per

altrimenti degno di biasimo. Del


di battaglie,

quando un poeta
con
infiniti

scritto

particolari

dopo avermi un combattimento

defra
-

Troiani ed Achei, giunge al


in cui Troia rischia di
e

della citt,

mi descrive un eroe debbo potermi

momento culminante, quello cadere in mano degli assalitori, che d la scalata alle mura
fare un'idea di questa sca-

lata e sono in diritto

di raffigurarmela

davanti

alla

fantasia; e se ci che ne vien

fuori

manca

di senso
il

comune sono bene


sia di cercar di

in diritto sia di biasimare

poeta,

spiegarmi in

modo

razionale la irra-

zionalit in cui cade.

per quando ho detto che tre

volte Patroclo sale da teiTa sulle

uno

scoiattolo e tre volte


e

mura di Troia come piomba gi come un padalla

lombaro,
.stardo

niente stordito

caduta torna da

te-

una quarta volta

all'assalto,

non ho n aggiunto
dice,

n tolto nulla,
diritto che

ma

solo integrato, traendone le conseci

guenze necessarie,
cinio e
il

che

Omero
il

valendomi del
il

ha ogni

critico di

adoperare

suo razio-

non cacciarlo sotto


passo

moggio per
ribatter

lasciar libero
il

campo all'ammirazione. Ma
c'entra

Fraccaroli
e

che in questo

anche Apollo,
descrizione.
fa far

questo
Intantri

spiega la indeterminatezza
c'entra

della

pur Patroclo,

e ci

che

si

qui a Patroclo
poi anche per

ridicolo e privo di senso

comune.
espresso

Ma

rispetto all'azione di Apollo,


l'essere
"

essa ben lontana dal-

concetto
il

morale

plasticamente

come

ritiene

Fraccaroli.

Nell'azione

d'Apollo in

l'iliade e

DIRITTI DELLA CRITICA

97
l'ombra
che un

questo passo della


di

Patroclia non c' neppur


c'

un concetto

morale;

soltanto

il

fatto

nume
i

concepito antropomorficamente,
omerici, respinge

come

di regola

numi

un guerriero da una sporci abbia alti motivi

genza sull'alto d'un


d'ordine
interviene perch

muro. Che

morale n dice n fa capire Omero. Apollo


il

protettore di Troia e perch non


dai
fati

ancora

il

momento segnato
Qual

per la

caduta
libro

della citt.

dififerenza tra l'Apollo del

XVI

e l'Apollo di
il

una parte veramente antica dell'Iliade, principio del primo, che, con una immagine di medisegnata a pochi
di quella

ravigliosa plasticit

grandi

tratti,

suggestiva,

ma non
i

suggestione

che

fon-

data sui controsensi,


notte,

scende
gli

dall'Olimpo

simile
!

alla

mentre

dardi

risuonano sull'omero
il

Ma

non dobbiamo tenerci paghi a biasimare


Patroclia.
Infatti
si
i

poeta della

versi

sull'incontro

d'Apollo e di

Patroclo

ritrovano nel

V
Il

libro a proposito dell'in-

contro tra Apollo e Diomede, dove non offrono alcuna


diflBcolt all'intelligenza.

Fraccaroli dice,

vei'O,

che

nel

libro gli di fanno troppo fracasso;

ma
il

questa

proprio critica

soggettiva.

Fracasso o no,
nel
e

modo
XVI.
pi
o

d'agire

d'Apollo e di Diomede

tanto ragio-

nevole e chiaro

quanto oscuro
se
il
il

insensato nel

E importa poco
meno
nel V.
dell'altro.

passo

del

XVI

piaccia

Ma

ragionevole non pu procedere

dall'irragionevole, e quindi chiaro

che l'originale

Ora

il

libro

fu

copiato

ripetutamente
dall'VIII

dal

tardo poeta dell'VlII, e tuttavia


quei versi in cui
si

stesso, in
ac-

parla

della

morte

di Ettore

quando l'VIII fu composto, la Patroclia, per lo meno nella forma in cui l'abbiamo, era estranea al poema. Quindi come il poeta deU'VIII, cosi quello del XVI copi malamente il V, La conclusione tirata a filo di logica.
canto

aUe

navi,

risulta

che

G-.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

98

SAGGI OMERICI

Sono

al termine.
"

E
e

giudichi ormai

il

lettore imparil

ziale se io

senza

alcun

indizio o per
,

solo

argo-

mento del mi piace

non mi piace

(p.

285) compiace o

batta la unit della Iliade.

Non

di

ci

che

non piace ho fatto mai ricerca, ma di ci che secondo ragione e di ci che contro ragione. E questa
la sola via di tentare

una

critica oggettiva.

Al con-

trario
la

una

critica

che ci che non piace elimina con

comoda
e ci

ipotesi delle interpolazioni o delle corrut-

tele,

che piace, ragionevole o no, sensato o no,

considera

come

intangibile,

eminentemente subiettiva

e per sterile. Il critico inoltre

presupposto

sottinteso

l'ossequio
sia

non deve avere come ad una tradizione


di

come quella che Tlliade


trattisi
Tiri

opera

Omero: ma
di

di

Omero

di Livio, di
qpp],

Mos o

Dante,

Sv XYO(; uiaTTp TrveOua

Tarri txov.

Le interpolazioni

dell'Odissea.

La

critica nell'ultimo

quinquennio ha continuato ad

affaticarsi

senza posa intorno ai problemi che presenta

l'epopea omerica.

scevro di frutto rimasto questo

tenace lavoro, perch mentre son sempre a fronte, sostenute con pari risolutezza, la teoria unitaria e quella
della pluralit dei poeti, fra le apparenti

contraddizioni
l'accordo.
l'Iliade

par che su molti punti vada preparandosi


Tutti sono ormai concordi a
e l'Odissea

non confonder pi

coi prodotti spontanei della

epopea popo-

lare; e tutti

tengono per fermo che, come convenmolta parte


ora

zionale la lingua e lo stile della epopea omerica, cos

convenzionale

sia in

il

mondo che
:

essa

descrive e diverso dalla presente realt della vita

con-

venzionalismo
d'evitare,

dovuto

al

proposito

consapevole

parlando della et eroica, la menzione di cose


si

che ei-ano o

credevano d'origine recente, come la

scrit-

tura, ora alla ripetizione di

formole e di motivi epici


i

tradizionali che rispecchiavano le condizioni o

senti-

Son pur quasi tutti, e da molto tempo, d'accordo nel ritenere i due poemi opere organiche e non il resultato d'una meccanica sovrapposimenti d'un'altra
et.

100
zione di carmi; e
il

SAGGI OMERICI
successo
di

poco

felice

che hanno
i

avuto

tentativi

recenti

separare

precisamente

carmi o
nei pi
utilit

gli strati poetici dell'Iliade

sembra ingenerare
rispetto
alla

uno scetticismo ben


di

giustificato
i

simili

tentativi.

Di fatto

poemi omerici
sacri in cui
si

erano

libri tradizionali,

ma non

libri

potesse solo chiosare e non

alterare ci che

era tra-

mandato.
son
fatti

perci
le

tentativi analoghi a quelli

che

si
il

con

edizioni

policrome del Pentateuco,

cui presupposto la intangibilit del sacro

testo pei

suoi redattori,
raccogliere altri

son destinati ormai per


.sufii-agi

Omero
si

non

che quelli di chi vi

accinge.

D'altra parte lo studio sempre ino. approfondito della

poesia in generale e della poesia primitiva in particolare

ha dimostrato che molte apparenti contraddizioni


nell'epopea

o raddoppiamenti

possono

spiegarsi con
dalle opere

quella iiTazionalit che


d'arte
;

non

si

scompagna
pi

che un oggetto o un concetto pi arcaico pu


recenti del-

apparire, e appare talora, nei carmi

l'epopea, senza che vi siano interpolazioni n rimanipolazioni, prescindendo dalle ragioni allegate pi sopra,!

anche per

la

ragione gravissima che profonda radice


d' altre et

hanno

le

sopravvivenze

nella

coscienza:
I

umana.

Com' naturale,

l'

aflfermazione

di

questi

principi
il

ha indotto coloro che ne hanno riconosciuto ad esagerarlo. Cos senza dubbio esagera
il

vakirf
p'

di

non

Bral rispetto

al

convenzionalismo nella epopea

(1)

fi)

M. Bral Pour

mieiix conna'dre
alle

Homre

(Paris, Haj
puJi

'.bette).

Un

correttivo

esagerazioni

del Bral

trovarsi nel libro del


1906),
affatto
il

quale d'altra
il

Lasg Homer and his age parte esagera di non poco

(Londoil

negand<i
l'ai

che

poeta abbia consapevolmente cercato

caismo.

LE INTERPOLAZIONI DELL'ODISSEA
Certo, checch
clusioni,

101

si

pensi

dei

particolari delle sue conlui in chiara

nessuno ha messo pi di

luce

la esistenza di siffatto
gli
si

convenzionalismo.

per questo

pu agevolmente perdonare
equo verso
i

sia di

non essere

stato troppo

suoi predecessori, mentre al

voluto e consapevole

arcaismo
il

parecchi accennato (basti citare


il

d'Omero s'era gi da Wilamowitz, E. Meyer,


conin

Fraccaroli),

sia d'aver

creduto l'epopea tanto

venzionale da ascriverla ad

una et

tutto e per

tutto diversa da quella che essa dipinge, all'et di Aliatte


e di Creso.

tanto

meno dobbiamo
ben
s'

essergli severi, in

quanto
sue

egli stesso

ha additato
Infatti

la via di reagire

a tali

esagerazioni.

avveduto

il

Bral

della veracit e sincerit

profonda del sentimento mosecondo dell'Iliade


il

narchico che pervade l'epopea e che s'esprime schietto


e franco nella faiuosa sentenza del
"
:

sia

un

solo

il

signore,

un
la

solo

re

Ed ha

cos

dato egli stesso la miglior

dimostrazione

dell'essersi

formata

l'epopea

quando

monarchia sopravviveva
nessuno naturalmente

ancora nella Ionia (1): perch

vorr mai ammettere che la monarchia cui da


si

Omero

allude sia quella


il

dei

Lidi.

Come

il

Bral, esagera

certo

Fraccaroli quando cerca la soluzione generale

Era una monarchia circondata da mia nobilt poin mezzo a cui la sua autorit declinava o almeno rischiava di declinare. Questo ci che di vero vi ha ne) le osservazioni di G. Fifslek Das iomer. Konigtum Jahrbb. f. das klass. Altertum IX (1906) 313 segg. 393 segg. Ma che si trattasse di una monarchia sostanzialmente diversa da quella dell'et eroica e da paragonare all'arcontato ateniese in tutto da escludere; e non pu non osservarsi del resto che il concetto che 11 Finsler si fa della monarchia di diritto divino dell'et eroica non poco arbitrario.
(1)

tente, anzi, nell'Odissea, prepotente,

'

'

102

SAGGI OMERICI

delle difficolt che presenta l'epopea greca nella irra-

zionalit

inerente

alla

opera

d'arte.

Ma

umanain lui

mente

assai

degna

di scusa

tale

esagerazione

che nel suo eccellente volume


letteratura

su Virrasionale nella

ha

il

merito d'aver illustrato con ragioni e


critici,

con esempi verit assai a torto trascurate dai


gruenza
e razionalit

usi a pretendere dai poeti omerici quella rigida

connella
riesce

che

si

pu appena esigere
di prosa.

pi rigorosamente scientifica opera

Non
alla

a schivare la nota d'esagerazione neppure

uno
del

dei libri

pi attraenti
in questi anni

originali

che

siano
il

venuti
libro

luce

intorno a Omero,

Murray
del
nel-

sul sorgere

dell'epopea greca

(1).

La

originalit

Murray
l'altra

consiste, a dir vero,

non tanto nell'una o


nell'aver
il

congettura nuova, quanto

vigorosa-

mente ripensato

e quasi ricreato in s

meglio degli
la
si

studi recenti sull'argomento

traendone

immagine
sviluppa.

viva dell'epopea che organicamente cresce e

Or

dello studio del

Murray

grande pregio l'aver chia-

rito che l'Iliade e l'Odissea


libri tradizionali;

debbono considerarsi come


dovrebbe
egli

ma non

da ci trarre

argomento per cercarvi

notizie fantastiche sulle guerre


si col-

e le migrazioni di trib a' cui carmi epici esse

legano. Fantasie non proprie del resto del solo Murray,


|

innanzi alle quali vien fatto di dubitare se per avven{

tura non
il

siasi in

Inghilterra dimenticato

un po'

'

ti'Oppo

vecchio Grote.

Di

tutti peraltro gli scritti

recentissimi su Omero,

quello con cui

metodi

e al

mi trovo meno d'accordo pei criteri e pt^ tempo stesso uno di quelli che pi meritano
^

lode di seriet, accuratezza, compiutezza e precisione


il

libro

in

cui

il

compianto Blass difende

la tesi

(1)

(i.

Murray The

rise of the

Greek epic {Oxiox 1901

LE INTERPOLAZION'I DELL'ODISSEA

103

della unit dell'Odissea sostenendo che basta a vincere

ogni obiezione

il

riconoscervi un certo

numero

d'in-

terpolazioni di cui cerca esattamente d'indicare la mi-

sura

(1).

Ma

il

coraggioso

poderoso

tentativo del

Biase torner a danno della tesi unitaria che egli sostenne con tanto vigore se
vien fatto
di

dimostrare

che

le

interpolazioni da lui

ammesse non

solo

non
le

tol-

gono quasi mai,

ma non
di

di rado

accrescono

diffi-

colt d'ogni maniera che presenta l'Odissea. Tale

di-

mostrazione cercher

dare

brevemente
il

pel

libro

primo

nelle pagine che seguono,

cui scopo, sar bene

notarlo a scanso di equivoci, non punto quello d'aprir

nuove vie
ostante

allo studio dell'Odissea,

ma

solo quello

monon-

destissimo di mostrare
i

come

la

critica unitaria,

nuovi perfezionamenti metodici,


i

del tutto
si

inabile a risolvere

problemi intorno a cui


il

provail

rono con assai miglior successo


Blass difende

Kirchliofif e

lamowitz. Nessuno, credo, vorr darmi biasimo


il
il

se,

Wicome

primo

libro

con

le

armi gi usate
Diintzer, che

in
le

buona parte

dal Diintzer (2), cos io dovr richiamare


il il il

argomentazioni gi addotte contro

Blass parmi non apprezzare secondo

loro valore.
in-

Per cominciare dalla introduzione del poema,


discorso di Zeus agli di:

negabile la somiglianza dei versi 28-31 che precedono


il

Ed ecco

a loro parl de gli iddii e de gli uomini


il

il

padre

Ch'avea rivolto
Cui trucidava
il

pensiero a l'incolpevole Egisto

lunga glorioso figliuol de l'Atride.


si fea,

Lui rimembrando, a dire tra gl'Immortali

(1) (2)

Die

Inte)'2)olatioiien in

der Odyssee (Halle 1904).

V. in particolare
ersten

Zum
p.
1

primo libro il suo articolo Buche der Odyssee nel 'Philologus' XLIX (1890)
pel

segg. 213 segg.

104
coi versi

SAGGI (IMEEICI

187 segg. del libro quarto:


rivolto
il

Che aveva

pensiero a l'incolpevole Antiloco


l'inclito figlio:
si

Cui de l'Aurora fulgente uccideva

Lui rimembrando, a dire alate parole

fea.

Solo quel

die

al

libro
il

quarto detto benissimo a


cui ricordo dolce e triste vive

proposito d'Antiloco,

nell'animo del vecchio Nestore, assai inopportunamente


applicato qui a proposito d'Egisto.
infatti

Zeus non poteva

ricordarlo
nel

(|u|uuuv)

come incolpevole o h-reprensibile momento stesso in cui si preparava a dire


eflFetto

che solo per


Sulle

delle

proprie

colpe

era

perito.

interpretazioni

forzate
"

che

antichi e

moderni

hanno qui dato


luogo
di
si

all'epiteto

irreprensibile

non

il

insistere; perch ricorrere

ad una spiegazione

forzata
plice,

e del

arbitraria

quando non ve ne sia una semstesso Blass abbandona quella esegesi alla sua sorte. Ma non molto pi pu
solo resto
lo
la

accettabile
sibile

sua proposta di sostituire ad

"

irrepren(vaXKiq),

un epiteto non laudativo, p. es. vile supponendo che il testo da un correttore o

interpola-

tore sia stato inopportunamente alterato di sul libro IV.

Non

certo inaudito, bench

non

sia in

generale da

ammettere senza molta cautela, che una lezione poco


conveniente abbia soppiantato in

Omero

la

buona non
appro-

lasciandone traccia. Senonch pur la menzione del ricordo


vivo

nell'anima

(iuvriaaTO

Kar Guiuv)

assai

priata al padre che

non pu dimenticare il figliuolo, mentre ben poco acconcia al caso di Zeus che ricorda il colpevole Egisto; e ad ogni modo, bene o male che stia nel suo contesto del primo libro, sta anche men bene se vi si fa seguire un epiteto di biasimo in
luogo d'un epiteto laudativo.

anche

il

pensiero che

Zeus afferma nei


salvezza

versi
si

seguenti

d'aver avuto della


quella conget-

d'Egisto, mal

concilia con

LE INTERPOLAZIONI DELL'oDISSEA

105
lasciati

iUi'a.

Dunque
sono
;

versi citati del libro I

vanno

j[uali

e quali

sono rappresentano una copia diche stanno assai bene a lor luogo
s'

fettosa di tre versi


lel libro

IV.

potr dirsi che uno stesso poeta

servito ;he in

due volte

delle stesse espressioni, senza badare


nell'altro no.
si

un caso erano appropriate,


spiegazione, che

Poich
di
es-

juesta

correrebbe se

trattasse
di

caso isolato,
in

spiega in realt

meno

nulla
versi

sendovi

copia nel
situazione e

primo
si

dell'

Odissea

che

["alsano la

trovano invece al loro posto

iltrove.

Tale appunto

il

caso d'un verso inserito non molto


di
far
:

iopo. Se gli di son d'avviso


in

tornare

Ulisse

patria, dice

Atena

(v.

84 segg.)

Ermete ors dunque,

il

prestissimo Argifonte,

Spicchiamo subito a l'isola Ogigia, s che al pi tosto Dica a la Ninfa che vaghe ha le treccie il fermo decreto, Del paziente Ulisse il ritorno come succeda .

Si

confronti

questo

passo

coi

versi

29

segg.

del

libro

V. Qui Giove ordina ad Hermes:

"

Ermete,

poi che di nunzio in ogni vicenda hai l'uf[ficio.

Dinne a

la ninfa che

vaghe ha
il

le treccie

Del paziente Ulisse

i-itorno,

fermo decreto, come succeda


il

Senza che un dio

lo guidi

ne de' mortali alcuno:

Ma

travagliando su zatta con molte ritorte connessa

Giugner potr

col giorno vigesmo la fertile Scheria, La terra de' Feaci agli di di stirpe vicini, Che di gran cor s come a un dio farannogli onore E l'addurran per nave al dolce suolo natio .

E ci modo

sta
si

benissimo

viene infatti

spiegato in

qual

debba provvedere

al ritorno di Ulisse:

mani-

106

sa(;gi

omerici

testare alla dea la ferma volont dei celesti che Ulisse


rtorni conta
essi
"

poco

se
sia

non

le

s'indica in qual guisa


alla

intendono che
il

avviato

patria;

invece

il

come succeda
libro,

suo

ritorno

(uj; xe vrirai)

nel

primo

senza nulla che specifichi appunto la ma-

niera di questo ritorno, rimane interrotto e

non d un
pu, elimi-

senso soddisfacente.

Ma
il

toglierlo

non
al

si

nando
torno,

col Blass tutto

verso, perch bisogna che nel

discorso di Atena vi sia


il

un accenno

modo

del ri-

quale

naturalmente, da

un'isola lontana da.

ogni

terra e senza altri abitanti che la dea e le

sue

ancelle,

non poteva essere che miracoloso.

E
il

tuttavia

questo cenno, indispensabile,

dato in maniera che pu


letto

capirne qualcosa solo chi abbia gi

libro V.

Dunque anche
il

qui

l'originale
il

non
del

nel primo,

ma

nel quinto libro, donde

j^oeta

primo ha

tolto

troppo in lungo, in

per non andare sommario ed imperfetto. E procediamo. Atena, dopo aver detto come e perch
celeste,

mandato

riassumendolo,
assai

modo

intenda di recarsi in Itaca presso Telemaco,


a lasciare l'Olimpo (v.

si

appresta

96 segg.):

Disse e celere avvinse al piede

sandali vaghi,

Immortali, d'or, che la sospingean su per l'onde

E E

su la terra infinita a gara col soffio de' venti


strinse in

pugno l'asta possente, aguzza di bronzo. Grave, immensa, massiccia, onde irata rovescia gli eroi A schiere, dessa, la figlia di genitore tremendo
;

Indi rattissima gii da la vetta d'Olimpo discese.

Di
(v.

questi

versi

tre

primi

son

presi

dal libro

44-46);
di

ma
di

nel quinto son tanto a posto


di cui

trattan-

dosi

Hermes

erano

famosi

calzari alati,

quanto fuor

luogo nel primo a proposito d'Atena

a cui non son

mai

attribuiti

siffatti

calzari.

I versi

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSEA
sull'asta

107

d'Atena poi ricoiTono due volte nell'Iliade

(1),

e anch'essi

sono pienamente a posto dove Atena muove

verso

il

campo

terribile lancia

sembianze di

ma non qui dove la sua non serve a nulla, e la dea, prese le Mente, non pu portare che una lancia
di battaglia,
di

simile a quella di tutti gli altri mortali, e appoggiarla

prosaicamente ad una colonna della casa

Ulisse,

come avrebbe
fin

fatto
si

un

altro

ospite

qualsiasi. Perci

dall'antichit
(vv.

supposto che

vi fosse

una

intersi

polazione

97-101);

ma

in

questa ipotesi non

cansa una difficolt che per incappare in una pi grave.

si

singolare

come

sia

sfuggito a tanti

filologi

che la

toeletta d'Atena

per

scendere dal cielo alla terra, se

riduce a mettersi dei calzari, e calzari simili a quelli


tutti
gli
altri,

di

diviene, a dir poco, incomparabil-

mente
cio

ridicola.

chiaro che

esser qui menzionati se


il

i calzari non potevano non per qualche ragione: che

poeta ne ha fatto parola perch ha voluto ap-

plicare ad Atena, e sia pure


versi che celebravano
i

poco opportunamente,
alati di

calzari

Hermes.

si

capisce ora perch abbia


lancia, che poi

menzionato subito dopo


a
nulla. Egli

la

non serve pi
i

non ha
e

avuto

il

cattivo gusto di applicare


versi

puramente
si

semsi

plicemente ad Atena

dove

descrive

come

ponesse in assetto Mercurio: capiva troppo bene che


per Atena
lui,

ci

voleva qualcos'altro

e se

non

lo capiva

glielo avrebbero fatto capire le risate de' suoi udi-

non si poteva far un messaggero celeste


tori:

partire

qualsiasi

Atena dall'Olimpo come e allora egli ha do;

vuto pescare nel vecchio armamentario epico

la

teni-

a 99 9 390 seg. (1) a 100 seg. -= E 746 seg. un verso formale che ricorre pi volte in Omero: o 551. y 127. K 135. E 12. 482.

108
bile lancia

SAGGI OMERICI
della dea. Questa,
alla

vero, occorreva
il

solo

per dare

dipartita

d'Atena
:

debito
il

decoro, e
trattala

poi non serviva pi a nulla


fuori

sicch

poeta

quando ne ha d'uopo, l'ha tacitamente riposta nel vecchio armamentario epico, donde l'aveva tolta, appena non ne aveva pi bisogno. Da ci si trae che quando il primo libro dell' Odissea fu composto, gi era tradizionale il motivo della lancia con cui Atena

doma
versi

le

schiere
e

degli
ci
si
i

uomini, e gi

belli e fatti

100-101,

importa

poco

al

caso

nostro,
;

perch quei versi

trovano nel libro

dell' Iliade

importa per che


libro

versi sui calzari

son desunti

dal

dell'Odissea, dove son tanto a posto

quanto

stanno qui fuori di luogo.


libro del

Ed abbiamo

cos nel

primo

poema

gi due esempi di versi che son de-

sunti con poco senso d'opportunit dal quinto.

Un

caso simile

si

riscontra poco pi oltre. Telemaco

interroga con queste parole Atena che gli sta accanto


sotto le forme di
"

Mente

(v.

169-173):
il

Ma

via,

questo mi narra e secondo

vero disegna:
i

Chi, di qual gente tu sei? dove son tua cittade e


Di' su qual

parenti?

nave giungesti: ad Itaca


al certo

naviganti
venisti.

Come

t'addusser? di chi solean vantarsi progenie?

Poi che pedone

non credo che a noi tu


tenuto

Le domande
seguenti,
si

di

Telemaco,

conto

dei

versi

riducono in sostanza a tre: chi sei? come

e pei'ch vieni? sei tu

nuovo ospite o gi
anzi

ospite pa-

terno?

a tutte e tre risponde


;

partitamente e ordialle

natamente Atena
(180-186):
*

e cos

tutto

due prime

Mente, de l'esperto Anchialo nato mi vanto Figlio, ed impero ai Taf di remigare vaghi. Or qua ne venni a proda con la mia nave e gli amici Solcando l'onda bruna vr gente d'altra favella.

LE INTERPOLAZIONI DELL'ODISSEA

109

A Temesa
L

per bronzo,

e v'arreco fulgido ferro.

Sta qui la nave in su l'ancora ai campi, lontana a la gente,


nel seno di Ritro sotto
il

Neio selvoso

Perci

sopprimere

versi

171-173 col Blass non


lib.

si

pu. Vero

che son detti pi acconciamente al


a Ulisse vestito di cenci

XIV

da

Eumeo

che

non qui da
doveva
la in-

Telemaco a un

visitatore di nobile aspetto che


;

supporsi venuto su nave propria (1)

ed anche

genuamente scherzosa espressione del v. 173 assai pi a posto in un dialogo tra un porcaio e uno straccione che non in un discorso tra due principi (2). Ma
la

corrispondenza tra

la

domanda
si

e la risposta

mostra
dal

chiaro che quei versi

non

possono

stralciai'e

contesto e debbono ritenersi

una copia non

bella di

versi che altrove stanno bene. Nella citata risposta di

Mente, poi, non pu dimostrarsi a rigore,


sumibile che siano autentici
che se
il
i

ma

pre-

versi 185-186, tanto pi

primo si trova anche altrove, il secondo non si vede bene perch un interpolatore lo avrebbe composto, inventando un j)orto che non pi menzionato e ricordando un monte che pare fosse realmente ad Itaca (3), ma che non detto fosse
nuovo,
e

troppo noto agli aedi. Certo

per che
del
lib.

il

verso
(v.

185,

mentre sta benissimo


dove
ditata
la

in

un passo

XXIV
la

308)

supposta nave
vicina

vicina, qui

dove

nave ad-

come

{r\be)

deve

supporsi in realt ben

lontana presenta non poche difficolt all'esegeta, e in

(1) 2
(2)

188-190. Cfr.

TT

57-59.

Assai giustamente gli scoli annotano, seguendo Ari-

starco: oKeioxpax;
Tiaiv
(3)

xaOxa

utt Eiuaiou

v Xtowto' i Iv

oK

flppovTO.

T 81 (TTOvnioc;).

110
sostanza deve
serito

SAGGI OMERICI
ritenersi che
il

il

poeta che ve

lo

ha

in-

ne abbia frainteso

significato (1).

Meno

agevole giudicare dei versi 234-241, in cui


il

Telemaco esprime a Mente


parsa del padre
"
:

suo dolore per

la

scom-

Altro consiglio infesti or macchinavan gl'iddii.

Che

le vestigia di lui

disperdean qual di ninno giammai


la terra de' Troi

Tra' mortali: che tanto dolor non avrei di sua morte


S'egli fra' suoi

compagni perla ne

in braccio a' cari, cessato alfin de la

pugna

il

travaglio.

Avriano a lui costrutto un tumulo i Panachei, Avria donato al figlio gran fama ne' giorni venturi Or senza gloria le Arpie il fean dileguar su per l'etra
:

Qui il facile consolarsi morto sotto Troia per


bello, espresso in

di

Telemaco

se

Ulisse fosse

l'eredit di gloria che

avrebbe

lasciato al figlio, cio a lui stesso, oltrech

non molto
in

modo

alquanto

singolare. Benis-

simo invece sta questo discorso nel libro


al

XIV

bocca

Eumeo, il quale ha ben ragione di dire che se Ulisse non fosse stato in odio agli di, gli avrebbero concesso sotto Troia una morte in guerra e una tomba
fido

onorata, talch
gloria
(2).

avrebbe lasciato
vai la pena di

al

figlio

eredit
i

di

Non

combattere

critici di

il

anche assai inopportuno, come tace il Blass e nota Kammer Die Einheit der Odtjssee p. 268, che di Laerte e del suo modo di vivere al presente discorra Mente anMente il quale se sapeva di Laerte e zich Telemaco de' suoi crucci non poteva ignorare neppure delle dila(1)
:

pidazioni dei Proci.


perci col
188-193,
difetti
(2)
i

Ma

del tutto arbitrario pensare


i

Kammer
quali

ad espungere anche

versi seguenti
e nei

non son per nulla diversi nei pregi dalla media dei versi di a.

a 239-241

369-371.

LE INTERPOLAZIONI DELL'ODISSEA
cattivo gusto che

111

espungono quei
e

versi dal libro

XIV
con

dove stanno tanto bene;

diremo senz'altro che, com-

posti per la cicalata d'Euraeo, sono stati inseriti

poco senso d'opportunit nel primo libro. Qui peraltro

non

si

tratta

gi

d'interpolazione; infatti indispen-

sabile al contesto

che
si

sia

spiegato in qualche

perch Telemaco

sarebbe addolorato
s'afiB.iggesse

modo meno per la


in-

morte del padre che non


parsa; altrimenti
il

per la sua scom-

pensiero

rimarrebbe oscuro e

compiuto.
gloria
"

E pu

allegarsi a

conferma che

il

"

senza
la

(KXeix;) del v.

241 richiama senza dubbio

gran fama

(nya KXoq) del v. 240.

Non

cosi chiare

son le cose pel v. 238. Esso ricorre


nel

anche nel IV e

XIV

libro.

Nel IV
al

(v.

490)

in

bocca a Menelao

quando chiede
tizia

vecchio marino Proteo se abbia no-

d'eroi greci che siano periti in


"

mare o dopo
amici
,
:

il

ri-

torno da Troia
il

tra le braccia degli

qui

verso perfettamente a posto, anzi pel lettore che

sa la fine

d'Agamennone
il

pi-ende

un

significato

pre-

gnante e tragico. Nel

XIV

invece

quel

verso (368)

interrompe
sere,

contesto e non ha alcuna ragione d'es-

sicch pare che vi sia stato introdotto per inter-

polazione.

Ma, lasciando da parte questo punto che


la

non importa per

il

questione che

ci

preoccupa, certo

che anche nel piimo libro quel verso inopportuno,

tumulo innalzato dai Panachei

di cui parola piti

oltre

non potendo

riferirsi

che al caso accennato poco

prima, che Ulisse cio fosse morto sotto Troia.

Eppure

questa parentesi poco felice indispensabile al senso,

perch

il

concetto fondamentale del discorso di Telegli

maco

che la morte del padi-e


il

sarebbe dispiaciuta

meno

della scomparsa, e

v.

237, se non era seguito

dall'altro,

tazione che

avrebbe portato a quella sentenza una limiconcettualmente non ha ragione di essere.


il

In conclusione

poeta del primo libro ha qui cucito

112

SAGGI OMERICI

non molto felicemente un verso del IV e tre del XIV, nessuno dei quali pu togliersi senza danno del senso. Poco di poi, per far coraggio a Telemaco, Mente
,

gli

parla in questo
!

modo

di Ulisse (v.

255-266)

"Oh

s'or qui de la sala in sul limitare primo S'ergesse, d'elmo coperto e di scudo e due lancie impu-

[gnaudo,

Tal nel sembiante apparendo qual io lo scorsi da prima Ne la nostra dimora assiso tra coppe e vivande,
Allor che fea ritorno d'Efira, dal Mermeride Ilo Ch'erasi pur l recato su legno veloce Ulisse

D'omicidi farmachi in cerca, ond'egli potesse Apprestarne intrise le bronzee saette ma quegli,
:

Del divino corruccio sgomento, a lui rifiutoUi, Ma il padre mio, che troppo l'amava, glie n'era cortese Se a' Proci si mescesse or tal nel sembiante Ulisse, Brevi sarian lor d, funeste ne foran le nozze ,.

Ora dardi avvelenati non sono menzionati mai presso Omero, ed avvelenamenti una volta sola nel lib. II,
dove
si
il

dice che Efira

abbonda

di veleni, e

Proci espri-

timore che Telemaco vada col a fornirsene mono (328-330) (1). E par chiaro che chi compose i versi

260-264 aveva presente quel tratto del libro secondo. Infatti l molto opportuna la menzione d'Efira, qui introdotta quasi per pura mostra d'erudizione.

L
ove

peraltro

s'alludeva

a una

pingue

terra

lontana

abbondano piante velenose, come qui alla vicina Efira tesprotica. Checch ne sia, non si possono qui eliminare come interpolati (2) per due ragioni. L'una

non probabilmente
versi

cbj

come

nella Bibbia, cosi in

Omero

passi apparente'

(1) Cfr.
(2)

per anche 229 seg.

741.
p.
6ij

Con La Roche ed Hennings Homers Odyssee

LE INTERPOLAZIONI DELL'oDISSEA

113
inter-

mente pi scabrosi in generale non sono punto


polati,

ma

al

contrario

sono

quelli

sopravvissuti al

processo

d'espurgazione.

qualche traccia che nelfrequente


l'uso

l'epopea pi antica ricorresse la menzione di dardi avvelenati


di

non manca. (si sa quanto


i

sia

armi avvelenate presso

popoli primitivi), e ne ha

messo varie in luce il Murray, che con molto acume, se pur talora con soverchia sottigliezza, ha rintracciato
nei carmi omerici le vestigia di questa lenta espurga-

zione cui
condaria_,

alludemmo

(1).

poi v' una, sia pur seIl

ragione formale.
collega assai bene

verso

sulla

sorte

dei

Proci
i

si

con quello che precede:


li

Proci perirebbero se l'eroe


coi

affrontasse (niXfiaeiev)

men bene
riprende
il

vv. 255-6

secondo

cui

perirebbero se
il

Ulisse stesse (axairi) sulla porta. In sostanza

v.

265
al-

concetto

del

256,
si

ma

modificandolo
all'

quanto in

modo

che meglio

adatti

apodosi che
di-

realmente segue: ed

artifizio

opportuno, che la

gressione appunto sul viaggio di Ulisse permette dis-

simulandolo.

Detto del viaggio d'Ulisse ad Efira, continua Mente

suggerendo
spetto alla

a Telemaco come debba comportarsi rimadre ed ai Proci ed esortandolo a par-

tire alla ricerca del


"

padre
si

(v.

267-278):

Ma

degli di nel

grembo

stanno codeste vicende,

S'egli al ritorno

vendetta esiga, o inulto rimanga,

Ne le sue case; ma te a rivolger ne l'animo invito Come pervenga i Proci a ricacciar dal palagio. A mie parole or la mente tu porgi e in cor le scolpisci.
Dimani, a parlamento adunati gl'intrepidi Achei,
Il

tuo pensiero a tutti divisa, e t'assistano

Numi

A' Proci che a le lor proprie

magioni disperdansi impera,

(1)

The

rise of the

Greek epic

p.

120 seg.

G.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

114

SAGGI oMEraci
poi, se l'alma desio di nozze le

La madre

pmige,

'

A
E

dietro torni a le case del padre da l'ampie dovizie:

quei daran lor cure a l'imene e in gran copia presenti


si

Appresterau, qual

dee ne

le

nozze di
di

figlia diletta,.

E ben
maco

nota

la
Il

critica

che

questo

luogo

fa

il

Kirchhofif (1).
che
i

presupposto della partenza di Teleil

Proci non abbiano ascoltato

suo

in-

timo; e questo, bene o male, pu rimanere sottinteso.

Ma

il

mandare Penelope

nella

casa

del

padre, dove

potr liberamente sposare chi vuole, in contraddizione con ci che segue


:

se

Telemaco

crede ancora

Ulisse in vita e va alla sua ricerca,


la

non conviene che


anche qui
il

madre
del

sposi

un

altro nell'intervallo; e

nesso

discorso

richiede

di

sottintendere

che la

madre non vorr saperne

di lasciare la casa dell'eroe.

Ma

tal sottinteso
i

estremamente duro,
;

per di

pii

rende superflui

versi sui doni nuziali

e del resto lo la madi-e

stesso consiglio dato a

Telemaco d'invitare
secondo
alla

ad allontanarsi di casa non par del tutto conveniente.


Certo
parola,

e,

che

di

ci

nel libro

egli

non

fa

con molto maggior riguardo


ed umana,
la

convenienza

artistica

proposta di rimandar Penelope


lei vi

alla casa del

padre di

messa innanzi da Eurie


all'
i

maco, uno dei Proci


di dotare

(v.

195);

due versi che

se-

guono, mentre alludono col


convenientemente
o,

obbligo dei genitori qui o non


testo,

la

figliuola,
al

hanno

significato

facendo
i

violenza

sono

impiegati nel senso che

Proci

do^Tanno

con ricchi

doni guadagnarsi

la

mano
il

della sposa.
,

Son codeste
questi versi,
li

difficolt
il

gravi e innegabili

provano
al libro I

all'evidenza che

poeta

quale ha mserito

ha malamente

ricopiati, fraintendendo la

(Il

Dii-

homerische Odyssee'-

p.

239

^es^g.

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSBA
situazione, dal libro II.
agevole:
i

115
il

Senonch pelBlass

rimedio

versi d'interpretazione cosi ardua sono in-

terpolati;

il

consiglio di

Mente pel poeta era semplice-

mente quello di parlare agli Achei raccolti in assemblea chiamando gli di a testimoni e poi di prendere una
nave
e

andare in cerca di Ulisse

ed un interpolatore,

volendo a torto che Mente spiegasse ci che agli Achei

doveva dir Telemaco, ha inserito nel suo discorso a

tal

uopo alcuni
guente.

versi
il

desunti a sproposito dal libro se-

Ma

rimedio del Blass peggiore del male, e

l'interpolatore avrebbe avuto in questo caso mille ra-

gioni contro

il

poeta.

Che cosa avesse a chiedere TeSe scopo di

lemaco agli Achei assembrati doveva essere spiegato


per Telemaco e anche pi pel lettore.
tutto
il

libro I

di

preparare e giustificare la cone


il

vocazione dell'assemblea
sono
il

viaggio di Telemaco, che


il

tema

dei libri seguenti,

senso

comune

e la

convenienza poetica
che
si

rendono del pari indispensabile


ad essa

spieghi perch quest'assemblea dev'essere cone


il il

vocata
sperare

che cosa

pu chiedere o da essa

giovane eroe. Assai pi degno di biasimo


poeta per aver mancato del tutto al dovere

sarebbe
di

dar questa spiegazione che non per averne fornita


insufficiente e oscura.

una

si

alleghi

che Mente

nel suo discorso con

Telemaco potrebbe essersi espresso con la stessa concisione con cui Atena sul principio del libro espone a Zeus quali consigli vuol dare a Telemaco (v. 88-92):
"

Io a

mia volta andronne vr


parlamento raccolti
gli

Itaca, per che

il

suo nato
petto

Vie pi che dianzi


Cli'a

gl'inciti, e l'ardire gli stilli nel

Achei dal capo chiomato Ai Proci tutti sua mente appalesi, che sempre gli vanno Spesse greggie sgozzando e buoi strascica-a-tondo i
[piedi
,.

Non

v'

dubbio

che

questa concisione

nel

discorso

116

SAGGI OMERICI

d'Atena a Zeus giustificata


tutto bastava

per gli di

che sanno

un cenno;

gli

ascoltatori potevano
essi

appagarsene del paii poich doveva venire (ed


lo

non

ignoravano) una spiegazione


discorso
il

pii

lunga

compiuta
conve-

nel

di

Atena a
poco

Telemaco.
di poi

Ed

era

niente che

poeta fosse qui pi conciso appunto per


ripetere
la stessa cosa

non avere a
l'Odissea
si

con

gli stessi particolari: in ci anzi il

poeta del primo del-

dimostra sui^eriore a quello del secondo

deiriliade, che

abbonda

di oziose e tediose ripetizioni

di tal fatta a proposito del

sogno
il

di

Agamennone

(1).

Ma

poi

per conciso che

sia

passo citato del con-

siglio degli di, esso tale

che per l'ascoltatore non


deir-rroeiTTijev

ignaro della situazione riesce, in forza

che

v'
il

usato

meno oscuro
per

del

discorso

di

Mente

dove

uOGov qppdZeiv chiama, a cos dire, un commento.

N
il

gioverebbe

diminuire
i

l'oscurit

conservare
dal

V.

274 eliminando

seguenti:

che

il

discorso

lato formale diverrebbe


d' equilibrio

zoppo
;

perderebbe egualmente

e di concinnit

e rimarrebbe

sempre

la

difficolt

non

lieve che

il

presupposto di ci che segue,


i

ossia

il

niun conto

in

cui

Proci teiTanno l'intimo,

se anche non si volessero menar buone contro l'interpolazione tutte le ragioni addotte, gravissima mi par questa che una interpolazione non pu e non deve supporsi senza ragione sufficiente. Or quando d'essa non vi sia alcun indizio

dovrebbe esser sottinteso.

Ma

negli scoliasti e nei manoscritti (ve ne sarebbe al pi

uno, e insufficiente, pel solo

v.

278),

quando
si

imita-

zioni infelici d'altri passi dei libri seguenti

trovimi
inter-

anche in luoghi certamente o probabilmente non


viene a mancare.

polati del libro primo, la richiesta ragione sufficieni

(1)

11-15. 23-33. 60-70.

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSEA

117
afGncli,
l

Segue poi Mente


recatosi a Sparta

consigliando

Telemaco

andato con una nave di yenti rematori a Pilo e di


per
,

chieder

contezza del padre, se

sapr che vivo

lo attenda
,

ancora un anno
Proci

se

ne

apprender
mariti la

la

morte, torni
e

gli

prepari un cenotafio
i

madre

cacci di casa

con

la forza

o con r inganno
"

(v.

279-296)

te poi savio inspirar vo'

un disegno,

se a

me

t'affidi:

Di venti remiganti un ottimo legno fornito, Vanne a scrutar del padre da lunge assente novelle,
le dica, o se un grido n'ascolti Che vien da Zeus, e precipuo nunzio tra gli uomini vola. A Pilo in prima ti volgi, e Nestor divino richiedi. Indi a Sparta, a le case del biondo Menelao Ch'ultimo questi riedea de gli Achei da la bronzea lorica. Ove del padre tu apprenda che vive e al ritorno s'ap-

Se de' mortali alcun te

[presta.

Ben che stremato

dal duol di soffrir pure

un anno com[porta
:

Ma

se

de la sua morte

ti

giunga verace novella,


estremo onor generoso madre di sposo provvedi:

Ratto riedendo allora


Ei-gigli
Siigli,

al dolce suolo natio

un tumulo
qual
si

e d'ogni

conviene, e la

Ma

poi che questo alfine avrai a termine addotto,


e

Dentro del petto

de l'animo imprendi a volgere allora

Come ne

le

tue case de' Proci lo scempio procuri


.

con l'inganno o con la forza del braccio

A un

dipresso

con

le

stesse

parole

si

esprime Te-

lemaco nel secondo libro dinanzi all'assemblea d'Itaca


(212-223).

E pu
in

dirsi

che,

fatta

eccezione per

un

solo verso, son parole che stanno

bene tanto in bocca


appropriato nel
(v.

Mente quanto

bocca a Telemaco. Si potrebbe os


piti

servare

che r ottativo xXairiv


(v.

secondo caso

219), mentre

nel primo
;

288)

si

aspetterebbe piuttosto l'imperativo

ma

argomento

118
di

SAGGI OMEKICI

non molto conto.

di

argomenti addotti per


l'originale

dimostrare

maggior conto son gli che dei due passi

quello del libro primo. Cos il Blass osserva che nel secondo libro Telemaco avrebbe fatto

bene a esser pi conciso;


tivo, se egli
il

ma non

se

ne vede
ai

il

moProci

per

l'appunto per

doveva togliere

macchinare ciualcosa ai loro danni poich lasciando cadere le sue prime proposte, voleva che non si opponessero alla sua risospetto che
;

andasse

chiesta d'avere dagli Itacesi

una nave. Inoltre

al libro II

Telemaco dice di voler andare a Sparta ed a Pilo per vedere se gli riesca d'aver da alcuno dei mortali
qualche
notizia

del

padre:

male, secondo

il

Blass,

poich egli doveva menzionare non alcuno dei mortali in genere, ma Nestore o Menelao: argomento, come
si

vede, del tutto subiettivo.

Il

fatto per che nel

secondo libro la domanda di Telemaco ben motivata. Respinta dai Proci la sua richiesta di lasciarlo tranquillo possessore dei beni paterni, respinta da lui la
richiesta dei Proci di

rimandare

la

madre

alla casa dei

parenti perch la dotino riccamente propone una nuova soluzione pi conciliativa

e la maritino, egli
:

lo si

padre: lasci cio andare con una nave alla ricerca del pi di ancora tarda padre il se dopo il suo ritorno

un anno o

se egli

ha notizia sicura

della sua morte,

allora conforme

al desiderio dei Proci,


i

butato ad Ulisse

dopo aver trisupremi onori, provvedere a dar

marito

alla

madre.
del viaggio assai

La proposta
primo

menbene motivata

nel

libro, dove non detto che i ogni altro patto e dove lo stesso Telemaco, non uno dei paProci, propone di rimandare la madre alla casa dei
di; renti perch possa liberamente rimaritarsi. Ma v' Mente far di consiglia gli come pi. Maritata la madre,

Proci rifiuteranno

al V.

292,

Proci dovranno naturalmente cessare di farle

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSEA
la

119

molesta loro corte

e se

Mente suppone che anche


i

allora essi vogliano continuare

loro banchetti nella


,

casa

d'

Ulisse

dilapidando
presumibile,

beni dell'eroe

il

che ne

tutt'altro

che

converrebbe

che

fa-

cesse informato

Telemaco non meno degli


della

ascoltatori.

Invece
mette,

il

verso corrispondente in cui Telemaco pro-

risaputo
offre

morte

d' Ulisse,

d'accasare la
II,

madre non
doveva

alcuna

difficolt

al libro
,

dove

appunto, conforme
confidare

al discorso

d'Eurimaco

Telemaco
dei Proci

che

la

"

gara funesta

sarebbe cessata, com'era naturale che cessasse, quando


egli si fosse risoluto di dar la
vero,
il

madre a marito.
(v.

C',

facile

rimedio di ricorrere anche qui


se

all'in-

terpolatore.

Ma

tutto

il

brano

280-292), pur

essendo indisiDensabile al contesto, imitato dal libro


secondo, se la commessura con ci che precede infelicissima,

davvero arbitrario supporre una interpo-

lazione

(v.

292) per render

meno difettoso

il

nesso con ci

che segue.

si

aggiunga che
al

la frase solenne del verso

293

con cui

si

accenna

pieno compimento che debbono

aver le cose indicate nei versi antecedenti, prima che

Telemaco
plici

si

accinga
si

alla

vendetta, s'intende

assai

meglio se vi

allude a qualcosa di pi che alle semil

onoranze funebri pel padre, e

v.

a evitar la

immediata ripetizione

dell' nr\v del v.

292 serve anche 293

dopo
sulla

r^TTeiTa del 290.


la dipartita di
il

Dopo

Mente, intanto che Femio canta


ritorno degli Achei, scende
il

cetra

lagrimoso

Penelope a pregarlo

che non rinnuovi

suo dolore,
la invita

ricordandole lo sposo perduto.

Di riscontro

Telemaco

calmarsi e a lasciar che canti a suo ta-

lento l'aedo (v. 353-359):


"

Ed

a te

il

core e l'alma sostengan d'udir la canzone


solo Ulisse

Che non

il

perdeva

il

d del ritorno

Troia; altri e ben molti vi trovaron la morte.

120

SAGGI OMERICI
la

tua casa or vanne e


e

a'

tuoi lavori intendi,

comanda a le ancelle che ratta Yolgan la mano a l'opra. De gli uomini tutti fia cura 11 favellare, e mia in prima; che mio ne la casa FirnAl telaio, a la rocca,
[pero
..

Son
spetti

questi

ultimi

versi

infelicissimi;

ed concetto

ridicolo ancor pi che solo


agli

disumano quello che il parlare uomini, quasi che le donne greche

sempre a star mute. 'Ma, in realt non da barbarie d'animo, bens da difetto d'arte. Si tratta solo d'una pessima imitazione della famosa e bellissima apostrofe d'Ettore ad Andromaca,
fossero obbligate

esso sgorga

dove

l'eroe separandosi dalla

moglie piangente

la esorta

a occuparsi delle faccende domestiche e

lasciare agli
del resto

uomini

il

pensiero della guerra

(1).
,

solo biasimevole

questa

chiusa

E ma

non
il

anche tutto
v.

resto del brano a partire

almeno dal
dispregio,

356.
di

Ettore

ha

ogni

ragione,

consolata

Andromaca,

riman-

darla a casa;

ed

non

ma

piet che lo

induce a dirle

d'occuparsi

della spola

anzich

delle

battaglie. Invece la intemerata di Telemaco, che caccia

via la

madre
ai

e le dice di

non
,

far pi parole

il

ma

at-

tendere

lavori

donneschi

tanto
far

sconveniente

quanto

brutale.

E non
le

vale

ricorso al solito

capro espiatorio dell'interpolatore;

perch,

ammessa

una interpolazione,
fatto,

cose vanno peggio di prima. Di


(v.

segue

il

poeta

360-366)

Di meraviglia commossa ella s'era in sua casa ridotta;

Che

il

saggio verbo del

figlio

aveva ne l'alma raccolto.

a le superne dimore insiem con le ancelle salita,


lo

Piangeva Ulisse,
Dolce

sposo adorato, infino a che un sonno

le infuse sul ciglio

Atena da

l'occhio fulgente.

(1)

490-493.

\
l

LE INTERPOLAZIONI DELL'ODISSEA

121

Fean ne la sala ombrosa frattanto i Proci tumulto, Che de l'amplesso di quella pugneali tutti il desio.

'

Ora perch mai era commossa di stupore Penelope se non perch aveva ricevuto dal figlio un'apostrofe
inattesa
?

per di pi

quell'

"

in sua casa

assai

improprio perch era in sua casa Penelope e solo do-

veva tornare
l'ordine
V.

alle sue stanze, in stretta attinenza

con

altrettanto

improprio

d'

andare in casa del


che
il

356, e
se

mostra ad ogni
direttamente
o

modo

poeta

(e

non
si

importa
tato
il

indirettamente)

ha imise

sesto libro dell' Iliade (1).


il

Ma
,

poi

non

suppone interpolato anche


lasciato

v.

361

che par troppo

strettamente collegarsi col precedente per poter esser


i

da parte, conviene
dei
versi

ritenere

per

certa anche

'l'autenticit

che vi
parola

stanno

innanzi,

che

mostrano
I
i

quale

era

la

del figlio

che Peneuditala
se

lope

aveva

raccolto

nell'animo,

allorch

ne torn addietro senza pi far motto.

riconosciuta

l'autenticit del v. 361, per evitare che a

un passo

di

distanza

(v.

367)

si

ripeta inop]Dortunamente l'epiteto di

prudente
I

(ireTivuinvot;)

dato a Telemaco, conviene am-

mettere l'autenticit dei versi intermedi. Pei quali del


<

resto

pu

chi vuole supporre che

siano interpolati

ma fondamento
dubbio
i

tal

supposizione

non

v'.

Senza
a

essi ripetono

meno opportunamente un passo


dove Atena versa assai
di Penelope, perch essa

del

lib.
il

XXI

(356-358),

tempo
j

sonno sulle palpebre

deve dormire di
I

dei Proci e destarsi solo


al
j

un profondo sonno durante l'eccidio quando la scena di sangue


la discesa di

suo termine.

Ma

Penelope

per intero,

(1)

Dove, fa d'uopo appena


il

il

dirlo,

perfettamente a

posto

consiglio

che

Ettore d ad Andromaca, incon-

trata presso le

porte Scee, di tornare a casa propria.

122
e

SAGGI OMERICI
solo in questo particolare
libri

uon

imitata

sul

XXI

su

altri

dal

poeta del primo,


;

per quanto nel

tutto insieme

non male
di

egli

doveva pur presentare


n senza intuito d'arte
il

ai lettori l'eroina dell'Odissea;

ha trovato nel canto


pure
casta

Femio
del

modo

di spiegare, sia

imitando

passi
i

libro

Vili

dove Ulisse
(1),

piange ascoltando

carmi di Demodoeo
tra
i

come

la

Penelope
il

discendesse
di

Proci banchettanti.
il

Certo

modo

presentarsi di Femio,

quale

pur
gli

avendo buona

vista,

ha bisogno

di

un araldo che

rechi la cetra, ricorda troppo davvicino quello di De-

modoeo
pagna
lib.
il

che, cieco,

ha veramente necessit
la

dell' altrui

aiuto per avere nelle mani

cetra
il

con

cui accom-

suo canto

(2).
si

Parimente

desiderio dei Proci,


al

impudico quanto

vuole in presenza di Penelope

XVIII

(213), diviene,

come ben

s' avvertito, ri-

dicolo e sa d'operetta espresso clamorosamente

dopo

che Penelope uscita

(3).

se

nel

XXI

(350-353)

Telemaco
avverte

coi versi usati nel

VI

dell'Iliade

da Ettore

Penelope che dell'arco tocca a


pi

lui darsi pen-

siero, parla assai

assennatamente

che

nel

libro
alla

primo, dove la sua assennatezza consiste nel dire

madre che tocca


cere.

donne taIn sostanza questo episodio del libro primo


agli
e alle

uomini parlare

un
le

centone, e
:

ogni

pie sospinto vi s'inciampa in

difficolt

ma

arbitrario affatto cercar di


:

rimuovere
chf-

peggiori per via dell'interpolazione

tanto pi

(1)

e 83 segg. 521 segg. e 67. 261.

(2)

(H) Il

confronto di a con

mostra quanto siano vanej

per difendere quei versi le declamazioni del Kammke Die


Einheit der Odyssee p. 149.

come sovente
p. 441.

altrove

Con molta finezza giudica qui Duentzek Homer. Abhandliingen

LE INTERPOLAZIONI DELl'odISSEA

123
altre per

con questa ipotesi


nulla pi
lievi.

si

sostituiscono

ad esse

Ma come mutilando il discorso di Telemaco alla madre si rende incomprensibile ch'ella tanto se ne commuova, del pari diviene incomprensibile il contesto mutilando col Blass il discorso di Telemaco ai
Proci
"

(v.

368-380):
cui

di

mia madre Proci

somma

insolenza pervade,

Or

ci allieti il

banchetto, e niun frastuono di grida

Sorga, poi che bello porger l'orecchio a un cantore

Qual questi fra noi, che va pari a gli di ne la voce. Con l'aurora domani a l'adunanza ne andremo Tutti, ond'io schietta e intera a voi la mia mente appalesi,

Che mia dimora sgombriate ad


;

altri

banchetti intendete

Vostre sostanze ingoiando in vostre case a vicenda.

Ma
Voi

se pii questo vi par che dolcezza ed util recarvi

Possa, che senza scotto l'aver d'un sol


Io

uomo

perisca,

struggete; agli eterni levando altissime preci

Forse da Zeus otterr che la vendetta s'adempia,

allor potreste inulti perir


i

ne la nostra dimora
le

Perch di fatto
strofassero

Proci

si

mordessero
ai versi

labbra e apo-

Telemaco come

seguenti (381-387):
il

S favellava, e quei tutti

con forza

labbro mordendo
a'

De Ed
"

la baldanza stupian che

Telemaco
il

detti infondea.

a lui poscia Antinoo parlava,

figlio d'Euj)ite:

Gl'iddii,

Telemaco,

al certo

ben sono che t'hanno ora


[appreso

Ad ostentar iattanza ed a concionar baldanzoso. Ah che in Itaca cinta dal mar te sovrano il Cronide Non voglia porre giammai, com' dritto che vienti dal
!

[padre!

dovevano

aver
di

ascoltato

da lui

parole
ci

assai

gravi.

Or nulla
se si

grave

veramente in
i

che precede,

espungono

con vari editori

versi

374-380

124

SAGGI OMERICI

la stessa minaccia di convocare un'assemblea

non

ac-

quista gravit se non in quanto ne viene additato lo


scopo.
la

La somiglianza

coi versi

139-145 del libro


si

II,

dipendenza pu

dirsi ora

che

son riscontrati segni


dal

evidenti di dipendenza del primo

secondo

libro,

non non
ogni

argomento
rispetto

sufficiente per eliminarli qui,


il

quando
il

solo

non guastano

contesto,

ma
N

paiono sotto
vale
dire

opportuni a chiarirlo.

che

Proci non avevano mai sentito parlar cos fran;

camente Telemaco
lettore,
il

perch ci del tutto ignoto

al

quale alla pretesa taciturnit del giovane non che stupisce


i

trova alcuna allusione. Ci

Proci come

Penelope non gi che Telemaco

parli, bens la fiera co-

scienza de' suoi diritti che per la prima volta manifesta.

Credo

con ci

d'aver

provato

che

le

ragioni ad-

dotte dal Blass per confortare la sua ipotesi delle interpolazioni nel primo libro dell'Odissea sono in mas-

sima

insufficienti,

anzi

che

molto spesso
difficolt,

le sujDposte

interpolazioni

danno origine a

per chi abbia


si

senso di poesia, superiori

d'assai a quelle che

vo-

gliono togliere eliminandole. Solo sui versi 141, 145,

399, che pel Blass sono

anch'essi interpolati,
trovi

non ho
l'inter-

creduto fermarmi, non perch


polazione,

assodata

ma

perch, autentici

no, per la discusil


'

sione poco importano.

E rimane

quindi provato che

poeta del libro I ha imitato non bene, e talora anche


fraintendendoli, vari
passi del II, del IV, del V, del

XIV,

del

XVIII, del
se stesso,

XXI

e fino

poich, se ammissibile che

uno un poeta

del

XXIV. E
tali

ripeta talvolta

malamente
ripetizioni
e,

sarebbe stranissimo che di

accumulasse tanta copia in un solo canto


che altrove aveva voluto dire, chiaro
a tutti

peggio, che imitandosi dimostrasse di non aver nep-

pui'e capito ci

che

il

primo

libro posteriore
in parte
il

quegli

altri,

compreso almeno

recentissimo

XXIV

e che

LE INTERPOLAZIONI DELL'ODISSEA
deve riputarsi opera d'un poeta diverso e posteriore

125
(1).

assodato

ci,

abbiamo tutto

il

diritto di valerci di

tale conclusione per spiegare,

come hanno

fatto gi

il

Kirchhoff ed
del libro
I.

il

Wilamowitz, non poche ad esempio, che


del
s

altre singolarit

Non
libro

v' dubbio,

il

Mente

del

primo

un doppione

Mentore del

II e del III (2).

Certo
IDoeta
si
;

il

doppione potrebbe per


i

spettare allo stesso

ma, dimostrato che

poeti dell'Odissea son pi,

spiega anche meglio con una non troppo opportuna

imitazione fatta da

un poeta

piti

recente.
e

Cosi pure

mentre
scina

detto

giustamente d'Eumeo

della sua ca-

(XIV

5 seg.):

Quel trov che sedea ne l'atrio, dove una stalhi Alta sorgevagli in loco a l'intorno tutto difeso,
certo

non bene
(v.

si

dice nel libro I della stanza di Te-

lemaco

425 segg.):

Ma

Telemaco dove sua stanza nel vago recinto

Alta sorgevagli in loco a l'intorno tutto difeso

Giva a giacer, dubbioso nel petto assai cure volgendo.

(1)

Come

si

vede, io credo che lo studio delle ripetiil

mezzo fondamentale per la distinzione Le osservazioni di C. Rothe Die Bedeutung der Wiederholungen in der homerischen Frage (Leipzig 1890), acute come spesso appaiono, provano soltanto che da ripetizioni singole non pu argomentarsi, potendo i due passi comparati risalire ad uno stesso mozioni sia

sempre

dei vari strati nell'epopea.

tivo epico tradizionale

ma

la forza dell'argomento fon-

dato sulle ripetizioni sta nell'abbondare di esse.


(2)

Riesce incomprensibile come ad un critico sagace


il

quale

Dntzer possa esser

gare questa evidentissima relazione tra

venuto in mente di nei due personaggi


i^yriTopi Mvrr).

e Philol.

'

XLIX

p.

3 seg) e persino la dipendenza di a 105

Toqpiuuv fiYHTopi Mvxri

da P 73 KiKvuuv

126
perch
di
la

SAGGI 03IEEICT
cascina era isolata in

un

recinto e la stanza
il

Telemaco no, ed

molto singolare che


difficolt (1).
se,

Blass non
la cosa
il

abbia avvertito la grave


spiega assai agevolmente

Ma

si

invece di forzare

testo
si

o di far
ritiene,

sui

palazzi omerici congetture

arbitrarie

conforme
il

tutte

le

analogie

raccolte pii
stato imitato

sopra, che

passo del libro

XIV

sia

poco a proposito dal poeta del libro primo.

Ma

su questo e su altri punti simili inutile ormai

trattenerci; perch dimostrato che la ipotesi del Blass

non vale a eliminare


hoff e dal
essi

le difficolt
,

segnalate dal Kirchci che

Wilamowitz

non giova ripetere

hanno detto a illustrare quelle difficolt. Giova piuttosto avviarci alla conclusione. Il poeta del primo libro appare al Wilamowitz un dappoco. Eppure
egli

stesso

conviene che se guardiamo

il

primo
i

libro a distanza, in
ticolari,

modo

che, perdendo di vista

parle

ce

ne rimangano chiare dinanzi agli occhi


vi

grandi

linee,

troviamo una eccellente esposizione di

ci che vien presupposto dalla

Telemachia

e dal rac-

conto della strage dei Proci


fatti
i

(2).

Ci son presentati inessi,

Proci e in ispecie
e

due piincipali tra


sfondo

An-

tinoo ed Eurimaeo:

suUo

oscuro

formato
si

dai pretendenti col loro contegno villano e brutale

distaccano la figura di Penelope

che

piange

amara-

mente lo sposo perduto e quella del figlio d'Ulisse che mal sopporta le prepotenze dei Proci pur non sapendo come liberarsene
naggi secondari,
l'eroe
;

n manca un cenno a persi -

Laerte

che

vive

lontano
il

ai

campi

(v.

189

sgg.), la fida nutrice Euriclea,


i

cantore

Femio che

rallegra per forza

banchetti dei Proci,

(1)

Die Interpolationen

p.

278.
p. 11.

(2)

Uomer. Untersuchungen

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSEA

127

il

quadro fosco del presente

illuminato a

quando a

quando da qualche bagliore del futuro perch il poeta fa intravvedere che gli di non mancheranno di mettersi di mezzo per restituire l'ordine leso. Ma non dobbiamo
gi ricavarne che l'autore del primo libro abbia sempli-

cemente ampliato
introduzione
della

e interpolato

un'antica e

pi.

bella
i

Telemachia.
ridotto
il

Non

son d'un altro


alla

pregi e di chi

ha

primo libro

forma
che

presente

difetti,

come par che taluno ritenga


tesi

(1):

sarebbe poi una

pochissimo diversa nella sostanza


dal
Blass.
:

da

quella

sostenuta

Pregi e
di

difetti

sono

senza dubbio dello stesso poeta

che

si

ha

la

prova
,

pi evidente

nell'episodio

di

Penelope. Opportuno
fin

come gi
tivazione

dissi,

che Penelope venga

dal primo libro

presentata al lettore, e non priva di finezza la


della

modello

sua

discesa tra
la

Proci,
col

il

carme di

Femio su Troia che


sposo perduto
;

commuove

ricordo

ma

quell'episodio tutto a
libri,

un modo

materiato di imitazioni da altri

di

guisa che sa-

rebbe impossibile sceverarvi

una parte pi antica e

pi origmale ed una pi cattiva e pi recente. In sostanza checch


il

poeta del libro I abbia trovato come


all'altro

premessa all'uno o

gruppo

di
il

carmi

che

si

proponeva d'integrare e di collegare,


composta;
tutto

pximo

libro

(prescindendo dalla introduzione) opera organica e ben


e nel

insieme non
nel

si

suo autore lode di avvedutezza


l'ordinare
di
;

pu negare al comporre e neldifficile

anzi

pu

dirsi

che

sarebbe stato

dare alla Odissea quale essa una preparazione pi

sobria e al

tempo

E non

solo questo poeta

natore, s

piena del primo libro. un esperto e sagace ordidotato anche di una notevole altezza di
stesso

pi

(1)

WiLAMowiTz

1.

e.

e p. 99.

128

SAGGI OMERICI
citato episodio di
,

sentimento, come prova appunto

il

Penelope.

Solo

"

dell'estro ai generosi passi

faceva

inceppo

la scarsa

padronanza del verso. Egli non


versi rubati qui

riuscito in generale ad altro che a mettere insieme

un

il

centone, e dove per collegare

e l

ha inserito qualche verso


riuscito ad esprimere

del

suo,

assai

di

rado

chiaramente ed efficacemente

suo pensiero.
toppi onde

questo

contrasto tra la sua creazione

piena di forza e di freschezza e la logora veste a ratla

ricopre conferma

che

egli recente a

confronto degli

altri poeti dell'Odissea e

che vissuto
(1).

quando
la
il

l'arte del

verso

epico

decadeva
avviso,
il

Sarebbe

del resto assai

errato, a

mio

supporre che
vi era

Telemachia dovesse avere, quando ancor non

primo

libro,

un'ampia introduzione. Essa non ne aveva


al

alcun bisogno. Posteriore

nostos di Ulisse e a qualche

carme, non importa

in

qual forma, suUa strage dei

Proci, doveva presuppoiTe

come ben nota


si

quella

si-

tuazione che
gere.

il

poeta del primo libro

attarda a dipinla

Ed

assai

probabilmente erronea
quale

supposizione

che la Telemachia abbia mai costituito un

poema

vein-

ramente autonomo
Il

al

debba ascriversi una

troduzione proporzionata alla sua presunta

ampiezza.
in-

modo

migliore

infatti di risolvere le questioni

torno alle suture tra Telemachia e Odissea par


di arguire dal confronto della

quell'i
es-

Dolonia qual poteva

sere la individualit

la

misura d'indipendenza del

carme su Telemaco.

Non

voglio dire con ci che la Telemachia potesse

per l'appunto

cominciare col primo

verso

del

libi"

{!)

Su contrasti

siffatti

v.

le

buone osservazioni

dello

Immisch Die itinere Entuicklung des griech. Epos (Leipzig


1904) p. 11.

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSEA
secondo,

129
stato os-

come pensava,

pare,

il

Kirchhoff.

E
il

servato giustamente che la separazione tra


il

primo
i

secondo libro

del

tutto

artificiale e

che

primi

versi del libro II

hanno suppergi
imitato
fatto

lo

stesso valore di

quelli finali del I e soprattutto vi similmente e con

pari

inopportunit

il

libro II dell'Iliade

(1).

Non

dubbio
(v.

di
si

che

Telemaco

sulla fine del

pi-imo

437)

toglie la camicia seduto sul letto,

certo con un po'

di fatica,

non gi per
sforzo
la

le

ragioni di

decoro suggerite dal Blass, bens perch col verso stesso


si

messa senza

nessuno

camicia

seduto

sul letto

non

Agamennone nel secondo men vero che Aristonico e il


libro
(2):
gli araldi

dell'Iliade (42).

Ma

Blass hanno piena

ragione di ritenere copiati, e con poco senso di opportunit, dallo stesso


dell'Iliade
i

versi

6-10 del

secondo dell'Odissea
Indi ratto
f'

cenno a
il

che han voce canora

D'accorre a parlamento gli Achei dal capo chiomato.

Feano

Ma

bando, e questi accorrean veloci. denso divenne il sollecito popol raccolto. Al parlamento, un'asta di bronzo impugnata, n'andava.
quelli
allor che

Infatti,

quanto

il

naturale

che

avesse a sua dispoe

sizione gli araldi

re dei prodi

Agamennone

che tosto

aUa sua chiamata uscissero dalle tende


ditori

gli Achei, altreti

tanto strano che trovi tosto pronti a obbedirlo

ban-

Telemaco,
pii

il

quale non aveva mai convocato una

assemblea, e
i

ancora che, non in un campo in cui

guerrieri stanno oziando in attesa della battaglia,

ma

(1)

Ddentzer Kirchhoff, Kochly und


cit.

die

Odyssee p. 20.

Blass op.
(2)

p. 279.

Non potrebbe
ci

dirsi

meglio dello scoliasta


'IXidii.

ov

|uv

vTnrpciTTouaiv

axixoi npc, Tr)v

TrapoOaav TiOeaiv,

oKeixepoi b juQXXv eiaiv v


G.

De

Saxctis, Per

la

scienza dell'antichit.

130
in

>AG(.I

OMERICI

una

citt in cui tutti


li

hanno
al

le proiirie

occupazioni,

che talora

costringono a stare alla campagna o in

mare, po^^sa riunirsi tosto


causa qualsiasi

primo appello

e per

una
la

l'assemblea degli uomini


se al

liberi.

Ed

pm* chiaro che

poeta del libro

primo spetta

inopportuna imitazione del secondo deiriliade a proposito della camicia di Telemaco,


targli altres la

non pu non

spetdelsi

mediocre imitazione a proposito

Tadunarsi dell'assemblea.

Da

ci

segue che come

riunisse originariamente l'assemblea sul principio della

Telemachia non sappiamo.


che da
tre

E
i

forse

dopo aver
delle

ac-

cennato in un brevissimo prologo


anni

alla

dilapidazione

facevano

Proci
il

sostanze di

Ulisse (1), aggiungeva

soltanto
il

poeta che verso lo

spirare del terzo chiam

popolo ad assemblea Tele-

maco
fatto

il

figlio

d'Ulisse, poich cos lo ispir lucenti.


il

una dea,

Atena dagli occhi


era
nota, e
sia

La

situazione generale di
della
il

presupposto

Telemachia

appunto che

cognito al lettore
del

nostos di Ulisse,
sia

come
ci

il

presupposto

primo

dell'Iliade che

nota all'ascoltatore

la storia

dell'assedio di Troia.
rilevato, per es.,

A
il

pu opporsi,

vei-o,

come ha
in

Wilamovitz, che un passo del libro II presuppone la


visita

d'Atena trasformata
(v.

Mente conforme
:

al rac-

conto del primo libro

260-266)

Telemaco in disparte frattanto sul lido marino. Le man purgate ne l'onda canuta, orava ad Atena:
*

M'ascolta, o iddio che ieri a le nostre case venisti

Ed

a salir un legno su l'onda caliginosa,

Per scrutare il ritorno del padre da lunge assente, M'incitasti. Ecco or tutto a vto mi mandan gli Achei E i Proci sopra ogni altro, che turgon di mala insolenza.,.

(1) P

89:

Tibri

fp TpTov ffTv T0(;, Txa

b' ai

TrapTov,
p.

pel cui senso

v.

Rokmkr

'

Rh.

Museum

'

LI (1906)

313.

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSEA
Tale
invocazione
il

131
poetico

non

priva
riva

di

valore

per quanto

recarsi

sulla

sua preghiera non abbia


semplicissimo

per

mare a far la Telemaco quel motivo


del
il

che
far

ha per

Crise,

quale

lungo

il

mare doveva

necessariamente

la

sua strada in

un passo

del libro
i

primo
di

dell'Iliade che qui imitato.


il

Ma

poich

suoi consigli

giorno innanzi Atena


e

li

ha

dati sotto

forma

Mente,

sarebbe affatto arbitrario

immaginare una redazione primitiva in cui li avesse dati in altro modo, e poich Mente ricopiato da
Mentore, quando non
si

voglia

ricadere

nella

teoria

delle interpolazioni del Blass, converr


il

ammettere che
dei versi del

poeta del libro


che hanno
I,

I
il

abbia inserito nel libro II questi

versi,

medesimo
le

carattere

libro

per mettere d'accordo la Telemachia con la

prefazione che egli stesso


difetti del

aveva

dato. I pregi e

passo provengono

soprattutto dalla imitanel

zione della preghiera di Crise

primo

dellTliade.

se

il

Wilamowitz osserva che


si

gli interpolatori

non

sogliono aggiungere bellezze ai carmi che interpolano,

bene

noti che affatto ingiusto riputare l'autore

del libro

primo dell'Odissea, nonostante

suoi difetti,

un semplice interpolatore e non un poeta. Ma se non si pu attraverso alla elaborazione che ha avuto nel primo libro riconoscere la primitiva, certo
brevissima e semplicissima,

introduzione
col

della

Tele-

machia,

si

pu almeno riconoscervi

Kirchhoff la

primitiva introduzione del nostos di Ulisse ?

Non

voglio

trattenermi troppo sulla vessata questione del proemio


dell'Odissea,
e dal

ammirato da Orazio,
(2),

difeso dal Lehrs (1)

Blass

acremente

biasimato dal Bekker (3)

(1)
(2)

De Aristarchi
Op.
cit.

stiidiis

homericis

p.

414 segg.

280 seg.
Bliitter I

(3)

Homerische

99 segg.

132
e dal

SAGGI OMERICI

Wilamowitz
il

(1).

A me

pare che, prescindendo


ragione,

da Orazio,

quale aveva pienamente

ma

si

riferiva solo ai primissimi versi, pel resto abbia

una
e chi

misura eguale
difetti di tutto

di ragione e di torto chi

ammira
il

biasima. Quel proemio ha gli stessi pregi e gli stessi


il

libro

I.

Si

propone con esso

poeta

di preparare la liberazione di Ulisse

dall'isola di Ca-

lipso e

il

viaggio di Telemaco, e vi riesce, in sostanza,


di ciancie inutili;

non male, senza troppo abusare


i

ma

qua e di l e fusi tra loro imperfettamente abbondano ma le genealogie divine inserite fuor di luogo mostrano la dipendenza dalla tarda
versi presi di
;

poesia genealogica

ma

infine

versi su Egisto

sono

una imitazione non


analoga a tutte trovano
al lib.
i

bella d'un passo della Telemachia


altre

le
I.

imitazioni non belle che

si

Perci affatto impossibile separare


pi
antichi
(2).

dal contesto

versi 1-87 e ritenerli

Anche meno per

da ritenerli pi recenti col Seeck(3).

Infatti la proposta

d"Atena d'andare da Telemaco

ri-

chiedeva un consiglio con Zeus, e in questo consiglio

Zeus non poteva dire


fatto dire nel
alla sorte d'Egisto

se

non quel che suppergi

gli vien

primo dell'Odissea. Inoltre nell'accenno

una preparazione evidente


si

al

passo

della

Telemachia dove
;

discorre

del

nostos

d'Aga-

mennone
zione
i

e sarebbe assai singolare che di

avesse avuto

mira

nel

un altro poeta comporre quella introdu-

versi dello stesso lib.


s'ispira

IV da
La

cui

il

poeta del

primo
di

anche altrove
tra
i

(4).

pretesa differenza

valore

poetico

versi 1-87 e ci che segue,

(1) (2) (3)

Op.

cit.

p.

11 segg.

Col Kirchhoff e lo Hennings ifomers OdysseepAS segg.

Die Quellen

dei'

Odyssee

p. 184.

(4) Cfr.

Wilamowitz Homer. Untersuchungen

p. 13.

LE INTERPOLAZIONI DELL'ODISSEA
per cui quelli sarebbero

133
peggiori,
te-

da

ritenere

assai

non

sussiste poi in alcun

modo;

e di ci

rendono

stimonianza

sufficiente le difese

che hanno fatto del

prologo

critici

E
e

tuttavia

come non
;

il

Lehrs.
dell'anti-

perita la inti'oduzione
si

chissimo nostos

ma

riduce

ai

primi
il

nove versi
Niese
(1).

ad

essi soltanto,

come bene ha veduto


efficaci,
il

Questi versi son semplici,

originali (2),

il

non

esservi menzionato
al lettore,
il

nome

dell'Eroe, ben cono-

sciuto

poeticamente
sul

tanto

giustificabile

quanto

tacersene

principio

deirEneide o nella

proposizione della Gerusalemme Liberata.


che, scrivendo
il

Ed
il

vero

primo

verso
dell'

dell'Eneide,

Vergilio

ebbe

presente
il

il

primo
primo
poeti

Odissea e che

Tasso

scrivendo
alla
il

primo della Gerusalemme ebbe presente


il

sua volta

dell'

Eneide

ma
e

parmi che
il

sentimento

di

come

Vei'gilio

Tasso,

quali appunto con la

loro imitazione
difettoso
d'
il

mostrarono di
principio
del-

non trovar poeticamente


l'Odissea,
e
il

giudizio

un

raffinato

buongustaio
di Ulisse

come Orazio valga qualcosa meglio


filologi
e

del parere di quei

che biasimano

il

silenzio

sul

nome

anche di quelli che,

non senza un

po' di pedan-

teria, lo

difendono osservando che nel nostos primitivo

solo ai Feaci

doveva
il

masse

quindi

l'eroe rivelare come egli si chianome prima non doveva esser ricordato.
i

V' del resto appena bisogno di d-e che


sulla vendetta d'Iperione Sole per
i

bellissimi versi

buoi divorati dai

compagni d'Ulisse non debbono ad alcun patto respin-

(1)

(2)

Die Entwicklung der homer. Poesie p. 186. Al Lehrs davano la impressione di essere
'.

'

ruit

einem erquickenden Hauch naiver Urspriinglichkeit angehaucht

134
gei'si

SAGGI OMERICI

come

interpolati.

Si detto, vero, che essi

sono

in contraddizione col racconto stesso dell'Odissea, perch


la parte

maggiore dei compagni d'Ulisse per innanzi


appunto per questa evidente contraddizione

ch'egli raggiungesse l'isola del Sole, nel porto dei Lestri-

goni.

Ma

tanto pi inverosimile che debbano attribuirsi ad un


interpolatore. Del resto anche se l'Odissea fosse
unitario,

un poema

non sarebbe
al

difficile

difender quei versi, no-

tando che

poeta

il

cui punto di partenza era la dimora

di Ulisse presso Calipso


alla

doveva

presentarsi anzitutto
di

mente

nell'iniziare

il

poema Tultima avventura


morte

Ulisse, quella che era terminata con la


i

di tutti

compagni

l'approdo del solo Ulisse nell'isola, e su


il

questa, ch'era

precedente immediato della sua nar-

razione, era naturale che richiamasse fin dal principio

l'attenzione dei lettori.

Ma

poich l'Odissea non un

poema

unitario e poich
il

da

un carme anteriore pi
I

breve tolse

poeta del libro

quei versi per inserirli

nel suo elaborato poetico, ragionevole adoperarli per

determinare quale era


essi
il

il

contenuto dell'Odissea a cui

servivano d'introduzione e qual

forma

vi

aveva

mito del nostos d'Ulisse.


Tale ricerca eccederebbe per
questo saggio
i termini che mi son pu invece ormai dal

prefissi

in

si

gi detto trarre la conclusione.

Nel

libro

I,

prescin-

dendo dai primi nove versi, non si riesce in nessun modo a separare uno strato pi antico da uno pi recente. Nonostante la sua composizione a mosaico
pei versi presi a prestito
di

qua

e di l,

esso nel

tutto

insieme un carme
s'

organico,

compilato

da un

poeta recente che

valso soprattutto d'altre rapsodie

dell'Odissea e di qualche tratto dell'Iliade,

non un amche
avesse

pliamento d'un

altro

carme pi

antico
ufficio.

avuto

lo

stesso

posto e lo stesso

con ci

l'unit dell'Odissea,

poema organico come

essa appare,

LE INTERPOLAZIONI DELL'ODISSEA

135
al

rimane irrimediabilmente spezzata. Poich


spetta

recente

poeta del primo libro e non ad un suo ignoto predecessore


il

tentativo di collegare
il

con un nesso

logico e cronologico

viaggio di Telemaco e la libe-

razione d'Ulisse

dall'isola di Calipso.

Or questo

ten-

non felicemente come


tativo potr
il

esser riuscito in ogni sua parte cosi


il

suo autore
se

si

proponeva, e non

luogo qui di ricercare


colpa ad

questo non troppo felice

successo dipenda dal poeta del I libro o ne vada recata la


altri
e

pi

recenti

redattori

del-

l'Odissea.

Ma
le

certo ad ogni

modo

che con l'espediente


espediente in cui
del
si

usato

per

stabilire

quel

nesso,

palesano

attitudini

non ispregevoli
e

poeta

del

primo libro a comporre


a chi
della
sia

ad ordinare,

sta e cade la

unit della nostra Odissea.

posto

ci,

pur chiaro
del-

dovuta nella sua sostanza


noi
e
;

la

composizione

Odissea quale

l'abbiamo.
sapiente, e

L" intreccio

l'Odissea artificioso

come

tale fu locri-

dato dagli antichi (1)


tica
di

le

imperfezioni che la

moderna

vi

ha riconosciuto,
di

inevitabili nel lavoro

coordinamento

carmi svariati per


per
contenuto,

et e valore

e talora

contraddittori

debbono

to-

glierci

d'apprezzare tale artificio e tale sajjienza. Ora


siffatto

un

intreccio
,

non pu
attorno

essersi

formato sponagglomerarsi
e

taneamente
fissarsi

impersonalmente
piti

per
a

l'

di
,

carmi

un nucleo primi-

tivo

sonale.

ma E

l'autore

come ogni vera opera d'arte, opera pernon pu esserne altri che il poeta
questo carme appunto
giudice
ili

del

Hbro primo: del quale


che la genialit.

lustra agli occhi di ogni


difetti

equo

non

meno

(1)

Aristot. poet. p. 1451 a 20. 1455 b 17. 1459 b. 15.

136

SAGGI OMERICI

L"ongine prima delllliade


pose
il

si

deve

carme

dell'ira di Achille.

al poeta che comLa composizione del-

l'Odissea fu terminata,

in

tutto

ci

che v'

di

pi

sostanziale, dal poeta del

primo

libro.

Come

son questi

certo

due

tra

maggiori poeti che abbiano avuto parte

nella elaborazione delle

epopee omeriche, cos son forse


omerici di cui possiamo,
at-

anche

soli tra

poeti

traverso alla loro opera d'arte, riconoscere nettamente


la personalit
:

dell'uno

perch

nel

primo

libro deldi

l'Iliade ci

son

conservate

alcune

centinaia

versi

del suo

carme

originale, e di tutto

esso

carme conopii tardi,


il

sciamo, dallo svolgimento appunto che ebbe


il

tema primo
ci

e le linee

fondamentali

dell'altro perch tutto

libro

dell'Odissea

spetta a lui e opera sua ,

sostanzialmente, la redazione dell'intero

poema quale

pervenuto. Questi due poeti rappresentano degnail

mente
tente

principio

la

fine

della gi-ande arte epica


libera,

dei Greci.

La

ispirazione rude,
conti-asta
il

originale, po-

dell'uno
i

con

la finezza dell'altro nel


al fren

delineare

caratteri,

suo consapevole rispetto

dell'arte, la

sua peiizia nel comporre. Contrassegno di

quello la sua amoralit: per essa, nonostante abbiano

lavorato all'Iliade generazioni d'aedi moralmente assai

pi progrediti, un significato

un intendimento

etico,

che pur sarebbe

stato

tanto agevole introdurvi, le

stato prestato soltanto dai chiosatori che


capita.

non l'hanno
senso morale
significazione

Profondo invece ed espressivo della evoluzione


nella

compiutasi

coscienza

greca

il

dell'ultimo, per cui riuscito a dare


etica ai miti e ai

una

carmi

intorno

ad Ulisse nel comaveva


i>er-

porli

ad unit. Tra l'uno

e l'altro l'epopea

corso un gi-ande cammino.

La

forza della tradizione,

che prendeva vigore dalle condizioni particolari in cui


l'epopea viveva presso
i

Greci, aveva asservito

il

verso

epico e rese sempre pi stabili ed obbligatorie formole,

LE INTERPOLAZIONI DELl'oDISSEA
motivi, epiteti, similitudini,
I

137

costringendo gli aedi ad

un convenzionalismo che
pi rigido
i

grado a grado

si

faceva

e nella espressione,

sempre pi lontana dalla


limi-

lingua parlata, e nel contenuto, sempre pi disforme


dalla vita reale.

Ma

questo declinare, che non

si

tava solo alla tecnica, era compensato dalla padronanza

sempre crescente
j

della

materia epica, dalla cresciuta


di esprimere

attitudine ad organizzarla, dai tentativi

nel mito le esigenze della coscienza progredita.


i

Quanto
di vista,

pi peraltro

il

poeta era, sotto questo punto


il

moderno, tanto era pi stridente


materia mitica e con
sata e che
si

contrasto de' nuovi


la

intendimenti con la tecnica invecchiata, con


gli antichi

vecchia
fis-

carmi in cui era

dovevano elaborare, espurgare


il

e coordi-

nare; e perci

momento
Odissea

in cui
i

vennero ridotti ad

unit nella nostra

carmi intorno ad Ulisse


via libera e nuova.

fu anche quello in cui la ispirazione poetica dei Greci

prese a cercare nella lirica

una

-.

^^ '^

II.

DI

RICERCHE STORIA ANTICA

VI.

Agatocle
I.

^^\

L'usurpazione

e i

suoi j)r ecedenti.

Negli ultimi anni d'Alessaiidro

Magno

Siracusa

si

reggeva oligarchicamente, governata da un Consiglic)


di seicento

membri

presi,

non sappiamo
gli

in qual

modo,

nella classe sociale pi elevata della cittadinanza.

Non
di

dovevano essere dissimili


citt

ordinamenti delle altre

greche

di

Sicilia,

che

riconoscevano, almeno
(2).

nome, l'egemonia siracusana

Questo regime traeva

(1) [Dalla 'Riv. di Filologia' XXXIII (1895) p. 289 segg.] La presente memoria non una storia d' Agatocle e molto meno una storia della Sicilia sotto il suo dominio. Mi

son proposto soltanto di studiare la politica d'Agatocle


e le lotte tra
i

partiti

siciliani al suo

tempo per

spieti-

gare in qual

modo

egli abbia potuto fondare la sua

rannide e consolidarla.

Come

si

vede, l'economia del


;

saggio mi vietava d'entrare nei minuti particolari bo potuto che lumeggiarne qualcuno nelle note.
(2)

mio non

DioD.

XIX

5,6:

ci -rrpoxovTee;

yp

tOliv

lupoKoaiiuv

Kal Tate; bEttiq ko toc, oaian; v totoic; irfipxov KaxaXeXeyiLivoi.

die anche nelle

altre citt

dominasse l'oligarchia

142
origine,

RICEKCHE DI STORIA ANTICA

com' da credere, dal semplice affermarsi di


abbastanza largamente nella
(1).

quell'elemento oligarchico che, secondo ogni verisimiglianza, era rappresentato

costituzione di Timoleonte
la

Era

infatti naturale

che

classe agiata, acquistato

merc

l'ojDera

sua

il

potere,

volesse assicurarselo stabilmente profittando della de-

bolezza degli avversari.


tito

Non mancava

peraltro

un

pare

che rimpiangeva

le istituzioni

democratiche

lo

si

desume

da ragioni

di verisimiglianza e dal loro

modo
oli-

di

comportarsi in pi d'una occasione coi fuorusciti


v.

garchici di Siracusa. Per l'egemonia siracusana

pi oltre
(cfr.

[La frase
lusTis.

di

Diodoro
2,

t tiLv EoKoaiiuv ouvbpiov

XXII

11

senatus)

mostra che

si

tratta d'una

istituzione legale,

non d'una associazione

o d'una eteria.

Ne

vale allegare Diod.

XIX
che

6,

4 Toq oKoOvxaq TtpoeoTdvoi

Tfjq Tuv EcKoaiujv xaipeia^,

perch con questa frase non


tal proposito

si

allude evidentemente

ai capi del partito senatorio.

Non pu quindi
del

accogliersi in

la

opinione

Freeman History of Sicily IV app. VII, difesa nella monografia non molto originale di H. Tillyard Agathocles(Cambridge 1908) p. 32 seg.].
(1)

difficile

che

Timoleonte
i

due legislatori colui la

rinzi Dionisio e Cefalo,

quali

elaborarono con

nuova costituzione

di Siracusa (Plut.

Timol. 241, abbiano

dato alla citt ordinamenti

diversi

da quelli allora

in

vigore a Corinto, che erano, come pare, temperatamente


oligarchici (Gilbert Griech. Staatsaltertiimer li 90). Perci,
se

pur la costituzione di
(cfr.

democrazia

Diod.

XVI

Timoleonte poteva chiamarsi 70), non era certo che una

democrazia assai moderata. E del resto se la oligarchia che troviamo poi dominante in Siracusa avesse avuto origine da una rivoluzione e non da una pacifica evoluzione degli ordinamenti timoleontei, da credere che non
ce ne

j
'

mancherebbe qualche
II

notizia [Cfr.

Beloch

Grif-rh.

Geschichte

p.

588

n.

1].

AGATOCLE
splendore dell'impero
di

143

Dionisio;
solo
alle

ma

esso
la

acquist

audacia

ed importanza
preso
parte

quando
imprese
a

generazione

che aveva

di
il

Dione
luogo

e di

Timoleonte

ebbe

cominciato

cedere

ad

una generazione pi giovane. Con questo partito eran pronti a far causa comune i proletari mal soddisfatti
del governo di classe a cui da lungo

tempo non erano

usi in Sicilia e sempre

disposti

seguire chi desse

loro speranza d'una distribuzione di terre, o di vivere


a spese dello Stato.
tenti:

s'agitavano anche altri malconsicula


d'altre

cosi

la

popolazione

oi'mai
terre

pienamente
vicine
che,

grecizzata

di

Morganzia

stando rispetto a Siracusa in una condizione poco dis-

forme da quella in cui


i

di fronte a

Sparta trovavansi

perieci, aspirava

ad aver parit

di diritti (1).

Chiunque
con-

volesse ribellarsi all'oligarchia dominante poteva


tare sul favore di costoro.

N giovava

certo ad acquistar
il

partigiani al

nuovo

stato di cose e ad attenuare

rim-

pianto dell'antico l'impotenza in cui la caduta dell'im-

pero di Dionisio aveva ridotto


Cartaginesi
;

Sicelioti a fronte dei

che doveva essere avvertita tanto pi peil

nosamente quanto pi proprio allora in tutto


ellenico le

mondo

imprese

di

Alessandro
e

Magno
il

esaltavano

l'orgoglio

patriottico

ribadivano

concetto della

superiorit dei Greci sui barbari.


I

nemici dell'oligarchia, sempre in attesa dell'uomo


si

che sapesse capitanarli,


ciale di

strinsero attorno a
di

nome

Agatocle,

figlio

Carcino.
il

un uffiLa sua fa-

miglia era oriunda di Reggio, donde


stato bandito si era

padre essendo

rifugiato

Terme. Qui Carcino

(1)

DioD.

XIX
'

6, 3.

Cfr.

Beloch L'impero

siciliano di
'

Dionisio

negli

Atti

della R. Acc. dei Lincei

CI. di

scienze morali etc. ser. Ili voi. VII (1881) p. 218.

144

RICERCHE DI STORIA ANTICA

dirigeva una fabbrica di ceramiche

e,

per quanto, a quel

che sembra, non menasse allora una vita molto agiata,


pot dare
ai figli

un'educazione liberale

(1).
i

Quando

poi

Timoleonte ebbe discacciato da Siracusa


a stabilirvisi
circa
il

tiranni,

venne

342

pot

iscriversi

coi figU

nella cittadinanza siracusana a tutti offerta liberalmente

dal duce corinzio per ripopolare e rinvigorire la citt

(2).

La

famiglia di Carcino divenne

poco a
dove

poco una
il

delle pi ragguardevoli di Siracusa (3);

giovane

Agatocle

cominci a

segnalarsi

come

ufficiale e

ad
lui

acquistare popolarit

come oratore democratico.

(1)

Ci presupposto da tutto quel che sappiamo della


spiega bene

vita ulteriore di Agatocle e del fratello Antandro. D'altra

parte con la supposizione fatta nel testo

si

come un nemico d'Agatocle qual


(fr.

146

era Timeo potesse dire

PoLYB.

XV

35, 2)

Kepa|ue<; rrdpxujv Ka ko-

TaXiTTJv Tv
vce; ujv
el<;

Tpoxv (ko tv) nriXv toc, ZupaKOoaq.


16.

kq

tv kotivv

fixe

(2)

Sappiamo da Diod. XXI


(v.

che Agatocle mor

a 72 anni dopo 28 anni di regno. La sua tirannide data


dal 316
oltre).

Sarebbe dunque nato nel 360. Venne


15, 6) al

a Siracusa secondo Ti.meo fr. 145 (= Polyb. XII in et di circa 18 anni, dunque appunto intorno

342

[Da Diodoro non risulta punto che Carcino


in Siracusa proprio

si

trasferisse

quando furono redatte

le

nuove

liste

dei

cittadini

anzi la sua venuta, oltrech

per ragioni

cronologiche, per le espressioni stesse usate da Diodoro deve ritenersi alquanto anteriore. Conclusa la pace tra Cartaginesi e Greci dopo la battaglia del Crimiso, egli nulla avrebbe avuto a temere dai signori cartaginesi di Terme]. (3) La nostra tradizione spiega ci con la ventura che ebbe Agatocle di sposare una ricca vedova. Ma anche

Antandro suo

fratello

pot
3, 3.

sotto l'oligarchia salire in

alto grado, Diod.

XIX

AGATOCLE

145
il

appunto fu dovuto

in

gran parte

buon successo

di

una campagna che

l'oligarchia siracusana, ripigliando


il

la politica di Dionisio

vecchio, imprese in Italia per


(Ij.

difendere Crotone dai Bruz


di profittare per assalire pi

Di che

egli

credette

vigorosamente l'oligarchia,
i

accusando d'aspirare
che erano
chico
(2).

alla tirannide

due comandanti
oligarl'oli-

in capo della milizia siracusana, Eraclide e Sosistrato,


gli

uomini pi eminenti del partito


era

Ma

vana

la

speranza
capitato

d'atterrare

garchia prima che

le fosse

qualche rovescio
dall'Oriente
gu.erra
il

nella politica estera o che,

come movendo

Dionisio e Timoleonte avevano iniziato la


tiranni, cos ora dalla

ai

madrepatria fosse dato

segnale
vi

d'un risveglio democratico: cosa impossibile finch

teneva risolutamente a freno la demagogia Alessandro

Magno. Cosi l'accusa cadde, ed anzi Agatocle ebbe


voce d'averla intentata non per amor della giustizia,

ma

per piccoli risentimenti personali: mentre ne fu


e di

naturalmente rinvigorita l'autorit d'Eraclide


sistrato (3).

Sopel

Dopo

ci

Siracusa non
adatta

essendo pi
in

momento una dimora

per Agatocle,

Italia

(1)

[Dopo la morte

di

Alessandro

il

Molosso

nell'in-

verno 331/0,
(2)

ma
di

certo
3,

non molto

di poi].

DiOD.

XIX

dici migliori

4 seg. [Sosistrato chiamato nei coDiodoro ZujarpaToq, e il Vogel ha inTuttavia


Sosistrato,
il

trodotto

questa forma nel testo.

confronto

con PoLTAEN.
per cui

37 e con

l'altro

contempo-

raneo di Pirro, che probabilmente un nepote del primo, cfr. Plut. Pyrrh. 23, mi fa preferire la grafia
ZiuaiarpaToq del codice Laurenziano].
(8)

DioD.

XIX

3,

ci

\xkv

Tiep

ZujaiaTpaxov uvd-

oreuffav
Cfr.

rrq

uarpibo;

jiex

ttv Ik Kpxujvoc; -rrdvoov.

NiESE Geschichte der griecMschen

und makedonischen
I p.

Staaten seit der Schlacht bei Chaeronea


G.

431.
10

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

146
ove
s' ei'a

RICERCHE DI STORIA AXTICA


acquistato un certo
al

nome come
esuli

guerriero,

milit

prima

servigio degli

democratici di

Crotone, poi dei Tarentini e da ultimo dei Regini assaliti

dall'oligarchia di Siracusa;

il

che

mostra

come

egli era in fine


cittadini.

venuto ad aperto dissidio

co' suoi con-

Frattanto,

morto Alessandro Magno a Babilonia


democrazia greca sotto
furiosamente
la

nell'estate del 323, la

guida

degli Ateniesi insorgeva

contro la Ma-

cedonia. Questi moti democratici non

potevano manche
gli

care di ripercuotersi anche in Occidente, dove con essi

par che debba collegarsi


circa questo

e spiegarsi la rivoluzione

tempo

(1)

avvenne in Siracusa contro

oligarchici e di cui la nostra tradizione


le

non

ci

indica
rin-

cagioni.

Che

se si

presunto recentemente di
d'Agatoele
tale

tracciarle in qualche vittoria

sulle milizie

dell'oligarchia presso

Regio

(2),

ipotesi

da accogliere,

sia

perch Diodoro, che qui

si

non par ferma

(1)

Infatti la

guerra iniziata dai democratici dur


oiv,

al-

meno due
iroT fiv

tre anni, forse pi se Agatocle vi prese parte


lbiiuTri<;

iroT
fu

Iqp'

i^iYefioviaq jeTaf[xvo<i

(DioD.

XIX

4, 3).

Poi

fatto

stratego

Acestoride, e
i

Agatocle, andato in esiglio, combatt contro


riducendoli
[nel 319/8,

Siracusani

mal

partito,

finche

si

concluse la pace

secondo la notizia che d sotto l'arconte Apol-

frammento recentemente scoperto del Marmo Parie: 'AYQ^OKXf ZupaKoioi eiXovTO ni t&v pu|idTiuv Tujv v ZiKXia aTOKpTopa OTpaTrifv]. Dunque la rivoluzione di cui parliamo non pu essere di molto posteriore al 328 o 22 ovvio che non pu essere in nessun caso di molto anteriore [come par credere il Beloch Gr. Geschichte IH 1 p. 185].
lodoro
il
:

(2)

Cos

ScHCBF.RT

Geschichte

des

Agathokes (Breslau

1887) p. 38.

AGATOCLE
appunto nel suo racconto
ne avrebbe dato notizia,
suo ritorno
sulle

147
imprese d'Agatocle, ce

sia

perch sarebbe stata in


al

questo caso un po' diversa la posizione d'Agatocle


dall'esilio.

Ad

ogni modo, restaurata la democrazia,

Agatocle
che non

venne richiamato.

Ma

gli oligarchici fuorusciti,

intendevano darsi tanto facilmente per


i

vinti,

trovarono

Cartaginesi pronti a soccorrerli


Cartaginesi molto pi che
il

cosa naturale giacch

ai

vigoroso accentramento
il

proprio d'un governo democratico e

pericolo con-

tinuo d'una monarchia militare giovava la debolezza


deiroligarchia che, oltre al renderli sicuri da ogni assalto,

dava loro non piccola autorit sull'andamento

generale delle cose in Sicilia.


Cartaginesi,

N ebbero
di quella

alleati

soli

ma

anche

Greci insofferenti di una egecui

monia siracusana pi
acconciati sotto
e
il

effettiva

s'erano

governo oligarchico, certo Gela(l)


siceliote.

con ogni probabilit anche altre citt

Del

corso di questa guerra peraltro


nulla
(2),

non sappiamo quasi

essendoci tramandato soltanto che Agatocle

(1)
(2)

DioD.

XIX

4,

4 segg.

1. e), che non pu essere tenuta davvero per la cagione della nomina di Acestoride come opina 0. Meltzer Geschichte der Karthager I (1879) p. 353. Giudica invece rettamente a tal proposito lo ScHCBEET op. cit. p. 43. Qui, come altrove, non

Tolta la scaramuccia di Gela (Diod.

preciso,

pel

troppo

riassumere, Tr. Pomp. prol. 21:


ilio

Sosistratus

iterum facta seditione arcessitique ab


Si

Car-

thaginienses obsederunt Syracusas.

noti

il

silenzio di

Diodoro su questo punto;


tocle

del resto la fuga di Aga(e

narrazione

non importa se la suppone che la citt non fosse assediata per terra; possibile solo, non probabile per, che i Cartaginesi avessero mandato dinanzi a Siracusa una squadra.
da Siracusa come
.<iia

narrata

in tutto conforme a verit)

148
vi diede

RICERCHE DI STORIA ANTICA

grande prova della sua perizia militare.

siccome

da credere che

se avesse

avuto

efifetti

d'im-

portanza ne saremmo informati da Diodoro, cosi piuttosto che dalle sorti della guerra,
il

rivolgimento che

accadde in Siracusa deve ripetersi da altre cagioni. Gi


se realmente la riscossa democratica in Siracusa
si

con-

nette con lo scoppiar della guerra lamiaca, la vittoria


della

Macedonia

il

trionfo dell'oligarchia

nella

madei

drepatria dovevano anch'essi avere


in Sicilia e raffreddare
le

una ripercussione
continuava a

speranze democratiche

primi momenti. Poi,


segnalarsi

mentre

Agatocle

come generale ed a crescere in popolarit come uomo politico, si cominciava ora a temere nel buon capitano di oggi il tiranno di domani e ne nasceva in molti la persuasione che fosse tempo di op;

porsi
lari
il

a'

suoi disegni ambiziosi: che non tutti

popo-

erano disposti a pagare con la perdita della libert

consolidamento delle forme democratiche.


Cos
i

moderati riuscirono a far nominare stratego


Chi fosse

Acestoride di Corinto, che fu investito, sembra, di poteri straordinari (1).

costui

le

nostre fonti

non dicono. Probabilmente era stato mandato dai Corinzi


al

con l'incarico di

farsi

mediatore tra
il

partiti,

suo invio sar stato estraneo suo predominio in

governo macedonico
nelle
altre
citt
i

che, vincitore della guerra di Lamia, aveva raffermato


il

Corinto

come

insorte e dappertutto s'era studiato di abbattere

de-

ll) Ricordiamo a questo proposito la legge menzionata da Pn'T. Timol. 38: froXXiv kq lieyaXuuv s rriv CKeivou

(TiiioXovToe;)

Ti}i-f]v

YPaqponvujv Ka TrpoTToiuvujv obevt;

tttov

f\v

ijriq)iaaa0ai

tv tuv ZupaKouaiiuv
upi;

f))iov

adKiq auiaiTaoi
pivBio)

otuj

irXeuot;

XXoqpOXouc; 0) Ko-

xpnoBai OTpoxriYii).

AGATOCLE
mocratici,

149
il

dando o restituendo
gli

potere

alla

classe

possidente. Acestoride pertanto


la

si

propose di fermare

pace tra

oligarchici

democratici
al

moderati
qual uopo

per

mezzo

di concessioni

scambievoli;

era necessario opprimere la demagogia e innanzi tutto


privarla del suo capo. Egli tent dapprima di conse-

guire

il

suo intento per via legale accusando Agatocle

di pirateria (1). Quest'accusa poteva


I

anche avere un

fondainento di verit; non sarebbe infatti impossibile

che Agatocle nella vita d'avventuriere che aveva meI

nato anni prima nella

Magna
si

Grecia a capo di maltenuto


in relazione

contenti e di mercenari,

fosse

coi pirati che infestavano le

aeque del Ionio. Tuttavia

Acestoride non riusc a perderlo in questo modo, sia

che non
rico, sia

si

potessero raccogliere indizi bastanti a ca-

che

Agatocle

godesse

troppo
allora
il

il

favore del

popolo per essere condannato.


generale democratico, schivato

E
il

Corinzio per

liberarsi dell'avversario tent di farlo assassinare;

ma

il

pericolo,

si

ridusse

fuggendo nell'interno
intimoriti
i

dell'isola (2). Cacciato Agatocle,

popolari,

non

fu difficile ad Acestoride,
il

il

quale per di pi aveva probabilmente


favore
usciti.

sostegno del
i

palese

di

Antipatro

di

far

rientrare

fuor-

Costoro,

apijena di ritoi'no, seppero ricuperare

l'antica autorit, profittando della discordia che la cac-

ti)

Almeno par che qui debba


I

riferirsi l'accusa cui acp. 39, il

cenna Idstin.

22, 13 seg. Cfr.

Schubert

quale

probabilmente in errore collocandola proprio nel modi Agatocle.


(2)

mento del rimpatrio


DioD.

XIX

5,

dice

che Agatocle ebbe da Acesto-

ride l'ordine di lasciar la citt;

ma

ne descrive poi

la

partenza

come una fuga

segreta. Probabilmente Agatocle

temendo

di nuovi processi o d'attentati alla sua vita stim egli stesso opportuno d'allontanarsi da Siracusa.

150

RICERCHE DI 8T0BIA ANTICA


pi ed

ciata di Agatocle aveva insinuato tra

meno

moderati di parte democratica.


che
le istituzioni

Non sembra
in

peraltro

fossero

modificate

senso oligarl'al-

chico (1): troppo

era preziosa per gli oligarchici

leanza dei democratici

moderati nella lotta che stava


delle cose
e

per riardere.
in

Ma

la

somma
;

venne novamente
effetto del ritorno

mano

a Sosistrato (2)

primo

degli oligarchici fu la conclusione d'una pace e d'un'al-

leanza con Cartagine.

Senonch presto Agatocle


Guadagnatosi
a
il

si

rese di

nuovo

terribile.

favore dei malcontenti siculi di Mor-

ganzia e de" suoi dintorni (3), conducendo la guerra sua


posta
,

non pi frenato da riguardi


far valere la sua
lotta che sostenne
e

ad

un

Governo sospettoso, pot


rizia di

grande pe-

capitano nelle

contempo-

raneamente con l'oligarchia

coi Cartaginesi.
i

Ora

la

guerra coi Cartaginesi era popolare tra


li

Sicelioti,

che

odiavano cordialmente dopo avere per tanto tempo


di essi per
:

pugnato contro
giovava
nione

salvare la propria nazio-

nalit dalla rovina

per l'alleanza cartaginese non


l'opi(4).

davvero per conciliare maggiormente


degli

pubblica col predominio

oligarchici

(1) Cfr.

DioD.

XIX

-5,

4,

dove detto che Agatocle per


|iiv

rientrare in Siracusa dovette giurare


Ti

Ivavxiiijoeoeai

rjuoKpaTia.
Cfr. PoLTAEN. V 37, che il Niese I p. 431 n. 6 a torto al ritorno di Sosistrato da Crotone.
rife-

(2)

risce
(3)

DioD.

XIX
il

5, 4.

6,

2.

sentimento nazionale fosse tuttavia vigoroso in Sicilia dimostrano i moti che tennero dietro alla sconfitta dei Cartaginesi sotto Siracusa nel 309 (c.llll.
(4)

Quanto

Si ricordi poi in

qual

modo

fosse ricevuto Pirro

quando

venne a liberare l'isola dai Cartaginesi, e si confronti anche l'idillio XVI di Teocrito. Cos inaccettabile, a

A6AT0CLE
<5uesti, ridotti in gravi angustie, si difesero

151
con

sommo
che
gli

rigore,

non esitando
che

a fare strage dei partigiani


e

Agatocle aveva in Siracusa


schiavi

neppure ad armare
(1).

lavoravano nelle Latomie


impadronirsi di

Ma
e

non-

ostante questi provvedimenti di Sosistrato, venne fatto

ad
j

Agatocle

d'

Leontini

persino,
Si-

stando ad una notizia antica, di porre l'assedio a


racusa
(2).

Contro

di

lui

Sosistrato

fondava

le

sue

maggiori
j

speranze

sull'aiuto
vitale

cartaginese,

parendogli

che fosse interesse


ogni costo
Dionisio.
il

per

Cartagine impedire

ad

ricostituirsi della

monarchia militare di
del generale

Eppure per mediazione appunto

cartaginese Amilcare, Agatocle ottenne di rientrare in


citt [dove fu

nominato stratego con pieni poteri


il

delle

fortezze del territorio, ossia ottenne

riconoscimento

legale dell'autorit che aveva usurpato durante l'esilio

(318)

(3)].

Vero

che al tempo stesso egli doveva giu-

mio

avviso,

il

giudizio

del

Holm
fu
'

Geschichte Siciliens

II

p. 229 seg.

che

Agatocle

ausser Stande sich auch

nur zum Schein auf ideale Interessen zu stutzen, weil sie fast gnzlich seinen Landsleuten fehiten [Poco diverso il giudizio che di Agatocle dava il Grote History of Greece XII eh. 97 fine, pur non disconoscendo in tutto
'

l'importanza

nazionale della
al

sua

resistenza a Fenici e

ad

Italici.

Ma

presente

siifatti giudizi,

che quando

si

pubblic

per la prima

volta questo saggio

conveniva
storico ed

tuttora combattere, serbano solo

un interesse

hanno dato luogo


(1)

in generale ad apprezzamenti pi equij.

POLYAEN.
DioD.

lOC. Cit.
2,
2.
:

(2) lusTiN. (3)

XXII

XIX
v
[V.

5,

axpaxTiYc; KaTcaTeri Kal

9Xag

Tf\q

pr\vri<;

inxpic;

Yvr|Oiuj<;
il

^ovof]aiuaiv

ol

ouveXtiXuGreq

elq Ti'iv TTXiv

testo del

Marmo

Parlo citato sopra


al

p.

146 n.

1.

L'accordo

deve

riferirsi

318 piuttosto

V>2
rare
il

RICERCHE DI STORIA ANTICA

mantenimento

della vigente costituzione

demo-

cratica e la pace coi Cartaginesi, lasciati nel tranquillo

possesso della loro provincia

al

di l

dell' Alico

(1).

Ma

conveniva addirittura esser ciechi per non avvertire

che a questo
della tirannide.

modo si E se pu
citt,

spianava
intendersi

ad Agatocle

la

via

come

gli oligarchici,

malsicuri nella

dove era un forte partito favo-

revole ad Agatocle, inferiori a lui militarmente, poco


sostenuti dai Cartaginesi, abbiano ceduto alla necessit

accettando la mediazione armata di Amilcare,


tica di

la

poli-

Amilcare
che

ci

appare

piima giunta
il

vista

corta

stupisce. Infatti
il

una momentaneo vandi

taggio

dell' evitare

dispendio

richiesto

per

con-

durre

la

guerra con maggior vigore, doveva esser pa-

gato a caro prezzo nellavvenire.


porre ad ambedue
effetto Agatocle,

si

dica che sar

parso ad Amilcare utile e glorioso per Cartagine d'imle

parti la mediazione
di

poich in
ri-

merc concessioni

pura forma,

ceveva Siracusa nelle sue mani. Quindi Timeo, che ad

che al 319, se realmente i moti democratici cominciarono conforme alla mia congettura nel 323. Respingere la notizia del Marmo Pario o peggio supporre con H. TiLLYARD p. 98 che vi sia un equivoco tra Acestoride

ed Agatocle

del tutto arbitrario.

La natura
il

della tra-

dizione pervenutaci su Agatocle e tale che non vi alcun


diritto di dubitare dell'intervallo tra

suo ritorno e la

usurpazione solo perch essa non


celo
criteri di verisimiglianza

ci

permette di spiegartali

di riempirlo d'avvenimenti.

Badando a
il

vaghi

dovremmo

del pari sopprimere

l'intervallo tra

il

10 decembre 1848 e

2 decembre 1851

che serv per apparecchiare la sua usurpazione a Napoleone


(1)
111].

Non

altro

pu

significare

Iustin.

XXII

2,

in ob-

sequia

Poenorum

iurat.

AGATOCLB
Amilcare imputava
il

153
d'Agatocle, ne spiega
i

la tirannide

procedere

supponendo che

tra

due

generali cor-

resse

un accordo segreto per


il

aiutarsi

scambievolmente
a dir vero, al-

nell'usurpare

potere, l'uno a Siracusa, l'altro a Carsiffatta

tagine

(1).

Ma

spiegazione

quanto dubbia, poich preparazione


era per
raccolto

alla tirannide

non

Amilcare

eedere

innanzi

ad

Agatocle, ma,

buon nerbo

di mercenari, riuscirne vittorioso.

Per renderci ragione della politica seguita dai Cartaginesi

convien piuttosto tener conto

delle

condizioni

dell'Oriente,

dove era sorta, per

effetto delle conquiste

d'Alessandro, la maggior
sino allora. Di fatto
i

potenza

che

si

fosse

vista
ca-

Cartaginesi,

ammoniti dalla

duta della loro metropoli, Tiro, dovevano spiare ansio-

samente
rigevano
notizia
l'Africa

propositi e gli apparecchi di coloro che dile

sorti

dell'

impero

macedonico. Se pur
alla

la

che

Alessandro

mirasse

conquista del(3),

cartaginese (2)

infondata

certo che

quando l'impero macedonico non si fosse spezzato, era inevitabile che i Macedoni si valessero per ulteriori
conquiste della loro smisurata superiorit
tutte le altre potenze del

militare su

mondo
:

ci"vile.

In questo stato

di cose era savio partito pei Cartaginesi attenersi

ad lina
dipar-

cauta politica di raccoglimento

dalla quale

si

tirono intervenendo con vigore nelle cose siciliane solo

(1) lusTiN.

XXII

2,

6.

Sulla

sua fonte
di

v.

Enmann Un-

tersuchungen

iiber die

Qnellen des Pompeius Trogus (Dor-

pat 1880) p. 181 segg. [Del


care
ci

modo
chi

comportarsi d'Amil-

non pu giudicar bene

non riesca a distinguere

che nelle fonti dato di fatto e ci che discutiDioD. XVIII, 4, 4. Arb. Anah. VII

bile interpretazione del fatto stesso].


(2)
(3)

1, 2.

NiESE op.

cit. I p.

186 [Diversamente giudica Kaerst

Geschichie des hellenistischen Zeitalters I p. 416].

154

RICERCHE DI STORIA ANTICA


si

quando
si

furono accertati che l'impero di Alessandro


che dai governatori

era sfasciato definitivamente e

in lotta tra loro

non era pi nulla a temere.


raggiunto con la pace di

Frattanto Agatoele non intendeva punto di fermarsi


in quei

termhii che aveva

Amilcare, tanto pi che ora disponeva di quello che

il

mezzo indispensabile per acquistare

la

tirannide;

poteva cio contare sulla fedelt delle soldatesche da


lui solo condotte tante volte alla vittoria nella

gueiTa

precedente. Queste milizie aveva dovuto allontanarle o


licenziarle

quando

rientr in Siracusa;

dizioni poco ordinate della Sicilia di allora


difficile

malterie connon gli fu


armi

trovare un pretesto a radunarle di nuovo nella


si

voce che alcuni fuorusciti


presso Erbita
de' suoi
(1).

raccogliessero in
le

Richiamate che

ebbe, con l'aiuto

fedeli soldati

cominci senza por tempo in


e

mezzo Agatoele ad arrestare


mariamente
sicurarsi in
i

a far condannare som-

suoi avversari.

Ma non

pervenne ad as-

questo

modo

il

potere senza molto spar-

gimento
prime,
si

di sangue, perch gli oligarchici, soqjresi sulle

prepararono

tosto

vigorosamente

alla

resi-

stenza e rimasero oppressi solo dopo aver combattuto

per

le

strade della citt

una pugna disperata

quelli poi

che caddero prigionieri furono da Agatoele parte messi


a morie senza alcun giudizio regolare, parte cacciati in
esigilo (310) (2).

Questa repressione degli oligarchici,

(1)

[Sulla
n. 2].

posizione

di

questa

citt

v.

Beloch

III

p.

188

(2) naturale che la fonte di Diodoro, cos avversa qui ad Agatoele, rappresenti questa sedizione come una orrenda strage d'inermi che non fanno resistenza: che meraviglia, se anche oggi, in condizioni molto diverse, ogni

conflitto tra

soldati

le folle

vien di regola rappre-

AGATOCLE

155

pronta, quanto, pur prescindendo dalle esagerazioni di


storici avversi al tiranno,

fuor di misura atroce, che ac-

compagn

la usurpazione,

non fu

ispirata

ad Agatocle

n da efferatezza di animo, n soltanto da odio o da sete


di vendetta contro
i

suoi avversari di prima.

Non

cru-

dele per natura n d'animo volgare,

maturo

d'anni, e

per quanto non


forte abbastanza

immune da
il

violenti impeti passionali,

per saperli domare, quando gli gioprincipale motivo delle sue cru-

vava

di reprimerli,

sentato cos dai giornali popolari? Se per non vogliamo


riputare

Agatocle un pazzo furioso, possiatao spiegarci

questi fatti solo nella ipotesi, anche in se molto verisimile, d'una resistenza armata da parte degli oligarchici.

Che resistenza vi fosse dice esplicitamente Polyaen. V 3,8, in un passo d'una certa importanza, perch uno dei
pochi resti a noi pervenuti della tradizione storica favorevole al tiranno. Polieno asserisce persino che
l'opposizione congiuravano contro Agatocle,
fece che prevenirli; ed possibile:
la versione
il

capi del-

quale non

ma

a questo punto

governativa diviene alla sua volta sospetta.


dirsi che H.

Non
data
col
si

pu

Tilltakd op.

cit. p.

56 abbia

for-

nito nuovi elementi per l'intelligenza di questi fatti.

La
317/6
ti-

desume

dal confronto di Diodoro che d


il

il

Marmo

Parlo che d

316/5 pel principio della

rannide di Agatocle. Conforme a ci Giustino XXII


riferisce al settimo

5, 2-

anno di Agatocle il suo sbarco in avvenne nell'agosto 810. Cfr. Beloch III 2 p. 201 Tra i Siciliani che presero ora la via dell'esilio da annoverare lo storico Timeo. Il suo esilio non pu
Africa, che

riputarsi

col

Susemihi.
I

Geschichte der grieci. Litteratur


p.

in der Alexandrinerzeit

665

n.

236 di vari anni pol'esilio, fu

steriore; poich egli, certo

durante
s.

in Atene

discepolo di Filisco (Suid.


tra
il

v. Ti|uaio;),

che

era

nato

400 e

il

390,

come

si

rileva

dalla sua elegia in

occasione della morte di Lisia].

156

KICERCHE DI STOKIA ANTICA

deit fa la ragione di Stato

(1).

Una monarchia
perch

mili-

tare era, vero, molto pi d'ogni altro governo adatta


alle condizioni della

Sicilia d'allora;
il

essa sola

permetteva di tenere a freno


dere
d'Italia: e le poteva

Fenicio e di provve-

efficacemente alla protezione dell'elemento greco

dare

gran
il

forza

il

tener
le

conto

degli interessi democratici e


dei Siculi

soddisfare

aspirazioni

grecizzati

dell' interno.

Manc
una

peraltro
si

ad

Agatocle una opportunit come quella che


a Dionisio
il

offerse

vecchio.

Dionisio
la

lotta

mortale

contro lo straniero, in cui

colpa dell'esito sfortu-

nato era del governo

repubblicano e in cui tutto un

popolo vedeva
d'assumere
resistenza.

la

sua unica via di salvezza in un pro-

fondo mutamento deH'indiidzzo governativo,

permise

la tirannide, sulle prime, quasi senza trovar

In difetto di tale opportunit, Agatocle do-

vette sostituirvi

invece

sgominasse

suoi nemici ed

un governo del terrore che una larga distribuzione


prova; perch natu-

di terre confiscate che

acquistasse al tiranno gran nu-

mero

di partigiani fedeli a tutta


i

ralmente chi possedeva


poterli

beni dei proscritti sapeva di

conservare

soltanto finch

Agatocle

si si

fosse

mantemito

al potere.

Per questa via adunc^ue

mise

(1)

A ben

giudicare di Agatocle convien muovere da


Ti<;

PoLYB. IX 23, 2:

vov ox ioTpriKe
irpibrac;

biTi

yp 'AYaOoKXa tv ZiKeXiai; TpavEaq d)|uTaTO(; elvai kot tc,


ti^v

TnPo\(;

ko

KaraOKeui'iv

Tf)^

buvaoTeiat;,
ZiKeXiuuxuv

|U6T
pxi'iv

ToOra
anche
35, 6
:

vofiaac,

gepaiuuq

veaGai
boKt
evai

ty]v

TtvTUJv
il

i^iuepuuTaTOc;

Kal

ttp^totoi;

Cfr.

giudizio di Scipione Africano presso Polyb.


Koi

XV

TTttXiov

iKiTriuuvd qpaai
p(juTr|0^vTa

tv irpATOv
rivai;

KaxaTToXeiLinaavTa
Xaiu^dvei
e7T6v

Kapxriboviou<;

Tto-

TTpaYMOTiKiJUTaTOuc;
Tiep

vbpac,

koI

ToXiLiripoTTOuq

Toq

'AyaeoKXa ko Aiovaiov to^ ZiKeXitTat;-

AGATOCLE
egli senza scrupoli, col

157

proposito di giovarsi del vanle


i

taggio

momentaneo che

violenze

opportunamente

usate gli davano sopra


la

suoi nemici per mostrare che


lui

monarchia militare da

fondata era in grado di

rialzare le sorti della nazione ellenica in Sicilia (1).

Frattanto, compiuta la usurpazione


tocle di rientrare
di tutto dare

parve ad Agalegali e

formalmente nelle vie

prima

un fondamento legale
furono

al

suo

potere.

Convocata un'assemblea popolare,


turale,
altri
soli

in cui,
i

com' naamici
(gii

ad intervenire

suoi

avevano ormai imparato quanto poteva costare


vi di

una opposizione importuna, sicch opposizione non


poteva essere neanche
forma),

Agatocle,

giustifi-

cando

il

suo operato con l'interesse della democrazia,


ogni potere
nelle

dichiar di deporre

mani del popo'


di

polo; e fu nominato stratego


(oTpaxriYi; aTOKpdTuup)
(2).

con pienezza di poteri


in casi simili, che fu

Non manc un

commedia:

la

commedia usuale

suoi intendimenti nazionali (1) [Simbolo di questi probabilmente la triquetra che, come ben vide A. Holm,

siciliane.

appare per la prima volta sotto Agatocle nelle monete Essa a torto stata riputata una specie di suo
v.

stemma personale,

Hill Coins of ancient

Sicily

(West-

minster 1903) p. 152 segg. Historical Greek coins (London 1906) p. 110 segg. HoLM Geschichte Siciliens III p. 679],

La opinione comune
neta a
(2)

tanto

meno

verisimile in quanto

che Agatocle lino alla spedizione dAfrica non coni mo-

nome proprio, ma a nome del popolo siracusano. Non pu determinarsi con sicurezza se Agatocle
e in

deponesse dopo un certo tempo la dittatura


caso con qual veste legale potesse

questo
di

governare
si

prima

assumere

il

titolo regio.
i

Non

per improbabile che,


facesse eleggere

deposti prontamente

pieni poteri,

regolarmente stratego anno per anno.

158

BICERCHE DI .STORIA ANTICA


volta non per divertire o
la sola

rappresentata anche questa

per perdere tempo,

ma

con

mira

di far apparire
la in

come vera espressione del libero suffi-agio popolare nomina sanzionante il potere che egli gi aveva

mano

che era risoluto a conservare ad ogni costo.

II.

di

La guerra

in Sicilia.

Prima cura

Agatocle fu riempire

il

tesoro e gli

arsenali e apparecchiare l'esercito: preparare in


ci che era necessario per colorire di

somma
disegni

nuovo

di

Dionisio
gli

il

vecchio
le

al

che di non piccolo giovaa

mento

furono
le

confische

danno dei

proscritti.

Frattanto

citt dellinterno

che avevano sostenuto


la

Agatocle esule riconobbero naturalmente


torit;
e

sua au-

quanto
il

alle

maggiori

citt

greche, prima

che, avvertito
si

pericolo e sopite le piccole discordie,

fossero

unite

per

opporglisi,

gi
di

la loro

opposi-

zione

non aveva pi probabilit


Infatti

successo

senza
carpiti

soccorsi estemi.
nelle

con l'aiuto dei denari


abbienti, nel

confische

della violenza usata senza rispetto e

del favore delle classi

meno

314

egli gi

dominava su oltre la met della Sicilia greca, mentre non si conservavano indipendenti e avverse a lui che Messana Agrigento, Gela con un certo numero di
,

citt

dell'

antico
tre
se

territorio

dei

Siculi.

Delle imprese
quasi

di

questi
se

anni peraltro

non

conosciamo

nuUa,
l'esito

ne

toglie

solo qualche particolare sul-

infelice

della

sorpresa

che Agatocle tent su

Messana (315/4)

(1) e sulla

guerra che ne segu. Anche

(1)

DioD.
;

XIX

65
v'

[La data fornita da

Diodoro

certa

ma non
il

ragione sufficiente per allontanarcei

riferendo

fatto al 316. Se Cassandre nell'estate del 31

AGATOCLE
questa guerra fu composta dagli
ginesi,
tal
i

159
ambasciatori
carta-

quali rimproverarono Agatocle di violare in


i

modo

patti,

quei

patti cio intorno

all'auto-

nomia

delle citt

greche ch'erano contenuti nell'antico


trattato che Agatocle avr

trattato

con Timoleonte,

dovuto anche per

tal rispetto

confermare prima d'esser

riammesso nel 318

in Siracusa.
le citt

A
una

questo punto

greche ancora indipendenti,


e Gela, si avvidero che
il

in specie Messana,
stretta

Agrigento
e
la

unione

una guerra vigorosa erano


Di fatto
i

solo

modo
ancora
a

di
il

salvare

propria autonomia, se pure era


la sorpresa tentata

tempo

di salvarla.

Messana aveva mostrato

pericoli

che anche

le

citt

maggiori correvano per parte d'Agatocle.

se

per quella volta Messana era stata protetta dalla di-

plomazia cartaginese, l'intervento diplomatico di cui


pareva che
i

Cartaginesi intendessero appagarsi, anche

fidando nella sua efficacia quando

giungeva a tempo,

non dava troppa sicurezza


scutevano
,

di salute:
,

mentre
aveva

essi di-

Agatocle

agiva
che

e
si

gi

occupato
del

molto
di

terreno

prima

fossero

ricordati

trattato che guarentiva l'autonomia delle citt gi-eche


Sicilia.

Per questi timori, che


di tener

fuorusciti di Si-

racusa e delle altre citt greche

cadute in

mano

di

Agatocle avevano cura


debolezza,

sempre

desti, si

pre-

par dunque la guerra: alla quale, consci della propria


i

nemici del tiranno, poich non potevano


Cartaginesi,
li

avere aiuti dai

domandarono

alla

ma-

drepatria, inviando un'ambasceria nel Peloponneso.

s'impadron d'Apollonia, che


recandosi nell'Occidente, non
tare che la spedizione

Acrotato
si

aveva occupato
di

pu

qui argomen-

d' Acrotato

spetti al 315 (Beloch

Gr. Geschichte III

2,

202)].

160

RICERCHE DI STORIA ANTICA


era

Disgraziatamente

quello

il

momento meno
non

op-

portuno per ricercar


rebbe
parso
vero

di soccorsi la Grecia. Infatti Gas-

sandi'o, al quale in circostanze


di

pi propizie
a

sa-

atteggiarsi

protettore

degli

oligarchici siciliani, aveva abbastanza a fare nella penisola,

dove infuriava

la

gaeiTa tra

suoi

partigiani

e quelli di

Antigono
degli

neppure giovava
e

di rivolgersi,

per averne

aiuti

un duce com'era

stato Ti-

moleonte, a Corinto, che in quel

momento
di

dominata

da una donna
figlio

Cratesipoli, la

vedova

Alessandro

di

Poliperconte,

era

travolta nel vortice della


si

lotta.

Sicch gli ambasciatori

indirizzarono alla sola


contesa, Sparta;
a

citt che si tenesse al di fuori della

e sebbene

anche Sparta non

si

attentasse

muover
all'

gueri'a

Siracusa quando da un

momento
la

altro

poteva esser costretta a lottare per


vi

propria esistenza,

trovarono almeno un principe della casa reale degli

Agiadi,

Acrotato

figlio

di

Cleomene

III,

a cui non

riusc discaro di porsi a capo della lega contro

Aga-

toele nobilitando la causa degli oligarchici

col

nome

glorioso

degli

Eraclidi.

Dalla madrepatria non con(1);

dusse Acrotato che poche navi (314)


a partecipare alla lotta. Senonch

ma, Spartano

ed Eraclide, indusse Taranto, come colonia spartana,


il

giovane principe

intendeva che

Sicelioti lasciassero a lui la direzione


;

assoluta dell" impresa

ed egli che era parso custode


ai

troppo rigido della disciplina


pi doveva apparir

Lacedemoni, molto
i

tale ai collegati,

quali

si

pro-

(1) V.

DioD.

XIX

70 seg.

alla nota precedente:

d il 314 Beloch 1.

3
e.].

|Ma per la data La fonte di Dioin altro

doro qui tanto favorevole a Sosistrato quanto avversa

ad Acrotato. Ma altrove Sosistrato modo, XIX 3, 3.

giudicato

AGATOCLE

161
di Agatocle,

ponevano

di

rovesciare

la

tirannia

ma

non volevano gi sottoporsi a tal uopo ad un governo monarchico. Si aggiunga che l'aspettazione di grandi
successi dei

nuovo duce veniva delusa

eppure, senza

che possiamo giudicar del suo procedere nel rispetto


militare n riscontrare

quale fondamento avessero

le

molte

altre accuse che gli

muove

la tradizione, certo

che solo

un pronto successo avrebbe potuto consosua autorit.


Invece che col vincere
il

lidare

la

ne-

mico, egli credette di consolidarla quando, stanco della

opposizione del suo

piti terribile

rivale,

Sosistrato,

il

capo dei fuorusciti siracusani,


assassinio
lerato,

lo fece tiiicidare.

Tale
tol-

se

forse

dopo una

vittoria
di

si

sarebbe
;

prima era certamente fuori

tempo

il

mal-

contento, ingrossando a ribellione, indusse Acrotato a

una fuga ingloriosa.

Ma
rentini
la

con

ci,

partite le poche sue navi, partiti

Ta-

che

solo per riguardo a lui avevano sposato


la

causa oligarchica, caduta

speranza che da ogni


sotto
le

parte del
siceliote

mondo greco
avventurieri

accorressero
indotti

insegne

ad

arrolarsi

dal

nome

del capitano, volse a

rovina l'impresa.

potendosi

indurre Amilcare

ad

abbandonare

la

sua politica di

non intervento,

collegati, fatto ricorso

appunto
la

alla

sua mediazione, trovarono opportuno di fermar la pace

con Agatocle o per dir meglio


gi conclusa tra
i

di

rinnovare

pace

Cartaginesi e Timoleonte, che gua-

rentiva alle citt siciliane l'autonomia pur riconoscendo


il

primato di Siracusa

(1).

Sifatta

autonomia per

le

(1)
I

sero
il

impossibile che senza guei'ra i Cartaginesi facesad Agatocle una concessione cos importante come
questa non
era gi contenuta nel trattato

'

riconoscimento della egemonia siracusana sulle citt

siceliote, se

concluso con Timoleonte.


G.

De

Saxctis, Per la scienza dell'antichit..

11

162
citt

RICERCHE DI STORIA ANTICA


gi

occupate pacificamente

o a forza da

Aga-

tocle, conservata nelle forme, era nella sostanza lettera

morta;
altre,

ed

egli

profitt

della

pace

per

occuparne
(1).

senza che alcuno in Sicilia potesse impedirlo

In breve anche Messana [che non aveva voluto far

pace d'accordo con

le

altre citt (2)]

venne

in potest

(1)

DioD.

XIX

72.

[A questo
le

periodo

agli anni se-

guenti potrebbero spettare


e di Tindaride, su cui v.

monete federali di Lipari Tropea II settentrione greco della


'

Sicilia in

'

Riv. di storia antica

(1901).

Hill Coins of

ancient Sicily p. 181, se per esse appartengono realmente


alla
fine del sec.

IV;

ove potessero ritenersi alquanto


si

posteriori arriderebbe piuttosto l'ipotesi che

tratti di

una lega contro


(2)

Mamertini].
a questo passo
III 1 p.
e

[Cos DioD.

corretto l'altro

XIX 102. Conforme XIX 71, 6. Cfr. Beloch


segg. propone
3,

va.

192 n.

2.

questi anni E. Pais Ricerclte storiche


di

geografiche sulriferire
il

Vltalia antica p. 201


cui allude PoLYAEN.

fatto

6:

'A-faeoxXnq

iaxiXiouq orpajc;

TiUiToc; auvTeTaY|H6vou(; tl^MOe irap


3r|a|uevo(;
<;

ZupaKOuaiuiv

bia-

xriv OoivKr|v,

qpaOKUJv tjv KCt Tivac; irpo-

^ibvrai; luex oiroubric;


oi

aTv KaXev. 7riaTuaavTe(; Iujkov


<t>oiviEi

ZupaKaioi

hk

Xa^iv toc; OTpaTUJuxac;

\xiv

luaKpv xcipciv ^qpn- pixr\aac, 6Tr toc; oumudxouc; x Tiep Ti'iv Taupo|U6vTiv qppoupia Kax^aKavyev. Egli suppone
'

che Polieno nella sua fonte trovasse detto che Agatocle


stato
'.

finse di essere

chiamato dai traditori della

citt

siciliana

di OoIviS

Agatocle avrebbe dunque annunche nella citt


a riceverlo e si
traditori

ciato all'assemblea popolare di Siracusa


di

Phoinix

vi

erano

pronti

pubblicamente duemila uoquanto pare, E. Pais propone questa ipotesi sul serio. Del resto OotviE non era punto una citt, ma una semplice stazione, ed evidente che in Appian. h. e. V 110 rrXiv va corretto in ttXiv. chiarissimo che, come ha ben visto lo Schubebt p. 200 seg..
sarebbe fatto dare all'uopo
Il

mini.

peggio

che, a

AGATOOLE
del tiranno, mentre Gela con

163

una apparente sottomispropria

sione

cercava

di
e

salvare
i

la

autonomia

(1).

Solo

Agrigento

fuorusciti
essi la

cedere.

Ma

anche per
Agatocle.

non erano disposti a resa non pareva dovesse


il

tardar troppo, poich non potevano resistere da soli


alle forze di

Quando per

tiranno mosse

su Agrigento (312/1), come qualche anno prima per

Messana,
rosit,

Cartaginesi

desistendo dalla loro inope;

mandarono

nel porto sessanta navi (2)


ritirarsi
il

onde

Agatocle dovette

senza nulla aver ottenuto.

Del resto anche ora

tiranno poteva benissimo schi-

vare la guerra con Cartagine se dichiarava che avrebbe


lasciato

Agrigento nel tranquillo possesso della sua


e

autonomia
provincia

se

continuava a tenersi lontano dalla


Cos qualche anno prima, alla

cartaginese.

richiesta dei Cartaginesi,


in

non aveva
tanto

esitato a lasciare

pace Messana, per

ricominciare poi

tempo opla

portuno l'impresa
fece cos e rispose

differita,

che ora

citt si

trovava in sua mano.

Se Agatocle questa volta non


di

all'intervento

Cartagine

inva-

deva accennarsi nel passo di Diodoro ad una spedizione


contro
i

Cartaginesi (0ovik(;), ed pur chiaro che Aga-

tocle pot senza alcan inconveniente dire che'non gli

man-

cavano amici nella provincia cartaginese


di

di Sicilia (che

questa probabilmente

si tratta).

Caratteristico del resto.


si

per la accuratezza con cui E. Pais


stioni ch'egli
sul principio della tirannide di

occupa di

tali

que-

ammette a proposito
il

del dato di Eusebio

Agatocle potersi supporre

'che
vi

leronimo

Sincello s'ingannino e che qui ad es.

siano dei soliti errori materiali di cifra fra CXIV, li


IIII': dove mostra di dimenticare che Giorgio Sinun Greco e gli attribuisce una data che non sua]. Ci da ricavare da Diod. XIX 107.

CXV,
(1)
(2)

cello

Diod.

XIX

102, 8.

164

RICERCHE
e

DI

STORIA ANTICA

dendo
con
la

devastando
s'

la provincia cartaginese, chiaro

che ormai

era

risoluto

alla

guerra.

Riunita infatti

violenza quasi

tutta la Sicilia

greca sotto

il

suo dominio, convenivagli ora mostrare


della guerra, oltre ad acquistarsi
partiti

la legittimit

dell'opera compiuta vincendo lo straniero. Per


il

mezzo
tutti
i

favore di
di

corrispondere
collocato
l'

all'aspettativa
la

quelli

che

avevano

in

lui

loro fiducia, sperava di


la gloria del successo,
il

cementare
mantenersi

opera sua con

che doveva dispensarlo da ogni ulteriore crudelt per


al potere.

Ma
egli
si

la

guerra con Cartagine nelle condizioni

in

cui

trovava era non poco rischiosa.


,

Vinto in una
lo

sola grande battaglia

doveva aspettarsi Agatocle

sfacelo del suo impero, che

non aveva avuto

il

tempo
e

di consolidare, e l'assedio di Siracusa per


terra; vincitore invece

mare

per

non avrebbe mai potuto cacciare i Cartaginesi di Sicilia finch non costruiva una armata atta a contendere ad essi il dominio del mare:
armata di cui mancava, probabilmente per aver dovuto spendere fino allora tutto il suo denaro nel comperarsi degli amici e nel tener sotto le

armi
si

tanti

mer-

cenari.

Se

in

tali

condizioni

Agatocle

commise
di

senza esitare alla fortuna delle armi, ci vuol dire che


egli si avvis, per rispetto alla opinione pubblica,

non poter pii tardare, sapendo meglio de' suoi storici che un governo fondato principalmente sulla violenza non dura mai a lungo. Aflfidavasi il tiranno alla vigoria del sentimento nazionale greco,
militare,
al
al

proprio genio
ai

difetto

d'energia e

alla

ripugnanza

grandi
i

sacrifizi di cui

molte volte avevano dato prova


che
Cartaginesi avvertendo

Cartaginesi.

Ma

quest'ultima previsione, almeno sul


;

principio,

non s'avver

la gravit della lotta in cui

erano impegnati, ora chej

l'unit dell'impero d'Alessandro

pareva definitivament

AGATOCLE
distrutta
e

165

dei

governatori rivali non era punto da

temere,

si

disposero

ad abbandonare
i

la

loro politica
i

remissiva. Cos
alleati

quando

fuorusciti siracusani e

loro

ebbero inviato un'ambasciata a Cartagine moCartaginesi

strando la condizione grave delle cose e querelandosi


d'Amilcare,
i

si

apparecchiarono seriamente
e

ad opporsi con l'armi ad Agatocle

destinarono

al

comando
gone
(1).

in

Sicilia

un

altro Amilcare, figlio di Gis-

Non

mio proposito narrare come


il

il

tiranno fu

sconfitto dai Cartaginesi nella

grande battaglia campale

d'Ecnomo presso

fiume

Imera

(310)

(2).

Dopo

(1)
(2)

DioD.

XIX

103.
i

Si discute tra

lusTiN. XXII 3. moderni intorno

alla data della bat-

taglia deirimera. Diodoro, che la narra al 311/0,

pone

al

310/9 [d'accoi'do col

Marmo
si

Parlo] la partenza d'Agatocle

per l'Africa. Or di questa

determina

la data dalla eclissi

solare del 15 agosto 310, che accadde

mentre Agatocle

navigava alla volta della Libia (Diod.


taglia deirimei'a poi ebbe luogo al
(DioD.

XX

5,

5).

La

bat-

tempo
il

della canicola

XIX

109, 5

ir

Kva

o0r|(; xf\c, oipaq),

ma prima

che fosse fatto o almeno compiuto


il

raccolto del grano,

quale avviene in Sicilia a giugno, in

modo che Agadopo (XIX


la bat-

tocle tornando a Siracusa

un certo tempo

taglia Tv -n
cfr.

Tf)<;

x^^P^'i <7?tov ireKiui^e

110, 5,

110,

2).

Il

rapido allestimento della

spedizione nel-

l'intervallo tra
colt.

che

giugno e agosto non offre alcuna diffisi incontrano invece supponendo Cartaginesi dopo aver tanto acquistato del terGravi difficolt
trascorrere
pii di un anno prima di [Quanto alla battaglia stessa,

reno, lasciassero

assalire sul serio'Siracusa


il

racconto di Diodoro un elaborato retorico in cui


sbaglia

non

si

riconoscendo la
sul serio
lo

mano

di Duride.

Ed

diffi-

cile

prendere

sbarco di truppe cartaginesi


dall'Africa per co-

venute proprio nel

momento buono

166
questa rotta,
ginesi

RICERCHE DI STORIA ANTICA


si

chiuse in Gela, sperando che

Carta-

avrebbero

perduto

tempo ad

assediarlo.

Ma

Amilcare, dopo aver tentato inutilmente di


d'assalto Gela,
citt
si

prendere
le altre

occup invece di acquistare


a

che
il

gli

aprivano

gara

le

porte,

costrinse
in

cos

tiranno ad abbandonare Gela

per

ritirarsi

Siracusa.

III.

Uhnpresa

d'Africa.

I Cartaginesi si

avanzavano senza contrasto prepala

randosi a stringer Siracusa d'assedio. Chiusa che fosse


la citt

per mare e per terra,


Infatti

sua caduta pareva


si

inevitabile.

soccorsi

non
la

potevano sperare

dall'Oriente ellenico,
stata altro che

dove

pace del 311 non era

una tregua

nella lotta

impresa contro
e Cassandro,

Antigono da Lisimaco, Seleuco, Tolemeo


e

quindi

nessuno dei governatori poteva desiderare


difficile

d'impegnarsi in una guerra lontana e


i

contro

Cartaginesi.

Anche meno
cui

era da confidare neUe poe


rifinite dalle

tenze greche di minor conto, stanche

guerre dei Diadoclii in


si

di

buona o mala voglia


via
di

trovavano implicate.

allora

Agatocle cerc una


in Africa.

salvezza
s
;

nel

tentare

uno sbarco

Ad una
s'

impresa

au-

dace dai Greci di Sicilia non

era pensato mai

ma

la generazione di cui la giovinezza s'era

esaltata ve-

dendo

la

caduta dell'impero persiano vinto dalle ai'mi

gliere alle spalle

Greci

d' Agatocle.

Non

si

tratta pro-

babilmente che di qualche centinaio di iripTai sbarcati dalla squadra cartaginese che stazionava nel vicino
porto di Licata].

AGATOCLE
greche
e le

167

conquiste d'Alessandro
se

Magno

nel lontano

Oriente era,

altra mai, disposta a iniziative ardi-

mentose.

Certo

era

assurdo
la

sperare di sottomettere

Cartagine e di abbattere

potenza cartaginese o anche

solo di fondare per Siracusa

un impero africano finch


sufficiente

non
tocle

si

costruisse
il

un'armata

contendere

ai Cartaginesi

dominio del mare, armata che Aga-

non possedeva e che adesso gli era materialmente impossibile di mettere insieme. L'impresa dunque non mirava a porre piede stabilmente in Africa, ma
solo ad operare una diversione (1);

ed

era

possibile

che fruttasse grandi

vantaggi. Si poteva infatti sperar

con fondamento una ribellione


diti e
gli

generale

tra
gli
i

sud-

alleati

cartaginesi,

malcontenti

uni e
Cai*ta-

gli altri del

dominio della

citt.

In tal caso
di

ginesi, che erano

anzi tutto

un popolo

commereco-

cianti e gi molte volte

avevano mostrato
i

di preferire

ad una guerra necessaria


nomici
della

momentanei vantaggi
loro loro
sudditi,
cio

pace,

privi dei

prodotti del loro ricco

territorio e dei tributi

dei
della

d'una
con-

delle
offrire

fonti

principali

ricchezza,

potevano

ad Agatocle buone condizioni in

Sicilia se

sentiva a sgomberare l'Africa.

Se poi invece di far


di

pace richiamavano di Sicilia una parte delle forze


agevolata senza dubbio
vero
neir interesse dei

Amilcare e forse lo stesso generale, ne sarebbe stata


nell' isola la resistenza.

dir

Cartaginesi

non era n con-

(1)

Del tutto errato mi sembra

il

giudizio che di Aga-

tocle porta lo

HoLM
weil

II

280:

'

Er

zieht es vor in Syrakus

zu

herrschen,
ist,

Syrakus die

mchtigste Stadt

des

Westens
"wir

aber

er hngt so

wenig an Syrakus, dass

ihn bald sogar Sicilien verlassen sehen, Reich in Afrika zu grunden '.

um

sich ein

168
eludere
la

KICERCHE DI STORIA ANTICA


pace n
richiamare
di
Sicilia

l'esercito.

Come
nelle

Cartagine non correva alcun pericolo di cadere

mani
la

del nemico, bisognava continuare vigorosaSicilia


,

mente

guerra di

e allora

tolto

il

caso di

gravi errori militari, la resa di Siracusa era inevitabile.

Caduta poi Siracusa, radunando


e

in Africa tutte le forze

facendo grandi leve di mercenari, non sarebbe stato

difficile

domare

la

sollevazione.
la

Ma

anche

se

il

go-

verno cartaginese sosteneva

gueiTa con quella sa-

viezza e costanza di cui forse

non diede molte prove,


:

v'era un'ultima probabilit favorevole al tiranno


cio
i

che

prosperi successi che Agatocle contava di connei


(jrreci

seguire in Africa riscaldassero

di Sicilia
le

il

sentimento

nazionale
i

e
;

facessero

insorgere

citt

greche contro

Fenici

a pochi infatti poteva sfuggire


la

che se Cartagine vinceva questa gueira,

Sicilia sa-

rebbe divenuta una provincia cartaginese.

L'impresa peraltro non era scevra di


pi grave era
la difficolt finanziaria,

difficolt.

La
cui

perch conveniva
esercito
il

armare

tenere

in

piedi per anni

un

nerbo principale era costituito di mercenari, mentre

non
cui,

v'

era

alti-a

entrata regolare
e

che

le

rendite della
stesso in

sola citt di Siracusa,


col
teri'itorio

ci

nel

momento

occupato dal nemico


Siracusa era

e col

blocco

marittimo della
questa

citt,

privata dei gua-

dagni del suo commercio. Si avevano due mezzi per


vincere
difficolt,
e,

sfortunatamente per
all'altro. Il

lui,

Agatocle ebbe a ricorrere all'uno ed


consisteva
ziario
;

primo
di

nelle

uccisioni e
a

confische

a scopo finan-

un espediente

cui

non

si

vergognarono

ricorrere in tempi di strettezza n la democrazia ateniese n gli imperatori romani.

dir vero,

anche se
di

prescindiamo da quanto
riprovevole sotto
l'

tal

provvedimento aveva
,

aspetto morale e umanitario


alla

esso

non poteva

giovare

popolarit

di

Agatocle n

AGATOCLE
indurre
fiduciosi
i

169

Greci delle altre citt dell'isola a rivolgersi


a
lui e

ad

aiutarlo

contro

il

nemico della
le

nazione. V'era poi l'altro mezzo di far pagare


di

spese
li-

guerra

ai Libifenici

ed

ai

Libi cui
;

si

offiiva la
il

bert dal dominio cartaginese

ma

questo era

modo

di raffreddarne la fiducia e lo zelo,

mentre nella lotta


ricori'ere a sif-

contro Cartagine essi erano istrumenti tanto necessari.

Eppure doveva
mercenari
se

riuscire inevitabile

il

fatto espediente, perch


i

bisognava pagare lautamente


fedelt,

si

voleva contare sulla loro


senza dubbio

tanto pi che Cartagine

avrebbe fatto

ogni sorta

di offerte per guadagnarseli.


il

Ma

ad ogni

modo
Con

questa la ragione per cui

tiranno non ebbe

dai Libi che

un aiuto
sua

assai malfido.

rapidit e segretezza mirabile fece Agatocle gli


della

apparecchi

spedizione.
i

si

procacci

il

denaro con prendere a prestito


dei
pupilli,

beni dei templi e quelli

con

requisire

gli

oraamenti
la

in

metalli

preziosi e finalmente,

secondo

nostra tradizione, fa-

cendo assassinare da' suoi mercenari fuori di Siracusa

un

certo

numero
i

di

cittadini ricchi che

avevano procitt
(1).

fittato

del suo permesso di lasciare la

Dal

canto loro
sbarco
in

Cartaginesi

se

avessero preveduto

Africa, avi'ebbero certo


;

preso

uno tempo le
possiamo
i

precauzioni necessarie per impedirlo


far loro

ma non

gran colpa se non credettero possibile che


ridotti

Siracusani,

ormai

agli estremi, tentassero

una

(1)

DioD.

XX

4. lusTiN.

XXII

4.

Cfr.

Polyaen.

3, 5.

Quanto all'ultimo assassinio, qualcosa di simile attribuito a Sosistrato in Polyaen. V 37. Questo basta per destare qualche dubbio sulla precisione del racconto per quanto e difficile dubitare che un certo numero di uomini ricchi avversi ad Agatocle siano stati messi a morte principalmente per far denari.
;

170

RICERCHE DI STORIA ANTICA


pensato in condizioni
la

impresa cui non avevano mai


pili

prospere.

Cos,

ingannando

sorveglianza del-

l'armata

cartaginese

che volteggiava davanti a Sira-

cusa, la squadi'a di Agatocle pervenne senza troppa difficolt

ad approdare

al
i

capo Bon nell'agosto del 310 (1)


Cartaginesi, raccolte quante solle

In questo frangente

datesche erano disponibili,

inviarono contro

Greci.

Ma
rono
le

quanto superiori
la vittoria

di

numero, tanto

inferiori

per

disciplina e valore, queste tnippe raccogliticce lasciaalle milizie del tiranno.

ci

secondo

nostre fonti contribu grandemente Bomilcare che,


dei

morto uno

generali

cartaginesi,
alla

rimase solo

al

comando; poich, aspirando


tocle
in

tirannide e
la

persuad' Aga-

dendosi che potesse riuscirgli utile


Africa
,

presenza

avrebbe senz' altro ordinato


che Bomilcare
d'

la riti-

rata (2). Tale asserzione per apparr alquanto incerta

quando

si

rifletta

avrebbe avuto assai


la tirannide se

maggiore opportunit

usurpare
liberato

con

una

sola battaglia avesse

Cartagine dal suo

pericoloso e pugnace nemico (3).

Questa vittoria fa

(1)
(2) (3)

V. sopra p. 16 n.
DioD.
'

2.

XX

10.

13. lusTix.

XXII

&,

5 seg.

The remark
is

have been the best


to

De means
of

Sanctis that a victory would


of ensuring

Bomilcar's
115

rise

power

quite against ali our knowledge of Cartha'.

ginian history
quindi secondo

Cos
sig.

H.

Tillyaed
le

p.

n.

1.

Pare

una moderne, dove i generali per aspirare alla tirannide dovevano non vincere, ma farsi sconfiggere; e pare ch'egli non riil

Tillyard che Cartagine

fosse

repubblica diversa da tutte

altre antiche e

cordi affatto per qua! via la casa

di

Magone prima

quella d'Amilcare Barca

poi

acquistarono a Cartagine
1

un potere che

e stato

paragonato non a torto a quello

della casa d'Orange in Olanda].

AGATOCLE
ad ogni

171

modo
Di
citt
il

il

segnale di una serie di defezioni tra


i

gli alleati.

ci

Cartaginesi rimasero atterriti

e,

seb-

bene

la

non corresse pericolo immediato, non


loro territorio cadesse in
sudditi

volendo che
tocle
e
i

mano d'Agadel-

loro

fossero concitati a ribellione,


la migliore,

richiamarono una parte, naturalmente


Tesercito di Sicilia (1);
tinaie

grave

errore

poich l'esito

della

guerra dipendeva soprattutto dalle sorti

dell'assedio di Siracusa.

Ad

ogni

modo

ora la condidi-

zione delle cose

in

Africa cambi.

Anche senza

scutere
pei'

particolari del racconto di Diodoro,

questo

ne appare evidente, che Agatoele non solo non


fare

pot

nuovi
i

acquisti

ma

perdette

in parte gli
il

antichi. Invece

Cartaginesi tennero sempre

campo

di fronte a lui, e per quanto, stando alla nostra fonte,

venissero pi d'una volta battuti,


soffrire

per

queste sconfitte

perch

non molto dovettero non ismisero di


a chieder
insi-

fronteggiarlo e non pensarono

menomamente

pace. In tale stato di cose Agatoele

non poteva

stere troppo presso gli alleati per riscuoterne tributi, e


la

paga

ai

soldati

non correva regolarmente


i

di

maniera che tenere assieme


costituivano
difficile

turbolenti mercenari che


si

gran parte del suo esercito poco


suoi disegni

rendeva
del

per
i

una sommossa non mand


(2).

tutto a male

Ma

ora avvisando di

vittorie,

non poter indurre i Cartaginesi alla pace senza grandi e temendo d'essere abbandonato da' suoi mer-

(1)

DioD.

XX

15,

1.

16, 9

[Riportare
le milizie

come

altri fa al

309,

dopo giunte in Africa

inviate

da

Amil-

care, le conquiste

d'Agatocle

narrate da Dico.

XX

17,
al-

importa non solo respingere la tradizione,


lontanarsi dalla verisimiglianza].
(2)

ma

anche

DiOD.

XX

33 seg.

172
cenai',

RICERCHE DI STORIA ANTICA


prese Agatocle una deliberazione di non piccolaj

gravit.
il governatOTe Ofela, domata conj Tolemeo Sotere una sollevazione (1), aveva| raffermato la sua autorit e raccolto numerose solda-

Nella Cirenaica

l'aiuto di

tesche.
si

Agatocle
a

lo

ricerc

d'aiuto:
se

ma

certo,

determin

questa

richiesta

non perch
Ofela

parve di non poter fare diversamente.


infatti nel territorio cartaginese provvisto

veniva

anche meglio

che

il

tiranno di denavi e di uomini; e naturalmente


agli aiuti
il

doveva pretendere un'autorit proporzionata


che recava. Ci

non garbava ad Agatocle,


della
e

quale

voleva la libera direzione


zioso e uso a
felice successo

guerra perch ambiil

comandare

perch consapevole che

dipendeva appunto dalla sua direzione.

E
le

tanto pi doveva questa essergli a cuore in quanto


ricchezze di Ofela avrebbero forse permesso di camil

biare

piano della guerra

e,

messa insieme un'armata

navale, di assalire Cartagine anche per

mare ottenendo
il

successi insperati: successi di cui la gloria e


fitto

pro-

ambiva per

s e pe' suoi Sicelioti,


il

ai quali

non
sesi

doveva essere carpito


colare con Cartagine.
fosse costituito

premio

della

fiera

lotta

Ci senza dire che se Ofela

un impero

nel territoi-io cartaginese,

sarebbe stato pei Greci di Sicilia un vicino forse pi


pericoloso dei Cartaginesi stessi. Oltrech, accettando
in

buona fede

il

soccorso d'Ofela^ Agatocle

si

esponeva

allo stesso pericolo a cui

and incontro Ofela accetd'

tando in buona fede


tiranno
fosse

l'invito

Agatocle.
in

Pertanto

da credere che quando chiam Ofela


il

suo soccorso,
valersi

aria

fermamente a risoluto

(1)

DioD.

XIX

79.

singolare

che

proposito

di

questa sollevazione Ofela non e neppur menzionato.

AGATOCLE
delle

173

sue

truppe

de' suoi

denari,

ma

a liberarsi

senz'altro di lui.

Certo,

pur non

essendo

uomo
un

che

considerazioni morali potessero ritenere da

delitto

politicamente utile, antivedeva Agatocle die dopo un


simile atto di perfidia

nella fiducia d'un alleato

non avrebbe pi potuto contare ma pensava che non v'era


;

pi bisogno di racimolare alleati se

il

tesoro e

soldati

d'Ofela uniti co' suoi gli davano la vittoria definitiva


sui Cartaginesi.
l'alta

Che

se Ofela

governava Cirene sotto


la

sovranit di Tolemeo,

sua pretesa dichiara-

zione

d'indipendenza non essendo che una congettura


(1),

moderna
troppo

lemeo per ora movesse

non per questo era da temere che Tole armi per vendicarlo, sia perch

implicato nelle contese dei Diadochi, sia anche

perch forse non gli sarebbe dispiaciuto di veder levato


di

mezzo
Ofela

il

potente satrape per poter dominare anche

pi assolutamente nella Cirenaica.


d'altra

parte

accett

volentieri

l'invito, al-

lettato dalla speranza di formarsi

a spese

dei Carta-

Combattuta a buon diritto dal Uercke Rhein. MuXLII (1887) p. 265. [Non mi sembra fondata la difesa che ne fa il Bouch-Leclekcq Histoire des Lagides 1 53 n. 1. Certo non pu allegarsi a favore di questa congettura del Thrige Res Cyrenensium (Hafniae 1828) p. 214 ne il passo di Pausan. I 6, 8 ove detto che
(1)
'

seum

'

Maga
aiaaxv

Kupfivi1<;

iroaraariq

...

Irei TtiaiiTLu

luex t^v u-

eiXe

Kupnvriv,
solo

perch pare
circa
il

assodato
v.

che

Maga
Ili

occup

Cirene

300,

Beloch Gr. G.

2 p. 133 segg.,

XXII
punto

7,
il il

4,

n il rex Cyrenariim Ophellas di Iustin. perch (anche senza ricorrere ad altri argo-

menti)

XXII

7,

Diodoro prova che Ofela non aveva ed poi bene ricordare che Iustin. 2 erroneamente chiama re anche Agatocle fin
silenzio di
titolo di re
;

dall'anno 809].

174
ginesi

RICERCHE DI STORIA ANTICA

un vasto impero

africano.

Vero
a

lui

che la pro-

messa fatta da Agatocle


conquiste

di lasciare s

non aveva per


una guarentia
di

le comuni un grande valore ma


;

ne' suoi soldati e ne' suoi tesori


di possedere

doveva credere Ofela


patti.

del

mantenimento dei
si

che contasse

vederli effettuati mostra l'aver con-

dotto seco una turba di gente che

riprometteva di

partecipare alla colonizzazione. Queste speranze trassero


alla

morte Tinfelice governatore.


si

noto come Aga-

tocle

liber

rapidamente di

lui e

rimand via
(1).

la

turba inutile che ne seguiva l'esercito (308)

Non

(1)

DioD.

XX

40-42.

Secondo Diod.
dei
figli

XX

70, 3 la

ucci-

sione di Ofela e quella


nello stesso

di

Agatocle accaddero

mese e nello stesso giorno. La coincidenza non sar stata forse cos precisa; ma poich Arcagato

ed Eraclide perirono nell'autunno 307 (v. sotto), si ritiene giustamente che Ofela sia stato assassinato nell'autunno del 308. [Non pu col Beloch III 2, 204 risalirsi al 309, perch Diodoro fa posteriore e di non poco (XX 40, 1) alla rotta e morte d'Amilcare presso Siracusa (giugno 309) l'ambasceria di Agatocle ad Ofela, e non vi ha ragione sufficiente per mettere in dubbio hi sua testimonianza. Ne pu invocarsi in contrario il Marmo Parlo che colloca nel 309/8 la (marcia) di Ofela verso Cartagine, durata pi di due mesi.

SniDA

s. V.

Ar|uriTpioc.

il

Anche meno poi da allegare quale, detto che Tolemeo di Lago


primavera del
308). sogAeiu-

assist ai giuochi istmici (nella

giunge

paq vTeOOev TrirXeuaev u' Ayuittou

viriv nl Trj 'E\Xr|viKri pxrj

TTiaTnoaq ko AiPriq nor^c,

Kpdrriaev 'OqpXXa toO Kuprivaiou buvoTou upq 'AyaQo-

KXouq KOT ZiKeXiav vaipeGvToq Xiu.

Da

questo

rac-

conto (di cui ottima la

fonte,

ma

qualche malinteso, come mostra il desumersi n quanto Tolemeo si trattenne in Grecia dopo le Istmie ne se dalla Grecia, come par che creda

non manca Kar ZiKcXiav) non pu


dove

AGATOCLE
faccia meraviglia del resto che al

175
tiranno

succedesse
soldati

d'assicurarsi la fedelt dei


dell'ucciso generale. Egli
si

pi

che

diecimila

rese padrone co' suoi del


il

campo
la

del tesoro d'Ofela cogliendo

momento che
;

maggior parte delle milizie di lui erano disperse e quando queste si riunirono, potevano bens tentare un assalto, ma con scarsa speranza d' effetto. E del
resto

erano mercenari,

cui poco importava che


;

il

generale fosse Ofela od Agatocle


scuotere la paga
e

molto invece

il

ri-

fare

ricco bottino, e quindi


la

doveva esser loro sgradita


riero
di vittoria.

direzione di

non un guer-

ardito e sagace, che pareva dar piena sicurezza

Mentre xlgatocle univa


le

alle

sue

le

soldatesche d'Ofela,

milizie cartaginesi furono tenute per qualche

tempo
con
la

inoperose dal tentativo di Bomilcare per assumere la


tirannide: tentativo che
crocifissione
di

and a vuoto

fin

quel

generale. Se a tal proposito le

nostre

fonti dicono

che

Bomilcare tradiva

la patria
sa-

tenendosi in segreta

relazione

con Agatocle, non


offuscato

rebbe impossibile che anche qui, rispecchiando la versione ufficiale


cartaginese, avessero
Infatti,
il

vero

nesso degli avvenimenti.

quando Agatocle fu
aveva

informato della sedizione di Bomilcare, questa gi era


stata repressa
;

e d'altra parte se nelle soldatesche

cercato Bomilcare

un sostegno contro

la

repubblica,

pu darsi che il partito della guerra, vedendo in una monarchia militare una guarentia di vittoria, lo avesse
confortato a fare a Cartagine

quello

stesso tentativo

il

Beloch,

si

rec direttamente a Cirene ovvero

si

trat-

tenne in Egitto

per uno spazio di tempo cbe non pos-

mmo

determinare].

76

RICERCHE DI STORIA ASTICA


il

che un secolo prima aveva effettuato Dionisio


a Siracusa
(1).

vecchio

Dopo
biata.

la

riunione
la

delle

forze

d'Ofela

con quelle

d'Agatocle

situazione militare era interamente cami

Mentre

Cartaginesi non potevan pi tenere


della costa,

la

campagna,
seconda

le fortezze

compresa

litica,

la

citt dell'impero

cartaginese, cadevano ad

una
ri-

ad una

nelle

mani

dei

Greci

(2),

Libi in parte

confermavano

l'alleanza conclusa con essi, in parte la

(1)
(2)

DioD.

DioD.

XX XX

43 se^. Iustik, XXII

7.

54 seg. Egli dice che Utica aveva defe-

zionato da Agatoele e fu ora ricuperata. Vi qui probabilmente un malinteso, sebbene sia d'altra parte in errore Polibio I 82, 8 quando vanta la fedelt di Utica Diodoro riferisce ai Cartaginesi in questa guerra. che poco prima della presa d'Utiea Agatoele assunse il titolo regio. La data alquanto incerta bench l'errore non possa essere troppo grande [Tolemeo di Lago s'intitol re nel 305/4 secondo il Marmo Parlo, e il suo primo anno di regno s'inizia col 7 novembre 305 secondi il Canone. Par chiaro che Agatoele non pu essersi proclamato re prima di lui, e quindi non prima della pace

con Cartagine. Unendo con un nesso causale l'assunzione


del titolo regio e la presa di Utica,

sembra che Diodoro

abbia collegato artificialmente col racconto della sua fonte per la storia greca, ov'era narrato (senza indicarne precisamente la data) come i vari dinasti seguendo
l'esempio di Antigono e Demetrio
si

proclamarono
des
hell.

re,

quello della sua fonte siciliana.


di
II

Sul principio del regno


Zeitalters

Tolemeo

v.

ora Kaerst

Geschichte
9.

(Leipzig 1909) p. 71 n.

bene

notare che Aga;

toele in Africa coni

in nessuna

delle

moneta col proprio nome ma che monete le quali per le loro impronte
anni della spedizione africana egli

possono

riferirsi agli
il

assume

titolo regio].

AGATOCLE
stringevano allora, ed anche
i

177

Numidi

si

schieravano

parzialmente tra
divisasse persino

loro alleati.
di

E sembra

che Agatocle

formarsi un'armata

navale e di
(1).

render definitive
bilita

le

sue conquiste africane


la

Ma,

sta-

incontrastabilmente

propria
di

superiorit

in

Africa, pens

che

fosse

tempo

tornare in Sicilia,

dove

le

cose erano ridotte per lui in una condizione

presso che disperata.

vero che

il

richiamo d'una

parte

delle milizie

d'Amilcare era stato pernicioso per gl'interessi cartaginesi nell'isola


;

tanto che quando, dopo aver assediato

Siracusa, Amilcare dovette

mandare
allorch

in Africa cinquesi

mila de' suoi migliori soldati (310), a rallentare l'assedio.

trov costretto

Ed

nel

309

(2),

con

numei'ose ma, pare, non troppo agguerrite soldatesche,


tent merc una sorpresa notturna d'impadronirsi del
colle Burlalo,

rinnovando

il

tentativo
e

fatto

nel

413

dagli Ateniesi, rimase

come Nicla

Demostene pienae,

mente

sconfitto dai difensori uscitigli incontro

caduto

egli stesso prigioniero dei Siracusani, fu

messo a morte (3).

(1) Cfr.

Appian. Lyb.

110:

r\

('In-rraYpTa) fierXii

re

fiv

Kai Teixecfi Ka KpoTTXei xa Xiiuai Kai veuupioK; dir' 'Aya-

6okX6ou(; toO ZikcXhutOv

Tupvvou KaxeaKeaaxo

xaXtlx;.

["Ittttou

(Kpa

(DioD.

XX

55, 3)

od 'iTrKaYpxa

corri-

sponde ad Hippo diarrhytos ossia a Biserta (Beloch III 1 p. 202 n. 1)].


(2)

[Per la data precisa


:

cfr.

Diod.

XX

29, 3

(di

Amil-

care)
(3)
\

Toq
[Diod.

irl

Tfji;

x^po*; KapTioq KaxacpGeipat;].


seg.
Iustin.

XX

29

divin. I 24, 50.

Che

si tratti

di

XXII 7, 1 seg. Cic. de un tentativo di sorpresa


si

delI'Eurialo fuori di dubbio.


,

Non

capirebbe che cosa


il

altro

poteva fare da quella parte Amilcare,

quale era

'

campo presso il porto grande. La cavalleria che lo accompagnava doveva servirgli naturalmente non per
a
&.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

12

178
Questi
Sicilia.
fatti

RICERCHE DI STORIA ASTICA

commossero profondamente
i

gli

animi in

Ora che

Cartaginesi erano stati solennemente

battuti cos nell'isola


il

come

in Africa, pareva
il

venuto
:

momento

di scuotere
si

per semijre

loro dominio

adesso o mai pi
nicio.

sarebbe liberata la Sicilia dal Fil

tanto di vigore acquist

movimento nazio-

naie cbe gli stessi oligarchici credettero necessario di


staccarsi d'ora innanzi

dallo straniero perch la loro


(1).

causa non perdesse in Sicilia ogni amico


i

Forse se
disponipre-

Siracusani avessero spedito tutte

le

milizie

bili

per chiamare a ribellione

le

citt

dov'erano

sidi cartaginesi,

sarebbero

potuti

restare a capo del

movimento.
di lui di
il
i

Ma

non

si

trovava in Sicilia Agatocle per


;

afferrare arditamente la opportunit

uomo

al pari

pronto e audace consiglio era, a quanto pare,

fratello

Antandro suo luogotenente

in

Siracusa. Poi

Siracusani avevano bisogno di qualche respiro: troppo


gravi an-

stanca era la citt della guerra, in troppo

gustie finanziarie era ridotta, per poter profittare im-

mediatamente

della

vittoria.

Inoltre

se

la

cnidelt

usata senza riguardo a tempo opportuno era stata di

molto vantaggio
certo

al tiranno per
alla

fondare

il

suo impero,
;

non aveva giovato

sua popolarit

questa

ma per il servizio di scoperta e per mascherare marcia della fanteria. Non saprei approvare congetture come quelle del Beloch III 1, 198 n. 2, acute certamente, ma in contrasto patente con la tradizione. S'intende bene che i 120 mila fanti e 5 mila cavalli di
l'assalto,

la

Amilcare
tano la
li

di cui parola in Diod.

XX

30. 1

rappresendelle
la

somma

(certamente esageratissima)
gli

forze

cui

disponevano

assedianti
delle

secondo

fonte di

Diodoro;

non gi quella
Diod.

milizie

che in effetto

parteciparono alla sorpresa cos mal riuscita].


(1) Cfr.

XX

31, 2. 57,

1.

AGATOCLE
e la sete
Sicilia

179
viva nei Greci
di
al-

d'autonomia municipale,
in tutti
i

come

Greci,

li

faceva ripugnanti
il

l'alleanza con Siracusa che

importava

riconoscere la

signoria d'Agatocle. Cosi gli Agiigentini, rotta l'alleanza

con Cartagine
bilmente

con

gli

oligarchici e riformata proba-

la loro

costituzione in senso democratico (1),


di

colsero la opportunit

porsi a capo
le

della

guerra

nazionale chiamando a libert

citt greche.

tosto

succedette ad essi

di

guadagnare
democrazia

alla

loro

alleanza

Gela, Enna, Erbesso, Echetla, Noto,

Camarina restaue.

randovi autonomia
ginesi

(2)

tolta ai Carta-

una parte
si

della loro provincia, di liberare Era-

clea che

un

anch'essa

con Agrigento

(3).

In

tal

modo
cilia.

le

condizioni di Siracusa erano sempre gravissi

sime quando Agatocle

dispose a partire per la Si-

Non

era peraltro molto agevole per


i

una confeabbastanza

derazione
rilassati
alle

cui

vincoli

dovevano

essere

mettere in campo un esercito atto a resistere


agguerrite
fecero
dei

forze
si

Siracusani;

talch
gli

quando
una

questi

animo ad affrontare
al

Agrigentini,

riuscirono

ad infliggere
(4).

loro duce Xenodico


la

grave sconfitta

Ma

anche

sconfitta

di

costui

giov non tanto ad Agatocle quanto ad


mici, gli oligarchici, che al suo sbarco
fatti di forze,

altri suoi ne-

in

Sicilia,

ri-

tenevano
infatti

il

campo con un

esercito forla

midabile.

Sembra

che da quando

debolezza

degli Agrigentini fu dimostrata dalla sconfitta, le citt

che avevano sperato in loro, per salvarsi da Agatocle,

cominciassero a strinarersi a Dinocrate

affli

olisrar-

fl)

Cfr. DioD.

XX

32, 2,

dove

detto

che

gli

Agri-

gentini ristabilirono la democrazia ad Echetla.


(2)

DioD.

XX
XX

31 seg. Per Noto

v. 8.

Niese

4-54 n. 2.

3) Ci

risulta

da Diod.

XX

-56,

U) Diod.

56.

180
obici,
i

RICERCHE DI STORIA ANTICA


quali s'erano sciolti a

tempo

dall'alleanza carcitt
siciliane

taginese e promettevano anch'essi

alle

l'autonomia.

Agatocle, partito dall'Africa, sbarc nella provincia


cartaginese che trov sprovveduta di difesa
nitosi col di qualcbe
e,

impadro-

luogo forte

(1),

toltone qualche
ac-

altro agli Agiigentini,

mosse verso Siracusa senza

cettare la battaglia offertagli dall'esercito degli oligarchici.

Ma

appena giunto

in citt, dovette subito pen-

sare al ritorno, cos

cattive erano le notizie

che

gli

giungevano
stendendo

dall'Africa. Procacciatosi pertanto denari

liste di

proscrizione

(2),

parti senza difficolt


la
i

giacch con l'aiuto di diciotto triremi etrusche ebbe

ventura di rompere momentaneamente

il

blocco che
(3),

Cartaginesi mantenevano davanti a Siracusa


lasci peraltro la Sicilia
vittoria

Non

prima d'aver risaputo


siracusano

della piena

che

il

generale

Leptine,

spedito

contro gli Agrigentini, aveva riportato su di


vevasi

questa vittoria
divisi in

animi

Dobuona parte all'essere gli Agrigento dopo la prima sconfitta e


essi.

in

scemato

d'assai

il

credito di Xenodico. Profonda era


del
risor-

stata inoltre in quella citt la impressione

gere della

potenza

degli oligarchici e del ritirarsi di


essi
;

Agatocle davanti ad

e molti

dovevano pensare

che resistere

ai

Cartaginesi e serbare al
d' Agatocle
si

tempo

stesso

l'autonomia a fronte

sarebbe potuto sol-

fi)

Solo in questa occasione

con

lui Egesta,

che

pu avere stretto lega troveremo pi tardi sua alleata:


da
Diod.

Dice.
(2) I
(cfr.

XX

71.

particolari dati su ci

XX

63, 6 seg.
la rac-

PoT.YAEN.

3,

3)

sono sospetti, come tutta

colta d'aneddoti contenuta in questo capo.


(3) Sulle relazioni d' Agatocle

con

gli Etruschi v.

e.

V.

AGATOCLE

181

tanto stringendo un'alleanza con Dinocrate che avesse

unito tutti gli avversari del tiranno contro

il

nemico
Xenocon
e

comune. Questa contesa intestina fu risoluta dalla battaglia che


si

combatt tra Xenodico

Leptine.

dico per vero dire


l'esercito

non avrebbe voluto

far giornata

non ancora riordinato dopo

la sconfitta,
e

mentre

la disciplina era scossa dalla sconfitta

dalle
re-

lotte dei partiti.


sistere ai

Ma, non pi tanto forte da saper


si

clamori del popolo che non voleva


ai

peril

mettesse

Siracusani

di

devastare

impunemente

territorio, dovette accingersi a dax-e battaglia; e l'esito fu

quello ch'era da prevedere, una nuova e pi terribile


sconfitta.

Dopo
il

ci la parte a lui avversa

avendo preso

incontanente
a Gela (1);

disopra in Agrigento, Xenodico fuggi


scioltasi la federazione agrigentina,
0,

e,

al-

cune
in

citt

subito

come

Gela, poco dopo,

caddero

mano
si

dei Siracusani i2), altre e probabilmente, sebla stessa

bene non ne abbiamo esplicita notizia,


gento,

Agri-

strinsero in lega con gli oligarchici.


la

Durante

sua assenza dall'Africa, Agatocle,

pen-

sando su niuno poter fare assegnamento pi che sul


figlio

Arcagato, a
si

lui

aveva affidato

il

comando, sebbene,
adatto a sostesi

come presto
nere peso
s

vide,

non fosse uomo

grave.
il

Cartaginesi frattanto
di

avvisa-

rono che era

momento

fare

uno

sforzo dispei'ato
il

per la loro salvezza mentre stava lontano


niale che
li

duce ge-

aveva ridotti

in tanta

angustia

(3).

Per

la

(1)
(2)

DioD.

XX

62.

Queste sono
che

tocle
Si

le citt che Pasifilo generale di Agaconsegn pi tardi agli oligarchici, Diod. XX 77, 2.

ricordi

quando Dinocrate trad

alla
90, 2.

sua volta

Pasifilo, lo
(3)

sorprese in Gela, Diod.

XX

Questa campagna, interessantissima dal punto

di

Tsta militare,

meriterebbe uno studio speciale.

182
inattesa

RICERCHE DI STORIA ANTICA


loro

energia

non meno che


in

per

gli

errori

d'Arcagato, quando Agatocle torn in Africa, Tmilcone


e

Aderbale assediavano

Tunisi

le

sue soldatesche

sconfitte e

disanimate, mentre

defezionavano

da

lui,

l'uno dopo l'altro, gli alleati.


e lo stesso
tile

La campagna era perduta; Agatocle, dopo aver fatto un tentativo inule linee
pii

per rompere

del nemico,

dovette ricouo-

scei'e

che non vi era

speranza di vittoria.

riconsia

durre l'esercito in

Sicilia

non

si

poteva pensare,
il

perch l'armata cartaginese dominava

mare

sia

perch

non
nesi,

si

avevano certo a Tunisi imbarcazioni

sufficienti

per trasportarlo. Inutile era poi trattare coi Cartagipoich pareva chiaro che avi'ebbero messo come
condizione
alla

prima
dizioni
la vita,

pace

la

consegna d'Agatocle
con-

nelle loro mani. Eestare in Africa era in queste

pel

tiranno

esporsi a sacrificare
sul

inutilmente
in

non disponendosi a morire


fedeli
i
,

campo

mezzo
il

milizie

ma

aspettando

inoperosamente
Agatocle prese
divisamente
i

giorno in cui

mercenari stanchi dell'assedio lo avrebil

bero consegnato al nemico. Perci


partito
di

tornare

in

Sicilia.

Naturalmente dovette
;

efi'ettuare in

segreto questo

suo

n vi

riusc

senza

qualche peripezia, poich


di

soldati
in

non
lui

intendevano

lasciarlo

partire, riconoscendo

l'unico generale che forse poteva ancora condurli alla


vittoria e al

tempo

stesso reputandolo

zioso da tenere ben custodito per assicurarsi una

un pegno prebuona
Agatocle,

pace coi Cartaginesi. Quanto

ai

due

figli di

Arcagato ed Eraclide,
poterono seguire
il

le

nostre fonti dicono che non

padre nella fuga,

ma

sono discordi
il

rispetto alla cagione che imped adessi

partire (1).

(1)

Secondo Diod.

XX

68 seg.

Agatocle

non avrebbe

voluto Arcagato a

compagno

della fuga per sospetto che

tl|

AGATOCLE

183
e

di

anche possibile per che sieno rimasti liberamente


pieno accordo col padre.
il

Non deve

escludersi infatti

che

tiranno sperasse di ristabilire la sua fortuna con


Sicilia e di potervi

qualche grande vittoria in


gliere

racco-

nuove forze per condurle

in Africa al soccorso

ne aveva

sapendolo auvjv

xr

|ur|Tpui;

Arcagato per,
fugge

risaputo della fuga del padre, la rivela e lo fa arrestare.

Liberato dalla piet dell'esercito,

il

tiranno

una

seconda volta senza pi pensare all'altro figlio che la prima volta aveva avuto a compagno di fuga, e subito dopo i due figli vengono trucidati. Questo racconto tanto romanzesco quanto ricco d'inverisimiglianze. Se Agatocle sospettava di Arcagato [l'accusa non era recente, DiOD. XX 33, 5], non gli avrebbe affidato, quando part per la Sicilia, il comando supremo dell'esercito d'Africa e se Arcagato era tanto bramoso di fuggire da non esitare a tradire il padre perch non aveva voluto condurlo con se, come non fugg per conto proprio? Non v' dubbio infatti che a lui la fuga sarebbe stata meno difficile che al padre. Per quale ragione poi l'altro figlio non accompagn Agatocle nella fuga ? Del resto e so;

spetta

la

somiglianza

che

la

scena

della

liberazione

d' Agatocle

ha con

l'altra della

sollevazione

da
p.

lui do-

mata (XX 33
ed aggiunge
:

seg.). Cfr.

Schubert Agathokles
velent

181. Giu-

stino invece narra che Agatocle fugg col solo Arcagato

cum persequi regem

a Numidis ex-

cepti in castra reverttintur

comprehenso tamen reductoque

Arcagatho qui a patre noctis errore discesserat (XXII 8, 10). Qui fa difficolt l'assenza nella fuga di Eraclide, che pure, secondo lo stesso Giustino, fu ucciso poco dopo l'inseguimento per ten-a pu suscitare (8, 13): anche qualche dubbio. E nasce il sospetto che le versioni di Diodoro e di Giustino rappresentino solo due diverse ipotesi fatte per spiegare come Agatocle non fu accompagnato dai figli in Sicilia [La versione di Diodoro del resto in contraddizione anche con Polyb. VII 2, 4].

184
de' suoi.
nisi
i

RICERCHE DI STORIA ANTICA

Checch ne

sia, le

soldatesche chiuse
oltre
altri
;

in

Tu-

non vollero attendere pi


li

e,

messi a morte
facil-

generali,

sostituii'ono

con

che vennero

mente ad un accordo
frica era cos

coi Cartaginesi.

L'impresa d'A-

terminata per Agatocle con un disastro

iiTeparabile

(1).

IV.

La

fine della

grande guerra.

Agatocle torn dallAfrica senza soldati e senza denari. Nell'isola


citt

non conservava che Siracusa con qualche


e

vicina

ad oriente,

alcuni luoghi

sul
e

confine

della provincia cartaginese

ad occidente

comunicaocciden-

zione regolari tra


tale,

lui,

sbarcato

neUa

Sicilia

e Siracusa

non erano

possibili,

perch in mezzo
i

spadroneggiavano

gli oligarchici,
:

mentre

Cartaginesi

dominavano
altri

il

mare

cresciuti d'animo

gli

uni e
il

gli

per le ultime notizie d'Africa, sebbene

disastro
ti-

finale

non fosse ancora noto neppure

allo stesso

ranno. In questo frangente, forte solo del suo animo

indomito che non sapeva disperare, Agatocle


par di nuovo con alacrit alla
che pensasse a tornare
di
lotta.

si

pre-

Per riprenderla

efficacemente, sia che divisasse di combattere in Sicilia,


sia

in

Africa, occoiTeva
si

una

grande leva

mercenari

n a questa

poteva por

mano

senza raccogliere denari. Perci, presentatosi da-

ti)

Era

il

quarto anno della guerra (Dxod.


3),

XX

69, 5),

intorno al tramonto delle Pleiadi (69,


tobre
p.

307,

cfr.

751 seg.

Mkltzer Jahrbb. [Per una svista, che


'

f.

Phil.

dunque l'otCXI (1875)


'

rettificata

del resto

nella precedente n.

a p. 174, scritto qui nella

prima

edizione di questo saggio 306 anzich 307].

AGATOCLE

185

vanti ad Egesta, citt alleata, la richiese d'una forte

contribuzione

di

guerra.

Al
la

rifiuto

degli

Egestani,

segno della sfiducia e della indisciplinatezza che s'eran


diffuse tra gli alleati
tocle, esacerbato dalla

dopo

sconfitta d'Africa,

Aga-

sventura e fermo nel proposito

di serbare piena la sua autorit nel territorio che gli

rimaneva per
pun in

continuare ad ogni costo


necessario

la

lotta

col

Fenicio, giudicando
li

un

castigo

esemplare,

modo

atroce e terribile.

per

quanto

la

nostra tradizione possa certo esagerare nei particolari,


il

nome

stesso della citt


il

mutato

in quello di Diceo-

poli

mostra che
affermare
dei

tiranno, riordinandola

come
preso

colonia,

volle

solennemente

d'avervi
ci

giusta

vendetta

riottosi.

Dopo

mentre tutto l'oro


guerra
si

d'Egesta veniva confiscato a profitto della

e,

merc
rava
era
il

nuovi
possesso

coloni
di
ai

che vi raccolse, egli


fortezza

assicu-

questa
sudditi

importantissima,

dimostrato

che
al

gli

restavano

quanto

pericolo

vi fosse a
(1).

negare

tiranno contribuzioni od

obbedienza
In

modo

simile

si

procur

denaro a Siracusa An-

tandro

mettendo a morte, non

appena

ebbe notizia
di parenti la

della ribellione di Tunisi,

un

certo

numero
in Afiica

dei

soldati

che

avevano

tradito
i

causa

nazionale e confiscandone

beni

(2).

Ci doveva gio-

vare nel tempo stesso ad atterrire chiunque osasse pensare a ribellione e a togliere
relazioni
il

pericolo che corressero

od accordi tra

masti a Sii'acusa e quelli


nese. Cos
di
i

membri d'una famiglia ripassati nel campo cartagiil

bisogni finanziari e

fallire del

tentativo

fondare la sua autorit nel trionfo sul nemico della

(1)
(2)

DioD.
DioD.

XX XX

71.

72,

dove non mancano esagerazioni.

186

RICERCHE DI STORIA ANTICA

nazione avevano ricondotto sulla via della violenza

il

tiranno, che anche ora, pur di riuscire vittorioso, non

esitava davanti ad alcun delitto.


delle

Ma

se la condizione
lui

cose
la

non era parsa disperata a


delle

nemmeno
parve

dopo

ribellione
al

soldatesche

d'Africa,

per tale

suo luogotenente Pasifilo cui era affidato ,0


di

un

certo

numero

fortezze

nella

Sicilia

orientale
gli

Questi pertanto, col proposito di fare la pace con


oligarchici finch
si

poteva a buoni

patti, defezion co

tutte

le

forze di cui disponeva

consegnando ad

essi le

terre che aveva in custodia (1). Quest'ultimo rovescio

i '1
LO^
e

ridusse infine Agatocle a disperare.


di

Dopo quattro
circostanze
in

anni

lotta

mortale sostenuta con tutti


suo
genio, le

gli espedienti

tutte le audacie del

erano

tanto pi

gravi che nella state del 310,

quanto,

sperimentata ormai ogni via di salute, ninna pi pareva che ne rimanesse aperta.
Stretta

Siracusa

per

mare

dai Cartaginesi e probabilmente per terra dagli

oligarchici, restavano bens

ad Agatocle poche fortezze


egli era

ad occidente
cazioni con

dell'isola,

ma

privo di comuni-

la capitale, destituita, difesa.

dopo

il

tradimento
che

di Pasifilo, di sufficiente

Pertanto prima

avesse armato le soldatesche necessarie per muovere al


soccorso, Siracusa poteva cadere in

mano

del nemico

perch coi Cartaginesi padroni del mare e con ci che


si

sapeva delle strettezze cui era ridotto, arrolare mersi

cenari era tutt'altro che facile. Cos Agatocle

pieg
con-

a chiedere pace
cesso
ai

avrebbe deposto
l'autonomia
termini
soltanto

la tirannide e

Siracusani

fatto

richiamare
agli

Dinocrate

in

altri

rimessa Siracusa
di

oligarchici:

chiedeva

conservare per s

due

delle fortezze rimastegli fedeli,

Terme

e Cefaledio.

(1)

DioD.

XX

77.

AGATOCLE

187
una, Terme,
ai

Ora

delle

due

citt ch'egli si

riserbava,

giaceva proprio

sul confine del territorio rimasto

Cartaginesi, anzi aveva fatto parte fino a poco

tempo

prima della provincia fenicia


i

ed era da attendere che

Cartaginesi non

si

sarebbero rassegnati a lasciarla ai


il

Greci senza contrasto. Sembra quindi evidente che


tiranno,

pur

cedendo
la

agli

oligarchici,

voleva

conti-

nuare egli stesso

guerra nazionale contro Cartagine


si

che aveva combattuto

tenacemente ed
di parteciparvi
;

imporre

ai

nuovi signori di Siracusa

e le fortezze

che avrebbe ritenuto in suo potere dovevano essergli

pegno che non


litica bellicosa (1).

si

sarebbero

partiti

dalla

sua

po-

Dinocrate

esitava

(2).

Per

questa

sua titubanza

stato severamente biasimato.


la

Ma
se

egli

aveva sospetta
che
l'isola

sincerit

di

Agatocle

credeva
il

non

avrebbe goduto pace durevole


fosse allontanato, giudicando

tiranno non se ne

sempre temibile, finch


in
Sicilia,

Agatocle conservava qualche possedimento


la

sua audacia,

il

suo genio e la sua perfidia.

quale

scopo infatti Agatocle metteva per condizione assoluta


della pace che gli
si

lasciassero

Terme

Cefaledio se
di ri-

non perch era sempre viva


cuperare nel
fortezze,
il

in lui la speranza

momento opportuno, movendo da

quelle

suo antico potere ?

se nella continuazione
al

della guerra con Cartagine

succedesse

tiranno

di

(1)
'

Questo piano sembra al

sig.
'.

Tillyard

p.

192

n.

too astute even for Agathocles

Per altro non

vi biil

sogno della sagacia d'Agatocle per avvertire che


sesso di

pos-

Terme

nella provincia cartaginese implicava la

continuazione della guerra con Cartagine. Qui del resto

come nel suo giudizio su Agatocle il sig. Tillyard dimostra sempre il medesimo difetto d'intelligenza politica.
(2)

DiOD.

XX

79.

188

RICERCHE DI STORIA ANTICA

contribuire eflBcacemente alla vittoria,


di

come
sua

togliergli

occupare qualche altra parte della provincia carta-

ginese e
rit ?

come impedire che


certo

rifiorisse la
il

popola-

Ora

che nel restaurare


sarebbero
pei

loro regime in

Siracusa, gli oligarchici

andati

incontro a

gravi difficolt, in

ispecie

profondi

cambiamenti

nella distribuzione della propriet fondiaria dovuti alla

tirannide

tanto

pii

quindi era indispensabile che per


difficolt fosse ri-

provvedere tranquillamente a quelle

mosso ogni pericolo per parte d'Agatocle. Siffatte considerazioni che Dinocrate doveva fare erano senza
dubbio ragionevoli.
coi Cartaginesi a

Ma

egli

non teneva conto


si

del

ri-

schio che Agatocle ridotto agli estremi

accordasse

danno suo. Vero

che

questo perii

colo doveva parergli assai remoto.


ginesi

Come mai
a patti

Carta-

avrebbero

accettato di venire

con un
fidarsi,

nemico mortale, della cui parola nessuno poteva


quando, dopo esserne
stati tratti assai

vicini all'ultima
?

rovina, erano sul punto di opprimerlo

Eppure

il

tiranno, respinto

dagli oligarchici,
il

chiu-

sagli ogni altra via di salute, fece


di rivolgersi a

tentativo

supremo

Cartagine implorandone pace. Dovette

essere certo per lui


lui

una umiliazione
nazionale

assai

amara: per

che mediante la guerra

contro lo stra-

niero aveva cercato di dar solido fondamento alla sua


tirannide, giustificandola dinanzi agli altri e fors'anche

dinanzi a
tutte le

s,

dopo aver per tanto tempo


con
essi,

lottato con
i

sue forze, coprendosi di gloria, contro

Car-

taginesi, anzich trattare

aveva preferito di

rimettere Siracusa a Dinocrate. Alle richieste d'Agatocle


i

Cartaginesi

risposero con moderazione e pru-

denza.

Non

sfuggiva loro infatti che, se continuavano la


la citt

guerra assediando per mare Siracusa,


stringevano per terra

non pofarsi at-

teva tardare a cadei-e nelle mani degli ohgarchici che


la
;

neanche

poteva

AGATOCLE

189

tendere a lungo la resa delle poche fortezze che Agatocle ancora conservava.

Ma

le

cose erano molto cam-

biate dal principio della guerra,

quando

gli oligarchici
;

erano

gli

alleati fedeli e

sottomessi dei Cartaginesi


assistere

dappoich

essi

non avevano potuto

indiffe-

renti al risveglio della coscienza nazionale, e operavano

ora per proprio conto dando chiaramente


il

divedere
a

loro fermo proposito


la signoria

che la

Sicilia

non avesse

scambiare
gine.
la

d'Agatocle con quella di Carta-

Ora

se

Dinocrate riduceva novamente ad unit

Sicilia greca o

buona parte

di

essa, era

da temere

che costituisse anch'agli una monarchia


sull'esempio di quella macedonica di cui
sorti Cassandro.

conservatrice

reggeva al-

lora

le

dato pure che questa idea


fosse possi-

non

gli balenasse nella

mente o che non

bile effettuarla in Sicilia,

poteva ad ogni modo, opi

presso Agatocle,

rendersi pericoloso ai Cartaginesi,

quah

nei quattro anni di lotta in Africa avevano doi

vuto accorgersi quanto fossero formidabili


tare Dinocrate a riportare
-avversari

Sicelioti.

Cos a Cartagine parve sana politica non quella di aiu-

una

vittoria definitiva sugli


ai

ma
i

quella di dar agio

Sicelioti
ci poi

di

dila-

niarsi a vicenda in lotte fratricide.

aggiun-

gevasi che
respirare
sofferto

Cartaginesi desideravano ardentemente di


tanti

dopo una guerra da cui


il

danni

aveva

loro impero;

e che era facile ottenere

da

Agatocle

condizioni vantaggiose e riacquistare,


ferire

come

di fatto accadde, senza colpo


essi

tutte le terre da

prima

possedute

nella

loro

provincia siciliana.
a

Infine se

anche Agatocle
il

riusciva

ricuperare a un

tratto l'antico territorio,

che probabilmente essi non lunghi anni prima che


cui per

prevedevano, sarebbero corsi

osasse riprendere quella guerra nazionale in

poco non aveva perduto regno


Cosi fu conclusa la pace tra

e vita.
il

tiranno e

Cartagi-

190
nesi.

KICERCHE DI STORIA ANTICA


Restituendo quel che possedeva della loro antica

provincia, egli ne riceveva in cambio


di

come indennit

guerra 150 talenti euboici e 200 mila medimni di


(1).

frumento

Questo accordo mut


Siracusa
dal

di presente lo stato

delle cose.

Liberata

blocco marittimo,

essa era ormai sicura anche dal pericolo di cadere in

mano

degli

oligarchici,

mentre Agatoele aveva ogni


tiranno, che
si

agio di recarvisi e di rafforzarla con soldatesche mercenarie. Rifornitosi frattanto di denaro,


il

aveva ora da combattere un solo nemico,


alla

apprest

gueiTa fiducioso

nel suo valore e nella

sua pea

rizia di generale.

Negli oligarchici invece cominci


il

mancar
lotte

la

speranza di raccogliere
Siracusa.

frutto
il

di

tante

ricuperando

Diminuito

credito del

loro capo Dinocrate per aver egli respinto la pace con

Agatoele dando occasione all'accordo, pernicioso


causa oligarchica, tra Agatoele
e
i

alla

Cartaginesi, era au-

mentato
Pasifilo,
lui
di

il

pericolo di dissensi nel loro campo, tanto

pi ora che accanto a Dinocrate grandeggiava tra loro

con Fautorit

che
si

gli

davano

le milizie

da

comandate. Se a ci

aggiunga che

le

attitudini

Dinocrate come stratega erano forse mediocri (2) e

(1)

DioD.

XX

79, 5. lusTiN.

XXII,

8, 15.

Timeo

parlava,

di 150 talenti, altri di 300. Fr.

Hultsch Griech.
e

iind

rom.

Metrologie'- p. 429 dice che

Cartaginesi adoperavano un

talento eguale alla

met dell'euboico

che Timeo tra-

scrisse in valuta greca la cifra data nel trattato in

moneta

cartaginese. Io penso che la disparit numerica sia do-

vuta all'aver pagato

Cartaginesi dei 300 talenti (euboici)


in

che

essi

dovevano 150

denaro
il

150 in frumento. Trat-

tandosi di 200.000

medimni
^j^.

prezzo per

medimmo

sa-

rebbe di
(2)

dramme 4

Ci spiega come

egli perdesse

il

tempo

in nego-

ziati

invece di profittare dello

scoramento generato in

AGATOCLE
che
i

191
battaglie e persuasi

Sicelioti

erano

stanchi

di

ormai che fosse impossibile


garchici,
si

la vittoria finale degli oli-

intender

di

leggieri

come
che

le
il

sorti

della

guerra fossero decise anche

prima

suo genio

militare avesse fruttato al tiranno la splendida vittoria


di

Torgio (305/4)
pii

(1),

dove distrusse un esercito


del suo.

di

gran

lunga

numeroso
il

Dopo

ci Dinocrate, ve-

dendo chiaro che


di sangue, si

prolungare

la resistenza

non po-

teva avere altro effetto che

un

ulteriore
alla'

spargimento

apparecchi a cedere
cos Pasifilo,

forza delle cose.


lui

Non pensava
dopo
il

ben sapendo che per

suo tradimento non poteva esservi pi

pace

col tiranno, n in

modo
gli

diverso da Pasifilo dovevano


coi

pensare

compagni
schieravano
si

di diserzione,

quali

natural-

mente

si

oligarchici intransigenti.

Ma

Dinocrate, appena
mettersi, senza por

fu persuaso che conveniva sottoin mezzo,

tempo

occup per soril

presa Gela, dove Pasifilo aveva probabilmente


quartier generale, e messolo a morte
nelle
si

suo

diede co' suoi

mani

del tiranno eonseo-nandoffli tutte le fortezze

Siracusa dal disastro d'Africa e dalla mancanza di co-

municazioni col tiranno per tentare di por termine alla


guerra con un assalto vigoroso. Agatocle
al suo

posto non

avrebbe certamente fatto


(1)
il

cos.

DioD.

XX

89
i

[Il

luogo ignoto, anzi persino incerto

nome perch

manoscritti di Diodoro hanno fop^viov o

rpYiov, e TpYiov

passo di Esichio ove menzionato un

una congettura fondata sopra un monte di questo


il

nome].
che

Non

agevole conciliare

racconto che fa Diofin

doro della strage di quattromila o


si

settemila soldati

eran resi ad Agatocle a patto d'aver salva la vita,

con la mitezza ch'egli

dimostr con
e
il

gli

altri fuorusciti

concedendo loro
Cfr.

e la vita

libero ritorno in patria.


I p.

ScHDBERT

p.

192 seg. Niese

471

n. 5.

192
che ei'ano in
riguardo
lizie,
si e,

KICKKCME DI STORIA ANTICA


.suo

potere. Agatocle lo accolse con

oj^rii

fattolo generale d'una parte delle sue milui,

valse di

che era in
le

strette

relazioni

coi

capi oligarchici, per ricondurre


bedienza. Per tal

citt siceliote all'ob-

modo

in

greca [tolta Agrigento] era


scettro del tiranno (1).

uno o due anni la Sicilia novamente riunita sotto lo

Non

senza meraviglia vediamo cosi spegnersi quasi

a un tratto quell'incendio che, manifestatosi gi prima della usurpazione del 316, aveva divampato ai danni
di

Agatocle

con
;

tanto

furore

finch
gli

dur

la

im-

presa d'Africa

e spegnersi,

sebbene

fosse andato

a vuoto

il

tentativo di

porre a fondamento
la

del

suo

potere la vittoria sul Fenicio, senza che


vasse pi sotto la cenere
fino
alla
;

fiamma coconservo
Sicilia

poich

Agatocle

morte

il

trani|Ullo
di

possesso

della

greca.

La ragione

ci

da cercare nella anarchia


la Sicilia,

spaventevole in cui era caduta

combattuta

senza tregua tra Agatocle, gli Agrigentini, gli oligarchici e


i

Cartaginesi, e nel bisogno d'ordine e di pace


di

che sentirono, stanchi

tante lotte,
i

Sicelioti

biin

sogno che

il

solo tiranno tra tutti

contendenti era

grado

di soddisfare.

Ed

Agatocle, simile in questo ad

Ottaviano, seppe a

proscrizione, inaugurare

tempo debito, chiuse le liste di un regime temperato e clele

mente

(2); e attese

con tutto l'impegno a risanare

(1)

Un

terminus unte quein pare debba essere


v.

la spedi-

zione alle isole Lipari,

Diod.

XX

101

(a.

304/3)

[Per

Agrigento il Beloch Griech. Ge&chichte III 1 p. 208 n. 2 inferisce giustamente che rimase indipendente da Agatocle dalla mancanza di notizie intorno ad una sua sottomissione].

paragone con Augusto di K. Mkyek in una recensione deWAjalhokles dello Schubert pubblicata nelle
(2) 11

VGATOCLE
piaghe della
Sicilia,

193
in
tal

raffermando
la rivincita

guisa

il

suo

dominio
trioti

preparando

sul

Fenicio. I pa-

ma
in

il

guardavano ansiosi a lui aspettandone il segnale; guerriero audace ed avventuroso della campagna
i

d'Africa attendeva che

preparativi fossero

compiuti
la vit-

modo

tale

da guarentire con piena sicurezza

toria per cominciare la lotta

suprema

e finch giun-

gesse quel

momento
buone

si

contentava, mantenendosi

coi

Cartaginesi in

relazioni, di

abbagliare amici e
della

nemici con lo splendore dei successi

sua

poli-

Gttinger gelehrte Anzeigen a. 1888 p. 858 segg., dove egli d di Agalocle la migliore caratteristica che sino ad
'

ora se ne abbia. In un punto per credo di dovermi allontanare dal Meyer: nella stima esagerata che egli fa di Duride Samio. Uno storico il quale tanto bada alla

quanto a propria confessione Dudegno a priori di poca fede quando fa i-acconti a tinte troppo vivaci. Certo anche codesti racconti
j'ibovi')

v TJ rppaaXy

ride

(fr. 1),

sono importanti a studiare

per

conoscei'e

l'indole

del

tempo;

ma non
[Il

per questo da averne

meno
irepi

sospetta

la veracit

fine di

Duride nelle sue


'

'ATaGoKXa

non gi di ricercare e di esporre il vero, ma, come ben dice lo Schwartz nella Real-Encyclopadie di destare un estetico orrore Pauly-Wissowa V 1855, di per la imponente malvagit del tiranno ']. Perci da
ioTopiai era
'
'

accogliere in sostanza

il giudizio che intorno a Duride d R. ScHUBERT Geschichte des Pyrrhus (Knigsberg 1894) Sulla clemenza dell'ulteriore governo di p. 11 segg. Agatocle v. i passi di Polibio citati a p. 156 n. 1 e

DiOD.

XX

90.

Anche

il

silenzio quasi assoluto di Di odoro

intorno al ricupero delle citt siciliane abbastanza elo-

quente. Contro qualche citt peraltro, per ragioni a noi


ignote, si procedette

PoLTAEN.
gravi
G.

3, 2,

con molta crudelt anche ora; vedi dove per non mancano per tal rispetto

esagerazioni.

De

Saxctis. Per la scienza dell'antichit.

13

194
tica

RICERCHE DI STORIA ANTICA


italiana ed orientale.

Facilitava

intanto
il

l'opera

sua e contribuiva
il

ad
si

assicurargli
diflfondeva

appieno

potere
il

moto

d'idee che

dall'Oriente, dove
fiorire

2)rincipio

monarchico prendeva vigore dal

delle

grandi monarchie dei Diadochi.

V.

La
i

poitira italiana ed orientale

eli

Agatocle.

Mentre
alla

Cartaginesi
i

ponevano

fine

vittoriosamente
aneh'Sssi

guerra d'Africa,
prospero

Romani terminavano

con

successo la cos detta


ora,

seconda guerra
la loro po-

sannitica.

Ed

aumentata grandemente
loro

tenza, cominciava ad essere di grave


citt

momento
di

per le

greche del Ionio

il

modo

comportarsi

verso gli Italici che tante volte le avevano assalite.

quel tempo l'alleanza,

p.

e.,

dei

Lucani era ancora pei


procedere di
le citt

Romani

di tale valore nel

caso di ulteriori guerre col


studiarsi
di

Sannio che

Roma doveva

pieno accordo con

essi nelle loro

contese con

greche. Cos Taranto ebbe a lottare coi Lucani e coi

Romani ad un tempo

ma

l'intervento

di

Cleonimo,

fratello di quell'Acrotato che era stato

chiamato dagli
;

oligarchici in Sicilia, procur

ai

Tarentini la pace

perch
alle

Lucani non

erano

abili a resistere
;

da

soli

soldatesche
essi

Romani,
mentre
si

raccolte da Cleonimo e quanto ai non erano punto disposti ad impiegare


della

grandi forze nell'estremo mezzogiorno

penisola

potevano temere ad ogni istante nuovi moti


tanto

in parti pi vicine;
delle cose d'allora,
il

pi

che, nella

condizione

profitto della guerra sarebbe stato

non per

loro, bens pei

Lucani

(1).

(Ij

DiOD.
seg.].

XX

104

[V. hi

mia Stona

dei

Romani

li

p-

344

AGATOCLE

195

Dopo
in

ci per circa quindici anni


le

Lucani lasciarono
presto

pace

citt greche,
piti

anche

perch

furono
la
i

occupati da cure

gravi,

quando scoppi
i

terza

guerra sannitica.

Ma non

cos fecero

Bruzi,

quali
e

non erano

allora legati da alcun trattato con

Roma
in e

d'altra parte

poco temevano
in quel

di Taranto,

che

difficil-

mente avrebbe potuto


efficace la tutela

tempo assumere
oltre

modo
Metagran

dell'ellenismo
i

Turio

pontio.

Senonch

Greci dell'estrema Calabria trovain Agatocle.

rono

un

pi'otettore

Risottomessa

parte della Sicilia greca, rese tributarie


egli credette
la

le isole Lipari,

venuto

il

tempo
e

di riprendere
il

in Italia
i

grande politica

di Dionisio

vecchio sostenendo

Greci contro gli indigeni


il

raffermando nell'Adriatico
).

predominio siracusano

(1

Di qui

la

sua guerra coi

(1)

Rispetto

alle

gli

Etruschi

relazioni anteriori di Agatocle con da ricordare che erano nel suo esercito
e

mercenari di quella nazione


Cartaginesi (Diod.

che nel 307 una squadra


i

navale mosse dall'Etruria a soccorrere Siracusa contro

XX
p.

61, 6, v.

sopra
in

p. 180).

Sono d'accon la

cordo col NiESE

484

n. 2 nel ritenere

che non v'

ragione di metter questo soccorso

relazione

guerra tra Romani ed Etruschi. Si noti che nel 308 [varroniano, ossia probabilmente, tenuto conto dell'anno dittatoriale 301, nel 307] gli Etruschi avrebbero gi deposto
le

armi. Mercenari etruschi del resto

militarono
106,
2); e

anche
il

negli eserciti cartaginesi (Diod.

XIX

soc-

corso etrusco isolato del 307, anzich prova di

una

per-

manente alleanza forse da paragonare col soccorso inviato da Agrone re degl'Illir ireiaSei? \pf\pLao\ (Poi.tb. II 2, 5) a Medeone assediata dagli Etoli. Parimente il fatto che mercenari sanniti servirono sotto Agatocle non
prova punto che egli fosse in lega coi Sanniti. Ed e vero che gli obbiettivi della politica d'Agatocle erano in piena

196
Bruzi
e
e

RICEBCHE DI STORIA ANTICA


in parte

anche

il

suo conflitto con Cassandro

con

la

Macedonia.

opposizione con

le

mire della politica romana;

ma

se

durante la terza guerra sannitica Agatocle fosse stato in lega coi Sanniti, qualche cosa senza dubbio ne sapremmo.
Oltrech sarebbe stata una politica assai poco oculata da
parte d'Agatocle tirarsi addosso un nemico cos potente
fece, nulla di

cui non poteva fare, come non mentre gi ne aveva tanti altri a combattere. Tutto questo ci induce ad astenerci da troppo
i

come

Romani contro
serio,

audaci congetture sulle relazioni tra Agatocle e


{Sulla citt onde provenne
il

l'Italia

soccorso nel 307

cfr. la

mia

Storia dei

Romani

II 369].

Non pu

trattarsi di Caere,

allora gi incorporata allo Stato romano, ne di Tarquin

che nel 307 (308 Varr.) era appena venuta a patti con

Roma, ma

solo di qualche citt che


i

non avea preso

parte alla guerra contro

Romani

o gi aveva concluso

la pace con essi nel 308 (310 \'^arr.) d'accordo con Arezzo, Cortona e Perugia. Nella ristampa quasi invariata del suo

antiquato articolo sugli Elementi


storia romana, gi edito negli
i'

sicelioti nella
'

pi antica
li

Studi storici
e

(1893',

che ha veduto la luce nelle Ricerche storiche


sull'Italia

geografiche

antica

(Torino 1908)

p.

371 n.

4,

E. Pais torna

sulla questione con la consueta inesattezza d'informazione

e avventatezza di congetture.

'

XXI

3 ricorda

Tirreni

alleati di
II,

Siccome (egli dice) Diod. Agatocle accanto ai

Liguri ed ai Celti, [XX]


costoro,

cos pare pi naturale che

non meno

delle navi etrusche, fossero venuti da

una
doro
nari

citt etrusca

non lontana dalla Liguria'. Ora Diod'Agatocle,


ricavare

in

quei passi non parla affatto di Celti, di Tir-

reni o

di Liguri alleati

ma

solo di

mercedella

(cfr.

XX 64). E volerne
nel
far

che la citt etrusca


sui
confini
arbitraria.

sua

alleata

308

debba cercarsi
del
tutto

Liguria

congettura

un gravissimo errore il parlare di alleanza tra e Cartagine al tempo d'Agatocle o peggio a quello

poi Roma
di

A6AT0CLE

197

Delle spedizioni d'Agatocle nel Bruzio abbiamo notizie

troppo scarse per poter giudicare con sicurezza


di

sia
p.

dell'andamento sia dei resultati


e.

esse.

Sappiamo

che un sollevamento, a quel che pare, di diecii

mila mercenari,
Bruzi, fu da lui

quali s'erano messi in relazione coi

domato

col

passarli

tutti

fil

di

spada
chio

(1);

che

assedi Crotone (2) e se ne insignori;

che prese Ipponio. Quest'ultima citt stava da parec-

tempo
;

in

mano

dei Bruz,

quali gliela ritolsero

poco dopo

ma

Agatocle deve averla novamente ricu-

perata, poich ebbe agio di fondarvi

un porto che
(3).

Stra-

bone menziona come ancora esistente


preponderanti
dubitare che
cessi.
il

E, con le forze

di

cui

disponeva, non

insomma da

tiranno abbia riportato col grandi suc-

Frattanto egli seppe anche trarre alla sua alleanza

un
per

certo

numero
il

di popolazioni apuliche,

giovandosene
nell'Adria-

ristabilire

predominio

siracusano
era

tico (4). L'influenza dei

Romani

ancora limitatis-

Timoleoate come fa qui E. Pais. Le due citt non si allearono che dopo la venuta di Pirro in Italia. Errore non meno grave e che dimostra scarsa famigliarit con la
storia di Sicilia quello di discorrere d'una
'

egemonia

marittima siracusana perduta in seguito alle guerre civili succedute alla morte di Timoleonte quasich si potesse parlare di egemonia marittima siracusana dopo la caduta
' :

dell'impero di Dionisio.
(1) DiOD. XXI 3. Bisogna ricordare che la fonte di Diodoro quasi sempre assai avversa ad Agatocle molto probabile che la richiesta della paga fosse seguita da un aperto sollevamento.
:

(2) (3) (4)

DiOD.
DiOD.

DiOD.

XXI XXI XXI

4.
8.

Strab. VI 256.
:

irpq b

iruyac; ko TTeuKeTiout;

au|Li)aax(av

TOq ixpovc, papppout; iroiriaaTo xa vaOq

'l-

Xr]-

198

RICERCHE DI STORIA ANTICA


sul quale le
la

sima in quel mare

prime colonie romane


(1).

furono fondate solo dopo

morte d'Agatocle
di

Tra

gli

Stati

ellenistici,

l'impero

Agatocle

era,

come ora si direbbe, una delle maggiori Potenze. Quando sull'esempio d'Antigono e di Demetrio, i governatori dell'Oriente assunsero titolo di
re,

lo

prese

anche Agatocle. Se
che doveva spiacere
tici,

egli

non

esit a
a"

compiere un atto

alquanto

suoi amici

democraviene rap-

non fu certo per meschina vanit

ci

presentato come alieno da ogni

pompa

esteriore,

la

ma

perch altrimenti avrebbe mostrato di riconoscere

inferioiit dell'impero siracusano a fronte delle grandi

monarchie dei Diadochi, mentre Agatocle intendeva


trattare con essi a testa alta, da pari a pari.

di

La Macedonia dopo
quistato
la

la battaglia d'I^^so

aveva

riac-

preponderanza

nella

penisola

ellenica,

OTpiKc, xoprjfiv aTo'iq t uepr] tujv Xenuv Xdiajiave.

Sar

vero che Ao^atocle don ad essi navi e che essi


sero tributi o donativi. Sar anche vero che

11 rimisi

non

asten-

nero dal pirateggiare. Diodoro


auscult. 110.

ci

d questi

fatti tradotti

nel gergo dei nemici d'Agatocle [Cfr. Aristot. de mirub.

Quanta
II

al

testo di Diodoro, v. la
"

mia

S^/ora

dei

Romani

371 n

2:

Peucezi erano Iapigi, ed

al

nord della Peucezia molto difficile che Agatocle abbia avuto alleati. Probabilmente da eliminare la copula. 'Innuyec; Meaodmoi ']. Cfr. Hekod. VII 170 del resto che Sena sia stata Non punto sicuro (1)
:

dedotta subito dopo, nel 289, come

si

voluto ricavare

da Liv. epit. 11 [v. per la mia Storia dei Romani II 358 n. 3]. Di Castrum Novum menzionato in quel passo delle perioche non qui da tener conto, perch si tratta

probabilmente di
n.
1].

C. N. Etruriae [Storia dei Romani 11 368 Atria poi non fu colonia marittima, bens colonia

di diritto latino.

AGATOCLE

199
erale

anche prima, forse


dipendente
(1).

fin
il

dal 302, l'Epiro

tornato

Ma
alla

giovane re Pirro, che n'era stato


i

espulso, aveva nel paese partigiani,

quali non vole-

vano adattarsi
diflBcile

supremazia

macedonica.

E non

che essi avessero cercato in parte un


di
l

rifugio

a Corcira, mettendo

a rischio Tordine vigente in

Epiro. Probabilmente per liberarsene Cassandro assal


Corcira, assediando strettamente la citt

per terra e
l'esercito

per mare.

Ma

Agatocle, che stava


al

con

nel

Bruzio, mosse

soccorso

e,

distrutta in
l'

una battaglia
isola (2).

navale l'armata

macedonica, occup
servirsi di Corcira

Ca-

gione di questo intervento non fu certamente ch'egli


si

proponesse

di

come punto

di

partenza per guadagnare terreno in Epiro o in generale nella penisola greca


;

dappoich non solo Agatocle fu


siffatti

sempre allenissimo da
zioni in cui
si

disegni

(e,

nelle condi-

trovava, eoi Cartaginesi alle porte, sarebbe

stata stoltezza nutrirne),

ma
di

dimostr

altres di

non

fare

gran conto del possesso

Corcira, cedendola

prima
contila

a Pirro, poi a Demetrio Poliorcete. Conviene pertanto


cercare un'altra spiegazione.

Mentre Cassandro

nuava

in Grecia la politica del padre

proteggendo

classe possidente e favorendo le tendenze oligarchiche,

Agatocle s'era aperto la via


gli

al

dominio lottando contro


con
i

oligarchici
il

assicurandosi

distribuzioni
fuorusciti

di

terre

favore dei proletari.

Onde

demoonorato
oligar-

cratici della penisola

greca dovevano trovare

rifugio alla corte di Siracusa


chici di Sicilia alla corte

come
Polla.

gli

esuli
le

di

Cos
essere

relazioni
;

tra

due monarclii non potevano

amichevoli

(1)

ScHUBERT Geschichte des Pyrrhus


V.

p.

119 seg. [Per la

data
(2)

Beloch IH 2

p. 103].

DiOD.

XXI

2.

200
anzi non

KIOEECHE DI STORIA ANTICA


difficile

che

gli

oligarchici

siciliani

nella
del-

guerra contro Agatoele avessero goduto,


l'aiuto materiale,

se

non

almeno del favore

di Cassandro,

come
mi-

prima probabilmente non era mancato ad


sura anche maggiore, quello di Antipatro.
cile

essi, in

Non

diffi-

neppure che nella gi-ande lotta dei re confederati


il

contro Antigono
toele, senza

vecchio e Demetrio Poliorcete, Agasi

prender parte alla guerra,

fosse

mo-

strato apertamente
notizia

amico
si

ai

due ultimi, come abbiamo amico del Poliorcete


commerciali e

sicura

che

dimostr

sullo scorcio della sua vita. Gl'interessi

politici lo consigliavano infatti a coltivare

buone

rela-

zioni con la

prima potenza marittima del mondo greco;


nave dell'ar-

poich mentre questa non era punto pericolosa, almeno


per allora, all'impero siciliano, qualche

mata
quale

di

Demetrio

avrebbe

potuto

essere di

grande

aiuto in caso d'una nuova guerra con Cartagine, alla


il

tiranno drizzava sempre

il

suo pensiero.

Non

bisogna poi dimenticare che Demetrio


protettore delle forme democratiche nel
al

s'atteggiava a

mondo

greco,

modo

stesso

come Cassandro

si

era dato a difendere

le oligarchie.

Agatoele aveva perci assai a temere nel


;

caso che Cassandro acquistasse Corcira

quest'isola che

stava all'ingresso dell'Adiiatico poteva dargli l'opportunit di danneggiare


il

commercio siracusano
coloniale

in quel

mare

e
;

la

possibile

espansione

sulle

sue

sponde

o peggio ancora poteva servirgli per aprirvi


avversari
oligarchici
del
tiranno,
ai

un

rifugio agli

quali non sarebbe

parso vero

d'avere

da Cassandro
effi-

come
cace.

loro confratelli di Grecia

una protezione
di

poi Agatoele non avr mancato


di

misurare

quanto una vittoria sul re

Macedonia avrebbe auall'estero.

mentato

il

suo credito all'interno ed


le

Del resto

condizioni

dell'Epiro

mutarono

assai

rapidamente. Re Tolemeo

d'Egitto vedeva non senza

AGATOCLE
timore come crescessero in potenza
legati.
i

201
suoi antichi collo

per dapprima, sembrandogli pericoloso


di e

estendersi del dominio

Seleuco

nella

Siria,

si

ac-

cost a

Lisimaco

(1)

probabilmente

Cassandro,

mentre Selenco
liorcete

per

evitare di trovarsi isolato aveva

creduto opportuno stringersi in lega con Demetrio Po;

di poi forse intimorito dei progressi di Cassi

sandro in Grecia, Tolemeo cambi di politica e con Seleuco e con Demetrio


(2).

un

Uno
al

degli effetti di

quest'alleanza, anch'essa del resto


l'invio di Pirro

poco

durevole, fu

come pretendente
qui
il

trono in Epiro,

dove regnava Neottolemo sotto


sandro
(3j.

l'alto

dominio

di Cas-

Non

luogo

di narrare

come

Pirro,

dopo essere
lemo,
si

stato riconosciuto re insieme con Neotto-

liberasse del collega.

ogni
il

modo

Pirro non

poteva non desiderare vivamente


cira
;

possesso di

Cor-

poich doveva parergli di non essere sicuro del


quell'isola

suo regno finch

non

fosse in

mano

sua.

Agatocle

la cedette volentieri
;

ad un nemico della casa

tanto pivi che doveva stargli a cuore di buone relazioni con Demetrio PoHorcete e con Tolemeo, i quali erano a capo delle due princi-

d'Antipatro

tenersi in

pali potenze marittime del

mondo

greco. Perci diede

Corcira in dote alla figlia Lanassa che and sposa

Pirro (295) (4)


si

probabilmente in questa occasione


tiranno

stabilirono
di

relazioni d'amicizia tra Agatocle e


e
il

lemeo

Lago,

spos

Touna principessa

(1)

Plut. Demet. 31. Pldt. Demet. 32. Plut. Pyrrh. Plut. Pyrrh.
III 2 p. 104].
5.
9.

(2) (3)
(4)

Cfr.

Diod.

Schdbert Pyrrhiis p. 121 seg. XXI 4 [Per la data v. Be-

LOCH

202

RICERCHE DI STORIA ANTICA


cui

della casa reale d'Egitto, Teossena, da

ebbe poi

due

figli (1)

L'amicizia tra Pirro, Demetrio e Tolemeo dur assai


poco. Quando, morto Cassandre, parve a Demetrio di
intervenire

novamente

nella

penisola greca,

Tolemeo
;

diede opera, sebbene


alla

invano, a impedirglielo
il

e Pirro

sua volta prese a combattere

Poliorcete allorch

questi volle insignorirsi della Macedonia. Allora Agatocle


si

distacc dall'amicizia di Pirro per coltivare

le

antiche relazioni con Demetrio Poliorcete, mentre Lanassa, lasciato Pirro,


nelle
si

ritrasse a Coi'cira, che rimise

mani di Demetrio Poliorcete unendosi con lui in matrimonio (290 circa) (2). Intanto gli apparecchi di Agatocle per una nuova
grande spedizione contro
al
i

Cartaginesi

si

avvicinavano
cose
d'Italia
(3),

compimento. Ridotte senza dubbio


aveva messo
in ordine

le

in termini da
egli

non averne a temere alcun pericolo

una poderosa armata, ben


i

sapendo quanto fosse indispensabile, per vincere


taginesi,
il

Car-

dominio

del

mare.

Ma

gi nella guerra

(1)

lusTiN.

XXin

2,

[Si

suppone generalmente che


Agatocle
fatto

in onore di

Tolemeo

abbia

coniare la

sua moneta aurea con una testa giovanile avvolta nella pelle di una testa d'elefante: moneta che ricorda i tetra-

drammi

di

Tolemeo

(v.

gli scritti citati

p.

157

n. 1).

Molto probabilmente essa fu coniata invece per pagare con una moneta che riuscisse loro accetta i mercenari
d'Ofela].
(2)

Plut. Pijrrh. 10. Schubert


V.

Pyrrhtts p. 127

[Per la

Beloch Gr. G. Ili 2 p. 200]. (3) Nulla pu ricavarsi in contrario da Iustin. XXIII 4, le cose da narrare che Agail quale ha confuso tanto toole fece in Italia una spedizione sola di pochi giorni.
data

AGATOCLE
precedente

203
il

aveva
caso

potuto avvertire

danno del non


stesso,

avere un alleato fuor di Sicilia che potesse prestargli


aiuto
in
di

pericolo

al

tempo

pi

che settantenne, volendo regolare

la successione, gl'im-

portava

che

Agatocle

iuniore

destinato

da

lui

al

regno, fosse riconosciuto

come erede da qualche

prinsce-

cipe amico. Degli alleati fra cui avrebbe potuto


gliere
il

tiranno prefer di congiungersi con Demetrio

Poliorcete, amico d'antica data, vicino e potentissimo


sul mare. Pericoloso

per Agatocle Demetrio, almeno momento, non era con troppi nemici aveva da combattere. La guerra quadriennale si trovava allora
pel
:
;

in sullo scorcio o forse s'era gi chiusa (1)


la

ma

anche

pace che vi pose tenxiine era solo una tregua nella

lotta disperata che

Demetrio dopo
l'esistenza
;

la battaglia d'Ipso
e

ebbe a sostenere
accolse con

per

Demetrio stesso

era di ci ben consapevole. In queste condizioni egli

sommo

favore

il

giovane Agatocle, che ve-

niva ad offrirgli a

nome

del potente re di Sicilia

un

trattato d'amicizia e d'alleanza, e


scerlo,
il

non

esit a

ricono-

secondo

si

desiderava alla corte di Siracusa,


(2).

come

futuro successore del padre

V'erano

infatti

due pretendenti
del re e
il

al

trono di Siracusa:
quell'Arca-

Agatocle terzogenito

figlio di

gato che era stato ucciso in Africa, di

nome

anch'esso

(1)

[Alludo alla guerra di Demetrio e de' suoi alleati

contro Pirro, l'Etolia e Tebe.


accettarsi la data da
in
'

Non vedo
II

me

proposta per
'

l'esilio di

Studi di Storia antica


col

30

come possa Democare respingersi ad un


infatti

tempo

Beloch Gr. G. Ili 2 p. 376 seg. la identificazione di questa guerra col TCTpaeri'iq TrXe|ao<; menzionato nel decreto in onore di lui, in termini tali da mostrare che non pu essere di molto anteriore all'esilio].
(2)

DioD.

XXI

15.

204
Arcagato,
il

RICERCHE
quale

1>I

STORIA ANTICA
fatto le sue
i

aveva gi

prove

al

comando
il

dell'esercito (1).
figlio.

Tra

due

il

re prescelse

proprio

Per quali ragioni escludesse Arca;

gato dalla successione ignoriamo


riesce d'intendere

ed anche
il

come

gli lasciasse

l'esercito e dell'armata proprio fino al

meno ci comando delmomento in cui


la-

fece riconoscere

come successore

il

figlio nell'assemblea

popolare di Siracusa.
sciare

Ma

ora Arcagato, invece di


si

che Agatocle iuniore

ponesse a capo delle

forze militari, lo assassin in

da
la

lui

stasse

un banchetto. Il delitto commesso non era tale che in quei tempi baa coprire un principe d'infamia, a fargli perdere
e a

stima degli amici e la fiducia dei sudditi

rag-

guagliarlo ad

uno

scellerato volgare.

Che

anzi,

cosa

certo non onorevole per le condizioni morali d'allora,

alcuni dei principi che sotto molti rispetti vanno an-

noverati tra
il

migliori dell'et ellenistica acquistarono


lo assicurarono
:

regno o se

con omicidi come quello

commesso da Arcagato
Neottolemo
e

basti citare Pirro che assassin

Demetrio Poliorcete che fece trucidare

un figlio di Cassandro. Ed Agatocle stesso, sebbene non si fosse trovato nell'occasione di uccidere propri
parenti, era ben lontano dall'avere la coscienza netta
in materia d'assassini.

fatto

compiuto

a ogni

modo,
le

se voleva salvare l'opera di tutta la sua vita, egli do-

veva riconoscere
porte di Siracusa.

come erede l'omicida Umanamente per si


invece,

aprirgli

sjjiega

assai

bene come, non

perdonando ad Arcagato
poich

l'assassinio

del figlio, preferisse

non v'era

altro

erede, ristabilire in Siracusa la


lo Stato ai

democrazia.

Lasciare

due

fanciulli avuti

da Teossena, con una

reggenza, sarebbe stato possibile solo a condizione di

(1)

DioD.

XXI

3.

16, 3.

AGATOCLE
assicurarsi dell'esercito, che

205

stava tuttora agli ordini


il

d'Arcagato. Se fosse

stato- in forza,
i

re

non avrebbe
aveva con-

mancato

di presentarsi tra

suoi veterani e di ridurli

al dovere.

Ma una

malattia violenta lo

dotto proprio allora con inattesa rapidit sull'orlo del


sepolcro.

con la deliberazione che prese per vendi-

carsi di quel

male che era impotente a rimediare prelo sfacelo

par egli stesso


e ci nel

dell'impero da lui costituito,

momento

in cui questo

impero sarebbe stato


la
la Sicilia e

chiamato a una missione d'importanza gravissima,


lotta di rivincita col Fenicio per liberarne
la lotta
d'Italia.

contro

Roma

per

l'indipendenza

dei

Greci

Troppo sagace era Agatocle per non antivedere


sua vendetta;
e

gli effetti della

con

questo

pensiero

egli scese nella

tomba (289/8)
fosse

(1).

La

storia della tii'annia

d'Agatocle
nei
;

mostra quanta
pochi decenni
si

esuberanza di vita

Sicelioti

prima dell'intervento romano


deva in contese intestine
nasse spegnendo quelle
col sangue.
se

ma

questa

disper-

non v'era
la

chi la discipli-

contese con la persuasione o


storia d'Agatocle ci

Senonch appunto

mostra quanto per ottener

ci si richiedesse d'energia

senza riguardi, di coraggio indomabile e di genio politico.

in tali condizioni la

monarchia militare,
i

l'u-

nico

governo

che

afl&dasse

Sicelioti di salute,

non

poteva essere durevole.

Cos ad ogni osservatore avi

veduto doveva parere che

Greci di Sicilia fossero in

(1)

[Usurp
conserv

il

potere infatti nel 316 (sopra p. 154 n.


circa, fino al

1)

e lo

per 38 amii

289 o al 288.

maggiormente per ora non si pu]. Agatocle non per avvelenamento, come dice Diod. XX ] 6. ma probabilmente per un cancro alla bocca, v. Schubekt
Precisare
mor,

Agathokles p. 204 seg.

206

laCEHCHE DI STOKIA ANTICA


ai Fenici.

grave pericolo di soggiacere


i

Xella lotta tra

Semiti e gli Arii per

la

supremazia nel Mediterraneo

occidentale, gli Arii eran

dunque
il

sul

punto d'avere
di

la

peggio.

Ma

s'appressava

momento che

nelle vicende

di Sicilia

doveva

intervenire

un popolo ano,
le

cui

nessuno poteva a quel tempo prevedere


riose:
i

sorti glo-

Romani.

VII.

pi antichi generali sanniti

^^K

I gentilizi di alcuni, se
niti nella

non

di tutti,

duci dei San-

grande loro lotta contro

Roma

corrispondono
nella guerra
la

a quelli di alcuni dei capitani

sannitici

marsica. Perci ripetutamente s'era messa innanzi


ipotesi

che

quelli, in

parte almeno, potessero essere


;

reduplicazioni anticipate di questi


peraltro
in

s'era

messa innanzi
finch
il

generale

solo

per respingerla,
la

Beloch ne ha tentato recentemente


Infatti quelle corrispondenze

dimostrazione

(2).

non possono, secondo


i

lai,

spiegarsi con la ipotesi che

duci della guerra sociale


delle

fossero discendenti di quelli


"

guerre

sannitiche.

Una

tale ipotesi (dice egli)

sarebbe assurda, e basteai

rebbe per dimostrarlo uno sguardo

nomi

dei

duci
ri-

romani

in quelle guerre, dei

quali nessuno
sociale.

forse

corre pi tardi

nella
si

guerra

Ma

allora dal

momento che non

pu

trattare evidentemente d'una

11)

[Dalla

'

Riv.di filologia

'

XXXVI
'

(1908) p. 353 segg.].

(2)

I duci

dei Sanniti nelle guerre contro

Roma
1

in

'

Studi

storici

per l'antichit classica

voi. I fase.

(Pisa 1908).

208

RICERCHE DI STORIA AXTICA


sola

semplice coincidenza casuale, non resta che una


via
d'uscita.

Dobbiamo ammettere che


che sdissero
sotto

gli annalisti

dell'et sillana,

l'impressione
si

dei

grandi avvenimenti della guerra marsica,


viti dei

siano ser-

nomi

degli eroi

di

questa guerra

per

dare
.

maggior
dei

vita al racconto delle guerre sannitiche

Certo sarebbe assai strano che nessuno dei gentilizi


duci

romani
tra
i

delle

guerre sannitiche

si

trovasse

pili tardi

generali della guerra sociale, mentre vi

hanno invece riscontro quasi tutti i nomi dei duci sanniti e una tale singolarit, dato che gli ordina;

menti

gentilizi delle popolazioni

osche erano molto


se

si-

mili a quelli dei

Romani, fornirebbe,

non una

di-

mostrazione, certo una giustificazione alla congettura


del Beloch.

Ma
i
i

in realt lo stato delle cose alquanto


gentilizi dei consoli e dittatori
fasti trionfali,

diverso. Tra che, secondo


Sanniti,
il

romani
sui

riportarono vittorie
a
tacer

gentilizio

Cornelio portato,
dei

di

Cinna, dal principale


marsica. Siila,
il

duci

romani nella guerra


genti-

gentilizio Sulpieio dal legato Sulpicio


i

che combatt neir89 contro


lizio

Marrucini

(1),

il

Claudio da M. Claudio Marcello, legato di L. Giulio


(2),
il

Cesare in Campania
veri o pretesi

gentilizio Valerio, di tanti

trionfatori

romani

del

IV
e

secolo,

da
a
il

Valerio Messala

legato nel 90 del console Eutilio.

tacere di Valerio Fiacco console nel 93


gentilizio del

neU'86.

famoso Cursore. Papirio,


Italici,

quello

d'uno

dei tribuni che caldeggiarono la concessione della cit-

tadinanza

agli

il

gentilizio

d'Emilio

Papo

d'Emilio Barbula portato da quel princeps senatus

Emilio Scauro, che fu tratto a giudizio con l'accusa

(1) Liv. per.


(2)

76.
e. I

Appiax.

h.

40.

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

209
il

socios in
gentilizio

arma

convocasse. Si

pu anche notare che


e
i

Postumio del vinto di Gaudio suo cognome son quelli di un legato che
la

perfino

il

soldati la-

pidarono durante

guerra sociale
i

(1).

Non

poi neppure esatto che


sannitici

gentilizi dei quattro

antichi duci

menzionati

dalle

fonti

(Papio

Brutulo, C. Ponzio, Gelilo Egnazio, Stazio Gellio) cor-

rispondano

"

a quelli dei quattro


.

principali

capitani

sannitici della guerra marsica

Non

fu infatti certa-

mente uno dei principali capitani sannitici quello Stazio Sannita ricordato in un solo passo d'Appiano (2), a
proposito delle proscrizioni del 43 av. Cr.,
il

quale se
i

davvero

si

fosse molto

segnalato
nel

combattendo
senato,

Ro-

mani, nonch prender posto

difficilmente
e

sarebbe sopravvissuto alla reazione sillana,

ad ogni

modo non

ne tacerebbero

le relazioni

pervenuteci sulla

guerra stessa, per manchevoli che sieno. D'altri duci

famosi della guerra sociale non sappiamo poi con


curezza la patria. Per di
piti nel

si-

caso di Gellio Egnazio

e specie in quello di Stazio

Gellio incerto quale dei


gentilizio.

due nomi

sia

usato
dalle

come

Infine

un

altro

duce ricordato

fonti a proposito delle lotte tra

Roma
tale

e il

Sannio, sebbene alquanto pi tardo,


(3),
il

un

LoUio

cui
;

nome non
ed

ricorre tra

generali

della guerra marsica

facile dire
al

che

il

conser-

varsene
il

ricordo dovuto

caso
in

specialissimo che
;

suo

nome

era menzionato

un documento
tra
i

ma

quanto
In

ci facile a dire, altrettanto pare arbitrario.


i

sostanza

riscontri

nominali

duci

sanniti

delle

due guerre son proprio

di quella natura che do-

li)

Liv. per. 75. Oros.

18.

22.

Val. Max. IX

8.

3.

(2) (3)

B.

e.

IV

25.
7.

ZONAR. Vili

G.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

14

210

RICERCHE DI STORIA ANTICA

vi-emmo a priori attenderci, tenuto conto degli ordinamenti


gentilizi italici e della stabilit di condizioni la

quale per ragioni di carattere economico-sociale dev'essere stata assai

maggiore
si

tra

monti del Sannio che


i

non a Roma. E
della
dei
vincitori di

noti che, mentre

Sanniti del
i

tempo
quel

guerra marsica erano in massima


Gaudio,
i

discendenti
di

cittadini

romani

tempo, tenuto conto delle larghe concessioni


dinanza fatte
i

di citta-

agl'Italici,

non erano che


mentre

in piccola parte

discendenti dei commilitoni di Papirio Cursore e di


;

Publilio Filone (1)


ribelli

e inolti-e,

tutti

gl'Italici

erano

in

armi contro Roma, dei maggiorenti


guerreggiare in
le

romani,

molti, anzich

Italia,

dovedir

vano
delle

attendere a

governare

provincie.

Vuol

questo, che Ponzio Telesino era discendente

dell'eroe

Forche Caudine
(e

Sarebbe un'asserzione, non certo


d'ingiustificata audacia,
e arbitraria
la

assurda
sarebbe

perch
pari

V),

ma

come
;

del

audace

negazione

proprio allo stesso

modo come
di
la

sarebbe arbitrario

af-

fermare o negare che Ponzio Pilato fosse un parente


o

dire che,

un discendente ammessa

Ponzio Telesino.

Potremo

solo

storicit di C. Ponzio,

Ponzio

Telesino probabilmente apparteneva alla stessa gente

almeno ad una famiglia che con quella gente era o


credeva d'essere in relazioni di parentela o di clientela.

il

caso stesso di quel Postumio Albino che fu

lapidato dai soldati non molto discosto dal luogo dove

(1)

Basti riflettere che

il

territorio

romano popolato
(v. la

da cittadini fomiti dei


2.500

pieni diritti non misurava eh'

km-

circa all'aprirsi della seconda sannitica

mia
pare,

Storia dei

Romani

II

p.

288

seg.),

mentre

se,

come
era

non v'erano pi nel 90

cives sine suffragio, saliva

allora a 55.000 km'- (Beloch Ital.


oltre venti volte pi ampio.

Bund

p. 74), ossia

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

211
Sarebbe
assurdo e

il

SUO omonimo era

passato sotto

il

giogo.

certo audace affermare o negare che l'uno discendesse


dall'altro,

sebbene in

ci

non

sia nulla

di

debbasi ad ogni

modo

ritenere che appartenessero en(Ij.

trambi ad una medesima gente


nenze tra le sorti dei
nulla di pi
offre la storia

Le

singolari atti-

due Postumi Albini non hanno


di

strano

tanti

riscontri singolari

che

d'ogni tempo e d'ogni paese; e non pu

argomentarsene nulla.

logie l'importanza che, a

Eppure chi d a queste anamio parere, non hanno do:

vrebbe, a rigore di logica, ragionare cosi

nella

se-

conda sannitica un Ponzio fece passare sotto il giogo un Postumio nella guerra marsica un Ponzio si se;

gnal per valore tra


1

un Postumio per inetdunque i primi Romani sono ricopiati dai secondi. E cos mi sembra d'aver condotto ad absurdum questo modo d'argomentare,
i

Sanniti,
i

itudine

sfortuna

tra

perch la stoiicit di Sp. Postumio Albino,


del 321, guarentita dai Fasti.

il

console

Con
che
i

ci

non voglio

dire per

fermo d'aver dimostrato


grande guerra con

comandanti

sannitiei

della

Roma, menzionati dalle fonti, sieno personaggi storici. Le invenzioni dell'annalistica romana sono cos copiose
che sarebbe

da

stupire

se

non

se

ne

riscontrassero
di-

anche qui.

Solo voglio dire che l'argomentazione


tutti

retta a negare la storicit di

mediante

il

condi-

fronto coi capitani della guerra sociale altro

non
chi

mostra

se

non l'acutezza
(2).

e la erudizione

di

l'ha

messa innanzi

Sarebbe del resto singolarissimo e

(1)

Le monete dei Postumi Albini dello scorcio

dell'et

repubblicana provano almeno ch'essi ritenevansi discendenti dei pi antichi Postumi del
(2)

sec.

A mio
i

credere, essa andrebbe addirittura invertita.

Se cio

nomi

dei duci sanniti del

IV

e del III sec.

non

212

RICERCHE DI STORIA ANTICA

incredibile che Ennio, Fal)io e tutti gli altri annalisti


del II sec, narrando la storia della conquista d'Italia,

non avessero dato neppure un nome di generali sanin modo clie, pur senza prove specifiche, connitici
:

verrebbe ritenere che essi ricordassero alcuni almeno


dei

nomi

a noi pervenuti.

Ma

inoltre vi

hanno

tre di

quei nomi per cui pu dimostrarsi, se non con sicurezza,

almeno con
Il

assai probabilit, che ricoiTevano in fonti

anteriori alla guerra sociale.

primo

C.

Ponzio.

Esso

menzionato in due

frammenti

di

Claudio Quadrigario, scrittore contem

poraneo, come

noto, della guerra marsica. Se quindi

C. Ponzio realmente

una copia anticipata


invenzione
fu

di

Ponzio

Telesino, l'autore di siffatta

per l'ap-

<ii

punto Claudio Quadrigario (1). Ma gi Cicerone parla C. Ponzio come di persona ben nota al lettore,
darsi

senza

neppur
poteva

la

briga

d'indicar

chi

fosse (2i.

Or

cos

non

egli

certo

parlare
agli

d'un persoantichi anna-

naggio che, ignoto


listi,

ad

Ennio

ed

sarebbe stato inventato


;

qualche decennio prima

da
si

Claudio Quadrigario

d'un personaggio che neppure

conosceva quando Cicerone attese a quegli studi gio-

vanili che gli permisero di segnalarsi

come oratore

gi

sotto la dittatura di Siila.

avessero nessun riscontro fra


essi
(1) Fr.
(2)

duci della guerra sociale,


falsi.

dovrebbero per questo appunto ritenersi


19. 21 Peter.
:

De officiis II 21, 75 utinam, inquit C. Pontins, ad tempora me fortuna reservavisset et tum essem natns. quando Romani accipere dona coepissent. non essem passus
illa

diutius eos imperare, ne

UH

multa saecula expectanda fuerunt;


invasit. itaque

modo enim hoc malum in hanc rem puhlicam patior tum potius Pontium fuisse, siquidem
fuit roboris.

in ilio

tantum

PI ANTICHI GENEEALI SANNITI

213

Ma

v' di pi.

Nel de senectute

di

Cicerone, Catone

riassume un discorso tenuto dal filosofo tarentino Archita in presenza di Platone e di C. Ponzio,
il

padre

del vincitore di Gaudio, che dice d'aver udito riferire

quando da giovane era


Temporeggiatore
Catone
fa
(1).

in

Taranto con Q. Massimo,

il

Del discorso di Nearco udito da


(2).

cenno anche Plutarco


di questo passo

Ora alcuni

riten-

gono che fonte


l'appunto
il

di

Plutarco sia per


a Plutarco

Catone maggiore
(3),

di Cicerone,
il

non ignoto

Ma

facile

vedere che

discorso d'Ar-

chita presso Plutarco

non corrisponde

in tutto a quello

presso Cicerone. Laddove in Cicerone, pur non essendo

troppo conciso,
zione
retorica

si

riassume in una semplice declama

contro la volutt, in Plutarco

assai

meno
corpo,

retorico e pi filosofico e vi sono svolti concetti

platonici, che in Cicerone

non

hanno

riscontro,

sul
libe-

come danno
dal

sventura per l'anima, sulla

razione

corpo

e la purificazione

dello spirito per

mezzo della ragione. Par chiaro quindi che Plutarco


aveva innanzi a s un'altra fonte in cui
il

discorso in

(1)

12, 39:

haec cimi C. Pontio

Samnite patre eius a


Veturius
consiiles

quo Caudino proelio

Sp. Postumins T.

superati sunt locutum Archt/tam Nearchus Tarentinus hospesnoster, qui in amicitia

poptiU

Romani permanserat,
ei
:

se a

maioribus natu accepisse dicehat, cum quideni


interfuisset

sermoni
venisse

Plato

Atheniensis

qtiem

Tarenttim

L. Camillo Ap. Claudio consulibus reperio.


(2)

Caio
Oli;

in.

2:

KOaaq

raOra iaX6YO|uvou tou

ole,

v-

^pq

KexpiiTOi Kai TTXdTUJv

Tf]v |uv l'iovi^v TroKoXujv


xf)
vi^uxfl

MYiOTOv KaKoO Xeap, aujuqpopv


upilirriv,

t a)|ua
k*^^

XOaiv xa KoGapiuv
tOjv Trep t

ludXiaTa

x^J^P'^^^i

qpiarriffiv aT*iv

(J0|ua

iraBrmTiuv

Xoyi(T|uoc,

Iti lufiXXov r|Y<Ttr|ae


(3)

t Xitv ko ti^v YKpdTeiav.


1.

Cos Zeller Philosophie der Griechen III 2* p. 98 n.

214

RICERCHE DI STORIA ANTICA

parola era riferito pi diffusamente che non in Cicerone, ossia clie Plutarco e Cicerone dipendono da

una

fonte comune.
difficile,

Ammessa una
"

fonte

comune,
fosse,

assai

per non dire impossibile, che

anzich

uno

scritto di Catone,

un prodotto

della

rifioritura

della scuola pitagorica al principio del I secolo


dell'era volgare
.

prima

Gravissimi argomenti

si

richiedereble

bero per ammettere che Cicerone attingesse


tizie

sue no-

su Catone ad un apocrifo venato alla luce poco


in cui, per di pi.
si

prima del Caio maior, apociifo


facilitare
il

riconoscimento

della falsificazione,

sa-

rebbe fatto parola

di quel Ponzio vincitore di Caudio immaginato poco prima da Claudio Quadrigario. Ma concediamo pure che Plutarco abbia attinto da Cicerone e abbia formulato a suo modo, con molta

libert, la dottrina pitagorica di

Nearco riassunta dal


che
il

grande oratore.

Non

per questo pu ritenersi


"

dialogo di Catone con Xearco

sia invenzione di Ci-

cerone, che volendo mettere in bocca a Catone quelle

parole d'Archita doveva pur spiegare


fosse venuto a conoscenza
,.

come Catone ne

Gi Cicerone non aveva

bisogno di ricorrere a Nearco per spiegare come Catone da vecchio avesse' notizia delle dottrine d'Archita;

perch era noto che. da vecchio almeno, Catone non


trascur
la
il

letteratura

greca.

Poi non

facile

che
in-

Nearco,

pitagorico

ospite
il

di Catone, sia

stato

ventato da Cicerone,

quale era

troppo

onesto per
;

lasciar corso tanto libero alla propria


e,

immaginazione

ad ogni modo, d'una simile invenzione di Cicerone


si

come non
soltanto

vede sufficiente motivo, cosi non v'

al-

cuna prova.

si

nell'et

opponga che Catone apprese il greco matui'a, e quindi non poteva a Ta:

ranto prender notizia della dottrina d'Archita

perch

jf

questo, che taluno asserisce con grande sicurezza, non

punto detto da Cicerone u da Plutarco

ov'essi di-

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

215
dicono

scorrono degli studi di Catone. che solo in vecchiaia Catone


teratura
si

due

scrittori

diede a studiare la let-

greca

(1

ma non

escludono davvero
tanto di

che

quando era
senza dire

a Taranto conoscesse

greco

da
;

poter scambiare
poi

qualche
che

parola con

un suo

ospite

Nearco

tarentino,

partigiano

di

Roma, poteva ben sapere


sare co' suoi
protettori.

tanto di latino

da converstessa

E
;

del resto la notizia

che Catone solo in vecchiaia studiasse letteratura greca


di valore incertissimo
critico,

ed singolare

che

qualche

uso a discutere sempre sottilmente


senza

le asserzioni

delle fonti, le accetti questa volta

discussione.

Ottimi conoscitori

de^li

scritti

superstiti di

Catone,
ap-

come
punto

il

Jordan, ebbero ad asserire che

gli scritti

di

Catone

la

dimostrano indegna di fede.

poi

ammettiamo pure che nel 209 Catone, quando fu con Q. Fabio Massimo a Taranto, non sapesse nulla di
greco
e
i

suoi

ospiti

tarentini

nulla di latino e che

comunicassero solo

per segni. In realt ci non imci

porta proprio nulla per la questione che

preoccupa.

Per nulla

infatti ci

impediva che Catone in vecchiaia


de' suoi
scritti)

esponesse (non importa qui in quale


le

dottrine di Archita

dando a questa esposizione

la

veste letteraria d'un dialogo tenuto da lui giovane col

pitagorico Nearco.

ad ogni

modo

incredibile che Cicerone abbia ag-

giunto del suo, senza una ragione al mondo, la menzione di C. Ponzio, padre del vincitore di Caudio, che

con

Platone

avrebbe
dai

assistito

al discorso

d'Archita

tramandato

Che importava questo per documentare come da Nearco Catone avesse


maggiori a Nearco.

(1)

Cic.

Cat.

M.

1,

3.

8,

26. Plut.
I

Caio

2.

Cfr.

Schanz

Geschichte der rom. Litter.

1^ p. 244.

216

RICERCHE DI STORIA ANTICA


?

potuto essere erudito nel sistema d'Archita

si

noti

come

la

menzione che Cicerone


e T. e quella di L.

fa dei consoli Sp.

Po-

stumio

Veturio f321) per datare

la battaglia di

Gaudio

Camillo e d'Ap. Claudio (349)


di

per datare la venuta

Platone a Taranto
il

sembrano

dimostrare all'evidenza che

grande oratore, trovato


perci
in

nella sua fonte cenno di questo dialogo, cerc di venire in

chiaro del quando pot aver luogo,


in

appunto riscontr quelle date

una cronografia o
Cicerone

un

libro d'annali.

Ma, pu

dirsi.

aveva per

un dialogo, composto forse da Aristosseno, tra un Sannita di nome Ponzio, e l'invenzione sua si limit ad attribuire, per mezzo delfonte

Archita, Platone e

l'ospite

Nearco,

la

conoscenza di quel
se

dialogo a Ca-

tone.

ricorrere a ipotesi

buon metodo quando tutto pu spiegarsi con ipotesi semplicissime. Ma ammettasi pur questa ipotesi che, se non altro, del tutto infondata, come, credo, non esiterebbe a riconoIo

non so

sia

conforme
e

al

cos

sottili

complicate

scere neppur chi la propone. Certo trovando

menzio-

nato in un dialogo d'Aristosseno o di

qualche altro

greco un Ponzio sannita, Cicerone non poteva aver la


temerit d'asserire, senza n prova n esitazione, che

quel Ponzio

fosse

il

padre del vincitore di Caudio


che
i

troppo bene sapeva

gentilizi

romani ed

italici

non permettono argomentazioni di questa fatta. Pare evidente invece che, appunto perch C. Ponzio vinse la battaglia di Caudio, un Ponzio suo padre fu introdotto come terzo in un dialogo tra Archita e Platone, dialogo che Catone o un pitagoreo, da cui Catone attinse, immagin solo per dar veste letteraria alla sua esposizione della dottrina d'Archita.

Cos solo per mezzo d'una serie d'ipotesi, che non

paiono n ti'oppo fondate n troppo verisimili,


negare che Ponzio,
il

si

pu
gi

vincitore

di

Caudio_,

fosse

PI ANTICHI GENEEALI SANNITI

217
a

noto a Catone.

del
i

resto se vero,

come

me

sembra indubitato, che

ricordi storici fededegni sulla

seconda sannitica siano non pochi, dovrebbe ritenersi


strano ed incredibile che
del vincitore della
si

fosse smarrito

il

ricordo

guerra dai
le

maggior battaglia perduta Romani. Inoltre le annotazioni dei


che
tenessero

in quella
pontefici,

quali arbitrario credere

conto

di

sole vittorie

romane, potevano benissimo farne menri-

zione

che appunto in caso di sconfitta conveniva


;

correre agli di per placarne l'ira


sibilit

a tacere della pos-

che anche in
p.
es.

C.

Ponzio,

nel

altri documenti si menzionasse documento di quella pace che


:

segu alla clade caudina

pace, la cui natura trapela


il

abbastanza chiai'amente attraverso


cazioni annalistiche
tardi
e
il

velo delle

falsifi-

cui testo

autentico,

se

pi

doveva essere andato smarrito, pu

aver certo

influito direttamente o indirettamente sui racconti dei

I^rimi annalisti.

Anche

pili

inverisimile che sia

un

personaggio
vit-

immaginario Gellio Egnazio.


toria di Sentino, che

L'importanza della
ai

non rimase nascosta


fatti

contem-

poranei greci, la gravit dei


la

che la precedettero,

Romani che in quella battaglia fu fiaccata spiegano come s'imprimesse fortemente nella memoria dei Romani il ricordo del prode Sanformidabile lega contro
i

nita che aveva concitato contro

Roma

tanti

nemici.

La congettura ch'egli come gi da altri fu


quanto infondata.
di Sentino e

sia ricalcato

su Mario Egnazio,
a
farsi

notato, tanto agevole


del
il

E
il

resto

non

punto

difficile

che Duride di Samo,

quale trattava della battaglia


dei Sanniti che vi rimail

dava

numero

sero sul campo, menzionasse


sconfitto.

nome

del duce sannita

saprei certo dividere la balda sicurezza

con cui

gli scrittori

moderni
si

in generale escludono o,
di discutere

per dir meglio, neppur

degnano

Tipo-

218
tesi

RICERCHE DI STORIA ANTICA


che nomi di duci italiani del tempo delle guerre
della

sannitiche e persino

gueiTa di Pirro
greci che
si

potessero

essere ricordati da scrittori


della storia d'Occidente,

occupavano

come Duride

Timeo; quasi
di

una legge la menzionare duci galli,


esistesse

quale permetteva ai Greci


illirici,

traci, persiani, egizi,

ma
che
in

vietava loro di dare


al contrario,
io

nomi

di duci italiani.

Che

anzi,

ritengo

a priori

inammissibile
si

nomi

di duci

romani

e sanniti
i

non

trovassero

quegli scrittori greci,

quali occupandosi diffusamente


dei

d'Agatocle dovevano toccare delle condizioni


poli italici con cui Agatocle
si

po-

trov in relazioni amii

chevoli od
fatti la

ostili,

come

gli

Apuli ed

Lucani

(1).

In-

politica di questi popoli

non poteva spiegarsi


della

senza

tener
e
il

conto

dell'andamento

guerra tra

Roma
in

Sannio. Ci

difficile

mi par

])o

tanto pi evidente

quanto
i

negare che da scrittori greci pro-

vengano
sannitica

nomi

dei

demarchi Ninfio

e Carilao

che

di-

fesero Napoli in quell'assedio con sui s'inizi la seconda


(2).

Tale argomentazione per rispetto


assai

GelKo avrebbe
fosse

minor valore quando, come


esagerata
dalla
i

s'

recentemente so-

stenuto, l'importanza della battaglia di Sentano


stata

tradizione e

ad

essa
i

avessero
(3).

preso parte

non

Sanniti,

ma

soltanto

Sabini

(1) Non male ricordare che il nome di un duce romano, Lucio, che avrebbe liberato Roma dai Galli, era stato ricordato gi nel IV sec. da Aristotele, secndo Plut. Camill. 22. E poi anche da tener presente la possibilit che i nomi dei duci sanniti fossero notati nei dipinti che vincitori romani fecero eseguire per eternare le loro vittorie. Cfr. la mia Storia dei Romani II 510 seg. (2) Cfr. la mia Storia dei Romani II 300. conquista romana della regione sabina (3) Beloch La nella Riv. di storia antica IX (1905) p. 269 segg.

'

'

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

219
s-

Questo

asserito dal Belocli,


i

perch

"

non

comfin

prenderebbe come

Sabini

in

guerra con

Roma

dal 299 abbiano potuto tenersi lontani da quella battaglia


ritorio

combattuta a cosi breve distanza dal loro


;

ter-

laddove

le stesse

ragioni che rendono

somma-

mente improbabile una spedizione dei Sanniti nella Etruria nel 296, rendono improbabile una loro spedizione nell'Umbria nell'anno seguente
sibile
.

Certo era posbattaglia


di

che

Sabini

partecipassero
ragioni

alla

Sentano se non avevano


p.
es.

per

restare a

casa,

la necessit di

difendersi contro qualche distacdi tenerli a

camento romano incaricato


territorio,

bada nel loro

coprendo

le

spalle dell'esercito che operava

a Sentino.

Ma

questa non parmi che una pura e sem-

plice possibilit.

Le ragioni poi che rendono veramente


sanni-

improbabile, a giudizio del Beloch, l'invasione


tica

nell'Umbria del 295 come quella nell'Etruria deli

l'anno precedente sono che


attraversare
di
il

Sanniti avrebbero dovuto

territorio dei

Marsi

e dei Peligni alleati

Roma,

e poi

che

le

sorti della

guerra non

volge-

vano tanto propizie

pei Sanniti che essi

avessero po-

tuto indebolire la difesa del proprio paese distaccando

una parte
tali

delle forze in

una regione lontana.

dir vero,

vaghe considerazioni

sulla verisimiglianza e l'ini

verisimigUanza d'imprese di cui non conosciamo


ticolari

par-

mi sembrano

d'assai

poco momento.

questo

modo

infatti si

dovrebbe dichiarare inverisimile qualpaese nemico fatta appunto per


si
ri-

siasi diversione in

sollevare le sorti della guerra da chi

trov ridotto

a mal partito nel proprio

paese.

Quindi converrebbe
Italia o

negare
la

la

marcia d'Asdi'ubale dalla Spagna in

diversione nell'Africa d'Agatocle stretto d'assedio in

Siracusa. Di fatto n all'uno n all'altro, per usare la


frase stessa del Beloch, le sorti della guerra volgevano
s

propizie in

Spagna ed

in Sicilia che

essi

avessero

220

ItlCEKCHE DI STORIA ANTICA

potuto indebolire la difesa di quei paesi distaccando

una parte
presa,
il

delle forze in

una regione lontana.

se la

difficolt sta poi nell'attraversare

rapidamente, di sor-

paese d'una trib nemica, temo che con questo

criterio

dovremmo
met

relegare

senz'altro

nel

regno del
di cui

mito

la

delle spedizioni militari


la

moderne
i

meglio assodata

storia.

Senza dire che

Marsi e
all'e-

Peligni non erano stati sottomessi che da poco

gemonia romana, ed

incerto se fossero disposti a soil

stenere gravi sacrifizi per

popolo dominatore.
rivelano all'analisi

Di contro a queste che

si

come
cui

mere parvenze d'argomenti


Duride
(1),

sta la

concordia

con

la tradizione annalistica

pi antica rappreri-

sentata da

un passo

di Polibio (2), la pi recente

prodotta da Livio, a tacere

dei

Fasti

trionfali, par-

lano di Sanniti e non di Sabini combattenti a Santino.

Pochi

fatti

della storia

romana

anteriore a Pirro son

guarentiti da testimonianze meglio di questa rotta dei


Sanniti.

Che

l'annalistica

romana

il

contemporaneo
lo

Duride abbiano commesso indipendentemente


equivoco
al tutto

stesso
incre-

incredibile

ma

del

pari

dibile che

Duride abbia avuto tanta


Duride
pi

efficacia
:

sulla

tradizione indigena intorno alle guerre sannitiche


della efficacia di
vi

certo

sulla annalistica
traccia.
il

romana non
a

nei3pur

la

piccola

render

verisimile siffatta ipotesi varrebbe

dire che l'equi-

voco

di

nalisti

Duride pu essere stato trasmesso agli anromani da Timeo, perch Timeo era anch'egli
fatti
e,

contemporaneo dei
greche
d'

come nativo
in
al

delle colonie
retti-

Occidente,

pienamente

grado di

ficare l'equivoco di

Duride, se pure

suo coetaneo

(1)

Presso DioDORO
19, 6.

XXI

6.

(2) II

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

221
la

Duride

egli

ebbe a ricorrere

nel

narrare

storia

dei tempi d'Agatocle. Certo che respinta arbitraria-

mente
di lui
le

la testimonianza di Duride con supporre presso una confusione che non pu dimostrarsi, respinte testimonianze di Polibio e di Livio, supponendo in

essi

una dipendenza da Duride


si

di cui

non pu darsi

alcuna prova, facile


tutto ci che

ai dati della tradizione sostituire

vuole.

Senonch

il

valore della mia argomentazione reste-

rebbe, sia pure in piccolissima misura,


si

menomato ove
che
si
si

ritenesse con E. Pais esservi indizio della dipendenza


rife-

di Livio da fonti greche apj^unto per ci

risce alla battaglia di Sentino. E. Pais(l)

fonda, per
il

asserir ci, sulla parziale concordanza tra


dei morti dato da Duride presso

numero
di cui

Diodoro

e quello dei

nemici presenti a Sentino secondo una versione


Livio,

pur respingendola,

fa cenno. In realt

questa

una semplice
meglio

svista del critico, perch Livio, o per dir

la edizione liviana cui egli s'attiene,

parla di
(2).

deciens centena

millia e

Diodoro

di dieci

miriadi

N mi

sarei

curato di rilevare anch'io questa svista,


di tutte le altre in cui egli in-

non maggiore certo


corso, se
il

Costanzi non avesse tentato di giustificare

E. Pais della svista e di difenderne le conclusioni sulla

dipendenza di Livio da fonti greche. Potrebbe pensarsi


secondo lui che Livio avesse avuto innanzi agli occhi

un un

testo scorretto di Duride. Infatti trovandosi in

una

citazione di questo passo di Duride cento migliaia, in


altro
dieci

miriadi,

scritto contenesse

pu supporsi che un manouna contaminazione delle due le-

(1) (2)
il

Storia di

Roma

2 p. 4.33 n. 4.

Non KOTv

xi^iaei;,

che invece in Tzetze, come

Diodoro

altri fa dire

erroneamente.

222
zioni (Ij.

lilCEKCHE DI STOKIA ANTICA

Certamente

se fosse

dimostrato per altra via


si

che Livio qui segue Duride,


nere che una diflFerenza
quelli della sua fonte
tra
i

potrebbe forse sostedati

numeri

da lui e

provenga da un errore del madinanzi.

noscritto che egli aveva

Ma

di

Duride non

v" altra traccia che quella che si pretende di trovare


in

cordo.

un passo in cui Livio E badiamo poi che

Duride non vanno d'acin

lipotesi che esistessero due


cui
si

recensioni dei manoscritti di Duride, l'una

leggeva cento migliaia,

l'altra

che

portava

dieci

mi-

riadi (a prescindere anche dalla terza recensione), del

tutto campata in aria. Si tratta semplicemente di due


citazioni

non

letterali di

uno

stesso testo. Si aggiunga

che

molto incerto

se le

due citazioni sieno per dav(2),

vero indipendenti; perch assai dubbio se Tzetze a cui l'una di esse


si

deve,

consultasse
il

direttamente

Duride o non ne attingesse piuttosto

frammento da
bi-

Diodoro, che egli cita accanto a Duride. L'erudito


volte Duride, e queste, a quanto pare,

zantino allega innumerevoli volte Diodoro, pochissime

non
Cr.

di scienza
di

propria.

Non sembra
fino

infatti
al

che

le

storie
d.
;

Duride

sopravvivessero

XII secolo

altrimenti

sarebbero state adibite da Costantino Porfirogenito pei


suoi Excerpta, a cui potevano eerto offrire copiosi e

preziosi materiali. Ci posto, basta

una pratica anche


per rilevare
"

scarsa del

modo

di citare degli antichi,

che assai probabilmente nel testo di Tzetze,

Duride

Diodoro

equivale a

"

Duride presso Diodoro


le

di

che

ben noto come siano senza numero

analogie.

E non

basta

ammettere poi senza nessuna ragione quell'errore di cifra in un manoscritto di Duride per parte di

(1)
(2j

Rivista di filologia

'

XXXVI

p.

19c

Ad

Lycophr. 1378.

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

223
di

Livio

bisogna anche presupporre un altro errore

numero dei cavalieri, che non poteva essere poi superiore al numero dato da Duride per i fanti conviene ritenere che Livio fraintendesse il manoscritto pieno d'errori che aveva tra le sue mani applicifra nel
;

cando

ai vivi

numeri che Duride applicava


fraintendesse
il

ai

morti,

viceversa

che Diodoro

scritto corretto applicando ai

morti

manonumeri che Dusuo


il

ride applicava ai vivi.

E badiamo

infine che

deciens

centena millia d'alcune edizioni liviane una conget-

tura del Niebuhr


dire

tutt'altro

che certa, o per meglio


I

probabilmente

errata.

codici

hanno
del

X.

(o

XI)CCCXXX. Ognun
si

vede come
quale
;

paleograficamente

raccomandi assai

meglio
:

la congettui'a
si

Hertz

milla trecenta trlginta

la

raccomanda anche
ordinaria

dal punto di vista concettuale


fanti

perch un milione di

suppongono, secondo

la

proporzione

negli eserciti antichi, centomila cavalli, mentre invece


i

cavalli
la

non
con

sono

che

quarantaseimila

inoltre,

mentre

congettura del Hertz pu in qualche maniera


le

conciliarsi

cifre

di

Orosio

(1),

CXL

milia

CCCXXX,

l'altra
;

congettura

non
il

vi

si

accorda in
di trecento-

nessun modo

senza dire che gi

numero

trentamila nemici tanto esagerato da non esser proprio


il

caso di attribuire a nessuno, n greco n romano,

la

pazza esagerazione che

nemici

dei

Romani congiunge se non


tutte
in

tassero

un milione
di

di fanti.

In sostanza a render plau-

sibile l'uso

Duride

in Livio

non

si

per mezzo di un viluppo di congetture, se non


errate, certo

almeno
al

tutte

arbitrarie

modo che

bisogna esser grati

Costanzi d'aver dimostrato con

tanta evidenza quanto quella ipotesi sia inammissibile.

(1) III 21,

6.

224

KICERCHE DI STORIA ANTICA

E
si

procediamo. Se di C. Ponzio e di Gallio Egnazio


lo

conservava ricordo fededegno, se

stesso a dire

di Lollio, della cui storicit

nessuno dubita, non pu


la

con

altrettanta

sicurezza

affermarsi

storicit
(

di
1
)

Stazio Gallio e di Papio Brutulo. Di Stazio Gallio


si

narra cbe

la

sua sconfitta presso Boviano segn

il

termine dalla seconda sannitica (305j.

impossibile
sannitico

che e di quella vittoria romanabattuto


si

del duce

conservasse
il

il

ricordo.

Ma non

neppure

da escludere che

Gelilo sconfitto nella

suprema batle

taglia della seconda sannitica sia ricopiato dal Gallio

vinto nel combattimento che determin


terza
:

sorti della

tanto pi che mentre la tradizione sulla battalarga


e

glia di Sentino abbastanza

guarentita

dal
di

riscontro

di

fonti

greche, la tradizione su quella


scarsa a contraddittoria.

Boviano
altro

alquanto

Se per

non

sicurissimo che

Stazio Gelilo sia

un

peras-

sonaggio storico (come del resto


serir

anche meno da
tale),

con sicurezza che egli non


di
lui
:

sia

certo alin

meno che
abbastanza

doveva

esser
si

parola
spiega

annalisti
fa-

antichi

cos solo

come ne

cesse ricordo Diodoro. L'antichit della fonti di Dio-

doro

a la

bont della notizie da

lui

tramandate fu per
la rigorosa
(2)

lungo tempo una specie di dogma accolto con tanta


sicurezza che in

omaggio ad
con

esso,
il

con

lo-

gica che lo contraddistingue,

Beloch

non

esit

neppure
anche
" il

trasportare

la

battaglia

dell'Allia,

fiumicello Alila dalla sinistra alla destra del


si

Tevere, sebbene, come ora egli giustamente

esprime,

non v'ha

scorresse

minimo dubbio che questo fiumicello sulla sinistra , Ora con pari rigore di logica
il
.

(l) Liv.
(21
'

IX

44. 13. DiOD.


'

XX

90, 4.

Bullett. deirinst.

1877 p. 55. Diod.

X[V

114.

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

225

e con

la

stessa

sicurezza

con

cui
i

prima professava
duci dei Sanniti

l'opinione contraria, ritenendo che

siano tutti inventati posteriormente alla guerra sociale,

afferma

che

la

fonte

di

Diodoro

posteriore

alla

guerra sociale e risente

la efficacia degli

annalisti di

quella et. In realt, anche senza

tornare

una volta

di pi sulla questione delle fonti di Diodoro, chiaro

che a questo

modo

si

rende estremamente
il

difficile spie-

gare come nella sua sostanza


sia assai pi

racconto

di

Diodoro
ha

fededegno
la

di quelli di Livio e di Dionisio.

Sicch

il

Beloch con

sua logica

inesorabile

il

merito d'aver condotto ad ahsurdum come prima

la

teoria della assoluta attendibilit di Diodoro in storia

romana, cos ora quella che

duci delle guerre san-

nitiche siano stati inventati tutti dagli annalisti

romani

dopo

la

guerra sociale.

Ci non toglie peraltro che in un singolo caso tale


origine appaia abbastanza probabile. Voglio alludere a

quel Papio Brutulo


la

(1)

che nel 322

si

sarebbe
ai

dato

morte per evitare


i

di essere

consegnato

Romani

cui

Sanniti volevano rimetterlo

come

istigatore della

guerra per
i

impetrare

la

pace.

Di questa pace che


a comperare
di

Sanniti

sarebbero

stati

disposti

cos

ignominiosamente prima della battaglia


dubitarsi
il
;

Gaudio pu

e la

pace non essendosi conclusa n ricevuto


di

corpo di Papio dai Romani, n

lui

essendo fatto

parola se non a proposito di queste trattative, rimane


incerto

come potesse conservarsene memoria. E per


notai anche io (2) che
"

con

altri

tutto questo racconto

pare inventato semplicemente allo scopo di spiegare la


rotta caudina

come giusta punizione

degli di per la

(1)

Liv. VITI 39, 12.


dei

Cass. Dio

fr.

33, 8. Zon.

VII 26.

(2) St.
G-.

Romani

II 306.
dell' antichit:

De

Sanctis, Per la scienza

15

226

RICERCHE DI

.-^TORIA

ANTICA
In
tal

tracotanza dei

Romani

vincitori

,,.

condizione

di cose le analogie che furono

Mutilo
lore
:

Papio Papio Brutulo acquistano un particolare vain luce tra

messe

la somiglianza

del

nome,

l'essere

attribuito

Papio Brutulo
l'altro

l'inizio della
il

seconda sannitica, come


suicidio
Siila (1),

Papio fu
nella

principale autore della ribellione dei

Sanniti

guerra

marsica, e infine

il

di

Papio Mutilo per non cadere in mano di


gnato vivo
ai

che

ricorda quello di Papio Biiitulo per non essere conse-

Romani.

i nomi dei duci sannitici sono in buona parte sicuramente o probabilmente storici e d'un

Mentre pertanto

solo tra essi

pu

asserirsi

con probabilit che


senza

sia in-

ventato, maggiore

incertezza vi

dubbio

pei

nomi
nitica.

d'altri capitani italici anteriori alla

seconda san-

E
i

tuttavia

quasi
il

certo

che personaggio
av. C.

storico Yitruvio Vacco,

ribelle

fundano del 330


in

Come

2>rata

Vacci
alla

esistenti

Roma

(2)

possanqt

aver dato

luogo

leggenda d'un

ribelle
;

fundano

col gentilizio Vitruvio

piuttosto non si vede punto verisimile che per una congettura, fondata o infonstati

data, siano

collegati

con

lui

per
il

ragione del

nome.

pare sicuramente autentico

particolare dato
di
ci
il

da Livio sopra un dono votivo fatto coi beni


nel tempio
di

Vacco
addita

Sanco

(8)

particolare

che

anche per qual via possa essersi conservato


dello sventurato

ricordo
siasi

Fundano. Xon vedo neppure che


di

recato alcun argomento

qualche

conto contro la

(1)

Liv. per. 89. Grak. Licin.

XXXVI

10.

(2) Cic.

de

dotm

38,

101, efr. Liv. Vili 20,8.


eis (honis

(3) L.
est.

e: quodgue aeris ex

Vacci) redactum

ex eo aenei orbes facti positi in sacello Sangus adversus

nedem Quirini.

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

227

storicit di L. x4nnio
Circei,
i

di

Sezia

di L.

Numisio
i

di

due pretori che avrebbero comandato

Latini

nella loro ribellione del

340

(1).

Pei duci anteriori alla met

del sec.

IV

il

caso

certamente molto diverso.


vassero
il

Documenti che ne conseriscrizione

nome come

la

della

corazza di
rari
;

Tolunnio non potevano essere che molto

e solo

per eccezione poteva l'uno o l'altro esser menzionato

da fonti greche
dai Latini

cos forse quell'Arunte che fu vinto

collegati

col

cumano Aristodemo presso

Aricia

al

contrario parecchi eran ricordati dalla leg:

genda popolare
nalisti

cosi

non son certo invenzioni d'anduce equo vinto da Cincini

n Porsenna n Attio Tullio, l'ospite di Corioil

lano, n Gracco Clelio, nato.

Ma
li

che la leggenda conservasse

nomi
non

veri dei

duci e

collocasse proiJi'io nel luogo che ebbero real-

mente, una

mera

possibilit,
si

su cui

da far

molto conto quando

tratti

di

leggende tramandate
;

oralmente, sotto forma poetica, per secoli

in

modo
quei

che nella pi parte dei casi non n per affermare n


personaggi, come a priori

abbiamo argomenti
di

per negare la storicit


ci

mancherebbero argomenti
riscontro delle

per affermare o negare la storicit dei personaggi dell'epopea carolingia se non avessimo
fonti storiche.
il

In un caso peraltro possiamo ritenere, se non sicuro,


probabile almeno che sia realmente
storico
il

perso-

naggio ricordato dalla leggenda


Senonch, assevera
di
il

nel caso di Brenno.

Beloch, una leggenda sulla presa


:

Roma " non mai esistita i ricordi che si avevano a Roma sull'invasione gallica si limitavano al
dies Alliensis, all'occupazione della citt, alla storia di

(1)

Liv. YIII

3,

9.

228

KICERCHE DI STORIA ANTICA


riscatto del Campidoglio a Brenno non c'entra per nulla abbellimenti che a questi ricordi ha
al

Manlio capitolino ed
prezzo d'oro
;

il

nome
.

di

ed appartiene agli
portato l'annalistica

Ora

se

anche tutto

ci che viene

narrato sulla ritirata a Ve, sul macello dei senatori,

su Ponzio Cominio, sulla fuga delle Vestali, sul sacrifizio

di

Fabio Dorsuone, sui Doliola, su Aio Locuzio,

a tacer di Camillo, non fosse che invenzione di tardi


annalisti

(come certo in gran


di

parte non

),

anche

il

solo
dire,

ricordo
a
il

Manlio

e delle

oche
il

capitoline vuol
di quel

me

sembra, precisamente

contrario

che
la

Beloch asserisce, ossia che

la

presa di

Eoma
Che

resistenza del Campidoglio eran ricordate dalla legaltrimenti.


la la

genda popolare. N poteva essere


leggenda popolare non ricordasse
in
ai

caduta di

Roma
di

mano dei Galli, il disastro maggiore che Romani dalle origini della loi'o citt al
il

toccasse

sacco

Alarico, sarebbe cosa tanto strana, tanto fuor d'ogni

analogia, tanto, a usare

termine

piti

adatto,

mira-

colosa, che l'esistenza d'una simile leggenda dovrebbe

affermarsi con la stessa risolutezza con cui


la nega, se

il

Beloch

anche non
gli

ci

fosse

tramandata
il "

non

l'ari-

vessimo sotto

occhi.

Ma, continua
preso

Beloch, la

prova che

la

leggenda non esisteva


stato

sta

appunto nel

nome
certo

di

Brenno che

dalla storiografia

greca, quindi estraneo alla leggenda

popolare
era
i

,.

Ora

un

altro Gallo di

nome Brenno

noto agli

storici greci, quel

barbaro che condusse

Galli contro

Delfi e che fu respinto dal sacrario.

sia

notato qui
critici

tra parentesi che la

sicurezza con

cui

alcuni

disprezzarono la

"

pia leggenda

della difesa del sa-

crario delfico ha avuto di recente

una smentita docu-

mentale

(1).

Il

sacrario rimase sano e salvo dagli as-

(1)

Nella iscrizione di Cos pubblicata da

S.

Reinach ed

PI ANTICHI GENERALI SANNITI

229
prima desusulla

salti dei Galli,

come

del resto poteva gi


le

mersi sia dall'antichit cui risalgono

notizie

sua salvezza,

sia dal

mancare, tra tante iseizioni delche

fiche del III sec,

documenti

alludano

a questa
:

pretesa devastazione e saccheggio del 279/8


i

che

sacerdoti

delfici

non

avrebbero mancato di trarne


per raccoglier contriil

occasione,

come

in casi analoghi,
il

buzioni in tutto

delle sue ricchezze.

mondo greco a reintegrare E chiusa questa parentesi,

nume

che non

qui inutile, perch mi sembra che essa ammonisca


critici

a dimostrare in effetto quella falsit di date


si

tradizioni o leggende che pii d'una volta

conten-

tano semplicemente d'asserire, torniamo a Brenno.

L'argomento tratto dal nome


gi'eca

di

Brenno potrebbe

valere solo per chi credesse desunti dalla storiografia

anche

nomi

dei generali cartaginesi delle guerre

puniche Amilcare, Aderbale, Asdrubale, Annibale, Magone, Annone, che


delle guerre tra
storici sicelioti.
i

ricorrevano

altres

fra

generali

Greci e
vale
il

Cartaginesi narrate dagli


"

dire che

sarebbe una concos

cordanza stranissima se fosse chiamato

(come

il

duce dei Galli a

Delfi)

il

conquistatore di

Roma

la

probabilit sarebbe addirittura a zero


.

minima, da potersi
Concordanze
si

ragguagliare

di

questa fatta e

anche pi singolari
storia
;

non dimostrano

danno ripetutamente lungo la nulla. Per esempio, l'ultimo


si

imperatore d'Occidente
fondatore di

chiamava Romolo
che quel

come

il

Roma

nome
dire,
"

era tutt'altro

che frequente.
gliarci

Vorremmo dunque
probabilit
a

per non appi-

ad una

minima
,

da potersi ragil

guagliare

addirittura

zero

che

fondatore di

Roma

una reduplicazione

di

Romolo Augustolo?
Inscr.

Herzoo nei
p.

"

Comptes rendus de l'Acad. des

'

1904

158 segg.

230
Guglielmo
dalFGlanda
secondo
,

RICERCHE DI STORIA ANTICA


d"

Grange

occup

V InghilteiTa

partendo
il

come molti
dal
il

secoli

prima

Guglielmo

Conquistatore partendo dalla Normandia.


il

Ma

forsech

ricopiato

primo? Quando nel 1453


il

cadde Costantinopoli,

duce dei Turchi aveva

nome
il

del fondatore deirislamismo, l'imperatore bizantino

nome
sore,

del fondatore della citt e


il

il

pi celebre difen-

genovese Giustiniani, quello del maggiore tra

gl'imperatori d'Oriente. Sar


feta
del

dunque da
sui tre

dire che

il

pro-

Maometto,

il

fondatore di Costantinopoli
ricalcati

e l'autore

Digesto son

personaggi storici

del

1453?
anche
gli

In sostanza
storicit

argomenti addotti contro

la

di

Brenno mi paiono dimosti'are


di chi
li

soltanto

'acume
Certo

e la erudizione

ha messi innanzi.
che

non

basta

questo a provare

Brenno

sia

un personaggio

storico.

Ma

se

il

fatto della presa di

Roma
presso

imiDOssibile

nel

ricordo

non rimanesse profondamente imdel popolo, se di tutta una fioricche d'elementi


storici

ritura di leggende
fatto

su quel
il

abbiamo
difficile

la traccia evidente, se perfino

leggen(1),

dario vae victis del vincitore ricorre gi in Plauto

par

che

non
si

si

conservasse

il

ricordo del

duce nemico, come


Italia quello di

conserv

per lungo tempo in


e pi

Annibale parentibiis abominatns


n.

tardi quello di Attila;


sarei trattenuto

essendo

ci

evidente,

mi

rilevarlo

ove

non me ne
pii

avesse

porto

l'occasione lo scritto del Beloch su 1 duci dei

Sanniti nelle guerre contro Roma, di cui ho

sopra

esaminato

e discusso

le

altre conclusioni.

(1)

Pseudo. 1317.

vili.

La guerra

e la

pace nell'antichit

^^K

Signori,

Al
lo
si

riaprirsi di questo
e

Ateneo destinato
lettere,

allo studio

sereno delle scienze

delle

noi

distogliendo

sguardo dallo spettacolo della lotta sanguinosa che

combatte

nell'Estremo

Oriente, possiamo
alla pace, la
il

buon
ai

diritto sciogliere

un inno

dea che d

mortali non la ricchezza solamente o


canto,

fiore del dolce

come
i

dice

Bacchilide

(2),

ma
i

anche l'agio di
misteri della nai

scrutare le ragioni dei fatti umani,

tura e

problemi
pi

dell'essei-e.

Ma

pi sono evidenti

benefzi della pace per tutti e per noi studiosi in particolare, e


si

pone tormentoso innanzi

alla nostra

(1)

Discorso letto per rinaugurazione

dell'anno

acca-

[demico 1904-05 nella Universit di Tonno.


:

Le note son tutte aggiunte nella nuova edizione poche, perch i miei concetti sono bastantemente chiariti nella appendice.
(2)

Nel bellissimo

fr.

13 Bergk

4 Blass: tktei

tre GvoToIaiv elprva jxe^Ka -n-XcOrov jueXiTXiaaujv t'oiSv


ifivGea.

232

P.ICERCHE DI STORIA ANTICA

mente

il

quesito
i

come mai
civili e

la

guerra venga tuttora a


la tranquilla

funestare

popoli
di

ad interrompere
il

cooperazione

tutti
io,

per

progresso

dell'umanit.
dell'antichit,

Di

tal

problema

modesto studioso
nell'ambito

non

oserei

proporvi

d'una

breve

confe-

renza una soluzione; mi contenter di fornir qualche

elemento

per risolverlo

studiando sommariamente la

natura delle cause per cui venne tanto spesso tui'bata


la

pace nell'antichit e

la

eflBcacia

che

la

pace e la

guerra ebbero nello svolgimento della civilt antica.

prima

di tutto,

per

quali
gli

ragioni
altri
i

si

ai-marono

tante volte gli uni contro

popoli antichi?

In apparenza
bizione d'un

le

ragioni sono innumerevoli. Ora

Tam-

generale

che aspira
;

agli allori militari

od anche
stirpi
;

al

potere supremo

ora la rivalit tra due

ora

un

sacrilegio

commesso
desiderio

ai di

danni d"un
rapina; ora

santuario federale;

il

ora

il

fermo proposito di conservar libera


e,

la patria.

Ma

convien prescindere dalle apparenze

sotto la mute-

volezza del fenomeno, cercare la stabilit della legge.

Or ecco
il

la legge,

come crede
,

di

averla riconosciuta

materialismo

storico

formulata

con

le

parole ap-

punto d'uno dei seguaci


si

di quella dottrina.

La guerra
"

presenta

come un aspetto
in

delle forze

i^roduttive.

La sua causa
spostare

ultima istanza deve

cei'carsi

nello

insufficiente sviluppo di forze produttive, che tende a

specialmente
violenta

verso

l'esterno

un sistema
tesi
;

di

appropriazione

(1).

Questa

si

racco-

manda

senza dubbio per la sua semplicit

nulla
il

pu

essere gradito all'uomo di scienza

pi che

classifi-

care fatti numerosi e svariati

sotto

una legge sem-

(1)

CiccOTTi

La

guerra

e la

pace nel mondo antico (To-

nno

1901)

p. 152.

LA GUERKA E LA PACE NELL'ANTICHIT


jDlice

233

chiara.

Ma

per altro lato la stessa sua sem-

plicit
il

che

ci

consiglia a metterci in guardia; perch


il

semplicismo storico,

tentativo

eli

ridurre la storia

poche

semplici formole, assai pericoloso. Nulla


il

per vero cos complesso come


psiche

fatto

umano,

se

non

fosse la stessa

individuale o collettiva che in

esso s'estrinseca.

Nel caso nostro


guerre principali

prendiamo

ad

esame
delle

due

delle

dell'antichit,

due

guerre al

tempo

stesso pi note nelle loro cagioni, nel loro deeffetti

corso e nei loro

almeno
;

apparenti, le guerre

persiane e le guerre puniche


cipio

vediamo
a

se quel prin-

pu

applicarvisi.

Ho

scelto

bello studio, o

Signori, le guerre persiane e le puniche; poich opi-

nione comune che esse abbiano determinato l'indirizzo


che da quei tempi fino ad oggi ha seguito la civilt
nel bacino

del

Mediterraneo.

Nelle

guerre

persiane

l'assolutismo e l'immobilit d'una monarchia orientale


si

trovava a fronte della prima civilt degna di questo


sorta su suolo europeo e gi fornita
di quelle

nome

caratteristiche che tuttora distinguono la civilt nostra,

l'amore alla libert, la instabilit delle istituzioni, l'au-

dace spirito di ricerea,


vie
fitta

il

tentativo

continuo di aprir
;

nuove

in

ogni

campo

dello scibile

sicch la scon-

persiana fu la prima grande vittoria della civilt

europea.

La seconda punica
fasti di

la lotta

suprema tra
ricca

Arii e Semiti pel dominio del Mediterraneo nell'antichit.

Nei

questa nostra razza aria,

d'energie fisiche e morali, tanto

giovanilmente ardita

sebbene di
stenza che
geniali fra

s
il
i

antico incivilimento, la indomabile resi-

senato

romano oppose ad uno

dei pi

Semiti, Annibale figlio di Amilcare, segna

indubitatamente una delle pagine pi gloriose. Importa

dunque

il

vedere

se

le

guerre

che

avrebbero avuto

tanta efficacia nella storia dell'umanit

non siano

state

234
che un

RICERCHE DI STORIA ANTICA


effetto

del diverso sviluppo di forze produttive

o se abbiano avuto cause d'ordine pi elevato.

Or

quali furono

le

cagioni della invasione persiana


si

in Grecia?

Nessuno

attender che io qui ripeta

le

favole sull'ira terribile di Dario contro Atene e sullo

schiavo che doveva ripetere tre volte al giorno


Signore, ricordati degli Ateniesi
(1).

al

gran

re:

Ma

la

causa vera
,

non

poi

molto

difiBcile

a rintracciarsi, ed

tolta la
tra-

veste aneddotica, quella


dizione.
di cui

appunto additata dalla


al pari

L'impero persiano,
ereditato
i

del regno di Lidia

aveva
le

possessi,

teneva

il

dominio

sopra
queste

popolazioni

greche

dell'Asia

Minore.

Tra

serpeggiava

vivissima

l'aspirazione a partecilibert dei concittadini

pare all'indipendenza
della

ed

alla

madrepatria.

Tale

aspirazione
Il

aveva motivi di

carattere essenzialmente ideale.

periodo di maggior
fu.

benessere economico delle citt greche della Ionia

quello in cui erano soggette al dominio persiano: un

benessere

paragonabile
anni

non conseguirono
Il

forse
i

che'

molti e molti

dopo, sotto

altri sti-anieri,

Ro-

mani, nei primi secoli delFimpero.

tributo che pa-

gavano era mite


paese.

in

confronto del profitto grandissima

che traevano dal libero commercio

con

l'interno del

Le

loro mercanzie

trasportate

dalle

carovane
i

per le valli dell'Ermo e del Meandro guadagnavano

mercati dell'Asia Minore, su cui vincevano facilmente


la concorrenza delle manifatture babilonesi.
dici,

Come me-

come mercanti, come

soldati,

come

indovini, dap-

pertutto gli operosi e intelligenti Ioni potevano saziare


il

loro spirito d'avventura e la sete di

guadagno

nel-

l'impero di Ciro e di Dario, e pi che sfruttati, erano


in realt sfruttatori.

Ma

essi

pensavano che l'uomo

(1)

Herod.

105.

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT

235

non vive

di solo benessere

economico,

s'inchinavano

mal
si

volentieri davanti ad
al

un

satrape, che a sua volta

prostrava davanti

gran Re.

Questa aspirazione
perch
e

degli Ioni alla indipendenza


conciliabili
i

cagionava ribellioni mal

con

la sicurezza dell'impero persiano;


sia

Greci della madrepatria,


assai

pure con
ai

poco zelo

in misura

parca,
e

mandarono

ribelli

qualche
si

incoraggiamento
fu avveduto che

qualche soccorso. Quando Dario


la

non avrebbe potuto assodare


il

pace

nel suo impero senza spegnere

focolare delle insur-

rezioni, cio senza riduiTe in condizioni di

dipendenza

anche

la Grrecia propria, si dispose alla guerra.

Grandi

vantaggi
salvo
i

economici dal possesso di una regione che,

paesi attorno all'istmo di Corinto, era in quel

tempo
certo

economicamente

assai

poco

progredita

egli

non
i

si

riprometteva; e del resto, sul


il

principio
e

almeno,

Persiani non chiesero che

puro

semplice

riconoscimento della supremazia del gran Re, simboleggiato dalla terra e dall'acqua, ossia
cessario per assicurare la Persia che
la instabilit
i

il

minimo

ne-

Greci, nonostante
dei

delle

loro

dmastie

loro governi,
al

non avrebbero provocato o favorito sedizioni


dei confini {1).
patria,

di l

Alla loro volta

Greci

della
ai

madreconna

con

gli scarsi aiuti

che avevano dato

(1)

Questo riconoscimento non importava naturalmente

ne l'obbligo di pagar tributo


conciati e

gerirsi nelle cose interne degli Stati che vi si

ne la facolt pel re d'inerano ac-

neppur la loro rinuncia a una politica estera autonoma. Per quanto, vago come esso era, poteva assumer
varia significazione secondo le circostanze di fatto,

sembra
i

che per se non includesse se non l'impegno di non opporsi alle imprese del re e di avere

per
di

nemici
contare

suoi
sulla

nemici, dando

in

compenso

il

diritto

sua assistenza in caso di bisogno.

236

RICERCHE DI STORIA ANTICA

zionali insorti,

di sfruttamento.

non miravano davvero ad alcuno scopo Sembrava impresa disperata superare


pii

l'impero di Ciro e di Dario, lo Stato


si

potente che

conoscesse, e lottare con quei Persiani che in Lidia,


s'erano
acquistati

in Caldea, in Egitto
cibili.

fama

d'invinil

D'altra parte se anche gli Ioni scotevano


il

do-

minio dei barbari,


pareva dovesse
tevano

solo effetto materiale per la Grecia


qiiello

essere

d'inimicarsi definitiva-

mente l'impero persiano


avere
col
i

e perdere gli sbocchi che

po-

prodotti d'alcune
e
i

sue industrie,

come

le

ceramiche ateniesi
i

bronzi d'Egina.

si

dica che

Greci combattendo
colonie
si

contro

Persiani

per

la libert delle loro

proponevano

di sfrut-

tare queste a profitto della madrepatria.


di fatto confondere

Non
vi

conviene
delle

grossolanamente
le loro cagioni.

gli

effetti

guerre persiane con


che
e
i

Non

ha dubbio
la vittoria
li

la

potenza acquistata dagli Ateniesi con

sacrifizi

con cui avevano dovuto

jjagarla,

indus-

sero a poco a poco a giovarsi a proprio profitto delle

ricchezze e delle energie di quegli Elleni che essi ave-

vano

liberati dalla signoria persiana.


sia
i

Ma

sia gli

uo"

mini dirigenti

popolani ateniesi, quando combat-

terono a Maratona ed a Salamina, avrebbero

dovuto

esser dotati di spirito profetico per prevedere che ul-

timo

effetto

delle guerre per la libert sarebbe stata

quella politica che lentamente fece d'Atene una citt


tiranno, uXiq Tpavvoc;
,

secondo

la

fi'ase

scultoria di

Tucidide
lettivi

(1).

In sostanza se appetiti individuali e col-

possono aver avuto parte nello scoppiare delle


i

guerre persiane, certo che


alzarono la bandiera
desiderio
della

Greci dell'Asia Minore


soprattutto per

ribellione

d'indipendenza,

pur

sapendo che material-

li)

Nel discorso dei Corinzi.

122, 3. 124, 3.

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT

237

mente
avuto mercio

loro

sacrifizi
;

per

la

libert

non avrebbero
furono

compenso

Greci

della

madrepatria

trascinati nella lotta contro gli interessi del loro


e della loro industria,
i

comsoli;

per sentimento di

dariet verso
e
i

fratelli insofferenti del

giogo straniero

Persiani

furono

costretti

alla

guerra

contro la

Grecia

pur sapendo che


le

la vittoria

non avrebbe com-

pensato
qualsiasi

spese che costava, per la necessit che sente


di

Governo meritevole

questo
interno

nome
dello

di assi-

curare

l'ordine e la pace

nell'

Stato e

tutelare le frontiere
finitimi.

da assalti improvvisi dei popoli


cagioni delle guerre

Ora vediamo
puniche
pii

se l'esame

delle
alla

favorevole
fare

tesi

che

io

combatto.

Ma

qui d'uopo

alcune

premesse.

Roma dopo
d'olio

l'incendio gallico sostenne coi vicini un'aspra lotta per


l'esistenza,
il

cui teatro

fu

come una macchia


si

che s'estendesse a grado a grado; lotta che dapprima

combattuta

coi Latini e coi Volsci,

guerreggi

pii

tardi coi Sanniti, poi con gli Etruschi settentrionali e


gli

Umbri, da ultimo
questa

coi Tarentini e coi loro alleati.

Mediante

serie di

guerre durate con


i

lievi in-

terruzioni per pi di

un

secolo,

bravi contadini del


il

Lazio, versando coraggiosamente


ficarono l'Italia

loro sangue, uni-

penisulare.

Ma

delle citt italiche cui

imposero

la

propria

alleanza

nessuna

Romani
alle
affini

co-

strinsero a

pagar

tributi.

per

rispetto

molte
per na-

incorporate nello Stato romano, alle pi

zionalit diedero diritti pari a quelli di cui essi stessi

godevano, concedendo
alla latina

alle altre
politici,

di

stirpe

meno

affine

non
i

diritti

che

sarebbero state

inabili

ad esercitare per

la disparit di lingua e d'isti-

tuzioni,

ma

dii'itti

civili

dei cittadini

romani,

e,

in

compenso

di questa eguaglianza e della sicurezza


,

estema
del

che guarentivano

non

le

sottoposero al

tributo

238
denaro
vi

RICERCHE DI STORIA ANTICA


e del

sangue, se non nella misura stessa in cui


i

erano sottoposti

vincitori.

Ebbero luogo

certa-

mente non poche confsche


di

di territorio,

ma

l'estensione
in con-

queste

confische
teri'itor

deve
degli

apparire

moderata

fronto coi
corporati
resto

Stati alleati o di quelli in;

come municipi nello Stato romano e del buona parte del paese confiscato serv per fondare colonie che godevano di tutti i diritti sovrani e a cui si ammettevano parimente Romani e Latini (1).
Se
si

confronta pertanto la condizione fatta dai Eoai vinti

mani
lo

Italici

prima

delle

guerre puniche con


praticarono
poi
in

sfruttamento

sistematico

che

Asia ed in Africa e che in generale antichi e moderni

hanno
dire

fatto subire ai paesi di conquista, bisogna


se
i

pur

che

Romani prima
loro

delle
in

guerre puniche
Italia a

talora profittarono delle

vittorie

scopo di

sfruttamento,

il

movente nel combattere fu ben


col

diverso. Altrimenti,

loro

scarso sentimento

umaav-

nitario e con la rigida coerenza


la

che contraddistingue
altro

loro politica,

si

sarebbero in ben

modo

vantaggiati delle conquiste.


i

per appare chiaro che


dal fermo proe

Romani
di

dalla

lotta per l'esistenza,

posito

conservare l'indipendenza

l'integrit

del

territorio,

furono sospinti necessai'iamente a grado a


e

grado nella via della conquista


punto,
dall'

che per questo apal

incendio

gallico

fino

principio della

prima guerra punica, usarono delle loro vittorie non tanto per sfruttare i vinti, quanto per renderli inabili
a nuocere.

Questa era
i

la

condizione delle cose quando, ridotti


estrerai

Mamertini

agli

a Messina

dopo un' aspra

(1)

dei

Su ci mi sia permesso rimandare alla mia Romani, in ispecie al voi. II e. 22.

Storia-

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT


lotta coi Greci di Sicilia, in parte,

239

marono

al

soccorso

Cartaginesi, in parte

com' noto, cliiaRomani. i

Fu

senza dubbio
i

quello in cui

un giorno memorando nella storia comizi convocati nel campo di Marte


si

ebbero a deliberare sul quesito se


tervenire
in
Sicilia,

dovesse o no in-

in

cui

il

voto popolare sanc


il

l'intervento (1).

Sarebbe peraltro grave errore


si

sup-

porre che

Romani

proponessero
lauti

fin

d" allora oc-

cupando Messina quei


si

guadagni che poi

in realt

procacciarono pi tardi con la oppressione dei Si;

ciliani

poich nessuno allora prevedeva n quei lauti


le

guadagni, n
Solo parve
,

guerre disastrose che


,

li

precedettero.
la si-

com' era in realt

ai

Romani che

curezza acquistata con tanti anni di guerre e con sacrifizi


s

gravi in Italia fosse in pericolo se

uno Stato
l

potente come Cartagine prendeva posto sul Faro. Chi

poteva infatti guarentire che

Cartaginesi di

non

avrebbero all'occasione prto la

mano
?

ai

Greci d'Italia

malcontenti del dominio romano


in quel caso

Ma

se
e

una guerra
si

sarebbe
in

stata

inevitabile,

sarebbe

dovuta
taginesi
Sicilia
,

combattere

Italia

valeva meglio iniziarla


I

ora, fuori della penisola,

occupando Messina.
di

Car-

d'altra

parte non vollero tollerare che nella


battaglia
mili-

che da tanto tempo era campo


e

tra

Fenici

Greci,

si

stabilisse

una potenza
che

tare che era in grado di intervenire


qu.elle

efficacemente in
i

contese.
coi

Chi

poteva guarentire
Greci,

Romani,
di

alleatisi

pi

deboli

non

profittassero
al tutto
i

qualche buona occasione per cacciare


dalle

Semiti

loro colonie

di

Sicilia?

Ma

se

una guerra ap-

pariva inevitabile, valeva meglio anche pei Cartaginesi

(1)

Su questi particolari non abbiamo che


I

la relazione

insufficiente di Polyb.

10 seg.

240
iniziarla
biliti

RICERCHE DI STORIA ANTICA


subito

prima che
nell'isola.

Romani

si

fossero sta-

saldamente

Cos le guerre puniche non

ebbero origine n per avidit di dominio, n per sete


di

ricchezze

n
,

per

desiderio

di

sfruttare

vaste e

ricche provincie

ma

semplicemente perch
pericoloso

ciascuno
l'

dei due Stati credette troppo

per s
e

in-

cremento

che

prendeva

la

potenza dell'altro

non

trov altro mezzo fuorch l'uso delle


lare la propria indipendenza e libert.

armi per tute-

Bastano questi esempi


chit

(e

molti altri se ne potreble

bero addurre) per dimostrare che

guerre dell'antid"

non semjire furono

tentativi

appropriazione

violenta

dovuti all'insufficiente

sviluppo delle forze

produttive, e non mancarono invece di motivi d'ordine


assai pi ideale.
fensiva,

spesso

La guerra, anche apparentemente ofnon era altro che un mezzo per la


si

difesa della libert e dell'indipendenza (1): nelle condizioni


in

cui

svolse

la vita

dei

popoli

antichi
s'

male provvedeva
sicurasse
a

alla propria sicurezza chi


i

non

as-

tempo debito contro

vicini

troppo po-

(1)

Senonch potrebbe

dirsi

che appunto all'insufficiente


si

sviluppo di forze produttive

deve

il

mancar

tra

po-

poli di quella solidariet d'interessi che avrebbe permesso


di goder libert e indipendenza senza ricorrere alle armi, ne v'ha dubbio che una maggiore intensit di relazioni economiche e commerciali avrebbe reso pi difficili e meno frequenti le guerre; ma dall'esempio appunto delle guerre puniche si vede quante altre condizioni di fatto che poco nulla avevano a fare con lo sviluppo delle forze produttive influissero nel costringere ad usare le armi

per

la tutela della

indipendenza: quali la disparit


tra

e nella

civilt esteriore e nelle condizioni intellettuali e morali

e soprattutto
librio pi

il

non esservi

popoli rivali un equi-

meno

stabile di forze.

LA GUERRA E LA PACE XBLl'aNTICHIT


tenti,

241

quali

domani avrebbero potuto


per assalire.
di

profittare d'una

crisi interna

L'evidenza
strarci

questo

fatto
il

deve,

io

credo,

moin

quanto
il

sia

ingiusto

condannar troppo

generale

militarismo antico.

Ma
il

per darne

un equo giudizio giova anche


Certamente
gli
di
effetti

piti

ricercare quale efficacia ebbe la guerra antica nella

storia della civilt.

immediati

di essa eran

ben pi dolorosi

quelli della guerra

moderna
misura

in

quanto

il

sentimento

umanitario assai

naeno progredito ne attenuava


di quel che ora

gli orrori in

molto minor

non

faccia.

per la storia

dell'antichit

ha frequentemente a registrare distruriduzione


in schiavit
di
cir-

zioni di citt, stermini di popoli, confische di territori,

rovine

d'

industrie fiorenti

uomini

liberi (1).

Ma

questa nube di sangue che

conda ogni guerra antica non deve impedirci di spingere pi addentro lo sguardo per studiarne gli effetti

meno apparenti
strarne
le

ma

pi importanti

nella storia del facile.

l'umanit. Tale ricerca peraltro


difficolt

non

Per

illu-

fermiamoci novamente sull'esempio

delle guerre

persiane.

Ho

gi accennato quali effetti


"

grandiosi attribuisca ad esse l'opinione comune.


sarebbe la civilt d'Europa (domanda
se
i

Dove

p. e.

il

Mazzini)

repubblicani greci non avessero vinta la battaglia


e

di

Maratona

respinto

1'

elemento orientale negativo

(1)

Per quanto

in pratica, talora, o nazionale e

attenuato dal sentid'inte-

mento umanitario

da ragioni ovvie

resse e pi dalla materiale

impossibilit di attuarlo in

tutta la sua brutalit,


ritto di

il

principio

fondamentale del
quello

di-

guerra antico rimase sempre

da Senofonte Cyrop.Wl 5, 73: 6piIjiT0i(; iic; eariv, xav -rroXeMovTUJv XvTuuv evai koI t aii)|uaTa tujv v rr) irXei
G.

enunciato viioq yp v Tifiaiv virXiq XiIj tjv

xai

r xpruuara.
16

De

Sanctis, Per la scienza delV antichit.

242
d"ogni

RICERCHE DI STOltlA ANTICA


progresso
? ,

Ma

pi

recentemente, ora che

l'ammirazione pei vincitori di Maratona e di Salamina


suscitata dalle grandi lotte nazionali
del

secolo

XIX

sembra cedere
e

il

posto ad una valutazione pi fredda


fatti,
si

pi scettica dei
diversi.

vanno diffondendo giudizi


dimostrato
dai Greci
:

assai

Gi

sull'eroismo
a

nella

lotta

si

comincia

fare

qualche riserva

s'

persino assai smorzato l'entusiasmo

pel santo stuolo


,

che

"

morendo

si

sottrasse
il

da

morte

mentre

qualche critico respinge


che Leonida non
tanto
si

racconto tradizionale e dice

sacrific volontariamente,

ma

sol-

pag con
dal

la

morte l'errore

di

essersi lasciato

circondare
alla

nemico,

qualche altro, serbando fede


definisce
il

narrazione
"

tradizionale,

sacrifizio di
,

Leonida

un

fatto

degno

di

Don

Chisciotte

(l).

Cos RuEHL Literar. Centralblatt 1877 nr. 33 p. 1095. Che Leonida non abbia avuto la possibilit di ritirarsi la opinione del Beloch Gr. G. I 872, 1 il quale peraltro non avrebbe dovuto allegare il Xyerai con cui

(1)

'

'

Hekod. vii 220 racconta la cosa: perch il XyeTai si riferisce solo al dubbio se quelli che si ritirarono lo abA me non par biano fatto no col consenso di Leonida. dubbio che la occupazione delle Termopile con poche

forze, nella

il passo ai Persiani, uno commessi in questa guerra dai Greci errore scusabile, poich non avendo mai fatto la guerra in grande, dovevano pur imparare a proprie spese come si faccia; ma d'altro canto non vedo nessuna ragione seria perch Leonida non sia rimasto deliberatamente sul posto dopo risaputo dell'aggiramento e mi sembra pure indubitato che il suo sacrifizio fu di non poco van-

speranza di chiudere

dei tanti errori strategici


:

taggio nella causa della libert: entro questi limiti mi accordo col Delbrueck Geschichte der Kriegskunst I^ (Berlin
1908) p, 76 segg.,pur non condividendo punto la sua opinione che Leonida abbia mirato col suo sacrificio a co-

LA GUERRA E LA PACE NELL'A>rTICHIT


in ordine agli effetti della guerra
si

243
a
do-

comincia

mandare
vittoria

tra dei

critici

se poi proprio
si

vero che alla


il

Greci sui Persiani

debba ascrivere
i

trionfo della civilt greca sulla orientale o se

Greci,

anche vinti dai Persiani, non avrebbero potuto, come


fecero coi Latini, soggiogare intellettualmente
citore

capere feruni victorem

(1).

il

vin-

si

osserva,

non

del tutto a torto, che gli Elleni d'Asia, anche nel


ai

periodo in cui furono soggetti

Lidi e

ai

Persiani,

continuarono a parlare la loro lingua,


loro religione, a svolgere liberamente

a praticare la
la loro lettera-

tura, la loro filosofia e le loro arti plastiche.


ficolt della risposta a

La

dif-

queste obiezioni sta in ci che


cercare
di

per rispondere

si

deve

stabilire

come

sa-

rebbero andate

le

cose se l'esito delle guerre persiane

fosse stato diverso.

Or

s' difficile studiare gli avvee

nimenti

reali,

difficilissima

quasi disperata impresa

pu sembrar quella di studiar gli avvenimenti possibili. E e' chi condanna addirittura per principio
tentativi di questo genere.
"

Le questioni
si

(dice p.

e. il

Bonghi) come quella che Livio


verso oriente e d'incontrarvi

posta:

Che cosa
volgere

sarebbe accaduto se Alessandro, in luogo di


i

Persiani,

si

fosse rivolto

prire la ritirata del grosso dell'esercito

peloponnesiaco:

contro la quale

v.

anche

le giuste osservazioni del

Busolt

Griech. Geschichte

p.

686

n.

1.

E anche

la ipotesi del
p.

Gkundy The great Persian War (London 1901)


con forze divise e l'altra
studies
' '

308 seg.

che Leonida contasse di resistere combattendo su due fronti


Journ. of Hellen. del Mcnro XXIl 317 segg. che Leonida sapesse dell'aggiramento ma non prevedesse di esser preso tanto presto
alle spalle,
zioni,
(1)

sebbene difese con molta acutezza

di osserva-

non mi paiono ne necessarie, ne verisimili. Cfr. Beloch G: Geschichte T p. 393 seg.

244

RICERCHE DI STORIA ANTICA


si
,

verso occidente e
stioni

fosse urtato nei

Romani,

tali

quedel

sou

vane

(1).

Ma
le

questa

asserzione

Bonghi risponder con


storia

parole di uno studioso della

tanto acuto quanto prudente, Ales.sandro


"

Man-

zoni

So bene quanto

ci

sia

d'incerto e d'arrischiato

nel congetturare quali sarebbero stati gli effetti d'una

cosa che non stata; px-incipalmente quando


agli effetti degli effetti e
si

si pas-^a

vuol cavare una storia da

una
si

ipotesi.

per

lo

stesso e V unico

mezzo

di cui
Il

possa

servii'e,

e si serva a ragione, la

prudenza.

giudizio d'un fatto

(in quanto all'essere stato utile


il

dannoso)

implica necessariamente

paragone
;

pi o

meno
solo

avvertito, di esso con

uno

possibile

giacch non

non sarebbe cosa ragionevole, ma non pu ueppui-e venii'e in mente a nessuno di chiamare utile o dannoso un fatto, senza che fare altrimenti avi-ebbe
portate o peggiori o migliori

conseguenze

(2).

Ci

mostra che

tali ricerche

non

solo possono,

ma debbono

essere tentate, sia pure con

somma

cautela, da chiunque

voglia studiare la storia

come

scienza.
e
,

Ora

un fenomeno costante

ripetutamente osse

servato nel corso della storia che

un popolo ne
,

soggioga
ti'a

un
e

altro

di

civilt diseguale

si

determina

vinti

vincitori

uno scambio
di

di elementi di ci-

vilt

ed

una specie

livellamento. L' esempio pi


dei

noto

quello della sottomissione

Greci a

Roma.

vero che Graecia capta ferum cictorem cepit:


vei'O
il

ma

anche

che la conquista romana arrest immedia-

tamente

progresso della

coltura greca. Infatti fu

(1)
J

Storia

dell'Europei

durante

la rivoluzione

francese

(1890) 11.
(2)

La

rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione ita-

liana del 1859 (Milano 1889) p. x seg.

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT


osservato giustamente che, dal

245
cui

momento

in
,

una

regione greca cade sotto

il

dominio romano

sorge pi per molto tempo


ziato di grido.

Per

citare

un letterato un esempio, la
scrittori

non vi o uno scienSicilia,

che

aveva avuto ragguardevolissimi


nell'et ellenistica,

pensatori

come Timeo, Archimede,


la

e fors'anche

Evemero, per lunghi anni, dopo

conquista romana

non diede
scrittori

pi, fatta eccezione pel bucolico

Mosco, che

pensatori di poco

o di pochissimo conto
di

quali Cecilio di Calatte e


dire

Diodoro

Agirlo
la

(1).

Il

che
le

il

dominio

straniero

abolendo

libert

tarp

ali

dell'ingegno de' Sicelioti non che frase


i

vuota, dacch

Romani non pensarono neppure


ai

lon-

tanamente a togliere

Greci di Sicilia

la

libert di

pensiero e di ricerca. Eppure la spiegazione di questa

apparente decadenza ovvia:


dell'inevitabile livellamento

si

trattava

soprattutto

tra

due

civilt

messe

in

immediato
starsi,

contatto

dalla

conquista.

Per illustrare

questo fenomeno scelgo uno de' suoi modi di manife-

che

di

notevole importanza nel caso parti-

colare di cui ci

occupiamo

(2).

(1)

V. su tutto ci

il

notevolissimo saggio del Bkloch


'

Der Verfall der antiken KuUiir XLVIII (1899) p. 1 segg., dove


della
civilt

Historisclie Zeitschrift
il

'

problema della
assai
pii

fine

antica approfondito
recenti,
p.
e.

che non
des

in altri scritti

Seeck

Geschichte
p.

Un-

tergangs

der antiken

Welt

(Berlin 1897)

270 segg.

L. M. Hartmann La rovina del mondo antico (trad. ital. Torino-Roma 1904) o persino E. Meyer WirthschaftUche Entanckelung des Altertums, 'Jahrbb.fur National okonomie'

IX (1895) p. 731 segg. dire nel caso (2) Voglio


della

particolare della conquista


e

La orientalizzazione dell'impero romano si presentano


Grecia.

l'imbarbarimento

sotto

un aspetto

al-

quanto diverso.

246

RICERCHE DI STORIA ANTICA


artista sa che per rendere accette le sue
se

Quando un
opere
tecnica

deve
i

superare

non

altro

in

perfezione di
di scienza
i

suoi predecessori, quando un

uomo

sa che, s'egli

non

fa progredire la

sua disciplina,
involgere

suoi

volumi

serviranno

soltanto

ad

quiclquid

chartis amicitur ineptis, l'aristocrazia dell'ingegno ha

un impulso costante
ci che
si

a far

sempre meglio.

Ma quando
soltanto
di

chiede agli uomini pi eminenti non pi


,

di far

meglio dei loro predecessori


,

ma

divulgare

come
e

si

dice

le

conclusioni a cui quelli


si

son

giunti

col

semplice lavoro di divulgazione

raccoglie pi

fama che non con

la ricerca o coi ten-

tativi originali, l'impulso al far

meglio manca

con

ci stesso

perdendo

l'abito della investigazione e l'arsi

ditezza di tentar cose originali,


si
i

rimane stazionari o
ai

decade.

cos

appunto avvenne
essi

Greci da quando

pi intellettuali tra

pensarono non pi a proda consiglieri


al loro igno-

gredire

ma

a valersi della sapienza degli avi per far


e

da maestri, da interpreti
rante vincitore.

Un fenomeno analogo
sia in altro

di livellamento, sia in questo,

modo,
della
i

si

sarebbe avverato in caso d'una


ai

sottomissione
eguale,
civilt

Grecia

Persiani
in

analogo

non

perch

Romani erano
tutto a

possesso di una

rispondente al

quella dei Greci, spun-

medesima radice protoaria, che soltanto aveva raggiunto un grado meno elevato di svolgitata
sulla

mento,

ma

la civilt dei Persiani s'era invece alterata


le

per effetto del lungo contatto con


dell'Oriente e
ario primitivo.

vecchie

civilt

non moltissimo conservava dell'elemento


Per cui pare indubitato che
la vittoria

persiana, portando
orientali

una larga immistione


greca,
e

di elementi

nella
lo

civilt

ne avrebbe arrestato o

tardato

svilujjpo

ad ogni

modo avrebbe avuto


bambino una
efficacia

sull'incivilimento europeo allor

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT


diificilmente

247
assai

rimediabile

dandogli un indirizzo
al

meno
pii

libero, assai

meno conforme
il

genio delle na-

zioni arie.

N
,

si

dica che

dominio persiano, molto


effetto

rilassato

molto meno accentratore del romano,


;

non avrebbe avuto analogo


livellamento,
le

perch
il

mi par
di

d'avere implicitamente dimostrato che


di cui

fenomeno

ho cercato
dal

d'

additar alcuna

tra

cagioni, ha poco o punto a fare con la

maggiore o

minore

indipendenza

potere centrale lasciata ai

paesi di conquista.

Ma

anche per un altro lato


effetti

la

guerra ebbe nella

storia dell' antichit

d'

importanza gravissima.
agli
inizi

L' Italia

al

pari
in

della

Grecia

della storia
:

appar divisa

moltissimi piccoli Stati indipendenti

tanti che nell'antichissimo Lazio, ossia in

un

territorio

eguale forse ad un quarto della odierna provincia di

Roma, ve

n'

erano

non meno

di quarantasette.

ajjpena bisogno di mettere in evidenza quanto questa

condizione di cose fosse sfavorevole al progresso della


civilt.

Guerre continue, comunicazioni

difficili,

smercio

dei prodotti dell'agricoltura e dell'industria fuori del

luogo di produzione contrariato per ogni verso


ministrazione
Hrattati
di

ami

della

giustizia
si

difficilissima,

perch

estradizione

consideravano come

lesivi

della indipendenza, per

modo

che chi aveva commesso

un misfatto

Roma

poteva vivere con sicurezza a

[Tivoli. Facile, data l'instabilit delle leghe tra questi

Stati indipendenti, ad un'orda di barbari di sopravve-

nire distruggendo tutto,

prima che

si

fosse concordato

un comune piano
r et micenea,
tale

di
l'

difesa.

Tale era la Grecia neldelle


si

Italia

nell' et

origini

di

Roma. Quando
tario,
civile.
i

la storia

dell'antichit

chiude, agli

antichi staterelli s'era


cui confini
si

sostituito

un grande Stato uni-

confondono con quelli del mondo

248

RICERCHE DI STORIA ANTICA


certo a tale trastbnnazione
si si

Or
antica
del

deve
radici

se la civilt

diifuse

gett

si

salde

nel bacino
;

Mediterraneo,

che nulla poi valse a sbarbicarle

ma
di

anche prescindendo dagl' immensi vantaggi che a

noi tardi posteri derivano dalla fondazione dell'impero

Roma,

la

pax Romana

che ne fu

l'effetto

era,

pei

popoli che ne godevano, un


tale

immenso

beneficio e

come

da tutti in genere, a qualsiasi nazionalit appar,

tenessero
zione
della

veniva riconosciuta.
si

benefica

effettu

essenzialmente

Or questa trasformaper mezzo


il

guerra.

Sarebbe certo arbitrario

dire che

belligeranti antichi l'abbiano


fine

mai presa

di

mira come

delle

loro

guerre.

contadini romani che cre-

dettero incompatibile con la loro sicurezza l'esistenza


di

Antemne
s'

al

confluente
e

del Tevere e dell'Amene, a

di

Crustumerio

di

Genina

poca

distanza di

l,

non

immaginavano neppur lontanamente


da
altri

d'iniziare

con la distruzione di quei tre staterelli tascabili, popolati


di loi'o,

contadini poveri e semibarbari al par


serie

quella

di

conquiste che
sul

guidarono
e

le

aquile

romane

sul Reno,

Danubio

sull'Eufrate.

Ma
che

indubitato che direttamente o indirettamente la

guerra sostitu agli Stati piccolissimi unit maggiori,


poi
alla

lor

volta

si

fusero

in

grandi Stati,

quali, finalmente, a

grado a grado vennero incorporati


oi'igine in

nell'impero romano. S' intende del resto che se alcuni


degli
Stati

maggiori dell'antichit ebbero

massima dalla conquista, altri invece, come, per citare un esempio, la lega achea, ripetevano la loro origine
solo indirettamente dalla guerra
,

in

quanto

cio

si

erano formati per reagire contro vicini potenti ed aggressivi.

Ma pu
di

chiedersi se senza guerra, senza spar-

gimento
riali

sangue, soltanto per mezzo del graduale


degli
interessi

riconoscimento della solidariet

mate-

e morali, si sarebbero potuti

formare

nell' anti-

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT


chit al posto degli Stati
soli

249

minimi

grandi Stati, che


esigenze
della

erano in grado di

soddisfare

alle

civilt progredita.

La

risposta a tal quesito facile


gli effetti

quando

si

pren-

dano a disaminare

della pace nell'antichit.

Non

duopo

trattenerci

sulla
e

prosperit economica

che la pace sempre favori

sugi' incrementi

che

ri-

petutamente ebbe la civilt antica in periodo di pace.

Ma

purtroppo

la

pace non

ebbe nella societ antica


Chi dopo
la

soltanto
Calila,

una

efficacia
il

benefica.

pace di
si

che chiuse

periodo delle guerre persiane,

fosse recato in Atene, avrebbe

veduto

sorgervi maeil

stoso

con

le

sue poderose colonne doriche

Parte-

none, che racchiudeva la statua crisoelefantina d'Atena,

capolavoro di Fidia, ed ornarsi l'ingresso della rocca


coi propilei di Mnesicle,

mentre
i

alle

Dionisie

e alle

Lenee

si

rappresentavano
,

capolavori d'Euripide,
la

di

Sofocle e di Gratino

mentre

eloquenza di Pericle
e

soggiogava l'assemblea popolare,


sagora

Protagora ed Anassapesse

facevano
e lontani

intravvedere a chi

pensare

nuovi
bitare

orizzonti, l'uno con l'audacia del


di

du-

del

discutere

tutto, l'altro cercando di

spiegare per mezzo di

monie

del

cosmo.

tanta luce di
operosa,
si

una mente ordinatrice le arNessuno avrebbe pensato che fra progresso ; in mezzo a quella pace cos
la

preparava

disgregazione deV unica po-

tenza veramente forte e vitale che, prescindendo dalla

Macedonia,

siasi

rendeva fatale
zione.

mai formata in Grecia, e con ci si in et piti remota la rovina della nadi

Bastarono pochi anni


i

pace perch
e

si

rila-

sciassero

legami morali
dalla

tra

Atene

gli Ioni,

che

s'erano

liberati

Persia e avevano formato con

quella citt la lega delio-attica.


leati

Da una
pericolo

parte gli
del

al-

ateniesi,

dimentichi del

dominio
ere-

straniero e adagiandosi in

una

fallace sicurezza,

250

PaCEKCHE DI STORIA ANTICA


sacrifizi
e
le
ri-

dettero di non dover pi tollerare

nuncie che l'unione costava e dei quali non vedevano


pi
il

guadagno immediato
e,

dall' altra parte gli

Ate-

niesi

pensarono di non aver pi bisogno delle simliberi

patie degli alleati


delle

pel

momento
di

dal timore
sfruttare

guerre

persiane, credettero

poter
essi

tranquillamente a loro profitto quelli che


liberati dallo straniero.

avevano

Materia a considerazioni di gi-avit anche maggiore

il

periodo di pace pi durevole


visto
l'

pi piena

che

abbia

antichit,

la

pace Romana. Allora sui

confini dell'impero sono stanziati eserciti che

debbono

assicurare

gli

abitanti
si

dalle

invasioni barbariche, ed

entro

confini

svolge una vita municipale fiorente,


della

mentre con una ordinata amministrazione


stizia

giu-

una vasta gerarchia d'impiegati, un governo


si

centrale forte e illuminato

occupa con pari solerzia


quelli
della

come

degl' interessi della Bitinia cos di

Spagna,

come

della

difesa

della

Britannia
di

cosi

di

quella dell'Egitto. Molte e ben tenute vie

comuni-

cazione agevolano, frattanto,


le regioni

commerci
,

ten-estri fra

lontane

nel Mediterraneo
la pirateria,

su

cui viene

accuratamente repi'essa
mercantile.

fiorisce la

marina

E come
si

nulla impedisce lo scambio delle


;

merci, cos nulla quello delle idee

talch qualunque
subito

cosa

si

scriva o
ai

pensi a
della

Roma

od in Atene

conosciuta
ritania.

confini

Caledonia o

della

Mau:

Siffatta

pace

ordinata

ha

indotto

Teodoro
famosa

Mommsen
"

scrivere

questa frase rimasta

Dato che una volta un angelo del Signore dovesse bilanciare se il territorio dominato da Severo Antonino allora od oggi sia stato governato con maggiore
intelligenza od umanit, se civilt e benessere da allora
in generale

abbiano progredito
il

o a

declinato, molto

dubbio

se

giudizio

sarebbe

favore

del

pre-

LA GUERRA E LA PACE XELl'aNTICHIT


sente,
(1).

251

A questa
e

sentenza io certo non sottoscriverei.

Ma
dell'

indubitato

che vi

sono molte regioni in Asia,

in Africa

fors'ancbe in
fino

Europa che

dal declinare

impero romano
i

ad oggi non hanno mai pi

conosciuto
e civile.

benefizi d'un

governo veramente ordinato

Ora su questo

Stato, in apparenza cos felice

e fiorente, scoppi inattesa la catastrofe dell'anarchia

militare del III secolo,

quando con Diocleziano


e si

Costantino

l'

impero

si

riordina

prepara

alle ul-

time battagKe per l'esistenza, la societ antica

talle

mente modificata
arti belle

che

si

pu appena riconoscere:

sono spaventosamente decadute, gli ordina-

menti guerreschi cui


sua grandezza quasi
militare venuto

Roma
al

doveva tanta parte della


dimenticati,
i

tutto

lo

spirito

meno

presso tutti

popoli

dell'

im-

pero, lo Stato inabile,

non ostante
altri

la

gravezza

delle
al

imposte

la

severit

con cui venivano riscosse,

complimento di doveri cui in

tempi aveva saputo

provvedere senza

difficolt.

Ora

io

non

vorrei gi dire

che questa decadenza senza altro esempio nella storia


sia

stata

cagionata

dalla pace

ma non

v'

dubbio
(2),

che la pace pi volte secolare


se

dell' et

imperiale

non cagion
nella

la

decadenza, la rese per irreparabile.

Di vero
beramente

grande

pace

interna

ed esterna

gli
li-

agenti di dissolvimento condussero sempre innanzi


il

loro lavorio

mentre una

lotta per l'esi-

stenza avrebbe additato

il

punto

in cui la

compagine

(1)
(2)

Rom. Geschichte V^

p.

5.

Tale che per pi di duecento anni fu gravemente


le

turbata una sola voltK, alla caduta della dinastia Giulio-

Claudia

guerre sui confini superavano di rado


le

l'im-

portanza che hanno pei grandi Stati moderni


ciuole coloniali in cui son quasi

guerric-

sempre impegnati.

0=i9

RICERCHE DI STORIA ANTICA


e fatto

cominciava a sgretolarsi

pensare ad un rimedio
le

quando non

solo v'era

un rimedio, ma

classi dirie

genti avevano ancora la forza di

trovarlo

di

ten-

tarne l'attuazione. In sostanza ogni periodo di pace

neir antichit un periodo di dissolvimento,


energie raccolte insieme a sostener
stenza
si

in

cui le

le

lotte per l'esidi


i

disperdono
i

lo

Stato rischia

divenire

inetto ad assolvere

suoi compiti, mentre

germi di

rovina lavorano senza posa e senza impedimento.

Per questo rispetto non

negare pertanto che la


efficacia

guerra ebbe nell'antichit molto spesso una


salutare, poich mentile nella pace

predominava
la

l'im-

pulso alla disgregazione

la

guerra insegnava con la


salute

sua rude scuola a coordinare e adoperare per

pubblica tutte

le

energie.
la

tuttavia non manca, anche


il

per ci che
daglia,

riflette

guerra,

rovescio

della

me-

pure prescindendo dalle lagrime

e dal

sangue

che sempre fece scaturire. Di fatto lo stesso processo


di unificazione violenta

che aveva creato l'impero ro-

mano portava con


l'eff'ettuare

s parecchi

germi

di rovina.

Neli

quella

unione
il

Romani soggiogando

Greci, troncarono

meraviglioso sviluppo del piccolo

popolo che per primo

aveva innalzato in Europa


Inoltre
i

la

fiaccola della civilt (1).


dell'Italia

piccoli proprietari
il

centrale, che
e

formavano
pii

ncciolo degli

eserciti

romani

Telemento
i

sano della repubblica,

in

gran parte lasciarono

loro cadaveri nei

campi

di

battaglia d'Italia, di Spagna, d'Africa e di Grecia, in

parte dopo

lunghi anni passati sotto

le

armi torna-

rono
vita

inetti

a continuare la loro onesta e tranquilla


e

di

campagnuoli,

cos

decadde

il

ceto

medio

(1)

V. le giuste osservazioni del Bf.loch Der Verfall etc.


segg.

p. 17

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT


agricolo romano, e lo Stato rimase
i

253

campo

di lotta tra

proletari affamati e l'avida e corrotta plutocrazia.

Non
lo Stato

d'uopo mettere in evidenza quanto questi


guerre di
e pel

effetti delle

Roma

sieno

stati

rovinosi per

romano

mondo

antico in generale;
effetti

ma

pu osservarsi con ragione che furono


tali delle

acciden-

guerre antiche, vale a dire procedenti dalle


condizioni di
fatto tra

speciali

cui

si

combatterono

alcune di esse, e soprattutto dalla estrema tensione di


forze

cui

Romani
e

si

trovarono costretti nella lotta


dall'

per

l'esistenza (1)

aver essi soggiogato nella

contesa per la supremazia del Mediterraneo orientale

un popolo pi
Senonch
effetto
le

incivilito,

ma men

bene ordinato e

dotato in misura

assai

minore

di spirito guerresco.

guerre antiche ebbero anche un altro


,

rovinoso

non accidentale questo, ma dipengli antichi

dente dal

modo come
la

intendevano

pra-

ticavano la guerra:

diffusione

della schiavit.
il

La
vero

schiavit, questa istituzione

disumana che fu
e

cancro del

mondo
era

antico,

non ebbe origine da


(2),

altro

che dalla prigionia di guerra


cui straniero

risale all' et in
e in cui allo
si

sinonimo di nemico
al

straniero o, ch'era lo stesso,

nemico non

rico-

nosceva alcun
bara
versi
gli
effetti
;

diritto.

Quali fossero in quella et bar-

della conquista ce lo dipinge in pochi

Omero
gli

si

uccidevano
,

gli

uomini,

si

davano

alle
i

fiamme
fanciulli

edifiz

si

trascinavano nella schiavit


(3).

le

donne

Poi

sebbene

il

diritto

di

(1)

Su questa tensione
II

di

forze v. p.

e. la

mia Storia
il

dei

Romani
di

202 seg.
sulla

(2)

E fondamentale
E.

schiavit

antica

piccolo

scritto

Meyer Die

Sklaverei itn Altertum (Dresden

1898).
(3)
I

uvei,
I

593 seg.: vpae; inv KTeivouoi, ttXiv xe irp ^aTKva x'aXXoi fi^cuai paOu^duvou^ xe -fuvatKac;.

254
gueiTa
si

RICERCHE DI STORIA ANTICA


mitigasse di molto, l'uso di tenere schiavi

prigionieri di guerra
l'uso

che non

si

riscattavano

rimase

normale nel mondo antico. Ora


,

ci posto, s'in-

tende di leggieri che


revoli

dove trovava

condizioni favorichiesta di

ossia

specialmente

dov' era forte

mano

d'opera, la schiaviti attecchisse rigogliosamente,

anzi, se la

guerra non gettava sul mercato un numero


si

sufficiente di schiavi,

cercasse di sopperirvi con altri

mezzi anche

pii

odiosi,

come

la pirateria.

Cos

si

ac-

cumularono centinaia
statistica,

e migliaia di schiavi.
i

se

anche

sono nel vero, come sembra,


ratissimi che

pi recenti scrittori di

facendo larghe riduzioni sui computi esagesi

solevano fare della popolazione schiava

in Grecia ed in

Roma

(1),

l'abbondanza degli schiavi

era per sempre tale da avere

una gravissima
facile
il

riper-

cussione sulle condizioni morali ed economiche della

popolazione libera. Moralmente


sfrenatezze potesse dare incentivo

pensare a quali

possesso incondi-

zionato di quella mercanzia umana, di quella suppellettile

parlante

instrumentum vocale

come

la si
li-

chiamava,

la cui tutela e
,

per parte della legge era

mitatissima

per la natura stessa della cosa, nella


dei casi inefficace.
acquisiti nel
influire

maggior parte
gli

Ora avveniva che


trattare
gli

abiti

disumani

schiavi

dovevano necessariamente
liberi (2).

nelle relazioni eoi


civile

ci spiega

come sopra un popolo


scellerati
(3).

potessero

dominare

despoti

sanguinari

come Nerone od Elagabalo

Ci spiega pure

come

(Leipzig 1886)

Beloch Die Beiolkerung der griech.-roinischen Welt p. 84 segg. 403 seg. 413 segg. (2) V. su ci molte osservazioni assennate pressoWALLON Histoire de Vesclavage dans Vantiquit 11'^ (Paris 1879)
(1)

p.

325 segg.
(3)

S'intende bene

che non

m' mai passato per

la.

LA GUERRA E LA PACE NELL'ANTICHIT


il

255

diritto criminale

romano
al

dell'et imperiale traspor-

tasse ai liberi quei mezzi crudeli d'inchiesta e quelle

pene pi ripugnanti
erano prima applicate
ci contribuisce

nostro senso umanitario che

si

ai soli schiavi (1).

in generale

spiegare la mostruosa

corruzione

morale della sede dell'impero nell'et della dinastia


giulio-claudia,

che

qaella

in

cui

la

popolazione

schiava di
effetti

Roma

fu pi numerosa. Perniciosi

come

gli

morali della schiavit ne furono

gli effetti ecola

nomici.
bcntenza

Vero

che

pecca di grave esagerazione


la

comune che
nella
la

concorrenza del lavoro schiavo


in
i

abbia
bero

ucciso
(2).

Grecia ed

Roma

il

lavoro
di

li-

Per

Grecia infatti

documenti

Delo
stesso

mente

di dire

che la schiavit

spieghi

il
i

fatto

dell'autorit dispotica;

essa spiega solo

suoi peggiori

abusi nelle condizioni politico-sociali in cui


la vita dell'impero. E,

si svolgeva naturalmente, ci non toglie che

in condizioni politico-sociali al tutto


l'Italia del

diverse, p.

e.

nel-

Rinascimento, abbiano regnato talora despoti

degni in qualche
(1)

modo

d'esser paragonati a Nerone.

Come

noto,

questa tendenza

ad accostare agli
al

schiavi le classi inferiori della popolazione libera a fronte


del diritto

penale

si

afferma chiaramente
41, 11), per

tempo

di

Marco Aurelio [Cod. IX


cipi risalga alle

quanto ne' suoi prin-

origini
p.

stesse

dell'impero. Cf.
Si

Mommsen
bene
ri-

Rom. Strafrecht

1082 segg.

spiega

assai

manendo nell'ordine d'idee che son venuto svolgendo come al tempo stesso, d'altra parte, la legge prendesse
ad occuparsi
degli

con
di

cui-a

sempre maggiore della tutela


ravvicinandoli
ai tenuiores
,

schiavi,
i

tanto

di

quanto

tenuiores dell'et imperiale stavano al di sotto

dei liberi cittadini dell'et repubblicana.


(2)

V. Francotte L'industrie dans la Grece ancienne II

p.

3 segg.

Gdiraud La main-d'ceuvre
'

industrielle

dans
os-

V ancienne Grece (Paris 1900) p. 152 segg. Cf. le servazioni nella

mie

Riv. di

filol.

'

XXX

(1902) p. 141 seg.

256

RICERCHE DI STiiRIA ANTICA


pii

provano che ueiret in cui vi era


popolazione schiava, la
difetto ed era anzi

abbondante
e

la

mano

d'opera libera non faceva


con-

pur largamente adoperata;


vi era in Grecia

siderazioni analoghe potrebbero farsi per l'Italia. Tut-

tavia

non v'ha dubbio che

come

in

Roma una

moltitudine di proletari disoccupati, privi


in

di mezzi di sussistenza, che cercavano

ogni

modo

di vivere senza far nulla a spese dello Stato o, che

Ora per fermo questo fenomeno non si sarebbe manifestato con tanta intensit e non avrebbe avuto una cos terribile efficacia
lo stesso, della classe abbiente.

negli

ordinamenti

politici
(1).

ed economici dello Stato

senza la schiavit

Riassumendo
tribu in larga

al

progresso del
la
ai

mondo
pace
popoli
di

antico con-

misura non solo

ma
il

anche

la

guerra:

la

pace procacciando
e

benessere
nelle
;

economico
scienze,

dando
lettere
,

loro

agio
,

progredire

nelle
sia col
la

nelle arti

nelle industrie

la

guerra
sia
alla

processo d'aggregazione che determin,


civilt occidentale

salvando

dalla assimilazione

immobile

e sterile civilt della

maggior monarchia
pace nell'antichit,

orientale.

Ma

pur troppo guerra


stesse

per

le

condizioni

tra

cui avevano luogo, jiordeleteri.

tavano anche
traeva con s

effetti

sommamente
i

La guerra
in
le

la

schiavit,

cui danni apparvero

tutta la loro rovinosa efficacia non appena


zioni politiche ed
terle

condi-

economiche furono

tali
si

da pei'met-

un largo incremento. La pace non mai da un processo di disgregazione

scompagn

e dispersione

(1)

In ci sta la parte di vero che vi

in

mezzo ad

evidenti esagerazioni, nelle osservazioni dello Schmoller

Zar

Soziaip.

und GewerbepolUik der Gegenirart. Reden und


377 seg.

Aufstze

LA GUERRA E XA PACE NELL'ANTICHIT


delle energie, che,

257
e

quanto pi essa fu durevole

pro-

fonda,

come

nei primi secoli dell'impero, tanto


effetti.

meno

fu riparabile ne' suoi


UflBcio della civilt

moderna

e cristiana di
effetti malefci

rimuoche la

vere o almeno di attenuare gli

pace

e la

guerra ebbero

nell' antichit.

Per

ci che con-

cerne la guerra, abolita, per l'affinarsi del sentimento

umanitario, la schiavit

come

effetto

della

prigionia

di guerra, la societ stata liberata

da uno dei peg-

giori

malanni

che

affliggessero

popoli classici (1);

ma

lungo cammino resta ancora a percorrere perch


guerra siano mitigati, nella misura del possibile,
Rispetto
alla

della

tutti gli orrori.

pace,

perch non

sia

fomite di dissolvimento, com' pur troppo stata non


poche'

volte

anche nella

societ

moderna, conviene
gli

prima

di tutto che sia pace operosa, e poi che, frenati

dal sentimento morale progredito

egoismi indivi-

(1)

Fk.

Cauer in una recensione


nella
'

di questo

mio saggio
'

pubblicata
n.

Berliner

pliil.

Wochenschrift

1907

che esempio tipico delle recensioni fatte senza capir nulla degli scritti cui si riferiscono, mi attri42
p. 1336,

neten Friedens

dass der moderne Zustand des bewaffmit seltenen und kurzen Kriege die Vorziige von Krieg und Frieden vereinigt ohne die ihnen im Altertum anhaftenden Uebel '. Non ho mai detto ne
buisce la opinione
'

pensato nulla di simile. Singolarissimo poi


pore ch'io respinga
il

il

suo stu-

materialismo storico mentre ammetto che i Romani in molte guerre combatterono per l'esistenza: quasich la lotta d'uno Stato per l'esistenza vada giudicata alla stregua della definizione biologica
di questa lotta; o quasich,
lecito dissentire dal
(sia

anche ammesso

ci,

non

sia

materialismo storico, che tutto riduce pure in ultima istanza) a fenomeni economici, a chi
com' naturale, del fattore economico nello
fatti della vita sociale.
i

tien conto,

spiegare
G-

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

17

258

RICERCHE DI STORIA ANTICA


si

duali e di classe,

assuefaccia ciascuno al sacrifizio

nell'interesse di tutti
si

anche quando del


solo ai tardi

sacrifizio
il

non

veda

l'utilit

immediata, anche quando

sacrifizio

abbia a recar vantaggio

posteri,

anche

quando abbia ad essere non orgoglioso


umile ed ignoto.

e glorioso,

ma

Ad

effettuar* questa pace operosa e


i

sicura che io vagheggio per l'avvenire di tutti

popoli

e in particolare per quello della nostra patria vostro

dovere

giovani
io

il

contribuire col pensiero e con

l'azione.
gli

Ed

chiudo con l'augurio che, adoperando


dei

insegnamenti

maestri per scrutar meglio di

noi le ragioni dei fatti sociali e gli esempi delle generazioni che vi hanno preceduto per esserne migliori,

saprete avvicinare in

modo

insperato

all'

effettuazione

quell'ideale che brilla ancor lontano dinanzi al nostro

sguardo.

APPENDICE

Intorno

al

materialismo storico.
Unsere Zeit
ist beherrscht von Triebe nach Schlagworten

dem

und von dem Wahne etwas zu wissen und eine Erscheinung zu begreifen wenn sie mit Schlagworten

um

sich wirft.

E. Meyer.

"

errore (afferma Rodolfo Stammler) (1)


il

il

cercar

d'argomentare contro
formale

materialismo come principio


della

che

sta

fondamento

ricerca social^
Il

dalla indagine intorno ai singoli fatti storici.

ma-

terialismo storico
la

un metodo

sistematico che addita

maniera universalmente valida di giungere ad in-

tendere scientificamente gli avvenimenti concreti della


vita sociale.

Questo principio
di

affatto indipendente

dal particolare contenuto


ciali,.

singoli

avvenimenti so-

"Il

materialismo

storico

(scrive

Benedetto

Croce) non e
della
storia,

non pu essei'e n una nuova filosofia n un nuovo metodo, ma proprio

(1)

Wirtschaft und Bechi nach der materiaUstischen Ge-

schichtsauffassung- (Leipzig 1906) p. 69.

260

EICERCHE DI STOKIA A>'TICA

questo: uua !>omma di nuovi dati, di nuove esperienze

che entrano nella coscienza


dev'essere semplicemente
storica
;

dello

storico

(1)

esso

un canone

d'interpretazione

e
"

trover

come in ogni altro canone lo storico vi un semplice istrumento che gli pu essere
e
il

utile in molti casi, inutile in altri


e proficuo

cui uso retto

dipende sempre dal suo avvedimento

(2).

Non

si

saprebbero dare del materialismo storico due


pi profondamente contraddittorie.

interpretazioni

v'ha di pi
e
il

interpretandolo in tal modo, lo Stammler


si

Croce non solo


si

contraddicono scambievolmente,
certo

ma

pongono, n
pi

sfugge

ad

essi

stessi (3),

in contraddizione palese ed assoluta asserzioni

con alcune delle


dei

chiare

pi
il

ripetute

fondatori
(4).

del materialismo storico,

Marx
non
si

e l'Engels

Ci

evidente

soprattutto

rispetto

alla

dottrina

dello

Stammler. L'Engels
sul

infatti

stanca di insistere
materiali-

fondamento empirico

della

concezione

stica della storia, anzi di questo


si

fondamento empirico

gloria contrapponendolo

alle arbitrarie costruzioni

storiche e filosofiche di altri; ed

enumera

egli stesso

(1)

Materialismo
Ibid. p.

storico ed

economia

marxista, 2* ed.

(1907) p. 22.
(2)

100.
cit.

(3) Cfr. (4)

Croce op.

p.

109 segg.

Non

ricorro in questa analisi delle dottrine del

ma-

terialismo storico allo scritto di Antonio Labriola da cui

sogliono attingere in Italia la conoscenza di quella teoria.

Del
libro,

materialismo

storico'

come ben nota

P.

(Roma 1902), perch questo Barth Die Philosophe der G-

1897) p. 354 n. 2, " ist nur eiue Umschreibung und Erklilrung des Marxismus
schichte als Sociologie I (Leipzig

in

verschiedenen Wendungen.
,.

aber keine Begrndung

desselben

APPENDICE
gli

IXTOKNO AL MATERIALISMO STORICO

261

avvenimenti del secolo

XIX

in cui la prevalenza
s

del fattore

economico era

(a parere suo) di

evidente

che indussero ad

un nuovo esame

tutta la storia

per cercarvi

se,

esaminata a dovere, confermava quella


fattore

prevalenza del

economico che

gli storici dei

tempi passati avevano ignorato,

ma
a

che la storia dei


"

tempi presenti
(cos

sembrava affermare.
costrinsero
la

nuovi

fatti

l'Engels) (1)

sottoporre a nuova
e allora si di-

disamina

tutta

storia precedente; storia

mostr

che

tutta la

precedente, ad eccezione
classe
e

della et primitiva, era la storia di lotte di

che codeste

classi

le

quali
il

si

combattono a vicenda

sono in ciascun caso

resultato delle condizioni di


o,

produzione e di scambio
dizioni

pi brevemente, delle conet


;

economiche

della loro

che pertanto la
in ciascun caso

struttura economica della societ


il

forma

sostrato reale da cui deve spiegarsi in ultima istanza

tutta la
politiche
fiche o

soprastruttura

delle

istituzioni

giuridiche e
,

come pure
il

delle concezioni religiose


.

filoso-

altre di ogni periodo storico

N meno

vi-

gorosamente
pirico della

Marx accentuava il fondamento emsua dottrina. " La investigazione (die'egli)


la

deve

appropriarsi

materia nei minuti particolari,

analizzare le sue diverse


ciare
il

forme

di

sviluppo, rintrac-

loro

intimo

legame.

Solo

dopo

compiuto

questo lavoro pu esseme convenientemente rappresentato


il

reale
si

movimento. Se

ci riesce e se la vita della

materia

rispecchia idealmente

(nelle

nostre
fare

rico-

struzioni),

pu aversi l'impressione d'aver a

con

una costruzione a priori

(2).

Ed

questo fonda-

(1)

Die EntvickJung des Sozialismus con der Utopie zur

Wissenschafr (Berlin 1907) p. 33. (2) Das Kapital (1909) p. svii.

262

niCERCHE DI STORIA AXTICA

mento empirico voleva appunto alludere il Marx quando scriveva quella frase sul cui significato si tanto discusso, che cio l'ideale per lui non era altro se non il materiale trasportato e tradotto nel cervello umano.

Ma

anche

la

concezione del Croce in aperta cone dell'Engels.


I

traddizione con quella del Mai-x


scrittori infatti

due

non avevano punto inteso di proporre un semplice canone d'interpretazione storica da ma,

neggiare

con

somma

cautela e

cui

come

a tutti

quei canoni debba attribuirsi solo

un valore

approssi-

mativo. Per essi invece

il

materialismo storico dando


dei fatti storici per-

una interpretazione prima ignota


mette
suo
di spiegare la coscienza

dell'uomo dal suo essere


il

(ossia dalle condizioni della sua vita reale), anzich

essere

dalla

coscienza

come

s'era fatto fino alla


e

scoperta

della

al socialismo

nuova dottrina un fondamento


necessario

(1);

inoltre esso d

scientifico,

rivelandolo,

come
e

l'effetto

della

lotta

tra
il

due

classi

storicamente prodottesi, la borghesia e

proletariato,
la soluzione
si

facendo intravvedere con piena certezza


il

che

conflitto

avi'

nell'avvenire.
se

Ora non
voglia

vede

come
rico
fatto

ci sia possibile,

non
vi

si
il

ammettere
nel

che nella
"

mente
e

de' suoi autori


ci

materialismo sto-

abbia

colto

che

ha di essenziale
del

storico
,

visto la legge

suo

reale

proce-

dere

(2).

Non

vorrei

peraltro

essere frainteso. Mettendo in

(1)

Cos

il

Marx
p.

nel testo classico del

suo libro Ztir


v.

Kritik der politischen


(Stuttgart

Oekonomie herausg.
e

Kactskt

1907)

lv;

quasi

con

le

stesse parole
p. 33.

r Engels Die Entircklung des Sozialismus


C2)

Gextilk Ln

filosofia

di

Marx

(Pisa 1899) p. 31.

APPENDICE
luce

IXTOBXO AL MATEPiIALLSMO STOPtlCO


queste

263

quanto

due interpretazioni del materiasi

lismo storico che ho scelto come tipiche

discostino

dall'insegnamento genuino del Marx e dell'Engels non

ho inteso

aiFatto di
e

negare n all'una n

all'altra

una

ragione d'essere

una relativa
e

giustificazione.

Perch
questo

la caratteristica delle dottrine vive

per l'appunto di

chiarirsi e di svolgersi;

perch

germi

di

svolgimento contraddittorio sono per l'appunto negli


scritti del

Marx.

Il

pregio e al tempo stesso

il

difetto
si

di questi scritti

sta nell'

adattamento
della

(che

talora

riduce ad

un accozzamento)

indagine

empirica

e della dialettica hegeliana.

Da

ci nasce la insanabile

contraddizione interna del materialismo storico che lo

conduce

"

a fare

un a priori
(1):

di

ci

che
si

empirico,

a dire determinabile a priori ci che


alla esperienza
si

deve rimettere

onde

non poteva mancare che


il

accentuasse da una parte


di

contenuto e

il

valore

come di principio che trascende l'esperienza e che si desume unicamente dall'analisi dei concetti (2). N poteva mancare d'altra parte che, avvertendo come non la pura analisi dei
filosofico

quella

dottrina

concetti avesse dato occasione al sorgere ed elementi


alle tentate

dimostrazioni di quella dottrina,

ma

sosi

prattutto l'esame delle condizioni reali della societ,

credesse

di

risolverla

in

un

ammonimento

a tener
reali

pi'esenti le osservazioni fatte

su quelle condizioni

come

sussidio a intendere la storia.

Gentile op. cit. p. 46. Stammler loc. cit.: Seine Richtigkeit (del principio fondamentale del materialismo storico) kann sonach aucli nur durch Zergliederung der Grundbegriffe, die wir
(1)
(2)

bei aller sozialwissenschaftlichen Erkenntnis

verwenden

miissen und durch Feststellung ilires logischen Verhltnisses

an einander geschehen.

2G4

KICERCHE DI STORIA ANTICA

Non

peraltro

negare che questi dissensi gra-

vissimi intorno al significato e al fondamento del

ma-

terialismo storico danno

buon giuoco

ai difensori di

quella dottrina
si

lascino
di

guidare

quando nel discutere intorno ad essa non da amore alla verit, ma da


se
la
si

spirito

parte. Infatti
di

combatte partendo

dall'esame

singoli

fatti

storici

non manca
la

chi sia

pronto ad opporre cbe una dottrina


d'essere
si

cui ragione
;

desume dall' analisi dei concetti e se si movendo dall'analisi dei concetti, facile opporre cbe essa ba un fondamento empirico. In realt non sembra cbe possa considerarsi se non come una pura abeirazione una dottrina intorno all'intercombatte
la

pretazione di fatti storici


ti-arsi alla verifica

quale pretenda

di

sot-

per mezzo dell'indagine storica.

Un

tempo si riputava la filosofia ancella della teologia, e non era bene peggio assai per sarebbe ridurre la storia ad ancella di una filosofia ed imporle una interpretazione dei fatti che essa non sia in grado di verificare: una tale interpretazione sarebbe, per ci
:

stesso, antistorica.

Ma, data
qual

la verificabilit del

materialismo storico, in
alla

modo deve
arduo

procedersi

verifica?

anche

questo un problema, pi assai che non per l'intrinseca


difficolt,

per la

imprecisione e l'incertezza di-

mostrata in generale dai fondatori e dai difensori di


quella dottrina nel darle forma precisa.

Lo

stesso Engels sulla interpretazione della formola

citata (p. 261) e in ispecie rispetto a quella

famosa

li-

mitazione "in ultima istanza, non pare che abbia avuto


idee molto chiare n molto coerenti
;

1'

altra limi-

tazione, grave di conseguenze, la quale eccettua dalla

legge l'umanit nelle sue condizioni primitive, non la introdusse


scritto

se

non

in

una

delle ultime edizioni del suo

sulla

evoluzione

del

socialismo

dalla utopia

APPENDICE

IXTOEyO AL MATERIALISMO STORICO

265

alla scienza (1).

Inoltre in alcune lettere famose pub-

blicate

ne' suoi

ultimi anni,

alle

"

potenze

ideolo-

giche

,,

per quanto nella loro radice procedano sempre


produttive materiali
e

per lui dalle forze

dalle con-

dizioni della produzione, egli fini col riconoscere net-

tamente una cos ampia libert


tale

di

movimento
prime
e

una

facolt

d' interferire

nei

processi economici che


le
piti

non pare molto accordarsi con

rigide
e

formulazioni della dottrina materialistica (2);

non

(1)

Manca
detto

cos

neWAtiti-Duhring
parentesi,

(Stuttgart
citare

1907).

sia

tra

impossibile

questo

libro,

capitale per la storia del pensiero socialista, nella

scelleratissima traduzione italiana fattane con prefazione


e

per cura

(p. v) di

Enrico Ferri (Palermo 1901).


cbe
egli

Il

pen-

siero dell'Engels e degli autori

cita #^i del

continuo frainteso nel

modo

pii

grottesco. Basti questo


Il

balordo travestimento di un'antinomia kantiana.


citato dall'Engels, dice che

Kant,

non pu ammettersi trascorsa

in

delle cose

un dato momento una infinita serie di stati successivi perche una serie infinita non pu esser comcon successive
sintesi.
'

piuta

Also

(conclude)

ist

cine

unendliche verfiossene Weltreihe unmglich, mithin ein

Anfang der Welt eine notwendige Bedingung ihres Daseins Quindi (suona la traduzione italiana p. 36) una serie infinita di mondi non possibile se non a condizione che l'universo avesse avuto un principio (2) Alludo soprattutto alle due ben note lettere del 21 settembre 1890 e del 2-5 gennaio 1894 pubblicate nel Sozialist. Akademiker a. 1895 n. 19 e 20. Su di esse V. Bernstein Die Voraussetzungen des Sozialismus tmd die
'.
'

'.

'

Aiifgaben der Sozialdemokratie


e in ispecie

^^

(Stuttgart 1906) p. 4 segg.,

l'eccellente

phischen

iind

sociologischen

(Wien 1899) p. abbia da questo punto

Masaryk Die philosodes Marxismus 104 segg. Non mi sembra invece che
libro del

Grandlageii

di vista l'importanza che gli viene

266
esit

RICERCHE DI STORIA ANTICA

ad affermare che nel dar forma a questa dottrina non si era sulle prime tenuto il debito conto di tutti i momenti che insieme col fondamentale, l'economico, hanno parte nei fenomeni storici. Dopo ci da non
pochi scrittori
nere
stein
socialisti o semisocialisti

in

ispecie
te-

da quello che sembra potersi pi a buon diritto

come
,

l'erede

intellettuale

dell'Engels, Ed. Berndei

la

interdipendenza

scambievole

fenomeni

sociali fatta spiccare a tal


essi in

punto che

la riduzione di

ultima istanza a fenomeni economici, se pure ancora


asserita

viene

pr forma, sembra perdere


il

in

pratica tutto o quasi


lore (1).
oltre.

suo

significato

il

suo va-

Vi hanno poi
eerto

di quelli
;

che sono andati pi

non
la

male

soltanto
della

quando
forma

si

nega
pro-

esplicitamente
l'attivit

riducibilit

etica della

umana

alla

forma economica, allora


si

fessione* di materialismo storico, se

continua

a farla,
alte

somiglia un p", per servirmi d'un paragone usato


trove non bene
haptizo
a

proposito

dal

Croce,

" all'

ego

carpam dell'aneddoto

fratesco

(2).

infatti

assegnata

il

passo

del

Kapital

III

(Hamburg

1904)

p. 325 secondo cui la base economica di tutta la costruzione sociale " durch zahllos verschiedne empirische

Umstande

Naturbedingungen

Racenverhltnisse,
u.
s.

von

aussen wirkende geschichtliche Einflusse


liche Variati onen

w. unend-

und Abstufungen in der Erscheinung nur durch Analyse dieser empirisch gegebnen Umstande zu begreit'en sind ,. Non vedo che con queste frasi si esca necessariamente dalla cerchia
zeigen kann, die
dei fattori materiali.
(1)

Perci pienamente giustificata dal punto di vista

dell'ortodossia

marxistica la critica

che

delle
et

dottrine

del Bernstein fa
iiqie

Carlo Kaittsky Le marxisme


p. 391.

san cri-

Bernstein (Paris 1900) p. 13 segg.

(2j

'La Critica' VI (1908)

APPENDICE

INTORNO AL MATERIALISMO STORICO


ti'a

267

evidente la profonda distanza concettuale


e la teoiia marxistica
;

questa

altro infatti interdipendenza,


tutti
i

altro subordinazione e riduzione di


ciali,

fatti

so-

sia pui-e in

ultima istanza, a fenomeni concer-

nenti lo svolgersi delle forze produttive.

E
tura
del

vi

ha

di pi.

Il

principio

della interdipendenza

dei fattori storici e quello della importanza della strut-

economica della societ sono

stati

gi

prima
sto-

Marx

e senza far e

capo
in

alle

sue dottrine affermati


alla

in teoria
rica (1).

applicati

pratica

indagine

Quei cultori della scienza


gi
e

dell' antichit

che,

come me, non indirizzo non


Lorenzo Stein

esitano ad accettarli,
dal

ripetono
Engels,
e

il

loro

Marx

dall'

ma

da

da Rodolfo di Gneist
il

soprattutto

da Augusto Boeckh. Certo neppure

Boeekh ha per
Vico, per non
il

prima professato dottrine


le traccie

di

cui sarebbe facile seguire

fino

al

Montesquieu

ed

al

dire fino ad Aristotele.

Ma

ad ogni

modo

Boeckh

ha teoricamente

praticamente mostrato per primo con

larghezza di veduta e d'indagine

come

la scienza del-

l'antichit implichi lo studio di tutte le manifestazioni


della vita antica e

debba tener conto ampiamente dei


economico-sociale.

dati reali dello sviluppo

perci

dopo

essersi

nutrito

della lettura del

Boeckh o del
a
studiar
la

Nitzsch un cultore della filologia classica rimane assai


stupito
storia
critica

leggendo

che

"

chi

si

faccia

dopo

esser

passato attraverso
gli

le lezioni della

socialista,

come

un miope

l'essersi

(1)
si

trovano

Nel rilevare in che consista la novit del marxismo pienamente d'accordo i seguaci che diremo

ortodossi di questa dottrina,

avversari risoluti

come il Kadtsky 1. cit., con come Carlo F. Ferraris nel suo libro
e lo

materialismo storico

Stato

(Palermo 1897). V.

ivi

p. 12 seg. sullo Stein e lo Gneist.

268
fornito di

KICERCHE PI STORIA ANTICA

Boeckh

sia

un buon paio di oceliiali un precursore del Marx


i

,
:

(1).

Non

che

il

no

della ridue della

zione di tutti

fenomeni a fenomeni economici


assegnata dal marxismo

posizione

centrale

ai fattori

materiali nello svolgersi della societ

umana
il

presso

il

Boeckh non
giunti per

traccia. e

Ma egli

in realt

precursore di
alti-i

quegl' indirizzi

metodi

storici a cui vari


il

son

un lungo

circuito attraverso

marxismo,

ritagliandolo, limitandolo, circoscrivendolo e con ci su-

perandolo.
il

E
(2),

cos che

mentre

al

Boeckh non sfuggiva

fondamento economico
d'Atene

delle parti politiche di

Roma

non

si

trovano davvero ne'

suoi libri

teorie avventate ed unilaterali

come

quelle messe fuori

recentemente dai seguaci del materialismo storico, che

Napoleone
la

cadde perch

la

saa politica ripugnava

agli interessi della borghesia francese (3)

ovvero che
d'

conquista romana fu

l'effetto della

formazione

una
il

democrazia nazionale
scoperte dei

e mercantile (4 j.

Queste

e simili

materialisti della storia


il

mostrano che

paio d'occhiali di cui parla

Croce in realt non ha

giovato ad essi che ben poco.


Chiarito cos che cosa vi di veramente

nuovo

nel

materialismo storico, anche chiarito


tenersi nel discuterne.

il

modo

che deve

innanzi tutto, la critica dei pre-

(1)

Croce op.

cit. p.

27.

(2)

Encijklopddie und Mefltodologie


1

der philol. Wissender

schaften (Leipzig 1877


(3)

p.

398 seg.
Geschichtsaitffassegj^.

G. Kracse

Die Entivickelung

sing bis
(4)

auf Karl Marx (1895) p. 33 Su questa teoria o, meglio, su


v.

errore

al saggio XI. Sulla

zioni di singoli fatti storici


storia
p,
V.

questo manifesto poca seriet di interpretaprodotte da materialisti della


de
Vhistoire

Xsopol La

tJu'orie

(Paris 1908)

427 segg.

APPENDICE

INTORNO AL MATERIALISMO STORIO

269

supposti filosofici del Mai'x e dell'Engels (1) e in particolare del materialismo metafsico
teorico.

non ha che un
il

interesse

bens vero che per affermare oggi

materia-

lismo metafisico, bisogna ignorare affatto

il

moderno
;

movimento
si

degli studi psicologici e gnoseologici


il

ma

anche vero che se pure in fatto


presentato strettamente

materialismo storico

connesso col materialismo

metafisico, questo con piii o

meno

di franchezza rinne;

gato da tutti o quasi

seguaci seri di quella dottrina

ed essa conciliabile in realt con qualsiasi interpretazione


dei
fatti

psichici e con qualsiasi teoria della


si

conoscenza;

perch

riduce in sostanza ad una indella storia che

terpretazione psicologica

presuppone

come causa ultima


il

dei fatti storici processi spirituali

fondati sull'interesse che desta in noi la produzione e

possesso di beni materiali

(2).
,

Ma

lasciando da parte questa critica, che


certo
insufficiente,

se

non
di

inutile,

pu

lo

storico

prima

ogni cosa discutere in generale intorno al valore della


riduzione di tutte
le
(3).

forme dello sviluppo sociale

alla

forma economica
lo storico che
la labilit

da questo punto
lasci

di vista, per

non

si

guidare da preconcetti,

delle

dottrine

materialistiche

appare

evi-

(1)
ftr

V. il saggio che ne d Benno Erdmann Jahrbuch Gesetzgebung XXXI (1907), 3 p. 1 segg. (2) V. SiMMEL Die Prohleme der Geschichtsphilosophie
'
'

(Leipzig 1905) p. 152 seg.


(3)

Assai bene ne discutono

p. e.

Barth Die Philosophie

der Geschichte

ah

Sociologie

p.

317 segg.; H. Schwarz

Der moderne Materialismus ah Weltanschauung iind Geschichtsprincip (Leipzig 1904) p. 86 segg. V. anche le osservazioni del BocGL Revue de mtaphysique et de
'

morale

'

XVI

(1908) p. 723 segg.

270
dente.
le

RICERCHE DI STORIA ANTICA

La

societ

umana

in tutte le sue forme,

anche

pi antiche, mostra leggi

della convivenza sociale

norme

di diritto, per rudimentali che sieno, accanto

a sviluppo rudimentale di forze produttive.

la ri-

duzione delle une


rica

alle altre

eminentemente antistogiuridiche
di

poich

in

contraddizione col fatto della loro

coesistenza
politiche

primordiale.

Norme

forme

da
e di

una parte, rapporti


scambio
dall'altra,

produzione, di

consumo
corpo,

se

sono inscindibili,

sono pure irriducibili perch coesistono come spirito e

come materia

forma della

vita sociale (1).


e

Ma

anche meno riducibile a quelle forze


religioso

a quei
il

rapporti agli occhi dello storico

spassionato

fe-

nomeno
il

il

fenomeno religioso
:

infatti es-

senzialmente primitivo

"

Non pu
il

contestarsi (scrive

Durkheim)

che

in

origine
la

fattore

economico

rudimentale,

mentre
e

vita

religiosa al contrario

lussureggiante

invadente.

Come potrebbe dunque


(2).

questa procedere da quello?

Del resto

le religioni

hanno un proprio moto


loro stessa natura
e

svolgimento che dipende dalla

che non coincide affatto con lo


(3).

sviluppo economico

Esse sono ad esempio in gepii atte

nerale assai pili mobili e quindi


e a modificare la societ nel

a modificarsi

momento

della loro oriri-

gine, anche se le condizioni delle forze produttive vi

mangano sostanzialmente invariate; e assai meno pronte a mutare e meno atte a cagionar mutamenti pi.

(1)

Nell'aver

messo

ci

chiaramente
dello

in

luce sta

il

pregio capitale del libro citato


prattutto a p. 112 aegg.
(2)
(3)
'

Stammlek. V. sop. 650.

Revue philosophique

'

XLIV a897)

Cfr.

LisDNER Geschichtsphilosophie^ (Berlin-Stuttgart

1904), nel capitolo sulle Lehensbethutigungen.

APPENDICE
tardi,

INTOKNO AL MATERIALISMO STORICO


la struttura

271

anche se
si

economica della societ in


forme politiche

cui vivono

modifica profondamente.
la storia delle

Molto pi oscura che


perci

e delle religioni quella dei concetti morali; e forse


il

Marx

e l'Engels si

son dimenticati di tentare


loro

una

seria

dimostrazione

del

asserto

che

essi

procedano dai fenomeni economici. Le orgini ad ogni

modo
il

dei concetti etici sono talora


il

appena

percettibili,

lentissimo

processo per cui

si

affermano; e pure
si
i

carattere d'assoluta
il

obbligatoriet con cui

pre-

sentano,
del

loro manifestarsi
e dello spazio
li

come trascendenti

limiti

tempo

distingue recisamente da

tutto ci che diretto all'utile immediato.

sia

pure

una

illusione che fa talvolta apparire eterno e

immu-

tabile

un

principio

direttivo

della

nostra

operosit

pratica,

dall'esser ritenuto

eterno e immutabile esso


cui,

acquista una vitalit e una potenza per


in certo

creando

modo

nel

contrasto con g' interessi contine la individualit della vita inte-

genti
riore,

la

ricchezza

d modo

alla personalit
e

umana

di

affermarsi

dinanzi alla
ciale.

coscienza

di

espandersi nella vita so-

Non

tanto perci nel contenuto del singolo pre-

cetto morale,
la

quanto nell'imperativo suo affermarsi sta


e la

importanza della morale come fattore storico


irriducibilit
si

sua

al

fattore
al

economico,
valore

qualunque

giudizio

faccia

intorno

di dati concetti

morali e alle condizioni reali della loro origine e della


loro diffusione (1).
Si

aggiunga che

lungi dal potersi tutto ridurre a


stesso

fenomeni

economici, lo
i

fenomeno economico,
in-

complesso come tutti

fenomeni umani, non pu

(11 Cfr. p.

e.

R. EucKEN

Der Wuhfheitsgehalt der

Reli-

(jion- (Leipzig 1905) p.

88 segg.

272

RICERCHE DI STORIA ANTICA


conto largamente del

tendei-si in concreto senza tener

momento

etico

ci

riconoscono

non pochi
riduzioni
in

scrittori
(1).

d'economia sociale tra cui citer Gustavo SchmoUer

Ma
analisi

prescindendo

da

queste

ultima

Tate

o,

quanto meno, come non pu discomaterialista


onesto, al

noscere

nessun

tutto

ipote-

tiche (2), per giudicare se al fattore

economico spetta
il

per davvero quella importanza capitale che


rialismo storico gli ascrive, non v' ha,
altro

mate-

com'

chiaro,

mezzo che
a

lo studio empirico degli

a\^enimenti
che ne

storici e delle loro origini; e

giova in particolare sotle

toporre

disamina
pretendere

accurata

spiegazioni

propongono
ridicolo
il

gli scrittori marxisti.


d'

Certamente sarebbe
tesi

aver abbattuto la
piti

matese

rialistica ('intesa in

questo senso

limitato),

in

un caso o due il avvenimento non


minanti
singoli
altri

fattore

economico nella genesi d'un


o se vi appaiono predosolo

visibile,

fattori.

Ma
il

con l'esame dei casi

pu prepararsi
dimostra

giudizio definitivo.
sieno

E
le

frat-

tanto

si

quanto

avventate
fatti
,

sintesi

proposte da scrittori che di quei

avevano spesso
o che
,

una cognizione monca


sia

e superficiale

peggio,

pure inconsapevolmente, travisavano a favore della

teoria materialistica testi e dati; e

quanto

sia inoltre

poco solido
e

il
il

fondamento empirico
valore
la
si

di quella dottrina
le
si

esagerato

che

torto

attribuisce

anche quando

consideri

come semplice

sussidio

euristico. Certo, dispute sifi'atte costringono

spesso ad

accostare scrittori al tutto ignari del metodo sdenti-

ci)

Ueber einige Grundfragen der SocialpolitiL und der


Cfr. A.

Volkswirthschaftslehre (Leipzig 1898) p. 43 segg.


(2)

Labriola

Scritti vari di filosofia e di politica

pubbL da

B. Croce (Bari 1906j p. 254.

APPENDICE
fico

INTORNO AL MATERIALISMO STORICO


cortesia che usano
agli
altri

273

della

quelli che

sanno

d'esser
:

degni

di

rispetto essi stessi.


vilt

ci

spiacevole

sarebbe peraltro

lasciare

a codesta

genia piena libert di diffondere teorie errate perch,

consapevole

della

sua

inettitudine

ad

argomentare,

sostituisce agli argomenti impertinenze volgari o derisioni piti volgari.

Per cansare dinanzi


di
vilt,

alla

mia coscienza questa nota


pace
e

discorrendo

della

della guerra nel


p.

mondo

antico, presi in

esame (sopra
possibile,

232) nel

modo

cortese che,
rispetto a

quando mi

soglio

usare per

me

stesso, le osservazioni

messe innanzi da

uno

scrittore socialista intorno alle cagioni delle guerre

antiche.

Per

la

stessa ragione risponder ora breve-

mente
solo

alla

sua replica, che del resto, non parendomi


avrei
la

ne valesse la pena,

lasciato

senza risposta (1);


e violenta

mi duole che con


alle

forma personale
lo scrittore

da lui prescelta nel replicare,


a

mi costringa

dare

mie

parole

una intonazione diversa da


scrittore
si

quella cui son solito attenermi.

Ora

secondo

questo

la

causa in ultima

istanza della guerra antica

riduce "all'insufficiente

sviluppo

di

forze

produttive,

che

tende a spostare

specialmente verso l'esterno un sistema di appropriazione violenta


.

Ci nel suo libro


,

(p.

152)

detto

non

press" a

poco

come

egli

asserisce

non

senza

(1)

Alludo all'opuscoletto

di

E.

Ciccotti

La

filosofa

della

guerra

e la

guerra alla
titolo

filosofa

(Milano

1905),

malamente ricopiato da un ben noto volume del Marx, con uno stile lutolento da disgranon vi manca neppure l'acdare quello dell' 'Asino
cui l'A. sotto

un

'

d saggio di cenno obbligato al saci-ifizio origenico una erudizione e d'una logica pari alla sua cortesia.
G.

De

Saxctis, Per la scienza delV antichit.

18

274
audacia

r.ICERCHE DI STORIA ANTICA

nella

replica

(p.

4),

ispirata
di

evidentemente
i

al desiderio, errori,

troppo naturale,

rimangiare

propri
siffatta

ma

per l'appunto in questi termini.


chiarisce
si

asserzione
"

in

qual senso egli aggiunga che


aspetto
152).
dello svi-

la

guerra

presenta come un

luppo delle forze produttive

(p.

questa ve-

ramente una frase


specie
d" indovinello

assai
;

imprecisa ed

infelice,

una

ma supponendo

che

l'

autore

abbia saputo quel che diceva, anche qui egli pu aver


inteso soltanto che la guerra nasce dall'esser le forze

produttive
tal

in

un grado
la

insufficiente di sviluppo. In

senso

ho inteso

sua dottrina, e l'ho esposta


e
le

brevemente,

ma

esattamente;

della esattezza della

mia interpretazione fanno fede

misere cose che, so-

fisticando sulle espressioni, egli ne scrive.

Non
o

son

codesti del resto concetti peregrini. Pii


lo stesso tutti gli

meno dicono

scrittori

socialisti.

Bisogna riconoscere peraltro che in generale


Prendasi, p.

Fesjjres-

sione da essi prescelta molto pi assennata e precisa.


es.,
il

Kautsky

(1).

"

La prima cagione
di
ci

della guerra (egli scrive), la

insufficienza

che

serve al nutrimento
pastorizia
ci

cessa non appena


sviluppate.
di guerra:

agricoltura e

sono

pi

Ma
il

sopravviene con
possesso di rice difesa dalla
,.

una nuova cagione

chezze

La guerra

diviene ora rapina

rapina, e tale

in sostanza

rimasta fino ad oggi


righe la

Come
talit

si

vede
lo

si

rispecchia in queste

men-

stile

d'un uomo che


scrittore a

sa quel che dice e

dice chiaro quel che vuol dire.

Tornando
ancora
il

allo

cui

alludo, ne
le

chiarir

concetto fondamentale, con

parole da lui

(1)

Ethik uud materalistische Geschiclitsauffassung (Stuttp.

gart 1906)

101.

APPENDICE

INTORNO AL MATERIALISMO STORICO


"

275

usate altrove
derio

la radice della

guerra stava nel desimolti casi, nel

e si

potrebbe anche

dire, in

bisogno

determinato da uno scarso sviluppo delle

forze produttive, di vivere dell'altrui produzione, risol-

vendo con uno


nella durata,
il

sforzo,

presuntivamente minimo almeno


della vita
,

problema
ripete

(p. 208).
(le

poco

diversamente

egli

ancora una volta

tauto-

logie scusano presso questi scrittori le dimostrazioni)

che

"

lo

sviluppo

insufficiente

della tecnica

delle

forze produttive in generale

non permetteva
soddisfazione

di svol-

gere sino

alla

pi

amjjia

dei
"

propri

bisogni la produzione propria

che una

appro-

priazione violenta dell' altrui rappi'esentava, compara-

tivamente

ad ogni

altro

sforzo, la via di pii facile

escogitazione, di minore resistenza e di piti iimnediata


riuscita, (p. 151).

Dove
il

del resto

non

si

saprebbe mai
lo svi-

ammirare abbastanza
teva
l'altro

profondo concetto che


della

luppo insufficiente delle forze produttive non permet-

uno sviluppo

sufficiente

produzione

acutissimo che la guerra era la via di pi imdi cui si

mediata riuscita per acquistare ci


quasi
forti.

mancava:
i

che

sempre

pi poveri fossero anche

pi

istanza

La guerra, dicono dunque una rapina destinata cienza della produzione. Ora
patriottiche

socialisti,

in

ultima
insuffi-

a sopperire

alla

se ci vuol dire che le

idealit

etiche o religiose o le ambi-

zioni personali

da cui essa in apparenza risulta sono in

realt lustre che


dei popoli che

cuoprono

combattono
e

magari cagioni
le

agli occhi stessi


reali e

profonde,

quell'asserto

ha senso
"

ne ha importanza

la verifica.

Ma

se alla

specie di

ultima istanza si ricorre come a una Deus ex machina per trovarvi uno scampo a
di

fronte di ci che contraddice alla teoria: allora la teoria


stessa

rischia

non avere nessuna importanza, n

276

RICERCHE DI STORIA ANTICA


si

pure euristica, e
scientifica.

riduce in fondo ad una ipocrisia


trattare

Se nel

d'una guerra che non


n

stata

determinata

apparentemente

realmente
il

dalla sete o dal bisogno di rapina, per salvare


cipio
si

prin^

afferma,

senza

darne, ben s'intende, alcuna


etici

prova, che quei concetti religiosi o


bizioni a cui deve origine

o quelle am-

hanno
"

la loro radice in ul-

tima istanza nelle forze produttive insufficientemente


sviluppate
e

magari

nelle

ideologie

che,

formatesi
della pro-

come soprastrutture
duzione da secoli e

delle condizioni
secoli,

reali

son sopravvissute per forza

d'inerzia alle condizioni della j^roduzione che

han dato

loro l'essere: francamente se a questo

si

riduce l'asser-

zione che la guerra una rapina

di ricchezze cagio-

nata dall'insufficiente sviluppo


tratta di un'asserzione che
scienziati, di

di forze produttive, si
gli

non ha nessun valore per


qualsiasi

un pretesto
arbitraria

per mettere

nella

carta

il

nei'o sul bianco.

Perch, del
al

resto, prescin-

dendo

dalla

riduzione
,

generale e dallo

spiacevole

gergo
le

socialista

a nessuno ignoto che

molte volte tra


valenti

cagioni delle guerre sono state, pre-

solo

concomitanti, cagioni d'ordine econo-

mico;

n faceva d'uopo che alcuno scoprisse questa

verit notissima.

"

Senonch come diceva bene Paolo Guiraud (1), una generazione d" uomini si rende rarissimamente
,

conto

dell'ufficio

che adempie. Essa prepara l'avvenire,

ma

questo

avvenire
.

spesso

il

contrario di ci che
ri-

essa voleva

Sarebbe peraltro assai errato voler


effetti reali
le

cavare da ci che dagli

d'un avvenimento
reali,

debba muoversi nel giudicarne


che
queste

cause

o peggio
di

debbano

essere

della

stessa

natura

(1)

Etudes c-onomiqiies sur Vantiquitt' (Paris 1905)

p. 293.

APPENDICE
quelli (1).

INTOKXO AL MATERIALISMO STORICO

277
il

Per convincersene, conviene ricordare che

giudizio sulle cagioni di

un

fatto

non pu essere
con
fatti
il

se

non
di

un giudizio analogico fondato sull'esame delle circostanze


in cui

avvenne

e sul raffronto

cui

modo

prodursi cade sotto


Alla
stessa

la
si

nostra

esperienza
dall' eflPetto

immediata.
alla

guisa

procede

causa

anche nelle scienze

fisiche;

solo

in

queste pu darsi

spesso alla illazione analogica

non

ha, riproducendo per via di spei'imento


le

un rigore che in storia un fenomeno


circostanze che

ed eliminando successivamente tutte

non sono necessarie


questa
cause:

la

alla

sua genesi.
di

Ad
dagli

ogni

modo
alle

vera

via

risalire

effetti

quando si voglia da quel che tien dietro ad un avvenimento risalire a ci da cui esso
mentre
procede,
effetti,
il

si si

parte,

chi

ben guardi, dagli

effetti

degli

complica, anzich accostarlo alla soluzione,


la

problema. L'effetto di un terremoto


son

morte

di

parecchie decine di migliaia di uomini e la perdita di

parecchie decine di milioni di

lire:

fatti

d'ordine
fatto pu-

biologico ed economico che procedono da

un

ramente meccanico

si

sbaglierebbe d'assai

movendo
dalla

da questi per giudicare delle cagioni del terremoto e

non piuttosto dalla natura,


tano

dalla

intensit,

estensione, dalla durata della scossa.

le

cose

mu-

quando

le

forze fisiche

non abbiano

nel fatto

una azione
a caso da

cosi diretta

ed evidente o anche quando

esso proceda dall'opera dell'uomo. Se

un sasso tirato un giovanetto uccide un operaio e ne fa

rovinare nella miseria la famiglia, nessuno vorr con-

(1) Il

chiaro

Guiraud non s' mai sognato di dir ci e si vede quando cita, a documentare la sua asserzione, le

guerre di conquista dei


alla rovina della libert.

Romani che
al

li

condussero senza

che essi sapessero ne volessero

militarismo e per esso

278
fondere
la

KICEKCHE DI STORIA ANTICA


natura
dell' effetto

del

sasso

tirato

con

quella della causa,

un innocente capriccio
sia

di fanciullo.

Parimente
di

assai difficile

negare che la fine prematura


stata

Alessandro

Magno

grave

di

effetti

in

ordine all'assetto dell'Oriente


effetti

ellenistico;

ma

questi

son di natura affatto diversa dalle cause della


e

malattia

della

morte

del

grande Macedone. Cos


ai

pure della
Sicilia

guerra

mossa
effetto

da Cartagine
principale
il

Greci di

nel

410

fu

sorgere nel-

isola della

monarcbia militare
affatto

di Dionisio.

Or

certo,

prescindendo
sotto cui
la
si

dagli

"

ingannevoli
le

miraggi

possono dissimulare

cagioni dei

fatti,

causa reale per cui Cartagine mosse guerra

ai

Si-

celioti

non era ne poteva essere


sostituire
in
,

la

brama o

il

bisogno
delle

o r interesse di

Sicilia, al

posto

molte repubbli chette deboli

discordi e male armate,


allo

una robusta monarchia militare atta a l'esistere straniero come sarebbe privo di senso comune il
:

dire

che

la

cagione reale per cui


alla

.Francesi dichiararono
il

guerra nel 70

Prussia fosse

proposito di com-

piere e consolidare l'unit germanica. Per addurre

un
la

ultimo esempio,

la diffusione e

il

trionfo del

Cristia-

nesimo nellimpero romano fece


Chiesa

che s'arricchisse

merc

le

donazioni d'imperatori e di privati:


s

ma

sarebbe non solo erroneo,

anche ridicolo trovare


di

nella

mira

di conseguire le ricchezze

questa terra

r impulso consapevole o inconsapevole per cui, predicando la rinuncia a quelle ricchezze, Paolo ed i suoi

compagni
Chiesa
della
;

d'

apostolato prepararono la vittoria della

o peggio cercare per quella via la spiegazione

efficacia
e

che
della

ebbero negli
fede

animi

le

parole del
"

Nazzareno
forte della

operosa e inconcussa
(1).

pi

morte

ohe ispirarono

(1)

V' appena bisogno di dire che con ci non intendo

APPENDICE

INTORNO AL MATERIALISMO STORICO


effetti reali

279

Pertanto dagli

di

un avvenimento non
essi

pu indursi
cause
;

senz' altro
e

che

ad

somiglino
gli

le

sue

anzi queste,

non

soltanto

ingannevoli
al tutto

miraggi degli ideali


disformi da
tali

siibbiettivi,

sono sovente

eflPetti.

le

ragioni di ci sono sem-

plici e notissime.

L'una

nel fatto d'esperienza

im-

mediata
suo

della

dipendenza
:

scambievole

dei

fenomeni
il

psichici pi disparati

fatto che
e

non pu non avere


nella
storia.

riflesso nella vita sociale

L' altra

nella molteplicit delle serie causali (1).

Se per una

concatenazione di cause

d' effetti

del tutto indipen-

denti da quella concatenazione di cause e d'effetti per


cui avvenne
fosse
stata
citt
il

terremoto del 28 dicembre

1908

non

sul

luogo ove

la

scossa fu pi terribile
effetti del ter-

una

grande, ricca e popolosa, gli


le stesse le

remoto, pur rimanendo


stati assai diversi.

sue cause, sarebbero

Se per una concatenazione di cause

e d'effetti del tutto indipendente dal capriccio infantile

che

al fanciullo di cui

parlavamo
li

ispir di tirare

un

sasso,

non
di

si

fosse
1'

trovato

accanto

un

infelice

padre
forse

famiglia,

effetto del

giuoco sarebbe stato


un'allegra risata.

solo

quello di provocare

Se

per una concatenazione di cause del tutto diverse da


quelle cause
fisiologiche e climatiche
d'

che
in

determinagiovanile
il

rono

la

morte
dei

Alessandro

Magno

et
allora

non avesse avuto origine precisamente


impero

nuovo
Ales-

Macedoni in

Oriente, la
effetti

morte

d'

sandro sarebbe stata ne' suoi


schino aneddoto di cronaca.

pari

ad un me-

affatto di

negare che alla


E.

diffusione

del

Cristianesimo

possano aver contribuito ragioni di carattere economico.


(1) Cfr.

Meter Zur Theorie und Methodik der G-

sn-hichte

(Halle 1902) p. 17 segg.

280

KICERCUE DI STORIA ANTICA


iu

Adunque
fetti

generale

un

fatto storia

cagiona
solo

gli

efsi

che

realmente

ha nella

perch

verifica in

mezzo a circostanze, molte


efficacia

delle quali

non
sol-

hanno avuto nessuna

sul

modo

e sulla ne-

cessit del suo prodursi. In questo senso, e

non

tanto e neppure principahnente


ziale

per la totale o par-

inconsapevolezza in cui siamo o possiamo essere


e'

di

ci che realmente

induce a una data azione,


1"

vero che l'uomo prepara

avvenii-e senza rendersene


il

conto, anzi che l'avvenire spesso

contrario di ci

che esso voleva.


la

la

individualit o. che lo stesso,

importanza del fatto storico sta precisamente nelavvenuto


iu quel

l'essere

punto determinato del tempo

e dello spazio, nell'averne risentito la efficacia quegli

uomini determinati
preciso
disfatta

la

cui personalit
altra

riscontro

in

personalit

non avi' mai umana. Una


,

che prostri una grande

nazione

quali che

sieno le sue cagioni,

pu generare

in taluni

un senso

d'oiTore e di dolore per cui, perdendo ogni speranza


teiTena, cerchino
altri

scampo nell'ascetismo e nel misticismo pu indurre al suicidio; altri al fermo proposito


;

di

rigenerare

la

patria;

altri

estiinsecare la loro
il

profonda amarezza

e la loro

speranza o

loro dispealtri

rare del futuro in un'opera d'arte

poderosa;

odiare accanitamente

il

governo a cui a ragione o a


;

torto s'imputa la sventura

altri a inginocchiarsi vil-

mente
e

al vincitore

altri
i

a profittare del disordine per

arricchire, spogliando
i

morti o derubando

vincitori
vi fossero

vinti.

Se presso

il

popolo sconfitto non

stati

precisamente in quel
dei
mistici

momento non
si

dico
tali

gi
e

in

generale

o
,

dei ladri,
vili
,

quei
artisti,

quei

tanti mistici, patriotti

ribelli,

anarchici,

ladri, gli effetti della disfatta

avrebbero potuto essere


che ne potevano

diversi.

Ma

il

conoscere

le

cause della battaglia perduta

importa non per

gli effetti ipotetici

APPENDICE

IMTOKNO AL MATERIALISMO STORICO

281

nascere presso

un popolo
realt
,

ipotetico
in

bens

per quelli

che ha avuto in

ispecie se essi sono stati

di tal natura, .appunto per le circostanze reali tra cui


si

verificata e

indipendentemente dalle sue cagioni,


efficacia

da 'assumere una notevole


umanit. Cos
i

nella

storia della

Caldei potevano distruggere e di fatto

distrussero molte altre citt oltre


le stesse cagioni, la loro

Gerusalemme
il

per

superiorit militare,

bisogno

d'espansione e simili.
cattivit di Babilonia

Ma

la presa di Gerusalemme e la assumono quella importanza che

non hanno fatti analoghi dalla ripercussione che ebbero neir anima del popolo ebreo e per essa dalla loro
efficacia nella storia religiosa dell'umanit.
i

Parimente
citt

Galli incendiarono

distrussero

molte altre

oltre

Roma;

e invece di

Roma,

se

giungevano un paio
avrebbero forse

di decenni

prima

nell' Italia

centrale,

potuto con lo stesso successo

assalire Ve.

le

ca-

gioni della loro vittoria e della occupazione di

-Roma

furono
sina
e

le

stesse per

cui vinsero gli Etruschi di Fella


citt.

ne

conquistarono

Ma

la

battaglia

dell'Alila e l'incendio gallico e

con ci

la ricerca delle

loro cagioni e del

modo del loro accadimento mono una importanza storica che moltissimi fatti

assusimili

non hanno per la ripercussione che ebbero nell'animo dei Romani, pel proposito che ad essi inspirarono di
trasformare
i

loro

ordini

interni, per gli effetti che

questo rivolgimento interno ebbe nella storia di


e

Roma
valore

del

mondo.
ora
il

Ed
"ielle

lettore in

grado

di apprezzare

il

asserzioni racchiuse in questo periodo dell'opu-

scoletto citato (p. 14):


della
civilt

"Se dunque
della
civilt

il

pieno rigoglio

greca

romana usc dal

grembo degli avvenimenti maturati dalle guerre persiane e puniche, che accumularono nelle mani del
popolo vittorioso
le

energie e la potenzialit economica

282

r.ICEKCHE DI STOltlA ANTICA

dei popoli soggetti

e che resero

possibile

su quella

base di concentrata ricchezza l'erezione di un'elevata


soprastruttura
traverso
il

civile;

se cos,

bisogna cercare, at-

velo dei motivi accidentali e apparenti, la


della

pressione anche inconsapevole


istanza
;

causa in ultima
nell'insuffi-

e in niente la si trova

meglio che

ciente sviluppo delle forze produttive, che determina-

rono, sotto qualsiasi

ragione

apparente,
.

il

necessario

conflitto prima, l'assorbimento poi

Qui

vi

veramente
;

un

discreto
li

numero

d' inesattezze sia

e d'en-ori di fattC'
il

ma

lascer

da parte

perch

lettore colto

li

riconosce senz'altro da

s,

sia

perch non tanto vanno


si p

imputati allo scrittore quanto alla retorica da cui


lasciato prender la

mano.

Ad

ogni

modo
si

gli Ateniesi

dopo

le

guerre persiane ponendosi a capo della lotta dei


la libert

Greci per

contro la straniero

strinsero in

lega con quegli Ioni che avevano liberati dal dominio


persiano, e sul principio questa lega adoper nella lotta

contro

barbari

le

sue energie, poi, assicurata


gli Ateniesi

l'indi-

pendenza dei confederati,


vantaggio
teresse
e a

usarono a proprio

proprio arbitrio dei tributi riscossi nell'ine la lega si trasform in impero.


le

comune,

Non

qui

il

luogo di studiare

ragioni di questa trasforma-

zione. Certo ad ogni

modo

che la spiegazione del

ri-

goglio della civilt greca nel secolo


concentratasi
fecero
dei

dalla ricchezza
gli

per

lo

sfruttamento

che

Ateniesi

propri

alleati

non potrebbe
pi
scrittori

essere

pi

meschina, pi insufficiente e
che, secondo
l'

unilaterale;
,

e dire

uso di

siffatti

essa vien pre-

sentata

come
che

la cosa

pi sicura ed evidente.
invece

Agli occhi di ogni osservatore imparziale


evidente
in
gli
effetti

delle guerre persiane furono

buona parte d'indole assai pi elevata. La rotta del Gran Re, l'erede di tutti i potentissimi imperi orientali, diede ai Greci una fiducia illimitata in s, nella

APPENDICE
propria

IXTOKNO AL MATERIALISMO STORICO


nel proprio avvenire

283

civilt,

riemp special-

mente
di qui

di

baldanza e di coraggio quelle classi che con

la lancia e col
il

remo avevano guadagnato la vittoria: moto democratico che, indipendentemente da


il
il

qualsiasi sfruttamento e soprastruttura di sfruttamento,


si

propag vittorioso attraverso

mondo
moto

ellenico

di

qui, insieme col


il

moto

politico,

ideale per cui

pensiero s'apprest a scuotere

le

pastoie della tra-

dizione con la stessa ingenua e virile audacia con cui


i

Maratonomachi

avevano

combattuto

le

battaglie

della libert. Indubitatamente vi fu allora,


stretta attinenza tra

come sempre,
ed

fenomeni

politici, intellettuali

economici
ragioni

ed a ragioni economiche
fu

anche pi che a

politiche

dovuto

l'accentrarsi

ad

Atene
di qui

nella seconda

met

del secolo

della vita intellettuale

e della operosit

artistica

della

nazione.
e

Ma

trarre che lo sviluppo

intellettuale
si

politico

susse-

guito

alle

guerre
degli

persiane

presenti
e

come sopra,

struttura

effetti

economici

che perci quelle

guerre vadano spiegate con ragioni economiche


che una illazione arbitraria, un errore palese.

pi

Ma

del- resto

per scoprire

non c' bisogno di questo giro vizioso come e perch si siano iniziate le guerre
di esse

persiane. Di fatto le cagioni

debbono indubi-

tatamente cercarsi nella ribellione degli Ioni e soprattutto nell'intervento dei Greci della madrepatria a loro
difesa.

Con

la

deliberazione

degli Ateniesi d' inviare


e

venti navi

da guerra nella Ionia


la

per essa ebbe vir(1).

tualmente principio

grande lotta

Si

sarebbe

questa combattuta prima o dopo anche senza quell'intervento


?

Pu

darsi

bench non

se

ne veda la ne-

(1)

Herod.

97: aOxai hi

ai ve<;

pxn kokOv rvovrc

"EWriai T Ko pap^poiffi.

284
eessit, e

KICERCHE DI STORIA ANTICA


per quanto, se ritardata, avrebbe jDotuto asassai diverso.
le

sumere un aspetto

Ma

ad ogni modo

non dobbiamo rintracciare


gli Ateniesi

cause ipotetiche di guerre

ipotetiche, s le cause reali di guerre reali.

Ora perch
la luce del

intervennero

chiaro

come

sole

e persin l'autore di

queste pagine, nemico come

della luce, se

ne sarebbe avveduto se avesse pensato


"
:

a rileggere Erodoto

urbanamente
infatti
vi
il

il

critico

(p.

non dico a leggere concede 25). Secondo Erodoto (1)


per aiuto a Sparta,
s

ribelle Aristagora, recatosi

tenne un bel discorso

in

cui cominci
i

col dire

essere cosa vergognosa pei Greci che


della Ionia gemessero nella
frasi dette

loro congiunti
quelle

semt; ma dopo
le

per dare solennit alle sue richieste, venne

tosto al buono,

enumerando
Spartani

immense
che
se

dovizie

della

Lidia, della Frigia


facile

e della Siria

sarebbero state
e
se,

preda

degli

intervenivano

com'era naturale, vincevano,

accenn perfino

ai tesori

della capitale dell'impero, Susa,

prendendo

la

quale

Lacedemoni
chezza

avrebbero

potuto

competere per
anche

la ric-

con Zeus.

All'assemblea di Atene Aristagora


Alluse
lileto.
,

ri^jet lo stesso

discorso.

vero, alla

parentela

di

Atene

con

ma

questo solo in

linea sussidiaria. Volle in sostanza persuadere gli Ateniesi che

avrebbero fatto con la guerra un buon


a tale

affare.

Come
non

resistere

miraggio?
della

Il

popolo ateniese
per imFrigia,

esit

punto
delle

e sped nella Ionia venti navi

padronirsi

ricchezze

Lidia,

della

della Siria e dei tesori

di Susa.

Non
:

avvedendosi di

cosa tanto

palese,

chi scrive

ha

dimostrato aperta"

mente quanto

egli difetti di

due cose
,

il

senso stosi

rico e lo studio dell'argomento

(p. 19j.

Non

pensi

(1)

49-50.

APPENDICE
d'attenuare

INTORNO AL MATERIALISMO STORICO


valore
di

285

il

questo

racconto erodoteo

sarebbero
se

"

lambiccature di criticastro
riuscisse

(p.

26)

che

pur vi

si

quanto

ai particolari,

non

con

ci

menomata

la veracit sostanziale della pittura dei


i

sentimenti che mossero


Persiani.

Greci alla guerra contro

Mi sono indotto
bando perfino
sono scritte
,
,

riassumere

queste pagine, ser,

quanto era possibile


per
l'

il

gergo in cui

interesse storico che esse hanno,


d"

come documento
ripetere

cio

insuperata

acrisia.

senza

qui

ci

che

tutti

sanno intorno

alla genesi

della tradizione sulle guerre persiane quale si rispecchia

in

Erodoto

e alla

elaborazione

artistica

cui

Erodoto

la sottopose,

mi contenter di allegare le lambiccature con cui un criticastro non attenua gi il valore del di ci proprio non v' bisogno racconto erodoteo, ma dimostra che questo non ha valore alcuno.

"

Ci sia lecito di dubitare (scrive

il

criticastro) che

siano state fatte realmente le proposte o messe innanzi


le

speranze che Erodoto pone in bocca di Aristagora

proposte e speranze che possono bene essere con-

cepite nel

450-440

av.

Cr.,

dopo
;

vittorie prolungatesi

per una generazione sui Persiani

ma

che non hanno


a. Cr. (1).

nulla a fare con le condizioni dell'anno 502

Fino

alla battaglia di

Maratona

il

nome

dei

Medi

era

formidabile ai Greci, e gli Ateniesi sono vivamente e

giustamente celebrati come


darli

primi che osarono guar-

in
e
i

viso.

Discorrere

d'

una

facile

marcia sopra

Susa

suoi tesori e dell'impero dell'Asia al

tempo
aver

della ribellione ionica sarebbe stato riputato


di
follia.

una prova

Aristagora
gli

pu

assai

probabilmente

messo innanzi che

Spartani erano pi che degni

(1) Ossia,

secondo l'opinione oggi prevalente, del 499.

286
avversari
dei

BICERCHE
Persiani

1>I

STORIA ANTICA

sul

campo

di

battaglia,

ma

anche questo nel 502 sar stato ritenuto l'audace speranza di uno che chiede aiuto piuttosto che Fapprez-

zamento
si

di

un prudente osservatore

. Il

criticastro che
(1).

esprime in

modo
cvii

tanto insensato Giorgio Grote

Dopo
che
i

ci farei torto al lettore, se

mi

trattenessi ancora

sulle frasi

con

il

mio avversario vuol dimostrare


i

Greci non

potevano dal sentimento nazionale


loro fratelli nella lotta per

essere indotti a sostenere


la libert.

Esaminiamo
degli Ioni sotto

piuttosto
il

quali

fossero

le

condizioni
delle

dominio persiano. La prima


Erodoto
la

satrapie nell' ordinamento che Dario diede aU' impero

abbracciava

secondo

Caria,

la Licia, la

Panfilia e le citt greche della costa, comprese, s'in-

tende, le isole di Chio, Lesbo e

Samo.
Di

Il

tributo che

questa pi'ovincia pagava, era di 400 talenti babilonesi


d'argento
(di

kgr. 33,tOO)

all'anno.
citt

tale

somma

quanto fosse a carico delle


detei-minare
contribuirvi
;

greche non possiamo

ma
i

che in parte non piccola dovessero


i

Caii ed

Liei

si

pu desumere
i

dal con-

fronto con altri indigeni di quella regione,


coi Misi

Lidi che

pagavano non meno


ci

di

300

talenti.

Per giu-

dicare della importanza di questo tributo


di

un termine
gli Ateniesi

paragone
la

fornito

da quello che

circa

met

del secolo

riscotevano

dai distretti

ionico e carico della lega delio-attica^ per l'ammontare


di oltre

132 talenti euboici

(2) (di kgi-.

26,196) ossia

pi di 118 talenti babilonesi.

Ora

in

quel tempo la

(1) (2)

History of Greece part

II

eh.

XXXV.
'

Mi fondo
I

sui

computi
'

di U. Pedroli / tributi degli

alleati
fase.

d'Atene negli

Studi di Storia antica

del

Beloch

(Roma 1891)

p.

99 segg.

APPENDICE

INTORNO AL MATERIALISMO .STORICO

287

parte di gran lunga maggiore della i^rima satrapia era


tuttavia in

mano
;

della

Persia

e inoltre le ricche e

potenti isole di Ohio,

Lesbo

Samo non pagavano


risentii-ne

pi tributo

esse che pure se vi fossero state astrette

avrebbero potuto sborsare senza

danno una

somma non minore di


per 30 talenti.

Taso, la quale era tassata da sola


si

E
,

gli Ateniesi,

badi, presentandosi
far jiagare la

come
specie

liberatori

non potevano davvero

libert pi di quel che costasse la servit, a regioni in


la

cui prosperit

economica era venuta meno

dopo

la insurrezione ionica e jDeggio

dopo

che, liberate

dalla Persia, avevano dovuto interrompere le loro relazioni

commerciali

con l'interno
,

dell'Anatolia.

convien

dimenticare che

fuori

di quei distretti, Bi-

sanzio e Abdera, pur senza raggiungere probabilmente


nel

secolo

la

floridezza

che

ebbero

al

tempo

di

Dario d'Istaspe Mileto

e forse altre citt ioniche,

paga-

vano
della

agli

Ateniesi non

meno
il

di 15 talenti per cia-

scuna. Tenuto conto di ci,

tributo imposto alle citt

Ionia dai Persiani appare relativamente mitistanto

simo,
esso

pi

che

il

Gran Re dava
d'ordine

in

cambio di
gli

non

la sola sicurezza

da nemici esterni come

Ateniesi,

ma

vantaggi

economico

che

gli

Ateniesi

non potevano
che

assicurare,

mercio con l'interno.


gione per credere
Persiani c[uando
si

E non
il

il libero comnon v' alcuna ratributo fosse aumentato dai

merc

solo

sostituirono
fa

ai Lidi;

ma

anzi

la

sua relativa mitezza

ritenere che fosse conservato

per l'appunto tal quale.

Col tributo non s'esaurivano, vero,

le

prestazioni

finanziarie cui a fronte del re e de' suoi satrapi

erano

obbligati in via ordinaria o straordinaria

sudditi (1);

(1)

Su

ci V. in specie

E.Meyer

Geschichte des Alterthums

288

RICERCHE DI STORIA ANTICA


naturalmente
sia gli
altri

ma
ci

gravami,

per quanto non

dato misurarli con esattezza, erano, in ispecie

per citt che di diritto o di fatto godevano una tal quale autonomia come
minori.
le

citt greche,

di

gran lunga
sudditi

E anche
si

al servizio militare

dei

non

sembra che
nariamente
cosa
e

ricorresse dai Persiani se


(1);

non
i

straordi-

con moderazione

n trattavasi, pare, di
che
Lidi non
si

nuova, perch

impossibile,

valessero delle forze delle citt greche

alleate in mi-

sura tanto

piti

larga in quanto potevano assai pi dei


;

Persiani contare nella loro fedelt


spedizioni vittoriose
l'Egitto,
gli
il
,

e
alla

del resto nelle

come quella

conquista del-

bottino doveva esser tale da costituire per

ausiliari

un lauto compenso. Non era neppure


le

cosa nuova per


a cui
si

citt

greche
il

il

dominio
di tiranni.

di regoli,

dava dai Greci


i

nome
si

Di fatto
avevano
le

in alcune citt e a sostenere


i

Persiani

limitarono a riconoscere

tiranni e le dinastie che gi vi

dominio

(2);

altrove

possono

certo

aver favorito

III p.

79 segg. Per la prima satrapia v. Posseldt Quae Asiae mhioris orae occidentalis suh Dareo fuerit condicio

(Regimonti 1879)
sottoposti l'essere

p.

53 segg.

Non deve
le

dimenticarsi

che contribuiva ad alleggerire


in

il

carico cui gli Ioni erano

generale

due

provincie

della

Lidia e della Ionia con la Caria sotto un solo satrape risiedente in Sardi, v. Krumbholz De Asiae minoris trapis Persicift (Lipsiae 1883, diss.) p. 16 segg.
(1) (2)

Herod.

171. II

1.

Ili

1.

Meyer
si

op. cit. p. 69 seg.

Cos certo a

Samo

nel

Chersoneso.
fosse

Efeso sembra che la tirannide


al
I
il

Anche ad mantenuta fino

testi sulla tirannide nell'Asia

tempo dell'invasione persiana (Soid. s. v. 'ApiaxaYpac,). Minore son raccolti presso


Plass Ti/rannis
1"

(Leipzig 1859) p. 219 segg. 315 segg.

APPENDICE
usurpazioni

INTORNO AL MATERIALISMO STORICO

289
che

(1)

non abbiamo per prova


e

sicui'a

ci avvenisse

sempre

dappertutto; e
al

le

tirannidi ad
a. Cr. al

ogni modo, se ripugnavano intorno

500

senvi-

timento di libert che pel progredire della coltura

goreggiava presso

Greci,

se

perci
(2),

si

reggevano

soltanto col favore della Persia

non

solo in

masdelle

sima non danneggiarono per quel che sappiamo


citt e

ma
quelli

anzi fecero prosperare,

gli interessi materiali

particolarmente

delle

classi
il

popolari

meno
contro

favorite dalla fortuna, che erano


le

loro sostegno

ambizioni e
di tutto

le rivalit degli oligarchici.

Te-

non solo arbitrario il discorrere di decadenza economica della Ionia prima della ribellione, ma non si vede come e perch potesse
nuto conto
ci,

arrestarsene per questo lato

il

progresso, che era di-

venuto cos rapido sotto

Lidi (3): floridezza econo-

mica che
di

ci

confermata dalle abbondanti emissioni

moneta non meno che dalle contromarche impresse dai banchieri ioni sulle monete imperiali (4).

(1)

Ne abbiamo
:

notizia

esplicita per la

sola

Cuma.
d

Heracl. poi. 11
XetaBai

KOpoq KaTaXuaa<;

tiv iroXiTeiav laovap-

iroiriaev.

Una

lista

dei

principali tiranni

Herod. IV 138.
(2)

d'Istieo:

Ci dice esplicitamente Erodoto IV 137 per bocca J<; vOv fiv i Aapeov ^Kaorot; axuv xupav-

veei TTXiot;, Triq Aapeiou & uvd^uioq KaxaipeGeiorii;

ore

aTq
fifiXXov
(3)

|V\iXri<'i^v

oi<;

re Iaea9ai dpxeiv oxe fiXXov obva

oaiaujv |iouXnoea9ai yp Kdoxriv ttoXluv ri,uoKpaxt6a6ai


f|

xupavveueoBai.
fa,

Ne

Erodoto
(4)
1

28

almeno per Mileto, testimonianza esplicita Kox xv axv xpvov r\ MiXrixoq axt'i
:

X6 aiuxfiq [ndXiffxa n xxe K|uaaaa.

Babelon Trait des monnaies grecques


255 seg.

et

romaines

II

p.

Gr.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

19

290

KICEKCHE

DI

STORIA AKTICA
dei

La prudente mitezza

Persiani

verso

le

citt

suddite della Ionia non venne naeno neanche dopo la


loro insurrezione, quando, posate le armi e

domate

le

resistenze, si provvide a riordinare le regioni sottomesse.


"

Ecateo di Mileto, inviato dagli Ioni ambasciatore ad


(il

Artaferne

satrape di Sardi),

gli

richiese per qual


il

ragione diffidasse di loro; ed avendo


di

satrape risposto

temere che conservassero rancore per ci che avevano


:

sofferto nell'atto dell'esser soggiogati

se, disse

Ecateo,

l'aver sofferto danni rende infidi, l'esser trattati

bene

non far forse


la

le citt

grate ai Persiani? Accogliendo


alle citt le leggi e fece
il

proposta Artaferne restitu


fisso

quanto pot per rendere


posto
.

tributo
(1) si

ad esse imaccorda assai


(2).
il

Questa notizia
fece
agli

di

Diodoro

bene con
Il

altre date in tal proposito

da Erodoto

satrape

Ioni (secondo questo storico)

non

lieve beneficio di indurli a stringere scambievoltrattati

mente

commerciali invece di continuare a farsi


press 'a poco nella stessa
tra

giustizia con la forza e fiss, tenuto conto dei territori,


il

tributo
di

delle

varie

citt

misura

prima.

qui

noter

parentesi

che

l'apoftegma citato d'Ecateo non certamente un semplice

autosehediasma della fonte di Diodoro ossia di


Il

Eforo.

modo

di comportarsi dei Persiani

non poteva

infatti apparire in

una luce
di

cos benevola ad

un Greco

del secolo

IV pieno

profondo sentimento nazionale

come era, al pari del suo maestro Isocrate, lo storico Cuma. Inoltre impossibile che un simile apoftegma s'inventasse dopo le guerre persiane, quando la
di

(1)
(2)

25, 4.
le
,uv

Che
Tbe

introduce con questa frase caratteristica, VI


xPn^Ji^c

42:

Kapra

Toicri 'luuai

YveTO totoi>

ToO ^reoq.

APPENDICE
ribellione

INTORNO AL MATERIALISMO STORICO

291

degli
la

Ioni seguita alla battaglia di Micale

costituiva

pi palese smentita delle fallaci previ-

sioni attribuite

ad Ecateo. Scende da

ci,

che pel valore,

la data e la provenienza questo detto di

Ecateo

pari

agli altri, anch'essi


ascritti

pienamente fededegni, che


(1).

gli

sono

da Erodoto

Possediamo, oltre

la

testimonianze degli storici, un


e

documento insigne

della cura attenta

minuta che

Persiani rivolgevano al benessere economico delle regioni soggette dell'Asia Minore nella famosa lettera di

Dario d'Istaspe a Gadata

(2).

"

Io

ti

lodo (scrive

il

Gran Re) che tu

bonifichi la

mia

terra,

trasportando

nell'Asia anteriore la piante fruttifere che crescono al


di l dell'Eufrate, e perci

somma

gratitudine

ti

sar

retribuita nella casa del Re.


la disposizione

Ma

perch tu rendi vana


se

mia verso
ti
i

gli di,

diversamente
poich tu

dar saggio del

non ti comporti mio animo irato:


ad Apollo
(i

obbligasti

contadini sacri

(1)

Come

la notizia citata di Diodoro, cos sogliono


l'altra

critici

trascurare

ohe

le

segue

immediatamente

negli Excerpta Vaticana (X 26): yp Toiq TtoWof; iiap


(a torto corretto in

Kax

si

tratta dell'odio dei cittadini

verso

moltitudine dei non cittadini) tjv tioXitiLv -aeibx] YKpuTTT|uevoc; qpevoq Tv gjUTTpooeev xpvov Kmpv IXaPev, fiepouq EeppYn' ^i b ttv opiXoTiMiav xoq
la
,

hoXouc; ri^euQpuuaav

|ua\Xov PouX)H6voi
f|

toc, oKTOii;
T:f\c,

^e-

TobcOvai

Tf)<;

XeuSepiai;
si

Tot<;

Xeuepoit;

iroXiTeiac;

chiaro che ci

riferisce

rivoluzione che tenne dietro in

non gi a Mileto, ma alla Argo alla rotta ricevuta

presso Tirinto da Cleomene. Da ci possono trarsi varie conseguenze di non poca importanza, come cercher di

mostrare altrove.
(2)

des

DiTTENBERGER Si/Uoge r n. 2. E. Meyer Die Entstehung ludentums (Halle 1896) 19 segg.

292

RICERCHE DI STORIA AyTICA


ai

servi della gleba addetti

possessi d'un tempio del

dio) a pagare tributo e a lavorare terra profana, igno-

rando

la disposizione de'
la verit

miei progenitori verso


.

il

dio

che tutta
ci

dice ai Persiani
e

Questa lettera
sfruttamento

mostra anche peraltro come

perch riuscisse odiosa

agli Ioni la signoria persiana.

Non uno

economico che non


teriale a torto

si

efifettu,

di

immaginato dai maggior benessere materiale che

non un malessere mamoderni, non il desiderio


la

liberazione dalla

Persia non poteva dare e non diede, e molto

meno

la

brama

delle ricchezze di Babilonia o di Susa, che safollia,

rebbe stata pura

ma
i

cagion

la

insurrezione la

sete di libert per cui

Greci non potevano adattarsi

a sottostare all'arbitrio d'

un principe straniero
del quale

de'

suoi servi,
s

d"

un principe a fronte

avevano

disinteressate,

una guarentia nelle sue innegabili, e non del tutto buone disposizioni verso i sudditi, ma non in norme di diritto riconosciute per mezzo di
Greci, e
le testi-

trattati (1); poich era concesso ai

monianze
secondo

citate

dimostrano che

tal

concessione rimase

in vigore anche
le

dopo

la

insurrezione ionica, di vivere

loro leggi;

ma

anche

questa facolt non


diritti riil

era fondata, fatta eccezione per Mileto, su conosciuti

per

mezzo

di convenzioni,

che s'avesse
al

modo

di

difendere

con la forza, come era

tempo

dei Lidi,

ma

unicamente sul beneplacito del Re.

per

questo e per la profonda diversit di costumi, di coltura e di religione, pel contrasto nazionale

insomma

non attenuato da diuturne relazioni d'amicizia e di commercio quali s'erano avute coi Lidi, tra la signoria dei Lidi e quella dei Persiani v'era pei Greci una
differenza profonda che ci mette materialmente innanzi

(1)

Herod.

UI.

169.

APPENDICE
agli ocelli

INTORNO AL MATERIALIS5I0 STORICO


confronto
le

293

il

simile

a tutte

siano con la

ti'a la moneta aurea di Creso monete elleniche (1) e il darico persua superba impronta barbarica del Gran

Re armato
insorgere;

d' arco.
e,
il

Da

ci

furono
di

gli

Ioni indotti ad
la

vinti,

invece

ricuperare

libert,

perdettero
disperata
rili,

benessere
le

economico.
,

Ma

la

loro

lotta
ste-

loro
il

sventure

lungi

dall' essere

ravvivando
degli
il

sentimento
contro
i

nazionale prepararono
Persiani e la
vittoria

l'unione
e

Elleni

con essa

rigoglio della civilt greca.


si

tamente non
scoletti

scrivevano
si

allora in

Che fortunaAtene sozzi opula

in

cui

deridesse
dirette

come romanticismo
a
la

preparazione di guerre
e
le

difendere la libert

la

nazionalit anzich a riempire

pancia di chi

combatteva.

rattere

Le guerre puniche non nacquero da impulsi di cacos ideale come quelli che cagionarono le
persiane
;

guerre

tuttavia

V intervento dei Romani

in Sicilia che le

determin non ebbe punto per


il

mo-

tivo la sete di sfruttamento dove secondo

materia-

lismo

storico, nella

forma brutale

in

cui sovente

professato, va cercata la cagione delle guerre antiche.

qui con

levato alte le grida perch

una inconseguenza stridente, dopo aver io, fondandomi sulle sue diil

chiarazioni esplicite, gli attribuisco codesta tesi, dimostra poi col fatto
gliela,

contraddittore

che,

attribuendole

ho inteso a

dovere

il

suo libro e che


,

sue
so-

proteste sono al tutto infondate. Perch

dopo aver
tesori

stenuto che gli Ateniesi, intervenendo con venti navi


nella

Ionia,

miravano

conquistare
Siria
e

della

Lidia, della Frigia,

della

di

Susa, cerca di

(1)

Babelon Tratte des monnaies

li 1

p.

227 segg.

294
dimostrare

RICERCHE DI STORIA ANTICA


che
i

il

movente immediato
guadagni che
il

della

guerra

panica fossero
si

lauti

popolo l'omano
Sicilia.

riprometteva dal suo intervento in

se ne

sarebbe avveduto a suo giudizio chi scrive se avesse


riletto

Polibio

"

non vogliamo
il

dir letto

concede
il

anche qui generosamente


(scrive infatti Polibio)

critico (p. 30).

"E

senato

posta dell'alleanza
test
;

non vot definitivamente la procoi Mamertini per le cagioni dette


i

poich pareva che la sconvenienza dell'aiutare


ai

Mamertini facesse contrappeso


rerli.

vantaggi del soccordalle


di

Ma

il

popolo,

danneggiato

guerre
ristoro,

pre-

cedenti e bisognoso di ogni

maniera

met-

tendogli

innanzi
il

consoli, insieme
la

coi vantaggi che


allo

secondo
il

gi

detto

guerra

recava

Stato,

beneficio grande e manifesto

che

ne sarebbe

toc-

cato

privatamente
.

ciascuno, deliber di concedere

l'aiuto

Ora

che,

dopo

saggi

di

metodo da

lui

dati,

il

mio avversario
tica,

faccia bene

astenendosi dal sottopoiTe


cri"

questo passo ad una sia pur superficiale analisi

ben
ed

naturale
,

ed

anzi

degno

di lode:

materialismo storico. Che pi? Non rimane che fare un atto di fede. Esaminando peraltro il passo di Polibio,
scritto

o pare, conforme alle dottrine del

facile dimostrare

che esso, per la questione che


stesso

ci

preoccupa
di

ha

lo

valore

di

quello gi

citato

Erodoto, ossia non ne ha nessuno.

Ne

anzitutto

evidente la tendenza.

La

deliberazione

definitiva in-

torno

all'

alleanza ed al soccorso spettava al popolo,

n poteva esser presa dal solo senato.

Fu

seguita in

questo caso la procedura usuale e legale; e nel metter


ci in rilievo e

come
si

se si trattasse di cosa straordinaria

come

se al senato

non potesse perci imputarsi


vede chiaro
alleanza
il

la

risoluzione presa
dalla

proposito di lavare
i

macchia

dell'

mamertina

senatori e

APPENDICE
darne
il

INTOENO AL MATERIALISMO STORICO


al

295
(1).

carico

popolaccio e

alla

sua avidit

E pure che
il

avesse a l'isponderne per la sua parte anche


:

senato chiaro

non

si

tratta gi d'iniziativa presa


di propria

dai comizi

merc una proposta presentata

autorit dai tribuni della plebe;

ma

di

proposta messa

solennemente innanzi^ certo


consoli.

d'

accordo col senato, dai


essersi parlato nei

v'

di

pii:

non pu
effetti

comizi della guerra e de* suoi


trattavasi
ferta

presumibili, perch
l'

semplicemente
citt libera
;

di

accettare
il

alleanza

of-

da una

che se
agli
il

pericolo di guerra

doveva
senato,

apparire

chiaro

occhi dei consoli e del

pur evidente che


il

mettere

il

popolo

sul-

l'avviso era

modo proposta alleanza. E


il

pii

sicuro per fargli respingere la

del resto, se divisamenti di guerra

fossero stati manifestati apertamente

nei

comizi,
dei

ap-

parrebbe insensato

modo
:

di procedere
il

coman-

danti cartaginesi a Messina


dalla loro titubanza

quale

si

sjjiega solo

rispondere dinanzi al governo

cartaginese d'una guerra con

Roma. Ci

risulta tanto

pi chiaro alla luce dei cenni di molta importanza che


si

hanno ora su quei

fatti

da un frammento vaticano

pubblicato non ha guari


il

(2).

Ed

poi singolarissimo
al

ragionamento attribuito

da

Polibio

popolo ro-

mano:

ridotto in distrette dalle guerre precedenti, che


(e

pure avevano avuto esito fortunato

deve intendersi

soprattutto dalla guerra di Pirro), esso sperava ristoro

non gi
piccole

dalla pace

e dal godersi
fatte,

sfruttare le

non

conquiste

ma

da un'altra guerra che,


d'intelligenza

senza

acume

singolare

spirito

(1)

Ihne Rom.

Geschichte

\-

32

n.

1.
i

Vedi anche sul


dubbi del Meltzer

valore storico del racconto di Polibio


Geschichte der Karthayer II p. hhh.
(2)

VoN Armim

'

Hermes

'

XXVII

(1892) p. 121 seg.

296
profetico,

RICERCHE DI STORIA AXTICA

della guerra di Pirro.

doveva presumersi non meno aspra n lunga Quale invece potesse essere per
sentimento
si

davvero
terminata

il

del

popolo dopo una vittoria


cui,

aspramente contesa
la

vede dalla riluttanza con


,

seconda guerra punica

s'

indusse

a di-

chiarare guerra a Filippo di Macedonia, sebbene, vinto

Annibale, ogni altro avversario dovesse parere ai Ro-

mani

facile a superare.

Certo, sconfitti
lerone,
i

presso

Messina

Cartaginesi e re
s facile
i

Romani, vedendo giacere dinanzi a


Sicilia

preda

la

con

le

sue opulente citt e

suoi

campi
s'inizi

coltivati

ove nulla pi impediva di far bottino,


profittare della loro vittoria.

non ebbero ritegno a


imperialismo.

E
il

cos fatalmente quello che noi

diremmo

il

loro

Ma

nel

264 questa piena

vittoria ed

dissolversi dell'alleanza tra Cartagine e Siracusa e gli


effetti

che

ebbe

non potevano
si

davvero

prevedersi,

quando neppure

s'era formata la lega che in quella

battaglia fu vinta; e molti

saranno persino dati a

credere che potesse evitarsi, nonch la guerra con Siracusa, anche quella con Cartagine.
chi conosca
di Polibio
i

quindi evidente,

primi elementi della

critica,

che la fonte

con una anticipazione analoga a quella di


d'

cui s' reso colpevole Erodoto nel discorso

Arista-

gora, giudic delle cagioni


de' suoi
effetti.
,

della
far

guerra alla stregua


diversamente

N poteva
Polibio

Fabio

Pittore

cui
egli

qui

senza

dubbio
nel

attingeva,

scrivendo
fatti,

pi
delle

di

due

generazioni
dette

dopo quei
senato e nel

senza che
si

parole

comizio

avessero

rendiconti

fededegni,

quando
Cartagine

insi

torno alle cause vere delle


disputava, mentre gli
di tutti.
effetti

guerre con

n'erano visibili agli occhi

E
dover

con

ci

sono al termine
il

perch non credo di

sesruire

critico

nelle sue elucubrazioni sulla

APPENDICE
schiavit

INTOENO AL MATEPilALISMO STORICO

297

nel

mondo
:

antico

sulla

decadenza delrender ragione

l'impero

romano

il

lettore che

ha studiato con attensi

zione le dimostrazioni

precedenti

facilmente del mio silenzio.


detto a tal

Quanto a ci che ne ho proposito brevemente e di passaggio io,


sinonimo di nemico
,

che cio la schiavit sorse per effetto della guerra e


nell'et in cui straniero era la
e

che

lunga pace

infiacchendo gli animi

contribu alla

decadenza dell'impero, son cose troppo evidenti perch


sia necessario d'allegare la

opinione
;

di

valentuomini

che hanno scritto e scrivono lo stesso


se

poco importa
scritti di

dalla sua

non simulata ignoranza


il

degli

questi valentuomini trae partito


e ingiuriarmi.

critico

per deridermi

Mi
le

limiter quindi ad illustrare ancora con


il

un paio
primato

d'esempi

suo metodo
i

la

sua dottrina. Dissi che


il

gueiTe con cui

Romani conquistarono

d'Italia tra l'incendio gallico e la

prima punica furono

determinate dalla lotta per l'esistenza.

E prima
si

do-

manda burbanzosamente
del periodo

il

contraddittore. Se

tratta

immediatamente precedente,

per

quanto
il

ne sappiamo poco, possiamo certo congetturare che

movente deUe guerre fosse


antico,

lo stesso. Pel periodo pi

lascio

ai

romanzieri

d'indicare la cagione di
se,
il

guerre di cui non sappiamo neppure


avvenissero.

come

quando
innanzi

Ad

ogni modo, oppone


nel

critico, la lotta

per l'esistenza
tutto
la

suo
per
l'

significato

biologico

lotta

appropriazione degli elementi

necessari alla vita, e perci, per la specie

umana, una

funzione dello sviluppo delle forze produttive.

questo,

come

si

vede,

un

ridicolo

sofisma verbale, fondato

sopra una definizione, del resto insufficiente, della lotta


per la esistenza nel suo significato biologico. Si tratta
invece nel caso nostro dell'esistenza d'uno Stato

come

potenza indipendente, la quale pu anche cessare senza

298
che
ai

RICERCHE DI STORIA ANTICA


cittadini

manchi nessuno
stata superata

degli elementi neces-

sari alla vita:

prova Napoli che guadagn in benesda

sere

dopo essere

Roma

nella lotta

per l'esistenza come Stato indipendente.


il critico anche in un altro un errore pii grave di tutti quelli che ho enumerato presi insieme. Dissi che " se un popolo ne soggioga un altro di civilt diseguale, si determina tra vinti e vincitori uno scambio di elementi di civilt . Con uno stupore profondissimo, che non neppur qui simulato, mi scaglia a tal proposito il contraddittore non pi a una a una, ma a fasci, le sue

Ma

incorre dopo ci
:

errore

frasi

ingiuriose, circondandone
,

la

sua obiezione mi-

rabile di profonda ingenuit

che non

pu avvenire
elementi di
ci-

scambio tra chi


vilt,

civile, e

quindi ha
e

e chi

non

civile

quindi non ne ha. Qui,


sofisticherie verbali, egli

prescindendo

dalle

ridicole
il

mostra

di
d'

non avere
elementi
di

pi
civilt

lontano
tra

sentore

dello

scambio

Greci e Orientali

dopo la conquista dell'Oriente per opera d'Alessandro Magno, scambio che si continu dopo la conquista romana e s'appunt in quella orientalizzazione dell' impero romano che uno dei fatti capitali della
storia
antica.

dimenticata

parimente

1'

efficacia

della civilt
tale (1)
;

romana

sul pi civile

dimenticato

mondo greco-orienquanto i Romani traessero,


Germani. Sono in sostanza
il
i

bene o male, opportunamente o inopportunamente, dai

meno
fatti

civili

Celti, Iberi e

pi importanti della storia antica che

mio con-

Cfr.

Osten (Leipzig 1906). L. Mitteis Reichsrecht

Hahn Rom und Romanismus im griechischen und Volksrecht

(Leipzig 1891).

APPENDICE

INTOKKO AL MATERIALISMO STORICO

299

traddittore ignora.
la

dopo

ci

ben pu perdonarglisi

il

disgustosa virulenza degli assalti che muove, e non

soltanto contro di

me: poich

solo

modo

in cui,

senza addarsene, a

me

ed

ai

migliori di me, egli

pu

rendere onore.

ni.

A'

MIEI ;CRITICI

IX.

In difesa della critica.

Attilio

De Marchi,

in

una sua nota

intitolata

DI

alcuni criteri critici seguiti nelV indagine della storia

romana

(1),

ha proposto varie obiezioni

e restrizioni

ai criteri cui

mi sono attenuto
s'

nella Storia dei

Romani
pre-

analizzando la tradizione.

Ma

forse

il

critico cortese

ed erudito

non

indugiato

abbastanza
la

sulle

messe da cui scende, a mio parere,


quei
criteri.

legittimit di

le

premesse son queste, che ho svolto

nel primo capitolo del


tore s'accinse

mio

libro.

Quando Fabio
a

Pit-

per primo,

intorno al 200,
gli

scrivere

una

storia

di

Roma,

oltre

scrittori greci

che gli
notizie

fornivano

miti contraddittori sulle


di

origini

scarsissime e piene
secoli di
coli

favole per la storia dei primi


valersi per quei se-

Roma,

egli

non poteva

che di pochi documenti fededegni e di tradizioni

orali fissate solo in parte dall'epopea popolare.

Che

(1)

Rendiconti

dell'Ist.

Lombardo

'

serie II voi.

XLI

C1908) p. 270 segg.

304
documenti per

a"

miei critici

l'et anteriore al sec.

sissimi detto dagli

antichi

in

IV fossero scarmodo esplicito. Ora


se
la

pu

dubitarsi, e ne dubito anch'io,

cagione di
all' inil

questa

scarsezza vada recata, com'essi dicono,

cendio gallico.
stesso che
i

Ma

quale che ne sia la cagione,

fatto

docuinenti erano pochi, non pu in alcun

modo

revocarsi in dubbio:
altri faccia

non
cose

si

tratta d'induzioni

che Livio od
d' affermazioni

intorno
a

cose

passate,
(2).

ma
di

intorno

presenti

Queste

affermazioni

hanno poi piena conferma dall'esame


narrano per
di
l'et
le

ci che Livio e Dionisio


sec.

regia e pel

V. Di fatto

citazioni

documenti

come

il

trattato cassiano o la iscrizione della


nelio Cosso sono

corazza di Corsi

ben rare;

qualche volta

allegano

documenti senza dubbio


certamente

falsificati.

Cosi aiDOCiife eran

le registrazioni dei

censori anteriori al 390,


statistici;

come

si

desume da argomenti
mitici

ed era apocrifa

ne' suoi principi la lista

dei trionfi, in cui

compaiono
quali

personaggi

come Romolo.
il

Siffatte falsificazioni
i

avevano gi svegliato

sospetto degli antichi,

non nascondono

loro dubbi sulle notizie che

si

pre-

tendeva di ricavare dai commentari dei


periodo anteriore al

iDontefici pel

IV
:

secolo.
e

Tutto
peterlo

ci notissimo

non mi
ai

sarei indotto a rise


il

ancora

una volta
di

lettori

De Marchi
sottratti
'

non tornasse
dazione

a parlare

archivi
(p.

preziosi

senza fatica all'incendio gallico


ufficiale, sia

283) e di una

re-

pure sommaria, di
(p.

atti, ininterrotta,

bench lacunosa
serzioni siffatte

284) pei tempi precedenti. As-

non

solo paiono arbitrarie,

ma sono in
il

palese contrasto con le testimonianze sul difetto di do-

cumenti

anteriori al 390. Pare

al

De Marchi che

(1) Liv.

VI

1,

2.

Plut. Nuni.

1.

IN DIFESA DELLA CRITICA

305

popolo
foro

che

incideva

le

quattro faccie del cippo del


di tali archivi
;

non potesse mancare

questo

contrapporre
di

alle asserzioni esplicite delle fonti ragioni

vaga verisimiglianza. N proprio saprei vedere qual


quella
iscrizione e
i

nesso vi sia tra

pretesi
state,

archivi.

Altre iscrizioni simili certo vi saranno

ma non

abbiamo nessuna ragione per credere che fossero molte


e

anche meno per negar fede all'asserzione delle fonti

che se ne conservassero poche. Che anzi l'essere stata


l'epigrafe del cippo mutilata in

modo da

divenire

il-

leggibile sin dal II sec. av. Cr. e fin d'allora probabil-

mente nascosta sotterra mostra con un esempio palpabile come i documenti autentici sparissero, mentre
se

ne venivano fabbricando di apocrifi.


Pertanto, sebbene
si

conservasse qualche lista di ma-

gistrati,

qualche legge, qualche trattato, qualche detradizione


storica
scritta

dica,

d'una vera e propria


regia e pel

per

l'et

sec.

alla tradizione orale, essa

non pu parlarsi. Quanto non poteva ovviai-e a tal

difetto

che in misura assai limitata.

Dopo

tante

ri-

cerche sulle leggende medievali e sul folk-lore, nessun


critico serio

pu

esser disposto a dare grande impor-

tanza per la ricostruzione della storia romana antichis-

sima a quel che dalla pura tradizione orale poteva

desumere due
tore.

secoli
il

dopo l'invasione
riguardo
alla

gallica

Fabio Pitdel con-

vero che

De Marchi par persuaso


cortesia

trario.

Ma

solo

per

da

lui

dimostrata m'induco a seguirlo su questo terreno, seb-

bene in verit non vi


Il credito

sia

qui materia di discussione.


tradizione orale
s

che egli d alla


a
a'

smi-

surato da indurlo
dire

chieder persino

che

cosa potr

un

critico,

uso

metodi oggi prevalenti, tra due da

mila

anni, quando, distrutte le fonti


si

una nuova
Murat, dei
20

barbarie, gli venga assicurato che

ripeteron a poca

distanza d'anni
G.

tentativi

come

quelli del

De

Sanctis, Per la scienza

dell' a?itic7iit.

.306

a'

miei critici

fratelli
il

Bandiera

e del Pisaeane.
ti'a

Ma

pensa sul serio

De Marchi che

due mila anni, quando vadano


persino consei'var ricordo

smarrite le fonti scritte, possa la tradizione orale tener


distinti quei tre tentativi, o

non troppo
Se
cos
,

sbiadito n falsificato d'un solo tra essi ?


egli

non ha esaminato oralmente, credo,


risorgimento italiano. Provi,

nessuno sulla storia del


e vedr che
le

persone colte, prese alla sprovvista e


scritte
,

impedite di ricorrere a fonti


di

sapranno assai

rado distinguere tra

la
:

spedizione dei Bandiera e

quella di Carlo Pisaeane

e le

persone incolte mostredi Vit-

ranno d'avere un ricordo assai confuso persino


torio

Emanuele
I,

IT o di

Giuseppe Garibaldi.
gli

se gli

avverr in Francia d'interrogare su Napoleone

uomini del popolo

risehier d'ottenere,

come

s' visto

da

inchieste recenti, le risposte piti bizzarre e pi errate, a

smentire

il

poeta che aveva vaticinato (oh

fallaci

previsioni dei poeti!):

On

parler de sa gioire

Sous la chaume bien longtemps.

Del resto che cosa mai sapremmo intorno


di

alla storia
ci

Roma

se,

invece delle fonti antiche, non

fossero

state trasmesse che le fandonie medievali su

No che
che

fond

Roma

o su

Romolo che combatt contro David ?


mancasse
la letteratura antica

Eppure, quando

ci

riduce quelle fole al nulla, sarebbe

facile a

dioso uso ai metodi che paiono preferiti

uno studal De Marchi


che
tutto ci

d'osservar gravemente a

difesa

della

tradizione

non

giusto

"

il

sospetto

diffidente verso

che porta impronta di poesia, di meraviglioso, di eccezionale,, perch


cezionale,
il
"

di

meravighoso,

di poesia, di ec-

non manca

nella realt della storia, e cercare

vero non dev'essere distendere un grigio uniforme

che s'adatti all'ambiente d'una biblioteca. Anzi l'assur-

IN DIFESA DELLA CRITICA

307

gere della potenza di

Eoma
e
l'

cos per s straordinaria

cosa nel suo complesso grande che par naturale


e

che

la realt poetica,
,.

eroico

l'eccezionale

vi

abche,

bondi

Anche pi agevole poi sarebbe sostenere


alla leggenda,

conforme
esercito

Fiesole
e

fu

distrutta

da un

comandato da Cesare

da Cicerone,

e Firenze,

incenerita da Attila, fu riedificata da Carlomagno. Qui


il

critico

idei

avrebbe modo d'osservare, seguendo criteri De Marchi, che il ricordo del giorno pauroso della
i

distruzione poteva essere stato affidato dai Fiesolani e dai Fiorentini superstiti ai figli e da questi ai figli

che trattasi d'immagini che possono trase incancellabili per molte generazioni, cos come vive e incancellabili sono per chi stato
figli,

dei

mettersi vive

spettatore dei fatti. Ma in conclusione, quando provato che. la tradizione orale non va esente da errori
assai gravi, e
ziali

dei racconti,

non nei non

particolari,

ma

nei punti essen-

so se

il

raccogliere tranquillafatti

mente come storia una tradizione orale rispetto a


anteriori
di

qualche

secolo

possa

conciliarsi

con

la

scienza e la critica.

Maggior valore
che
epici
il

della

pura tradizione orale ha quella

tradizione che fissata per

mezzo

della epopea.

vero

ammettere earmi tramandati oralmente per lungo decorso di anni.

De Marchi par non

voglia

sa che carmi finnici, le cui origini risalgono sino al secolo, non sono stati raccolti dalla bocca del popolo se non nel secolo XIX (1); e la epopea stosi

Ma

IX o

rica serba,
e le

che

ha per tema

la battaglia
(sec.

di
s'

Kosowo
comin-

guerre del principe Marco

XIV),

(1)

V. sul Kalewala le osservazioni ed


'

il

riassunto del
ser

CoMPARETTi
voi.

Mem. dell'Accademia
(1890).

dei Lincei

Vili p.

IV

308
ciata

A.'

MIEI CRITICI
iscritto

fissare

per

solo

nel

sec.

XVII

ed

anch'essa solo nel stata raccolta compiutamente in cui si conserva resto del serba epopea XIX (1). La s'altera e trasma Kosowo, di rotta della il ricordo mostra con Marco, principe del immagine la figura e quanto fonte questa anche usata vada cautela quale
sia

delfuor di luogo qui come sempre l'avventatezza l'affermare o del negare (2).

annalisti roTali erano pertanto le fonti di cui gli ci danno Dionisio mani disponevano. Ora se Livio e

cionondimeno per la storia di Roma anteriore cendio gallico un'ampia narrazione prammatica,
giustificato
il

all'in-

ben
sia

sospetto che questa per la pi parte

costituita d'induzioni e di falsificazioni.

certo infatti

orale, nessun che nessun documento, nessuna tradizione a Dionisio di e Livio a permettere poteva carme epico

narrar la vita

politica

con

tanti particolari e

d'Appio Claudio il decemviro con tanta sicurezza quanta forse


del Crispi o del
diffusi di sedute

non oserebbe dimostrare un biografo Cavour. E non solo troviamo resoconti

capiparte che son del senato e di conciliaboli privati di ma incredibile la sisenza dubbio pure invenzioni;

curezza con cui nelle guerre tra

piccoli Stati italici

tutta tranquillit di trenta si parla a ogni passo con o fatti prigionieri sa caduti uomini o di sessantamila

campo

di

battaglia

si

vedono,

dopo

disfatte

di

Hoinet V. su di essa un cenno succoso presso Drerup segg. 24 (Miinchen 1903) p. l'elt freno efficace alla tendenza ad esagerare
(1) (2)

Un

mento

carmi epici pu trovarsi (anche se non ne paiono accettabili senzi Bdiek Le qualche temperamento) nei due volumi di J.
storico dei

concetti fondamentali

des chanson lgendes piques. Eecherches sur la formation

de geste (Paris 1908).

IN DIFESA DELLA CRITICA

309

questo genere, tornare prontamente a combattere trib


che forse non avevano neppure tanti uomini
armi. Scende da ci che nella
tizie

atti alle

immensa congerie
adoperarsi
se

di no-

tramandateci non possono


antichissima

per rico-

struire la storia

non quelle che con

certezza o con probabilit risalgono a documenti autentici o all'epopea popolare, tenuto conto, s'intende,

del
;

valore

diversissimo

di

queste

due

categorie

di

fonti.

Mi par
bisogno
questa
d'

cos d'aver giustificato la

fidenza a fronte della tradizione.

E
il

c'

mia prudente difquindi appena


in

una

difesa

nei

casi

particolari

cui

di

diffidenza

mi rimprovera
i

De Marchi. Ad
del 407 tra

esempio, ho messo in dubbio

negoziati
si

Eomani

e Veienti

"

di cui

non

vede come potesse

essersi conservata

posito chiede

"

se

memoria . Il De Marchi a tal proun Romano di quel tempo, vii-i

vendo, non avrebbe ragione di meravigliarsi della nostra


diffidenza
.

Romano
non
si

del 407, io veramente

Ora che cosa penserebbe, rivivendo, un non so; so che di una


o

diffidenza su quel particolare

su

particolari simili

sarebbe meravigliato
il

al

suo tempo neppur Tito


proposto
il

Livio,

quale,

chi gli avesse

dubbio,

avrebbe confessato, come in casi analoghi, che d'accertarsi

non v'era modo:

cura

non

deesset si

qua ad

verum via inquirentem ferrei: mine fama rerum standum esty uhi certam derogai veiustas fidem (1). Parimente io
scrissi

non essere improbabile che


V.
Il

si

conservasse do-

cumento o ricordo della introduzione del soldo sulla


fine del sec.

De Marchi

dice che

non v'ha dubbio


par pi desunta
detto,
i

che

si

conservava;
che

ma

tal

sicurezza

da fede

da

scienza

se,

come

s'

ricordi

(1)

Vn

6,

6.

Cfr. la

mia Storia

dei

Romani

38.

310

a'

miei critici

degli anteriori all'incendio gallico erano, a confessione pere se autentici sempre non antichi, scarsissimi e

sino del proprio

tempo

dice Cicerone, e sia pure esa-

gerando:

publicis

literis

consignatam metnoriam pu-

hlicam nullam habemus

(1).

lo stesso

il

caso pei
critici,
ri-

censori del 443, che, d'accordo

con molti

tengo essere

stati inventati dagli annalisti (II, 59). Il

De Marchi

dice

che

poco verisimile. Or quando


che
le

matematicamente dimostrato

tavole

censorie

anteriori all'incendio gallico son false, dalla vanit famigliare ci avvisa che sono stati inventati
falsi trionfi e falsi

quando Cicerone

consolati,

il

dichiarare poco verisi-

di due censori, senza mile la falsificazione dei falsificazione supquesta cui vagliare le ragioni per

nomi

posta, dare alla tradizione


di quella che
la riportano.
le

una fede

assai

maggiore

era attribuita dagli antichi stessi che

Ma
per
si

se

il

diffidare

della

tradizione

pu
il

giustificarsi

l'et regia e pel sec.

V, non passa
dei fatti
di

seguo quando
"

protragga
il

all'et delle

guerre sannitiche?

Perch

(mi chiede
nel

De Marchi)
il

avvenuti in

Roms
il

321

dopo
il

disastro

Gaudio, Fabio Pittore


viv(

nato verso

254, non pot, giovinetto, sentire

al terror( racconto da qualche vecchio contemporaneo impos none ma facile, molto di quei giorni? . Non sibile

potevi che Fabio ricordasse quel che, decenne, qualch da del 321 avvenimenti agli intorno avere udito affatt vecchio d'ottanta o di novanta anni. Impossibile

oralmente notizia fed per che gli fosse trasmessa senato. Cert di ci che si discusse allora in

degna

quelle adi nessun senatore che avesse partecipato a Non moli nanze sopravviveva quando egli nacque.

(1)

De

legib.

HI

20, 46.

IN DIFESA DELLA CRITICA

311

facile poi,
bile,

sebbene non possa dirsi a 2)riori impossiil

che
si

resoconto di questi particolari, dato da

Fabio,

rispecchi senza sostanziali esagerazioni e al-

terazioni nel racconto di Livio, che qui

come

altrove

dipende

dall'annalistica

dell'et

sillana.

Ma

queste

son pure possibilit,

ed

una

critica

tanto
fidente

comoda
in
tali

quanto poco
possibilit,

scientifica

quella

che,

dizione.

non discute partitamente i dati della traOra in un punto capitale la tradizione par qui
cio
ritiene

allontanarsi dal vero, c[uand'essa

che

la

pace caudina non fa ratificata ed eseguita dai Romani.

Di
lo

fatto,

condizione precipua della pace pare che fosse


delle colonie fondate in territorio su cui
i

sgombero

allegavano

diritti

Sanniti, Lucerla e Fregelle:


dei

citt

che
niti,

poco dopo troviamo appunto in mano

San-

bench occupare per forza


sia riuscito

d'armi

una colonia
che

romana non

mai n a Pirro n ad Annibale.


e strepitosa
i

Inoltre la rivincita

immediata

Romani
e

ottennero sui Sanniti per opera di Papirio

Cursore

che poi non ebbe nessuna efficacia nelle sorti ulteriori


della guerra anch'essa

sospetta, e tal sospetto

pu

avvalorarsi con vari


di

argomenti

che non ho mancato

addurre. In questa condizione di cose abbiamo ra-

gione di sospettare di tutto ci che con quella rivincita


si

collega

strettamente. Ora

strettamente vi

si

collega la discussione in senato

sulla

opportunit di
diritto di

consegnare coi consoli al nemico, per aver


rescindere l'accordo, anche
i

tribuni della plebe che

l'avevano giurato. Questo particolare dei tribuni della


plebe presenta per s

non poche

difficolt

che accre-

scono

il

sospetto.

singolare e non s'accorda con quel

che sappiano sulla storia delle falsificazioni la osservazione del

De Marchi che un
la

falsario

si

sarebbe qui

te-

nuto dall'inventare cosa apparentemente cos inverisimile

come

presenza dei tribuni della i)lebe a Gaudio.

312
In realt
i

a"

miei critici

falsari
le

molto spesso, cjuando torna loro

di

rappresentare

cose in un dato

della verisimiglianza, e

modo, poco si curano sono appunto le contraddizioni


permettono
di coil

e le assurdit del loro racconto che


glierli sul fatto.

Se valesse

principio critico afferritenere apocrifi


apocrifi,
i

mato dal De Marchi, dovremmo


geli
tutti

Van-

autentici

autentici

gli

perch,
di

come
tanto

sanno, la verisimiglianza nei primi

superiore a quella dei racconti apocrifi da non essere

neppure possibile tra


spetto

gli

uni e

gli altri

per questo

ri-

un paragone.
si

Ad
i

ogni
del

modo

dubbi intorno
in

ai pretesi

avvenimenti
esaminino

321

tornano

certezza

quando
ai

punti di contatto di questo so-

spettissimo racconto con quello storico della riconsegna

Numantini

di

A. Ostilio Mancino (136), riconsegna


gli

che commosse vivamente


voleva da alcuni

animi in

Roma

perch

si

profittarne per liberarsi


falsario

del

futuro

tribuno Tiberio Gracco. Onde un


poloso,

poco scru-

come un Valerio Anziate o un


ai

Licinio Macro,

poteva assai bene, se avverso


col sussidio

Gracchi, aver inventato,


la

d'un documento apocrifo,

riconsegna

dei tribuni in carica al

mostrare come a
dare in

mano

ai

tempo della pace caudina per maggior ragione si sarebbe dovuto Numantini il futuro tribuno. Con
sospetti o falsi organicamente

tutti questi racconti

collegato l'aneddoto del console Postumio che nel

mo-

mento
nullo

d'esser dato in
il

mano
ai

ai Sanniti,
il

a fine di render

trattato caudino, percosse

faciale che lo con-

segnava, offrendo cos


di

Romani un nuovo
s
:

pretesto
offre

guerra. Ora

anche

di per

tale

aneddoto

materia a non poche osservazioni


essendo stato riconosciuto
il

tra altro

che non

trattato dal senato n dal


al

popolo

e l'autore

essendone stato consegnato

nemico,

non

c'era bisogno di
le

un nuovo pretesto per impugnare


osservarsi che di

novamente

armi. Potrebbe anche

IN DIFESA DELLA CEITICA


particolari

313

siffatti

non

si

sa

conservasse notizia fededegna


assai difficile che ci

come per quel tempo si nei documenti romani


:

fosse registrato, e nessuno di

noi ricorda per tradizione

orale

particolari simili inalla propria na-

torno a
scita.

fatti anteriori di settant'anni

la

Ma, quel che pi monta, se sospetta o falsa rottura immediata della pace del 321, la rivincita

romana e la consegna dei tribuni, la sciocca commedia di Postumio non pu non ridursi all'occhio del critico a una semplice caricatura annalistica. E invece di fermarsi in vaghe considerazioni intorno alla remota possibilit

che di questi particolari avesse potuto conser-

varsi notizia, assai

meglio
le

sarebbe stato, mi sembra,


i

discutere a fondo

argomentazioni per cui


ritengono

critici

seguendo

il

Nissen

(1)

indegno

di

fede

il

racconto di quegli avvenimenti che tennero dietro alla


battaglia di Gaudio.

Ma, mi avverte
fines,

il

De Marchi,

sunt

certi

denique
che

ed

"

eccessivo

insinuare che le citazioni

Licinio (Macro) fa dei libri lintei dei magistrati


forse lo stesso valore delle citazioni che
di

hanno
fa

V Ariosto

Turpino

,.

Ora

il

fatto che la nostra

tradizione

romana pi antica abbonda di falsificanon son rimaste ignote neppure agli antichi. Persino il buon Livio ha ricosulla storia
zioni e che codeste falsificazioni

nosciuto con quanta imjiudenza sapesse mentire Valerio


Anziate, sebbene non per questo
seguirlo.
che,
si

sia

astenuto dal

E un

audace falsario doveva essere l'annalista


al-

polemizzando contro Claudio Quadrigario, ha


il

legato

testo della sponsio

Caudina

(2).

Coetaneo di

(1)

Rheinisches
dei
4.

Museum
II

XXV

(1870) p.

segg. Cfr. la

mia Storia
(2)

Romani

311 segg.
4, 6.

Liv.

AppiAy. Samn-

314

a'

miei cpaTicT

Valerio Anziate era Licinio Macro


falsificazioni

le

abbondanti
ai Licini

che sono nella tradizione intorno

fanno sospettare ch'egli non fosse nel mentire da meno


di Valerio. Il sospetto
e
si

accresce quando vediamo lui

Tuberone allegare a favore delle loro asserzioni contraddittorie intorno ai nomi dei consoli d'uno stesso anno gli stessi libri lintei (1). E si approssima alla
certezza

quando, mettendosi in contrasto coi Fasti a

proposito dei nomi dei


d'averli

due consoli, Licinio pretende


stessi
la
libri lintei

rinvenuti

negli

su cui

ci

rende

alquanto

perplessi

citata
di

testimonianza di
trattato
si

Tuberone, oltrech nel testo


nel 440 con Ardea
rilegarsi
(2).

un

concluso
noti,

Questo trattato,
le favole,

deve

probabilmente tra
si

perch trattati
difficile

con colonie non


in

concludevano, ed

revocare

dubbio

la notizia intorno alla

deduzione d'una coinfatti era colonia


piti

lonia in
in
tal
hi

Ardea nel 442

(3j:
si

Ardea

et storica (4), e se

fosse ridotta

tardi

in

condizione non ne mancherebbe memoria. Quindi

mia

frase su Licinio

Macro
la

credo, giustificata, e

al

De Marchi che pare


difficile

pensi messa gi a caso, non


a

sarebbe stato

trovarne

suo luogo nel mio

libro la giustificazione (5).

qui cade in acconcio che io spieghi e giustifichi

anche quel che ho detto sui pretesi Greci di Dodona,


che cio essi
Aristotele
..
" sono una pura e semplice ipotesi di Veramente le origini della storiografia

greca

sono

al tutto

disformi

da

quelle della storio-

(1) Fr. (2) Fr. (3) Liv.

14 Peter ap. Liv. IV 23,


13 Peter ap. Liv. IV
Ili

1.

7, 10.

11.

Djod. XII 34.


9,
7.

(4) Liv.

XXVII

XXIX
5. II

15, 5.

(5) Cfr. I p.

8 n. 2 e

115

n. 2.

12S*

DIFESA DELLA CRITICA


quindi
nel

315
a
critica
i

grafia
dati

romana,

sottoporne

non pu mi fermo qui


infatti

procedersi allo stesso


a parlarne

aprendo

modo. Tuttavia una parentesi alla

mia discussione intorno


il

romana; trovo mio giudizio su Aristotele messo a fascio


alla tradizione

con quello su Licinio Macro, mentre procede naturalmente da considerazioni al tutto diverse. Anche qui del resto il De Marchi par s'immagini che io giudichi a

caso

d'Aristotele
di

come

storico,

mentre forse
pur mi-

nessuno con pi cura

me

in Italia, e sia

nimo

il

valore

delle
lo

mie

ricerche,

ha studiato per

questo rispetto

Stagirita.

Ad
ridursi

ogni

modo

la questione dei Greci di


Il

brevemente in questi termini.


g' Italici

Dodona pu nome di Greci


un
suffisso

con cui
che
i

designano

gli

Elleni ha

Greci non usano mai o quasi nella

formazione

degli etnici, di frequente invece


Gpici, Ernici.
siasi

gli Italici,

come

in

Ben fondata quindi


Italia,

T'induzione che

formato in
si

non

in Grecia (1). Certo popoli

che

dessero

il

nome

di Greci in et storica in Grecia

non esistevano. Era stato bens quello, secondo Aristotele (2),


il

nome con

cui designavano se stessi gli

Elleni allorch abitavano in Epiro


figlio

prima che da Elleno,


il

di Deucalione,

desumessero

nuovo loro nome.

Ma
rici,

che Elleno e Deucalione non son pei'sonaggi stoche


i Greci non giunsero nella loro penisola dalnon ho bisogno di spender parole a dimo-

l'Epiro
strarlo.

anche solo
dubbio.

il

nesso stretto della notizia sui

pretesi Greci con queste altre indegnissime di fede giustifica il

Ma

poi,

badiamo,

se la testimonianza

d'Aristotele vale qualche

cosa, vale per le condizioni

(1)
(2)

BusoLT Griech. Geschichte


Meteorol.
I

V-

44.

353

a.

316
dell'Epiro

a'

miei critici

un millennio innanzi a
tradizionalista
il

lui.

Ora non

c',
si

credo, anabbiato
sia

quale pensi che

potuto trasmettere ad Aristotele per una tradizione


trib cbe abitava intorno
di lui.

orale conservatasi intatta lungo secoli e secoli di bar-

barie

il nome d'una piccola Dodona mille anni prima

testimonia contro

la veridicit di

quella notizia Tucidide quando dice che


di chiamarsi Elleni

gli Elleni

prima

non avevano punto

un nome comune come sarebbe


quello di Greci
(1).

stato per Aristotele

Ma

se

non

dei Greci, v'erano in Grecia certo anti-

camente dei Grai, da cui Graike aveva preso nome una regione della Beozia. Vicino alla Graike erano Eretria e Calcide, le due citt d'Eubea donde salparono
i

fondatori di

Cuma, che

ci

vien detta la colonia

pi antica d'Italia. Congettura assai attraente perci


quella proposta dal Busolt che
tassei'o, tutti
i

coloni di

Cuma

por-

in parte,

il

nome

di Grai e che,
suffissi

ag-

giungendo a questo nome uno dei


Italia nel

pi usitati in

formare

gli

etnici, gl'indigeni se
i

ne servis-

sero per designare prima


tra gli Elleni con cui
tutti gli Elleni.
di

coloni calcidesi, ossia quelli


e poi

prima ebbero ad usare,


i

Par quindi chiaro che


;

pretesi Greci

Dodona sono immaginari


che
il

e a

che

modo s'immacome Tu anti-

ginassero facile arguire. Aristotele, sapendo,


cidide, dall' ejjopea

nome

d' Elleni

non

chissimo, invece di contentarsi

che prima gli Elleni


volle trovare
il

loro

come Tucidide di dire non avevano un nome nazionale, nome pi antico, al modo stesso
dal frigio

che, facendo derivare

Pelope
i

il

nome

del
il

Peloponneso,

si

trovarono indotti

Greci a cercare

(1) I

.3,

2.

IK DIFESA DELLA CPaTICA

317

nome che portava prima


agli

della venuta di quell'eroe (1),


il il

o che, traendo da re Latino


annalisti rintracciare
lui.

nome di Latini, convenne nome che quel popolo


congettur dunque Arigli Elleni col

poteva avere prima di


stotele che
si

chiamassero in origine

nome

dato loro

al

suo tempo dagl' Italici,

nome

di cui igno-

rava affatto la provenienza. Con ci egli non s'allontanava

punto dal metodo adoperato dai logografi nel


care
le

ricer-

origini dei popoli e dei loro

nomi;

e faceva

un'induzione simile per valore ad


colte

alti'e

pur sue o acreputas-

almeno da

lui.

Si sa,

ad esempio, che egli spiesi

gava come

gli Ateniesi,

sebbene autoctoni,

sero Ioni, ossia discendenti di Elleno, narrando

come
la ca-

Ione sotto un re poco

bellicoso

fosse venuto con le

sue genti nell'Attica e vi avesse rivestito primo


rica di

polemarco
con

(2),

Ma, tornando
che
contrasta
l'

alla storia
la

romana,
volte
il

trova,

il

De Marchi
verso la
dei testi a

sospettosa

ditfidenza

tradizione

uso che

alcune

faccio

conforto delle mie

tesi.

In realt
o

distinguere nella

tradizione ci che certamente

probabilmente risale

a documenti o a carmi epici da ci che probabilmente

o certamente

non

vi risale,
il

e nella
gli

stessa tradizione

fissata dall'epopea

separare

elementi storici da

quelli

mitici

indagine oltremodo ardua e delicata;

e io l'ho condotta

con

criteri

tanto diversi

da quelli

(1) noto che il nome antichissimo di Apia con cui Peloponneso sarebbe stato designato prima di Pelope (per la prima volta menzionato da Eschilo) desunto da
il

un interpretazione errata d'un verso d'Omero, dove quel vocabolo semplicemente mi epiteto adoperato nel senso
di lontano
(1

270).
TToX. 3, 2,
cfr.
fr. 1

(2) 'AGriv.

Blass.

318
usati nei
libri

a'

miei critici

di cui

pi avrei potuto valermi, come


(1),

la storia dello

Schwegler

che non sarebbe da meratutto

vigliare

se,

abbandonato

in

me

stesso,

in

qualche caso pi del dovere mi


sia verso
il

fossi lasciato trascorrere


l'affer-

sospetto e la negazione, sia verso

mazione.

Ma

non mi paiono
Cos

tali

casi indicati dal

De Marchi.
dell'et regia
citai in

volendo

provare

che

le

conquiste

non avevano accresciuto l'agro pubblico,


altri

mezzo ad

argomenti alcuni

testi di Cice-

rone

di Dionisio per

dimostrare se non
i

altro

quel

che ne pensassero pi tardi

Eomani.

"

Ma

quel che
il

ne pensassero, vai poco pi di nulla, oppone

De
qui

Marchi

(p.

281,

n.

2), se

non

si

ammette che
.

a loro

giungesse l'eco pi diretta di antiche notizie

veramente non riesco neppure a intendere


del

la

obiezione
(vera o

De Marchi. Perch quando esamino una


il

pretesa) tradizione m' parso sempre

strettissimo do-

vere di critico

cercare se vi siano tradizioni diverse


infatti
il

od opposte. Altro
inconcussa,
altro

valore d'una tradizione


in

quello

d'

una tradizione che

pieno

contrasto

con notizie tramandate dalle stesse

fonti e nelle stesse condizioni.

nessuno

fin

qui ha

mai revocato in dubbio un principio critico di tanta evidenza. Con lo stesso dii'itto mi tassa il De Marchi d'incoerenza perch ho citato Livio per provare che la denominazione di consoli non era in uso nel 450.

(1)

Certo ad ogni

modo che nessuna guida


delle

pii

sicura

dello

Schwegler

v' per lo studio della tradizione

romana
rende
i

pi antica:

tanta la chiarezza

sue idee, la co-

scienza e la precisione delle sue indagini.


il

ci

suo libro prezioso

anche a chi non segua in tutto


in altii libri,
si

suoi criteri,

mentre

come
i

quelli di E. Pais,

la confusione delle idee

associa alle continue inesattesti.

tezze nel citare e nell'interpretare

IN DIFESA DELLA CKITICA


"

319

[nfatti

o nulla questa autorit di Livio per quei

;empi remoti o bisogna ammettere una tradizione non


nterrotta e degna di fede
.

In realt non v' davvero

3sogno di codesta pretesa tradizione non interrotta su


iosa tanto secondaria e cos difficile a essere tramanata
per
issa,
^

come

il

sostituirsi nell'uso

d'un titolo ad un altro,

ritenere

fondata quella notizia di Livio. Infatti


scritto nella

come ho

mia Storia

(I p. 403, n. 2),

ricavata probabilmente dalle dodici tavole, che ap-

punto in

queir anno
e

secondo
il

la tradizione

furono

compiute
correva.

nelle

quali

titolo

di console

non

ri-

IL
Chiarita cos la natura e

il

valore delle fonti onde

)roviene la tradizione storica sulla


;cende
essersi
;ui
si

Roma

antichissima,

di

necessit

che in buona parte deve questa


stessi
e

formata mediante quei procedimenti


son formate
es.

per

le

leggende d'ogni tempo


delle passioni dei

d'ogni
e

uogo, ad

le

leggende medievali su

Roma

gli

impliamenti medievali
ifficio

martiri;

ed

della critica cercare di riscontrarvi, valendosi

lell'analogia, tali procedimenti.

Tra questi uno dei


Via

piti

comuni
dar

il

mito etimologico.
a rintracciare nei

badiamo
che

prima
altri

di

mano
,

acconti tradizionali miti etimologici o di criticare la


icerca

ne ha fatto
e

bisogna

sapei'e

che
gli
il

;osa

sono questi miti

averne raccolti e discussi

isemp pi caratteristici e sicuri.


L)e

N
;

dubito

che

Marchi abbia seguito questa via

ma non mi

spiego

;he

zioni
i

dopo aver proceduto in tal modo, proponga obiecome quella che muove a proposito del mito
i

Servilio Ahala. Dissi, d'accordo con tutti

critici,

320

a'

3riEI

CRITICI

che la storiella della uccisione di Sp. Melio per opera

armato d'un pugnale che portava una leggenda etimologica destinata a spiegare il cognome Ahala dei Servili. Ma " non riesco a comprendere (osserva il De Marchi, p. 27) la posdi C.

Servilio Aliala

sotto l'ascella

sibilit

d'una invenzione cos complessa


cos strana foggiata
di tanti altri

e,

diciamolo

pure

per spiegare un
.

cognome
del Late-

non pi singolare
nulla di singolare.
i

Il

nome
e

rano proviene da quello dei Laterani,

non ha proprio
pivi

Ma

la

leggenda locale, dimenticati

Laterani, ha voluto renderne

una ragione
pazzo

fanta-

stica.

si

narrata la sudicia storiella della rana

vomitata avrebbe
bisogna

da
preso

Nerone

che questo

imperatore
il

avrebbe fatto allevare di nascosto col, onde

luogo
la

nome da
,

latet

rana

(1).

Senonch
le

logica vai pure qualcosa

e chi
alle

accetta

premesse,

che

si

acconci

conseguenze.
riconoscersi
senza la

Converr
possibi"

dunque, quando non


lit

voglia

di

una invenzione che

dubbio

com-

plessa e strana

per spiegare un che


si

nome non

pii sin-

golare di tanti
di
si

altri,

accetti la storicit della rana

Nerone

e di tutti gli

aneddoti poco edificanti che vi


il

collegano.
di

Parimente

nome

di

Vespasiano non

ha nulla
genda
dovuta
a

pi singolare d'altri nomi.

Pure

la

leg-

lo spiega

con una schifosa


vespe

singolare malattia J

certe

che gli
si

si

erano annidate nel

naso, e da cui quel principe

liber alla vista della


(2).

vera immagine di Cristo recatagli dalla Veronica


Piuttosto che ammettere la possibilit
zione
siffatta,

di

una inven
mai,
si

complessa

strana

se altra

(1)

Graf Roma
evo
I

nella

memoria

e nelle

immaginazioni

del\

Medio
(2)

840. 342 segg.


ibid.
I

Graf

S96.

IN DIFESA DELLA CRITICA

321
e le

dovr dunque ammettere a rigor di logica


nel naso e
il

vespe

miracolo della Veronica e


di quell'imperatore.
si

la bizzarra eti-

mologia del nome


mologici
si

Per chi conosce invece come


il

formino

miti eti-

problema

critico rispetto a Servilio


:

Ahala

pone a questo modo o ritenere che la leggenda sia dovuta a un mito per nulla pi strano di tutti gli
altri miti
il

etimologici o ammettere che 250 anni dopo

fatto

non per via


di

di

documenti

n di carmi po-

polari

(che

questi

qui non
si

v' traccia),

ma

per

semplice tradizione orale


singolare
l'ascella
il

fosse conservata la notizia

che
il

C.

Servilio,

per

aver

portato

sotto

pugnale con cui assassin Sp. Melio, avesse


nessuno dovrebbe

nome

di Ahala, In realt, io credo,

esitare intorno alla scelta.

Ma

per agevolarla non manvi di

cano numerosi

altri indizi.

tradizione molto diversa che


e

Prima di tutto non sa nulla

ha una
pugnale

che di Servilio fa

il

maestro dei cavalieri


se
il

di Cincin

nato.

Poi

veramente

cognome

"

Ascella

pu

aver dato origine a


dato

occasione
dall' aver

il

un mito analogo a quello cui ha nome del Laterano, mal si spiega


il

come,

portato

pugnale, secondo l'uso, sotto

l'ascella,

Servilio

possa aver desunto quel cognome.


la

Infine

si

incertissima

storicit dello stesso Melio.

Vera
al

un luogo
la

in

Roma

detto

Equimelio;

ma

dubbio se
suolo

etimologia dalla casa di Melio adeguata

dal cavaliere {eques) Melio abbia

maggior
(

valore di quella del Laterano dalla rana nascosta

1).

Anche pi manchevole parmi l'analisi che il De Marchi fa della leggenda di Mucio Scevola. Poich scevola si diceva un amuleto che veniva posto al collo dei bambini, l'etimologia del cognome dei Muci pare non offra

(1)
Gr.

Y. la mia Storia dei

Romani

II

15 seg.
21

De

Saxctis, Per la scienza dell'antichit.

322
alcun dubbio
"
il

a'

miei critici

(1).

Ma
solo

il

De Marchi trova improbabile

che da un amuleto d'uso comune in

Roma

venisse

cognome a un

questa obiezione singo-

larissima.

Anzitutto

solo, bens a tanti

non ne venne il cognome a un Muci dell'et storica. Ma poi tutti

sanno quanto
cognomi.
Il

il

caso abbia parte nella formazione dei

bastone era d'uso comune in


antica ha

Roma

ep-

pure
anche

nell'et

dato

nome
;

ai soli

Scipioni;

era d'uso comune, eppure ha dato cognome Ahala e la spada era d' uso comune, e non trovo nei Fasti alcun cognome che ne derivi; e d'uso comune era \\ ])ilum, e non ve ne ravviso
l'ascella

origine al solo

nessuno che

sia tratto

da quest'arma.

Ma
"

anche pi

singolare la osservazione che segue.

Resta a do-

mandare perch il popolo interpretando quel cognome mancino sentisse il bisogno di fabbricare una leggenda che divenne una delle piti diffuse e vigorose leggende nazionali. Il popolo? Fosse un erudito arzigogolatore di etimologie e di genealogie! ma non
nel senso di
il

popolo, che ha bisogno di altro impulso alla sua fan.

tasia

Qui

il

De Marchi non

si

mostra bene informato

della

importanza che

la falsa etimologia,

non escogitata
lingue, nel

dagli eruditi,
riflessione

ma

venuta su senza sforzo dalla ingenua


nella

primitiva, ha

vita

delle

folk-lore, nella religione popolare: poich

non credo che


a tacere di

possa parlare cosi chi abbia meditato


Lateinische
Volksetymologie.

il

libro del Keller,

Ad

ogni

modo

quelle raccolte dal Keller, potr ricordargli ad esempio

che per una falsa etimologia in


si

Roma

l'arco di

Nerva
ne
a

trasform a quel che pare


la

nell'

arca di No, e
il

nacque

leggenda di No venuto dopo

diluvio

(1)

Vairo

<c

l vii

Q';

IN DIFESA DELLA CRITICA

323
caratteri-

Roma
stico

e fondatore della citt (1).

N meno

pure in

Roma
si

il

caso del titolo dei santi Nereo


altres

ed Achilleo, che

chiama
la

da un nome personale

o locale non pi singolare di

altri

nomi

simili titidus

de Fasciola.

Qui

leggenda locale a spiegare una


che

denominazione che non aveva bisogno d'essere spiegata


s'

appigliata

alla
gli

fascia

cingeva
ivi

la

gamba

di

San Pietro, che


lo

sarebbe caduta

presso, mentre
il

conducevano
di

al supplizio.

Naturalmente a creare
,

mito da

Scevola come quello della fasciola


l'occasione,

il

nome

non fornisce che


fatti che,

ma

l'impulso vero dato

per aver

commosso profondamente l'anima


nella sua
la

del popolo,
la lotta

son rimasti stampati

memoria:

fortunosa con gli Etruschi;


il

venuta, la pre-

dicazione e

martirio di S. Pietro.
il

vedasi perci
dire

con qual
"

fondamento

De Marchi possa
la

che

interpretando
si

come

io faccio

leggenda di Scevola
irrazionale

tende a sostituire

un meraviglioso
.

un meraviglioso razionale
a spiegare
il

Si tende invece

soltanto

formarsi delle leggende romane analogatante altre leggende, piuttosto

mente

al

formarsi di
il

d'ammettere

miracolo inaudito e senza riscontro che

per trecent'anni circa la tradizione orale in


servasse fedelmente nella cronologia
colari
il

Roma
nei

con-

come

partiil

ricordo delle imprese contro gli Etruschi;

che poi nel


difficile

caso

particolare

di

Scevola

tanto

piii

ad ammettersi in quanto che scevola non leggenda nel senso


di

mai

usato se non nella

mancino o

peggio in quello di privo d'una mano, sicch par che


si tratti

in realt d'una etimologia cos inaccettabile e

falsa

come

quelle leggendarie che ho citato del

nome

Laterano e dell'arco di Nerva.

(1)

(jKAF

Roma

I p.

85 seg.

324

a'

miei critici
ci sui

E
che

soffermiamoci
il

dopo

Tarquin.
si

Ho

detto

mito della loro origine etrusca


del

deve alla socitt di


"

miglianza
Tarquin.

loro
il

qui

nome con quello De Marchi trova che


che,
si

della

negar tutta
in s nulla

una tradizione secolare


nesta

badi,

non ha

di assurdo, di contraddittorio jDer se stessa, anzi s'in-

con

altri

fatti

di pi sicura affermazione, sul

fondamento
plessi

della

identit

casuale

di

due

nomi

di

lingue diversissime, un semplicismo che lascia per-

come dinanzi
.

un

difetto

di

ragione

suffi-

ciente

Ma

egli

mostra anche qui d'avere


i

in tutto e
i

per tutto frainteso

miei criteri

dimenticato

pre-

supposti dal mio metodo. Giover, a costo di tediare


il

lettore, riassumerli di

nuovo.

assai difficile, per

non
IDoi

dire impossibile,

che la origine etrusca dei Tarin

quin

fosse

ricordata

documenti
i

scritti.

Quando

Fabio Pittore prese a scrivere

suoi annali, dalla


in

pretesa

venuta

dei

Tarquin

dall'

Etruria

Roma

erano trascorsi secondo la cronologia tradizionale circa

450

anni.

Bisogna aver

fatto assai

poco studio delle


in

alterazioni

che hanno sofferto di secolo


es.,

secolo

le

leggende, ad

dei martiri o degli apostoli per credere


orale, raccolta

che

una tradizione
i

quasi mezzo milai particolari


se, fissata

lennio dopo

fatti,
il

possa avere quanto

dei fatti stessi

pi piccolo valore. Che

per

mezzo
Marchi

della scrittura,

cussa per secoli,


esser

una tradizione rimasta inconho cjuasi vergogna di ricordare al De


e

notissimo

riconosciuto

da

tutti

che

inconcusse

per secoli son rimaste favole come quelle

della donazione di Costantino, dell'apostolato di Lazzaro


nelle Gallie o della ricostruzione di Firenze per opera di Carlo

Magno. Ed

poi

un razionalismo

critico da

me sempre
i

disapprovato quello di misurare anzi tutto


di

racconti tradizionali a certi approssimativi criteii

verisimiglianza piuttosto che cominciare con l'indagare

IN DIFESA

DELLA CRITICA

325

per che via

ci

sono

stati

tramandati e a che distanza

dai fatti ne risalgono le

prime testimonianze. Col suo


(1)

sodo buon senso


ti'oiana

il

Grote

osservava che la guerra

per verisimiglianza intrinseca appar

meno

in-

credibile delle Crociate: eppure quello scetticismo che

per rispetto alle Crociate sarebbe ridicolo, doveroso


rispetto alla guerra troiana,

quando

si

pensi per che


s' sbri-

via ce n' giunta notizia e come liberamente


gliata la fantasia nel fabbricare e nell'alterare

leggende

che

ci

son pervenute per la stessa via della tradizione

orale e dei carmi epici.


sciarsi

del resto se convenisse lacriteri,

guidare da

siffatti

la tradizione

su Fidi

renze ricostruita da Carlomagno, non

avendo nulla
"

assurdo

n di contraddittorio

anzi
,

innestandosi
le

con

fatti di piti

sicura affermazione

come
storica.

buone

relazioni posteriori tra Firenze e la Francia,

dovrebbe
di

senz'altro ritenersi

conforme a verit
della

Che poi
due nomi
leggende

sul

fondamento
questa
fatta

omofonia casuale
da

di lingue diversissime
di

nascano per davvero


innumerevoli

noto

esemp
di

basta ch'io ricordi la leggenda della fondazione


e di
la

Clustumerio per opera di Clitemestra

per opera del troiano

Capys. Senonch con


dei
tradizionalisti

Capua buona

volont

tutta

prova

arrabbiati

non sarebbe da stupire che,


Marchi,

non
si

certo

V ottimo De

ma

taluno di costoro,

dichiarasse disposto

ad ammettere la venuta nel Lazio e nella Campania


di Clitemestra e di

Capys

nel qual caso

mi

troverei

costretto purtroppo a confessare che contro


dulit si

una

cre-

monumentale manca un argomento veramente apodittico. Ma non v'ha tradizionalista di mente sana

(1.)
(.li

Histori/ of Grecce p. II eh. XVI. Questo capitolo ricco buon senso dovrebbe esser meditato da' nostri critici.

326
il

a'

miei critici

quale possa credere, conforme a una nota e diffusa


sia

leggenda medievale, che Parigi

stata fondata

dal

troiano Paride, e non riconoscere che questa favola

nata per l'appunto daUa omofonia casuale di due nomi


di lingue diversissime. Inoltre per giudicare del valore

d'una tradizione bisogna tener conto anche delle altre


tradizioni
ciclo.
"

secolari

che

appartengono
di

allo stesso

Ora
e
e

alle tradizioni sulla origine

Romolo da
nel

Marte
schiava

da

Rea

Silvia

di

Servio Tullio da una


focolare

dalla

divinit

manifestatasi

niuno

che presti fede.

Non

si

saprebbe perch pi

fededegna debbasi riputare


miracolosa
criterio che
si

la tradizione parallela della

origine etrusca dei Tarquini se non fosse perch


:

meno

di seriet perch
gli antichi
,

ognuno vede quanto poco abbia potrebbe eluderlo, come gi facevano


il

tagliando dal mito


es.,

meraviglioso e sostidi-

tuendo,
vinit.

p.
si
il

Marte un sacerdote travestito da


la

badi poi. Secondo


figlio di

tradizione Tarquinio
stabilitosi

in realt

un Greco, Demarato,

per

qualche tempo a Tarquini. Ora tutto ci essendo tra-

mandato allo stesso modo e non trovandosi nessun documento che conforti pi l'una parte che l'altra di questo racconto, una critica non molto logica quella
di certuni che sti'alciano

dalla

tradizione
in questo
,

ci

che

pi opportuno alla loro tesi, venienza etrusca


di

caso la pro-

Tarquinio

lasciano

da parte

prudentemente
infatti,

il

resto, nel caso nostro l'origine greca

e la venuta dalla citt di Tarquini.

Esii
si
s'

s"

avvedono

pur

riluttanti,

che Tarquinio

fece venir

da

Tarquini solo pel suo


ricordando
la

nome
da

ma non

avvedono che,
la

venuta

quella

citt,

leggenda

stessa ci addita la via della sua formazione. Peraltro


"

Tarquini non solo nome di


gentilizio
,.

citt,

ma

appare come

un

etrusco, e in tal caso

la

casualit pi
altre pre-

signitcativa

In effetto questa,

come tante

ly DIFESA DELLA CRITICA

327

tese

conferme di leggende,
uso in

del tutto illusoria.


si

Nomi
In

simili a quelli in

Roma

riscontrano frequen-

temente in tutta Italia


Etruria^ p. es.
grafici
,

e in particolare in Etruria.

si

ha uno dei pochissimi esemp


del

epi-

noi

noti

prenome
n
ci

del

secondo re di

Roma,

Numa

Pompilio;

deve far meraviglia


degl' Italici,
dello

tenuto conto delle comuni

origini

strato di popolazione italica che gli Etruschi rinvennero


e

non distrussero

in Toscana, delle condizioni geogra-

fiche,

delle relazioni di

commercio

e di

guerra
gli

del

predominio che ebbero con vece alterna


altri

uni sugli
in Cere,

Etruschi

Romani. Nel trovarsi quindi


caduta sotto
di
il

allorch questa citt era

dominio di

Roma, una famiglia


una conferma
portavano

col

nome

Tarchna equivalente
arbitrio cercarsi

a quello di Tarquinio

non pu senza
dei

della provenienza

re di
di

Roma

che

quel

nome
l'

dalla
ipotesi

citt

Tarquin, pur

quando
chna
di

si

respinga

di

coloro che nei Tari

Cere vogliono

riconoscere

discendenti dei

Tarquini cacciati da Roma.

Anche meno valido un De Marchi allega che cio


:

altro
il

argomento
stesso
di

che

il

fatto

lotte
il

tra Tarquin ed Etruschi

"

doveva contrastare
lotte
fra

for-

marsi del mito


nazionale
.

e contrastarvi lo stesso

amor proprio
Tarquini
,

Certo

che
,

le

ed

Etruschi

se

anche

sono

come

io ritengo

storiche,

appaiono assai sbiadite nella ti-adizione


ad ogni

romana.
il

Ma
Su-

modo quando

si

narrava di Tarquinio

perbo alleato con Porsenna

non importa

se questo

racconto fosse o no conforme a verit


opporsi al sorgere del mito
poi
della

nulla poteva

origine etrusca.
e

moltissime

leggende

antiche

medievali hanno

attribuito arbitrariamente origine straniera ai fondatori

d'una citt senza che se ne turbasse la vanit nazionale;

ed

noto che

a popoli

in lotta

perenne

coi

328
Greci
quali
gli

a'

miei critici

Iapigi

si

sono

attribuite

origini

greche, talora per l'api^unto sul semplice fondamento

d'un

mito

etimologico,

come

nel caso degli Iapigi,

per la falsa etimologia della loro citt principale Argirippa da

Argo

Ippio;

ed pur noto che lungi dal

respingere con orrore

sentimento nazionale sono compiaciuti, e

le

favole come contrarie al non di rado quei popoli se ne hanno raccolte essi stessi.
siffatte

Avevo

detto del resto

che

ai

Tarquin

si

attribu
d'

appunto per
introdotto
a

la loro pretesa

origine etrusca
le

avere

Roma

dall'

Etruria

insegne regie, la

bulla aui*ea e la

tendermi

il

pompa trionfale. E mostra di frainDe Marchi quando oppone che la bulla e

alcune insegne del potere regio romano appaiono etrusche in monumenti etruschi . Egli non s'avvede che non ho punto inteso di negare 1' origine etrusca di
quelle

insegne

da

me
solo

altrove esplicitamente ricono-

sciuta (I p.

457);

parendomi

assai

dubbio che

potesse conservarsi ricordo fededegno del re che le introdusse, ho cercato spiegare

come

se

ne ascrivesse la
grandi costru-

importazione a Tarquinio.
zioni attribuite ai Tarquin della loro origine etrusca
,

poi le

possono addursi a conferma

mente che esse almeno

in

realt, stando al giudizio di

quando si rifletta specialbuona parte spettano in quelli che le hanno meglio


;

studiate, ad et assai posteriore

ed

ai giudizi

fondati

sull'esame

dei
il

permetta
ragioni.

monumenti converrebbe opporre (mi De Marchi di notarlo) non frasi, ma


ad un'altra cadi

Dai miti etimologici passiamo ora


tegoria di miti
,

gli etiologici.

Anche qui invece

cercarne altri esemp

sicuri

e di

vedere se corra di-

vario tra essi e quelli che ho creduto di rintracciarne


nella storia

tenta di

romana muovermi

pii

antica,

il

De Marchi
i

si

con-

obiezioni

che a tutti

miti etio-

IN DIFESA DELLA CRITICA

329
i

logici potrebbero

con pari diritto rivolgersi, anclie


di lino

pi accertati. Le donne ateniesi portavano in et storica,

come

le

donne ioniche, una tunica


in

che

s'indossava senza uso di fibule. Quale che fosse stato


il

loro vestimento

et

pi antica

le attinenze

di

st'pe,

di coltura e di

commercio con

gli Ioni

spiegano

facilmente con esse vestissero in et storica alla


ionica,

moda

mentre
di

dorico

donne spartane portavano il chitone lana che non poteva fermarsi alle spalle
le

senza fibule.
verso

Ma

la spiegazione

ovvia

di

questo

di-

modo di vestire non bastava alla fantasia polare. E si narr che nella guerra tra Atene
Egina,
disfatti

po-

ed

dal

nemico
irritate

gli Ateniesi sbarcati nel-

r
e

isola,
le

un

solo di essi era


ateniesi

potuto tornare in patria;


pel
figli

donne

disastro
e

u volendo

che allo sterminio dei loro


pravvivesse
lo

dei loro sposi so-

un

solo,

s'erano scagliate sul superstite e


le

avevano ucciso
gli

con
per

fibule

delle loro tuniche;

onde

Ateniesi

togliei-

loro di

mano

un'

arma
1'

cosi pericolosa, stabilirono che d'allora in poi vestis-

sero
della

il

chitone ionico

il

quale non

richiedeva

uso

fibula (1).

storia

Nessuno certo potr prendere per questo mito non privo di qualche sentore di

poesia.

Ma

ad accettarne
il

la realt storica costretto


Il

a rigor di logica

De Marchi.
la

quale argomenta

una costumanza romana fosse cos ovvia come io dico, gli antichi non avrebbero fabbricato un mito apposta per spiegarla (p. 272). Dovremo dunque anche nel caso delle
contro di

me

che

se

ragione

d'

donne ateniesi respingere

la

spiegazione ovvia

(si

sa,

non sempre
accettare
la

quel

che

pi semplice pi vero) e
se
la

mitica;

perch

spiegazione ovvia

(1)

Herod.

87.

330
fosse
la

a'

miei critici

vera,

gli

antichi

non avrebbero fabbricato


di

appositamente un mito.
tali

Chi non voglia acconciarsi a


questo mito

conclusioni,

alla

stessa stregua

ateniese dovr giudicare del mito

romano che spiega


in
(Ij.

come

essendo vietato
esenti

andar

nella citt

cocchio,

fossero

da

tal divieto le

matrone

Farmi
si

che questa esenzione, senza bisogno d'alcun mito,


spieghi
assai
i

bene

dal
le

riguardo speciale che ebbero

sempre donna Marchi

Romani per
famiglia

donne
nella

e dalla posizione della citt, superiore di


i

nella

non

poco a quella che aveva presso


che
tale

Greci.

Oppone
vero;

il

De
ci

privilegio
edilizia

"

costituiva
.

atto di vera

importanza sociale ed

Ed

ma

non
pi

toglie

che possa spiegarsi agevolmente: perch

r importanza d'una cosa non


o

punto

in

relazione col
a rendersene

meno
ogni

di

facilit

che

s'incontra

ragione.

Ad
qui

modo

la

ragione ovvia non bast neppur


si

agli

antichi,

narr che

le

matrone romane
cratere

ottennero tal privilegio quando offersero generosamente


i

loro

ori

alla

citt

perch se ne facesse

il

come dono votivo ad Apollo delfico dopo la presa di Vai. Il De Marchi trova questo racconto probabilissimo, e non vede perch si debba supporre che sia un semplice mito etiologico. Certo nel racconto in s non v' nulla d" assurdo. In s
aureo destinato
dico
:

che

se

si

tien

conto poi della abbondanza di


assai

tombe etrusche parr credibile che con la preda di Ve non si mettere insieme tant'oro da dedicarne un
metalli preziosi nelle
Delfi senza ricorrere alla carit femminile.
poi che

poco

riuscisse a

cratere in

Pi grave

una fonte migliore

ci

consei'va

un racconto

(1) Liv.

.50.

Storia dei

Romani

II

148.

IX DIFESA DELLA CRITICA

331

in contraddizione col primo, secondo cui quel privilegio

sarebbe

stato

conferito

alle

donne romane per aver


dai Galli
(1).

contribuito al riscatto di

Roma
;

quindi

intomo all' origine di quell'uso non s'aveva alcun documento n del resto si saprebbe come in tanta scarsezza di documenti anteriori all'incendio gallico si fosse conservato un senatusconsulto
da
ritenere

che

antichissimo

in

tal

pi'oposito.

poich molto imricordo


di

probabile che la tradizione


preciso
secoli,

orale conservasse

di
e

particolari

di questo genere per

un paio
il

n l'uno n l'altro dei racconti contraddittori

delle fonti

son necessari a spiegare

il

fatto, e

for-

marsi d'ambedue ha pieno l'iscontro nella storia dei


miti,

abbiamo

il

diritto di

presupporre che

si

tratti

d'un mito etiologico analogo a quello che spiega l'uso


del chitone ionico tra le
Affini a questi

donne

ateniesi.

sono

miti che nascono dalla errata


figurati.

interpretazione

di

monumenti

Sar bene
il

ci-

tarne

alcuni

d' origine

medievale

perch

lettore

abbia un termine di paragone su cui giudicare degli

esempi che, attenendomi


creduto di rinvenirne tra
la

al giudizio d'altri critici,


le

ho

leggende romane.
che, chiedendo

nota

leggenda della vedovella


guerra

vendetta

del figlio ucciso, si prostra dinanzi a Traiano

mentre
proba-

muove

alla

(2j.

Questa leggenda

nata

bilmente da un bassorilievo che rappresentava Traiano


a cavallo circondato da' suoi ufficiali, e prostrata di-

nanzi a lui una donna personificante, secondo

un uso
che

ben noto, una provincia sottomessa. Altrettanto celebre

la

storiella dei

due

filosofi

Fidia
strade

e Prassitele

passeggiavano

ignudi

per

le

di

Roma

a fine

(1)
(2)

DioD.

XIV

93.
II

Graf Roma

3 segg.

832

a'

miei critici
vanit del

d'indurre al disprezzo
si

delle

mondo
si

(Ij: e

sa che deve cercarsene

la origine nelle

due statue
vedono
fa-

ignude attribuite a Fidia ed a Prassitele che


tuttora a Montecavallo
in

Roma. Chi non avesse

miliarit con siffatte leggende potrebbe trovare strano

che

per spiegare una cosa


classiche
si

ovvia come la nudit di

due statue
si

fosse

immaginato quel mito


non

singolare, e soprattutto che la spiegazione della nudit

fosse cercata per via d'un mito in quel caso e

per tante altre statue del pari ignude.


dioso
del
folk-lore

Ma

ogni stu-

sa

che queste irrazionalit, e in

particolare la cura di spiegar ci che


di spiegazione,

non ha bisogno
;

sono appunto caratteristiche dei miti

voler saliere perch su quel


altro
,

nome

a preferenza di

un
pii

su quella statua a prefei-enza di un'altra


si

singolare
"

esercitata la fantasia delle et incolte

sarebbe lo stesso
il

(come ben dice in un caso anache voler sapere perch

logo

P. Delehaye)
dal

portato
terreno

vento

caduto

in

il seme un dato prmto del

(2l.

n
dal

pi singolare forse di questi miti stato studiato

Le Blant. In un sarcofago antico fu

collocata,

(1)

Gregorovics Storia della


it.)

citt
I

di

Roma

nel medio ero

(trad.
(2)

Il

64 seg. Graf
tolti

Roma

141 seg.

Le leggende agiografiche

(trad. ital.) p. 47.

Da questo

aureo libro sono


sente saggio.

parecchi degli esemp citati nel prebene notare che io non adopero la parola
il

mito in questi miei saggi nel senso in cui la adopera


lehaye,
ossia di racconto

P.

Dela

fantastico in cui

ha parte

personificazione di forze naturali o di idee astratte; in-

tendo invece un racconto fantastico con cui la immaginazione popolare ha cercato di render ragione di fatti di qualsiasi specie un fenomeno naturale, l'origine d'un
:

nome

o d"un istituzione,

una rappresentanza

figurata.

IN DIFESA DELLA OEITICA

333
accanto,
la

come
ancilla

lisulta

da

una
Sul

iscrizione

postavi

salma d'una monaca Eusebia, Eusehia religiosa magna

Domini.

sarcofago

era

rappresentato

il

busto di un giovane imberbe, busto

che

come tante

statue antiche era stato mutilato ed era rimasto senza


naso. Di qui ebbe origine la leggenda che la badessa

Santa Eusebia

e le sue

quaranta compagne d'un connaso


perci
narra, la
col

vento di Marsiglia per salvarsi dalla violenza dei Saraceni


si

tagliarono
raffigurata

il

si

santa

fu

nella

sua

sepoltura

naso

mozzo (1). Or qui un tradizionalista, argomentando a un dipresso come il De Marchi a proposito della
statua di Orazio Coclite, potrebbe dire che
dalla statua
^

il

trapasso

mal compresa

alla

leggenda gloriosa resta


si

un mistero
di

(p.

273) e aggiungere che non

tratta

identificazione
altri

ma

di

"

ideazione

che presuppone
il

ben
dere

motivi e impulsi creativi che non sia


di statua

veri-

un moncone

che non

si

sa a ehi

ferire

e che la rottura artificiale del

naso d'un busto


del busto

non era

atta a far credere che

si

trattasse

d'una mutilata. Di tutto ci la conclusione legittima


sarebbe, pare, che realmente Eusebia
si

tagli

il

naso
il

per schivare la brutalit dei Saraceni o che almeno

busto senza naso non fu occasione della leggenda,


fu scolpito in onore della santa
s'era formata.
e e

ma

dopo che
il

la

leggenda

Per fortuna
e si

il

sarcofago

conservato,

pu vedersene
il

la riproduzione presso
,

Le Blant
di

(2j,

busto vi

vede che stato^mutilato

artifi-

cialmente, ed per di pi
e

un busto non

monaca
Coclite.

neppure

di donna,

ma

d'un giovane senza barba.

Con questa preparazione, veniamo ad Orazio

(1)
(2)

Sarcophages chrtiens de

Le Blant Inscriptions chrtiennes de la Guide la Gaule pi. 14.

II

545.

334

a'

miei critici

Si additava nel Vulcanale

tale statua

si

ascriveva
si

una statua di questo eroe. un singolare carattere reliin luogo

gioso, di

modo

che
e

reputava strettamente collegata coi

destini di

Roma

doveva esser tenuta


i

dove
si

potessero illuminarla

raggi
la

del

sole (1).

E
le
si

ci

accorda assai bene con

sua collocazione nel sacro

recinto del dio del fuoco e col

nome che

dava.

noto

infatti

che

coelite

equivale

a ciclope (2) e

vuol dir monocolo, e che l'occhio unico caratteristico delle divinit solari.
si

Quando una
ha perduto
si

divinit solare

umanata,

la

leggenda non manca di narrare come


per qualche raCos

l'eroe che la rappresenta

gione uno degli occhi.


perdettero
quali,

naira ad esempio che


(3) e

come

un occhio Zaleuco si desume dal nome


solari ti'asformate

Licurgo

(4),

da

altri indizi,

son

due divinit

in

antichi

legislatori.

quindi

da ritenere che

la statua d'

Orazio Coclite

rappresentasse una di

siffatte divinit.

Perch

la

im-

magine d'un dio solare


mentre
,

fosse attribuita ad

un Orazio
il

pare

in

origine
il

doveva esser considerata


stesso a cui era sacro

come rappresentante
di render ragione.

nume

Vulcanale, non chiaro^ n di tutto pu pretendersi

Pu

darsi che vi fosse soltanto

una
de-

ragione estrinseca a noi ignota

come quella che

termin l'attribuzione ad Eusebia del citato busto imberbe.


di

Men
il

volentieri penserei con E. Pais che vi sia

mezzo

dio

od

eroe
,

Horatos

di cui parola in

un passo

di Dionisio

perch quel passo probabil-

(1)

Gell.

n.

A. IV

5.

Pais

St. di
I

Roma

I 1,

472 segg.

Cfr. la
(2) (B) (4j

mia

Storia dei

Romani
.

448.

ExN. ap. Varr. de

VII 71.
2.

Val. Max. VI 5

ext.

3.

Plut. Lyc. 11. Pausax. IH 18,

Aeliax. T^ if.XIII23.

IN DIFESA DELLA CRITICA

o35

mente
sendo

corrotto

(1).

Ma

checch

si

pensi di ci, es-

la pretesa statua d'

Orazio Coclite la immagine

d'un dio del sole, la leggenda


cieco

che

quell' eroe

rimase
per

d'un

occhio

deve

credersi

abbia

radice

l'appunto nella statua e sia da spiegare come nei casi

analoghi di Licurgo e di Zaleuco.


via

se

per questa
difficile

ebbe

origine

una parte
proceda
1'

del mito,

non
,

che dalla posa impacciata delle


statue

gambe
,

propria delle
il

arcaiche

altra parte
Il

particolare

cio che Orazio rimase zoppo.

De Marchi oppone modo


;

che la posa della statua avrebbe dovuto essere interpretata ragionevolmente in altro

ma

per

l'

ap-

punto questa categoria


errate

di miti

fondata sulla inter;

pretazione errata di antichi

monumenti

e d'induzioni

come

pi

di

quella ch'io presuppongo nel

caso d'Orazio abbondano gli esemp.

sar bene citarne qualche altro, sebbene s'attagli


al

abbastanza

caso nostro quello di Sant'Eusebia.

La
alle

leggenda di
elevato
il

S. Eleuterio riferisce

che seduto in luogo

giovane vescovo predicava un giorno

belve, le quali,

non potendo lodare Iddio con


il

la voce,

alzarono

tutte

piede

destro.
!

"

Veramente strana
(osserva
si

questa

maniera

di

lodare Iddio
(2).

sagace quanto
bene,

prudente)

Ma

un critico comprende assai

dinanzi

mi pare, supponendo che lo scrittore abbia avuto un quadro bizantino, dove una immagine era
da
diversi

circondata

animali in atto di cairuiiinare

(quindi con l'uno dei piedi anteriori alzato) da desti-a


e

da sinistra verso di

lei .

Anche pi

istruttiva per
(^>j.

noi la leggenda della Papessa

Giovanna

Di questa

(1)

Ant. Boni.

V
'

14.
"

(2)
(3)

P. Franchi de' Cavalieri

Studi e testi

'

VI

p. 145.

ToMASsETTi

Bull, archcol.

comunale

'

XXXV

(1907)

p.

82 segg.

33'^

a'

miei critici

favolosa Papessa

^i

mostrava in
diligeva
via
di

Roma
al
S.

la

statua, di-

rimpetto
il

alla basilica di S.

Clemente, nel punto dove

corteo papale

che

si

Laterano deviava
Giovanni. Era
la

dall'

ultimo

tratto

della

statua d"una divinit femminile diademata, dal nobile aspetto matronale, che allattava pudicamente un bam-

bino ignudo.
la

E
il

a quella

statua

per

l'appunto deve
al

sua origine

mito che proprio col, in mezzo

corteo papale, era morta subitamente di parto la donna

colpevole e sventurata, coprendo s e

il

papato d'igno-

minia. Sarebbe facile osservare che la statua d'una

trona la quale

allatti

pudicamente,
il

timore n di vergogna,
di

maombra di suo bambino nulla pu aver

ma

senza

comune con una donna che cerea angosciosamente di celare la sua colpa e muore tra le doglie del parto. Ma chi facesse una osservazione cos ovvia, sul genere di quelle che il De Marchi propone intorno alla
statua di Orazio Coclite, mostrerebbe
di

dimenticare
gli antichi

che

questi

miti

sorgono appunto perch


essi origine

monumenti che danno ad


tano
dalla

non

s'interpre-

fantasia

popolare come ragione vorrebbe

che s'interpretassero.

Senonch, oppone ancora U


inutile divien ricorrere a
la

De Marchi,

"

tanto pi
,

un mito

etiologico

quando
la

leggenda trova un naturale substrato storico nelle

condizioni poKtiche e topografiche della citt. Tra


riva sinistra del Tevere sulla quale sorge riva destra, la etrusca, c'
blicio
;

Roma
il

e la

un ponte
le

di legno,

Su-

di

il

nemico pu

minacciare la
ostili
i

citt.

Chiss quante volte conti'o

schiere

fanti

romani

si

saranno asserragliati su quel ponte, quante


si

battaglie

saranno combattute per sforzarne l'accesso


;

o per difenderlo

pi d'una volta anche sar stato ta-

gliato per supi-ema difesa.

Qui siamo

in pieno terreno

di verisimiglianza, anzi di certezza storica,

un terreno

IN DIFESA DELLA CRITICA

337
.

che

ben
di

si

presta alla leggenda

eroica

Ora pare
d' acil

quasi

incredibile

che

il

De Marchi mi

fraintenda al

punto

non vedere che siamo perfettamente

cordo, e che anche per

me

questo per l'appunto

sostrato storico della leggenda.


nella epopea popolare
dell'antica

Dopo
si

aver detto che


il
,

romana

rifletteva
gli

ricordo
trasfi-

guerra sfortunata con

Etruschi

gurato alquanto dalle condizioni di fatto dell'et posteriore


in

cui

le

armi romane trionfarono di


del
"
:

tutte.

l'una

dopo

l'altra, le citt dell'Etruria,

aggiungo, quasi

con

le stesse

parole

Marchi, questo periodo che


particolare del ponte Sublicio
alla realt storica

certo gli sfuggito


in questo

Il

doveva corrispondere

che

da quel ponte costruito in

legno....

dovevano naturalche pi
sia

mente tentare
casione
gli

di penetrare nella citt in qualsiasi oce

Etruschi;

non

inverisimile
si

d'una volta nelle guerre con gli Etruschi


il

preso

partito di abbatterlo. Perch poi al Coclite (voglio

dire alla statua cos chiamata del Vulcanale) sia stato

attribuito

il

gentilizio d'Orazio forse

vano mdagare
sia

pu darsi certo che qualche Orazio


nelle guerre tra

si

segnalato

Romani ed Etruschi De Marchi pare mi attribuisca l'opinione che le leggende sorgono a caso, come germofunghi, mentre il mio modo di gliano dal terreno
In sostanza
il
i

vedere al tutto diverso,

credevo

che trasparisse

chiaramente da ogni pagina della mia storia. La leg-

genda ha bisogno d'un sostrato, d'un sottosuolo quasi da cui prenda alimento pel suo sviluppo. Sostrato
delle

leggende medievali sugli imperatori, di cui ho


d'

fatto piti

un cenno,

la vivace

reminiscenza del-

l'antica grandezza di Roma. Nelle leggende dei martiri


si

effonde

il

pauroso ricordo delle persecuzioni

e la

venerazione per le loro vittime.

E
S.

la

singolare leg-

genda che ho citato or ora su


Gc.

Eusebia nasce dalla


2

De

Sanctis, Per la scienza clM' antichit.

838

a"

miei critici

memoria
dionale.

delle incursioni saracene nella Francia meri-

la

leggenda di Cbinzica de' Sismondi che


sterminio
.

salva

Pisa

dallo

pu

esser

nata

da una

statua di matrona

severa e dignitosa nel suo ampio

manto, murata in una delle torri del quartiere detto


di

Chinziea (1);
le lotte
i

ma

naturalmente

il

suo presupposto

son

combattute con varia fortuna dai Pisani

contro

Saraceni. Del pari la leggenda d'Orazio Coclite

come come
sti'ato

quella di

quella di Clelia

Mucio Scevola, la leggenda di Porsenna non si spiegano senza quel soil

appunto che ha indicato

De

Marcili

con

parole che non avrei difficolt di far mie perch ne ho


scritto altre al tutto equivalenti. Ci

non importa dav-

vero n la storicit degli eroismi d'Eusebia, di Chizica


dall'

d'Orazio Coclite,

n che

dobbiamo astenerci
i

indagare

come

si

sian formati

racconti che

li

non posso accettare co' suoi particolari il racconto dOrazio Coclite, non davvero perch " mi faccia paura ammettere la possibilit di fortunataun eroe storico che come Pietro Micca hanno per tema.
se

mente per
storica

la

sua gloria morto in tempi di pienezza


,.

(?)

facesse sacrifizio di s per la patria

Io ho

sempre

recisamente manifestato la mia disapijrova-

zione per quella pessima critica razionalistica che nega

un

fatto solo perch lontano

dal

comune;

il

critico

pu solo richiedere che quanto pii si allontana dal comune tanto pi un fatto sia assodato per mezzo
serio
di testimonianze fededegne.

del resto

il

fatto

d'uno

che sacrifichi s per la patria non

o
;

almeno non
certo

dovrebbe essere, fuori del comune ora

non era

(1)

Ghirardi.m
segj.

Rend. dei Lincei

'

ser.

voi.

(1892)

p.

539

IN DIFESA DELLA CF.ITICA

339

comune nell'antica Roma; che senza di ci i Romani non avrebbero conquistato il mondo. Ma ho
fuori del

detto gi pi volte perch sia

spesso

stretto

dovere

del critico sospettare di racconti altrettanto verisimili

o pi verisimili che non siano alcuni fatti storicamente


accertati.

ripeter

ancora

che

il

conservarsi
e sia

per

secoli

mediante

la tradizione orale,

pure

fissata

un

certo punto per>

mezzo dell'epopea, memoria pregli ei'oismi di

cisa di particolari
e di

come

Orazio Coclite

Mucio Scevola deve apparire, a chiunque abbia


della

qualche contezza della storia


l'epopea,

leggenda

del-

sommamente

inverisimile per

non

dire addi-

rittura impossibile.

Con
la

ci

mi sembra d'aver sufficientemente


mito
d'

chiarito

mia

analisi del

Orazio Coelite.
il

singolare

del resto
vilio

come il De Marchi Ahala non vuol saperne

quale nel caso di Ser-

di

muovere dal cognome


il

per spiegare l'origine del mito, qui trovi probabile che


*

quel brutto cognome di Cocles,


fisica

guercio, dato per

ragione

ad un Orazio
.

si

cercasse allacciare e

coonestare con la leggenda

E non
tratta

s'avvede che lad-

dove nel caso di Ahala

ragionevole
si

pensare ad un

mito etimologico, perch


invece

di

un cognome
unicamente
al

realmente portato da una illustre famiglia romana, qui


il

cognome
il

Coclite

appartiene
critico

mito, e quindi

procedimento

da seguire nel

discuterne al tutto diverso.

Rimane a

discorrere delle ripetizioni e delle

falsifi-

cazioni. L'argomento essendo pi noto, mi sar lecita

una maggior concisione, tanto pi che ho avuto gi a


farne

un breve cenno (sopra


ripetizione

p.

304. 312).

Uno

dei

modi
stesso

onde pi di frequente s'ampliano leggende e tradizioni


la

d'uno stesso

motivo o d'uno

particolare leggendario. Codesta ripetizione

dere

inconsapevolmente per un errore di

pu accamemoria e

340

a'

miei ckitici

soprattutto per quella specie d'attrazione per cui


cordi pi profondi e pi vivaci
si

ri-

associano e s'incore.,

porano

pi sbiaditi, quando, p.
o
al

al

martiiio d'un

santo pi celebre

racconto

d'

una battaglia che

pi rimasta famosa nella


plichi quel che si riferiva
tire

tradizione popolare s'ap-

originariamente a un mar-

meno

illustre o

ad un combattimento pi oscuro.
consapevolmente, per colmare

Pu
le

altres accadere che

lacune della tradizione o per abbellire un racconto


e

che correrebbe altrimenti troppo disadorno


d'interesse,

povero

un agiografo rimpolpi la sua storia d'un martire dimenticato desumendo da una passione a lui nota tormenti, minacele, miracoli e perfino nomi di Ijersecutori o un annalista per non tediare il lettore con la nuda notizia che si combatt sotto Chiusi o che fu proposta una legge agraria, vi aggiunga tran;

quillamente particolari
battaglia o dalle

attinti

dal

racconto

di

altra

agitazioni

popolari tra

cui in altri

tempi
e

si

vot una legge agraria.


di

v' infine un'altra

non piccola fonte

reduplicazioni.

Un

compilatore

trova raccontato presso

due

scrittori,

con particolari

un
gli

po' diversi, talora con

qualche

discrepanza nella

cronologia,

uno

stesso

fatto; e
tra le
si

converrebbe scegliere
veiit,

non avvedendosi che due versioni la men


tratti di

remota da

pensa che

due

fatti di-

versi e narra

due volte con un po'


e

di variet nei paral cri-

ticolari lo stesso

avvenimento. Certo non basta

tico che
si

due

fatti

due nomi

riferiti

dalla tradizione

somiglino per credere che l'uno sia ripetizione delRipetizioni, e singolarissime,


si

l'altro.

danno lungo

il

corso della storia, e proprio in queste pagine m' av-

venuto
zione

di ricordarne

alcune (sopra

p. 229).

Ma anche

qui

conviene innanzi tutto esaminare per qual via una tradisi

sia trasmessa.

Quando,

p. e.,

d'un martire in-

torno

al

quale

le notizie

pi antiche sieno scarsissime

IN DIFESA DELLA CRITICA

341
morte
eoi tor-

una passione
menti
e
stessi

d"et avanzata ci narra la

che

si

riscontrano in una passione antica

fededegna d'altro confessore, converrebbe rinnegare


;

ogni critica per non ravvisare una ripetizione

e l'ar-

gomento caro
pedisce che
stessi

ai tradizionalisti

che in realt nulla im-

due

tre

martiri

abbiano

sofferto gli

tormenti e fatto
affini

ai carnefici le stesse risposte o

molto

non ha qui punto


di simile
si

di valore.

Qualche cosa
e di

ha da dire

per la tradidel sec.

zione pervenutaci intorno alla storia

romana

buona parte del IV. A costituirla, i documenti autentici non possono avere contribuito che in misura
scarsissima
;

e vero

che

la

sostanza

delle pi belle tolte le


e

leggende risale all'epopea popolare:


notizie che paiono

ma

poche

desunte da
i

documenti
colori

tolte le

leggende in cui brillano

vivaci

dell'epica, risi

mane una immensa


ripetere

copia di notizie
probabilit

che

debbono

con grande

da
in

alterazioni o da

ampliamenti introdotti non sempre


annalisti.

mala fede dagli


gli

E come sappiamo
di

quanto sieno comuni

dobbiamo esser disposti ad attribuire alla reduplicazione una parte larghissima nel formarsi della pseudostoria romana
ampliamenti per via
reduplicazione,
antica: tanto

pi

che

nemmeno

quel che risale alla

vera e propria leggenda o ai carmi epici che l'hanno


fissata
fatti

pu andare esente da reduplicazioni. Basta inuno sguardo all' epopea omerica o al Kalewala
conto
pi
o
di

per rendersi
nel ripetere,
stessi

quanto l'epopea

si

compiaccia

meno

felicemente variandoli, gli

motivi.
nella
tutt'

In sostanza, chi dimentica ci e isola


zione

tradi-

romana ogni singola

notizia

dal

insieme

delle notizie che ci son

tramandate allo stesso modo, mi par che faccia come quel tale di cui narra a proposito d'una cosa simile il Costanzi, che voleva far

342

a'

miei critici

derivare l'imperativo
si

greco rptOye da
e
si

qpeO ye.

Certo se

isola questa
la

forma

preseinde dalle leggi che


degl' imperativi,

governano

formazione
si

siffatta

spiegazione non

saprebbe rispondere cosa che valga.


il

Ma
che

in tal caso occorre poi


vi

rispondervi?
il

Non

vorrei

somigliasse l'argomento con cui

De Marchi com-

batte la

mia asserzione che


sia

l'assedio posto a

Roma
^

dai

Veienti nel 476

una

infelice e sbiadita
il

reduplicaera

zione dell'assedio di Porsenna. Certo

Gianicolo

sulla via di chi dall'Etruria minacciava

posizione la cui occupazione

era

per

Roma e forte Roma pericolo


in-

imminente

Certo la porta Collina con ragione


"

dicata ripetutamente
zioni contro

come punto
Ma,

strategico in opera-

Roma

se vero

quel

che

siamo

venuti ragionando, attesa la

immensa

scarsezza di do-

cumenti

anteriori

all'

incendio gallico, pare

estrema-

mente
del
stesso

difficile
si

che d'una scorreria etrusca senza effetto


ricordo
scritto;
e
il

476

conservasse
e la

colorito

scialbo

povert del racconto fa ritenere

che non risalga n alla tradizione orale n all'epopea


popolare.

che

gli annalisti,

Abbiamo quindi ogni ragione di supporre come hanno immaginato a poca didi dirci che

stanza di anni una doppia distruzione di Pomezia (di-

menticando persino
fu ricostruita) e

nell'intervallo la citt

come hanno narrato due

volte l'in-

cendio che avrebbe divorata la citt di Satrico salvo


il

tempio della Madre Matuta, cos abbiano due volte


aveva conservato ricordo nei

narrato lo stesso assedio posto dagli Etruschi a Roma,


di cui l'epopea popolare

carmi

che

celebravano

Porsenna

gli

eroi

romani
lo

Orazio e Mucio Scevola.

Senonch
stesso

vi

sono

altri casi in cui al

De Marchi
"

supporre una reduplicazione pare


.

un

far vio-

lenza ai fatti

Tale sarebbe
Il

il

caso della rogazione


si

agraria Licinia-Sestia.

De Marchi non

d la pena

IJT

DIFESA DELLA CRITICA


addotti dal Niese e da

343

di ribattere gli

argomenti

me
ri-

contro l'autenticit di questa rogazione agraria, che

putiamo una
lista

falsificazione fabbricata

da qualche anna-

ricopiando
"

una

legge

molto posteriore, perch

ci

lo

porterebbe troppo in Inngo

ma

si

contenta di

additare
forse

alcuni indizi in favore. Veramente questi son


di discussione

metodi

alquanto comodi

spicci.

Ad
gli

ogni modo, poniamo che io non abbia detto nulla


e
"

che A'alga la pena d'esser preso in esame,

discutiamo

non lieve gli pare " la notiziola che ci d Livio sulla condanna inflitta a Licinio stesso dal pretore M. Popilio Lenate per avere eluso la legge sua con una finzione legale "Una tal notizia (egli scrive), cos come data da Livio, asciutta, senza commenti ai quali ben poteva prestarsi, col nome del magistrato giudicante, mi ha tutta l'aria di notizia attinta a fonte genuina molto pii che non pu ritenersi foggiata nell'officina di un glorificatore del gran cittadino democratico . E qui mi perdoner
,.
:

argomenti del De Marchi. Argomento

il

De Marchi

se gli osserver

amichevolmente che nel

discutere la tradizione e nel criticare le opinioni altrui


egli

avrebbe dovuto adoperare alquanto pi rigore

di

metodo. Livio non parla


cante.

punto

d'un pretore giudi-

Che

se

ne avesse parlato, avrebbe con ci for-

nito senz'altro la prova che la notizia

non

autentica,
il

perch M. Popilio Lenate era plebeo, mentre


pretore plebeo solo del 337
:

primo

n quest'ultima notizia

pu revocarsi

in dubbio, essendo fondata

evidentemente

sui fasti pretori, che si

conservavano certo dal 366. Pare

quindi che Popilio Lenate non potesse multare Licinio


se

non

in qualit d'edile.

Ma

gli edili

in

un caso

si-

mile potevano

soltanto traduiTe l'accusato innanzi ai

comizi e proporre la condanna,


tata dal

che doveva

esser vo-

popolo

onde

in

siffatti

processi edilizi ven-

gono usate quasi sempre

le

frasi

diem

dicere,

midtam

344
inrogare, a pud

a'

miei critici

popnlum accusare. Non che il termine damnare detto d'un edile sia al tutto inaudito ma certo che nel passo di Livio manca quel che potrebbe
;

essere contrassegno d'autenticit

la

designazione del

magistrato giudicante e
al caso.

il

vocabolo tecnico appropriato

Inoltre
si

non

sappiam

punto che

di

siffatte

multe

edilizie

conservasse

un

registro, o

almeno
;

che questo registro fosse pi anticamente se ne


doni votivi che

consultato

dagli annalisti

anzi l'esame di parecchi casi analoghi fa credere

che

conservasse

memoria
doni

solo dai

con l'importo delle multe


:

inflitte in-

nalzavano

gli

edili

sicch

di

tali

fatto pi

volte esplicito ricordo accanto alle multe. Qui


tal ricordo,

manca

che pur sarebbe

un

indizio prezioso.
il

pu

citarsi

come contrassegno

d'autenticit

N nome

del magistrato giudicante. Di fatto

M. Popilio

Lenate

console nel 359, nel 358, nel 350 e nel 345 non era
certo edile nel 357; e neppure poteva rivestire quella
carica nel 357 del
il

M. Popilio Lenate,
che
fu

figlio,

precedente,

console nel 316.


di

trattarsi di

un

altro

M. Popilio Lenate
le
il

come pare, Pu certo cui ci manchi


degli
di Li-

ogni contezza.

Ma

innumerevoli

falsificazioni

annalisti svegliano

sospetto che la condanna

cinio fosse attribuita senza specificazione di magistra-

tura a M.

Popilio Lenate

solo

perch questi,
al consolato, era la

come
senza

mostra

la

sua ripetuta elezione

dubbio uno degli uomini pi stimati tra

plebe nel
alla

momento

in cui

plebei furono
sia,

ammessi

magi-

stratura suprema. Checch ne

non eredo che possa


il

allegarsi a favore d'una notizia sospetta un'alti-a di cui

nulla dimostra l'autenticit. Vero che se


di Popilio inventato,

giudizio

non

lo

inventarono, come giui

stamente osserva
cinio
fra gli

il

De Marchi,
costui

glorificatori

di Li-

Stolone.

Ma

non dovrebbe aver trovato


glorificatori? Gli

annalisti

altro

che

sarebbe

IN DIFESA DELLA CRITICA

345
politici

toccata in tal caso

uua sorte

tra

uomini

pi

unica che rara.


Sugli altri argomenti del
sario spender molte parole.
,

De Marchi non
L'uno

"

necesgli

che se

au-

nalisti

inventarono quella legge per mire tendenziose,

sarebbe stato facile agli avversari


sit

dimostrarne

la fal-

attingendo a quegli archivi stessi


altri fatti

dove

attinge-

vano
tesi

del

tempo

,.

Ma
si

abbiamo gi pi volte
riducessero questi pre-

accennato a che magra cosa


archivi
:

qualche

lista

di magistrati,

qualche an-

notazione di pontefici,
testo di legge.

qualche

trattato, qualche raro

Con

tali archivi,

anche se
gli

vi

si

facevano

quelle ricerche coscienziose che

annalisti

romani

non si son mai curati di fare, dimostrare la falsit di un documento doveva essere quasi impossibile, tanto
pi poi che
i

documenti erano
si

scritti in

un

latino ar-

caico che nel secondo secolo

stentava a capire.

dovrebbe dimenticarsi
s'aveva a procacciarsi

il

testo da

me

gi citato, dove

Cicerone deplora la difficolt che anche al suo tempo


il

testo genuino d'una legge.


vi

Ma
non

ammettiamo pure che


la

fossero,

come

certo

v'erano, ricchi e accessibili archivi

donde potesse

trarsi

prova della

falsit

d'un documento inventato da un


la fabbrica e la

annalista.

Forsech ci poteva impedire


i

fortuna di notizie che

documenti avrebbero potuto


credito

smentire o persino di documenti falsi? Certo che no.

noto,

ad

esempio,

quanto

abbia

goduto

una notizia data


di Cristo

da Tertulliano su Tiberio. Questo


suo parere favorevole al ricodio,

imperatore avrebbe riferito al senato intorno alla morte

esprimendo

il

noscimento di Lui

come

proposta
il

che in senato

sarebbe stata respinta

nonostante

parere imperiale.

Or certo in questo caso era


del senato

facile

per davvero dimo-

strare la falsit di tale asserzione ricorrendo agli atti


;

pur nessuno

se n' presa la briga

talch

346

a'

miei cpaTici

sicuro dell'impunit qualche falsario ha persino osato

fabbricare

le lettere

di Pilato che

avrebbero indotto in

quella opinione Tiberio.

Ma
riali

del resto

argomentando con tanta


falso, tutti
i

fiducia

nella

pronta scoperta del


o le false

falsi

diplomi impe-

bolle

pontificie fabbricate in

una et
riusciti

in cui gli archivi


tarsi fededegni

non

mancavano, dovrebbero ripuanzi che

quando, come non raro, son

ad acquistar
gnarci

ci'edito.

Temo

dovremmo

rasse-

persino ad attribuire indubbia autenticit alle


pseudoisidoriane, che ebbero nel medio evo
cos meravigliosa

decretali

una fortuna

come immeritata.
le falsifica-

penso che chi abbia famigliarit con

zioni medievali trover assai

pericolosi anche gli altri


la

argomenti addotti dal De Marchi. Una legge come


Licinia agraria,
"

che dovette avere una cos profonda


dal

ripercussione economica a non eccessiva distanza

sorgere dell'annalistica, deve

aver

lasciato (stando al

De Marchi) troppe
una

traccie documentali per esser lecita


.

finzione cos diffusa

Mi fermo

ajjpena a notare
sec.

che delle condizioni economiche del


avessero lasciato quelle
tali

IV, anche se

abbondanti traccie documen-

che. a

quanto pare, non lasciarono, doveva essere


difficile,

estremamente
annalista
dell'

per non dire impossibile, a un


Cr.
di

80

circa av.

come

Licinio Macro,
s'ac-

dopo tante trasformazioni,


costasse
alla

farsi

un'idea che

verit.

E, prescindendo

da

ci,
la

l'ax-go-

mentare a questo modo vai quanto dire che


documentali per esser
che quindi dobbiamo
lecita

dona-

zione di Costantino doveva aver lasciato troppe traccie

una

finzione cos diffusa e

reputarla autentica.

De nome
il

Marchi,

"

l'uso stesso di designare

Ma, secondo una legge col


facile
il

del suo proponente

rendeva assai
e

per-

petuarsi

d'una tradizione

audace una
,.

falsificazione

che pretendesse a qualche credibilit

Possono

per-

IN DIFESA DELLA CRITICA

347
sono disposti
le

altro

argomentare cosi solo quelli

che

ad

aiK mettere la storicit di tutte senz'altro

roga-

zioni di cui fa ricordo la storia

romana pi
che,

antica, e

credo che saranno assai


designarsi
le

pochi; e quelli

usando

decretali

col

nome

del

Papa

a cui eran

dovute, siano disposti ad ammettere, ad esempio, l'autenticit della falsa decretale


et no7t

gelasiana de recipiendis

recipiendis libris, e credo che oggi

non ve ne

sar nessuno.

della critica del

Mi pare d'aver chiarito cos in che stia il difetto De Marchi. Il mio erudito contradi

dittore studia

miti

etimologici,

miti

etiologici, le

reduplicazioni, le falsificazioni dell'annalistica

romana
e

come
gli
alle

se

non vi fossero

altri

miti etimologici, altri miti


falsificazioni
;

etiologici, altre reduplicazioni e altre

avviene di trovar buoni alcuni criteri che applicati

analoghe finzioni di tutti


delle pi bizzarre

tempi condurrebbero
le

ad affermare la veridicit di tutte


logie
e

pi strane etimo-

leggende

medievali e l'au-

tenticit degli

Ada Pilaii e delle

false decretali. Inoltre

isolando

singoli dati della pseudostoria


della

romana dal
di

tutt'insieme

corrente tradizionale

cui fanno
la

parte, par che creda

d'averne
di

dimostrato

storicit

quando

gli sia
fatti

avvenuto

riscontrar

nell'et

storica

esemp di

apparentemente meno
in

inverisimili.

Cos

incorre per l'appunto


cui

quel
io

razionalismo critico di

mi

fa carico

che

ho cercato invece, quanto


attendibiin-

era in me, di schivare. Io penso che sempre convenga

muovere dalla ricerca


lit

della natura e della


tal

delle fonti.

Quando da

ricerca sono stato

dotto a ritener probabile o cerio che

una notizia non

)48

a"

miei critici

fosse

fededegna, ho creduto doveroso

indagare come

poteva aver avuto origine e diffusione, tenendo sempre


presente la origine e la diffusione di finzioni d'et pi

tarda che

il

riscontro delle fonti storiche ci permette

di riconoscer sicui-amente

come

tali.

Dei

criteri di ve-

risimigliauza e d'inverisimiglianza ho fatto uso,


via sussidiai'ia
:

ma

in

tante cose inverisimiLi son vere e tante

verisimili false! Soltanto, assodato che


dizionale, quella p.
e.

una

notizia travinti,

sulla sorte degli

Albani

non

merita

alcuna

fiducia, conveniva,

prescindendo dalla

tradizione, cercare la probabilit, ove la certezza ci

negata,

movendo

dalla

verisimiglianza,

dalla

conve-

nienza e dall' analogia.

Son

queste senza dubbio in-

dagini ardue e delicate, se

commettendovisi

si

rischia

talora d'esser fraintesi persino da eruditi onesti e valenti

come

il

De Marchi. Ma

solo per questa via pu,

a mio avviso, portarsi

qualche

luce sulla storia ro-

mana pi

antica.

X.

Per rintuzzare

l'acrisia

^^\

T
TTgpavTOv

XP'lLta

TUV VUKTJV GOV

onoB' i*mpa Y^vriaerai;


Aristofane.

Pietro
*

Bonfante

in

un

articolo

pubblicato
col titolo

"

nella

Rivista italiana di Sociologia

(2)

Ten-

denze e metodi recenti negli studi storici

prende ad
la

esame, per studiarvi appunto questi metodi recenti,

(1)

divei'sa e

Questo saggio fu dato alla luce in una forma un po' con diverso titolo nella Rivista italiana di
'

XII (1908) fase. XII p. 777 segg. Dopo la nota inserita dalla redazione della Rivista a p. 815 e dopo la replica del Bonfante ibid. p. 815 segg. non era pili possibile naturalmente serbare sempre all'articolo
sociologia'
a.
'
'

la

intonazione

moderatissima con cui fu pubblicato

la

prima
al

volta. Trattandosi per di modificazioni formali e

pi di piccole aggiunte

testo di parentesi quadre.

s'intende, intatte

non ho creduto ingombrare il Le argomentazioni son rimaste, della replica del Bonfante si tien
(p.

conto in apposito paragrafo in fine


(2)

420

segg.).

XII

fase. II p.

219 segg.

350
mia Storia

a"

miei critici

dei RoiHCuii.

Non metterebbe

forse

il

conto

di rilevare quel ch'egli dice in

biasimo del mio libro


sostanza una recen-

in siffatta sua analisi, che

in

sione

perch
alle

le

recensioni sono state paragonate giu-

stamente
della

foglie

che

il

vento

brumale
e

disperde

famosa

similitudine

omerica
il

perch quando
il

altri usi

verso uno studioso

tono che assume


sar male
critico in

Bon-

fante, l'assalito
alla scienza

dovrebbe

in generale tacere per lispetto

ed a s stesso.

Ma non
del

rettifi-

care le molte asserzioni eiTate


di storia

materia

romana, poich potrebbe avvenire che desse


;

loro credito la notoriet del giurista che le propone


e coglier

questa occasione per chiarire parecchi miei

concetti ed ipotesi che egli fraintende.

del resto in-

teressante

il

suo scritto come saggio di una di quelle

tendenze che ho pi vivacemente combattute, ritenendole esiziali alla seriet e al progresso degli studi storici
:

il

dilettantismo.

Non

esita infatti

il

Bonfante ad

imitare coloro che scrivono di storia senza una cognizione sufficiente delle fonti e dei sussidi moderni, con

una erudizione improvvisata, con un metodo incerto


e contraddittorio,

con

la pretesa di

mostrare genialit

mettendo fuori ipotesi campate

in aria, che

dimostrano

solo la scarsa coltura di chi le presenta.

Chiarir questi concetti esaminando a parte a parte


le

note

marginali

ch'egli vien

facendo all'uno o

al-

l'altro

punto della mia Storia dei Romani.

Ma

convien

che faccia una premessa.

Non

solo

il

dilettantismo del

Bonfante

si

manifesta nella sostanza di ci che scrive,

ma,

e pii ancora, nella

forma, dimentico com'egli in

tutto dei riguardi che usano tra uomini di scienza.

Or

anche su questa mancanza di riguardi mi par che sia bene richiamare l'attenzione del lettore. vero ch'egli
cerca di giustificarla
Storia dei

accusandomi

di

assumere nella
,.

Romani

" il

tono del libro della verit

PER EINTUZZARE l'aCRISIA


"

351

Esula dal suo discorso


il

(scrive egli di

me)

in

una

misura che sorprende


spirito cristiano,

sentimento della umilt, e non

diciamo di quella umilt un poco leggendaria dello

ma
"

di quella

umilt scientifica che

il

lungo studio ispira ad ogni cervello pensante. La sua


opinione

sempre
"

certa

,
,,.

l'opinione da lui combat-

Tuta sempre

erronea
gli

Pi dubbie espressioni, pi
quasi

acconci epiteti non


innanzi tutto
il

soccorrono

mai

Qui

Bonfante asserisce, certo inconsape-

volmente, cosa non vera, dimostrando con ciuanto poca


attenzione abbia letto
il

mio
"

libro.

Non

v' quasi pa-

gina della Storia


frasi

dei

Romani
,
:

in cui

come
"

"

possibile ,

pu darsi

non ricorrano " non dif,,


cri-

ficile 3,

sembrerebbe

frasi

che per scrupolo di

tico

ho

l'ipetuto fino

al

tedio

migliaia di volte non

efficace

rendevo con esse pi monotona e meno mia esposizione. Molte volte, vero, ho creduto che le mie conclusioni fossero probabili o

curandomi
la

se

certe.

Ma

chiaro che se

non avessi stimato


o
la di scrivere

di poter

raggiungere molte volte

la probabilit

certezza,
storia dei

non avrei mai dovuto osar Romani. Ed pur chiaro


data
ipotesi,

una
vera,
la

che, tenendo per vera

non potevo tenere per


il

una come par


ed invece

che mi suggerisca

Bonfante, anche

ipotesi op;

posta, per la contraddizion che noi consente


di sorvolare sui dissensi

ziato indicarli e

ho creduto dovere di scienrimandare lealmente ai libri ove son


quando,
carattere
d'
s'

difese ipotesi diverse dalle mie,

intende, a
scientifico.

questi

libri

potevo

riconoscere

Non mi
se avessi

pare con ci d'aver

mancato
il

umilt.

Che

mancato, non

certo

Bonfante
teoria
"

potrebbe

rimproverarmene.
egli

tutti

noto con quale violenza


la

ha

sempre
diritto

sostenuto

sua

sul

testa,

mento nel
al

romano.
il

l'umilt

esula

poi

tutto (per usare

suo elegante

frasario di causi-

S':i2

a"

miei critici

dico) dall'articolo di cui ora discorro.

Qui

egli risolve

con mirabile sicurezza ardui problemi d'archeologia


di filologia, scienze di cui

manifestamente ignora, come


dimostra
studi,

or ora dimostrer, financo gli elementi; e contro chi


osi pensarla

diversamente da lui

il

critico si

furibondo, trattando me, incanutito

in

quegli

con

una scortese

burbanza con cui non oserebbero


diverse
di

trattarmi veri archeologi e filologi d'opinioni

daDe mie.

ogni passo

poi

egli

mi accusa

non

intender nulla, di scindere, omettere, alterare, disprezzar


dati o perfino di travolgerli, di dar giudizi equivoci o
difettosi, di scriver
d'

con manifesta sconoscenza del tema,


e
superficialit, di acfa

inconsapevolezza, limitatezza

cettare o respingere dati perch

mi

comodo,

di

pormi

degli inutili problemi per risolverli in


mile. Y'

modo

inverosi-

appena bisogno ho

di dire che frasi sul genere

di quelle che

citato nel

mio

libro

non ricoiTono

che m'avviene bens talvolta di respinger teorie altrui,

ma
di

avrei arrossito di fulminarle con la furibonda

i-e-

torica del Bonfante.

Sicch

quando

egli

mi

rinfaccia
"

mancar d'umilt, aggiungendo che


,
il

lo studio

ispira

umilt ad ogni cervello pensante


giudicare se per avventura

lascio al lettore di

Bonfante non abbia con


s

questa frase pronunciato contro

stesso

una cons

danna che quella cortesia


scarsi esemp

di

cui egli

mi ha dato

discorrendo del

mio
mia

libro,

impedirebbe
coscienza di

me Ad

di pronunciare.

ogni modo, forte della

retta

studioso,

ho tutto
tratta

il

diritto di protestare
e ostile

vivamente
il

contro
fante

il

tono aspro, violento


;

con cui

Bon-

mi

poich io non son reo d'altro delitto


il

che quello d'aver dato alla luce


in cui

solo libro

italiano

sono ricercate
il

scientificamente le cagioni ed

narrato criticamente

modo deUa

riduzione d'Italia

ad unit sotto

il

primato di Roma.

PER EIXTUZZAKE l'aGRISIA

353

Dopo aver censurato


todo
e

nella introduzione

il

mio me-

detto che delle mie teorie non sono solito adil

durre elementi giustificativi,


parole
del

critico

si

sbriga in due
dei

primo

capitolo della

Storia

Romani,

che d ragione del metodo da


della tradizione e

me

seguito nell'analisi
giustificativi

fornisce
il

gli

elementi

della critica che in tuttc


e di Dionisio.

libro faccio ai dati di Livio

Non

s'avvede

neppure

il

Bonfante che
secolo av. Cr.

se la tradizione storica sul


s'

sul

IV

formata nel

modo

che ho tentato di delineare, se

vi

popolare e

hanno avuto parte relativamente cos larga l'epopea i documenti indigeni antichissimi e cos
elleniche, convien ritenere

scarsa invece le invenzioni

nella sua sostanza errata l'analisi che di quella tradizione

d E. Pais e cercare

per tutt'altra via l'elemento

di

come ho procurato di mostrar praticamente soprattutto al capo XY. In un articolo sui metodi recenti negli studi storici non poteva
verit che v' contenuto,

dimostrar meglio

di cos l'autore,

proprio sul principio apprezzare


le

della sua polemica,

quanto

sappia ben

questioni metodiche fondamentali e qual diritto abbia


di trinciar giudizi sul

metodo. E, senza por tempo in


il

mezzo, egli

s'aff'retta

poi a mettere in luce

suo di-

fetto di critica.

Ho

notato nel mio libro, a difesa del-

l'autenticit dei Fasti, tra

non pochi
'^

altri

argomenti,
;

uno che
"

il

Bonfante trova

sorprendente

ossia che

il

principio della lista risale soltanto al 500 cio ad

un'antichit

ben mediocre, mentre un

falsario

si

sa-

rebbe con ogni verisimiglianza tradito facendo principiare la sua lista nella notte dei tempi,
delle sacerdotesse di
Gr.

come

la serie

Era Argiva

(I p. 2). Il

Bonfante
23

De

Sakctis, Per la scienza, dM'antichiU.

354

a'

miei ciuTici

oppone
della

"

che un falsario non avrebbe potuto respindei

gere nella notte

tempi

troppo
(p.

remota
"^

l'

origine

repubblica romana

223). Qui

sorpren-

dente

solo

il

saggio di critica che egli d.


la

noto

ed ormai ammesso generalmente che


fissa al

tradizione

509
i

le

origini della repubblica perch col

5u9
se-

cominciano

Fasti consolari.

Un

falsario

dunque

condo

la critica del

Bonfante non avrebbe potuto coi

minciar molto prima

Fasti perch

le

origini

della

repubblica, partendo precisamente dai Fasti, sono state


fissate al 509.

il

Bonfante mostra
son

di

sapere

che
e.,
i

anticipazioni

siffatte

tutt'altro che rare: p.

principi della repubblica ateniese, che spettano al se-

colo VII o tutt'al pi airVIII, sono stati riportati tempo della migrazione dorica o perfino a quello

al

di

Teseo.

Queste son cose di poco momento in


notevoli per giudicar del
rica del nostro critico.

s,

per quanto

metodo Pi grave
di

e della dottrina sto

che nel suo

dilet-

tantismo e nella sua


vien
Arii
sulla
e la

fi-etta

scrivere quel che gli


la

penna

egli fraintende

mia teoria sugli


coimnenti

presenta

quindi

al

lettore, tra

tutt'altro che benevoli al

mio

indirizzo, in

modo non
nella

rispondente
storia
(I p.

alla

verit.

Ho
pari

detto

chiaro

mia

77)

che

il

popolo
di

indoeuropeo
tutte
le
fin

proba-

bilmente

complesso
e di

al

nazionalit
dalle
ori-

moderne
gini

molte preistoriche e che


fossero
tra gli
Si

da ritenere vi
brachicefali
e

Arii

biondi e
ci

bruni,

dolicocefali.

vede da

che

come di una d'un poma come antropologico, nel senso razza elementi disparati formata d' nazione d' una polo o e che poi s' scissa in altre nazioni. Che se il Bonfante crede d'insegnarmi come ora il problema delle
non ho
inteso
di

discorrere degli Arii

lingue

si

separi

nettamente da quello delle razze, ho

PER EI5TUZZAEE l'aCRISIA


ragione di fargli osservare che nessuno ha pi di
separato nettamente
io
atfatto
i

355

me

due problemi,

che non avendo


razza

inteso

parlare d'una vera e propria

aria,

tutto ci che dice partendo dal presupposto che

gli Arii siano

una

razza, per combattere le


al

mie teorie
che infine

sugli Arii, son parole gettate

vento;

per discutere utilmente una teoria bisogna cominciare


col capirla.

Ma non
elementi

solo per discutere le


s

mie teorie sugli Arii


i

bisogna capirle,
della

bisogna saper se non altro

primi

filologia
il

comparata.

nulla, proprio

nulla ne sa purtroppo

Bonfante. L'unit linguistica

aria (egli asserisce con quella sicurezza che a torto


rinfaccia, perch io l'adopero parlando di materie

mi
che

ho studiato)

"

si

riduce ad un
(pag. 223).

mitato di voci

Or

numero abbastanza licos pu esprimersi


fanciulli
Ig,

soltanto chi reputi

un giuoco da

glotto-

logia e fatica gettata l'opera che vi

hanno speso Bopp, Schleicher, G. Curtius, Ascoli, Brugmann. Con un numero limitato di voci infatti nessun uomo di scienza ha mai costituito una unit linguistica l'inglese, per esempio, ha comune col francese un numero stragrande di voci, e pur nessuno ha pensato di farne una lingua,
;

neolatina. L'unit linguistica aria


identit di struttura
netica, la
sulle

si

fonda invece sulla


la fo-

grammaticale che v' per


e la

morfologia

sintassi tra

le

lingue arie,

analogie nel

loro

svolgimento, sulle innumerearie

voli parole di tutte le lingue

che

si

riducono a

radici

comuni.

Di tale sua dottrina glottologica


dilettante fi-equenti saggi.

poi

il

critico
e.

un

certo punto p.

ac-

cusandomi

di

aver trascurato

le relazioni tra

Umbri,
egli

Sabini, Oschi e Latini, si studia di determinaiie


stesso (p.
tesi)

234).

Con

ci

mostra

(sia detto
il

tra paren-

d'aver letto

assai

disattentamente

mio

libro.

a'

miei critici
la posizione

dove

chiaro pur messa bene in


i

isolata

che occupa tra

dialetti italici

il

latino a

fronte

di

rp;t;:a'iLte:ai .a.:
latna dovrebbe

'

Forse >al|ngu.
to sa-

essere classificata

come un dmle

popolo e del d.ameraavere un sigmficato Lttodel Lazio potrebbe e etnologuo non un valore storico e Mterario,

bemoomente

'''^*" ''' ^- 1'-'"^

wlsco,
"o

come a un dipresso

la

pospone

dell at-

te ^ella classificazione Ecco: se assorbito dal ion.co .. iaW ellenici rimane docunessun non sopravvivesse a Hnlua latina d si conoscesse non se n letterario,

linguistica generale de

!l n eirafico :r androne n
a, l'ipotesi si

una glossa osca,

potrebbe forse

^^'^^^I

arra, campate iletta di ipotesi potrebbe and e c,ualcosa ipotesi valgano ff. te cbe documenta

--.l-^^f^^.'^^.^J^ e da eh. cede

avr

lode di genialit.

Ma

iu

realt essa

crni.tica

prima ed epigrafia italica

di

paiiarne

i^^i

..-.te

13

e nella

drammatica, a

del lui certo ignota,

Zt::;';^:;;

gravissima ragione

e- -sostitu.

^:rt:::trrci::rrr-^^^

To
nico

:trdatoapprezzarel-importanza_di.uesta^e
che non

fonetiche, simili peculiarit """J' e discrepanze tra 1 attico ron le tenui e recenti

-"7,^ io
1

mI

triste di vedere
le

uno studioso gridare

a:

quattro venti

coltura. deficienze della sua

(1) Storio ilei

Roiai

1 p.

104 segg.

PER RINTUZZARE L ACRISIA

357
son
le

Tornando
deduzioni

agli Arii,
il

degne

delle

premesse

che

Bonfante ne
qui

trae. Riferita la carat-

teristica che credo

debba darsi degli Indoeuropei,


l'autore
{sic)

egli

nota che

"

evidentemente

sedotto dalla
aria primitiva
occi-

unit linguistica descrive la razza

desumendone
dentale
tico

caratteri dai popoli della civilt


,.

europea
di
arii,

mostra

Evidentemente qui invece il criaver poca familiarit coi documenti


d'origine
asiatica

antichissimi

entrambi, da cui

ho tratto quasi per intero quella caratteristica, l'epopea


omerica
quale
ci

Veda. Che se

le

caratteristiche

dell'Ario
il

appare

nell'Iliade sono, nonostante

grado

diversissimo d'incivilimento, tanto simili a quelle dell'

Italiano

dell'

Inglese
le

d'oggi
le

che

il

potuto scambiare

une con

altre,

Bonfante ha ognuno vede


metil

quanto
tendo

sia antiscientifico voler scrivere di storia

l'unit

aria

da

un
"

canto. Si chiede quindi

Bonfante che cosa


i

direi

se

alcuno volesse ricostruire


Direi che prima di tutto

caratteri della razza che

popolava l'antico Lazio dai

Messicani o dagli Argentini

questa osservazione non perch io non

si

attaglia
di

punto

al

caso mio

ho

fatto nulla

simile; in secondo

luogo poi che


di

chi facesse a quel


di etnografia

modo

dimostrerebbe

non saper nulla

n di storia. I Mes-

sicani,

come

noto,

sono Spagnuoli con larga immi-

stione d'elemento indiano, e

non pu n per questo n


pretendersi di
gli

per

l'elemento

spagnuolo

trovarvi le

caratteristiche dei Latini, jerch


in

Spagnuoli

sono

massima Iberi latinizzati dai loro conquistatori italici pivi civili. Tra gli Argentini poi e gli Indoeuropei
v' differenza assai

meno profonda,
gli

ond'essi

si

vantano

non

torto

d'essere

Anglosassoni dell'America

meridionale; e ci in grandissima parte per ragioni di


carattere

geografico ed economico, in parte

non

pie-

cola anche per ragioni di carattere etnico, essendo in

358

a"

miei ckitici

quel popolo assai minore che non nei Messicani

l'ele-

mento indiano
tutti sanno.

e assai

maggiore

il

contingente ario

fornito dalla emigrazione europea.

Son queste cose che


Si direbbe che no,
ai'go-

Ma

le sa

il

Bonfante?

poich

egli si

sarebbe guardato dal suggerirmi


in favore delle
i

menti cos validi


egli

mie
i

teorie.

Ma

forse

ha voluto

dire che
arii

Latini,

Greci,

Germani

pur non essendo


arie,

potrebbero avere adottato lingue


i

come

solo per lingua son latini


si

Messicani. Qual-

cosa di simile
linguistica.

dice infatti talora dagli ignari della

ci

da rispondere che
si

le

lingue non
e

sono come un soprabito che


le

cambia a piacere
i

che

condizioni in cui vissero antichissimamente

Latini

nulla hanno di
tinizzazione

comune con
Iberi.
"

quelle che spiegano la la-

degli

Perci

appunto
e

io,

non

perch intenda di trattare

con ingiusto

malcelato

disprezzo la scienza italiana,, non posso tenere alcun

conto di teorie

il

cui

punto
le

di

partenza l'ignoranza

assoluta dei risultati della filologia comparata rispetto


alla unit aria
:

teoi'ie

quali

sono quindi in tutto e

per tutto antiscientifiche.

Continua poi
sattezze
le

il

critico a vituperare tra continue ineteorie.


"

mie
quale

Dice

p. e.

'"

significativo

il

modo
io

col

elimino

la teoria

che riporta gli

Arii alFEuropa.

qui convien notare che questa teoria

non

la

"

elimino

punto,

anzi

le

faccio

una con-

cessione

larghissima ammettendo col Kretschmer che

gli Arii primitivi

possano aver vagato coi loro armenti


(I p. 79) nelle

oltre la

sponda europea dell'Ural

steppe
"

della Russia meridionale.

Ma

v' di peggio: io
(il

eli-

mino
'^

la

Russia meridionale
e
la

che non conforme


far

a verit)

regione dei Carpazi, senza


col

parola
lin-

delle relazioni di questo suolo


.

patrimonio
egli

guistico degli Arii

Ora l'accusa che

mi

fa

con
che

questa impropria e poco

felice espressione e quelle

PER KINTUZZAEE l'aCRISIA


vi collega
scritti

359
gli altri

dipendono

dal

non conoscere n
in

da

me
delle

citati

particolare

quelli

dello

Schrader e del Kretsclimer a cui ho


trattando
origini

rimandato. Pur

degli Arii con

maggiore

lar-

ghezza di
greca
il

non faccia p. e. nella sua storia Beloch, era mio dovere limitarmi a qualche
quel che

cenno

e rinviare agli scrittori

che discutono in

modo

scientifico la C[uestione e in specie a quelli le cui ve-

dute pi

si

accostano
io se le

alle

mie

come
al

il

Kretschmer.
e

Che colpa ho
di J.

argomentazioni del Kretschmer


al tutto

Schmidt essendo

ignote

Bonfante, egli

non

riesce a trovare gli elementi giustificativi delle


il
"

mie

teorie? Singolare poi ch'egli m'ascriva

domma

della origine degli Arii primitivi dalla Battriana.

Prima
cau-

di tutto io

adopero rispetto a c[uesta ipotesi


e

somma

tela di espressione

che,

non la dommatica asseveranza appunto perch non molto informato dei problemi
usa

di cui discorre,

assumere

il

Bonfante;

poi

sono
ri-

ben lontano dal parlare della sola Battriana, anzi


meridionale possa essere stata occupata

tengo col Kretschmer che anche la steppa della Russia


antichissima-

mente dagli

Arii, e

accenno del resto vari argomenti

in favore di questa ipotesi, rinviando per altri

ad opere
bens
;

che cito. Sulla patria degli Arii


varie ipotesi,
e

possono

farsi

d'un

ma non v' domma pu solo

per ora certezza scientifica


parlare chi
delle

argomen-

tazioni su cui quelle ipotesi son fondate nulla conosca.

Indagando del resto quale fosse


tnni conto,

la

patria degli Arii

com'era mio dovere,

delle diverse teorie


"

sulla sede originaria degli Ugro-finnici.


di

Ma

la patria

costoro (esclama in tono di trionfo


!

il

critico)

non

certamente la Battriana

No

certo, che anzi

ho detto
teoria

appunto
e

che

la

Battriana fu aria, non ugrofinnica;


trarre da ci contro la

che mai pu

mia

il

Bonfante, se questo n' appunto uno dei presupposti?

360
*

a"

miei critici
la

Al riguardo
il

mi concede con

consueta

italia-

nit di frase

Bonfante
unit

esser vera la
i

mia asserzione
gli sarei grato

che a nulla finora hanno approdato


bilire un'antica

tentativi per sta-

ario-semitica.

del suffragio, se

non

gli avesse tolto egli

stesso ogni

valore

mostrandosi

cos
"

digiuno

di

ilologia.

Ma

se

egli asserisce che ci

a favore della teoria europea,

come
tica

camito-semi a favore della stessa teoria l'unit

,,

prescindendo dalle riserve che son da fare sul


d'unit camito-semitica,

tarmine inesatto e improprio

vi trovo ben naturale che, sprezzante degli argomenti, divadire sostituisca il Bonfante queste che potremmo

gazioni. Si discute sulla patria delle


la quale ora dai pi vien collocata in

stirpi semitiche,

Arabia

ma

che

cosa ha da far ci con gano dall'Europa o dall'Asia?

la questione se gli Arii

proven-

Bonfante, del resto, per dimostrare ad ogni passo ad quanto mi fraintenda, m'attribuisce di non credere

nna

civilt anaria o prearia in

Europa
e
;

(p. 225).

Invece

alle civilt pvearie,

la

paleolitica

la

neolitica,

ho

persin

dedicato

un mezzo

capitolo

inoltre

reputo

che anaria la civilt delle terremare, e, riconoscendo non anche nell'Europa storica v'erano parecchi popoli
arii

come

gl'Iberi,

negato

che

Liguri e gli Etruschi, non ho mai questi avessero una propria civilt che
i

solo in parte
e

si

ripeteva dagl'influssi della civilt aria;

meho dato infine una parte larghissima agl'influssi nello dell'Oriente arii non diati ed immediati dei popoli
svolgimento della
civilt europea.

qui rispetto

all'Oriente sar

bene notare

che
al

il

Bonfante m'accusa (p. " sia pur vago, trasto

223) d'aver sostituito

con,

ma

storico e ricco d'elementi


il

tra l'Oriente e l'Occidente

contrasto
,

"

assai pii deli

dell'altro evanescente e retorico

tra gli Arii ed


la

Se-

miti.

Dove innanzi

tutto

da avvertire che

poca

PER RINTUZZARE l'aCKISIA

361
Bonfante
alle

padronanza della forma giucca qui


brutto
role,
il

al

un

tiro,

perch egli ammette stando


le

sue pa-

ma

probabilmente contro

sue intenzioni, cbe

contrasto tra l'Oriente e l'Occidente sia evanescente

e retorico.

tale

checch egli
e

abbia voluto dire

perch

Veda, l'Avesta

la filosofia indiana
la

possono

essere messi in

un

fascio con

cosmogonia babilochi

nese

con

la

mosaica

solo

da

non conosca n
e

quei libri e quella


chi

filosofia

n queste cosmogonie,
che
il

non avverta

la strettissima attinenza

mondo

iranico ha col
dir
e
i
:

mondo europeo pu

scusarsi soltanto "col

non

lo

conosco

Quanto

al

contrasto tra gli Arii


il

Semiti, sono ben lontano dall'averne fatto

pernio

della

mia
;

storia,

fante

ma

certo

come vorrebbe far credere il Bonho messo in luce quanto abbia avuto
Sicilia
:

d'importanza nelle vicende della

e qui

il

Bon-

fante mostra d'ignorare che in ci d'iino


dei

ho seguito l'esempio
secolo

maggioii

storici

del

XIX, Arturo
un'imporOriente e
enfasi re-

Freeman. Mentre poi vorrebbe che


tanza che in fatto non
Occidente,
ligiosa
,

io dessi

ha

al contrasto tra
"

mi biasima
la sua

(p.

225) perch con

osservo che sulle sponde del Tigri e dell'Eu-

frate

ha avuto

cuna l'incivilimento umano. Qui

noter prima di tutto che in quell'inciso che fa parte

vilt neolitica (I p. 20)

come proposizione dipendente di un periodo sulla ci. non v' punto d'enfasi e molto
d'enfasi religiosa. Inoltre

meno
altri,

ritenendo
e.

con molti
che la

per

le

ragioni addotte p.

dal

Hommel,

civilt egiziana
e

dipenda geneticamente dalla babilonese

che quindi

l'incivilimento
gli

umano,
e
g'

il

quale ha assai

poco a vedere con


popoli classici

Aztechi

Incas menzionati

qui fnor di proposito dal Bonfaaite,


dei
si

ma

pel

tramite

fonda sulle

civilt egizia e caldea,

proceda in ultima analisi da questa, adotto con ci una


tesi assai

ben difesa da argomenti. Che

se

il

Bonfante

362
li

a'

miei critici
copiosa letteratura che ne tratta,

ignora

ignora

la

non

cjuesta

scagliato

una scusa che lo giustifichi dall'avermi enfaticamente la non bella insinuazione con(1).

tenuta nella frase d'enfasi religiosa

E
sapi

procediamo.
italici

Non
le

piace al Bonfante che io abbia

ritenuto

Enotri. Ausoni, Opici e Itali, arii Me>altre

e Iapigi

con

popolazioni
Sabelli.

del

versante

adriatico
egli

non soggiogate dai


(p. 225). Il

"Su che base?,


opiiscrizioni

mi chiede

fondamento della mia

nione

rho

indicato
arie

molto chiaramente. Le
(2),

messapiche sono

come
e

ammesso
il

general-

mente dopo
il

la piena

dimostrazione che ne hanno dato


ora anche
"

Helbig,

il

Kretschmer
il

Eibezzo.

Ma

esse sono, prensibile

oppone
.

Bonfante,

in

una lingua incom-

Una

lingua, anche se in tutto o in parte

incomprensibile, ha pur la sua fonetica e la sua morfologia, e da queste


si

possono ricavare

le

sue

affinit.
il

Come
mero

ci

avvenga non pu naturalmente capire

Bonio se
e

fante, per cui la stessa unit aria si riduce

ad un nu-

limitato di voci.

di

nuovo, che colpa ho


la glottologia

partendo

da

premesse che

condanna

inetto a vagliar le prove addotte dagli scrittori citati,

anzi

neppur dandosi cura


il

di
io

prenderne cognizicme,
lavori senza elementi

s'immagina

Bonfante che

giustificativi ?

questa accusa insana che

il

Bonfante mi

fa ripe-

tutamente sar bene del resto contrapporre l'appunto

(1) A scanso d'equivoci, sar bene avvertire standomi entro questi limiti alle dottrine dei panbabilonisti. non intendo affatto di accettare tasie etnografiche del Hommel ne le bizzarre

che, accocos detti

ne

le fan-

teorie del

Winckler
lonesi.
('2)

sulla antichissima

'

Weltanschauung

'

dei Babi-

Sforili dei

Romani

p. 168.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


fattomi

363

da un critico onesto, L. Bloch (1), il quale, pur riconoscendo che do sempre ragione in modo obiettivo delle

mie

teorie, trova

spesso soverchia la diffu-

sione con cui le giustifico.

Ed ha
io

ragione in fondo;

ma
i

non

sa

con quali

critici

scrivendo

ho da

fare

miei conti.

Tornando all'argomento,
reliquia: ne conosciamo
radici e alcuni suffissi, che

del siculo

abbiamo qualche
vocaboli, alcune
latino.

cio

alcuni

hanno riscontro nel


troviamo cos
e in Sicilia,

Par quindi dialetto


lici

italico.

E poich

gl'Ita-

fin

da et remota nel Lazio

abbiamo

ragione di ritenere che popolassero assai


l'invasione sabellica
ridionale.
il

prima deldel siculo


siculo e
il

versante tirreno dell'Italia me-

Ma, dice

il

Bonfante,

le reliquie
il

proverebbero al pi per la parentela tra


latino,
"

n potrei assumermi di decidere se col fondo


del
latino
.

ario o anario

Il

latino peraltro

non ha

un fondo

anario, per quanto da lingue anarie,

come

il

fenicio e l'etrusco, abbia

desunto qualche vocabolo e


certamente non sono anarii
i

forse qualche suffisso


suffissi

che

si

riscontrano in Ducezio, Capitio, Siculi,

Sicani.

ad ogni

modo non
in

sarebbe male che chi

poco informato di glottologia cercasse almeno di non


mettere

imprudentemente

mostra

la

sua scarsezza

d'informazione, e soprattutto

rispettasse

un poco

di

pi chi di queste cose ha cercato modestamente d'informarsi.

Ma
fanno

degno riscontro

alle

sue

cognizioni
del

filologiche
;

le cognizioni archeologiche

Bonfante
che
"

e di

queste dar pi oltre saggi che al lettore colto par-

ranno

incredibili.

Egli

asserisce

qui

gli og-

getti di stile

miceneo scoperti nel territorio dei Mes-

(1)

'

Liter. Centralblatt

'

1908 nr. 51-52 p. 1665.

o64

a'

miei ciutici
fa venuti

sapi parrebbero confermar la tradizione che

li

da Creta
.solo a

quasi che oggetti micenei

si

fabbricassero

Creta o quasi che non vi fosse profonda diver-

sit fra

molte
e
i

categorie di vasi

micenei
cretesi

scoperti
della

in

Messapia

contemporanei vasi

tarda

et minoica.

meglio usa

il

Bonfante quel tanto che


il

sa d'ant'opologia. Egli vuole insegnarmi che

cranio

degli abitanti dell'Italia meridionale differisce da quello

degli abitanti dell'Italia superiore.


a

questo notissimo

me come

a tutti. Soltanto, anche prescindendo dalle


l'uso di
sif-

ragioni pregiudiziali che militano contro


fatti

argomenti craniologici nel problema della

diffu-

sione delle nazioni arie, ci


la

non ha nulla da
si tratta.

fare

con

questione particolare di cui

Perch

gli abi-

tanti dell'Italia superiore sono d'origine ligure o celtica o veneta


:

che cosa pu aver di comune la forma

dei loro crani con la questione se gli Italici son passati dall'Italia

centrale nella meridionale, sovrapponen-

dosi a popolazioni

non

arie,

durante

l'et del

ferro o

gi nell'et eneolitica? Quanto poi all'affinit etnografica degli isolani d'Italia

con popolazioni mediterranee


di

aharie, di cui

il

Bonfante mi rimprovera

non tener

conto, avrebbe veduto, se avesse letto con attenzione


il

mio

libro, che

ne tengo tanto conto da ritenere anari


i

e d'origine iberica

Sardi e

Corsi

(1),

anari e forse

d'origine ligure

primi abitanti della Sicilia ossia gli


e critica e
i

Elimi

(2).

E
le

menzione

hanno avuto da me a
archeologici cui
il

suo luogo

tradizioni

fatti

Bonfante accenna, comech


critica

egli nella costante


:

sua disat-

tenzione non abbia saputo trovarli


le

n menzione n
vi collega,

fantasie

che

il

Bonfante

come

(1)

p.

74.

11.5.

(2) I

p. 96.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


quella sul significato
la

365

simbolico

del mito dei Pelasgi,

quale mostra solo come egli sia ignaro della analisi


(1).

che di quel mito ha fatto Edoardo Meyer


"

L'antropologia e la paletnologia (scrive pi oltre

il

critico)

sono concordi nell'assimilare Liguri

Iberi,

nel ritrovare lo stesso indice cranico, la stessa civilt


nelle

due penisole,

l'italica e l'iberica,

nelle

isole

adiacenti

(p.

226).

Si

sa invece che la civilt pre-

istorica dell'Italia

notevolmente

diversa

da quella

della Spagna, in specie nell'et del bronzo e nella

prima
atti-

et del ferro. Attinenze vi sono in particolare nel pe-

riodo neolitico, non molto diverse peraltro dalle

nenze che

si

avvertono con la civilt neolitica d'altre

regioni d'Europa e perfino d'Asia e

non

tali

da toglierle

in Italia e in particolare in varie regioni italiane,

come

l'Emilia e la Sicilia orientale,

un
non

aspetto suo proprio.


si

naturalmente da tutto

ci

ricava nulla, proibero-ligure.

prio

nulla, intorno alla pretesa stirpe

pecca pure di inesattezza

quel che

il

Bonfante dice
ozioso

cos in generale sull'indice cranico degli abitanti delle

due penisole.
notare

Ma
dalle

ad

ogni

modo
e

perfino

il

che

caratteristiche

antropologiche

co-

muni

agi' Italiani, agli

Spagnuoli
trae

ad

altri

popoli del
relazioni
se

Mediterraneo

nulla

si

sulle particolari

di parentela tra Iberi e Liguri,

come nulla

ne

ri-

cava

p.

e.

sulle particolari

relazioni di parentela tra

Iberi e Oschi
ai'rischia
il

tra

Iberi e Messap.
citare, senza

E dopo

ci si

critico a

averlo

riscontrato,

un verso d'Esiodo dove " i Liguri sarebbero rappresentati come una delle tre grandi stirpi barbariche che
gravitano insieme
agli

Etiopi e gli
se

Sciti

intorno al

mondo

ellenico

Ecco:

Esiodo avesse rappresen-

(1)

Forschungen znr alien Geschichte

p. 3 segg.

366
tato gli Etiopi

a"

miei cuitici

rome una
ellenico,

stirpe barbarica che gravita

intorno al

mondo

avrebbe dimostrato di essere

come il Bonfajite poco versato in geografia. In realt, in un verso di cui non conosciamo il contesto, di un poema attribuito ad Esiodo che non si sa qual fosse (1),
erano enumerati, senza nessun accenno a gravitazione.
Etiopi, Liguri e Sciti. Se nei
versi

precedenti e
si

se-

guenti fossero menzionati

altri

popoli, se

trattasse

di mitiche genealogie o di accenno a qualche

comune
il

costumanza non
tore con

ci

dato detemiinare.
il

veda

let-

qual diritto possa

Bonfante rinfacciarmi
si

questo frammento da cui nulla

trae.
di

Con argomentazioni cos piene di errori e sensi non si distrugge una ipotesi fondata
relazioni col neolitico,

contro-

sull'accu-

rato studio del materiale paleolitico ligure e delle sue

come

quella che

ho presentato
ipotesi del
egli

nel capo II della

mia

storia.

Anche questa

resto

il

Bonfante fraintende, poich par che


autoctonia da

prenda

alla lettera la parola

me

usata a pro-

posito dei Liguri (2), mentre ho voluto dire semplice-

mente, come

appar chiaro dal contesto, che

Liguri

sono forse

popoli giunti pi anticamente nella peni-

sola e che alcune


il

abneno

delle genti

onde

s'

formato

popolo ligure

si

sono stanziate probabilmente nella


quaternaria.
la

Riviera
tico

fin dall'et

c^uando poi

il

cri-

aggiunge che
"

dei Liguri

mia conclusione dell'autoctonia non rivela se non l' invincibile antipatia


l'ipotesi della stirpe
la

dell'autore verso

mediterranea

con questa insinuazione, contro


d'ignorare che io ritenendo
i

quale pi'otesto, mostra

Liguri storici discendenti

(li Fr.

55 Rzach: ABottc xe Ai^uq Te l "LKQac,


dei Rotnani
64.

tt-

TTTlUOXfOlJC.
(2)

St.

p.

PEE RINTUZZARE l'aCRISIA


in

367

buona parte dai

paleolitici liguri

mi son semplicescritti

mente attenuto
istorica,

alla

teoria difesa in parecchi

dal miglior conoscitore della Liguria

geologica e pre-

Arturo

Issel.

II.

Dopo
italiana,

il

suo saggio d'erudizione sui Liguri,

il

Bon-

fante s'ingolfa nel pi arduo dei problemi d'etnografia

quello

della

origine

degli

Etruschi.

Ma
:

questo punto io debbo una avvertenza


intendo qui cercar fondo
al

ai lettori.

Non
pro-

problema etrusco

blema che non pu esser trattato con la leggerezza e disinvoltura con cui lo prendono i dilettanti, ma con
cautela di critica, precisione e pienezza di dati
:

non

pu

risolversi nell'ambito

delle

poche pagine che qui


metter nella debita
il

m' dato dedicargli. Voglio


tazione che ne
critico.

solo

luce dinanzi agli occhi del lettore


fa,

valore della trats,


il

con grande sicurezza di


(p.

mio

Premette egli

225 segg.) una descrizione

della civilt etrusca breve,


sattezze, d'errori e

ma

in

compenso

ricca d'ine-

d'asserzioni avventate di cui

manca

ogni prova

sui particolari della quale inutile soffer-

marsi

erudizione di seconda

mano

pescata in buona

parte nel Modesto v. Solo spigolando qua e l noter

che

le

divinit femminili degli Etruschi


si sa,
;

non sono, per

quel che
e dei

in

maggior numero

di quelle dei G-reci

Romani

che un errore di fatto ritener l'uso di


i

radersi

penetrato tra

Greci solo nell'et ellenistica


le

che fantastica la somiglianza tra

insegne dei Lu-

cumoni
tizie

e quelle dei re lidii, di cui


;

non abbiamo noquale


s'attribuisce

sicure

che

la origine lidia

la

368
egualmente
ai

a"

miei critici

giuochi etruschi come

ai greci (1)

un

semplice mito, che nel caso particolare degli Etruschi fu


favorito dalla somiglianza del termine Judus col
dei

nome

Lidi

finalmente che un errore


la

madornale, e

documenta anche una volta


provenienza etrusca
la

insufficienza delle co-

gnizioni filologiche del Bonfante, quello di ritenere di

parola pomjM, mentre gli stessi

scolaretti di ginnasio
si

sanno che

parola

greca

che

collega con

iriuiruu.

Per mezzo
la orientale.

di

questa

descrizione

cosi

peregrina,

il

Bonfante intende

di confrontare la civilt etrusca


si

con
di-

Egli non
i

preoccupa del profondo

vario che corre tra


dici,

popoli anatolici, semitici, alaro,

iranici: per lui l'Oriente

mi

si

passi

il

termine,

massa grigia e come non difficile trovare, tra popoli che hanno dottrine od arti sommamente diverse, attinenze con una dottrina qualsiasi e

una specie

di

una

qualsiasi arte, gli agevole dimostrar

di

tutto

l'origine orientale, anche di

dottrine e d'usi che

hanno

pieno riscontro presso

popoli barbari pi disformi e


lui,

pi lontani. Orientale per

ad esempio,
tra
gli

il

gran nu-

mero delle divinit femminili come ho gi detto, non pu


gli

Etruschi. Ora,

dimostrarsi

punto che
loro

Etruschi abbiano avuto pi divinit femminili dei


e

Greci

dei

Romani:

solo

pare

che

alle

dee

abbiano dato nel culto una importanza maggiore che

non
sia,

gli Arii, e ci

molto diverso.
gli

Ma

checch ne

poniamo invece che neppure una di siffatte


origine orientale
gli Ebrei.

Etruschi non avessero avuto

divinit.

Era

facile

anche in

questo caso dimostrare col metodo del Bonfante la loro


;

poich non adorano divinit femminili


gli

Similmente perch

Etruschi come tanti

(1)

Hekod.

94.

PER RINTUZZARE l'aCKISIA

369

popoli orientali e occidentali popolano di paurosi de-

moni
"

il

mondo

sotterraneo, facile

ascrivere ad essi
del pari agevole

concezioni orientali dell'ai di l


"

sarebbe ascriver loro

concezioni orientali
e tranquillo
lo

se

il

loro

regno dei morti fosse grigio


Si
ario,

come l'Hades

omerico, perch tale appunto

Scheol degli Ebrei.

aggiunga che, non essendo

gli

Etruschi un popolo
delle
i

naturale
Arii
s^

che

nel

mancar
con

doti peculiari
;

degli
il

incontrino

tutti

popoli non arii

che non vuol dir punto che abbiano


tali popoli.

parentela pi

con questo che con quello di


i

E non
es.

basta:
coi

confronti

del

Bonfante
;

sono

fatti

spessissimo

Greci dell'et classica


i

egli dimentica

ad

che presso

Grreci

dell'et

micenea l'amore

del

fasto
e

non era
al,,

molto inferiore a quello degli Etruschi;


l'arte etrusca
"

quanto

tutta impregnata di motivi orientali

dimentica che anche Tarte greca per un certo periodo


tutta

impregnata

di

motivi

orientali

tanto che in

pi d'un caso proprio di quegli


nuti in Etruria che egli cita,
sfingi,

stessi oggetti rinve-

con rappresentazioni di
certo che

di

chimere o simili
certo che

mostri, tanto

furono importati dalla Grecia


greci,

imitati

da modelli

quanto

motivi della loro decora-

zione risalgono a prototipi orientali. Dannosissimo poi


alla tesi del

Bonfante
le

il

suo disprezzo della cronoi

logia.

Molto spesso

costruzioni o

prodotti artistici
la si-

cui

il

Bonfante attribuisce origine orientale con

curezza di chi non ha studiato gli ardui problemi concernenti


diversi
;

l'arte

etrusca,

compaiono
al

in

momenti

assai

onde potremmo

pi usarne per stabilire

quali esemplari orientali imitassero in quel dato


gli

tempo
ora ca"
i

Etruschi,

ma non
il

quali arti o quali industrie por-

tassero con s in Italia dalla madrepatria.

Ed

pisco

perch

Bonfante mi rimprovera che

pi

noti e apprezzati elementi orientali della civilt etrusca


G-.

De

Sanctis, Per la scienza deU'anticTit.

21

370
si

a"

miei CRITIf

affacciano slegati

nei

diversi

capitoli

dell'opera

,.

Forsech per compiacerlo avrei dovuto presentar come


lixi

poi

un guazzabuglio :>enza critica n cronologia? E c' un elemento orientale che io ho veramente conalle

forme
il

accuse del Bonfante


la
le

"

omesso

e disprezzato ,,

primato nella pirateria,

quale io credevo nella mia


condizioni opportune,
fio-

ignoranza che, trovando


risse

sotto tutti

climi. Perch,

ad esempio, non

sa-

rebbero orientali allora anche quegli Anziati che pare


avessero per davvero
il
il

primato della

pirateria circa

Che se stando al Bonfante questo primato accomuna gli Etruschi coi Lidi, bene notare che i Lidi da quando ci appaiono nella storia sono
300
av.

Cr.?

proprie (1)

un popolo continentale, il quale non ha neppure navi sicch a un caso la loro sarebbe una pira;

teria teiTestre.
"

Difficile

il

negare (esclama poi a un certo punto

lo scrittore) che la celebre iscrizione egizia dei Faraoni

Meneptah
non
bens

Ramsete
e

si

riferisca agli Etruschi!

,.

Vera-

mente una
esiste,

iscrizione dei Faraoni

Meneptah

Ramsete
III

quindi non pu

essere
e
;

celebre. Esiste
di

una

iscrizione di

Meneptah
i

un paio

Ramses

in cui son menzionati

Thuirsa

ma

uomini che hanno

studiato

con cura quelle iscrizioni come ad esempio


o

B. Niese, R. Hall, R. Weill

negano risolutamente

che

si

liferiscano agli Etnischi o per lo

meno ne dudopo

bitano assai.
l'atto
il

Peraltro chi

oser pi dubitarne
il

di fede del Bonfante,

quale senza conoscerne


si

testo

neppur

di lontano,

come
,

vede dallo spro-

positato
esse sul

modo
verbo

di richiamarle
di

ha giurato intorno ad
cita

un qualche maestro che non

neanche?

(1)

Herod.

17.

PER EINTCZZARE l'aCHISIA

371

Con

altrettanta arroganza e sicurezza l'improvvisato

filologo

mi biasima perch ho ritenuto che non


l'affinit tra le iscrizioni

fosse
"

dimostrata
cente
(sic)

etrusche e la

re-

iscrizione lemnia

Ed

a questo

punto

mirabile la coerenza del Bonfante. Per lui

le iscrizioni

messapiche generalmente ritenute arie


nulla perch gli riescono

non provano
:

incomprensibili
1"

invece

in-

torno alla parentela

tra

eti'usco

il

lemnio, che

sono Tnno e

l'altro incomprensibili

per davvero, nese sia

suno deve permettersi un dubbio,


lentissimi

pure che ne
filologi va-

abbiano dubitato, oltre pi di uno storico,

come il Kretschmer e il Wilaiuowitz. N meno mirabile la sicurezza dell'improvvisato


che agli abitatori delle ten-emare
(1),

archeologo. Dice

ignoto l'uso dei metalli


nel tutt'insieme
il

mentre

le

terremare sono
della

documento pi
le

caratteristico

et del bronzo italiano. Asserisce che le

tombe

a ca-

mera non

si

connettono con

della connessione delle

une

e delle altre

tombe a pozzo, mentre con le tombe


il

a fossa, che sono

il

ponte di passaggio fra queste e

quelle, par difficile dubitare


le

conoscendo

materiale e
(jrsell.

dimostrazioni

dell'Undset,

del Helbig, dello

E dopo
di

ci egli osa

con leonino coraggio accusarmi


un'idea
di

travolgimento di dati archeologici.

Credo d'aver fornito


dei

al

lettore
e

sufficiente

molti

errori,

malintesi

sofismi

cui

il

mio

contraddittore

ha cosparso
degli

la

sua difesa della teoria

della origine asiatica

Etruschi.
sulla

Ed

bene no-

tare che in tutto ci ch'egli dice

questione non

(1) Il

Bonfante

cita qui la

mia

Storia

p.

123 segg.
:

lo ripudio

assolutamente la paternit del suo sproposito


i

ho detto soltanto che


ignari dei metalli,
il

terramaricoli giunsero in Italia

che tutt'altra cosa.

gyo
v'

a'

ilIEI

CBITICI

che le sue sviste; e di molche, racimolandoli qua e argomenti tissimi tra fa il piisenta con maggiore enfasi, l, il Bonfante veramente difensore nessun conto clie meritano un Gustavo Korte. Il combattuta, me da tesi della serio in gi'ado d'mneppure peggio che il Bonfante non in favore adducono si tendere le argomentazioni che
altro di originale
gli

della tesi della

provenienza europea

di

quel popolo.

L'unica prova

fabeto storico degli

deir alsecondo lui l'origine calcidiea Etruschi: ' Accettiamo, se si vuole,

cosa pu lignificare un questo dato (scrive): ma che l'autore pu addurn. n n'ha, ve dato unico Tnon cumulo schiacciante di elementi che
altri)

di fronte al

orientale e richiamano parlano in favore della civilt tutto abbiamo visto a che all'origine lidaV ,. Innanzi
""

quel
detratti

cumulo
crii

schiacciante

d'elementi
l'

si

ridur-a,

un

indizio,

spropositi del Bonfante. Poi un argomento apodittico.

alfabeto n-.n

Gl'indigeni

dell'

prima dei Greci, propri \sia Minore ebbero, anche

greci introdussero col alfabeti alfabeti: pi tardi si dubita, (^h ne>suna ci di dal calcidese:

diversissimi

penisola senza alfabeta. Etruschi criunsero nella nostra


e presero in prestito ci

nessuno pu

di loro dai Calcidesi d'Italia: parlan ragionevolmente dubitare, tanto


il

chiaro le iscrizioni.
Alinore. Contro

Dunque non provengono


cos

dall

Asia

un argomento

apodittico non vale

attinenza tra gli Etruschi davvero questa o quella pretesa popolo pi o meno orientale. e l'uno o l'altro che il Boninoltre vari altri argomenti

Ma

vi

hanno

fante

dimentica. Dionisio di con molta disinvoltura Etruschi e Lidi, aftra \licarnasso ne^a la parentela nella hngua, disparit grande fermando correr tra essi ^ e del suo raffronto religione: nelle istituzioni, nella nella Stoi'ia dei Ronon da far poca stima (scrivevo quando ancora si potevano mani) poich egli viveva

PER RINTUZZARE L ACRISIA


studiar bene

due popoli,

e,

avendo dimorato nell'Amia

Minore

e a

Roma, non
Forse
il

gli era

mancato agio
si

di studiarli

(I p. 129).

Bonfante non

cura di questo argli per-

gomento perch

la

sua coltura linguistica non

mette di apprezzarlo.
era diversa dalla lida?
le

che importa se la lingua etrusca

Non

si

cambiano forse per


la

lui

lingue

come
si

soprabiti?

Un
colo

altro

argomento contro
Ignota

provenienza lida degli

Etruschi

trae dall'esser questa sconosciuta nel

se-

agli stessi Lidi.


il

era

infatti al logogi'afo

lido Xanto,

quale, se ne aveva contezza,

non poteva

tacerne in un'opera diretta

come

la

sua per l'appunto

a narrare le leggende e le genealogie mitiche dei Lidi.


I

dubbi intorno all'autenticit dell'opera di Xanto


si

di

cui

valgono alcuni

scrittori italiani

poco versati in

filologia

per infirmare questo argomento son del tutto


recente

privi di valore: la critica

ha luminosamente
questi e
il

provato l'autenticit
moltissimi
fante
;

di

quell'opera. Ignora
la

altri

argomenti contro

sua

tesi

Bonsuo

e fa bene,

perch nulla turbi

la serenit del

atto di fede.

Non
del

voglio del resto lasciar la discu^jsione

etrusca

Bonfante senza spigolarvi


"

ancora un esempio del


(egli

suo metodo.

Ditficile

il

non scorgere

esclamaj

che l'oscura connessione degli Etruschi coi Pelasgi ac-

eemia per lo

meno ad un popolo
,.

salito dal
il

mare, non

disceso dai monti

Difficile piuttosto

non scorleggenda

gere

come interpretando
il

a questo
i

modo

la

pelasgiea
tari
e di

Bonfante
critica.

dimentica
c'
si

canoni pi elemenregione
di
Italia

della

Non

quasi

Grecia in cui non

tutte gli abitanti


ticolare,

dunque di sarebbero venuti dal mare? In parparli di Pelasgi:

ad

es.,

le

leggende arcadiche collegavansi coi


gli

Pelasgi;

ma

chi

ha mai detto che

Arcadi siano giunti

nel loro paese dal

mare ?

374

A*

MIEI CRITICI

Non
tica,
il

contento

di

dar saggio del suo difetto di


il

crilet-

Bonfante vuole a ogni costo informare

tore
rizia

della

sua imperizia nella lingua italiana, impe-

che son venuto documentando con parecchi esempi;

ma
''

questo degno di particolar menzione.


darsi che
i

Ho

scritto (1)

Pu

navigatori focesi del sec. VI, ingandella


civilt

nati

dal

lato esteriore

etrusca
vi

sopra

ogni cosa dagli elementi orientali che


trati e

erano pene-

tutta

la

informavano mantenendovisi tenaceidentificato


gli

mente,

abbiano

oppressori

orientali

delle colonie

greche d'Asia Minore con gli avversari


.

che essi combattevano nell'Occidente


vano, esclama
il

"La

informa-

novello

Aristarco, e vi erano pene-

trati esteriormente!

(pag. 230). Innanzi tutto


"

non mi
,,,

attribuisca la bella

frase

penetrati
io

esteriormente
dico ad
es.,

che tutta di sua conio. Poi se


in effetto
,

come
infir-

che

le

critiche

del

Bonfante sono

mate

dalla sua

scarsissima

preparazione archeologica
filologia, ci

e soprattutto dalla

sua poca pratica della

vuol proprio

la

conoscenza che della lingua

italiana

ha

il

mio
gli

contraddittore, per inferirne che

pongo

la

filologia tra le scienze archeologiche.

Ma
egli

Etruschi portano sfortuna

al

Bonfante, ed

non pu separarsene senza una chiusa veramente il degna di tutto ci che precede. Avevo scritto che
''

declinare della jiotenza etrusca, analogamente a quello


della potenza

olandese

in

grandi nazioni europee nel


alla

mezzo al rinvigorirsi delle sec. XVIII, non fu dovuto

decadenza degli Etruschi,

ma

al

progresso
a

degli
'

Italici

(2).

Il
e,

Bonfante

non

riesce

intendere la
"

comparazione

persa la pazienza, protesta che

nellac.

(1)

Storia dei
I

Bomani
458.

129.

(2) Ibid.

p.

PER KIXTUZZATIE l'aCRISIA


migliore
ipotesi
eli

875
esatta

essa

si

pu

ritenere

quanto
.

quella celebre

Agamennone con una mosca


ai lettori della

Qui

debbo chieder venia


l'anza
ti'atta

spiegazione che agcritico, nella spe-

giungo per uso particolare del mio


che
(1).

egli

riesca

finalmente

capire di che

si

L'Olanda fu una grande Potenza nel


e cess d'esser tale nel secolo

se-

colo

XVII

XVIII, senza

alcuna decadenza nei propri ordini interni, perch crebbero in potenza, usufruendo meglio
latenti, le nazioni vicine.
le

proprie energie
Etruschi, dopo
i

Similmente
volte

gli

aver

superato

il

piii

delle
il

in

guerra

popoli

confinanti fino a tutto


sul principio del

secolo VI, a

un
e

certo punto
d'allora in

cessarono di vincere

poi perdettero gradatamente terreno, non perch,

come

alcuni ritengono, aumentasse la loro corruzione o peg-

giorassero
i

loro ordinamenti,

ma

semplicemente perch
il

popoli vicini

crebbero in potenza. Se del resto


a proposito
"

Bonfante qui trae in campo

della deca-

denza etrusca quella che secondo lui fu

forse la pi
,

spaventosa coalizione che ricordi la storia


Greci, Liguri, Sanniti e
di

tra Celti,

Romani,

e'

appena bisogno
quale
inoltre

notare che questa spaventosa coalizione esiste sol-

tanto nella fantasia del

mio
di

critico

il

dovrebbe pur sapere che


bili

gran

lunga pi formida-

di

quella

coalizione

immaginaria furono molte


per prendere un esempio
che
si

altre

realmente storiche:
storia
e

cos,

a caso nella

antica,

quelle
a

stringevano

attorno a

Roma
e,

attorno

Cartagine nella seconda

guerra punica,

per citarne uno a caso nella storia


I
;

moderna, quella dinanzi a cui soggiacque Napoleone


tanto

pi poderosa e formidabile quest' ultima della

(1)

Questa speranza;, come

si

vede dalla sua replica,

rimasta delusa.

376
pretesa

a'

miei critici
antietrusca di quanto
se poi
le

confederazione

un

ele-

fante maggiore di
il

una formica. Che


in

secondo

Bonfante

confederati, incendiate

pi opulente
abitanti

citt etrusche,

scannarono

massa

gli

da

Melpo a Capua, allora pur troppo del popolo etrusco non sarebbe rimasto quasi vestigio, perch sarebbero periti a sud di Melpo e a nord di Capua tutti gli
abitatori delle citt della Etruria centrale,
i

quali vi-

ceversa, tolti

Veienti, rimasero incolumi

senza dire che,

come

dimostrato dalla archeologia,

gli

Etruschi so-

pravvissero e continuarono ad

influire nello sviluppo

civile anche nella Etruria padana e nella campana. Ma, pur prescindendo dalla esagerazione retorica della frase,

bene notare che


li

colori

per la sua descrizione

il

Bonfante
da alcuni

trae

(di

seconda
e

mano,

il

da credere)
cui

passi

di

Livio

di Plinio

valore,

come

sa ogni studioso, quanto ai particolari minimo,

senza sottopoi-re quei passi alla pi piccola critica, egli

che accusa

me

d'esser retrogrado

perch respingo la

critica demolitrice del Pais.

Pertanto alla enfatica do-

manda:
cifico

"

tale spettacolo che

non

si

vide pi sino
al

al-

l'era delle invasioni

mongole
che
egli

da paragonare

pa-

tramonto dell'Olanda?
la

pu rispondersi
sullo

espri-

mendo
che
il

speranza

abbia ben capito ormai


spettacolo per
gli occhi

mio paragone non verte


lui

nove decimi immaginario da

messo sotto

del lettore; poi osservando che di distruzioni di citt

accompagnate da
dei superstiti

stragi di

popoli e inselvatichimento
altri

non mancano

numerosi
caduta

ben pi
il

accei-tati e gravi esemp nella storia. Dimentica

Bon-

fante le invasioni barbariche

alla

dell'impero

romano
lamento

e nulla sa delle lotte tra Celti e Anglosassoni

in Britannia?

Avrebbe
Gregorio

fatto assai

meglio a leggere

il

di Gilda in cui si rispecchiano quelle lotte o

le epistole di

Magno

in cui

si

descrive quel

PER KINTUZZARE l'aCRISIA


che l'Italia

377

ebbe

soffrire

dai

Langobardi, anzich

venir fuori col paragone delle invasioni mongoliche, le


quali hanno davvero con
le

lotte tra gli Etruschi e

popoli confinanti

la

stessa somiglianza che

Agamen-

none con una mosca.

ITI.

Dopo aver
il

fatto

cos

incredibile

strazio della filo-

logia e dell'archeologia,

venendo
(p.

alla storia di
di

Roma

Bonfante mi rimprovera
del
"

234)
del

non aver tenuto

conto

geniale

indirizzo

Pais

secondo cui

parallelamente alla conquista sabellica della Campania,


nella

seconda met del

secolo

V, Roma, che, come

Capua, aveva una popolazione etnisca, fu conquistata


dai Sabelli;
sabello,
il

cos

ebbe origine
a

il

popolo
il

romano-

quale

cominci

mostrare

suo valore

nelle guerre coi Fidenati e coi Veienti (1). In cjuesta

non male (1) L'errore di E. Pais cos ^rave che documentarlo mediante citazioni precise. Storia di Roma
I 1, p.

625:

'

colo

conquistarono
altipiano

Quelle genti sabine che sui finire del V semolta parte del Lazio e la stessa

Roma'. P. 626:
dell'

'Le

stirpi

sabine scendendo dai monti

438

a.

C,

si

da un lato, verso il impadronivano della ferace pianura campana...,


centrale
d' Italia,
il

dall'altro

conquistavano
le

Lazio.

Gli

uni

gli altri

superarono
e

popolazioni etrusche che abitavano Capua


fatti

Roma,

con questi
sabelle
'.

va certo collegata l'invasione


fertili
'

delle

stirpi

nelle

pianure

delle

Puglie

e della

Messapia

P.

629

Con

l'arrivo

della

stirpe sa-

bina che ricaccia gli Etruschi sulla riva destra del Tevere, che lotta per la conquista di Fidene e poi di Veio,

scorgiamo finalmente
del

i primi albori della vera storia di Roma'. Anche altrove E. Pais insiste sulla fresca origine

popolo romano-sabello,

2 p. 716.

378
conclusione
si

a'

miei critici
tutta
intera la critica che fa

appunta

alla tradizione E. Pais nel I voi. della

sua Storia di Roma.

precisamente per

ci,

dopo aver combattuto quella


per un riguardo

conclusione in uno scritto al Bonfante ignoto, pubblicato nella


al Pais
"

Rivista di filologia

(1),

ho taciuto nel mio


Bonfante,
"

libro

intorno al suo, per


,

dirla

col

geniale indirizzo
e

pur avendo

messo

in chiaro a

tempo

luogo

le

ragioni che

mi
ri-

trattengono dal seguirlo. Ora, visto che questi miei

guardi son

fraintesi,

giover metterli

da un canto.

Quella ipotesi da respingere


la storia delle istituzioni

prima di tutto perch romane esclude che la origine


ad et cosi recente. In parori-

del popolo
ticolare
il

romano

spetti

popolo romano-sabello, se avesse avuto


al

gine

contemporaneamente
mai
re,

campano, non avrebbe


tradizione,

avuto
dirsi

mentre, a tacer della


si

pu

che nulla
il

spiega nel diritto pubblico

senza

presupposto di una et regia. Inoltre

romano da una

miscela di Etruschi e di Sabelli non poteva venir fuori


se

non per miracolo un popolo

latino, cos diverso


e

per lingua e per ogni cosa dagli Etruschi


belli
;

dai Saes-

onde appar chiaro che l'elemento costitutivo

senziale del popolo

romano non pu
Per
di pi, se
il

essere

stato se

non l'elemento

latino.

Roma
e

fosse stata

conquistata dai Sabelli circa

430, non poteva mand'Italia

carne notizia negli storici greci di Sicilia


in

particolare in Filisto e in Antioco,


risalire le notizie

appunto debbono
polo campano.

come ad essi che abbiamo della

occupazione sabellica di Capua e del formarsi del po-

Ma

poi, del

mito moderno ch'io comche


la tra-

batto la premessa necessaria naturalmente che sien


falsi

posteriori

tutti

documenti

latini

(1)

XXVTH

(1900) p. 406 segg

in specie a p. 445.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


dizione registra
colo
il

379

anteriori
i

agii

ultimi decenni del se-

V:

Fasti,

piia

antichi trattati, e in particolare


l'iscrizione

trattato di Cassio,

dei
;

consoli Furio e
e inoltre che tutti

Pinario, le leggi delle dodici tavole


i

fatti di storia costituzionale o

di storia esterna rifesec.

riti

a tempi anteriori

alla

met del
di

debbano

ritenersi o invenzioni o anticijDazioni.

Ho

cercato nella

mia

storia con analisi


p. e.

minute
i

mostrare che di quei


il

documenti alcuni,
elementi

Fasti e

trattato di Cassio,

son certamente autentici e che in mezzo alla tradizione


fededegni non
l'et regia.

anche per

mancano sia pel sec. V, sia Con ci credo d'aver dimostrato


fondamento
nel
la teoria di E. Pais.

quanto
Se
i

sia destituita di

Fasti sono sostanzialmente autentici anche nella

loro

prima parte,
il

se

Foro era inciso

in arcaici

caratteri latini
chiaro

testo autentico del trattato di Cassio,


e gi era

che

il

popolo romano era costituito

un popolo non
bellica.

etrusco-sabello,

ma

latino intorno al 500,

pi di mezzo secolo prima della pretesa conquista sa-

Sfortunatamente pel Pais,

ma

per buona ven-

tura della scienza la scoperta del cippo del Foro ve-

nuta ad abbattere
proposto.

il

suo mito non appena


cippo
ci

egli lo

ha

Infatti la epigrafe del

mostra con
la-

piena sicurezza
tini

Roma

citt

latina
sec.
s'

con magistrati
e a nulla

almeno
IV.

dalla

met

del

V;

hanno
Pais

approdato
sec.

gli sforzi

con cui

tentato di riferirla al
costruito

Con

ci

l'intero

edifizio

dal
d'

sulla

sistematica

quanto arbitraria negazione


tradizione
tradizioni
si

ogni

documento

e d'ogni

dimostrato assai

meno

solido

delle

ch'egli

combatteva.
la

mentre cos
ci ch'egli

stabilita

apoditticamente

fallacia di

traeva come ultima conseguenza dalla sua

analisi della tradizione,

anche dimostrato nel

modo

pi sicuro che

il

metodo

di quell'analisi fallace.
diritto

Credo perci d'avere a buon

adoperato un

380

a'

miei critici

metodo

critico assai diverso

da quello del Pais nello


che la conconquista del primato

studio delle lotte di

Roma

co" suoi vicini

dussero a grado

a grado alla

in Italia. Qui, in terreno pi sicuro,

non osando

sbri-

gliar cos liberamente

il

suo dilettantismo ne d'altra


il

parte essendo in grado di valutare nel tutt'insieme

metodo
il

resultati della
di

mia indagine,

s'

contentato

Bonfante

qualche osservazioncella slegata, due o


e

tre frasi di

nessun conto sulle guerre sannitiche

su

Pirro e alcune altre non scevre d'errori sulla lega latina.

certo perci gli va data lode di prudenza.

Ma
in-

vedasi qual diritto egli abbia di giudicare


di

d'un libro

cui col suo silenzio

ha mostrato

di

non potere

tendere per l'appunto la parte

essenziale.

Mi fermer
alla lega

ad ogni modo sulle sue osservazioni intorno


latina.
"

La

storiografa

romana
lega

(cos

il

Bonfante) tende a
in

collocare la citt sino


isolata di fronte
alla

dalle origini

una posizione
segue in
il

(latina) e riportare all'et


Il

regia l'egemonia di Roma...

De

Sanctis...

sostanza la tradizione
critico,

(p. 235). Qui evidentemente


"

per usare
le

le

sue stesse espressioni


le

non com.

prende

mie teorie n

presenta nel loro insieme


isolata

Io ritengo che

Roma, non
di

mai

dai

Latini se

non
con

nei brevi periodi


essi
(1),

lotta,

fosse

unita pel resto


al-

dal

vincolo

della

confederazione sacra

bana
dal
di

a cui partecipava,

prima d'averne

la presi;

denza, a pari diritto delle altre citt del Lazio

e poi

tempo

di

Spurio Cassio mediante un altro vincolo


il

natura diversa, che non escludeva

primo, un trat-

tato con

una confederazione

politica di citt latine (2).

(1)
(2)

p.

328 segg.
i<igg.

II

pag. 96

PER RINTUZZARE

l' ACRISIA

381
e

Quindi allorch

il

Bonfante con grande sicumera


le

non piccola confusione d'idee mi addita


l'antichissima partecipazione di

traccie del-

Roma
letto

alla lega albana,

non s'avvede neppure (tanto ha


il

con attenzione
d'

libro

di

cui fa

la

critica)

che son

accordo con
e

lui.

Solo, ignorando io
la

quando Roma ebbe origine


fin

quando sorse
zione la citt

lega latina, cose, pare, al Bonfante


dalla sua fondalega, che ignoro

ben note, non posso asserire che


se allora esisteva. Piti oltre

partecipasse a questa
il

critico osserva

non

es-

sere improbabile

"

che

il

trattato che va col

nome

di

Spurio Cassio non facesse che riammettere


lega
.

Roma

nella
il

Da

ci

appar chiaro che

egli

non conosce

testo del trattato presso


0,

Dionisio di Alicarnasso (1);


e

conoscendolo, non lo ha capito,

ignoi'a poi la in-

terpretazione magistrale e definitiva che di quel testo

ha dato

il

Beloch
parit

(2).

Si tratta infatti d'una alleanza


i

con piena
e
i

di

diritto tra

Romani da un
stabilisce

lato
nelle

Latini dall' altro,


la

in

cui

si

che

guerre comuni
fra
i

preda debba esser divisa per met

contraenti.
slegate n piti profonde, sebbene
le

Non meno

un

po'

pi copiose, sono

osservazioni del critico sulla storia


S'

interna e sul diritto pubblico.

intende che non gli


le

venuto

in

niente di
e

considerar

mie teorie nel

tutt'

insieme
e

importanti

non ha fatto neppur cenno delle pi nuove come quella sull' ordinamento
,

centuriato. Infatti con mirabile imparzialit egli cerca

con occhio di linee

le

traccie

di

pretesi

errori

(che

son poi sempre equivoci suoi), e dove non gli avviene

(1)
(2)

Ani. Rom. VI 95.


Ital.

Bund

p.

177

segs'.

195 seg.

382
di ravvisarne,
si

a'

miei cjiiTici

affretta a passar oltre

come

se avesse

messo
col

il

piede sopra una

fraintendermi,

Comincia del resto attribuendomi un concetto della


serpe.

evoluzione lontanissimo
triviali

dal

mio

il

che dopo alcune

considerazioni sulla legge d'evoluzione gli


"

occasione di esclamare che coi criteri miei


alla legge dell' evoluzione

in

omaggio
237).

negheremmo

la rivoluzione

francese e anche
"

le

due rivoluzioni

inglesi

(p.

Il

dar vita dal nulla a ordini del tutto nuovi, cos


scritto nella Storia dei

ho

Romani

I p. 399),

cio

nel caso particolare sostituire di punto in bianco

una

repubblica a una monarchia


ritenuto incapace

cosa di cui par vada

un popolo in condizioni tanto pricome il romano della fine del secolo VI pel quale non esisteva altra legge che gli usi tramandati
mitive
,

dai maggiori

Dimenticando questo che

il

punto

essenziale del

mio ragionamento,

riesce facile al

fante darsi la gloria di confutare

Bonun concetto assurdo


le

della evoluzione che esiste solo nella sua fantasia.

Continua poi

il

Bonfante a criticare

mie osservai

zioni sulla caduta della monarchia, trascurando tutti

punti essenziali e fraintendendo gli

altri

come
il

di con-

sueto. Cos egli dichiara in verisimile

che

disprezzo

per

le fiacche

monarchie ellenistiche desse occasione a


i

leggende come quelle in cui


"
il

Romani manifestavano
dei propri ultimi re

disprezzo per la

memoria

qui debbo dire che di disprezzo per la memoria dei


(il

propri ultimi re

Bonfante vuol dire del proprio


da parlare.
Il
i

ultimo

re),

non

certamente

secondo
delitti,

Tarquinio, di cui la tradizione romana ricorda

come

la tradizione

greca ricorda quelli d'Atreo

di

Tieste,

superbo nella fortuna prospera, indomabile

nel-

l'avversa, ci rappresentato
catore.
sulle

come un magnanimo

pec-

Ed

io del resto, nell'avvertire clie la

leggenda

origini

pacifiche

della

repubblica per opera di

PER RINTUZZARE l'aCRISIA

383

Servio anteriore all'et ellenistica (Ij, su di che, non

parendo quella leggenda materia di carmi


ellenistica

epici,

poteva

cader dubbio, non ho punto inteso di dire che all'et


risalga
la

leggenda

di Tarquinio,

anzi

ho

asserito esplicitamente che essa fu svolta dall'

epopea

tico

un malinteso, il crimi rimproveri d'avere ascritto origine s tarda a questa tradizione, mentre pure, combattendo la ipercritica di E. Pais, ho affermato in modo reciso la origine remota di tutte in massima le piti
popolare
(2).

singolare come, per


oltre

poco

piih.

belle

leggende dell'antica
all'

Roma

ne ho ascritto la

elaborazione

epopea

popolare.

Senonch

il

Bon-

fante pur di difficile contentatura.


del retrogrado perch respingo
la

Dopo avermi dato


critica di E. Pais,

dopo aver mostrato


per eccellenza
di
"

di riputar persino

questa la critica

(3),

mi rimprovera

poi, fraintendendomi,

non ritener molto antiche le leggende sui Tarquini, quali potrebbero avere un ncciolo di verit , e non si ricorda pi che Bruto pel Pais un dio e Tarle

quinio non

si

sa

bene se un dio od uno dei


,

colli

di
si
il

Roma
faccia,

a tacere che, seguendo


il
"

com'

egli

vuol che

geniale indirizzo

del Pais secondo cui

popolo romano-sabello avrebbe avuto origine nella seconda met del secolo V, indirizzo di cui severamente

mi rimprovera

di

cernenti le origini repubblicane


circa le relazioni

non tener conto, tutti i problemi connon meno che quelli tra Roma ed il Lazio cambiano in:

teramente aspetto

come non pu

parlarsi di parte-

cipazione antichissima alla lega latina d'un popolo che

prima della met del secolo

V non

esisteva, cos

non

(1) I p.
(2) I

399.

p. 398. 408.
1.

(3)

P. 223 n.

384

a"

miei critici

pu

j^arlarsi
il

n d'et regia n di caduta della monar-

chia, e

Pais pienamente logico parlando invece di

lotte mitiche tra divinit.

Ad
dire

ogni modo, ben diversamente da quel che mi fa


il

mio

critico

io

ritengo che nel secolo

IV

si

fossero gi formate per spiegare la caduta della repubblica

due leggende etiologiche catastrofiche

del pari,

ma
I^ii

affatto contraddittorie ed elidentisi a vicenda, quella

antica della origine pacifica della costituzione re-

pubblicana per opera di re Servio e quella pi recente


che collegava con la fine della monarchia
l'

antichis-

sima tradizione della caduta


di Lucrezia
;

di

Tarquinio per lo stupro


la

ma

n la prima n

seconda spiegano
regio

bene la profonda avversione alla monarchia e l'orgoglioso

disprezzo
il

romano
critico

del

nome
,

due
;

senti-

menti che

mio

confonde
di

non
,

io

il

primo
anche

aveva radice popolo libero

nell'

amore

libert

vivissimo in un

e prode, e trova le sue analogie

nei sentimenti di popoli che o

non

ebbero re o non
di

ebbero,

stando

alla

tradizione,

ragione
;

odiarli,

come
le

Siracusani

e gli

Ateniesi
le
i

il

secondo

trov

alimento dalle relazioni con


quali, in ispecie
al

monarchie
Paolo

ellenistiche,

dopo che
di

Romani ebbero
e

visto

Perseo

trionfo

Emilio

Prusia in atto
su-

di liberto dinanzi al

senato, potevano benissimo


simili

scitare

Roma
dei

sentimenti

a quell'orgoglioso

disprezzo

Greci

per

il

cerimoniale
la

persiano

di

corte, che per

poco non cost

vita

ad Alessandro

Magno. Ed

chiarissimo
gli

che tutto ci non infirma n


fra-

punto n poco

argomenti, dal Bonfante parte

intesi parte trascurati, per cui ritengo che la trasfor-

mazione della monarchia


in

in repubblica

non avvenisse

Roma

per via rivoluzionai'ia.

Inetto a vagliare questi argomenti, manifesta ancora

una volta

il

Bonfante

il

suo

difetto di senso storico}

PEPv

RINTUZZARE l'aCRISIA

385

quando
narchia
Tiberio

scrive che la tradizione sulla caduta della


"

mo-

ebbe tanta

efficacia

da produrre l'eccidio di
.

Gracco per un puro malinteso


su Tarquinio

S'intende

che in quell'eccidio non ebbe alcuna parte, o minima,


la tradizione
il

Superbo. La uccisione di

Tiberio fu cagionata dall'odio degli aristocratici e dal


timore, saputo

opportunamente di|ondere

non

del

tutto infondato, che egli aspirasse ad occupare in

modo

non

legale

il

potere supremo. Alcune fonti dicono che


e

occasione fu la voce falsa

dovuta ad un malinteso
il

nutrito ad arte che egli volesse cingere

diadema.
che

Il

Bonfante mostra

di

non conoscere

la

critica

di

questo aneddoto ha fatto E. Meyer

(1).
il

Ma

checch
si

debba
era
il

dirsi del

suo valore storico,

diadema,

noti,

sconosciuto,
il

come

tutti sanno, nell'et regia di

Roma,
e

simbolo della regalit nel

mondo

ellenistico,

popolo non voleva che alcuno


le vittorie

lo cingesse,

neppure
il

dopo

di Cesare,

non per Tarquinio


la

Su-

perbo, che, se visse e fu

re,

non port diadema, ma


rovina

perch

gli

rappresentava davanti agli occhi

palese di quella repubblica che s'ostinava a creder viva

anche quando di fatto era caduta.


Il

Bonfante dopo ci non s'avvede neppure che


le

la

mia opinione che


teriori

origini del
della

consolato siano an

alla

caduta
di

monarchia
sul

una

consedi

guenza

necessaria

quella

declinare

essa
il

monarchia;
ritto

e ignora,

s'intende, le analogie che

di-

pubblico greco offre al declinare della monarchia


effetto

per

della

ereazione
ipotesi
i

di
i

magistrati nuovi.
consoli
o,

ISTel

discutere la

mia
il

che

come

dice-

vano in origine,
(p.

pretori, fossero
,

sul principio tre

244

seg.),

tono del critico

sempre leggero

ed

(1)

Vntersiichungen ziir Geschichte der Gracchen p. 26.

G.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

25

386

a"

miei rr.iTici

impertinente, assume

una leggerezza ed impertinenza


si

tanto maggiore del solito quanto pi del solito fiacca


la

sua argomentazione. Egli non


offerto

accorge del grave

argomento
lonia
di

dall'analogia

deirantichissima coordinata
sul-

Ostia,

che

pure

dev'essersi
i

l'esempio della madrepatria, dove

pretori precisamente
si

son tre
sian

(1).

Non
il

riesce anzi a capire perch molti

proposti

problema della dualit della magi-

stratura suprema; e par neanche sappia che nel


greco-italico la dualit, fatta eccezione
della

campo

diarchia

spartana, sulla cui origine

s'

pur tanto discusso, del


foggiate sul;

consolato

romano

delle magistrature

l'esempio di questo, estremamente rara


bile la soluzione

ed mira-

che d del problema, che in sostanza

par questa:

consoli son due perch son due. In realt


i

in et storica

magistrati maggiori eran tre, perch

consoli avevan

un

collega,

il

pretore (urbano), e por-

tavano persino lo stesso suo


la tradizione il
la

titolo.

vero che secondo

pretore (ui-bano) sarebbe stato creato

prima volta nel 366;

ma

questa tradizione pu proi

venire dall'essersi iniziati in quell'anno

fasti pretorii,
s'ati

precisamente come
tribuiva
al

la creazione dei

primi consoli

509 perch

in quell'anno

cominciavano

fasti consolari;

tanto pi che sarebbe molto strana e

priva d' analogia la creazione d' un magistrato nuovo

coordinato agli antichi come collega e al tempo stesso


inferiore ad
essi di dignit

designato con
il

la

stessa

denominazione, al tutto disadatta, perch

nuovo

pre-

tore sarebbe stato]creato per la giurisdizione, e jraetor

vuol d- generale. In tale condizione di cose ben


giustificata l'ipotesi che
i

pretori fossero fin dall'ori-

gine

tre,

quante erano

le

trib

romulee,

che av-

(1)

Storia

liti

Bomani

p.

405

ii.

2.

PER RINTUZZARE l'aCRI?IA


venisse nel seno
poteri.

387
di

del

collegio

una differenziazione

ci

il

critico risponde che la coordinazione di


ai

un
dei

magistrato inferiore pi naturali

superiori

"

un fenomeno

ma, cercando poi

di dare

un

altro solo

esempio

di

questo naturalissimo fenomeno, accumula in

tre righe cinque o sei gravi inesattezze: sulle quali ci

tratterremo tra breve quando prenderemo ad esame la

conoscenza assai imperfetta ch'egli ha del diritto greco.


Poi dice singolarissimo
di tre;
e

nelle

magistrature

il

numero
"

qui lo

si

]pu

rimandare ad un manualetto Poi osserva che


nella

qualsiasi di antichit greche.


stessa pi antica tradizione

romana non

ignota la

dualit
grossa,
essere
seri

dei re

qui egli che altrove fa la voce


critica,

dandomi

del retrogrado in
tutti

dimentica
i

ormai riconosciuto da
e

quasi
e

critici

che la dualit leggendaria di Tazio

Romolo

Remo

di

Romolo

non

che l'anticipazione mitica

della dualit consolare.

finalmente quando asserisce


il

che caratteristico per la collegialit


tipico
il

numero

due, non s'avvede che questo

numero pari, numero


i

divenuto tipico precisamente perch due erano

com-

ponenti con pienezza di poteri del pi antico collegio


di magistrati,
il

collegio consolare.

S'immagina natu-

ralmente
lit

il

Bonfante

che

il

concetto della collegia-

potesse balzar bello

e fatto dal cervello


;

romano

come Minerva dal

cervello di Giove

perch io ho

cercato di rintracciare in che

modo

possa essersi invece

formato a poco a poco questo concetto singolarissimo, non mi risparmia il suo biasimo. Della collegialit del
resto egli

non intende punto

l'essenza,

ponendo

la

sua
sta

caratteristica

nell'intercessione,

mentre l'essenza
freno.

nella pienezza di poteri


e l'intercessione

che ha ciascuno dei colleghi,

non ne

che

il

tutta la sua

spiegazione della intercessione

si

riduce a questo, che

388
"

a'

miei critici
del pensiero
di

giuridico

abbiamo evidentemente una categoria romano , non avvedendosi egli


quel
che

prendere

per una spiegazione

solo la espressione

del fatto da spiegare, perch bisogna pur vedere


s"

come

formata a

Roma

non altrove questa categoria del

pensiero

giuridico.

Ed

verissimo
accettato,

che

il

principio

della intercessione,

una volta

ha avuto larga
sarebbe af-

applicazione nel diritto ijrivato;

ma come

fatto arbitrario ritenere che nel periodo anteriore alle

dodici tavole fossero regolate da


zioni

quali

la

contutela o la cura

l'appunto ritenuto che la dualit

norme precise istitucomune, va per della suprema magi-

stratura abbia dato vita a poco a poco alla intercessione,


e che questa poi
si

sia applicata alle altre magistrature,

man mano
mano
mente
creati

che

si

crearono, e al

diritto privato,

man

che la legge o l'uso


g' istituti.

venne regolandone
nell'

lenta-

Che invece
e stabilito

anno 509

fossero

due consoli

che ciascuno avesse la


,

pienezza dei poteri del supremo magistrato

ma

che

per ovviare a questa pienezza di poteri


vigore
il

dovesse aver

principio della intercessione, questo non


i

pu

ammettersi, perch "fissare


tuarli coerentemente
in condizioni

principi di diritto. e at-

primitive
la

non era possibile ad un popolo Siffatta mia frase che (1).


tesi

colpisce

morte

ridicola

ed antistorica del

balzar fuori alla caduta della monarchia una diarchia


collegiale col concetto

romano
non
si

della collegialit bello


il

e svolto fin dal principio, irrita

Bonfante,

il

quale,

in difetto d' argomenti,

tiene dallo
la

scagliarmi
"

un'ultima ingiuria,

dicendo che

mia frase
e

rivela

una manifesta sconoscenza della


organica del diritto,
la

vita

della

natura

quale totalmente indipendente

(1)

Storia dei Rouani

417.

PER PaNTUZZARE l'aCPiISIA


dalla formulazione scientifica
rali

389

dei

suoi principi gene-

(p.

246).
il

assicurarsi

Usando parole s gravi, avrebbe dovuto critico di non fraintendermi. E mi frain-

tende invece in

modo da

far dubitare persino se parli

sul serio. Egli discorre cos di formulazione scientifica


e dei principi generali del diritto
:

due cose

di cui

non

ho detto verbo. Io ho inteso dir semplicemente che i contadini romani del 500 non potevan formulare un
principio
hentis e trarne
s le

come potiorem causam esse consulis prohisenz'altro, non lasciarne svolgere da


alla posizione

conseguenze rispetto
,

scambievole

dei

due consoli

n mai

m' venuto in capo di nesia

gare che la vita organica del diritto

indipendente

dalla formulazione scientifica dei suoi principi generali.

la

commenti la frase del Bonfante perch commenti il lettore (1). Poco felice anche il Bonfante nelle considerazioni che fa sulla denominazione del console, che, come ho
lascio senza

detto nella

mia
n

storia, deriva dal senatuu consulere (2).


il

Ma

"

io,

De

Sanetis

potremmo

sentenziare su

questa materia
critico (p.
di filologia

mi avverte con
Ecco:
i

insolita

cautela

il

245).

ch'egli

non possa sentenziar


coltura filologica,

dopo

saggi
:

dati di

fuori

di

dubbio

(3)

non

saprei

peraltro

perch in

(1)

Lascio anche al lettore di commentare l'eloquente

silenzio che su questo


(2) I
(3)

punto mantiene nella sua replica.


ci

p. 403.

Questi scrupoli peraltro (su

richiamo ancora

l'attenzione del lettore onesto) son del tutto dimenticati

quando, con un simulacro di cognizioni filologiche raci-

molate spesso
po' ardito)

nelle

fonti

pi

torbide,

il

Bonfante

si

crede in diritto non di combattere (che gi sarebbe

un

ma

di vituperare (che addirittui'a grottesco)

dottrine filologiche difese


col

da

me

d'accordo con lo Schrader,

Kretschmer

o col Pianta.

390

a"

miei

CT.ITIf'I

materia filologica debba esser proibito di dar sentenza


a

un

filologo (1).

poich

egli,

al solito,

non

riu-

scito

capire

il

fondamento

della

mia

asserzione,

sar bene spiegarglielo.

Uno

degli uffici principali del

console quello che

si

designa col termine tecnico di


chiaro

senatum consulere; ora


consitl e consulere

che la coincidenza tra

non potendo essere casuale, o co7isulere proviene da consul o il consul ha nome dal covsnlere: tertium non datur. E poich la prima ipotesi non ammissibile, non rimane che la seconda (2). Quanto al momento in cui il supremo magistrato ro-

mano

prese a designarsi col titolo di console, noteil

vole la tranquilla acrisia che dimostra

Bonfante ap,

pellandosi

crede di

come giudice competente a Varrone dove trovar indicato tale titolo " come originario
agli altri
,

cumulativamente

Qui

v"

prima

di tutto
fa
il

un

errore di fatto

poich Varrone (3j

non

pi

piccolo accenno alla cronologia relativa delle denomi-

nazioni del console.


la tradizione
"

Ma

poi

il

critico
il

non s'avvede che


titolo di console

ufficiale

secondo cui

spunta

(sic)

dopo

la cacciata dei decemviri

vuol

dire soltanto che nelle dodici tavole

quel magistrato

era designato col titolo di pretore o di giudice: cosa

gravissima per
di E.

chi,

seguendo
riferire
le

il

"

geniale indirizzo

Pais, dovesse
secolo.

dodici tavole alla fine


egli tiene della vera

del

IV

Nessun conto poi

(1) Per acquetare gli scrupoli del Bonfante non sar male osservare che questa etimologia adottata anche dagli editori del Thesaurus IV p. 562 (consul) oh officium consulendi senatus nomen traxis.se videtur a consulere. (2j S'intende che, proponendo questa ipotesi, non ho punto inteso di definire la questione della origine prima
:

del secondo elemento delle parole consul e consulere.


(8)

De

l.

l.

80.

PER KiyruzzARE l'acrisia

391

prova

che

due consoli
il

il

pretore portavano
cio di strateghi
;

un
con
:

tempo
cui
i

lo stesso titolo,

nome

Greci

li

designano

tutti e tre

ed naturale

Graeca

sunt,

non leguntur.

Rispetto alla dittatura, io trovandola istituzione singolarissima,


al

come

di fatto

,
si

avevo cercato, conforme


trova a fronte d'un pro(1). Il critico
il

dovere d'ogni storico che

blema, di spiegare com'essa pot sorgere

non

riesce
e

neppure ad intendere

in che consista

pro-

pu quindi ben perdonarglisi se, perduta la proclama che " una caratteristica non sua pazienza felice del metodo dell'autore il porsi degli inutili
blema,
,

problemi
(p.

per
Il

risolverli

in

un modo

inverosimile

246

1.

bello

poi che di questo


egli stesso
la

problema, che

non

esiste,

propone
in

una soluzione, ammetfosse, jorima della

tendo

che

Roma

dittatura

istituzione del consolato, stabile ed annua.

Del resto

nella sua discussione sulla dittatura egli

accumula non

pochi errori. Dice, p.

es.,

che
il

tatore (magister populi)


si

il nome antico del ditnome stesso del re, e non

avvede che

cosa
il
I

veramente ingenua affermar con


re si chiamasse magister poimi.

tanta sicurezza che


"

Come non

scorgei'e

esclama poi che dictator o praetor


)

sono termini d'uso che


e

si

scambiano mdifferentemente....

tosto

non esprimono se non un capo unico V . E qui piutcome non scorgere che il critico non sa neppure
il

che

termine praetor. di regola non designa un capo

unico,

ma un membro

d'un collegio? Viene,


o
achei;

vero,

applicato agli strateghi etolici

ma

appunto

perch

i Romani non avevano nel loro diritto pubblico un termine per designare l'unico magistrato sujDremo

ordinario, e quindi in questi

casi

rimanevano

esitanti

(1) I

p.

420 segg.

392
tra

a'

miei critici dare

due inesattezze,
il

(juella

di

un magistrato
il

ordinario

titolo di dittatore

(come talora hanno fatto

coi generali cartaginesi)


titolo di pretore.

un magistrato unico
il

Asserisce poi

critico

che

il

re ve-

niva designato dal supremo magistrato in carica (ossia,

deve intendersi, dal re predecessore),


popolo: e questo
in ogni caso poi
,

non
(1),

eletto dal

credo col

Mommsen
si

un errore;
Gli

una

ipotesi

campata
ci

in aria.

riesce strano che nelle citt latine

sia imitato Tor-

dinamento della lega latina;

mentre

invece non

ha nulla
bilit

di strano, e trova analogia nella introduzione

della Toyeia nelle citt tessaliche.

Riconosce

la possi-

che la dittatura della lega latina fosse tempo-

ranea, ma, se mai, dice, in tempi preistorici; e questa


limitazione, se

non erronea,

certo arbitraria

nessun

argomento avendosi per ritenere che


fosse stabile intorno al 500.
la legge sul

la dittatura latina

Non
si

pensa neppure che


l'iferirsi

praetor maximus potrebbe


solo se le

esclu-

sivamente

al dittatore

assegna una stra-

(1) Singolarissimo che il Bonfante mi rimprovera di non tener conto della serie di dati che indussero il Rubino ed il Mommsen a stabilire che " il sistema primitivo , di Roma era la designazione da parte del predecessore. Non ho tenuto conto di questi dati perch il loro scarso valore stato dimostrato appunto dal Mommsen. il quale nello Staatsrecht P 579 asserisce precisamente il contrario di quel che il Bonfante gli fa dire, ossia dichiara di rite-

nere che debba escludersi nell'et regia la designazione

per parte del predecessore. Quindi di

siifatta

designazione
trat-

ho tenuto conto nel solo contesto in cui conveniva

tarne, cio a proposito dei magistrati repubblicani. Questi

ed altri esemp che verr adducendo mostrano con quale


diritto
il

Bonfante

possa

accusarmi

di fraintendere le

teorie altrui.

PER TJINTUZZAKE l'aCRISIA


bocchevole antichit,

393
la

il

che poi non .s'accorda con


:

pretesa origine tarda del popolo romano-sabello

nel

IV
il
i

secolo (io credo anche nel

console, arparriYt; tiuaroc,


Greci.
alla

V) praetor maximus come lo dissero appunto


lucana non avendo mai
ci ap-

Xon

s'accorge che la dittatura lucana simile

romana,

ma
si

che
sa,

la lega

avuto, a quel che

una vera monarchia,

punto mostra quanto

sia

fallace spiegai'e la dittatura


;

come un ritorno temporaneo alla monarchia inoltre non vede la piena analogia che ha con la dittatura
latina quale, secondo
ci

me, era in origine. Dopo tutto

non

meraviglia che egli

la forza della

non avverta in che sta mia argomentazione. La lega latina sorse

quando gli Stati laziali si reggevano a monarchia, e non v'erano in essi dittatori. Se intorno al 500 troviamo dittatori e nella lega e in qualche citt latina, non potendo nelle citt essere che recenti ossia posteriori alla

caduta della monarchia, chiaro che

le citt

latine imitarono la dittatura della lega.

poich la

dittatura

ci

appare come una magistratura straordinaria

nella citt latina ove ne


sicuro, ossia in

abbiamo

il

pi antico esempio

in origine e

Roma, legittima l' ipotesi che fosse, fino al momento in cui venne imitata da
il

Roma,
in

straordinaria anche nella lega latina,

che ha

piena analogia nelle supreme magistratui'e federali che

ipotesi

tempo ha

di
il

guerra

si

davano

altre

leghe.

Questa

vantaggio di spiegare la singolarit della

istituzione la quale,

romana senza bisogno di supporre che quella non certo al Bonfante ma a un uomo dappoco come Niccol Machiavelli appariva singolarissima venisse fuori da un giorno all' altro nel momento del bisogno come un fungo dopo un giorno
dittatura
, ,

di pioggia.

E
nelle

finalmente
frasi

mi

fraintende ancora

il

critico
al

quando,

di

nessun conto che dedica

tribunato

394
(p.

a'

miei critici
esser difficile che gli ordinamenti

238),

mi oppone
plebeo
si

del

Comune
chi
i

siano affermati per vie paciticlie.

ha mai detto questo?

Ho

asserito che lenta-

mente
zioni,

tribuni acquistarono le loro singolari attribu-

ma non ho mai
;

detto che ci avvenisse per via

pacifica
il

che anzi ho affermato esplicitamente proprio


(1).

contrario

E
le

quanto

alla ipotesi

che

tribuni

si

colleghino

con

trib urbane, credo

d'aver messu

in chiaro che

le

erano

e quindi

trib urbane nel V secolo non vi non potevano avere tribuni (2). Tutti i

cittadini erano iscritti nelle trib rustiche ove stavanc


i

loro possessi fondiari

n ci esclude che avessero


i

le

loro case in
in

Roma. E che

capi delle trib difendessero

Roma, dove pi

ce ne era bisogno, contro le


i

ma-

gistrature patrizie gli interessi dei loro tribuli,

quali
,

Roma dovevano
,

recarsi

ad esempio per

la

leva,

mi pare supposizione cosi naturale che solo al Bona lui che viceversa nulla fante pu parer singolare
,

trova di strano nelle pi singolari istituzioni romane.

Prendiamo

ora

ad

esame
alla

le

osservazioni

che

il

mio

critico

contrappone

sulle origini del patriziato

nuova teoria di E. Meyer (3), che ormai largamente


romana.
Conviene per
aristi
-

diffusa

tra

cultori di

storia

ben apprezzarle premetter poche cose. Alcune


altre dalla conquista.

Grazie nascono dalla differenziazione delle classi social;


Difficolt a ritenere l'aristocrazi;

romana

originata da quella differenziazione non ve ne

(1)
si

Storia dei

Romani
il

li p.

31.

Qui,

come

di

regola,

guarda bene

ficare

Bonfante nella sua replica dal rettiquelle sue asserzioni sul conto mio che ho dimo-

strato all'evidenza
(2)
li

non rispondenti
AUertums
li

al vero.

p.

230.
p.

(3)

Gi'schichfe dcs

512 segg.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


sono.

395
i

ci

soccorre l'analogia di

un popolo
lo

cui or-

dinamenti sociali somigliano


l'attico.

strettamente
Stato

ai

romani,
ori-

Invece per

ammettere
e

romano

ginato dalla conquista non v' alcuna prova n storica

n archeologica n filologica,

la tradizione

manife-

stamente lo esclude.
sul suolo di

"

certo,

dice
piti

il

Bonfante, che

Roma

e del
si

Lazio

popoli hanno doe

minato, pi razze
zione

sono sovrapposte
il

che la tradivari popoli

adombra chiaramente
(p.

cozzo

dei
al

che

si

scontrarono sulle rive del Tevere

fuoco etnico

della Penisola

238).

Sul

suolo

di

Roma
si

vera-

mente, non

punto certo che pi razze

sovrappoil

nessero, prescindendo dal passeggero dominio etrusco,

quale non ha qui nulla che fare


se
il

non sappiamo
abitato

infatti

suolo

di

Roma

sia
,

stato
e

od abitabile

prima

dell' et eneolitica

non

vi si rinvenuto in

posto finora nulla che non possa attribuirsi ai Latini.

N
dai

il

Lazio antico, che, salvo un breve e parziale doci

minio etrusco,
Latini
fin

appar sempre popolato


albori

dominato
dirsi
il

dagli

della storia,

pu

fuoco etnico della penisola. L'espressione fuoco etnico


assai

vaga;

ma
e

se

pur

le si

vuol dare qualche senso,


alla

essa

non pu applicarsi
lasciarono

che

Campania, dove
durature
di s

si

scontrarono

traccie

le

quattro stirpi che ebbero maggiore efficacia sui destini


d'Italia, Latini, Oschi,

Etruschi e Greci.
,

Ad

ogni
,

modo

se

non

nel suolo di

Roma
si

certo nel Lazio

tutte le regioni abitabili della terra,

come in pi popoli hanno

dominato, pi razze

son sovrapposte.

Ma
,

il

critico
la

non

si

avvede che ci non ha nulla di comune con


di

questione delle origini storiche

Roma
E

come non

ha nulla di comune con


riche di Pietroburgo

la

questione delle origini stose dall' essere


il

di Chicago.

chiaramente adombrato
vari popoli che
si

dalla

tradizione
sulle

cozzo dei

scontrarono

rive del Tevere,

396

a"

.miei critici

egli vuole inferire che

Roma

ebbe origine dalla con-

quista, adopera rispetto alla tradizione

non

la critica

temperata che
derla,

egli deride

perch non riesce ad inten-

ma

quella acrisia che consiste nel far dire alla


il

tradizione tutto

contrario di ci che dice, e fabbri-

care su questo travisamento, con la coscienza tranquilla


d'esserle fedele. Del resto se davvero dovesse
tersi

una conquista
collocarla

sabellica di

ammetRoma, converrebbe con

E. Pais

nella

seconda met del secolo

parallelamente all'avanzarsi dei Sabelli nella Campania


e

neiritalia meridionale; e
sia

vedemmo quanto

tale ipo-

tesi

remota dal vero. Con molta urbanit mi rinfaccia poi il Bonfante di ammettere " per comodo della mia tesi storicamente

inutile

una serrata

del patriziato.
tutti (e

Or questa
tutti,

serrata

del patriziato

ammessa da

poco importa che


anche
se

non

le

diano questo nome), perch


il

non

mio modo di vedere sulle origini del ammettono che vi fossero ricevute o popatriziato tessero ricevervisi genti nuove fino al principio dell'et repubblicana e poi non pi sino al declinare della repubblica. E tra quelli che implicitamente 1" ammetcondividono
,

tono, citer un critico, a cui


chiner,
ossia
lui

il

Bonfante certo s'inlui

stesso

che con la solita mirabile

coerenza

mostra altrove
fa

(non dir con


tesi:

che sia

quando

comodo

alla

sua

lascio

ad

altri l'uso

di siffatte volgarit) di prestar fede alla tradizione sul-

l'ingresso

dei Claudi nel patriziato

romano
se
il

(p.

243).

Ma, prescindendo qui dal mio

critico,
si

patriziato

in

et

storica

casta

chiusa, ci

spiega in due

modi: o supponendo che sia nato dalla conquista e che i conquistatori non abbiano poi voluto dare a
nessun altro parit
quale
di

diritto

o supponendo che
di

si

sia ridotto a casta chiusa per


,

mezzo

una

serrata, la

badiamo

pu essere avvenuta anche

solo

di

PER RIXTL'ZZARE l"aCR1SIA


fatto,

397

senza alcuna solenne proclamazione.


,

serrata
fa

che ben s'accorda con la tradizione

Or questa quando
,

cenno delle minores gentes, non manca


e,

d'

analogie

sicure

per non uscir dalla storia antica, devesi pre-

supporre in Atene, dove l'aristocrazia, pur non avendo

avuto origine dalla Conquista, era casta chiusa in et


storica. L'ipotesi della serrata sta

dunque a priori a
essendo
estrema-

fronte dell'altra almeno con piena parit di diritto, e

non

solo

non essendo provato

ma

mente inverisimile che Roma abbia avuto origine dalla conquista, dobbiamo accoglierla cme la pi probabile. A conferma della origine relativamente tarda del patriziato

ho addotto che da tempo remoto partecipavano

alle curie patrizi e plebei.


il

Ma

'

ben naturale ^ribatte

critico)

che la prima conquista della plebe sia stata


piti

l'ammissione alla

antiche assemblee .Ben naturale

pu parere dimenticando che le prime conquiste della plebe non sono anteriori al secolo V, per modo che la
tradizione, la quale ciualche ricordo ne

ha conservato,

ci

avrebbe serbato ricordo anche di questa che sarebbe


stata eapitalissima. Poi ajjpunto con le conquiste della

plebe coincide

il

declinare dell'assemblea

curiata e

il il

sostituirvisi per

opera della plebe d'altre assemblee,

che sarebbe singolarissimo se l'assemblea curiata avesse

mutato natura con


opportunamente
nuta la conquista,
messi a partecipare
che
"

la

ammissione dei plebei. N pi


che
tin

egli allega
i

da principio, avve-

plebei potrebbero essere stati


all'

amsi

assemblea curiata
di spiegare

avvertendo

non

c'

bisogno

un fenomeno che

ripete in tutte le storie di conquistatori e di conquistati


,.

E
in

bene notare che


condizioni

le

storie di conquiste
di
civilt
il

av-

venute

primitive
le

non dir

sempre (poich tutte

conosce solo
il

Bonfante),
;

ma

spesso insegnano precisamente

contrario
;

e poi altra critico di-

cosa son le curie altra l'assemblea

e qui

il

398

a'

miei CKtTICI

mentica che l'assemblea primitiva del


bilmente

Comune romano
e che proba-

non poteva essere una assemblea curiata


il

sostituirsi dell'assemblea curiata all'assem-

blea primitiva non divisa per curie fu dovuto appunto


al facile

predominio che avevano nelle curie

patrizi.

debbono considerarsi da chi le originariamente patrizie come aggregazioni

Le

curie poi

tiene per
di

genti

con particolari sacra

ora che a questi sacra venissero


della conquista
i

ammessi proprio

nel

momento

vinti

a pari diritto dei vincitori, e ci mentre


.si

vinti stessi,

riducevano in condizione d'assoluta dipendenza,

un

evidente controsenso.

E veniamo
Il

alle relazioni tra

Roma

e le citt italiche.

Bonfante sembra credere che


"

io attribuisca all' et

romana
citt

la

creazione

di

uno Stato

superiore alla

(p.

251).

mai per
che
i

la

Un errore si grave non m' passato mente. Ho detto, ed tutt'altra cosa (1),
di

Romani seppero meglio


le

ogni jjopolo antico


l'esistenza dello

conciliare

autonomie comunali con

Stato

ho detto che dalla soluzione che a questo


i

problema diedero

Romani dipende geneticamente


"

la
il

soluzione che esso ha nello Stato moderno. Ribatte

Bonfante non parergli

che lo Stato moderno abbia

una organizzazione
festo (2)

simile allo Stato romano,


.

ma

piut-

tosto a quella degli Stati orientali


;

Ed

errore mani-

ma

relazioni tra
orientali le

ho parlato soltanto delle Or da quale degli Stati avrebbero imitate gli Stati moderni? Dalio

ad ogni modo

Comune

e Stato.

li)
(2)

Storia dei

Romani

li

431.
il

Tanto manifesto che pu pensarsi che


le istituzioni ellenistiche

Bonfante

abbia voluto parlare in realt degli Stati ellenistici;

ma

anche

hanno

influito sulle isti-

tuzioni

moderne

solo pel tramite dell'impero

romano.

PEK KIXTUZZAKE l'aCKISL


l'Egitto, a cui

399

il

dalla Persia che

greche e fenicie
quali,

fu ignoto fino ai Tolemei? domin in generale le citt suddite per mezzo di tii-annelli o regoli, i
liberi nelle cose interne
al
,

Comune

pienamente

erano poi

responsabili

davanti

Gran Re del regolare pagala

mento

del tributo e della fedelt in guerra?

Dopo aver dimostrato cos critico, inetto, come sempre nei


nel tutt'insieme
dell'Italia
il

sua erudizione,

il

casi simili, a giudicare


di delineare

quadro che ho tentato


si
1'

dominata dai Romani,

ferma a trattare

con la consueta franchezza

ardua questione dei nm-

nicipia foederata. Di Gabii sappiamo che in et anti-

chissima concluse un foedas con

Roma;
Il

pivi

tardi

un municipio
quindi

dello Stato

romano.

Beloch suppose
(titolo

che

fosse

un miinicipimn foecleratum
ad Aricia
e

questo d'incerta significazione che nelle fonti letterarie

attribuito

solo

nelle

epigrafi
i

solo a

Capena), e fu tratto a cercare in un foedus


della costituzione municipale. Il

primordi

Bonfante accetta questa


,

teoria e

fraintendendo
"

il

Beloch

la difende

con un
Gabii

argomento che

non ha risposta
latina.

ossia
,

che

scomparve dalla lega


vero, l'argomento

Io credo che

fosse

pur
in

non sarebbe senza


anzi

risposta;

ma

realt la risposta cjuesta: che Gabii

non scomparve
a farne parte

punto dalla lega latina


fino ai

continu

tempi

di Cicerone (1).

Non

partecip, vero,

a quella federazione politica tra citt latine, di cui ci

d notizia un documento conservato da Catone


quella federazione

ma

non parteciparono neppure Preneste,


,

Nomento ed

altre citt latine indi^^endenti

quindi

non pu davvero ricavarsene che quando quella federazione fu stretta Gabii fosse

un Comune

dello Stato

(1)

Pro Piane.

9,

23.

400

a"

miei critici

romano. In conclusione come


municipio
non. sappiamo,
e

quando Gabii
avesse
il

diveniss>-

che

titolo di

municipium foederatum una pura e semplice ipotesi. Quanto al municipio federato di Capena, prima di tutto
non sappiamo
titolo

affatto se sia antichissimo

poi

il

suo
nella

pu

spiegarsi

assai

bene

col

De Rossi

ipotesi, cui

non manca qualche conferma archeologica,


risultasse dalla fusione di tre citt.
il

che quel

Comune

Dunque, esclama

mio

critico.

"

il

municipio di Ca.

pena sarebbe federato

con s stesso!
il

11

De Rossi
si

peraltro conosceva quel latino di cui

Bonfante

fa-

un'idea cosi singolare, e quindi non ignorava che, es-

sendo municipium un collettivo, pu usarsi, accanto


alla

designazione municipium Capenatium foederatorum,

l'altra

municipium Captena foederatum, non per dire che Capena era federata con s stessa il che assurdo,
,

ma

che
di

suoi

cittadini
i

erano confederati tra loro;


cui cittadini sono concordi
dirsi

come

o discordi tra loro,


concors o discors.

un municipium, pu
Arida
dato

che un municijnwn

Quanto
che
retorica

al
la

municipium iure foedefrase sia qualcosa pi


di

ratum
d'

di

una

espressione

Cicerone

),

la

sua

spiegazione semplicissima: Aricia era davvero federata in certo senso con

Roma

perch faceva tuttora

parte della lega sacra che celebrava sul monte Albano


le

Ferie Latine.

Dunque esclama
''

il

critico

iure do-

vrebbe alludere esclusivamente


qui dapprmia cotesto
j)erch molti ritengono che

al diritto sacro! .
.

esclusivamente
i

non

vi mis'io,

patti della lega


di

albana,

rimasti sempre in vigore

almeno

nome,
;

sconfinas-

sero in qualche parte dal diritto sacro


foedus,

poi dove un

uno

ius foederis,

qualunque

sia

Targomento

(Ij

Phil.

Ili

6,

15.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


del foedus, ed

401

punti esclamativi del Bonfante non

mutano
fante, di
"

lo stato delle cose.

Ma

nella creazione di
il

municipio deve ammettersi un foedus, asserisce


dato
il

un Bon-

carattere stesso di quella aggregazione


la

una comunit sovrana, per


,.

quale

piuttosto la

legge che ripugna

questo argomento varrebbe se

in realt la creazione di

un municipio non
che
il

fosse per
dice,

l'appunto
ossia

il

contrario

di quel

Bonfante

r aggregazione

allo

Stato di una comunit non

sovrana. Concludendo, non son mai chiamati immicijna

foederata

municipi per davvero antichissimi. Cere e


il

Tuscolo
citt

in et storica

municipio

si

distingue dalla

federata

precisamente perch
,

la

condizione di

questa regolata dal foedus


il

di quello dalla

legge

titolo

di

municipia foederata

dato

Capena ed

Arida compoi'ta una spiegazione plausibilissima senza


ricorrere alla ipotesi della origine
del

municipio dal

foedus. Inoltre siffatta ipotesi, mentre sembra superflua,

non spiega punto


spingerla.

le peculiarit
;

pi caratteristiche delre-

l'ordinamento municipale

per ho creduto di
del

Forse

a questa

ipotesi

Beloch voleva

alludere il Bonfante, dove dice che sono ingiusto col mio maestro quando mi propongo di valutare le sue pi originali induzioni (p. 220). Protesto vivamente

contro siffatta accusa. Io discuto liberamente


del Beloch, e in qualche caso

le teorie
;

me

ne allontano

e al

mio maestro son grato soprattutto d'avermi insegnato


a discutere liberamente le teorie di tutti e le sue.
in ci

Ma
al

non

v'

ha ombra

di

ingiustizia.
il

Ingiustizia

Beloch, e gravissima, fa invece

Bonfante, quando,

ad esempio, senza discutere, perch discutere in queste


materie egli non
che
sa,

redarguisce gravemente tutti quelli

come il Beloch il punto di partenza della storia di Europa nella diffusione degli Arii. Per mostrare del resto come il Bonfante nella sua critica
G.

pongono

De

Saxctis, Per la scienza delV antichit.

26

402
metta gi quel che
alla

a''

MIEI CRITICI

gli vien sulla

penna, contrapporr

sua la osservazione di un critico che conosce per


le teorie del

davvero

Beloch
per

e le mie,

il

quale

al

conlibro

trario del Bonfante, crede di riscontrare nel

mio

una certa

parzialit

le dottrine

rendendo giustizia in massima


denza di giudizio
(1).

alla

del Belocli, pur mia piena indipen-

Molte altre son

le asserzioni

infondate
il

sparse

nel-

l'articolo del Bonfante.


tutte.

N mette

conto di rilevarle

Prima peraltro

di passare al

campo

del du-itto

privato dir ancora poche parole su qualche altro punto.

Respingendo nella mia


secondo cui
detto
di
1'

storia (2)

la ipotesi

comune
sua
orisi

atrio

romano deriva

dalla capanna, ho
la

ritenere

che esso

debba invece
capanna

gine al recinto quadi-angolare con cui la


prese a cingere
,

capanna

mentre
dalla

la

si

continuerebbe

piuttosto nel tablino. In nota ho avvertito che (allon-

tanandomi

cos

opinione comune) seguivo con


Il

alcune riserve una teoria svolta dal Patrni.


fante (p. 240 seg.) m'accusa d'avere
troni,

Bonil

frainteso

Pa-

anzi

d'

aver

tolto

ogni senso aUa sua teoria,


il

perch l'atrio stando al Patroni non se non


della casa attorno al quale girano le

cortile
il

camere

ta-

blino la stanza principale della casa,

ma non

la conil

tinuazione della capanna. Ora ecco che cosa scrive


Patroni,

traendo dal confronto


sulla
il

con

le

abitazioni dei

bai'bari la sua teoria


tale (che

origine

della

casa orien-

secondo

lui

prototipo della casa cittadina


"

dei

Eomani,
di

di cui io discorro).

L'abitazione del capo

cessa

essere

capanna

e diventa casa

unicamente

perch un

muro

rudimentale, una palizzata, una siepe

(1)

L.

Bloch

'

Litt.

Centralblatt

'

1908

p.

1665.

(2) TI

51.S seg.

PEF.

RIN'TUZZAKE l'aCP>ISIA

403
tutto le varie

circoscrivono un'area, e riuniscono in

un

capanne, di cui una destinata a lui

Data

la

forma
di adsi

quadrangolare delle
dossarle
al

capanne

si

trova

comodo
e
piti

limite

dell' area....

naturale che

venisse a distribuire pivi organicamente

stabile a

mente

gli

ambienti attorno

ad un'area o cortile
il

dare alla stanza principale

posto pi eminente, in

fondo, di fronte all'ingresso. Nulla perci di pi logico


e

di pi

conforme
e

alla naturale evoluzione dell'indu-

stria

umana
simili

della tettonica se
e

non

il

riconoscere

il

prototipo della casa orientale

dell'atrio

italico in

forme

a quelle che sopravvivono presso popoli

rimasti in uno stadio arretrato della civilt


tablino provenga dalla capanna del capo
recinto che la circondava,

(1).

Che

il

e l'atrio dal

non potrebbe esser detto


si

in

modo
fante

pi esplicito

non

sa che pensare del critico

che tutto e sempre fraintende.


"

Mi

fa poi dire

il

Bonanche

arbitrarie

le relazioni

evidenti della casa ro-

mana

col tipo generale della casa mediterranea.


"

qui egli fraintende. Io non ho parlato di


arbitrarie ;

relazioni

che

generale della casa mediterranea:

mai significherebbe? n d'un tipo ho detto semplice-

mente

arbitrarie le induzioni del Patroni sulle relazioni

(genetiche) tra la casa


tutt'altro
lit
;

romana

e la

micenea,

il

che
uti-

perch

si

tolga a questo
il

modo ogni
veda
il

alla teoria,

come

critico aflferma,

lettore.

Ho

trattato ampiamente, nella

mia
di
si

storia, delle isti-

tuzioni militari di

Roma

discostandomi assai da ci

che n' scritto nelle altre storie


nuali di antichit. Di questo

Roma

e nei

mail

non

avvede neppure
"

mio

critico;

e tuttavia

par che egli non trovi molto


inau-

a ridire, perch se la prende solo con l'epiteto

(1)

'

Rend. dei Lincei

'

ser.

voi.

XI

p.

474 segg.

404
dito
,

a'

miei critici

con cui ho designato

lo

sfruttamento che nelle


i

guerre facevano delle proprie energie

Romani

(p.

239).

Se avessi cercato raffronti pi congrui invece di citare


l'esempio dello sforzo di guerra fatto nel 1813 e nel

1870 dalla Prussia, afferma


via l'aggettivo inaudito.

il

mio
ho

critico,

avrei tolto

Ora

io

fatto precisamente,

come dovevo, raffronti antichi e moderni; n colpa mia se il Bonfante nella sua pertinace disattenzione non ha visto che confrontando l'ordinamento romano
con quello ateniese dell'et soloniana
strato
classi
(1)

ho

dimo-

come

sacrifizi chiesti pel servizio militare alle

povere fossero in

Roma immensamente
nell' antichit

superiori

a quelli chiesti allora in Atene. Per quanto pu giudicarsene,

non

stata

mai

classica

co-

stretta in cos larga

misura

al servizio militare la ca;

tegoria dei piccoli e piccolissimi proprietari

badiamo

che nel
in cui

IV

e nel III secolo


si

furono assai rari gli anni,


Il

non

fecero spedizioni militari.


,

confronto

con

le

societ primitive

in

cui

tutti

sono guerrieri,
il

mostra soltanto quale idea errata abbia


delle condizioni di

Bonfante
III secolo,

Roma,

la

quale nel periodo in cui


il

fiorirono gli ordinamenti serviani,

IV

il

non era menomamente una societ primitiva, in cui tutti fossero guerrieri. Quanto poi allo sforzo compiuto da Pisa e da Genova nelle loro lotte non l'ho, vero, come mi suggeparagonato con quello dei Romani risce il critico, perch i ragguagli non si fanno sulle
,

frasi,

ma

sulle cifre;

purtroppo

il

Bonfante sa
"

dirci

solo che ragguagliato alla popolazione

sarebbe raccacifre senza

pricciante
cui
il

non

si

cura d'indicare quelle


il

ragguaglio impossibile e

dirlo raccapricciante

retorica (popolazione,

numero

delle
vi

campagne, numero
presero parte).

approssimativo dei cittadini che

(1) II p.

201.

PER RINTUZZARE I/ACRISIA

405

IV.

La

parte

meno

felice dello

scritto del

Bonfante
che
e

si

(non sorprenda questa mia asserzione)


riferisce al diritto.

quella
egli

La conoscenza che
il

ha

sa di

avere dei testi concernenti

diritto

privato romano,

insieme

con

la

sua pratica scarsa del diritto greco,


e scarsissima della

privato e pubbKco,

lingua

greca,

col difetto di critica e di senso storico e

con l'usuale

dilettantismo per cui,

quando

gli

capita, si vale co-

raggiosamente di pessimi materiali raccolti di seconda

mano

fa s che la sua

audacia

nell'

affermare

cose

prive di fondamento, la violenza nel sostenere le sue

affermazioni e nel redarguire chi la pensa diversamente,

non abbia pi limiti. un vero dogmatismo fanatico da far impallidire la famigerata rbies
logorum.

cos
theo-

Tutta

la

sua concezione del giure romano fondata

sulla convinzione che esso

non abbia alcuna analogia

fondamentale col diritto greco.


di diritto gTCCO ? Si vede,

Ma

che sa

il

Bonfante

stono nel diritto

dovunque
solo
il

egli lo

quando afferma che non esiattico le servit (p. 251). Ora questo, abbia preso, un grave errore non
:

diritto attico

conosce servit personali

e reali (1),

ma

gli antichi

di diritto

notarono quel che il moderno professore romano sembra dimenticare, che la legge
le

delle dodici tavole concernente

servit

prediali

tradotta

da una legge di Solone,

di cui per

buona

(1)

V. Beauchet Droit

2}>'iv

de la Ep.

athniennc III
p.

p.

156 segg. GuiRAUD Propritr' fondere en Grece

191 segg.

406
ventura

a'

miei critici
testo (1).

conservato

il

Che

se

dopo
in

ci

il

Bonfante

aflPerma essere l'usucapione nel diritto attico

totalmente

ignota,

si

pu osservare che
che ad ogni

realt

quella della usucapione una questione assai controA'ersa tra gli ellenisti, e

modo
tale

molti stuistituto in

diosi ritengono

che fosse ben

noto

Grecia fondandosi sopra un passo d'Isocrate


di Platone.

ed uno

chi veda poi che


il

il

miglior conoscitore
il

del diritto attico,

Beauchet. ritiene

regime dotale
asserzioni

attico sostanzialmente

conforme

al

regime dotale roalle

mano, dar certo maggior fede fondate sopra un accurato esame


dogmatiche denegazioni
di
altri.

sue
alle

dei testi che

non

singolarissimo poi
ti'a
i

sarebbe che non vi fossero

affinit

due popoli
stret-

in materia di diritto privato,

mentre ve ne sono
fa

tissime in materia di diritto pubblico, affinit che


si
il

non

distruggono colFignorarle, come

sistematicamente

Bonfante. Infatti prima di tutto l'intero diritto pub-

blico

ad Atene come a

Roma

s'impernia sul concetto

della citt, e poi ad Atene, anzi in tutta la Grecia, vi

sono come a

Eoma

con
e
file

uffici

analoghi genti, curie

(fratrie) e tribii (file);

non

solo vi

una
vi

strettissima

analogia generica tra


in

e trib,
alle

ma

sono

altres
le

Atene
e

file
file

corrispondenti

trib

romulee,

ioniche,

corrispondenti alle

trib

serviane, le

clisteniche.

Non

inopportuno aggiungere che pecca


che
il

assai d'imprecisione quel

Bonfante discorre

di

una magistratura
suo
*"

ateniese, la sola di cui nel corso del

articolo

gli

avvenga
di

di

far cenno, l'areontato:

La creazione

(egli scrive a

proposito della istituzione

della pretura, p.

244
e

un magistrato nuovo coordistesso inferiore di di-

nato agli antichi

un tempo

fi)

Gai. Big.

I.

PER EIN'TUZZARE l'aCEISIA

407

gnit e designato con la stessa denominazione feno-

meno
Atene

dei pi naturali
,

lo stesso

processo con cui in


e

presso

un popolo pi
i

agile

parlante una

lingua pi ricca, son cresciuti gli arconti destinati alla


giurisdizione,

quali pure vengono dati


.
i

come posteil

riori e subordinati

Questo veramente una specie

d'indovinello, perch

nove arconti,

di cui qui

Bon-

fante discorre, s'occupano tutti, chi pi ehi meno, di


giurisdizione
;

ma

egli

vuole dire forse che a un dato

momento, accanto
lemarco
,

all'arconte (eponimo), al re e al posei

furono creati

tesmoteti

destinati unicala isti-

mente
rare
cex'to re,

alla giurisdizione.

Nel suo paragone con


il

tuzione della pretura peraltro mostra

critico d'igno-

che

tesmoteti non furono

in origine, e in

un

senso non furono mai. colleghi dell'arconte, del

e del

polemarco, perch

nove arconti non


che

costi-

tuirono punto in origine, e in un certo senso non costituirono mai,

un

collegio

poi
altri

tesmoteti non
,

furono mai subordinati agli


in origine
il

arconti

per quanto
;

loro ufficio avesse importanza minore

poi

che essi avevano un


teti,

nome

proprio
si

quello di tesmo-

che

il

singolo
e

tesmoteta

diceva in genere
infine che la desi

appunto tesmoteta
polare e recente
magistrati,
si

non arconte;

gnazione collettiva di nove arconti


:

di carattere po-

di fatto, arconti

chiamandosi
i

tutti

spiega benissimo

come

nove magistrati
i

maggiori fossero detti dal popolo per antonomasia Bonfante chiama con singolare eleganza

nove arconti. Ci non ha nulla a fare con quella che


il

l'agilit del

popolo ateniese e molto


pretore
S'

meno con
com'

la

creazione

del

come collega minore


,

dei consoli.
egli fa
.

intende che isolando


dal greco,
i

il

diritto ro-

mano

problemi concernenti

la

genesi delle

istituzioni,

malamente:

le istituzioni

non s'intravvedono neppure, o si pongono romane si immaginano pio-

408
vute
dal
cielo

a'

miei critici

si

spiegano con

dubbie analogie

cercate di seconda o terza


al diritto

mano
coi

nelle relazioni intorno

di popoli

che ninna attinenza per stirpe, per

coltura o per storia


del diritto

hanno

Romani
in cui

e cos la storia
di-

romano

cessa d'essere
,

una scienza per


si

venire

un vacuo formalismo
e le

perde di vista
degli istituti
scolastiche
realt,

per

le esteriorit

formule

la sostanza

giuridici:

campo aperto

a futili questioni

trattate con pari sottigliezza e

dogmatismo. In
ceppo

staccatisi Greci ed Italici dallo stesso

ario, posti

in condizioni simili di sviluppo_, stretta attinenza

doveva

esservi tra loro

di fatto vi fu

nello

svolgimento
della

del diritto

come

in tutte le manifestazioni

vita

spirituale, la letteratura, l'arte, la religione.

Qui
fante.

si

spuntano tutte

le

argomentazioni del Bon-

Delle quali e della fallacia del

dal critico

daremo esempio
il

prendendo

metodo seguito in esame la


maggior con-

questione in cui

Bonfante ha recato

fusione d'idee, quella del testamento. Che


capitale

un

istituto

come

il

testamento avesse presso due popoli,


,

cos affini in tutto

e la

cui struttura sociale era la

stessa, origini del tutto disparate, sarebbe cosa mira-

colosa.

Ora

in

Grecia

la

genesi del testamento

ci

storicamente nota. Sconosciuto,

p. es., al legislatore di

Gortyna, esso in Atene viene introdotto da Solone.

ben sappiamo che fosse


e
"

in origine

questo testamento
(1);

greco, dalla legge appunto di Solone che lo istituisce


il

dubbio non pi
,

lecito ,, per dirla


il

con
,

le pa-

role del Bonfante

perch

greco greco
Il

anche

se

non

tutti

romanisti lo intendono.

testamento greco

originariamente una istituzione di erede nel caso che


l'erede legittimo. Nella istituzione di erede cos

manchi

(1)

[Demosth.]

XLYI

14.

V. la mia

'AtGi'c;

p.

210 segg.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


intesa va

409
testamento
istitu-

dunque cercata pure


la cui

la genesi del

romano,

essenza consiste

appunto nella

zione di erede.

Chiudendo

gli occhi all'evidenza di

questa argomen-

tazione, calpestando le analogie ofi'erte dal diritto

com-

parato, per ricorrere a scolastiche sottigliezze nell'in-

terpretare le esteriorit del testamento romano, mentre

ne dimentica la sostanza,
la

il

Bonfante ha immaginato
sia in origine

sua teoria che

il

testamento

una

de-

lazione di sovranit.

Mi duole
s

di

dovermi trattenere
e s pro-

ancora sopra una dottrina

remota dal vero

fondamente, mi

si

permetta

la parola, antistorica.

Ma

bene che

il

lettore veda chiaro quali effetti i^erniciosi


il

alla indagine scientifica rechi

formalismo giuridico.

Ora prima

di tutto

il

testamento nel caso comunissimo


spezza l'unit della famiglia
richiede
il
;

che vi siano pi
trasmissione, di

figli

la

sovranit

permanere del
:

gruppo, a cui d un nuovo capo in cambio dell'antico

non

si

possono immaginare due


,

istituti pii, nella loro


;

sostanza

profondamente

disformi

e basta

questo a
;

mostrare l'assurdo del derivare l'uno dall'altro


dire che dall'immaginario testamento del
esclusi di fatto quasi tutti
di testare
i

senza

Bonfante sono
il

capi di famiglia,

diritto
ai

spettando dopo la prima generazione

capi

dei

gruppi di famiglie. Inoltre contraddice a questa pre-

tesa delazione di sovranit l'assenza d'ogni traccia di

primogenitura in diritto romano.


bitraria che
i

la supposizione ar-

Romani designassero

a successore non
il

il

primogenito,

ma

il

pi favorito o

pi degno non
si

risolve la difficolt, bens soltanto la sposta, perch

sarebbe dovuto conservar traccia in ogni

modo
modi
nei

della

preminenza
nonostante
primitivi

d'
le

uno

tra

figli.

Vi

poi a notare che,


i

denegazioni del Bonfante,

stessi

del

testamento romano, quello

comizi

calati e quello

in xivocinctu, dimostrano, nella loro so-

410

a"

?riEi

CRITICI

lennil e rarit, clie esso era eccezionale e confermano

r insegnamento della giurisprudenza etnologica che


taria e che

la

successione intestata precede la successione testamenil

testamento un istituto recente. Dopo


a

aver

contrapposto

questo
il

argomento una povera


soggiunge che
nulla....,
"

schermaglia di
ogni

frasi,

Bonfante

a
la

modo

esso

non proverebbe non

perch

designazione del predecessore


trasmettere la sovranit
.

l'unico

modo

di

Poich oltre alla designa-

zione del predecessore, la sovranit nel caso nostro non

potrebbe trasmettersi che per primogenitura (che se


volesse parlare di
o-

si

nomina

fatta dagli adulti del

gruppo
te-

di

persona scelta fuori della famiglia,

la teoria

stamentaria del Bonfante senz'altro cadrebbe), abbiamo

un esempio mirabile
il

della logica del nostro

giurista,

quale

dimentica di aver
si

poco

prima escluso

che

alla

primogenitura

avesse riguardo nella trasmissione

della eredit.

Nel ribattere poi l'argomento tratto dalla


il il

giurisi)rudenza etnologica,

Bonfante mi accusa gratestamento con


le

tuitamente di aver confuso

dona-

zioni a causa di morte, e per dimostrare che la giu-

risprudenza etnologica segna tra

modi

di designazione

del successore tanto la primogenitura

quanto
si

la desi-

gnazione

per parte
al

del predecessore

appella
il

con

molta disinvoltura

G-iindriss del Post,

quale

invece pienamente d'accordo con

me

nel sostenere in

modo
la

reciso dal

punto

di vista del diritto

comparato

precedenza della successione intestata

alla testamen-

taria (1).

Ma

errato anche pii delle conseguenze che


il

il

Bon-

fante ne trae

presupposto deUe sue teorie sul testa-

mento, che

la

famiglia sia

un vero

proprio organismo

(1)

II

197 se?g.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


politico,

411

il

cui capo abbia ufficio di sovrano e da cui


derivi
lo

geneticamente

Stato;

polverizzamento dei
dal confondere
della

primitivi organismi
la realt della vita

umani che procede


con
l'

astrattezza

formula.

Questa dottrina pecca d'una insanabile contraddizione


interna. Se alla
serisce
il

morte del padre


,

di famiglia, coin assi

Bonfante

il

gruppo non
il

scinde

allora

organismo politico
primissime, non
di famiglie.

passato

momento

delle origini
il

pii la

famiglia singola, bens

gruppo

Ma

poi quel concetto in piena opposi-

zione coi dati dell'antropologia e della etnologia.

Che
stato

ordinamenti sociali fondati sul matrimonio non sieno


e

non possano
con

essere originari
tal

nella

umanit

sostenuto

copia

d'argomenti da etnologi ed
io

antropologi da non

aver

bisogno di giustificarmi
pro-

dinanzi al lettore se ritengo che sia pienamente


vato.

anche

il

Post,

sebbene non solo non abbia


il

compiuto
fante,

lo studio

pi largo in materia, come


e

Bon-

sempre poco

male informato,
quello che
il

asserisce,

ma
della

abbia toccato appena

ncciolo

questione, la origine cio degli organismi sociali fondati


trae

sul

matrimonio

(1),

raccoglie dati,
tali

da

cui

si

con assoluta evidenza che

organismi non son

primitivi nella

umanit (2). Or se cos e se l'uomo non pu neppur pensarsi fuor della societ, par chiaro che debbasi ammettere presso la umanit primitiva,
conforme ad analogie fornite dal regno animale, l'orda
Ci posto.

senza la famiglia regolarmente costituita

(3).

(1)

Soprattutto nel sqo scritto Die GeschlechtsgenossenUrzeit

schaft der

und
18.

die Eiitstehing der

Ehe (Oldenburg

1875).
(2)
(3)

Grundriss

ScHAEFFLE Ball

uid Lebeii des socialen

Korpers

(Tiibingen 1896) p. 268 segg.

412

a'

miei critici

essendo evidente che l'orda


seno
dello

il

germe
il

dello Stato, nel

Stato

s'

costituita la famiglia, anzi

pu

e deve

ritenersi

che

precisamente

progredire del-

l'organismo

dell'orda

abbia favorito la costituzione


il

della famiglia.

Tuttavia ammettiamo per

momento
si

Qualunque cosa pensi dell" ordinamento famigliare primitivo, non dubbio che non primitiva la famiglia patriarcale,
che la famiglia preceda lo Stato. quindi tal famiglia e la gente che ne procede
ritenuti

vanno

organismi

posteriori

allo

Stato

sorti nello

Stato, organismi a cui lo Stato ha fornito le condizioni

favorevoli per lo sviluppo.


et

Che

se perci

vediamo

in

meno remota

il

capo della famiglia esercitare

nel-

l'ambito della famiglia

una giurisdizione analoga

nella

forma a quella

dello Stato,

ma

svolgentesi di regola in

un campo

in cui lo Stato primitivo

non

entra, par chiaro

che assai improprio designare

questa giurisdizione
il

come una funzione


di perder la

politica.

Ha

quindi torto
e,

Bonfante

calma ancora una volta


argomenti

ricorrendo in

mancanza
"

di

alla retorica, di

rimproverarmi

perch contro tutti dopo un secolo di studi di an-

tichit

germaniche
funzioni

romane

e di

diritto

comparato
"

nego

le

politiche

della

famiglia,

non senza
io
sia

aggiungere pi oltre con pari calma


sarei d'avviso che
il

e cortesia:

fiero
,.

disdegno dell'autore non

che un fiero malinteso


che io traggo soltanto

Egli non riuscito a capire

le

conseguenze delle nuove dot-

trine antropologiche sulle origini della famiglia, di cui

naturalmente un secolo

fa

non

si

aveva nessuna

idea.

Quando

il

Sumner Maine

riteneva che dalla famiglia

patriarcale fosse sorta la gente, da questa la trib e


dalla trib lo Stato, naturale che, considerandosi la

famiglia

come
ritener

il

germe

e l'embrione dello Stato,

si

potesse

funzione

politica la giurisdizione del

padre

di famiglia.

Ma

poich la famiglia patriarcale non

PER RINTUZZARE ^ACRISIA

413
dello

il

punto

di partenza

della

formazione
nel

Stato,

anzi
uffici

un organismo formatosi
conseguenze,
e

seno di esso, con

del tutto diversi da quelli clie esso ha, logico

da

ci trarre le
trarle,

poco impoi'ta chi


la giurisdizione

sia

il

primo a

riconoscendo che

fami-

gliare interna, la quale

non

punto collegata genetiprimitivo

camente con l'origine


e
si

della giurisdizione dello Stato


di cui lo Stato

esercita in
si

un

campo

non
Il

occupa, non pu, se non a costo di dare origine a


dirsi

un gravissimo equivoco,
danno
di siffatta

denominazione

una funzione politica (1). si vede appunto nella


di

teoria del Bonfante che, equivocando sulla natura

tal funzione, considera sul serio le famiglie primitive

come

tanti gruppetti sovrani

mentre questo modo di


diritti e

vedere

assurdo perch di vere funzioni politiche della


i

famiglia non vi traccia, e perch tutti

doveri
il

verso lo Stato, ossia tutti


cittadino
li

diritti e

doveri politici,
""

esercita all'infuori della famiglia.

Come

(Ij

Del resto

lo stesso
;

termine di giurisdizione dome-

improprio e riconosceva ci esplicitamente il Mommsen, pur tenendo fermo alla vecchia teoria che la
stica

famiglia fosse
'

il

germe

dello Stato, v. Rotn. Strafrecht 17

Die sogenannte Hausgerichtsbarkeit ist ein Widerspruch im Beisatz und dem romischen Recht ebenso unbekannt
wie den Neuei-en gelufig;
die

Gericbtsbarkeit

beruht

auf der Gewalt des Gemeinwesens tber den Einzelnen

und diese Gewalt


direi invece

ist,

wie der

Baum vom Keime

(io

che e di natura affatto diversa), verschieden

von derjenigen des Eigenthmers ubar scine Habe '. Ve poi appena bisogno di dire che sarebbe arbitrario allegare a favore
della pretesa

funzione politica della facasi tra la po-

miglia la concorrenza che v' in alcuni

test del capo di famiglia e la giurisdizione dello Stato.

414

a'

miei critici

se Tattribuir funzioni politiche alla famiglia (esclama


il

mio contraddittore)

significasse farne

un organo
1'

dello

Stato,

come

se

uno

dei primi compiti della civitas

non

sia stato

quello di spezzare nei suoi riguardi


.

unit

della famiglia

ci

va risposto prima che

le pre-

tese funzioni politiche all' infuori

affatto dei diritti


i

dei doveri che lo Stato


dini

ha verso

cittadini e

citta-

verso

lo

Stato

sono in realt per ci appunto


"

funzioni apolitiche; e quanto allo spezzare

ne' suoi

ri-

guardi

l'unit della famiglia, sarebbe singolarissimo


alla civitas fosse riuscito cos

come questo
lasciar
dirsi

bene da non
;

nessuna traccia delle condizioni anteriori


primitiva
in questo caso

pu

che la caratteristica delle istituzioni escogitate dal


l'et
,

Bonfante per

quello del pater gentis e della preminenza di


figli

come in uno dei


senza

sugli altri, di sparire

come nebbia
delle

al vento,

lasciar vestigio di s in et' storica.

Conseguenza ineluttabile
pologiche

mie premesse antro-

che la gente patriarcale non pu preesiSe


il

stere allo Stato.

Bonfante ritiene questa preesi-

stenza, affermi palesemente che la

umanit conobbe

fin

dalla sua origine organismi sociali

fondati sul matri-

monio
al

e famiglie patriarcali,

ed io allora

mi inchiner
finch questo
le

suo coraggio ed alla sua coerenza.

Ma

coraggio egli non ha, ben potr dire che


trine

sue dot-

giuridiche

sono

irte

di contraddizioni, anzi di

controsensi; e frattanto non


il

mi

citi

il

Sumner Maine,

quale era pienamente logico, partendo da presupposti

che la scienza etnologica ha dimostrato erronei e che


il

Bonfante non avrebbe

il

coraggio di sostenere.

del resto molto scusabile lo stupore del Bonfante

per la nuova teoria sulla origine delle genti.


teoria, che

Questa
il

alla

sua dottrina sul testamento

colpo
libro,

di grazia, gli giunta del tutto inattesa nel

mio

perch

il

giurista ignora che essa ha gi

una

letteratura,

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


e
Il

415
(1).

che

sostanzialmente la teoria di Edoardo Meyer


al

quale dev'essere
il

Bonfante

affatto

sconosciuto,

perch

crede lecita con

mio avversario che ogni violenza di forma si me non avrebbe osato di trattare con
rischia di ricadere su chi se lo per-

un disprezzo che
mette
schi viventi.

le teorie del

maggiore forse degli

storici

tede-

pologiche,

Ma, prescindendo qui affatto dalle premesse antronon chi non veda che la questione della origine delle genti romane si collega e anzi si immegenti

desima con quella delle origini del patriziato, perch


le

romane non sono

gli

elementi costitutivi dello

ma solo di una aristocrazia, la quale non dagli antichi, ma dalla speculazione giuridica moderna
Stato,

stata ragguagliata, e a torto, alla cittadinanza primitiva.

Vedemmo
delle

che

vi

hanno ragioni gravissime per


n va taciuto che,
tale es-

ritenere che questa aristocrazia sia sorta dal differenziarsi

elassi

sociali,

sendo indubitatamente la origine della aristocrazia ateniese degli Eupatridi, la perfetta analogia

tra

Yvri

onde essa costituita


anche queste
Stato.
si

romane conferma che son formate entro lo Stato e dopo lo


e le genti

Una prova

gravissima

della origine

recente delle

genti che esse son corporazioni senza capi. Il capo

non essendo sopravvissuto neppure


rattere sacro,
il

con

uffici

di ca-

da ritenere che non


n molto

vi sia stato

mai,

che ognun vede come non s'accordi n con la pre,

tesa antichit di esse

meno con
i

la pretesa

esistenza

autonoma.

questo argomento tanto pi


capi dei Yvr|

grave in quanto che anche in Grecia


son d'origine recente,

come mostra

il

loro stesso

nome

(1)

Geschichte des Altertums II p. 85 segg. 510 segg.

416
di arconti.
i

a'

miei critici

tal proposito

non

male ricordare

ci

patres gentis, di cui sanno dirci tante belle cose cer;

libri di diritto

romano non

ignoti al Bonfante, son piail

namente immaginari.
luculento

E
il

mio contraddittore un
tra-

esempio della sua

critica di dilettante che

eambia ad ogni passo


dizione
l)at>'f>s

suo contegno rispetto alla


di rinvenir

quando afferma
r/eitis

traccia
i

di

que-*

per Tet preistorica. Egli cita


,

princip'

Romolo fece il senato dimenticando che e?-i appariscono come i capostipiti delle genti future 1 e poi che, come tutti sanno, le istituzioni di Romn.
di cui
(

son semplici congetture di giuristi che cercarono pi


o

meno

arbitrariamente di raffigurarsi

qual poteva

essere la origine

prima

delle istituzioni vigenti al loro


il

tempo.

pi serio
il

richiamo ad Atta Clauso,

il

quale non che

mitico eponimo della gente Claudia:

tanto van-ebbe richiamarsi al progenitore dei Calpurn.

Calpo
e

figlio di

Xuma, ovvero
latino

a lulo
se
il

il

figlio

d"Ene

nulla

importa
al

naturalmente

equivalente

prenome Atta, Appio, deriva come tanti altri


si

nomi da uno
padre
^2).

dei vezzeggiativi con cui

designava

il

riesce meglio

il

critico

ad infirmare

1'

altro ar-

gomento

del

Meyer

e mio. che del resto

riassume ma-

lamente tagliando dal contesto una


renderlo inintelligibile al lettore.

frase, in

modo da

Ho

voluto dire che

caratteristica delle genti patrizie la conoscenza esatta delle relazioni di parentela che legano
i

loro

membri;

(1)

Vedasi l'eccellente

dissertazione

dello Staafk

De

.origine

gentium patriciarum

(2) Su questi nomi, che Kretschmer Emleitung in die Geschichte der p. 353 segg.

(Upsaliae 1896) p. 8 segg. sono abbondantissimi, vedasi


griech. Sprache

PER RINTUZZARE l'aCRISIA

417

mentre iu coudizioni primitive, essendo ignoto l'albero


genealogico
oltre

due o

tre

generazioni, e

non

ser-

bandosi

notizia

precisa

della

parentela al di l dei
le

gradi pi vicini, non esistono

genti

nel senso ro-

mano

della parola.

questo

il

Bonfante risponde che


Fosse pur

ci vale solo per condizioni primitivissime.

vero, che

non , come dimostrato, per es., dal Meyer, basta al mio assunto. E ci spiega come riteniamo diversi affatto dalle genti patrizie romane quei gruppi
che, presso popoli che vivono in condizioni

veramente

primitive, sono o

si

ritengono collegati dalla parentela.


a

Inetto
corre
volta
al

il

Bonfante
alla
di

combattere
e,

gli

argomenti,

ri-

solito

retorica

prescegliendo questa
:

una figura
familia

preterizione

"

nulla

poi dico

(esclama) della relazione storica e giuridica della gens

con

la

nulla della composizione della gens,


quella dello

che quella della famiglia come

Stato

fa

bene a non

dii'ne nulla,

perch

la

composizione

dello Stato che consta di governanti e di governati, di


patrizi e di plebei, del tutto diversa

da quella della
e in

gente che non ha un potere centrale permanente,


cui
i

clienti

non son

gentiles,

mentre nello Stato son


la

cives; perch nulla

ha di comune

composizione della

gente con c^uella della famiglia, che non costituita da

gruppi autonomi ed ha un capo pei-manente,


miglia dal
interna,

il

pater-

familias] perch ci che pi caratteristico nella fa-

punto

di vista giuridico
e infine

la giurisdizione
il

manca

alla gente;

perch
e le

procedere

storicamente la gente dalla famiglia


giuridiche di ci

conseguenze
Nulla infine

non hanno nessuna relazione neppur


ci

lontana con la questione che


(dir),

occupa.

"

conclude

il

Bonfante, della inverisimiglianza di

un

simile costituirsi della gens entro lo Stato o

almeno
.

entro

un organismo che meriti

il

nome
lo

di Stato

anche qui, bench poi ne discorra


Gr.

stesso,

avrebbe
27

De

Sakctis, Per la scienza dell'antichit.

418
fatto
ci

a"

miei critici

bene

il

critico a tacerne per davvero, poich


le

con

che egli dice, mostra di dimenticare

Gefolgschaften

germanico come le eterie del diritto greco. La sua avversione alla provenienza ellenica di istituzioni romane trae fuor di strada il Bonfante anche
del diritto

nel diritto penale (p. 25 Ij.

Cosi conosciamo la legge

che aboliva in Atene la tortura pei cittadini.

Dato,
dallo
svii

come gi dicemmo
stesso ceppo
ario,

che
che

Greci

si

staccarono
del

le

condizioni

loro

luppo storico son

simili a quelle tra cui vissero

Ro-

mani

e solo

li

resero pi civili

pi

miti, logico

credere che anche a

Roma

vigesse in origine quell'uso

barbaro

che in

et storica

era

scomparso

Roma
ai

dove

la legge

permetteva con una crudelt ignota


i

Greci la partizione tra


tore; ed ipotesi,

creditori del corpo del debiassai fondata che,

mi pare,
di

man-

cando

la

traccia

leggi

comiziali

in tal materia,
alle dodici

Taboizione della tortura debba

ascriversi

tavole e risalga alla corrispondente legge ateniese; n


le frasi

vuote del Bonfante


,

sull'
le

Oriente pi culto,

ma

dispotico

da cui derivano
Vj,

pi miti religioni (che


tale

c'entra questo
tazione.

valgono ad infirmare

argomen-

Pura

frase altres
liberi

che l'assenza di tortura

degli

uomini
la

possa essere una caratteristica nain

turale, ingenita o

almeno primordiale

popolo libero;
e quindi

perch

tortura dei

liberi in condizioni primitive


;

ben nota, come mostra l'esempio dei selvaggi


perch scompaia dev'essere abolita; e

la libert stessa
;

qualche cosa di divenuto, non di primitivo


assurdo parlare di caratteristiche ingenite

quindi

di popoli

liberi in

quanto

tali

Romani furono un

popolo,

libero
di

prima della caduta della monarchia ossia prima


alla legislazione decemvirale.

mezzo secolo innanzi

Alle ingiurie del Bonfante del resto

voglio risponal giurista

dere nel chiudere questa polemica

dando

PEK KIXTLZZARE l"aCRISIA

419

un

piccolo insegnamento che potr per avventura gio-

vargli,

del diritto.

quando voglia scrivere scientificamente di storia Avevo notato che il codice decemvirale rila patria potest
"

conosceva illimitata

perch

il

senso

giuridico e morale non

era

ancora progredito abbaBonfante) come l'auil

stanza per avvisare la sconvenienza di quella autorit


illimitata
.
"

Non

so (oppone

il

tore

non avverta

che, ci

posto,

senso giuridico e

morale in
potest
(p.

Roma non

ha mai progredito nemmeno

all'epoca di Giuliano e di Papiniano, perch la patria

non
seg.).

stata

247

Evidentemente

mai tocca da nessuna legge , Bonfante ignora un il

principio senza cui la storia del diritto in generale e


in particolare quella del diritto

romano

e del diritto

inglese riesce
servirei

un indovinello
apprezzare

il

che cio una legge pu


giuridico e morale

per

senso

dell'et in

cui

stata

promulgata,

ma non

davvero

delle et

molto posteriori

in cui rimasta in vigore,

prova tante leggi


tuttora
si

e vecchie

consuetudini inglesi che

mantengono

in vigore, e
e

non sempre

in

modo
fior

puramente nominale,
di

da cui nessuno che abbia

senno potrebbe

pensare di dar giudizio sul senso

morale e giuridico odierno degli Inglesi.

Terminando questa mia


Bonfante sulle tendenze
storici,

analisi

dell' articolo

del

metodi recenti negli studi


di

non posso nascondere un senso


le

profonda

amarezza, non per


dirette (esse

contumelie che

il

ciitico

mi ha

mi onorano), ma per
di

lo spettacolo triste

che egli d accumulando in poche pagine tanti errori


di fatto
e

giudizio

spettacolo triste

cui

egli

stesso

d rilievo con

la violenza
,

furibonda del tono e

con la vieta retorica della frase

sempre tronfia non

meno che
diritto

sciatta.

E mi

pai'e a

ogni

modo

d'avere

il

di

concludere

che

la

tesi

della unit aria e


la storia

della sua

importanza capitale per

di

Roma

420
e d'

a'

miei critici
della

Europa,
,

quella
altre

provenienza europea degli


e

Etruschi

le

della

formazione lenta

graduale

delle istituzioni repubblicane di

Roma

e della origine

recente delle genti resistono assai bene alla critica del

Bonfante, e che se, com' fuori di dubbio, vi hanno


nella
dizio,

mia Storia
il

dei

Romani

errori di fatto e di giu-

Bonfante non ha saputo trovarvi neppur uno

n
a

di

questi, n di quelli.

inutile che io
;

mi fermi

commentare queste conclusioni una eloquenza che non hanno le

perch
parole.

fatti hannc'

Della replica del Bonfante alle osservazioni che pre

cedono

(v.

sopra
'^

p.

349)

avi-ei forse

taciuto se la
sociologia

r<

dazione della

Rivista

Italiana

di

pubblicai'gliela, oltre al prendere imparzialmente le si


parti,

non avesse creduto

di

assicurarlo da ogni rett

fica nelle

pagine del periodico. Ora, che s'aceumulin^

contro di

me

errori, controsensi e sofismi potrei lascia|

correre; naturale

che
si

con

queste

armi, in difett
certo

d'armi migliori, mi

combatta.

Ma

non

lecito

rispondere col silenzio a chi usandole accetta di trincerarsi dietro l'impunit assicuratagli da

una direzione

di rivista.

Entra

il

Bonfante
difesa

in

materia

(p.

815) con l'asserire

che la mia

intorno alla
.

questione dei Fasti

una

"

confessione

Non

solo

ho invece mantenuto

integralmente la mia teoria sui Fasti,

ma

anche quel-

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


rultiulo tra gli argomenti con cui

421
sostenuta,

l'avevo

che

il

sofistico censore,
di

trascurando gli

altri

ben
e

piii

gravi, aveva preso

mira.

Ho

mostrato come egli


stia la

non ha neppur veduto


trovato
le

in che ne

forza

ho

sue obiezioni notevoli per giudicare del suo


p.

una confessione? il critico, che ho qui accusato chiaramente, sebbene in forma cortese, di non aver capito nulla, di ben facile contentatura o forse ha voluto mostrare con un altro esempio che
metodo
(sopra
si,

854).

Questa

Confessione

di

non aver errato;

l'accusa era fondata.

Ho

detto che

il

Bonfante frantende

gravemente
io

le

mie teorie sugli Ani immaginandosi che

ne parli

come d'una
e

razza vera e propria (sopra p. 354).

Nega

egli d'aver franteso

perch

"

il

problema

delle lingue

quello delle razze (a cui ha accennato rimproverantorto di

domi a

non

averli

distinti, v.

sopra p. 355)

richiamato da lui non a proposito dell'originario po

polo alio, bens delle sue presunte propaggini

(p.

816j.

Ma

appunto parlando
propaggini
del

di razze e di lingue a proposito

delle

popolo

ario,
il

mostra

chiaro

il

Bonfante
razza aria,
anzi

d'avermi

attribuito

concetto

d'una vera
professato,
o

ho esplicitamente respinto
ci,

un concetto che non ho mai (1). E prima


chiarisce

dopo che

abbia scritto

ogni

modo con questa


ha usato
dimostra
si

frase in qual senso

una ventina
teorie,

di volte egli

a proposito delle

mie

che non

riferiscono ad
e

una razza

aria,

il

termine di razza aria;

(Ij

Storia dei

Romani

p.

77.

422

a'

miei critici

d'aver cominciato col non capire nulla della dottrina

che criticava. Ora, uso a tutto frantendere, egli fran-

tende
scritto

persino

Cjuel

che

nell'articolo

precedente
i

b.'.

su di me; ed naturale.

Ma

miei
i

concetti
glottodi

sugli Arii, che son poi quelli di quasi tutti


logi,

non

ancor

giunto
"

capirli.

Dice

infatti

allontanarsene in quanto

non reputa escluso che


talora

nei

popoli pi remoti dal centro l'elemento anaro preponderi e la lingua sia stata propagata
arianizzati,

da popoV

non da Arii ,. E non si avvede neppure cht non reputiamo escluso ci in generale u io n quelli con cui mi trovo d'accordo in massima nel formulare
il

problema
il

ario. p.

e.

lo Schrader,

il

Kretscbmer.
gli

il

Hirt,

Meyer.

Ne ho

recato
i

persino
i

esempi

io

stesso, riconoscendo che

Sardi,

Corsi, gli Iberi sono


;

popoli anarii arianizzati in et storica

e si sa che

lo

stesso deve dirsi di varie popolazioni dell'Asia Minore.

Ma

naturalmente un simile caso d'arianizzazione pu


bens

ammettersi non a capnccio,

quando
la

si

riscon-

trino circostanze analoghe a quelle della conquista ro-

mana
che

che

ha

reso

arie la Corsica,

Sardegna,

la

Spagna, ovvero della espansione greca dell'Asia Minore

ha

arianizzato

la
le

Lidia

ed

assurdo supporre

questo processo dove

circostanze sono al tutto discivile e

formi e in ispeeie dove un popolo ario meno

meno numeroso
zione anaria pi

si

sarebbe

sovrapposto a una popola:

fitta e

pi incivilita
si

che cosa potesse


dall'analogia
nella
Galli;:

accadei-e in casi di questo genere

desume

dei Langobardi in Italia e dei

Franchi

Peggio poi supporre che quando un popolo camlii la sua lingua, come p. e. i Bulgari hanno scambiato la loro lingua ugro-finnica con una lingua slava, il mutamento si limiti alla grammatica e al lessico e non
si

rispecchi

nella

religione,

nel

diritto,

nell'arte.

perci, piaccia o no al Bonfante, pur riconoscendo che

PER RINTUZZARE l"aCRIsIA


in generale

423
si

popoli

arii nelle loro


(1),

nuove sedi

me-

scolarono con popoli anarii


civilt

per far la storia della


arie

di popoli

parlanti

lingue

deve prendersi

per punto di partenza la civilt aria primitiva.

Sarebbe questo un grave errore se l'unit


riducesse,

aria

si

come

il

Bonfante affermava, ad un numero

limitato di voci (sopra p. 355).


sei'zione

Ma

codesta insana as-

da

lui spacciata

con tanta baldanza, egli con-

fessa ora d^averla desunta dal

Modestov die l'avrebbe


confessa
(p.

attribuita a Giovanni
il

Sclimidt, e

pure che
816).

Modestov ha franteso questo autore

solamente

Qui

cos osa scrivere

egli s'avvede d'aver

equivocato. Ora questo errore,

per grave

che

sia,

uno
di

solo dei moltissimi. Io l'avevo accusato, ad esempio,

aver parlato d'una famosa iscrizione di Meneptah e


(III), iscrizione

Ramses

che non

esiste,

dimenticando
(2).

persino l'intervallo di tempo

eorso tra quei due re

Se ciuesto non en'ore, perch non pubblica


zione
V

l'iscri-

Gli avevo rimproverato d'aver citato


esiste, in cui
i

un verso
sopra

d'Esiodo che non


presentati
il

Liguri sarebbero rapgravita

come una grande


ellenico.

stirpe che

mondo
il

Se questo non
'?

errore,

perch non

allega

verso d'Esiodo

L'avevo biasimato per aver


bronzo,

negato
nostri

ai

terramaricoli l'uso del

mentre nei
bronzo delle

musei non son pochi

gli oggetti di

terremare. Se questo non errore, perch non adduce


le

prove che

gli oggetti nietalliei delle

terremare son
varie
pa-

falsificazioni?

potrei continuare cosi per


il

gine.

Ma non
coi-agfo-io.

giova ripetere

catalogo che ho dato


preferisco

de' suoi errori d'ogni specie:

ammirare

il

suo

(1)
(2)

Storia dei

Eomani

loc.

cit.

ha voluto alludere a Ramses II, dimenticando che questi nulla ha avuto a fare coi Thuirsa.
se (che peggio)

424

a'

miei critici

E, tornando all'argomento, cosa veramente inaudita che,

mentre

egli biasima, senza


si

nessuna di quelle
sulla

cautele di cui assai a torto

vanta, chi

queri-

stione aria la pensa diversamente da lui, invece di


salire ai glottologi

competenti

muova da un equivoco

racimolato nelle pagine di uno scrittore non glottologo:

equivoco cos solenne che basta da solo a dimostrare

come
lui

primi elementi della glottologia aria sieno a

cosa ignota.

v' di

peggio ancora. Egli accusa

il
:

Modestov di un errore che non ha mai commesso. E vero


il

Modestov non era glottologo,

e le

prove ne sono
(1).

state raccolte

non ha guari dal Costanzi


le

E
il

vero

frantendendo

gravemente Giovanni Schmidt,


liste

Moe

destov ha supposto che


boli
al

da

lui date dei voca-

comuni

al

greco

al

latino o al

germanico
di

lituano

rappresentassero

tutto quanto

comune
Schmidt
speci-

nel lessico v'ha tra quelle lingue, mentre lo

intendeva di accennare solo a ci che v'ha di


ficamente
lessicale

comune tra esse nei vocaboli, oltre al fondo comune a tutte in massima le lingue arie (2 Ed
).

grave errore

basterebbe da solo ad infirmare tutte


sulle relazioni tra Arii e Anarii,
er-

le teorie del

Modestov

che appunto perch fondate sopra questi e simili


rori

sono state accolte favorevolmente dagl'ignari

di

glottologia.

Ma

il

Modestov non

s'

mai avvisato
aiia,

di

negare
a

le aflinit

fonologiche, morfologiche, sintattiche

su cui veramente fondata l'unit

riducendola

un numero

limitato di vocaboli: troppo colto, sebegli era

bene non fosse glottologo,

per commettere un

(1)

'

Studi

storici

per

l'antichit

classica

'

(1908)

p.

128 segg.
(2)

Introduction Vhistoire romaine, trad. frany. (Paris

1907) p. 259.

PER RINTUZZARE l"aCRISIA


errore
s

425

smisurato. "Le affinit grammaticali sono assai


il

dimostrative (scrive, uno tra molti,


lessicali al contrario

Meillet); le affinit
,

non dimostrano quasi nulla


al solo

(1).

Non
ci,

al

Modestov, bens

Bonfante spetta

il

vanto

d'aver osato discorrere della questione aria senza saper


e

quello anche maggiore di non esser neppiire riuil

scito a intender questo, che

punto fondamentale
tantc fatica

della ciuestione,

dopo che ho speso

per spie-

gargli

una cosa a tutti notissima. In modo non meno barbaro egli ha franteso
si

il

Bral

a cui

richiama per quello che dice

il

fondo anario
le

del latino. Il Bral

da cui

il

Bonfante ha desunto

sue informazioni direttamente, cos egli dice, ossia,

come
voca-

vorrei intendere per trovargli un'attenuante, attraverso


il

Modestov

(2),

asserisce che nel latino oltre

boli arii ve ne son molti che

non hanno radice indosi

euroi)ea e che ci

si

spiega perch molti popoli anarii


stabilissero
in

abitarono nel suolo d'Italia prima che vi


gl'Indoeuropei.

su ci son tutti d'accordo

mascapir

sima, pur valutando diversamente la proporzione delle


radici arie e delle auarie.

Ma

il

lettore

colto

facilmente quel che forse non

si

riuscir a far capire

mai

al

Bonfante, quanto corra cio tra questa asser-

zione e l'ingenua glottologia del

mio contraddittore,
esiste), oltre il

il

quale distingue nel latino (prescindendo naturalmente


dalla
ario,

grammatica, che per

lui

non

fondo

un fondo anario

tale che, stabilita

la

parentela
discu-

d'una lingua col latino, pu ancora


tersi se sia

sul

serio

lingua aria o anaria, se cio la sua paren-

(1)

Introduction l'tude comparative des langues indo'20.

europennes^ (Paris 1908) p.


(2)

Op.

cit.

p. 267.

426
tela sia

a"

yiiTA

CRITICI

col

fondo ario ovvero col fondo

auario

di

quella lingua.

E dopo

ci

non
jier

il

caso di prendere in esame gli


egli cita delle sue fatiche

esempi alquanto comici che


glottologiche
:

giudicare d'etimologie conviene avere


;

una qualche cognizione delle leggi fonetiche e chi. come il Bonfante, non ne ha nessuna, non potr mai accettare o respingere a cuore tranquillo una etimologia, per quanti
ziati ,
"

pellegrinaggi presso illustri scien-

egli faccia. Altro infatti la scienza, altro la


e anzich

fede;

pellegrinare

dall'uno
scienza

all'altro

uomo

pi o

meno

illustre,

giova in

studiare e ra-

gionare.

Amena
Dissi che

al pari di questi

saggi etimologici la critica

che egli fa della mia caratteristica degli Arii primitivi.


"

avevano una grande vigoria

fisica...
si

ed
ac-

erano dotati d'un'indomabile energia morale cui

coppiava una intelligenza ardita


creare,

pronta non solo a


mettere a profitto
equilibrio singolare

ma

anche

ad accogliere

ci che era trovato dagli altri,

un

tra la ragione e

il

sentimento, un

coraggio

oculato,

lontano da ogni furore cieco e fanatico,

un

affetto se

reno alla

vita,

un profondo sentimento
le

del bello

(1).

In queste doti singolari trovai la ragione della superiorit che

ebbero sempre tra

genti gli Indoeuropei,


di

per cui riusci ad essi a poco


la
p.

a poco

conquistare

egemonia del mondo. Aggiunsi a chiarimento (sopra

357) che questa caratteristica desunta quasi per intero da Omero e dai Veda. No, dice il Bonfante,
perch io non parlo
"

che di superiorit

degli
(2).

Arii
il

e,

dato pure che quei tratti siano nei Veda

sen-

(1)

Storia dei

Romani

p.

77 seg.
soli

(2) Io

non ho parlato veramente dei

Veda.

PER RINTUZZARE L ACRISIA

timento della superiorit non basta ad accomunare Inglesi

ed Italiani cogli Irani

cogli Ind, perch

non
che

vi

hanno popoli umili

(p.

817).
vi

Son

pii

erx'ori

parole. Anzi tutto che

non

abbiano jjopoli umili o

per dir meglio popoli che riconoscano la loro inferiorit


a petto di altri popoli (di questo si tratta qui e
di umilt, la quale

non

ben altra cosa), un'asserzione


la scarsa

arbitraria la quale mostra

dimestichezza del

Bonfante con

la

etnografia.

Poi

mirabile la logica

del critico: quella caratteristica

non Tho desunta da

Omero

e dai

Veda

perch,

dato pure che quei tratti

fossero nei Veda,


glesi e Ind.

non basterebbero ad accomunare Insi

Come
:

vede,

il

ragionamento non pola

trebbe
venire.

filar

meglio

questa forse

logica

dell'avil

Peggio poi

che

egli
il

cava fuori all'uopo

sentimento della superiorit,


che vedere.

quale non ha qui nulla


di

Ho

parlato

non gi

sentimento

della
rin-

superiorit, bens di superiorit effettiva, e ne

ho
il

venuto

la
si

prova nel tutt'insieme di quelle doti


trova documentato gi nei

cui

possesso

pi antichi degli Arii. Si studi


capire di che
si

monumenti scritti dunque il Bonfante di


potremo
continuare

tratta, e

allora

utilmente la discussione.

questo valga anche per

l'altro

gravissimo errore
assurda
supposi-

della unit latino-sabellica e per

la
il

zione che le peculiarit per cui


i

latino isolato tra

dialetti italici
Il

abbiano un valore non linguistico,


si

ma

letterario.
i

Bonfante

ben guardato, nonostante

miei richiami, dallo scorrere qualche grammatica itao qualche raccolta d'iscrizioni.

lica

E immagina
da

quindi

che la congettura

messa innanzi

lui cosi legger-

mente potrebbe difendersi qualora Tosco invece d'essere


parlato da tutte le popolazioni italiche meridionali fosse
solo

uno

dei loro dialetti assurto a dignit di lingua.

Egli io'nora evidentemente

che

insieme

con l'osco

si

428

a"

yiiRi

CRITICI

distaccano dal latino e gli

si

contrappongono per codialettali


il

muni

gravissime peculiarit
il

peligno,
il

il

marrucino,

volsco e l'umbro e che perci

comune
dialetto
di

consenso dei glottologi distingue recisamente


latino dai dialetti umbro-sabellici.

il

Mostra del resto

avere un'idea molto contusa di geografia ehi non capisce che se pur nel Sannio
si

parlava un dialetto osco

un

po' diverso da quello parlato dai Sanniti della


e

Camsi

pania, assurdo
tratti

persino

ridicolo

supporre
al

che

d'un dialetto non appartenente


;

umbro
fatta

glottologi

pi riputati

gruppo oscoescludono una sif-

supposizione o per dir


se

meglio

non

la

stimano
poi che

neppure degna che


la

ne discuta.
si

E sembra
:

unit latino-sabellica

riduca in fondo per lui a


tanto son

qualche somiglianza col dialetto dei Sabini


chiare e coerenti le sue idee sui dialetti

italici.

Non

contento d'aver dimostrato la

sua cautela in
e la sicurezza

archeologia discorrendo con la dottrina

che ho messo test in luce (sopra


questione etrusca.
il

p.

367)

intorno alla

Bonfante ha

la fronte

ora di pro-

clamare che nella questione etrusca sono un vinto. La

mia
altri,

tesi,

bene ricordarlo,

quella della

provenienza

europea

degli Etruschi, sostenuta


fra
i

tuttora,

con molti
il

da due
il

maggiori archeologi viventi,

Pi-

gorini e

Helbig.

E
;

ci dico

non per farmi

forte del-

l'autorit di nessuno

ma

solo per rilevare che,

dopo

aver confessato la sua ignoranza nell'archeologia e nella


filologia, grottesco che,

a proposito di
il

una questione
tra

discussa tra

competenti,

Bonfante parli di vincisi

tori e di vinti. Nelle battaglie che

combattono

veri

uomini

di scienza

non

vi

sono n vincitori n

vinti.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


Vinti sono quelli che
tura

429
col-

non hanno n metodo n


li

serenit

che

renda

degni
:

di
lui,

prendervi
che discorin

parte. Vinto nel caso nostro

un solo

rendo della questione etrusca ha accumulato


raggio di difendere.

poche
il

pagine smisurati errori di fatto, che neppure ha


per dir meglio, uno, con
certa esitanza, ne difende o ne scusa, dicendo
tratta di
"

co-

una
si

che
,
,

una opinione dubbia degli etruscologi

la

derivazione d
vi

pompa
e

dall'etrusco anzich dal greco.


fa

Ora
dei

ha

un lucanologo che

derivare

il

nome

Lucani dal cane,

pu

essere che vi sia qualche etru-

scologo della stessa risma che ascriva alla parola greca

pompa

origine etrusca.

Ma

chi

propone

siffatte

etimo-

logie mostra di

non saper nulla


il

di filologia; e chi le

accetta d prova di saperne


poi,

meno che

nulla.

Quando

armato

di tanta dottrina,

Bonfante tratta sprezvillanoviana e


sa,

zantemente come archeologi non modei'ni quelli che

ammettono
valentissimi

la

continuit tra la civilt

la civilt etrusca,
,

sono,

come
le

si

archeologi
solo a riso.

non muove

a sdegno,

ma

Ed

naturale

che se io allego

asserzioni di
dall'alto
.

uno

di

questi scienziati, egli le

condanni
"

della sua

inconsapevolezza
serio che
il

come

gratuite

S'immagina

sul

Helbig o

il

Pigorini o lo Gsell scrivano

a caso quel che vien loro nella penna,

come
di

egli fa;

ossia ne conosce gli scritti,

come

quelli

Giovanni

Sehmidt, appena di nome:

gi se ne

avesse qualche

contezza non avrebbe mai messo


i

innanzi l'errore che


l'uso del bronzo, n

terramaricoli

non conoscevano
di

l'altro

appena credibile

porre in dubbio la efficacia

degli Italici sugli Etruschi e la loro civilt (p. 233).

Ma

sebbene combattuta da alcuni dei migliori arpiti

cheologi e degli storici


tale degli

reputati,

l'origine

orien-

Etruschi
il

'

ormai dottrina

salda

Cos

sentenzia

Bonfante appigliandosi all'autorit

di

uno

43<>

a'

miei critici

che notoriamente non

si

occupato mai sul serio n


il

di storia n di archeologia; d'uno

cui

metodo,

se

metodo pu dirsi, notoriamente la negazione non del metodo critico del Pais soltanto, ma d'ogni critica. Or dopo aver esaltato la critica del Pais come la critica
per eccellenza (sopra
p.

383) e datomi del retrogrado


valendosi
trionfal-

perch ne respingo

le

esorbitanze,

mente

dell'autorit di costui e copiandone


il

persino lo
si

sconcio frasario, mostra chiaro

Bonfante quanto
scientifica.

preoccupi della seriet e della coerenza

N meno
detto che
il

fa ci palese in

quel

che

segue.
di

Avevo
alcuni

Korte non tiene nessun conto

degli argomenti addotti dal Bonfante con maggiore enfasi in favore della

provenioiza orientale degli Etruschi.


(p.

Risponde gravemente
sprezza alcun dato

818) che

il

Korte
:

"

non
io

di-

E siamo

d'accordo

ma

non

ho parlato
far credere

di dati.
il

vedasi con qual


al lettore

diritto

voglia

Bonfante

che

suoi cinteri non

sieno palesemente respinti dal Korte.

vero o no che

il

Bonfante si fonda moltissimo su


vi sia nell'arte etrusca (p.

ci

che d'orientale crede


l'arte etrusca
(1).

231)? Pel Korte

non

che una propaggine dell'arte greca


il

E
Il

vero o
diffe-

no che

Bonfante mena un grande scalpore della


i

renza tra

riti

sepolcrali in Etruria (p. 233) ?

Korte

afferma che in Etruria la differenza del rito sepolcrale

non argomento di distinzione etnica e ammette che le tombe a camera e quelle a pozzo possano spettare a uno stesso popolo (2). N ci allego per farmi forte
dell'autorit sua,

ma

solo per mostrare che


o, se

il

Bonfante

o non ha letto nulla del Korte


cosa,

ne ha letto qual-

ben poco ne ha capito.

vi)

In

Pauly-Wissowa

'

Real-Encyclopadie

'

VI

p. 759.

(2) Ibid. p. 739. 742.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA

431
accusato
di

V'ha

di peggio.

Il

Bonfante m'aveva

respingere l'origine lida degli Etruschi per un solo indizio, quello dell'alfabeto.

Ho

notato

(sopra p. 372)

che questa asserzione non corrisponde a verit, perch


io

ho addotto nella mia storia

molte

altre

prove
ne ho

gravissime della tesi da

me

sostenuta; e non

mi son
al-

contentato di rimandare alla mia storia,

ma

legate alcune che basterebbero, credo, da sole ad esclu-

dere

una

tale

origine.

Ora,

che in questione tanto

controversa
discutibili,

possano

tali

mie

argomentazioni

parer
il

ben naturale;
se

ma

che dire del critico

quale,

come

avessi parlato ad
"

un muro, ha

il

co-

raggio di tornarmi ad accusare

di concludere sulla

base di un indizio unico che pu ben essere fallace

v'ha di peggio ancora.


trovata della

Il

Bonfante difende tuttora


coalizione
anti"

la ridicola

formidabile

etrusca in cui dovrebbe vedersi

forse la pi spaventosa
.

coalizione che ricordi la storia

Egli non

sa che in

condizioni primitive gli Stati combattono

sempre pi

meno contro
fatto, salvo

tutti gli Stati confinanti, e cos

hanno
gli
i

tregue pi o
oi'igini
i

meno

lunghe, non

solo

Etruschi dalle
nici,

al

secolo V,

ma

Latini,

Fe-

gli Ebrei,
i

Greci e persino, circondati com'erano


dell'et imperiale:

da barbari,
le

Romani
coi

senonch tra

semplici

lotte

popoli

finitimi e le spaventose

coalizioni ci corre assai. Si pensi del resto per apprez-

zare al giusto valore questo bizzarro concetto pseudostorico che


i

Celti,

quali combatterono

la

potenza

etrusca nell'Emilia, assalirono con pari vigore la potenza

romana

nell'Italia

media,

Sanniti

che
la

conquista-

rono l'etrusca Capua assalirono anche


talch se

greca

Cuma
430

non sappiamo quali

fossero intorno al

le

relazioni tra

Cuma
i

Capua,

probabile

per che fossero


:

d'amicizia contro l'avversario

ohe quando

Celti

comune al modo stesso mossero contro Roma, gli Etruschi,

432
secondo

a'

miei critici

la tradizione e
i

secondo

la verisimiglianza,
i

deb-

bono aver favorito


scindendo da
pania
ci,

Romani anzich

barbari.
il

E, preparlai-e

una svista cronologica


dominio etrusco

d'una coalizione per cui cadde nel Lazio, nella Came nell'Emilia, fatti
il

(1)

come

si sa,

sono

accaduti in tempi e in circostanze del tutto

disformi.

Ma
gi
i

un'intesa dev'esservi stata, dice

il ci'itico. i

almeno

tra Latini e Greci.

Una

intesa vi fu tra

Latini e

non
altro

Greci in generale, come par ch'egli pensi,


p. e.

ma un

qualche staterello greco,


se
i

Cuma. molto per

Latini e

Curaani sono riusciti a mettere insieme


etruschi del

contro gl'invasori

Lazio nella battaglia

d'Aricia in cui ne fiaccarono la potenza

un

diecimila

uomini.

questa sarebbe

"

forse la piti spaventosa coa


"?

lizione che ricordi la storia

S,

mantiene non senza

coraggio

il

Bonfante

una

coalizione^ fatte le debite

proporzioni, piuttosto superiore territorialmente e nu-

mericamente
poleone
I;
"

quella dinanzi a cui

soggiacque Na-

perocch non conviene dimenticare che


e

Napoleone comandava Francia, Belgio, Olanda


Germania,
Italia e

mezza
di

Dalmazia

e
la

conduceva milizie
Prussia n
altri termini,

tutti questi paesi,

mentre u
,
.

la

Russia

d'allora erano quelle d'oggi

In

obbligato

a riconoscere
coalizione

che

la

potenza della sua immaginaria


inferi-

antietrusca era in s smisuratamente

riore a quella di molte altre coalizioni vere che sono

cordate dalla storia, vuole ora

il

critico

chela importanza

(1)

Una

svista,

almeno, per chi non accetti la errata

teoria della origine del popolo romano-sabello sulla fine


del sec. V.

Ma

questa teoria non pu

il

Bonfante accetcon tutte

tarla senza mettersi in palese contraddizione


le

sue dottrine sul diritto romano primitivo.

PEK EINTUZZAKE
di essa

L'AC'Pa.SIA

433

vada intesa

in relazione

con lo Stato assalito.


il

peggiora con questo sofisma

suo errore, perch,


(e

anche ammesso che tanto superiore fosse


in relazione

non

era)

con la potenza etrusca


contro

la

coalizione anti-

etrusca, di leghe

una
lo

citt,

una

trib,

uno

Stato,

una nazione che superino notevolmente


citt,

in po-

tenza la
la storia

la trib,

Stato, la

nazione

assalita,
i

ne ricorda moltissime, n voglio tediare

miei

lettori col

darne

gli

esempi ad

essi,

come

a ogni perdi

sona colta, ben noti.

del resto che bisogno c'


di

addurre esemp storici quando una lega


briganti per assassinare
se

quattro

un inerme
"

numericamente,
,

non

territorialmente,

fatte le debite proporzioni

pi potente di quella coalizione antietrusca che esiste


solo,

bene ripeterlo, nella vivace immaginazione del

critico?
Il

quale del resto assai male conosce la storia delprimitiva se trova che questa pretesa lega di" il

l'Italia

strusse

seme

della potenza etrusca

nella

Lom-

bardia e nella CamiDania. Nella Lombardia questo seme


fu cos lontano dal rimanere distrutto che delle antiche

sopravviveva al tempo d'Augusto. ManCampania smentiscono quella volata retorica le monete etrusche d'Irnthi non meno delle iscrizioni etrusco-campane. Osa poi il critico soggiungere che non conviene paragonare c^uesta pretesa distruzione
citt etrusche

tova. Nella

con

le

invasioni barbariche alla caduta dell'impero role quali,


"

mano

salvo forse la conquista anglo-sassone

della Britannia, territorio

non certo

di antica civilt,

furono ben lungi dal presentare

distruzioni

vaste

di

vecchie popolazioni e vecchie civilt

frase profonda,

dove con

la

consueta logica avvenirista ammette

che

la civilt in

Britannia era vecchia, recisamente negando

che fosse antica; e d al

tempo

stesso saggio di

me-

ravigliosa conoscenza della storia della civilt dimentiG.

De

Sasctis, Per la scienza delV antichit

28

434
cando persino
la

a'

miei critici

cronologia della conquista romana La civilt etrusca oltre TApennino, che del resto non fu punto distrutta, era, come tutti sanno, giovanissima al tempo deirinvasione celtica
della Britannia.
:

datava cio

parlando dello sviluppo per cui quella


piimordiale
secoli;

regione super la coltura


feiTO

della

et

del

da meno

di

due

ed era poi primitiva e


al

degna appena del nome


civilt

di civilt

paragone della

romana,

sia

pur decadente, del secolo Y. Epil

pure s'immagina sul serio


sono
le

Bonfante, tanto singolari


cel-

sue idee di storia e di geogi'afia, che la


stata

tizzazione della Cisalpina sia

accompagnata da
di

stragi di popolazioni civili e distruzioni

centri

di

vecchia

civilt

paragonabili
le

sia

pur lontanamente a

quelle che

accompagnarono

invasioni dei Mongoli, su

cui d al lettore alcune notizie peregrine, o anche solo


le invasioni

barbariche nell'impero

romano

e in parti-

colare quella della Britannia. L'ho accusato del resto


di aver
e

desunto senza critica da alcuni passi di Livio


i

di Plinio

colori retorici
"*

con

cui

descrive

questa

immane
i

strage d'Etruschi
il

da Melpo a Capua
le

e su

quali fonda

paragone con

invasioni mongoliche.
il

Risponde, certo per non aver capito secondo

solito

mia obiezione, che la celtizzazione treapenninica non attestata da quei


la

dell'Italia olsoli passi.

No
che

certo,

quando

si

parli di quella parte dell'Italia oltre

l'Apennino

che

fu

per 'davvero

celtizzata.

Ma

cosa ha da fare questo con la mia critica?

Segue un raziocinio che supera


cedenti.

in

eleganza
,

prei

Aveva

asserito

il

Bonfante che

seguendo

miei criteri sulla evoluzione,

dovremmo negare

la rivo-

PER EIXTUZZAKE l'aCRISIA

435

luzione francese e le due rivoluzioni inglesi. Invece io

ammetto

il

formarsi lento

graduale della mag-

gior parte delle istituzioni romane,


delle particolari

ma
tra

tenuto conto
cui
visse

il
il

condizioni di fatto

popolo di Roma.
alla repubblica,

In specie poi, per


la

quello che

punto pi controverso,
il

evoluzione dalla monarchia

popolo romano, come ho messo in


(p.

chiaro e nella mia storia e nella replica


sulla fine del secolo

382), era

VI un popolo
altra

in condizioni pri-

mitive, per

cui

non vigeva

legge
si

che gli usi

tramandati dai maggiori, e perci non


in

trovava certo

grado

di darsi di
il

punto in bianco ordinamenti affatto


che

nuovi.

Se

Bonfante voleva giustificare la sua acmostrare


il

cusa

doveva

popolo francese e

l'in-

glese al

tempo
i
i

delle loro rivoluzioni erano tanto rozzi

quanto

contadini romani del 500, e quindi per dav-

vero secondo

miei criteri

codeste rivoluzioni

si

do-

vrebbero negare.
si

Ma

egli tace

prudentemente

di ci e

contenta di proclamare con un coraggio, dopo tante


di miglior causa,

prove d'imparzialit, degno veramente


che
" "

la

passione mi

fa

velo

questo

perch

la

evoluzione lenta e graduale

fu
(\m,

professata

da tutti

fino agli ultimi

tempi

.,.

Or

mentre

egli sguscia

attorno a quello che


lettore
se

il

ncciolo della disputa, d al

un

altro saggio della sua erudizione.


,

Di

fatto

vuol parlare di istituzioni romane


fino agli ultimi
alla

tutti o quasi
il

hanno ammesso dalla monarchia


graduale,

tempi che

passaggio

repubblica non fosse n lento, n


;

ma

rivoluzionario

e se vuol parlare di evo-

luzione in generale, lo stesso

Darwin ammetteva mutamenti bruschi, quantunque non desse loro la importanza che hanno nella teoria delle mutazioni del De Vries, e lo stesso Spencer ammetteva che vi fossero governi
composti nati spontaneamente e gradualmente e
nati a
altri

un

tratto.

Pu

del resto

il

Bonfante, come molti

436

a'

miei critici

che oggi discorrono a caso d'evoluzione, esimersi dal


leggere
il

vecchio Hegel;

ma

chi

si

nutrito della
egli,

fi-

losofia hegeliana

non dimentica che


esseri
il

distinguendo
quello dello

tra

lo

sviluppo degli

organici

spirito nella storia, rileva

procedere di questo quasi

accumulando
le resistenze

le forze e
il

prima che prorompano a vincere


af-

suo attuarsi per via di successive

fermazioni, nesrazioni e sintesi.

Pi
dalla

oltre inventa

il

Bonfante una teoria diversissima

mia

sui tre consoli originari,


il

me

la ascrive e
(p.

si

studia di far ridere

lettore a

mie spese

819
di

seg.,

senza molto spirito a dir vero,

ma
al

con quel tono legdifetto


Il

gero che

si

conf

tanto

bene

seriet

scientifica cos evidente nel

suo articolo.

pretore era,

secondo quel che mi fa


presero
a

dire, l'eguale dei consoli


i

quando

registrarsene

nomi

e si

cominci poi a

tener la lista dei

nomi

dei pretori solamente

questi scemarono di autorit.

Non
,

solo io

quando non ho mai

sostenuto questa pazza teoria

ma ho

affermato reci-

samente tutt'altro

queste non son che invenzioni poco


;

spiritose del Bonfante

invenzioni fatte del resto, e ci

veramente grave,
i

in piena

buona

fede. Io

ho detto

che

tre pretori risalgono all'et

regia e che al terla differenziazione

mine

di quell'et era gi

avvenuta

di poteri tra essi(l);

n ho mancato di ribadire nella

mia replica

al

Bonfante che anche nel secolo Di tutto ci

il

con.

sole gi praetor tnaxlmus.

egli

non

(1)

Storia dei

Romani

p.

405. 414.

PEK KINTUZZAKE l'aCRISIA


riuscito a capire nulla.

437

con la poco spiritosa invendi

zione che ho citato

ha creduto bene

dispensarsi
didi

da qualsiasi disamina degli argomenti addotti per


fendere la mia
giustificare
i

tesi

vera e da qualsiasi tentativo

numerosi errori con cui ne aveva con-

dito la critica (sopra p.

382

segg.).

Lasciando da parte
cui

le

ciancie sulla collegialit

in

con
il

r amenit

delle

sue impertinenze
il

ha forse
magistrato
il

voluto

Bonfante scusare
(1),

difetto

di qualsiasi ar-

gomento

veniamo

alla designazione del

per parte del predecessore. M'aveva accusato


d'ignorarla nel diritto pubblico

critico

romano
dall'

(p.

249).
,

ac-

cusa remota da verit.

Lungi

ignorarla

non ho
dei

mancato
genesi

di farne

menzione, tentando di spiegarne la

(2).

M'aveva accusato di non tener conto


il

Mommsen a tenerla come il " sistema primitivo di Roma . anche questa un'accusa remota da verit. Il Mommsen al paii di me, lungi
dati che indussero

dal tenere la designazione per parte del predecessore

come

" il

sistema primitivo

di

Roma, respinge

espli-

citamente quella ipotesi per l'et regia (sopra

p.

392).

veramente consuetudine dei galantuomini che hanno

1)

Vi spigoler solo un esempio del suo perpetuo fran-

tendere.

Dopo molto armeggio


(p. 820).

di frasi conclude
si

il

critico

che l'istituto della collegialit non


diritto

greco

E non

si

pu ricondurre al accorge che siamo d'ac-

cordo

anche
il

io

sostengo che la collegialit sorta su


di

suolo italico; solo io cerco


origine, e
(2)

spiegare

come ha avuto

Bonfante no.

Storia dei

Romani

p.

355.

438

a'

miei critici

detto per equivoco sul conto d'altri cose lontane dal

vero ritirarle e scusarsene.


tenta di rimbeccare che
il

Il

Bonfante invece
(il

si

con-

Mommsen
con
lui

quale nega la

designazione per parte del predecessore nell'et regia)

(p.
"

in sostanza

d'

accordo

che V ammette

820).

Ed

anche questa cosa non vera. La nomina


il

per parte dell'interr che

Mommsen

ammette, atteso
lui,

che l'interr era senatore ed eletto, secondo


in generale, dal senato,

almeno

del tutto diversa dalla de-

signazione del successore per parte del re stesso am-

messa dal Bonfante


la

in sostanza,

un modo

indiretto

d'elezione per parte del senato.

solo chi trascuri per

forma
"

la sostanza delle istituzioni

pu

dire sul serio

che

in sostanza

le

due teorie

sono conformi.

Ma
egli

del resto par da respingere a ogni


trina

modo anche

la dot-

non nuova che

il

Bonfante difende. Se, come

vuole, la critica per eccellenza quella di E. Pais,


saprei

non

come possa
tradizione

credersi senza calpestare la logii


sull'interr
;

che la

nell'et regia meriti in


le

qualche

modo

fede

anche senza accettare

esage-

razioni del Pais, data la scarsezza dei documenti che

possono attribuirsi
evidente che
alla
si

all'et regia e la loro natura,

sembra

tratta soltanto d'attribuzione arbitraria

nomina del re di forme che si riferivano, alla nomina del console; che se poi si prende a fronte della tradizione una posizione diversa da quella che oggi assume in generale la critica, allora evidente che valersene per correggerla non nei particolari, ma nella sostanza, attribuendo al re quel diritto di nomina del
successore che la tradizione gli nega e ascrive invece
all'interr, sostituire del pari l'arbitrio alla ricerca

metodica del vero.

PEB RINTUZZARE l'aCRISIA

439

Insiste

ancora

il

Bonfante nell'aserivere

allo

Stato

moderno una organizzazione pii Stati orientali che non a quella


(p.

simile a quella degli


dello

Stato

821). Questo errore egli aveva scritto, bene

romano non

dimenticarsene, a proposito delle relazioni tra


e Stato.

Comune

Ora veramente parla invece di cosa che coij. quelle relazioni non ha che vedere " di agglomerazione di nazioni e provincie con la sua capitale . Agglomerazione siffatta v' anche, e pi ampia e pi ordinata,
nell'impero di
del resto

Roma,

al

tempo,

p.

e.,

di Traiano.

Ed

tanto profondo di sapienza giuridica quanto

esatto che la caratteristica dell'ordinamento dello Stato-

naz'one stia nell'essei-e


e Provincie

"

una agglomerazione
capitale
.

di nazioni

con

la

sua

poi ci s'apStati orientali,

plica meglio al

maggiore degli antichi


il

l'impero persiano,
pitale,
al

quale non aveva neppure una, caresidenza

ma
re.

parecchie citt che servivano di

gran
lo

del resto questo paragone fuor di luogo


si

con

Stato orientale

spiega soltanto dall'avere


gli stessi

il

Bonfante dimenticato che

Greci son pervenuti

dallo Stato-citt allo Stato-nazione.

Fa d'uopo che
al

ri-

cordi ai lettori colti l'impero di Dionisio, la Macedonia,


la lega etolica e
1'

achea

(1) ?

Ma

tornando

proposito

(1)

Tanto

il

critico sa di storia delle relazioni tra Stato

e citt in
si

Grecia

da

trovare

che Filippo e Alessandro


'

distinguono da Pirro in quanto

non cedettero

alla

pericolosa ambizione di assoggettare le libere citt elle-

niche

al

giogo

comune

'

(p.

240).

Sarebbe

impossibile

far della storia

scempio maggiore.

440
delle relazioni tra
il

a'

miei ceitici
e Stato, attorno a cui cerca

Comune

critico di scivolare, sarebbe

bene che
e

egli

mostrasse

come

negli
il

Stati

orientali,

l'Egitto

la Persia

ad

esempio,

Comune

fosse in possesso di diritti e d'ausimili a quelle che

tonomie guarentite dalla legge,


il

ha

municijjio

nell'impero romano

il

Comune

nello

Stato moderno. Attinenze vi sono in realt per questo


rispetto tra l'impero
Stati orientali, bens
il
i

romano
regni

e,

non gi

gli antichi

ellenistici,

in particolare

regno

pergameno
il

dove peraltro, come


della
vita

nell'im-

pero seleucidico,

fondamento
greca
(1).

comunale

la citt ordinata alla


i

Quanto

alla Persia,

sudditi

non

vi

hanno

diritti, e
;

neppure

le citt, sicch

l'arbitrio
citt

domina sovrano
qualche

se si lascia di fatto alle


si

soggette

autonomia,
il

vuole

spesso,

come ho
regolo,

gi detto, che vi abbia

dominio un tiranno
obbligato coi

mallevadore dinanzi al re della loro obbe-

dienza. In Egitto poi (ho detto e sono

venia del lettore a ripetere dalla pertinacia del Bonfani


nel frantendere)
lenistica; e in
il

Comune non

risale

che

all'

et eli

quanto

alla vita dello Stato, ora essa si


si

accentra nell'idea del Faraone, ora

stempera in unj
di

turbolento feudalismo, ora concilia bene o male questi

due termini

ma

in

somma

nulla

ha

comune con

la vita dello Stato

moderno. Del

eguale cai'atteristica,

come dell'impero d'Augusto

e di Traiano,

un vigoroso

(1)

Sulle relazioni tra citt e Stato nel

mondo greco

nell'ellenistico in generale vedasi


hellenistischen Zeitalters
I

p.

Kaerst Geschichte des 17 segg. II p. 353 segg. Il

abbia su questo lato del diritto pubblico ellenistico quello del mio scolaro Pietro Ghigne,
miglior lavoro

che

si

troppo presto
diletti,

rapito dalla morte agli studi da lui predel regno di

Comuni

dell'Acc. delle Scienze di Torino' voi.

Pergamo (nelle Memorie LVa. 1905 p. 67 segg.).


'

PER RINTUZZARE l'aCRISIA

441

potere centrale che esercita l'opera sua nei modi e nei


termini determinati dalla legge di cui, almeno in teoria,
rigoroso osservatore; e a fronte di esso stanno, nello

Stato

moderno

e nel

romano,

in possesso di diritti,

pur

determinati dalla legge, numerosi municipi privi di poteri

sovrani

ma

con propri magistrati ed estese libert Queste attinenze


evidenti in
l'

in ci che concerne gli interessi locali.

son tanto
le

piti

quanto non vale solo per


e
i

relazioni tra

imperatore

singoli cittadini

la

frase scultoria, con cui Gregorio

Magno non perdendo


monarchie (barbare,

di vista per le quisquilie formalistiche la sostanza delle

cose

chiarisce

in che dalle alti'e

s'intende, ed orientali) diiferisce l'impero

romano

hoc

enim

Inter reges

gentium

et

imperatores

Romanorum
(1).

distai quia reges

gentium domini servorum sunt^ impe-

rator vero

Eotnanorum dominus Uberorum


il

poi

un equivoco
simo a noi
s
il

dire che

il

sistema di Stato pi proscostituzione dioclezianea


;

sia quello

della

pi prossimo cronologicamente, parlando

del-

l'antichit;

ma

per fortuna sostanzialmente assai pi


secoli dell'impero in tutto e in specie

remoto dei primi


per
fatti

Governo e il Comune. E noto income da Diocleziano in poi diminu a grado a grado l'autonomia effettiva dei Comuni e cess il rile relazioni tra il le

goglio della vita municipale, mentre

ambite cariche

comunali
fitto

si

trasformavano in gravose liturgie a pro-

dello Stato.

(1)

Registrum XI

n. 4.

442

a'

miei ckitici

Desterebbe meraviglia, se fosse ormai pi lecito meravigliarsi di ci cbe


il

Bonfante scrive nella foga del

polemizzare, la sua asserzione che le relazioni moderne


tra

Comune

Stato siano indipendenti

come
i

il

Comune

stesso dal municipio

romano; quando
tutti

nostri stessi

concetti di Stato, di libert, di diritto son foggiati su concetti elassici


,

quando

sanno come

il

con-

cetto dello Stato traesse vitale nutrimento


sinio,

dairumaneCo-

affermandosi a fronte del feudalismo e del


(1).

mune sovrano medievale


tesi cos

Ma

forse attribuendo

una

assurda a

"
il

ogni "storico del diritto itaKano

ha voluto soprattutto
medievale italiano

Bonfante asserire che

il

Comune

indipendente nelle sue origini dal

municipio romano. Credo d'aver chiarito bastantemente


il

mio concetto

e d'aver

mostrato che non ho inteso

affermar nulla intorno alle origini dei


vali.

Comuni medie-

questo un problema troppo ponderoso e spidi

noso per essere risoluto

passaggio e con due parole;

lascio volentieri questi ardimenti a chi ignaro della

(1)

Tanto dimentico della sua disciplina


s
il

il

romanista

che mi assale con una violenza


strare
rita

inaudita, da

non

mO'^

pi lontano sentore della verit elementare assej


altri

con molti

dal

Mommsen

che

il

resultato de
'

formarsi dei Comuni cittadini nello Stato romano,

nie-

den romischen Rechtsbchern, hat insbesondere durch diese mchtig und zum Theil segensreich auf diejenige Entwickelung von Staat und Gmeinde eingewirkt, welche das Fundament unserer Cidergelogt wie es
ist in

vilisation ist' {Rum. Sturatsrecht III

1,

772).

PEK RINTUZZAKE l'aCKISIA

443

gravit di esso e della seriet d'indagini e di propositi

con cui va discusso. Mi


d'equivoci che
il

contenter
del

di dire a scanso
differisce in

Comune
:

medioevo

un
e

punto essenziale dal municipio romano a un tempo


dal

Comune moderno

in

quanto cio possiede quei

diritti

sovrani che all'uno e all'altro mancano;

ma

che

del resto la questione delle origini dei


sa precisamente

Comuni, come
italiano
,

ogni

storico

del

diritto

mancano studiosi rispettabilissimi (e poco importa se non sono nelle grazie del Bonfante), i quali in vari modi difendono, in tutto o
tuttora controversa, e non
in parte,

con maggiori o minori modificazioni o limiparti-

tazioni, la teoria cos detta romanistica (1). In

colare

il

Bonfante evidentemente non sa che


la

il

concetto

secondo cui
per

corporazione avrebbe dui'ante l'et bar-

barica serbato gelosamente l'idea municipale romana,

modo

che essa era pronta, non appena

le

circo-

stanze lo permettessero, a

quasi senza contrasto tra


e che

nuovo rigoglio, dominava giuristi or un decennio


le critiche

anche adesso trova, nonostante


(2),

acute

di
ci

A. Solmi
il

valorosi difensori. Dico che di tutto


;

Bonfante nulla sa

che altrimenti la sua frase

sarebbe solo un indegno artifizio polemico.

Torna

il

Bonfante quanto
del

ai viunicijyct
"

foedenita a

discorrere

suo argomento

senza risposta

per

(1)

Un'idea dello stato presente


di Silvio

della

questione
e

pu

desumersi dal bel libro

Pivano Stato
e.

Chiesa

da Berengario I ad Arduino (Torino 1908)


(2)

VII.

Le associazioni in Italia aranti le origini del Comune (Modena 1898). Sulle dottrine de' suoi predecessori v. p. e. a
p.

50 seg.

444
cui Gabii andrebbe

a"

miei critici

crmsiderata

come

tale

ossia
il

che

Gabii non fece

pii

parte della lega latina dopo

suo

foedus con Roma.


alFet di Cicerone

Ho
;

risposto (p. 399) che ci falso

perch della lega sacra latina continu a partecipare fino


e

quanto

alla lega latina politica,

sappiamo solo da un documento


circa
il

citato da

Catone che

non prova non ne faceva parte neppur Preneste che non era certo municipio romano. Se dopo ci, invece di discutere, dice olimpicamente, non senza taluno degli usuali giuochi di parole, che all' argomento ' il De
500 non v'era inclusa
;

ma

questo

nulla perch

Sanctis

non risponde

si

pu chiedere

se egli sia pi

in grado di intendere quello che legge.

Aggiungendo

che

il

testo di Cicerone sulla pertinenza di Gabii alla

lega albana io lo cito ora, conferma d'aver letto molto

disattentamente la mia storia, dove citato a tempo


e

luogo due volte


sia

(1).

Se

si

meraviglia poi perch io


(s

mi

fermato a Cicerone, mostra di non sapere


il

povera la sua erudizione) che quello da cui


risulti in

solo passo

modo

sicuro la pertinenza dei Gabini

alla lega albana. Alle sue meraviglie infine


sia

perch

io

mi
di-

fermato a Gabii, rispondo

di

non vedere perch

scorrendo di Gabii avrei dovuto ripetere tutto ci che


si

sa sulla lega albana, tanto pi


storia.

avendone trattato ambene poi ricordare che


si

piamente nella mia


del

Ed

documento

citato

da Catone su cui egli

fonda

per negare la partecipazione dei Gabini alla lega latina,


E. Pais

ha messo
il

di recente in

dubbio l'autenticit)
la contro:

che io ho difesa:

Bonfante ignora certo


"

versia, ed caratteristico per la sua erudizione

altri-

menti o
lenza
o,

si

sarebbe attenuto alla

critica

per eccel-

imparziale com' e pronto a rendermi giustizia,

(1) I p.

380

n. II p.

4ol n.

2.

PER RINTUZZARE l'aCRISIA

445

non
egli

avi'ebbe

mancato

di dire che si valeva delle

mie

conclusioni sull'argomento. Alle frasi inconcludenti che

aggiunge sul significato delle parole municijyium Capena foederatum non il caso di replicare ho dimostrato che l'interpretazione data dal De Bossi non
:

offre,

per ehi sappia la grammatica latina, alcuna


;

dif-

ficolt

sono anche disposto a concedere che ne


sa.

offre

per chi non la


credere
del

Vero
si

che

il

Bonfante

(e

giova

sua scusa che egli


)

non conosca

gli scritti

De Rossi

non

perita d' aftermai-e


latino giuridico.

d' esser

pi

competente di

lui in

Ma

di

questa

competenza

aspetteremo che dia

qualche saggio mi-

gliore di quelli dati fin qui

prima

di farvi

assegnamento.

Gli argomenti addotti dal Beloch per la sua tesi sui

immiclpia foederata meritavano


discussione.
finora, perch

ad ogni

modo

seria

Di quelli aggiuntivi dal Bonfante tacqui

non sono

solito richiamare l'attenzione,

se

non

necessario, sulle sviste altrui.

Ma

egli v'in-

siste, e

non

pi

il

caso d'usar riguardi.

Nel framGallia
ai

mento

atestino, regolandosi le

condizioni della

Cisalpina

dopo
si

il

conferimento della cittadinanza


il

Traspadani,

menziona

li

vir

isve

qui ibei lege

foedere plebeive scito senatiisve consulto institutove iure


clicundo praefuit{\).

Ora

municipi della Cisalpina sono

recentissimi, ed ebbero origine in parte per le concessioni


di

cittadinanza
dei

dell'

89

del

49, in parte per

l'attribuzione

diritti

municipali
sortivi

a fora

conci-

liabida

di

cittadini

romani

per

effetto delle

assegnazioni vintane.

E
di

poich parlare di creazione di


a.

municipi per mezzo di foedus nel I secolo


ipotesi

Cr.

indegna

pur

discussione,
il

non
(2),

dubbio,

come ha veduto
(1)

tra altri

Mommsen
11.
p. 180.

che qui con

(2)

Bruns Fontes V 17 lin. Gesammelte Schriften I

446
l'accenno al foedus
al

A*

MIEI CRITICI
allude agli ordinamenti anteriori
in

si

conferimento della cittadinanza: ordinamenti che

parte potevano talora rimanere, e son rimasti qualche


volta pi

meno

a lungo in vigore dopo che la citta,


,

dinanza fu concessa: tale


il

p.

e.,

in un'altra regione,

caso dei Napoletani che

accettando con una certa

riluttanza di divenire cittadini romani,

non mancarono

di farsi guarentire alcuni dei privilegi pi importanti

che

avevano
ai

ex foedere

e conservarono persino, aci

canto

duumviri o quatuorviri,
senso
si

loro demarchi (Ij.

ci chiarisce in che

alluda al foedus anche


all'altro
,

nella tavola di Eraclea (2).

Quanto

simulacro di
della
"

argomento che
venzione

il

Bonfante trae innanzi

con-

sacrosanta tra
si

Roma
le fonti

ed Ostia, esso prove-

rebbe qualcosa se
il

trattasse realmente di convenzione,


:

che egli mette di suo

parlano solo di sacro-

sancta vacatioiS); o se

la

fondazione d'una colonia non

fosse per la natura stessa della cosa del tutto diversa

dalla istituzione di

un municipio
la definisce
"

egli ha,

un municipio. Della come dissi, un'idea

istituzione di
assai errata se

l'aggregazione allo Stato di una comunit


di-

sovrana

Difende ora questa infelice espressione^

cendo che comunit sovrana all'atto dell'aggregazione;

ma

pui

menandogli buona
inesatto
:

tale interpretazione,

anche questo

alla

aggregazione come mu-

nicipio precede di regola nel caso di comunit sovrana

(1) Sarebbe sottigliezza opporre che il foedus non si occupava in generale degli ordinamenti delle citt alleate. Bastava infatti che fosse guarentito a una citt di con-

servare la propria autonouiia^

propri magistrati perch

di questi potesse dirsi che esercitavano la giurisdizione

ex foedere.
(2)

Bruns Fontes V 18

lin.

93.
3.

103.

(8) Liv.

XXVII

38.

XXXVI

PER RINTUZZARE L ACRISIA


la deditio

447
sovranit
e

per cui essa

si

spoglia

della

inoltre

il

municipio pu essere creato di pianta, acdiritti

cordando
a

municipali a distretti che non ne sono

in possesso, sia nel territorio gi

prima appartenente
confisca a qualche

Roma

sia

in

territorio

che

si

Stato neinico dopo una guerra.

Mi aveva apposto
non
capire in
il

il
i

critico
libri

di

non leggere o
(p. 221).

di

generale

che cito

Non
mio
al-

pensa

Bonfante a
smentita

ritirare

lealmente questa pazza


critici

asserzione
libro (1);

da

molti

onesti

del

ma non

sa documentarla se

non rilevando
sono stato
"

che

"

forse contro le

mie intenzioni

quanto impreciso in alcune parole della mia


zione
della
la
B

rela-

sulla teoria

del

Patroni intorno

alla

origine

domiis.

Prima

di tutto, fosse

pur vero, sarebbe


dell'

prova migliore della insostenibilit


sarebbe

accusa del

Bonfante. Se aveva per difenderla argomenti migliori,

non
nel

si

fermato a una misera questione di

parole.

Ma

poi egli non ha capito che vano cercar


riassunti
di

mio

libro

teorie

non dico gi
"

solo

del Patroni,

ma

neppure del Meyer o del

Mommsen

o del Niebuhr. Io ho inteso di dar


delle teorie altrui,

relazione

non
e in

ma

del

modo

di vedere

mio:

(1)

Ne
'

cito a caso uno, al solo

scopo di illustrare la se-

riet delle accuse del Bonfante: 'Das

Buch
Bi

nella

Hist. Zeitschrift

'

CI (1908)

p.

ruht auf einer

cos A. Bauer

vollkommenen Kenntniss und vollem Verstndnis ftr alles was die deutsche Wissenschaft auf dem Gebiet
romischer Gescliichte
ffeleistet

hat

'.

448

a"

miei cpaTici

nota ho indicato, per semplice

debito

di lealt e di

giustizia, a ehi reputo d'esser debitore d'una data con-

gettura. Detto ci e chiarito (sopra p. 442) che la mia


teoria sulla

domus

di fatto

desunta nella sostanza dal

Patroni e che, dichiarando questo in una nota alla mia


Storia dei Romani, non ho mancato
riserva sui punti
in cui di fare qualche

dal Patroni
il

mi allontanare

maggiormente,

da sperare che
di

Bonfante smetter

una buona volta

d'articoli altrui che

cercare nel mio testo riassunti non mi son mai pensato di dare

e arrossir della grettezza di pensiero a cui s'ispirano

queste sue critiche.

Scadente assai pi di ci che precede, e non dir


poco,
si

dimostra anche nella replica del Bonfante

la

parte che
la sua
finta

eonceme

il

diritto privato.

Monumentale
la

qui

audacia nel negare verit di fatto per


testi antichi e di scrittori

non
:

ignoranza di
pii

moderni

monumentale l'audacia nel far passare agli occhi dei profani, in piena buona fede e per la sola ragione gi addotta, come ' errori elementari di " pericoloso dilettante , dottrine che diritto d' un hanno il suffragio di giuristi eminenti. Comico , tra numerosi e gravi errori che documenter subito, il i tono borioso; comicissima, dopo il suo brutale assalto precedente e la mia prima risposta che a tutti parve, com'era, assai moderata, la magnanima dichiarazione
anche
che scrive
"

senza sdegno e senza rancore

(p.

823 j.
esi"

Egli aveva asserito che nel diritto

greco non

stono

le

servit.

Ribadisce ora che questo

un

dato di fatto, non un' idea

che

"

traccie di servit

PER RINTUZZARE l'aCRISIA


prediali nel diritto greco
"

449

non esistono punto

che

ci

riconosciuto da tutti
"

persino
dal

dallo

stesso

Beauchet
tore

citato per

equivoco
:

mio contradditfalso

Tutto

ci falso

falso che l'assenza di serviti!


;

nel diritto

greco sia un dato di fatto


traccie
;

che ne

manchino
sia

falso

che

il

mancarne
"

traccie sia
il

riconosciuto dal Beauchet; falsissimo che

Beauchet
(scrive
il

da

me

citato per equivoco.

Nul doute

Beauchet nel miglior libro che s"abbia intorno


ritto privato attico)

al dile

que Ton devait rencontrer dans


servitudes

droit grec la plus part des


blies

prdiales (ta-

par

le

fait

de

l'

homme) que nous trouvons


detto
tali servit,

Rome

(1).

E dopo

aver

che non solo deve

presumersi l'esistenza di
traccie ejffettive che

ma

ve ne hanno
alle servit
"

enumera, afferma intorno

personali riconosciute nel diritto romano:

ces servile

tudes ont d tre galement pratiques dans


attique, et celui-ci en a

droit

mme admis

d'autres en raison

de la grande libert qu'il reeonnaissait au parties dans


leurs conventions

Veniamo
ritto

al

(2). E non c' bisogno di commenti. mio preteso equivoco. Seguendo la ter-

minologia adottata da quasi tutti


greco ho incluso tra
stabilite
le

gli scrittori di di-

servit le limitazioni della


ci

propriet

per legge, e

perch, secondo
"

l'avviso di molti giuristi ch'io condivido,

il

y a

v-

ritablement servitude toutes les fois qu'un propritaire


se trouve

empch
de faire
le

soit

par la

loi,

soit

par

le fait

de

homme

sur

son fonds tout ce qui lui est

permis par

droit naturel

(3).

si

badi che, persin

(1)

Histoire du droit prive de la rjHblique


172.
Ibid. p. 173.

athnienne

III p.
(2)

Beauchet Hip. 157. Per citare solo un altro esempio, anche nel miglior lavoro che s'abbia sulla propriet
(3)
G-.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

29

450
tra quelli che

a'

miei critici

non adottano questa terminologia, ve ne


il

hanno
ficata
:

quali riconoscono che perfettamente giustilibro

basti citare qui

fondamentale dell'Elvers
la questione che
il

sulle servit (1). Si


ci

aggiunga che per

occupa

la distinzione

non ha importanza. Se

di-

ritto

greco ignorava per davvero

le servit di via, di

scolo e simili, sarebbe concepibile che


contratti
i

non ammettesse
poich
le

quali le includessero

ma

ricono-

sceva in larga misui-a


che, tollerante
contratti,

come

servit legali, impossibile

come era nelle forme e nel contenuto dei non ammettesse la creazione contrattuale di

fondiaria in Grecia, quello di P. Gciraud, p. 191 segg.,

si

designano costantemente come servit


gali della propriet.
libro
;

le

limitazioni

le-

Il

Bonfante ignora certamente questo

che, sebbene la sua audacia sia smisurata, avrebbe

arrossito di rivolgere al

Guiraud

le

contumelie che
'

di-

rige contro chi accetta tale terminologia.


(1)
liisst

Die romische

Servitutenlehre
...

(Marburg 1856):
s.

Es

sich nicht leugnen

dass sie (die

g. Legalservi-

tuten) wie die Realservituten ein Recht verliehen, welches^

mit

dem Eigenthum

eines andern

grundstucks untrennbar verbunden

und zwar des Nachbarist, und dass man]

daher, da die Entstehung durch gesetzliche Vorschrift so

wenig mit dem Charakter einer Realservitut unvertraglich sein solite wie mit dem eines Usufructs, der dodi nach der Meinung aller ohne scine Natur zu verandern ein gesetzlicher sein kann, diese Eigenthumsbeschrnkungen
der vollig gleichen Structur wegen
servituten zuweisen konnte
in varie serviti
i iter,
e
'.

dem Gebiete

der Real-

Del

resto evidente che


p. e. quel!.

enumerate dai giuristi romani, non poteva non esservi un elemento


Rfin.

essenziali(cfr.

naturale indipendente dalla convenziono privata


Rechtsgeschichte II 497),
il

Karlowa
essere,

quale doveva
private,
rico-

indipendemente dalle convenzioni

nosciuto e protetto dalla legge.

PEK EINTUZZARE L'ACPa^^IA


servit

451

corrispondenti.
il

resto a seguire
verbali, solo
la

giurista in

Mi sono dovuto indurre del una disputa di quisquilie

perch egli ne ha preso occasione per


confusione nella questione di sostanza
;

spargere

che, in fatto, d'equivoco ve n'

uno

solo e gravissimo

ma

del Bonfante. Egli

non

s'

avveduto cio che

il

Beauchet da

me

bene a ragione allegato afferma nel

modo

pi esplicito, e adducendone le prove, l'esistenza

di ogni maniera di servit, e

non solo

di quelle create

dalla legge, nel diritto greco.

E debbo
citare
i

qui di nuovo avvertire che, assai meglio del


altri,

il
;

Beauchet o

mi sarebbe grato
farsi,
i
i

discutere
testi greci

testi

ma

ci col

Bonfante non pu

non essendo

egli in
il

grado
(e

d" intenderli.

Per

romanisti

che conoscono

greco
di

ve ne sono in Italia di vale

lentissimi), invece

ripetere

argomentazioni del
contenuto d'una
senso pi stretto)
del

Beauchet, ne aggiunger una che mi sembra di non lieve

momento. , parmi, evidente che


servit
(intesa

il

questa
nella
atti

parola

nel

pu consistere
proprio

facolt di fare a vantaggio

fondo

che
della

sarebbero
propriet
faccia

contrari

ad

una
del

limitazione
vicino,

legale

nell'interesse

impedire che

altri

contro

l'interesse

della

propriet nostra

ci

che

gli

sarebbe lecito in

virt d'una simile limitazione. Ora precisamente una


servit di questa fatta
ritti
si

pu

costituirsi nel caso dei di-

che la legge

accorda

sul

muro
"

divisorio,
di

come

trae da
(1).

una

iscrizione

pergamena
se

recente sco-

perta

poich la clausola

non convengano

(1)

Prott

KoLBE
|LxriT6

'

Athen. Mitteil.' XXVII (1902)


:

p.

47

segg. col. Ili 26 segg.

)ui^

Eouaia b ^otuj

Itt

to<; koi-

voq Toixouq
KaTapXTTTeiv

fTOiKOoiiev lurixe iopOaaeiv inrixe

XKo

}jir]Qv

uf,

ireiaujaiv

xoq Kupiouq.

452
altrimenti
coi

a'

miei critici

proprietari

non

v'

ragione di cre-

dere che ricorresse in questo solo caso di limitazione


legale
della

propriet,

abbiamo

ragione di ritenere
fissare

per analogia
zioni
la

che
il

appunto nel

queste limita-

(tolto

caso di quelle per

natura inalienabili)
servit

legge desse

modo
merc

in generale di costituire

convenzionali
citata.

una clausola analoga a quella


il

E torniamo
chet
al
il

al

Bonfante. Scrissi che secondo


sostanzialmente
il

Beau-

regime dotale attico

conforme
Bonfante

regime dotale romano. Questo secondo

un equivoco mio, anzi un mio "errore elementai'e , perch il Beauchet l'iconosce la differenza che v' per questo risi^etto tra il diritto romano e il greco, e io
solo,

confondendo

il

regime patrimoniale col dotale,


il

ho meritato ampiamente
risparmia.

biasimo che egli non mi


vi
,

Anche qui un equivoco


,

anzi

un

"errore elementare

ed smisurato;
.

ma

spetta uni-

camente

al

romanista

che
e di

si

dimostra

digiuno a un
"
:

tempo

di diritto

greco

lingua francese

Le
il

seul

regime matrimoniai pratiqu Athnes (scrive


traits celui

Beauclas-

chet) c'est le regime dotai, analogue dans ses grands

qui a t en usage dans la

Rome

sique

(1).
i

Ci che segue, tocca


detto (p. 406)

limiti

dell'incredibile.

Ho
di-

che

"

quella della

usucapione nel

ritto attico questione assai controversa tra gli ellenisti


;

che ad ogni

modo

molti studiosi ritengono che


Grecia,

fosse

ben nota

la

usucapione in

fondandosi

sopra un passo d'Isocrate (2) ed uno di Platone (3).

(1)
(2) (3)

Op.

cit.

p.

247.

Archidam.
Leges XII

26.
p.

954

e.

Dopo aver
mobili

trattato della

usu-

capione per

rispetto ai beni

aggiunge Platone

PER KINTUZZARE l'aCEISIA

453

Come
e

si

vede, io

non

vi

ho
i

messo nulla del mio;


quali
;

che

vi

abbiano

studiosi,

si

sono

real-

mente
Fr.

espressi cos, verit di fatto


(1)
e
il

mi
coi ci

basti citare

Hoffmann
il

Caillemer
al

(2),

quali

con-

viene

Lipsius

(H).

Se

Bonfante

non

piace, se
il

la pigli

con

le

stelle

come Don Ferrante. Ma

fatto

di bronzo;

per distruggerlo non basta sbraitare;

e sbraitare poi qui contro di

me

che mi son limitato


di fatto,
il

ad

affermare

una
il

verit

indisputabile

colmo del
sa
la
il

ridicolo.

poi fuori di controversia per chi

greco che

passo di Platone concerne in effetto


ai
si

usucapione, la quale perci

Greci non rimasta


tratti

ignota.

Pu

solo disputarsi se

d'un

istituto

giuridico escogitato di sana pianta da Platone ovvero


di istituto

da

lui attinto al diritto vigente in

qualche
:

citt greca. Io

non intendo dirimere


la

la

questione

dico

semplicemente che
fante) esiste;
la

questione (piaccia o no al Bon-

ma

a ogni

modo non

chi

non veda che

seconda ipotesi appare a prima vista di gran lunga


verisimile della prima.
il

piti

Ma

diritto greco,

proclama

il

Bonfante, col suo

sistema di registrazioni pubbliche, non aveva bisogno


della usucapione.

Ora

s'egli

intende di dire che le re-

Xuupiujv

jav ouriffeiLv

xe Trje
;

(mediante
ci

la

usucapione)
dall'ordina-

oK

'or'

iuqpiaPr)Tr|ai(;

ma
egli

dipende

ed ha creduto necessario di rilevare come in questo caso non era ammessa la usuca anzi caratteristico

mento che ha nella sua

citt la propriet fondiaria,

che

pione

sarebbe ci assai singolare se dal diritto vigente

in Grecia
(1)

non veniva ammessa mai.


ziir

Beitrge
p.

Gesciichte des griech.

und

r'in.

Rechts

(Wien 1870)
(2) (3)

24.

Prescription p. 7 seg.

Meier-Sciimann-Lipsius Att. Prozess

p.

673

n.

524.

454

a'

miei critici

gistrazioni pubbliche
di

dovevano essere in uso


e

al

tempo

Caronda o

di

Solone

cbe perci

le

leggi di Solone
la

e di

Caronda debbono aver ignorato

usucapione,

vien fatto di

domandare

se egli parli sul serio.

La

re-

gistrazione pubblica era praticata nella et classica in


varie citt greche,

zioni (1) importantissime,

uno
certi

di

come dimostrano, con alcune un passo di Aristotele Teofrasto (8) ma non era in uso neppure
;

iscri-

(2)

ed

allora

in Atene. V'era
limiti

in

Atene qualcosa che poteva entro


:

paragonarvisi
che
si

il

registro
in

della

imposta
della

della

centesima

pagava

occasione

compra-vendita di fondi.
sfuggivano tutti
in altro
i

Ma

siffatta

registrazione
si

trapassi di propriet che

facevano
i

modo,
:

dovevano essere
quali

di

gran lunga
registro

pi

frequenti

poi abbiamo di questo


(4),
i

alcuni

frammenti epigrafici
lungi dal sostituire
in

mostrano che, ben


compilato

libri fondiari, esso era

modo

tanto inesatto e sommario da non poter co-

stituire che eccezionalmente

un documento

della pro-

priet e per di pi
cialissimi (5).

si

riferiva solo

ad alcuni casi spe-

Se

le

cose stavano in questi termini in

(1)

Un

solo vero registro


l'isola

epigrafico di vendite posse-

Dareste Haussoulliee et Reinach Inscr. Jiiridiques grecquesl]). 105. Anche pi nodiamo, per
di

Teno,

tevole peraltro

il

registro delle costituzioni di dote rinp.

venuto a Mykonos, ibid. (2) Polii. VI p. 1322 b.


(.8)

48 segg.

Stob. Fiorii.

XLIV

22, 2.

denza,

come

riconosciuto

Questo pure prova all'evida tutti, che l'uso della


affatto

trascrizione

[vaypacpr])
;

non era

generale

nel

mondo
esso
(4)

ellenico

anzi,

secondo l'opinione prevalente, che


l'uso pii
II

non era neppure


IG.
II 2,

comune.

784-788 e

5 p. 193 seg.

(5)

V. Fraenkel in Boeckh Staaishaushaltung der Athener

PER PiINTUZZARE l'aCRISIA

455

Atene, possiamo facilmente immaginare come andassero


nelle citt
cos

meno

progredite della penisola greca; e se


i

era

presso

Greci

dell'et

classica,

al

agevole

vedere quale registrazione jDotesse esservi


Solone, quando

tempo

di

sarebbe assurdo supporre che quella

imposta
Il

esistesse.
il

dubbio se

Bonfante

discorra sul serio torna


del testamento.

insistente a proposito della questione

Pel Beauchet, come per molti

altri e jDer

me,

il

testa-

mento
sia.

di Solone l'istituzione di erede

mediante una
dei testamenti

adozione postuma nel caso che l'erede legittimo non vi


Il

Bonfante mi oppone
.

"

la

massa

greci su papiri

Or

certo questi

non sono testamenti non


si

secondo
il

il

diritto

romano.
o

Ma

egli

pone neppure
Gli

problema
il

se fossero

potessero

essere testamenti

secondo

testo originario della legge di Solone.


e

pare ci evidente, fuori di controversia,


a discutere con

senza esporsi
legge,

me

intorno al testo
ingiuriarmi. Gli

di quella
pa,re,

ne

trae

partito
le

per

perch

a.

queste son

premesse necessarie del suo ragionamento


il

s'immagina che

diritto greco-egiziano sia identico

al diritto attico

(da
e

cui in realt in molte parti dif-

ferisce

non poco)

che la societ ateniese del 594


avere
pel testamento
nelle

Cr. avesse

o potesse

norme

giuridiche identiche a quelle vigenti

condizioni

economico-sociali
ellenistico.

senza

paragone

diverse dell'Egitto

diritto sia

Anche qui mostra dunque di ritenere che il un insieme di formole astratte, indipendenti

IP p. 77*, di cui accetto su questo punto le opinioni. Quanto sia complessa la questione che giuristi poco eruditi come il Bonfante credono risolvere con un tratto di penna pu vedersi da Hermann-Thalheim LeJirb. der griech.
Eechtsalterthumer p. 75
n.
1.

456
dalla struttura

a"

miei critici
societ, ossia dila

economica d'una data

mentica che

assurdo studiare per s

forma della
se

vita sociale prescindendo dalla materia.

dopo

ci

con l'usata volgarit di espressione


di credere la
"

egli

mi

attribuisce

stessa minestra

legati, eredit,

dona-

zioni

causa di morte e simili, protesto vivissima-

mente ancora una volta contro questo travolgimento


continuo delle mie teorie.

Ho

parlato del testamento


il

in diritto attico, quale era in origine secondo


di Solone. Il Bonfante, facendo la
"

codice
,

stessa minestra

del diritto attico primitivo e del diritto greco-egiziano,

applica le mie parole intorno alla legge di Solone al

testamento
equivoco.

ellenistico, e

argomenta su questo balordo


!

Risum

teneatis

Cos ignaro

del resto

il

Bonfante della questione da non sapere neppure che


in

un

libro dedicato soprattutto

al

diritto

attico

ho
il

trattato

ampiamente intorno

al

testamento secondo

codice di Solone, e ho mostrato

come

perch
la

si

al-

terasse posteriormente nella stessa

Atene

natm-a

di

questo istituto

(1).
il

A
un

grave equivoco ne fa tosto seguire

Bonfante
in

altro quasi per mostrare che


il

non

mai
"

grado

di afferrare

concetto altrui.

Dissi

che

staccatisi

(1) 'At9i'<;.

Storia della repubblica ateniese p. 210 segg.

La

visibile

confusione

che

il

Bonfante

fa

nulla egli ha inteso


Ruiz, che pur cita

del libro eccellente

di V.

mostra che Arangio

con lode, dove


che

messo

in evidenza

come

'

il

testamento

loni greci e

da tutti maniera greca ci appare profondamente distinto da quello


di tutti
gli altri

troviamo applicato dai cocoloro che in Egitto vivono alla


cileni in riguardo

popoli

ai quali e

possibile

una indagine
',

in questo importantissimo

campo

della vita giuridica


i

La

successione testamentaria secondo

papiri greco-egizii (Napoli 1906) p. 27.

PER EINTUZZARE l'aCKISIA


Greci ed
Italici

457

dallo stesso ceppo ario, posti in con-

dizioni simili di sviluppo, stretta attinenza


servi tra loro e di fatto vi fu
diritto
,

doveva

es-

nello

svolgimento del
della vita spi.

come

in tutte le manifestazioni

rituale, la letteratura, l'arte, la religione

Il

Bonfante
Se se

trova affliggente

"

il

richiamo eterno all'influenza eser.

citata dalla Grecia nell'arte e nella letteratura

ne

affligge,

perch ve lo mette del suo?

Come vede
ho
si

ognuno che sappia leggere,


parlato di tutt'altro.

nella frase incriminata


il

perch

Bonfante

disponga

finalmente a capire la teoria che combatte, aggiunger

che secondo
diritto

il

mio modo

di vedere la influenza del

greco sul diritto romano prima delle dodici taessere stata se

vole

non pu

non eccezionale

e raris-

sima, e nelle stesse dodici tavole, pur essendovi senza

dubbio traccie di influenza greca,


tamente
al diritto

la sostanza risale cer;

consuetudinario

ma

ci

non

toglie

che lo stesso pi'imitivo diritto romano debba avere ed abbia col diritto greco molteplici attinenze.
le

Frantese

mie parole,

facendo
tra

"

una

sola

minestra

delle

attinenze inevitabili

due

po^ioli provenienti dallo

stesso ceppo, della affluita nello svolgimento civile che,

vivendo

essi in

condizioni molto simili, debbono esservi

state tra loro e della efflcacia che le istituzioni dell'uno


dell'altro, vi oppone il una obiezione amenissima: " La Roma del Palatino aveva certo un diritto; non aveva, ch'io sappia, un'arte e una letteratura ,. questa una confessione,

possono avere avuto su quelle


critico

di cui conviene

prender atto. Pel Bonfante

gli anti-

Romani erano inferiori in civilt agli Australiani del sud-ovest; come poi ci si concili con quel ch'egli immagina sul loro diritto primitivo, non gli vien
chissimi

neppure in mente

di chiarire: gi per lui, di fatto se

non in

teoria,

il

diritto

una pura astrazione che pu

studiarsi indipendentemente dalle condizioni reali della

458
vita sociale. Nella

a'

miei cr.iTici
del Palatino della cosi detta

Roma

non certo da parcome del resto lo stesso diritto non era fissato per mezzo di leggi scritte. Ma nell'VIII e nel VII secolo in Italia una plastica ed una ceramica primitiva non
grande arte o
di letteratura scritta
lare,

mancavano, ed
la

il

Bonfante ha letto molto sbadatamente

mia stona se non vi ha imparato neppur questo. Non mancavano neanche canti e danze sacre basti
:

accennare

ai

Salii palatini e ai
i

carmi

saliari;

n erano
re-

probabilmente ignoti

carmi
verso

epici.

A
,

questa et

mota deve

risalire

il

saturnio

verso che ha
di altri
e

strette analogie nella versificazione

primitiva

popoli arii e in
la

particolare dei Greci.

Oltre l'arte

una religione; ed essa riconosceva come dio supremo luppiter ossia lo stesso Zeus padre che il dio supremo
letteratura,
i

Romani

del Palatino avevano

dei Greci. Basterebbe questo a dimostrare che l'isola-

mento
affini

del primitivo diritto


arii

popoli

romano dai diritti degli un assurdo; e che costruzioni giu-

ridiche le quali attribuiscono alla

Roma

del Palatino

istituzioni al tutto disformi dalle greche

sono

anche

solo per ci, errate.

Ribellandomi
s'era

al

tono

spavaldo
la

volgare con

cui

permesso

di

combattere

mia teoria

sulla origine

del patriziato e delle genti,

gli

facevo osservare che

sostanzialmente

la

teoria

gli storici tedeschi viventi,

maggiore forse tra Edoardo Meyer. Risponde


del

che la teoria del Meyer non

precisamente

la

mia,
ci

dimenticando che egli ha diretto per l'appunto su


la violenza della

che v' di comune, ossia suUa sostanza della dottrina,

sua retorica. Aggiunge che

il

Mejer

ancora lungi dal


l'antichit, che
"

mondo romano con


per ora tanto
gli

la

sua storia

del-

argomenti desunti
la

dalla

precedente et

micenea

quanto
il

letteratura
Il

avversa al Mever, concernono

mondo

greco.

De

PER RINTUZZARE l'aCRTSIA


Sanctis

459

il

jjrimo die di quel concetto faccia l'appli.

cazione al

mondo romano
fatto.
Il

questo un altro cumuk'

di errori di

Bonfante.

temendo

di

divenii*

troppo erudito, non deve legger pi nulla di ci che


ora
si

pubblica. Altrimenti egli saprebbe che dopo

il

secondo volume della

Storia

deV Antichit,
il

che

ha

conosciuto dalle mie citazioni,


tre altri

Meyer ne ha

scritto

conducendo

la storia di

Roma
(1),

fino alla

met

del secolo
svolti

TV

saprebbe che

gli

argomenti del Meyer,


sono ben lungi
antichissima
nell' et

anche in uno scritto a parte


Grecia

dal

concernere solo la

(quanto alla civilt micenea, essa non ha qui nulla che


vedere)
;

che la letteratura non

avversa per nulla in


si

generale al

Meyer
il

(2);

che della sua teoria


il

oc-

cupata per ci

che concerne

mondo
;

greco,
al

per
ro-

ci che concerne

mondo romano che


il

mondo

mano non sono

stato io

primo ad applicarla

(3_).

(Ij

Ueher die Anfmtqe des Staatsundsein Verhatniss zu


'

den Geschlechtsrerbanden und zuh Voksthum


der Berliner Akad.' 1907
p.

Sitzungsber.
il

508 segg. Sulla questione

Meyer torna anche nell'ampia introduzione etnologica


alla
(2)

seconda edizione della sua storia dell'antichit.


Basti rimandare allo

Swoboda nel volume Die


'
'

Al-

tertumswissenscliaft im letztetn Vierteljahrhundert,

Jahres-

bericht
p.

f.

di

Fortschritte der Altertumsw.


ivi citati. Cfr.

243 seg. e agli scrittori

124 (1905) anche Holzapfel

ibid. p.
(3)

212 seg.
so ancora
se citando
p.

Non

per la ventesima volta


416) indurr
il

lo scritto dello

Staaff (sopra

Bonfante

a prenderne finalmente cognizione.

460

a"

miei critici

Xella sua perorazione

il

Bonfante mi accusa

di

n^

conoscere
dersi
il

il

metodo

della scienza del diritto, e


lui
;

deve inten

J
n

metodo oggi praticato da

non conoscendolo

avrei dovuto tremare prima di accingermi a scrivere di


storia

romana. Quale questo suo metodo? Discono-

scere trattando di diritto

romano

fino

primi elementi

della filologia e dell'archeologia e pai-lame

con sicura

baldanza merc pseudocognizioni messe insieme fran-

tendendo

sci'ittori

che spesso non sono n


i

filologi,

archeologi. Assodare

fatti

mediante una

critica

che
e

dubita dei documenti e piglia sul serio gli aneddoti


le esagerazioni retoriche e oscilla
le

capricciosamente tra

negazioni di E. Pais e

le

affermazioni degli avversi

sari pii accaniti che E. Pais

abbia.

Valersi di se-

conda mano
ti'attato degli

di testi

e di

documenti. Ignorare sovente


i

per timore di divenir troppo dotti

moderni che hanno


Frantendere
e

argomenti
allegano
il

di cui si discorre.

sistematicamente e
quelli che
il

gli scrittori
:

che

si

combattono
il

si

il

Mommsen come
di

Beauchet.
diritto

Korte come

Modestov. Infine discorrendo del


chiaro

d"un popolo
ludibrio di

mostrar

prescindere

affatto

dalle condizioni reali della sua vita sociale.

Tra questo
mostrava
il

metodo

(cosi opposto ai criteri cui


il

un tempo
cui

d'attenersi
lo

Bonfante) e

il

metodo mio,
e,

fondamento

studio coscienzioso
le

per quanto

possibile,

pieno di tutte

manifestazioni della vita


possibile piena

antica,

mediante una cognizione quanto

e diretta delle fonti antiche e degli scrittori

moderni

che

le

hanno

illustrate, giudichi

il

lettore imparziale.

XI.

Polemica

spicciola.

Quando Guglielmo Ferrer


liana di sociologia

scrisse nella

"

Rivista ita-

(a.

VI, fase. 4") un articolo in cui,

esaltando

modestamente,
storico,

secondo

il

suo

costume,

le

proprie doti di

me

cortesemente copriva di
a far inserire nel

contumelie, tacqui e
"

mi tenni pago

Bollettino di filologia classica

(a.

IX, n. 7 p. 166) una

nota in cui dicevo che per rispetto alla scienza ed a

me

stesso

non

gli avrei

dato risposta. L'impunit


il

la-

sciata al Ferrer
cotti a pubblicare

incoraggi

professore

Ettore

Cicvol-

un opuscoletto
della
la

in cui con

una

garit

di

forma degna
sopra

povert

del

pensiero

addentava rabbiosamente
e di

mia operosit

di scienziato

maestro

(v.

p.

278). Tacqui

sentendomi a
di che la im-

quelle volgarit troppo superiore.

Dopo
altri a

punit lasciata al decotti anim

seguirne

l'e-

sempio: tra
Ettore Pais

quali

(1).

non ebbe vergogna di schierarsi Ed anche allora non volli rompere il

(1)

'

Studi

storici

per l'antichit

classica

'

(1908)

p.

132 segg.

462
silenzio,

a'

miei riuTici

troppo ripugnandomi di collaborare all'opera

che

il

Pais compie inconsapevolmente,


gli

ma

indefessaItalia;.

mente, di seminare discordie tra

studiosi

Ma

ora in Italia

il

denigrarmi par diventato di moda.


pi
disparati,
,

Movendo
talora

dai criteri

n risparmiando-i

ingiurie
i

scambievoli

un sentimento comune
avversione
per
al

anima

miei denigratori,

la pi-ofonda

me onde uomo

vorrebbero ridotta
il

nulla l'opera mia, e fa


si

a tutti dimenticare
di scienza si

riguardo che da ehi

ritenga

deve agli uomini di scienza.

Ora

certo io avrei

amato

di continuare a rispondere a cosilenzio.

storo con

un dignitoso

che

d'indagini

scientifiche,
scritti

Uso a non occuparmi mi duole di spendere il

tempo ribattendo a
tavia
il

che nulla n per gl'inten-

dimenti n per la forma hanno di scientifico.


silenzio,
vilt.

tut-

che era dignit


solo

ieri,

potrebbe

oggi

parere

Xon

mio
il

diritto,

ma

anche mio
con
cui

dovere protestare contro


si

trattamento indegno che mi


dal

usa in patria, ben


si

diverso
si

riguardo
fuori

quasi sempre
l'opera

discute e
e

apprezza
il

d'Italia

mia

(Ij,

chiamar giudice

pubblico tra

me

(1)

Dico quasi sempre, perch ogni regola ha


sig.

le

sue

eccezioni. L'eccezione data in questo caso da

un am'

miratore francese di E. Pais, il des Savants 1908 p. 580 segg.


'

A. Grenier,

.Journal

peraltro una eccezione

solo apparente.

11

sig.

Grenier, con un frasario grosso-

lano che fa torto

alla

fama della gentilezza

francese,

parla di una storia di

Roma

in

cui

Baouss-Rouss
'

sono presi per un uomo o per una citt (v. Journal des Savants 1909 p. 46), si discorre di guerre degli Equi lungo un fiume Algido, che non esiste, si nega per me'

galomania italiana il dominio etrusco su Roma (io ammetto un dominio etrusco di circa un secolo, I 450), si afferma fin dall'et regia la supremazia dei Romani sul-

POLEMICA SPICCIOLA
e quelli che
si

463

credono lecito fare strazio di


libero
i

me

e de'

miei
verso

scritti
le

perch,

da

ogni ossequio servile

loro teorie e

loro metodi, studio con piena

indipendenza di giudizio la storia di

Roma

perch

primo in
dezza di

Italia

dopo Giambattista Vico,


cercato
di

della

gran-

Roma ho

rintracciare

scientifica-

mente

e di additare le cagioni.

Non

pei'der

il

mio tempo n tedier

il

lettore di-

scorrendo di certi oscuri imbrattacarte che non voglio

divengano pi noti pel solo merito d'avermi ingiuriato


colla
altri

impudenza
miei

di

veri

teppisti

della

critica.

Degli credo

avversari, al Ciccotti e al Bonfante


nelle

d'aver risposto a sufficienza

pagine

precedenti.

E
"

solo

poche parole dedicher per ora a Guglielmo

Ferrer.

Quando venne
e

alla luce

il

primo volume della


,,

Grandezza

decadenza di

Roma

mentre

gazzet-

l'Etruria (che risale secondo

me

al

IV

mette che
otto
(ne ho

lo Stato

romano

alla fine del

nove volte pi esteso della computato l'estensione a soli 900 km*., riducendo le cifre accolte generalmente dagli altri critici) e si accetta la storicit di Tito Tazio o persin di Romolo. Infine lo storico di cui parla il sig. Grenier un discepolo di
E. Pais e al

si amVI secolo fosse campagna romana

secolo),

tempo
Vi

ste.sso
il

(stupete gentes
sig.

!) pii

conser-

vatore del Niebuhr (che


solo di nome).

Grenier conosce peraltro


Il

quindi

equivoco di persona.
di
la mia.

signor

Grenier ha voluto parlare di una Storia

Roma

che

non ha nulla da fare con

464
tieri lo

A*

MIEI CKITICI

coprivano

d'incenso,

credetti

mio dovere

di

protestare contro la fanatica ammirazione che

il librC'

aveva destato
il

e di

mettere in guardia
(1).

gli studiosi conti'

dilettantismo
clie

dell'autore

quel

poi con assai

il primo a dire maggior violenza e talora in

Fui

forma meno

scientifica ripeterono
le

molti

altri.

per

la

pubblicit appunto che

diede

il

Ferrer e che essa


in cui la
di ridurr^

non poteva avere nel periodico filologico scrissi, la mia recensione raggiunse l'efi'etto
l'ammirazione pel Ferrer in limiti
tali

che l'indirizz
pr^;

da

lui seguito

non potesse pi

riuscir pericoloso al

gresso degli studi storici in


io miravo.

Italia.

questo soltant

X
il

perci riprenderei oggi la polemica conti'

di lui se

silenzio

mi

fosse

pennesso
gli
altri

ora

che

ho

deliberato di rispondere a tutti


sari.

miei avverle ingiurie re-

E
il

tacerei tanto pi volentieri in

quanto

che

Ferrer mi scagliava ad ogni passo della sua

plica alla

mia recensione,

di tagliapietre della scienz


l
^

di rappresentante dell'indirizzo grettamente politico

erudito, di

uomo

che attinge la sua erudizione nei macredo, solo


a
e

nuali e simili, possono citarsi,


curiosit, e pel resto
tale

titolo
il

di

l'intonazione
egli

conte-

nuto di quella replica che


senza rendersi
tato
dalla

deve averla composta


ci

ben conto

di

che

scriveva,

agidi-

collera e dalla

soi'pi'esa

per la

voce

scordante che s'era mescolata al plauso di tutti: co-

umanamente

assai scusabile.

Ma

non abuser ad ogni


che

modo
di

dell*

evidente
il

vantaggio

mi d
;

lo

stato

d'animo in cui

suo articolo fu scritto

e desideroso
increse
j

non

inaspi'ire

una polemica gi abbastanza

sciosa, risoluto a

non

allargarla in alcun

modo,

non

(1)

'

Bollettino

di

filologia

classica

'

a.

Vili (1901-2)

n.

12 p. 274 segg.

POLEMICA SPICCIOLA
y sia costretto a forza,

465

mi

limiter a rispondere, in
alle ar-

forma quanto
ingiurie di cui
Il

possibile obbiettiva e serena,

gomentazioni con

cui

vuol giustificare

dileggi e le

mi

fa segno. io facessi al e

maggior rimprovero che


"

Ferrer era
di

che in un libro sulla


egli

Grandezza

decadenza

Roma

non

si

fosse curato di dare la pi piccola spiegasi

zione dell'esito delle guerre dei Romani,


civili,

esterne

come

mentre

chiaro

che se non se ne rende ragione,

la

grandezza stessa di

Roma
e

rimane

al

tutto

inespli-

cabile.

Risponde che delle

guerre

anteriori a Cesare

ha trattato brevemente,
il

non

c'

che

dire

tuttavia
se

trattar

brevemente d'una cosa non esclude che

ne

tratti scientificamente.
"

Ma

il

peggio
{sic)

c[uel
si

che vien

poi:

Nella

narrazione

spiegata

raccontano
il

invece a lungo le guerre di Lacullo contro


e

Ponto

l'Armenia

e le conquiste di

Pompeo
qual

in Oriente.

Ora

tutti quelli che si

occupano
spiegare

di storia antica

sanno che

non

possibile di

per

ragione

Roma

vinse in queste guerre, specialmente in quelle contro

Mitridate

Non

possibile
di

piuttosto

di

spiegare

come mai un
la

cultore

storia antica abbia scritto


di

codesto. Gli oi'dinamenti militari e politici

Roma,

popolazione dello Stato romano,


ci

mezzi

di cui di-

sponeva

sono sufficientemente

noti. Delle istituzioni

del regno seleucidico e dei regni ellenistici sorti sulle

sue rovine possiamo farci una idea non troppo lon-

tana dal vero; possiamo fare e sono state fatte


getture sulla loro popolazione, conosciamo
la loro estensione;

con-

suppergi
sulle

non

ci

mancano cenni
i

loro

strade, le loro citt, le loro industrie,

loro commerci.
il

Lontanissimo poi dal vero


oltre soggiunge, che
" i

quel

che

Ferrer poco

documenti

sulle condizioni del

Ponto

e della Siria

derivano tutti o sono passati at.

traverso le penne dei vincitori


G.

Di Posidonio

infatti
30

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

466

a'

miei CRlTirl

abbiamo parecchio che non


penne dei
ti'averso le
vincitori.

passato attraverso
"

le

molto meno son passati


o ne derivano
sulla

at-

penne
et

dei vincitori
ci

do-

cumenti principali che


della

siano pervenuti
i

Siria
e
le

tarda

ellenistica,

libri dei

Maccabei

Antichit

giudaiche

di

Giuseppe

Flavio,

Abbiamo
le altre

quindi elementi pi che suflBeienti per poter spiegare


cosi le vittorie dei

Romani su
Romani.

Miti'idate

come
che

vittorie orientali dei

di fatto, lungi dal ritesi

nere che non

sia possibile spiegarle, coloro

sono

occupati seriamente di storia romana hanno tutti cercato invece di renderne ragione. Quelle colonne d'Ercole
della

scienza

esistono

soltanto

nella

frase

del
egli

Ferrei'o; ed davvero strana la confessione


fa cos

che

implicitamente di non saper nulla delle cause

della grandezza di
"

Roma

a cui intitola

il

suo

libro.

Come potevo

io

risolvere

un problema
il

insolubile

(esclama egli sdegnosamente)? Se

signor
di

De

Sanctis

continua a perfezionare questo genere

critica,

mi
Il

rimproverer un giorno di non aver detto quanti metri


e

centimetri erano alti Cesare,

Pompeo, Augusto

problema
ne studia

veramente insolubile,

ma
il

solo per ehi

non

dati; e la impertinente e triviale frase che

ho

citato tale

da far dubitare se

Ferrer quando

la scriveva si facesse

un concetto

della

importanza dei

problemi concernenti quella grandezza di

Roma

che

si

propone

d'illustrare.
il

Nello scriver peraltro

suo volume

non pensava
vere

interamente
a
lui,

cos.

di fatto, invece delle cagioni

com'egli confessa, ignote, ha proposto ai lettori


dei

dei simulacri di cagioni. Cos la vittoria

Romani
lo

su

Mitridate

si

dovrebbe
il

probabilmente secondo
"

scrittore all'essere

suo impero

gi

disfatto

dalla

corruzione burocratica, dalla abbiezione dinastica, dalla

voluttuosa

civilt

dell'Oriente

ellenizzato

(p.

369j.

POLEMICA SPICCIOLA
Feci osservare nella
frasi

467
son

mia recensione che queste


il

vuote

le

quali cuoprono a mala pena

difetto

di qualsiasi ricerca seria sull'estensione, la popolazione,


gli ordini, l'incivilimento, la

economia

pubblica

del

regno pontico. Risponde che quelle parole non vogliono


essere

una spiegazione
.

scientifica,

ma una
il

"

riflessione

personale

siamo

d'accordo; perch

rimprovero
al lettore,

che gli faccio


in
sia

precisamente d'aver proposto


scientifica,

luogo della spiegazione

che era d'uopo,


"

pure ijDoteticamente, proporre, una

riflessione per-

sonale

di

nessun valore. Lepida


"

poi,

come ebbi
delle

gi

a rilevare, l'altra spiegazione che


vittorie

maggiori
i

romane:
barbarie

Roma

seppe esser barbara senza

vizi della
il

(p. 7).

Ma

su questa frase secondo

Ferrer non avrei dovuto trattenermi perch essa non va considerata come una spiegazione. No? Si trattava forse anche qui di una " riflessione personale ,

sebbene soggiungesse
popoli pi
loro
il
,
.

subito:

"

e perci
vizi

vinse
della

tanti
civilt

civili,

ma
dal

indeboliti dai

Senonch non sar male che


rimanente
si

in un'altra edizione

Ferrer separi

codeste
il

"

riflessioni
il

personali

perch non

corra

rischio che

lettore

non bene informato possa prenderle troppo sul serio. Guglielmo Ferrer del resto non riuscito a trovare
le

ragioni della vittoria

delle forze di cui disponeva

romana su Mitridate perch il Ponto s' fatto un'idea


fede
(p.

del tutto errata prestando

141)

ai trecento-

mila uomini del primo esercito di Mitridate cui accen-

nano
al
il

le fonti.

Peraltro alla mia osservazione

intorno

grave errore commesso nel valutare quell'esercito,


Ferrer non
si

trova imbarazzato a rispondere. Vero

che difender quella cifra egli

non ha osato perch


(osserva)
il

avrebbe dimostrato cos di non saper proprio nulla di


statistica.

Ma

"

giusto
sul

sarebbe
serio
i

rimpro-

vero di aver preso

trecentoraila

uomini

468
del

a'

miei critici

primo esercito
son

di Mitridate se questo errore


,.

non

fosse stato lasciato di proposito


dibili,
le
il

Per quanto increverificare

sue parole precise,


lettore.

come pu
il

facilmente

In sostanza

Ferrer
vera

confessa
di

apertamente di aver detto cosa non


dir cosa

sapendo

non

vera.

Io
:

non
e

avrei

mai osato

di esser

con

lui tanto

severo

anche oggi voglio credere che

quando ha

scritto ci, nella foga del polemizzare


si

non
la

abbia pi ben saputo quel che


gravit della confessione non
si

diceva

perch

attenuerebbe

menoma-

mente concedendogli che


lui secondario.

si

trattava di
il

un punto per

del resto

Ferrer stesso dichiara

poco prima che le vicende della guerra mitridatica hanno avuto un'importanza capitale nell'atteggiamenio
di quella borghesia mercantile alla cui storia dedi-

cato precisamente
ziale

il

suo volume. .Or se cos


le

essendi

pur capire bene


possibile

ragioni
si

dell'andamento

quella guerra, n questo

pu senza avere un'idea


contendenti.
Io
un'altra

quanto

esatta delle forze dei

qui cade

in

acconcio

osservazione.

avevo anche rimproverato


parlato di centomila

Guglielmo
uccisi

Ferrer

d'aver
in

Italiani

da

Mitridate

Asia

(1).

Di questo errore prudentemente tace nella


il

sua difesa

Ferrer

n di ci

gli

darei biasimo,

se

(1)

Le

fonti ne

contano 80 mila (Memn. 31. Val. Max.

IX

2 ext. 3) o 150 mila (Plut. Sulla 24).

La esagerazione
Kornema.ns
'

dell'ultimo

computo
f.

e riconosciuta

da

tutti, v.

negli

'

.Jahrbiicher

National-Oekonomie und Statistik

del Conrad ser. ITI voi. XIII (1897) p. 295 e

Meyer

ibid.

XV

(1898) p. 62.

Anche

il

primo
" :

buon

diritto notato

d'esagerazione dal Me3'er e dal Delbrueck, che scrisse ben

a ragione

tal

proposito

alle derartige
'

Sensations(Geschichte

zahlen der Glaubwiirdigkeit vollig cntbehren


dei-

Kriegfikmist

319).

POLEMICA SPICCIOLA

469

concludendo
critica

egli

non

asserisse

che di tutta la mia

rimane solo

la correzione

d'uno sbaglio di stampa

sulla colonia di

Fermo.

Perci

deve ritenersi che o


del mercantilismo
,

non

lo stima erroi-e, o lo

ha introdotto di proposito.
stoi'ia
"

In ogni caso per scrivere la


italiano, pi di

molte pagine di

riflessioni personali

avrebbe giovato qualche riga intorno a dati numerici che


secondo
i

critici

pi seri suggeriscono un'idea del tutto

erronea della espansione

commerciale degl'Italiani in
il

Asia. Quelle parole con cui

Ferrer conclude

moi

strano che egli non ritiene errore o ha lasciato di proposito pur l'altra gravissima svista d'aver detto che
tribuni militari al
di mille

tempo
238)
;

di Cesare erano

comandanti

uomini
delle

p.

svista che sarebbe del resto

assai perdonabile se

non

facesse sospettare che mentre

scriveva
gli

guerre dei Romani non ne conoscesse

ordinamenti militari.

questo

poi contribuirebbe
rendersi

a spiegare perch non abbia saputo


delle loro vittorie.

ragione

Credo

d'aver

dimostrato

con ci

al lettore

che la
il

difesa tentata dal Ferrer di quello


difetto capitale del suo libro, se

che mi parve

non

giustifica, spiega,

appunto per
anche di

la

sua debolezza,
Il

le

ingiurie con cui ha

creduto bene di avvalorarla.


farsi cos un'idea

lettore

ha avuto agio
il

delle

armi che

Ferrer

adopera nel combattere. Delle quali voglio dare ancora,

prima di proceder
istruttivo.

oltre,

qualche altro esempio

assai

Avevo detto che presso i Greci e i Romani il lavoro schiavo era pi a buon mercato del lavoro libero. Questa infatti la opinione comune degli studiosi di storia antica. Cito a caso

due

tra

pi
la

illustri

che hanno fatto oggetto di studi speciali


e l'industria antica, Giulio

schiavit
(1).

Beloch

Edoardo Meyer

(.1)

Meyer Die

Sklarerei

ini

Alteri tini

(Dresden 1898J

470

a"

miei critici

quindi ben naturale che per combatterla

il

FerrerC'
eonif
e dire,
i

non trovi di meglio che presentarla al lettore " un enorme sproposito del signor De Sanctis
con molto spirito, che cos
ghieri
arricchiti
i

la

pensano soltanto

dro-

che

vanno a
si

Roma

a vedere

il

Co-

losseo o

fabbricanti di biciclette che visitano le pi-

ramidi. Certo, a legger ci,


scritti

dovrebbe

dire che gli

fondamentali del Meyer e del Beloch sono ignoti

al

Ferrer ovvero che, essendogli noti, ha sperato che

fossero ignoti al lettore.

Ma

piuttosto

da

credere
trasci-

semplicemente che
nare dalla foga

lo scrittore si sia

lasciato

del polemizzare per la sola


libera,

via che,
delle

mancandogli argomenti, trovava


contumelie.

quella

Allo stesso

modo

da spiegare come

egli

mi

accasi

apertamente di mancare di scienza


saper poco la storia

e di coscienza e di

Terrore da

lui

romana perch non ho rettificato commesso facendo di Mario un povero


di

ed oscuro

figlio

contadini.

L'errore

comparati-

vamente

agli altri, piccolo, perch di fatto la famiglia

era oscura per quanto


di contadini proprietari
e

equestre, ed era

una famiglia

arator lo chiama Plinio


il

non

impossibile che, nonostante

censo equestre,

fosse carica di debiti.

Ma

fosse

pure un errore grave

come

tanti altri che

ho segnalato,

una

bella pretesa

p.

33

' :

und

leisten wenig....

Die freien Arbeiter, die sich anbieten, sind teuer Die Industrie aber braucht mglichst

billige Arbeiter, deren Krfte sie vollstudig ausnutzen

kann, die ganz in ihrer


aus der die Sklaverei
'.

sind. Das ist die Wurzel, konomischer Bedeutung erEine Conwachsen ist Beloch Bevulkerutig p, 504 currenz mit der billigen Sklavenarbeit war fur den freien L. M. Hartmann La rovino del', Arbeiter unmoglich

Hand

zu

'

'.

mondo

antico trad. ital. (Torino 1904) p. 18.

POLEMICA SPICCIOLA
quella che l'autore d'una recensione sia

471
obbligato ad

enumerare

tutti gli errori

del

libro

che

prende ad

esame sotto pena

di passare per ignorante; e tanto pi

Cjuando nella recensione ha dichiarato esplicitamente di

respingerne in massima

il

metodo
d'averlo

le

conclusioni.

Senza dire che, se avessi rilevato quel particolare, poteva

sempre
posito.

oppormi

il

Ferrer

lasciato

di pro-

Non meno

caratteristica quest'altra sua


se Cesare

lisposta

quando si form il triumvirato si fosse proposto realmente, come dice il Ferrer, di istituire tra i Romani una democrazia alla greca
"

Avevo detto che

capeggiata

(sic)
il

da tre Perieli
"

(p.

448),

non sarebbe

mai divenuto

padrone di Roma.

qui prima di tutto

Guglielmo Ferrer m'accusa una frasetta dalla narrazione


serto.
il

d'arbitraria recisione di
e poi difende
il

suo as-

Ora pu parlarsi

di recisione arbitraria
il

quando
;

contesto corregga o precisi


il

senso d'una frase

il

contesto qui non limitando

senso di quella frase n

correggendolo, non v' recisione che tenga: o egli pensa


sul serio che l'ideale giovanile di Cesare fosse

una de-

mocrazia alla greca con tre Perieli a capo, e non parli


di recisioni; o egli

non

ritiene ci, e allora invece di

ingiuriare me,
inesatto
o,

riconosca

d'essersi

espresso in

modo
il

come
si

dicono, che la parola

ha tradito

suo pensiero, e
e
i

rimangi

la

sua democrazia alla greca


bello poi e

suoi tre Perieli.

sere trascritto

Yeramente come esempio di


:

degno

d'es-

spirito finissimo quel

che egli
Sanctis)'?

mi oppone

"

Chi glie lo ha

detto fai

De
?

cui

Lo spirito santo? Qualche un medium ha evocato lo spirito di


cosi

tavola girante a Giulio Cesare

No, egregio signor Ferrer, non avevo bisogno d'inco-

modare per
ricle fu
il

poco

le

tavole giranti e molto

meno

lo Spirito Santo.

Me

lo

ha detto

il

senso comune. Pe-

capo d'una democrazia ordinata, pronto, ad

472

a'

miei critici
potere. Il po-

un voto contrario
tere di Cesare, di

del popolo, a lasciare

il

Pompeo

e di

Crasso

si

fondava non

gi sul libero voto


tutti, e sulla

d'un popolo

libero, bens,

come

triumviri pei primi, sapevano, sulla violenza

corruzione.
essere

se Cesare avesse creduto che fosse

o potesse

altrimenti,

sarebbe stato nient'altro

che un pazzo. Perci quando con una mirabile cortesia


di

forme

il

Ferrer grida

"

che la questione se gl'ideali


seri...

democratici di Cesare erano

non pu
e

essere prosuperfi-

posta se non da chi non abbia


ciale

nemmeno una
.

conoscenza

dell' et di

Cesare

delle

lotte de'

suoi partiti

osserver prima di tutto che in scienza


e

non

vi son

dogmi,

questi arbitrari divieti di discus-

sione fanno ridere chi,

come me,
tutto

tiene per

primo do-

vere del critico quello di

discutei'e; poi che io

non ho ricercato
sero seri,

se gl'ideali democratici di Cesare fos-

ma

solo, assai

pi modestamente, se fosse
il

serio ci che di siffatti ideali dice

Ferrer

n quel

ch'egli
il

aggiunge in sua difesa

tale

da far cambiare

mio giudizio in questo proposito. Anche piti notevole mi pare quest'altro esempio del suo modo di difendersi. Avevo notato che il Ferrer riesce assai infelicemente quando tenta di penetrar nella
coscienza dei vari personaggi, che
la
"

gli

uomini sotto
:

sua penna
il

si

trasformano come camaleonti


e gi ti sfuggito

vorresti
di

criticare

suo giudizio

mano

come una statua di Dedalo . Citavo Lucullo che per lui dopo essere stato un orgoglioso conservatore, un

uomo
lebre

retto, generoso, intelligente, austerissimo,

sem-

plicissimo, spregiatore della


(p.

vana arte

di diventar ce-

218), diviene a

un certo punto ambiziosis(p.

simo, intrigante, cupido, cieco, egoista


presentarsi poco

254),

per

dopo come un generoso, intrepido e raffinato ellenista (p. 256 seg.).- Ricordavo poi Cesare che a pag. 362 un uomo " nervoso, ma n pavido n

POLEMICA SPICCIOLA
temerario, che vedeva
i

473
e
li

pericoli

maggiori del vero


;

temeva troppo, ma non si smarriva mentre invece a p. 376 la sua indole " era una strana oscillazione ritmica
di

temerit

di

prudenza,

per la

quale poco

dopo aver compito, stimolato


colo, un'audacia, egli

dalla paura e dal peri-

ridiventava

prudente, anche se

l'audacia riusciva, per prorompere poi al primo stimolo


in

una nuova audacia

,.

degna

d'esser letta la lunga


il

tirata retorica condita d'impertinenze in cui

Ferrer

per difendersi mi ricorda quel che tutti sanno, che v'

in

una evoluzione nel carattere mezzo ai personaggi della


di statue.

che non

si

deve vivere

storia antica
;

come
il

in

un

museo

Benissimo

ma

ci

vuol del coraggio


carat-

per trarre in campo codesto a spiegare come


tere di Cesare sia dipinto
di

due volte a breve distanza

tempo, senza alcun accenno a mutazione, in


;

modo del

tutto contraddittoi'io

mentre

la spiegazione semplicis-

sima, che cio

il

Ferrer ha in un caso e nell'altro scritto

quel che gli cadeva sotto la penna.

la stessa pre-

cisamente la spiegazione del caso di Lucullo. Della sua


vita anteriore
al

consolato abbiamo

brevissimi cenni

in Plutarco e in Cicerone, dai quali, anche

dando

ai

mi-

nimi particolari

e ai giudizi degli scrittori assai


si

maggior

fiducia di quel che la critica permetta,

ricava sola-

mente che Lucullo era alquanto pi retto di molti suoi contemporanei non senza macchia, perch, ad es.,
:

chiamato da Fimbria per chiudere

la via a Mitridate,

non

esit a tradire gl'interessi della patria per quelli

del partito.

Che

fosse austerissimo, semplicissimo, sprez-

zatore della vana arte del diventar celebre,

un puro
e

abbellimento della storia. Si mantenne poi sempre Lucullo

relativamente onesto nel governai-e


i

sudditi

generoso nel combattere


altri

nemici; e sebbene, come gli

generali romani, pure

arricchendo lo Stato, non

trascurasse le occasioni di arricchire s stesso, combatt

474
e

a"

miei critici

seppe

pai'te

impedire, parte frenare


le

come pochi
dei

altri
e

governatori dell'et sua


le

angherie
sicch lo
e

pubblicani

estorsioni

dei
il

soldati:

stranissimo muin

tamento che

Ferrer

dipinge

cui vede

'"

un

evento storico di primissima importanza

per

nove

decimi almeno un semplice parto della sua fantasia.


'

E dopo
fa
il

ci

poche parole intorno


in
Italia

al

punto che pi
del suo vo-

ne

spendere a Guglielmo Ferrer.


formarsi

Tema
ha

lume

d'una democrazia nazioche essa


lui la

nale e mercantile e

l'efificacia

avuto sui

destini d'Italia e del

mondo. Per
di

conquista re-

mana

fu appunto l'effetto della formazione di tale de*

mocrazia

sulle rovine
.

una federazione

di aristo-

crazie agricole

Questo, a giudicare anche dalla difesa


fa,

accanita che ne

il

concetto capitale del libro.

Mi
>

non averne capito la idea fondamentale, che a me parsa, come del resto era dett> anche nella prefazione (p. x), appunto questa: ma, a
accusa, vero, di

quel che sembra, se

fondamentale
accusa solo

pur non voglia dirsi che l'idea non l'ha capita neppur lui, mi fa tale perch ho detto di non averne trovato nel
la

suo volume
il

dimostrazione. In realt con pi calma

Ferrer stesso converr che non solo non ha dimo-

strato la sua tesi,

ma ha
gli

fornito, per

quanto non ve
la

ne fosse bisogno, tutti


tesi

argomenti per dimostrare


tutti, e

opposta, cio che, come ritengono

ultimo ha asserito Edoardo Meyer, la

come per conquista romana


che egli dice

fu l'opera di una repubblica agricola governata aristo-

craticamente

(1).

Vedasi di fatto quel

Das Rom, das die Welt erobert hat. in der daher die Aristokratie Ripeto ancora una volta n die Fiihrung behauptete scanso di equivoci che non cito questi passi del Meyer
(1)

Op.

cit. p.

30:

'

war eine Bauernrepublik,

'.

POLEMICA SPICCIOLA

475

della classe che chiaii^a borghesia italica, a cui sarebbe

dovuto
classe
i

il

trionfo della democrazia nazionale

'"

Questa

cui lontani principi rimontano ai trenta anni


i

seguenti alla guerra annibalica,


gressi

cui primi e lenti procrisi

sono cagione principale della formidabile


l'impero di

in cui dai Gracchi a Siila

Roma sembra

naufragare, costituisce definitivamente, almeno secondo


il

mio pensiero,

la

propria fortuna, la propria coltura,


.

la
il

propria potenza nell'et di Cesare

Non

voglio per
sia

momento
Il

discutere

tutto ci.

Ma

poniamo che
della

vero.

fatto

che la conquista
Corsica,
della

della Sicilia, della

Sardegna,

della

Liguria,

Gallia

Cisalpina, di gran parte della Spagna, della Macedonia,

dell'Acaia e dell'Africa, ossia

le

pi

difficili

pi im-

portanti conquiste, di cui le altre non furono che la

continuazione

tanto

necessaria

quanto relativamente

agevole, sono anteriori ai Gracchi e spettano al


dei lontani

tempo
di

principi o dei

primi

e lenti

progressi

quella

classe che

ha

istituito la

democrazia sulle ro-

vine delle repubbliche agricole.

d'altra parte la fesi

derazione delle repubbliche agricole non

sgretolata

che con la guerra sociale.


di repubbliche agricole
si

Il

dire poi che la federazione

limit ad

una

politica d'insi

tervento la quale solo quando l'aristocrazia decadde

mut
donia

in

politica

di

conc[uista,

dimenticare
e della

che lo

sfruttamento della
si

Sicilia, della

Spagna

Macearisto-

iniziato nel pieno fiore del

governo

cratico.
si

del resto

il

dominio assoluto dell'oligarchia


tanto che in cento anni.

serb sostanzialmente inconcusso anche dopo la bat-

taglia di

Pidna

fino al 133,

d'altri

per farmi forte della autorit altrui


al lettore

ma

solo

per mostrare

che son fatto segno di contumelie

in Italia per sostenere cose fuori d'Italia

ammesse da

tutti.

476
su 200 consoli,
sole

a'

miei critici
di
Il

non meno
(1).

159 furono
fatto

presi tra

26 famiglie nobili

fatto, e nulla

vale a distruggerlo.

L' impero

stato

fondato dalla
aril'ef-

federazione delle

repubbliche agricole governate


le

stocraticamente, anzi

conquiste, lungi dall'esser

fetto della rovina di quegli ordinamenti, ne furono la

^'

cagione.

si

noti che la sottomissione del

mondo

al

-y

dominio romano
scrive

stata narrata da

uno

stoiico
il

con-

<

temporaneo, da un acutissimo osservatore,


con tutta cura
gli

quale denel

'

ordinamenti

di

Roma

momento

in cui la conquista

avvenne, Polibio di !Medi

galopoli. Solo distruggendo l'opera

Polibio, o, che
il

<',

lo stesso, ignorandola tutta e in specie


si

libro VI,

pu pensare che l'impero


i

sia stato

fondato dopo la
i

rovina di quell'oligarchia tra cui Polibio aveva


protettori e

suoi

suoi amici. Del resto


sfacelo con
la

quando

la federasi

zione

and

in

guerra sociale,

con-

tinu a seguire n pi n

meno

l'indirizzo di prima,

come mostra uno sguardo a una


nologica delle conquiste l'omane.

qualsiasi tabella cro-

Perci coerente alle sue premesse,

ma d un
(p.

con-

cetto del tutto errato della importanza storica dell'et


di

Cesare
"

il

Ferrer quando asserisce

ix)

che in
prevalse

quell'et

la politica conquistatrice di
il

Roma

definitivamente, e l'Italia, convertito


xin

MediteiTaneo in

lago suo, intrapi-ese la gi-ande missione storica di me.

diatrice tra l'Oriente civile e l'Europa barbara

Come

osservai in breve nella mia


quistatrice di

recensione, la politica con-

Roma
il

prevalse definitivamente

almeno
il

un

secolo prima,

Mediterraneo era dal 167 sotto


la

predominio romano, e

missione storica era iniziata

(1)
1

Neumasn

Geschichte Bom.s icahrend des Verfalles etc.

p. 30.

POLEMICA SPICCIOLA

477
in Gallia, in avver-

in-

almeno da quando i Romani posero piede Spagna e nella penisola balcanica. Messo
dell'errore, risponde
il

tenza

Ferrer che quel definidefinitiva del

tivamente allude
delle

alla sconfitta

Ponto

e la

repubbliche
estera

celtiche,

mentre dopo quella et


"

politica

perde d'importanza; sicch

prevalse

definitivamente

vuol

dir

solo

che

poi la pohtica
che. essen-

conquistatrice cess di prevalere.

Aggiunge

dosi formata solo allora la nazionalit italiana, allora soltanto


il

Mediterraneo pot divenire italiano: prima,

pare, al piti poteva essere


rentesi,

romano;

e questo,

tra pa-

non
alla

vero: un mare
esista

pu divenire austriaco
austriaca.

anche senza

che

una nazionalit

E
la

quanto
fi-ase

civilt orientale,

procura di giustificar

parlando del continente europeo (esclusa dunque


l'Illirico

la

Spagna,

la Tracia) e

staccando arbitrache
era
poi,

riamente dalla
si

civilt orientale

d'allora,
certi

noti,

una

civilt ellenistica,

elementi che gli


la

paiono a torto essenziali. Forse non valeva


trattenere
il

pena

di

lettore su questo capolavoro

d'esegesi che

ricorda gli

artifizi di certi
il

comentatori biblici per man-

tenere intatto
vogliono.

sacro testo facendogli dir quello che


inutile

Ma non

mostrare come
a lasciar

il

Ferrer

stesso sia costretto, se

non
tanto,

cadere,

almeno
al nulla,

ad attenuare di molto,
il

da ridurlo quasi

suo concetto esageratissimo della importanza che ha


della

avuto nella storia


mercantile.

conquista romana

la

formae

zione di quella ch'egli

chiama borghesia nazionale

Pertanto, abbattuti dalle armi

romane

nell'et pre-

cedente
la Siria,

grandi Stati

civili,

Cartagine, la Macedonia e
e ri-

mentre

in piena

decadenza era l'Egitto,


i

dotti in condizione di clientela


stici,

minori regni

elleni-

Roma, senza

sforzi di
alla

guerra che

somigliassero

neppur lontanamente

guerra

annibalica, pot se-

478
guire
nell'et
di

a"

miei critici

Cesare n pi n

meno

la
si

politica

stessa di

conquista cui da tanto tempo


i

atteneva.

Procedettero in ci
nori quanto
i

Romani con

riguardi

tanto mi-

loro avversari erano pi deboli, e smiterritori e d'al-

suratamente cresciuta, per acquisti di


leati,

la

potenza della repubblica

sicch continu senza

che nulla potesse impedirlo quello sfruttamento dei sudditi

che gi nel secolo

precedente

s'era

praticato in

misura larghissima in

Sicilia, nella

Spagna, nella Grecia,

nell'Africa e nell'Asia. Frattanto all'interno invece di instaurarsi, cessati gli sconvolgimenti della guerra sociale e della guerra civile sillana, ordine e libert,

dopo

al-

cuni anni d'anarchia in permanenza e dopo sanguinose


e feroci

guerre

civili

si

ebbe

la

restaurazione

del-

l'ordine,

ma accompagnata
il

dalla perdita della libert.

Stupisce a prima vista

notare che la lotta disperata

degl'Italici per ottenere la cittadinanza

non abbia

fatto

che preparare la fine della libert antica. Senonch in


realt agl'Italici fu bens concessa la cittadinanza,

ma

dalla guerra sociale e pi dalla guerra civile che la segu,


il

citore.

romanesimo riusc nella sostanza definitivamente vinAi due principi che gl'Italici ribelli s'erano

studiati d'attuare nel loro ordinamento, quello del se-

nato rappresentativo e quella del j^ieno distacco dello


Stato dalla citt, non fu fatta alcuna concessione. Immutato l'ordinamento dei comizi, divisi g' Italici con
criteri particolari fra le trib esistenti, percossi terri-

bilmente da Siila

pi potenti tra gli

alleati,

Sanvi-

niti e gli Etruschi,

condotta innanzi con estremo

gore per mezzo delle colonie di veterani la latinizzazione


dell'Italia e in particolare dell'Etruria, gl'Italiani

non

avrebbero potuto in
gliere a

alcun

modo

"

per vie legali toe ita-

Roma

il

monopolio delle magistrature


,,
"

lianizzare lo Stato

come pretende Guglielmo Ferrer.


abbandonino
il

quindi

chiaro perch

governo a quel

l'OLEJUCA SPICCIOLA

479

jiiccolo

gruppo

di

persone che prima lo aveva e per

toglierlo al quale

avevano versato tanto sangue

gli

perch versando tanto sangue non avevano in effetto


il

ottenuto altro che di ribadire


perch, chiarito sui campi
uli
pili

predominio romano
guerra

di

battaglia

dove fossero
i

elementi

reali
i

di

potenza, fiaccati dalla

pertinaci tra

ribelli,

non era pi neppur


son
fatti

possi-

bile di ritentare la sorte. Questi che

assodati

mostrano come

la

spiegazione data dal Ferrer al condel

tinuato prevalere

romanesimo

alla

impotenza

politica dell'elemento italico nello Stato, cio la


e

nuova

grandiosa espansione economica, intellettuale


per cui

e sociale

dell'Italia,

la politica,

zarria.

non

si

gli Italiani avrebbero abbandonato pu citarsi solo come una interessante bizNon neppur necessario notare del resto che tratta d'una nuova espansione, ma del naturale

e necessario

proseguimento
vittoriosa
e la

di

quella

espansione

che

gi procedeva
la

nel

corso del II sec. e che

guerra sociale
e

civile sillana

avevano solo
i

mo
fatti,

mentaneamente

parzialmente sospesa. Assodati


gli

importano assai meno

apprezzamenti, che son per

natura loro soggettivi. Per

me un

popolo che non sa


se

uscire dall'anarchia e dalle guerre civili

non medi cui

diante la rinunzia alla libert,


fiaccate
le

un popolo

son

energie vitali,

anche se frattanto

intellet-

tualmente ed economicamente faccia progressi che sieno


determinati in

modo

necessario da condizioni esterne o


vi-

che sieno effetto postumo della condizione di cose

gente prima dell'anarchia.

nel caso

particolare poi

degli Eti'uschi e degli Oschi d'Italia trovo ci confer-

mato nel modo pi evidente dal rapido dissolversi nel romanesimo delle loro civilt e nazionalit dopo la
guerra sociale. Questi sono
a dir vero
gli

apprezzamenti miei, e
se si diverte a farli

m'importa assai poco

segno de' suoi sarcasmi chi troppo fuori di s per

480
sostenere

A*

MIEI CRITICI

!
intorno
ai

una

discussione
tal

scientifica

fatti

che io apprezzo in

modo.
il

Ma, prescindendo dagli apprezzamenti, credo che


rispetto
alla

Ferrer ed io andiamo d'accordo pi che non paia anche

guerra sociale.

vero che egli l'aveva


(p.

chiamata una sollevazione proletaria


io

137 segg.); ed

avevo osservato che questo un errore. Ora peraltro

riconosce che non fu una insurrezione proletaria nel

senso
tale in

moderno
"

della parola
ci

se

aggiunge che non fu


pienamente d'ac-

nessun senso,
Il

troveremo

cordo.
notai e

eentro

della

ribellione a

Roma (come

io

come

in fatto )

spopolate' dai latifondi,

non sono state le regioni pi come l'Etruria, ma le regioni


dove tuttora sopravviveva
agricolo
.

dell'Abruzzo e del Piceno,

un
vi

forte

sano

medio
il

ceto

In sostanza

nella sua replica

Ferrer riconosce che nel suo libro


a bella posta,

sono errori

lasciati

considerazioni

13ersonali che

non vanno prese


si

sul serio, asserzioni che

conservano valore solo se


tutto

intendono in un senso del


hanno. Prendo atto di
materia

diverso

da quello
e,

che

queste confessioni,
curo,

poich delle sue ingiurie non mi

mi par che

sia

venuta meno tra noi

la

del contendere.

IL

Apparentemente
critici,

assai pi

calmo

misurato

d'altri

comincia

Ettore Pais a

discorrere

della

mia
e

storia
l

facendomi rimprovero perch m'allontano qua


"

dalla tradizione. In molti casi, egli scrive,


i

l'A.

non

tiene conto della tradizione, anzi

dati di questa mette

da parte

li

sostituisce

con ipotesi interamente diverse

POLEMICA SPICCIOLA
ed opposte
.

481

In realt,

come non respingo ciecamente


l'accetto a

la tradizione, cos

neppur mai
e

occhi chiusi.
i

Sempre ne discuto

sottopongo a critica
il

dati.

Ma

vedasi quanto sia fondata l'accusa che

Pais mi

muove

dagli esempi stessi che ne adduce. Cos io ho

mancato

verso la tradizione dove in luogo dei Romani, che se-

condo Teofrasto avrebbero spedito venticinque navi in


Corsica,
"

fo menzione degli Etruschi, dicendo che Teo-

frasto sostitu al dei

nome

degli Agillei o dei Tirreni quello

Romani

(I p. 455).

L'esempio non potrebbe esser


Pais travisi

meglio scelto per mostrare quanto, inconsapevolmente,


nella foga del biasimare,
il
i

fatti.

Anzi-

tutto accanto a quello di Teofrasto (1)

si

hanno non

altri dati tradizionali che ci rappresentano la maromana innanzi alle guerre puniche come d'assai poco momento. Quindi, posto che io avessi respinto la notizia di Teofrasto, avrei non sostituito alla tradizione

pochi
rina

ipotesi

"

diverse ed opposte
il

ma

scelto

fi'a

asserzioni
critico
:

contraddittorie,

che
la

mi par dovere d'ogni


critica

salvoch, secondo
sia invece
tizie

novissima del Pais, non


le no-

doveroso accettare senza discussione


contraddicono.

che

si

Ma

v' di pi.

Non ho punto

sostituito alla asserzione di Teofrasto

opposta.

In vero gli Agillei

erano
zione,

cittadini

romani:

una diversa od tempo di Teofrasto quindi non gi un'alteraal

una interpretazione di quel passo la ipotesi che egli abbia detto romane le navi agillee come tutti chiamano austriache le navi del Lloyd varate a Trieste e in cui la ciurma non parla altra lingua che l'italiano. A ci si aggiunga che i Greci non distinguevano molto nettamente fra Etruschi e Romani, come mostra Aristosseno di Taranto, un contemporaneo
solo
;

ma

(l) Hist. llatitar.


Gr.

8, 2.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

31

482
di

a"

miei ckitici

Teofrasto,

dove dei Posidoniati dice che

prima

tempo Tirreni o Romani (1). Vedasi quindi con quale diritto il Pais mi accusi in questo caso di non tener conto della tradizione e di
Greci, erano divenuti al suo
sostituirla
L'alti-o
rici nai

con

"

ipotesi diverse ed opposte


"

,.

caso dove io

per periodi perfettamente sto

distacco dalla tradizione

anche
tutti
i

piti istrut-

tivo.

Nientemeno ritengo inventati


operazioni

particolari

che d Livio sulle

dell' esercito

romano

frapposto tra Napoli e Palepoli. Ora non c' nessuno

quasi che reputi autentici


sulle guerre

particolari pervenutici

sannitiche.

E
,
,

il

Pais che nel porre in cattrattarsi

tiva
"

luce la mia

critica

dice

d'un periodo
particolari di

perfettamente storico

lungi dal riputarlo tale nella


i

sua Storia, non solo mette in dubbio


quelle
piti

guerre,

ma

persino sospetta

d'
il

alcuni dei fatti

importanti e meglio accertati, e

Beloch, critico
la

pur tanto pi temperato del Pais, crede che per


stessa terza sannitica, in

un punto

capitale

come quello

della battaglia di Sentino, retta la tradizione.

vada sostanzialmente cor-

Si sa di fatto, e

d'insegnarlo al Pais, che particolari


l'esercito

romano accampato

tra le

non ho bisogno come quelli suldue citt non po-

tevano essere consegnati negli annali dei pontefici, e


difficilmente assai potevano

esser ricordati dalla tra-

dizione orale;

si

sa

pure

che uso

diretto

di

fonti

greche in Livio per questo periodo non da ammettere; per

modo

che se anche in fonti greche

si

pote-

vano trovar notizie diffuse in tal proposito, il che non sicuro, passando ai poco scrupolosi annalisti latini,
venendo contaminate con tradizioni indigene
valore,
di

scarso

abbiamo ogni ragione

di

ritenere che perdes-

si)

Fr. 90 ap. Atiiex.

XIV

p. 682.

POLEMICA .SPICCIOLA
sere la forma
genviina.

483
si

Siech non
alla

vede per qual

via dei particolari intorno

seconda sannitica po-

trebbe essersi conservata notizia fededegna.

sospet-

tando dei

iDarticolari

mentre

accolgo, nelle sue linee

maggiori, la tradizione, mi par d' essermi conformato

pienamente

ai

propositi da

me

espressi i5n dalle prime

pagine della mia storia, di tenermi lontano cio tanto

da un cieco tradizionalismo quanto da una esagerata


ipercritica.

Ma

secondo

il

Pais
io,

"

un esame minuto

della

mia
che

opera mostra che

pur distaccandomi spesso

in pic-

coli e talora insignificanti particolari dagli autori

critico e talora

aspramente censuro, nel fatto


dir sempre, le

prendo

mosse da codesti stessi numerosa schiera dei nostri acritici si sogliono battezzare col nome di ipercritici . Ora io ho dichiarato ad ogni pagina, per non dire ad ogni linea del mio libro, che muovo da criteri al tutto diversi da quelli dei nostri acritici. E se non avessi
spesso, per

non

autori che dalla

chiarito

ci

abbastanza

io

stesso, lo

avrebbero

pur
cieca

messo nella maggior evidenza costoro


furia con cui

con

la

hanno
si

assalito

il

dinanzi a cui

fosse
d'

agitato

mio volume, come tori un panno rosso. Rimse,

proverarmi perci
loch, ciata

incongruenza

scolaro del Betrac-

metodicamente
dal

non m'allontano dalla via


dal

Niebuhr,

Mommsen,
libro fu

dal

Beloch,

da

E.

Meyer pu

solo chi nulla abbia capito degli intenil

dimenti con cui

mio

ho professato sempre
ipotesi
pii

la

scritto. Pel Niebuhr maggior riverenza, anzi ho

cercato di richiamar l'attenzione sopra alcune delle sue


geniali, che,

trascui-ate

dagli

epigoni,

mi

parvero poter essere ancora


Pel

feconde di buoni: frutti.

Mommsen,

senza mai seguirlo servilmente, ho dimogli

strato

sempre quel rispetto che

deve ogni studioso


dimostrarlo

serio di cose

romane

non ho

esitato a

484

a"

miei critici
di follia faceva

neppure quando un impeto


perso al vento
l'opera

stoltamente

gridare alla cieca gena de' nostri acritici d'aver dis-

sua

(1).

Dal Beloch, pur


pensiero che egli

di-

scutendo, con quella libert

di

mi

ha insegnato,
rizzo stesso e

le
il

sue particolari dottrine, ripeto

l'indi-

metodo

delle

mie ricerche. Al Me^^er

finalmente mi trovo legato pi che da affinit di singole opinioni, dalla tendenza a porre nello stesso
i
i

modo

problemi

storici e

ad apprezzare in maniera conforme


aflFaticano l'umanit.

moti

intellettuali che

il

Molto diverso
re di

mio sentimento
colli

rispetto all'indi-

rizzo seguito dal Pais.

Egli ha insegnato

che

sette

Roma
dio,

son sette
i

o sette divinit, che Bruto

un

che

Fasti

consolari
le

son

falsificati

nella

loro

prima parte, che

dodici tavole spettano alla


il

fine del sec.

IV, che di quel secolo


e
il

trattato cas-

siano tra

Roma

Lazio, che

Roma
il

sino agli ultimi

decenni del sec.

fu una citt etrusca e solo allora

non
della

si

sa

ben come, ebbe origine


alla

popolo romano-

sabello,

contemporaneamente
p.

occupazione sabellica
che ciuanto vien narl'et regia e pel

Campania (sopra

377),

rato intorno alla storia

romana per

sec. fino

almeno a questa pretesa conquista


o

sabellica

falsificazione

anticipazione,

che son

copiosissimi

infine gli elementi greci nella pseudostoria


sec.

romana

del

V. Tutto

ci

me

par sostanzialmente errato, se


espli-

pur talora mi son contentato, senza menzionare


citamente codeste stravaganti teorie e
il

loro autore, per

riguardo a un collega, di mostrarne in


l'infondatezza
:

modo
e

indiretto
silenzi

ma

l'ora

dei riguardi

dei

(1)

V.
'

il

mio articolo
ibid.

sul lapis niger nella e


la

'

Riv. di

filo-

logia del

XXVIIl

(1900) p. 406 segg.

mia necrologia

Mommsen

XXXII

(1904) p. 207 segg.

POLEMICA SPICCIOLA
passata.

485

veda

il

lettore onesto se io

mi

discosti

dal

Pais in piccoli e insignificanti particolari. Bench forse,


in

un

certo senso,

egli

ha ragione. Son queste cose

piccole e insignificanti in confronto con la storia della


religione, del diritto, della espansione

mi era

possibile discostarmi da lui, perch egli

n' occupato quasi per nulla.

romana dove non non se E non pu negarglisi un


;

plauso per la modestia con cui egli stesso definisce


quel che costituisce la sostanza delle minute e prolisse
ricerche intorno ai dati tradizionali sul

V e IV

secolo,

che ha intitolato abusivamente Storia di Roma. Intorno


alle quali,

per concludere,
le

il

mio giudizio pu riassuSoltau:


"

mersi
Orazio
della

con

parole

di

W.

Chi

combina non
si

Coclite

con

Vulcano,

Coriolano

con un dio

guerra,
gi

Minucio
terreno

con Eracle

Mrjvuxric,

muove
si

sul

della ipotesi
la

scientifica,

ma
non

svia per sentieri


pili

dove
(1).
"

indagine

scientifica

pu

seguirlo
il

Ma, continua
egli

Pais,

talora,

come, ad
e

es.,

rispetto

alla storia dei rapporti tra


(il

Roma

Capua

(II p. 270),

De

Sanctis)

non

si

avvede forse che riproduce

teorie degli autori jjer cui


ci

non ha che censure

Con

vuole insinuare che io ho tolto da lui la storia di

quelle relazioni;

ma

in realt

dimostra soltanto quanto


:

sia acciecato dalla


altri (2)

mana

del

combattermi

perch molti

hanno prima

di lui

negato la dedizione di Capua

e ritenuto

come me che

nel

338 o nel 334

Campani,

(1)

Die Anfilnge der rom. GeschchtscJireibuig

(Leipzig
riserve

1909) p. 75.

Entro quali

limiti e con

quali

possano accettarsi le opinioni del Pais su Orazio Coclite ho cercato di mostrare sopra p. 334 seg. V. anche a p. 521.
(2)

partire dal Niebuhr

Rom. Geschichte
II

III

133 seg.

La letteratura

della questione onestamente indicata al

lettore nella Storia dei

Romani

286

n. 1.

486
prima
di
soci, fossero

a"

miei cp.itici

divenuti cittadini romani.

degno
versi

nota con qaale ingenuit e dimenticanza de' suoi


il

predecessori qui
strani

Pais
il

"

sotto

il

velame

delli

asserisca a s

vanto

di

una dottrina che

patrimonio comune della scienza: dimenticanza dei predecessori che


si

riscontra del resto ad ogni passo della


e che

sua storia di
proverata da

Roma
altri.

giustamente

gli stata

rim-

Invece, se non particolare al Pais,


i

perch egli ha
che Capua

avuto anche qui

suoi

la

predecessori,

almeno non accolta generalmente


sia

sua

opinione
la

rimasta citt alleata

fin

dopo
veda

guerra
in luce

di PiiTO (1): opinione di cui credo d'aver

messo
il

nella

mia

storia l'inverisimiglianza.
egli

lettore

onesto con qual diritto


di plagio rispetto

mi accusi copertamente

ad un suo

ferisce

moltissimo dal mio.

modo di vedere che difUna sola colpa io ho


:

ed quella di non avere bastantemente chiarito nella miastoria,

per un malinteso riguardo

al Pais,

il

mio

pro-

fondo dissenso dalle sue conclusioni.

Da

ci

appare con quanta equit possa


"

il

critico as-

serire che

vi nell'autore la pi spiccata

tendenza

a mettere in evidenza ci in cui egli dissente da' suoi

predecessori anzich quello che egli loro debba


fatta insinuazione respingo

Sif-

con tutte

le

mie

forze.

ogni pagina, e con maggior cura assai che non faccia


nella sua cos detta St-on'a di
gli autori de' cui

Roma
e

il

Pais,

ho

citato

insegnamenti

della

cui erudizione

mi son giovato

(2).

tanto

poco mi son fermato a

(1) Storia di
(2)
Il

Roma
es.

2 p. 229 segg.
cita quasi
sia

Pais ad

non

Schwegler a cui tanto deve,


via indiretta
;

mai il Niebuhr e lo pure senza saperlo e per

poich dei loro testi originali non e sicuro

che abbia notizia.

POLEMICA SPICCIOLA
rilevare

4S7
anche
che

miei dissensi dal

modo

di vedere altrui,

quando sarebbe
mentale

stato opportuno, che delhi pi fondail

e pi errata dottrina del Pais, quella

popolo romano-sabello abbia avuto origine nella seconda

met del secolo V, non ho nei>pur fatto parola (sopra p. 378), pur mostrando a tempo e luogo come tutt'altre e ben pi antiche sieno le origini dei Eomani. Pari-

mente ho

si

poco badato a metter in


nel

luce quel che


Pais, versato
ai

v'ha di originale

mio

libro, che

il

soltanto nell'analisi della tradizione intorno


e

sec.

IV, in piena buona fede senza dubbio, non

s'

avve-

duto in alcun

modo

di c|uanto le

mie teorie sul

diritto
dif-

e sulla religione

l'omana o sulla etnografia italiana


de' miei

feriscano da quelle

predecessori.

Ho

sempre

discusso liberamente, qualche volta vivacemente: espressioni scortesi

insinuazioni

non v'hanno nel mio libro mai, n mai come quelle di cui abbonda, in ispecie
la

nella sua chiusa, l'articolo del Pais.

Egli asserisce che

mia Storia
mio

dei

Romani

"

un'opera di compilazione di
e pi esplicitamente che e
il

fatti e di teorie

gi note

libro

"

una selezione
del Be

un collegamento

degli studi del


(
!

Mommsen,

loch, di E.

Meyer, del Pais

),

del Busolt, del Niese

etc.

asserzione insana che ribadisce poi in uno scritto di

niun valore pubblicato di recente nei


Lincei

"

Rendiconti dei
tal

(1).

Travisando inconsciamente a
il

segno

la verit,

Pais

a divedere quanto

il

furore di

veder combattute nel


tragga fuor di strada
erudizione al
di
l

mio
e

libro talune

sue teorie lo
sia

quanto meschina
ristrettissimo

la

sua
cui

del

campo

sopra accennavo.

caso del resto egli ha scritto quei

(1) Ser.

voi.

XVII (1908)

p. 68.

488

a'

miei critici

nomi senza neanche pensare a quel che gli veniva alla penna altrimenti si sarebbe avveduto che era affatto fuor di luogo parlare del Busolt e del Niese. Ai
;

loro scritti avrei certo

dovuto ricorrer largamente


:

se

avessi discorso di storia greca

non m' avvenuto n non


s'

poteva avvenii-mi d'attingervi pi d*un paio di volte


in

un

libro di storia
il

romana;

e viceversa

nep-

pure accorto

Pais, tanto miserevolmente scarsa la


la

sua erudizione e tanto disattenta

lettura

che egli

ha

fatto del

mio

libro,

che gli scrittori a cui mi son


il

pi attenuto son due ch'egli neppur menziona,

Nie-

buhr

e lo

Schwegler.

poich

il

Pais ignora quel che

v'ha nella mia storia d'originale, giover che glielo additi io stesso.

Per cominciare, due


sono
il

soli

tentativi,

che

io

sappia,

stati fatti

per delineare, usando insieme di tutto


tutti
i

materiale archeologico noto e di

dati

della
e

filologia, la etnografia italiana, quello del


il

Modestov

mio, del tutto indipendenti l'uno dall'altro per me-

todo e per conclusioni. Questa mia indipendenza m' han

vivamente rimproverato
cos,

gli

amici del Modestov, dando

mi sembra,

la riprova

pi evidente

della

origi-

nalit mia.

Ora, intendendo a ricostniire


italiana

su

tal

fon-

damento
dubbio,

la etnografia
e

mi son giovato senza


e di

largamente, di teorie

congetture

del
sin-

Mommsen,
mata a
tifiche:

del Helbig e del Pigorini;

ma

la

mia
lo

tesi nella

sua sostanza del tutto nuova perch inforfondamentali o nuove o per

tre tesi

meno
quale

assorte la

prima volta a dignit


la

di proposizioni scienla

che

pretesa

stirpe ibero-ligure

avrebbe popolato tutta Italia nell'et neolitica una


favola
;

che

le

prime traccie degli Arii giunti nella


van ricercate nello strato eneolitico;
soli,

nostra penisola

che gli Etruschi, ed essi

sono

poi^oli delle terre-

mare. Ora potr discutersi la mia ricostruzione; potr

POLEMICA SPICCIOLA
dirsi

489
il

che sia errata in tutto

negarmi

vanto d'aver

tentato,
e

non perdonando a

fatica

con fondamento nuovo

con materiali in buona parte da


organica
coerente

me

per

la

prima
della

volta adoperati a tal uopo, un'ampia ricostruzione sintetica,


e

in

ogni sua

parte

etnografia italiana

pu

solo chi

non
il

sa.

Qualcosa di simile va detto per

la storia interna di

Roma. Rispetto
tana.

a questa, scrive

Pais,

"

VA. segue
allon-

talora le teorie del

Mommsen,

altre volte se ne
egli

Ma

evidentemente in tutto ci

non ha avuto
.

agio di formarsi convincimenti organici e pei'sonali

Ed

ben naturale che

scriva

cos.

Attesa

la

sua

mentalit, egli

non era
tesi
:

in

grado

d' intra vvedere

l'im-

portanza
interna di

delle

su
le

cui

s'impernia la mia storia

Roma

che

genti cio

non son

gli

ele-

menti costitutivi dello Stato romano,


mate, e con esse
il

ma

si

son for-

patriziato, nel suo seno col distin;

guersi delle classi sociali


di

che

le istituzioni

repubblicane

Roma

procedono
;

in

massima da una evoluzione

lenta e graduale

che l'ordinamento serviano nella

sua sostanza una riforma introdotta dopo la invasione


gallica e per effetto di essa.

Non

tutte queste tesi son


di

nuove come
e coerente

l'ultima.

Ma

il

primo tentativo

un'ampia

ricostruzione

sintetica del diritto

romano
analoghi

antichissimo sul fondamento di queste tre tesi quello

che ora ho
studiato

fatto io

dopo avere con


diritto
attico.

criteri

l'antichissimo

Quindi se pur
alle

non

di

rado

pi

meno m'accosto

teorie

del

Mommsen o
diritto

e sia pure in tutto errata la mia ricostruzione del


romano pi
al

a quelle del Madvig, sostanzialmente

nuova
gran
il

antico, fondata su principi in

parte

tutto
e

disformi

da quelli onde moveva


dalla
teoria,

Mommsen

confortata

anche

questa
che la

assai lontana dal

modo

di

vedere del

Mommsen,

tradizione costituzionale sia di valore assai pi scarso

490

a'

miei CKiTICl

di quella sulla storia delle guerre esterne.

con ogni

cura
assai
le

lio

cercato su questo fondamento, dilungandomi

dalle

opinioni

comunemente

ricevute, di trarre

conclusioni logiche intorno alla storia delle assemblee


al formarsi dei concetti di collegialit e d'in-

romane,

tercessione, al sorgere delle


alle relazioni di

trib
le

rustiche e urbane,

queste con
si

centurie, alla storia del

tribunato.
vit delle
lare
i

Ben
mie

sono avveduti della sostanziale no-

teorie quei romanisti che

vedendo
concetti

crol-

castelli di carta fondati

su vieti

anti-

storici intoi'no alle famiglie, alle genti, all'isolamento

del diritto

romano dal greco, mi hanno


il

assalito accu-

sandomi
di

di professare teorie inaudite (sopra p.

394 segg.

con lo stesso furore cieco con cui

Pais

mi accusa
sulla
vi

non

far che ripetere teorie altrui.


delle
il

Ed

egli osa dir ci persino

mie teorie
critico)

religione

romana:
di
stupii-e

"

in

esse (scrive

non

grande novit

vedute ne di resultati
il

Or
il

fa qui

veramente

difetto d'erudizione che


i-eligiosa.

Pais di-

mostra quanto a storia

Mi

sia

succeduto o
si

no

ci che in quel capitolo

mi proponevo, non

pu

onestamente disconoscere che osso rappresenta un tentativo originale di storia della religione
a criteri

romana

ispirato

moderni

fondato sulle dottrine recenti iiitonio


che io non

alla evoluzione religiosa: dottrine del resto

ho accettate

alla cieca,

ma

vagliate e

discusse, adot-

tando anche dal punto di vista teoretico vedute che

non son precisamente quelle


predecessori.

di

nessuno

tra

miei

Parimente pu essere errata,


alla storia esterna di

ma nuova

nella

sua

sostanza la mia analisi critica della tradizione intorno

Roma
i

pei secoli

e IV.

Lungi

dal ritenere col Pais che

carmi epici non abbiano


che vi ebbero una

avuto nel suo formarsi nessuna parte o minima, ho


invece cercato di dimostrare
eflS-

POLEMICA SPICCIOLA

491

cacia grandissima e fondamentale (1). Certo io in questo

non facevo che tornare all' indirizzo seguito dal Niebuhr e poi in generale abbandonato dai critici. Ma per accusare di servilit a fronte del Xiebulir le mie
ricostruzioni e la

mia

critica dei

carmi epici antichis-

simi bisogna conoscere la storia


solo di

romana

del

Xiebuhr

nome.
nelle

questo

modo

pertanto ho tentato una

ricostruzione

della

storia

esterna di

Roma, che non


perch
o
le

pu
linee

dirsi

linee

principali novissima,

son quelle tracciate non dal

Mommsen
cui

dal

Niebuhr,
che

ma

dalla

tradizione,

da

sostanzialmente

per

la storia

esterna

non credo dobbiamo


qui per,
nel

allontanarci.

La novit
critico che

dell'opera

mia

sta

oltrech in molte

osservazioni

particolari,

nuovo

fondamento
assodavo
storia

ho dato

alla storia tradizionale

e nello studio costante di render ragione dei fatti che

scrutandone
pi recenti

le relazioni

con

le

vicende della

interna e confrontando
studi

del

continuo, col susla

sidio dei

statistici,

potenza

ro-

mana

quella dei popoli confinanti con cui


entrare in lotta.

Roma

ebbe

man mano ad

In sostanza l'originalit della mia Storia dei Boiiani


consiste nell'aver tentato,

mezzo secolo dopo


agli

la storia

romana

del

Mommsen

giovandomi

di tutti gli studi


altri la

piti recenti,

di intendere e far intendere

storia antichissima di
*

Roma. Ho sbagliato ? Pu darsi. Si distrugga questa storia romana del De Sanctis, se cosi sbagliata come si dice (scrive Benedetto C'roce)(2)
:

ma

si

provveda a sostituirla
jjeraltro

con un'altra

Per so-

stituirla

bisogna pur capire in che consista

(1)

V.

il

mio

articolo nel

'

.Journal des Savants

'

1909

p.

126
(2)

seofg.

205 segg.
(1908) p. 391.

'La Critica' VI

492
la

a"

miei critici

novit e l'audacia del


visto

mio tentativo:
segno di dire

il

lettore

ha
Il

ormai quanto ne abbia capito Ettore Pais.

quale

mi frantende

al

il

mio

libro

una

trame motivo per biasimarmi d"aver parlato largamente, come faccio, delle origini dei dogmi e dei culti e non [s'avvede che il mio
storia politica e di
;

libro

mira a studiare
e

nella sua

integrit
dirsi

la vita del

popolo romano,
chit di

pu tanto poco

una semplice

storia politica quanto,

ad esempio, Edoardo Meyer.


siffatti

la storia dell'anti-

Oltre al dar

saggi di sintesi critica, Ettore

Pais discute alcune asserzioni ed opinioni mie particolari,

ma

evidentemente senza essersi punto studiato d'intenCos, discorrendo


delle

derle.

ricerche

d'archeologia

preistorica,

mi
"

ascrive, per trarne occasione di biasimo,

l'asserzione

che

la

parte

che

W. Helbig

ebbe

in

questi

studi fu di divulgare

le teorie del

Pigoiini

Xon ho mai
gli scritti

detto che

fossero
sulla

lavori di divulgazione

del

Helbig

civilt

villanoviana, sui

Veneti, sugli Iapigi, sulle armi dei Salii e altri ancora

con cui

s'

reso benemerito della preistoria italica, n


altri,

molto meno che fossero, questi o


studi del solo Pigorini.
sito delle

divulgazioni di

Ho

soltanto asserito a propoil

terremare

(1)

che

Helbig nel suo libro


il

Die

Italiker in der Poebene

ha soprattutto
i

merito

d'aver divulgato in Germania

risultamenti

delle insi

dagini dei paletnologi italiani; e ci,


atfatto diverso

come

vede,

da quel che
ai

il

Pais mi fa dire.
il
"

Incredibile poi lo strazio che

Pais fa delle mie

argomentazioni intorno
scrive)

Siculi.

Il

De

Sanctis (egli
nel
soste-

non trover
l'antico

ttitti

concordi

con

lui

nere

che

storico

Filisto err dicendo

che

(1)

Storia dei Roninni

p.

120

n. 4.

POLEMICA SPICCIOLA
Siculi eran Liguri perch
il

493

nome

Siculo viene da sica

pugnale (siculo
che erano Arii

= sicarius) e che tale etimologia mostra


,,.

Certo se

eia

una etimologia
metodo.
"

di cos

dubbio valore avessi


peccato

inferito l'italieit dei Siculi, avrei

gravemente
i

contro
i

il

scritto che

Siculi e
stessa

Sicani

veniente

dalla

radice e
l'altra

In realt ho hanno un nome proche assume due desipari


tra gli Italici.
si

nenze in uso l'uno e


L'italieit loro

del

confermata da qualche glossa che

conservata del loro dialetto, da qualche

nome

locale

o personale e soprattutto da alcune voci senza dubbio


italiche in

uso presso

Greci di Sicilia

(1).

Come

si

vede, nella
eit dei

mia ai'gomentazione per dimostrare l'italiSiculi, l'etimologia da sica non entra per nulla.
gli

Al contrario dopo aver enumerato


Siculi sieno italici,

argomenti di

carattere filologico per cui con molti altri ritengo che


i

data da Filisto (a cui

dopo aver rilevato che la notizia il Pai:^ divenuto improvvisamente


Siculi

tradizionalista ascrive tanto valore) in contraddizione

con quelle
nit del

fornite

sui

da

scrittori di lui

pi

antichi, Tucidide, Ellanico e Antioco,

menziono

la affi-

nome
si

loro con sica

non come un argomento per

la italicit

ma come una
litengano
di
i

congettura del

Mommsen,
italica,
il

che,

quando

Siculi

una

tribii

nulla
"

impedisce

accettare.

Ma, soggiunge
il

Pais.

parte la bont dell'etimologia,

De

Sanctis in questo
chia-

caso non riflette che spesso

popoli sono stati


s,

mati non con


quello

il

nome

che essi davano a


vicini .

bens con
il

che ricevettero dai

Certamente se

contatto tra Greci e Siculi non fosse stato immediato


l'ipotesi del Pais nel caso nostro potrebbe
fesa,

essere di-

facendo ricorso a quelle sottigliezze

che

il

Pais

(1)

Storia dei Eoniani

p.

98 seg.

494
predilige

a'

miei critici

solo per via di

sottigliezze,

perch

c<:)nver-

rebbe dimenticare l'analogia dei Sieani.

Ma

ad ogni
Greci
il

modo
anzi
i

il

contatto dei Greci


i

coi

Siculi fu immediato,
dell' isola
il

Siculi furono

primi popoli

che
e

conoscessero, perch

come

si

sa

commercio
perci che
si

mo-

vimento coloniale dei Greci s'indirizz prima


alla

di tutto
il

sponda orientale

dell" isola.
i

nome

di Siculi

non

fosse quello che

Siculi stessi

davano

tesi

quando s'iniziarono le loro relazioni coi Greci, iporemota d'ogni verisimiglianza e non degna d'essere
esame.
Il

presa in serio

bello poi

questo
si

che

il

Pais nella sua storia di Sicilia (I 109j

mostra come

me
con
ai
riti

disposto ad accettare pel

nome

dei Siculi l'etimo"

logia proposta dal


lui

Mommsen,

ritiene

che Ellanico e

Antioco avessero colto nel segno assegnando


e che
"

Siculi un'origine ausonica


il

poca fede mei

racconto

di

quegli

antichi
i

scrittori

quali

come

Filisto asserivano che


i

Siculi, di origine ligure,


.

avessero cacciato
teoria del

Sieani di stirpe iberica

Sicch la
accolta

Mommsen

sulla italicit dei Siculi,

tra altri dal Pais, diviene, per averla adottata io,

degna
e

d'essere

segnalata al

biasimo

dei

dotti.

Fa d'uopo

commentare questo nobilissimo esempio d'imparzialit


di serenit ?

Altrove

il

travestimento
del

delle

mie

teorie

diviene
"

nella recensione
bito pure (scrive
storia

Pais

alquanto grottesco.
il

Duper

gravemente
essere

critico)

che

cultori di
seria

troveranno
che
le

argomentazione
della
valle

provare

palafitte
' :

del

Po furono
rasoio

fatte dagli Etruschi

la

cura che gli Etruschi hanno

del proprio corpo e l'uso persin soverchio del

hanno riscontro
Messapi

nelle terremare, di cui


'.

il

rasoio

uno

degli strumenti caratteristici


i

Con

tale criterio

anche

e tutti
si

popoli
il

d'Occidente che

stando a

Teopompo

radevano

corpo sarebbero Etruschi. Con

POLEMICA SPICCIOLA
tale

495

etnografico tutti
il

argomento apparterrebbero ad un solo gruppo i popoli antichi e moderni che usano


si

tatuaggio o

radono

baffi .

C' appena bisogno di dire che questa ridicola

ar-

gomentazione

il

prodotto

della

fantasia

di

Ettore

Pais e che io argomento nella mia storia


t'altro

(1) in tut-

modo.

terramaricoli (cos pu riassumersi la


essere italici, degli
negli strati

mia dimostrazione) non possono


Italici

dovendosi

cercare invece vestigio

eneolitici;

ma

furono tuttavia un popolo fornito di

doti singolari, che ebbe

una larga parte

nell'incivili-

mento

della penisola. Alla lor volta gli Etruschi erano


il

in et storica
agl'Italici
il

solo popolo indigeno atto a contendere


e della potenza.

primato dell'incivilimento

gli

Etruschi,

come

terramaricoli, giunsero in Italia

non dal mare, ma


quella della
di Villanova, la

dalle Alpi, percorrendo la via stessa,

Rezia.

ci si

aggiunga che

la

civilt

quale in Toscana fu senza dubbio


collegata con le terremare e

etrusca,

strettamente

che quel che sappiamo del carattere e delle attitudini


del popolo etrusco
si

concilia assai bene con quel che sap-

piamo
Questo
che

delle attitudini e del carattere dei terramaricoli.

il

fondamento della
delle

ipotesi

da

me
il

proposta

dai

popoli

terremare sieno

provenuti gli
carattere

Etruschi.

Or presentandola,
degli
della

nel confrontare
altri,

e le attitudini

uni e degli

dopo

d'aver fonda-

discorso
zione

disciplina

etrusca intorno alla


nelle

delle

citt,

che

sembra

terremare aver

pieno riscontro, e delle attinenze in materia d'arte e


d'industria che
vi

hanno,
i

tenuto

conto

del

diverso

grado d'incivilimento, fra


dell'et storica,

terramaricoli e gli Etruschi

ho per ultimo raccolto, com'era mio


i

dovere, anche la somiglianza ch'era tra

due popoli

(1) I p.

123 segg.

496
nella cura

a'

miei critici

del corpo.

veda

il

lettore

onesto se io

pur lontanamente abbia inteso di asserire cbe due popoli pel solo

uso

di radersi

debbano appartenere a uno


tal

stesso

gruppo

etnico.
si

Contro

travolgimento delle

mie

teorie,

con cui

tenta di coprir

me
e

di

vergogna
a

e di ridicolo,

vivissimamente protesto
di scienza,

mi rivolgo
vivacit

tutti gli

uomini
anche
a

anche a quelli pi avversi


con pi

me

quelli

che io

ho

combattuto, a cui venga tra mani questo mio

libro.

Poich

se, ci

che io non voglio credere, quel travolgi-

mento
stanza

fosse consapevole,

non

vi sarebbe parola
:

abbacredo,

grave per

condannarlo

e se ^

come

inconsapevole, d segno di

un turbamento mentale che


su questioni scien-

rende
tifiche.

il

ci'itico

inetto a disputare

Ed
"

bene

si

noti, a

documentare un'altra
le

volta l'imparzialit e serenit del Pais, che egli segnala

come
di

tutt'altro che prive di valore

,,

argomenta-

zioni con cui Pericle Ducati cerca di porre in sodo contro

me

la

provenienza marittima degli Etruschi, dopo


nella sua storia,

avere

scx'itto

quando

io

ancor non avevo

sostenuto

esser gli

Etruschi

giunti in Italia per via

di terra, che la

provenienza degli Etruschi dalla Lidia


"

difesa dal Ducati,

nell'antichit fu dimostrata erronea

da

Dionisio

di

Alicarnasso e nei

tempi moderni

stata

combattuta

da quanti

si

formarono un chiaro
letteraria
.

concetto del valore di questa

tradizione

qui tra parentesi

(senza dilungarmi, per

rispar-

miare

la giovanile inesperienza del Ducati),


e della

non sar

male dar qualche saggio del metodo


articolo che

coltura che

questi dimostra discorrendo delle origini etrusche in


i

un

miei avversari, non avendo di meglio da


assai

citare, allegano

volentieri (1).

Noto peraltro a

(1)
'

La
e

teoria

sugli
'

Etruschi del Prof.

De

Sanctis in

Atene

Roma

(1907) p. 244 segg.

POLEMICA SPICCIOLA
giustificazione del Ducati che

497
suo scritto

non

v' nel

alcuna novit d'indagine, e quindi

gli

appunti che verr


lui.

facendo son diretti pi

alle

sue fonti che a


origine dei

Sa per

esempio
"

il

Ducati
se

che

della

Reti Livio
.

non poteva

non essere esattamente informato

Ed

certo scusabile

quando, non essendosi mai occuovvero

pato di critica storica, egli giura sulla fede di tradizioni orali fissate

un mezzo millennio dopo


i

fatti

s'immagina che
concernenti
li

Reti avessero nei loro archivi notizie

le

proprie origini e che questi archivi Livio

consultasse.

Ma

che dire del Pais quando trova con-

vincenti siffatte argomentazioni, accettando le quali

non

rimarrebbe in piedi neppure un mattone delle sue teorie?

Dopo
pigli
'^

ci

ben naturale
padre
della

del resto che l'ottimo


io

Ducati

anche scandalo perch

respingo l'opinione del

venerando

storia

suU' origine

degli

Etruschi, e non

meno

naturale che della

mia argo-

mentazione in
Il
"

tal

proposito egli non abbia capito nulla.

venerando padre della storia


silenzio del logografo lido

dice di riferirsi suldei Lidi (1). In

l'origine degli Etruschi alla tradizione

realt
p.

il

373) mostra che tale


e

Xanto (su cui v. sopra tradizione fi'a i Lidi non esisteva

punto

che Erodoto l'ha attribuita ad essi cosi a torto

come

a torto ha detto esser tradizione dei

Medi

la di-

scendenza dalla

maga Medea

(2),

che una favola etimo-

li)
(2)

Herod.

94: q)aa aTo Auoi.

Herod.
'

I 62.

Sulle obiezioni infondate che


Xanto
v. le
'

si

fanno

alla testimonianza di

giuste osservazioni del

CosTANZi
sero

Ausonia
Yvnoioi

II (1908) p. 187.

Col Costanzi non m'ac-

cordo peraltro nel ritenere che 'se anche gli Etruschi fosLidi
Ka
tGa^evec;
,

sarebbe

naturalissimo

che Xanto

non avesse ne

di loro

ne del loro arrivo in

Italia notizia alcuna'. Poich la


Gr.

venuta degli Etruschi in


32

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

498

a'

miei critici

logica greca di nessun conto.

Il

Ducati poi, non avendo


della

avuto

ancora

tempo

d'

informarsi

letteratura

moderna intorno ad Erodoto, non sa naturalmente che se molto valore hanno le descrizioni di ci che Erodoto vide, nessuno ne ha la sua critica dei racconti che ^li
sono
stati trasmessi
:

in

modo
,

che la scienza

recen-

tissima trova

molto a

ridire

non gi

solo nelle sue

teorie etnografiche,

ma persino nella
piti
si

sua narrazione delle


il

guerre persiane, e non v'

nessuno
"

quale per

esempio creda
tano alla realt
della storia
,

pur
i

solo che

approssimino di lonil

computi

che

venerando padre

fa intorno all'esercito di Serse.

Ma

la

ingenua

inesperienza

del Ducati in materia

di critica si palesa senza velo

quando

egli

mi rimprodif-

vera di aver tenuto conto della notizia data da Dionisio

che per lingua, religione e istituzioni gli Etruschi


feriscono profondamente dai Lidi.
"

Eppure (nota
retore

egli

gravemente)
espresso dal

V esatto

giudizio

sul

Dionisio

nere in

medesimo De Sanctis avrebbe dovuto teguardia questi (sic) e non indurlo ad accettare

come genuina la notizia, che ben d'altro lato faceva comodo alla sua idea sugli Etnischi ,. Or qui prote-

Italia

non pu essere anteriore


impossibile

al

IX

secolo,

sarebbe
a Xanto,

tanto

che

fosse

rimasta

ignota

quanto che

fosse rimasta ignota a Tucidide la origine

greca delle colonie di

bile la opinione di 0.

nuignum

s.

v.

neppure plausi74, cf. Etym. Tpavvot;) sulla connessione tra Tyrrha e i


Sicilia.

Non

Mller {Etrusker

Tirreni, che

il

Costanzi accoglie nel senso di ridurre la

provenienza dei Tirreni dalla Lidia a un mito etimologico fondato sulla somiglianza del loro nome con quello di
Tyrrha.
Infatti la grafia

pi

genuina
'

di

quest'ultimo

nome
Cf.
'

Teipa, v. 'Athen. Mitteil.

III

(1878) p. 55 segg.

Revue des tudes grecques

'

III (1890) p. 64.

POLEMICA SPICCIOLA
sterei

499

con tutte

le forze conti'O la

insinuazione contenuta
chiaro che
il

nell'ultimo inciso, se

non

fosse

Ducati

non
veva.

s'

punto avveduto della gravit


neppure
s'

di ci che scri-

avveduto che

altro
egli

il

valore

della testimonianza di Dionisio

quando

riferisce

una tradizione o ne giudica,


parla di dati
di ci

altro quello che

ha quando

di

fatto.

Si

pu dubitare ad esempio
all'ordinamento
di quel ch'egli
;

che Dionisio asserisce intorno

serviano;

ma

nessuno ha mai dubitato

scrive sul procedere dei comizi a' suoi tempi

e simil-

mente

di ci che,

vissuto in Alicarnasso e in

Roma,
c' ras

Dionisio dice sulla disparit tra la lingua, la religione


e le istituzioni dei Lidi e degli Etruschi

non

gione di dubitare (1)

Dopo

essersi

mostrato
critica,

disi

giuno dei pi elementari principi della

non

pu

essere severi col Ducati se d le prove di


la

non cono-

scere per nulla


discorre. Egli

letteratura

dell'argomento di cui

mi redarguisce cosi perch mi allontano da tutti i dotti " nel non riguardare la cremazione come rito essenziahiiente ario e con ci mostra di non
;

avere

alcuna contezza di

scritti

fondamentali intorno

alle origini arie

come
per

quelli

dello Sehrader (2) o del

Much

(3) a

cui

questo rispetto
:

m'attengo;
in

ma

pu questa ignoranza ben perdonarglisi letto il Modestov. Altri libri come la

compenso ha

storia greca del

(1)

Il

CosTANzi mera.

cit.
il

p.

195

n.

2 mette in chiaro
sulla lingua

come

sia

vano allegare

passo mutilo di Steab. XIII 631

per infirmare la testimonianza di Dionisio


dei Lidi.
(2)

Reallexikon

der

indogennanischen

Altertumskunde

(Hamburg
(3)

1901) p. 80 seg.
p.
p.

Die Kupferzeit in Europa'

311 segg. Nello stesso

senso s'esprime Rohde Psyche

33 segg.

500
Beloch, dove pure

a'

miei critici

si

considera

come
il

posteriore e sedella

condario
zione
(1),

tra

gli

Arii di Grecia

rito
al

crema-

saranno, suppongo, noti


se
il

Ducati;

ma pu

anche qui ben perdonarglisi,

dopo aver dato tante


suo maestro Beloch
i

prove di dottrina, non crede

degno d'esser pi noverato


prove di dottrina
Etruschi abbiano
loro

tra

dotti.

Tra queste
che
gli
il

significativa infine la ipotesi

portato
;

con

dall'Oriente

alfabeto calcidese
si

poich

(non essendo

lecito

pensare che

tratti di

una

svista) essa

deve collegarsi

con teorie nuove


greci cos detti

con nuove scoperte sugli alfabeti

orientali

od azzurri
dia

scoperte di cui

speriamo che
saggio.

il

Ducati

ci

quanto prima qualche

cora

Tornando al un altro

Pais, de' suoi travolgimenti citer an-

esempio.

Il

Pais riferendosi alla


lui

mia

denegazione della identit da


e Tarquinio

asserita
'

di

Tarpeio

riprende

severamente

la leggera affer-

mazione con un
io

di

un

critico italiano che ...

ha afi'ermato che

impossibile lo scambio
e
.

nelle

sillabe
si

medie

di

un p
es.

dimenticando che ci

riscontra ad

in hir])us ed hircus,

popina

e coquina

(2).

In realt

non mi sono mai espresso

ciso e scorretto, che potrebbe, a

soltanto a chi
scientifica
;

un modo cosi impremio avviso, perdonarsi non conoscesse nulla di grammatica


in

e per di pi

son
il

tanto

lontano dall'aver
che ne ho

dimenticato quei casi cui


fatta

Pais accenna,
la

appunto menzione. Respingendo


"

proposta del

Pais di identificare quei due nomi, ragionavo a questo

modo:

Un

q" originario non da


2^

si

rappresentato

mai

in parole latine

salvo che

tratti di parole iin-

(1)

Griech. Geschichte
'

116.
'

(2)

Studi storici per l'antichit classica

p. 306.

POLEMICA SPICCIOLA
portate [come

501
latinisti,

appunto sono, a giudizio dei


sarebbe
latina

hirpus, popina]. Cos Tarpeius sarebbe forma


tina,

non

la-

mentre
di
.

Tarqiiinius.
di

Viceversa
il

Tarpeius non ha riscontro fuori

Roma, mentre
originario
il

nome
sca
. .

Tarquinius ha riscontro nella leggenda etnise si riguardasse


i

Che

come

p, bi-

sogna osservare che


rale nei dialetti

pochi passaggi di

in guttu-

italici

son dovuti all'influenza d'una


quinque)
il

gutturale

seguente

(coquo,
sa

(1).

questa

argomentazione
frantendendola,

nulla
le

opporre
nota
di

Pais e tuttavia,

d una

leggerezza

che

ri-

cade
quella

sulle

migliori
Stolz,

dello

grammatiche dove appunto


dir

scientifiche,

come
questo

svolta

modo

la dottrina della

trasformazione latina della ve-

lare labializzata, o per


di quelle

meglio su

lui

stesso

che

grammatiche non ha evidentemente


con
questi

alcuna

contezza.
L'effetto stesso che

travolgimenti

rag-

giunge

il

Pais staccando dal contesto poche parole in

modo
la

che non significhino pi nulla o significhino cosa

alienissima dal
frase
,,
:

siero

mio sentimento. Egli recide ad esempio non v' ombra di penper protestare contro la mia acrimonia " che
"

nell'opera di Livio

mi spinge pure
Ora
vole,

talvolta a maltrattare

gli

antichi

,.

chiaro che io non ho inteso punto con

quelle

parole di negare che Livio fosse

un animale ragionecome mostra


sottoporre a

come,

isolate,
il

potrebbero dare a credere a chi non


libro.

avesse veduto
il

mio

Ho

inteso dire,
e

contesto
i

(2),

che Livio non sa ordinare

critica

dati delle fonti, che le sue osservazioni politiche

militari, religiose, giuridiche

non hanno alcun valore

(1)

Mastarna in
Storia dei

'

Klio

'

JI

(1902) p. 103.

(2)

Romani

p.

38 segg.

502
che
i

a"

miei critici

fatti egli

non

sa assodarli n rendersene ragione.

Ci non poteva impedirgK in alcun

modo
.

di fare

(come ho

pur detto)

"

opera d'arte meravigliosa

E
"

al

Pais riesce

assai diflBcile di
si

comprendere come
del

le

mie asserzioni
provenisse
ci

concilino

solo perch le stacca deliberatamente dal


se poi lo stupore

contesto.
dall'avere
l'arte,

Che
un

Pais
di

concetto
le

molto confuso

che

per chiarire

proprie idee potrebbe

meditare

queste
tica,

parole d'uno dei migliori


"
:

sci-ittori nostri d'este-

Benedetto Croce

Il

pensiero non sai-ebbe senza

la fantasia;

ma

esso

supera e include in s la fantasia,


e

trasforma l'immagine in percezione

al

mondo
si

so-

gnato

le

nette distinzioni e

fermi confini della realt.

A
lei

ci l'arte

non giunge,

e tutto l'amore che

ha per

non pu
mutili

elevarla di grado
il

(1).

Del resto, anzich


sol

troppo severo,
si

mio giudizio su Livio,


piti

che non
assai
di

arbitrariamente,

favorevole

quello del Pais. Mentre io ritengo che a Livio facessero difetto cognizioni
positive,

studio

diligente, in-

gegno speculativo,

gli

riconosco

buon

senso, padro

nanza della espressione, sensibilit per tutto ci che

umano, caldo
senso
suol
dirsi

e sincero patriottismo, rara onest, vivo

d'arte. Il Pais invece

trova

esagerato ci che
liviano e nel
(dice)

intorno al magistero
"

d'arte

tempo

stesso

le

considerazioni

morali

sono

(in Livio) quasi

sempre ispirate da un
.
. .

falso sentimento

della realt storica.

Dal lato propriamente politico


suoi libri sono anzi

l'opera sua non rivela nessun carattere deciso, e rispetto


alla tecnica storica
i

una creazione

difettosa.

Lo sviluppo meraviglioso
non
esiste per Livio ....
le

della scienza geo-

grafica ....

Livio non prende


:

alcun interesse per

questioni di carattere cronologico

(1)

'

La

Critica

'

VI (1908)

p. 339.

POLEMICA SPICCIOLA
e se per caso ....
gli

503

un sinromana cade quasi sempre in grossolani errori ... non fa che un lavoro di selezione empirica fra i diversi annalisti 1) Con molta prolissit insomma Ettore Pais, dicendo in sostanza appunto quel che dico io stesso quanto ai difetti di
vien fatto di accennare ad
storia
;

cronismo relativo all'antica

Livio, assai

meno

di

me pone

in

evidenza

singola-

rissimi pregi artistici dell'opera

liviana.

anche qui
opinioni

come

nel caso dei Siculi,


egli respinge

dimenticando o rinnegando

l'opei'a sua,

sdegnosamente
si

le

sostenute da lui stesso

quando

d per avventura

che

le

difenda anch'io.

Della scienza e della coscienza, del metodo e della


logica, con cui
il

Pais fa la critica dei libri altrui, eredo

d'aver dato un'idea sufficiente al lettore. Sebbene la sua


filosofia

non possa
Pais
;

farsi

tema
la

di discussione, perch la

filosofia del

come

camicia dell'uomo felice:


alle os-

egli

non ne ha

opportuno far qualche chiosa

servazioni che
filosofici

mi

rivolge, presa occasione dai concetti

accennati nella mia storia. Dissi, ad esempio,


di riconoscere
i

che primo dovere della ragione


limiti.

propri

ci egli

contrappone con

l'altezza di pensiero

e la novit e finezza di espressione in


anticlericali che

uso nei comizi


rico-

"se
e

l'uomo avesse concordemente

nosciuto

tali limiti

non avesse costantemente cercato


sarebbe stata storia: l'umanit
e della

di rimuoverli

non

vi

sarebbe tuttora sotto l'impero della forza bruta

(1)

Storia di

Roma

p.

83 segg.

504
superstizione
siano
i

a'

miei critici

Come

io

non ho punto indicato dove

limiti della conoscenza,


il

ma

solo

ho invitato a

cercarli,

Pais condanna

evidentemente in generale
caratteristica pi

questa stessa ricerca, che forma la


spiccata della filosofia

moderna

dal

Locke

in poi.

Ora

intorno ai limiti della conoscenza dal punto

di vista

formale pu giudicarsi variamente; pu

stimarsi, ad

esempio, con uno dei pi acuti nostri pensatori, che

non debbono ammettersi perch anche


scerli la

col solo ricono-

ragione
;

li

avrebbe
si

supei-ati.

questo non

il

mio avviso

ma, checch
"

pensi in tal proposito, nel


inconoscibile,
si

ridicolo sospetto che,

ammettendo un
si

lavori a tener l'umanit


e della

sotto l'impero della forza bruta

superstizione

tradisce la gretta mentalit del

volteriano che conosce Kant e Spencer solo di nome.

Che poi
scenza

la nostra

conoscenza

e in particolare la cono-

storica,

prescindendo

da' suoi

limiti

formali,

abbia dei limiti di fatto procedenti

dalla

natura dei

materiali di cui disponiamo, e che sia opportuno rico-

noscere
sione.

tali

limiti,

non

neppure argomento

di discus-

E
il
,

a questi soltanto io alludevo nella frase citata,

come
testo

Pais avrebbe potuto vedere facilmente dal con-

se avesse creduto

bene

di

pensare a quel che

egli scriveva.

Ma

si

direbbe che tutte


gli avversari,

le

armi sieno buone


egli

al

Pais per

deprimere

vedendo come nel combattermi


alterni
la

al pistolotto anticlericale

unzione del

parroco di campagna. Dissi nella mia storia dei troppi


elementi semitici che abbiamo accolti nella nostra
vilt
e
ci-

dai

quali duriamo fatica a liberarci.


il

" Il

De

Sanctis (mi oppone


il

Pais)

non par tenga presente che


il

fondamento
il

della nostra religione sono

Decalogo
.

Vangelo, frutto della coscienza semitica


singolare la
e

Prima
il

di tutto,

coerenza di chi, come


si

Pais,

respinge

deride

il

concetto che nella storia

manifesti

POLEMICA SPICCIOLA

505

l'opera della Provvidenza se, discutendo con me, parla

devotamente
mostri

in

nome

della
il

"

nostra

religione.

Poi

chi s'attenta a definire


di"

fondamento del Cristianesimo,


sentore della recente

aver almeno qualche

controversia sulla essenza della religione cristiana, suscitata dal noto scritto del

Harnack. Tutte

le tesi

che

hanno svolto

in tale occasione scienziati razionalisti e

credenti, sono, fa d'uopo

appena notarlo, ben diverse


ignaro della

da quella a cui con


questione
si

la sicurezza di chi
il

appiglia

Pais, ossia che


altro

fondamento del
Pais della con-

Cristianesimo sieno non


coscienza semitica.

che due prodotti della

il

N meno

ignaro

troversia intorno alla formazione dei Vangeli e alle at-

tinenze tra

il

Vangelo giovanneo
il

quelli dei Sinottici


"

se definisce senz'altro

Vangelo come un

frutto della
si

coscienza semitica

,.

Il

che poi quanto sia vero

vede

dal favore con cui la coscienza semitica accolse principi

come quello dell'universalismo

cristiano o del

essere esteriore,

ma
(sic)

interiore

il

x'egno di Dio.
"

non Anche
fon-

meno

seria l'altra osservazione del Pais

che

il

damento morale
di Stato di

dei pi insigni giuristi e


nelle

uomini
dottrine

Roma

va spesso ricercato

dello Stoa, che ebbe a fondatore

un

altro Semita,.

incertissimo di fatto quanto sangue semitico scorresse


nelle

vene
(1),

di

Zenone
sono

di
il
i

Cizio,

il

fondatore

dello

Stoa

poco importa

saperlo. Certo invece che

interamente greci

presupposti

gli elementi
(2).

della speculazione e della


Il

morale stoica

colmo a tante prove

di altezza di pensiero

di

(1)
I

SusEMiHL Geschichte der alexandrinischen Litteratiir


Cfr.

pag. 49.
(2)

Kaerst Geschichte des

hellen.

Zeitalters

li

p.

125 segg.

506
sentimento pone
pare, di
il

MIEI CRITICI

critico nella chiusa

quando, bramoso,

menomarsi

agli occhi di ogni lettore onesto e

sereno, insinua che, avendo parlato della Provvidenza,

debbo avere

scritta la

mia

storia solo ad

uso dei

se-

minari. Ai seminari soltanto


d'ora innanzi gli scrittori

dunque saranno riservati che hanno osato parlare di


al

Provvidenza da Dante
Solo nei seminari
si

al

Manzoni, dal Galilei


i

Vico.

potranno leggere

magistrali vo-

lumi del De Eossi

e gli scritti di storici

come Duchesne
buona non

e Grisar, Cipolla e Pastor; pei soli seminari lo stesso

Carducci che credeva lecito


vergognarsi di Dio
.

"

in repubblica

Ma
la

queste fortunatamente non


;

sono che aberrazioni compassionevoli


trebbe

a taluno po-

sembrare che

bandiera dell'anticlericalismo
la

serva qui solo

a coprire

merce avariata degli

er-'

rori storici e logici

che

abbondano

nella recensione

del Pais.

III.

Ed
fiche,

ora,

dopo aver esaminate


il

le

disquisizioni filoso-

con cui

Pais chiude la sua recensione, non sar

male vedere

se la

bont del suo metodo

la

somma

delle cognizioni sia tale


si

da giustificare

la

severit cui
il

lascia trascorrere verso chi


le

non approvi
tratterr
egli
;

suo me-

todo o

sue dottrine.
etnografiche,

Mi

soprattutto su
prescelto

questioni

avendo

stesso

questa materia di controversia


etnografiche non sieno per lo
ganiche.

tuttoch le sue teorie

piti

n originali, n or-

Ascrive
italica dei

il

Pais

con

altri

origine epirota

alla trib

Chones, perch ha un
e

nome
"

affine a quello

dei

Chaones dell'Epiro

perch

Acheruntia e Pan-

POLEMICA SPICCIOLA
desia sono nomi schiettamente chaonici che
in varie
Italici

507
si

trovano

piarti
(1).

dal paese occupato dai Chni-Oinotroi-

Ora Acherusia

Pandosia non

sono

punto nomi chaonici, bens ricorrono l'uno


Tesprozia e
il

e l'altro in

primo anche altrove

in Grecia. Il ri-

scontrarsi quindi in regioni dell'Italia ineridionale, dove


i

Greci ebbero dominio o almeno fecero valere


si

il

loro
i

influsso,

spiega benissimo senza mettervi di mezzo


si

Chaoni dell'Epiro, che non usarono, per quanto


tali

sa,

nomi; tanto pi che


da parlare,
essere

il

primo

di essi

si

rinviene

anche in Campania, dove di Chaoni


certo

e d'Epiroti

non

doveva

un nome che un Greco sempre disposto a dare ad un luogo


ed

poi

dove fosse un misterioso oracolo ctonio, una caverna

famosa

una sorgente ricca


affini

di vapori sulfurei,
diffusi

come
e

per motivi
i

son tanto
o

nei paesi

cristiani

nomi

di valle d'Inferno

di

ponte del Diavolo;


a

l'altro

un nome adatto quanto mai

una

ricca terra

coloniale, e fu applicato senza


in

dubbio nel senso stesso


affatto arbi-

cui Pandotira (Pandataria), ossia donatrice d'ogni


si

bene,

chiam

un'isola
i

dove sarebbe

trario trasportare

Chaoni dell'Epiro.
d' affidarsi d'

Sprezzante della paletnologia, non ha creduto nep-

pure

il

Pais che

invece
il

ad

argomenti
quale
o

si

incerti,

mettesse

conto

investigare

se la civilt
,

esterna degli indigeni della Chonia italiana


rivela negli scavi di Toitc

si

del Mordillo, abbia

no

cjualche attinenza con quella dell'Epiro.


s'

Ed

vero che

trovato impacciato alquanto a fronte della dichia-

razione esplicita di
tioco
di

uno
i

scrittore

del secolo V,

Anaffini

Siracusa, che

Coni erano

Enotri

(1)

Ricerche storiche

geografiche sull'Italia antica (To-

rino 1908) p. 14.

508
quindi agl'Itali
(1).

a'

miei critici

Ma

Antioco accenna secondo


"

lui

non a

relazioni etniche, bens

alla

formazione e alla
Il

espansione

successiva

dell'

impero degli Oinotroi.

piccolo Stato
ridionale

degli. Itali che

occupava

il

Bruzio mepi ampio


l'Italia

man mano

giunse a formare
a Taranto

il

Stato oinotrio, che

fin

per comprendere tutta


e

meridionale sino a Pesto

(2).

bene

notare che se anche Antioco avesse parlato di un regno


enotrio di

quella estensione

(poich egli vi accennetesti-

rebbe pei tempi del mitico re Morgetej, la sua

monianza avrebbe qui a un dipresso


che
ci

il

valore di quelle

son pervenute sui

l'egni di

Latino o di Menelao.

Ma

del resto la notizia stessa di questo grande regno

enotrio non deriva che dalla errata interpretazione di

un passo di Dionisio, sicch in sostanza il grande Stato che comprendeva tutta l'Italia meridionale da Pesto a
Taranto
gli
si

riduce a una pura fantasia

(3).

di tutti
il

argomenti del Pais riman solo questo, che

nome

dei

Choni somiglia a quello dei Chaoni. Tale omofonia,


,

come ognun vede

pu

essere

tanto

casuale

quanto

quella tra Pisa d'Italia e Pisa dell'Elide, n conviene

oUfiaai yp to, xnouc; to(1) Ap. Strab. vi p. 255 Touq XOJvai; OlvuuTpiKv evoc KaTaKoa,uou|u6vov.
:

(2) (3)

Ibid. p. 16.

Confini della Italia per Antioco erano invece,


V'I

come
il

spiega partitamente Strabone


territorio di

251,

il

fiume Lao e
I

Metapontio.

Dionisio

d'Alicarnasso

74,

citando

le notizie

che dava Antioco su Morgete aggiunge


:

a spiegazione del termine Italia che vi ricorreva r]\f Tre 'IxaXia i^ tto Tpavxoq xp\ TToaeibujviaq TiapdXio^.

Ma

que.sta spiegazione di Dionisio,

mostra all'evidenza che non d'Antioco il quale .sapeva benissimo del resto che quelle citt non esistevano al tempo di Morgete.
il

confronto con

Strabone

POLEMICA SPICCIOLA
dimenticare nel valutarla che
il

509
dei Choni
ci

nome

pervenuto solo nella sua trascrizione greca.

Non

v'

dubbio
tanto

che

le

ipotesi

dell'Orsi sui Cretesi in Italia,

vituperate

dal

Pais (ipotesi a cui io del resto

non

sottoscrivo), sono assai meglio sostenibili

non

solo

nel rispetto archeologico,


filologici.
il

ma

anche in quello dei dati

ad ogni

resto,

come vedemmo,

modo da una omofonia (perch meno che nulla) trarre una


una
dal-

teoria etnologica tanto lecito quanto trarne


l'uso

comune

a due popoli di radersi,

come
il

egli assai

a torto accusa

me

di fare.
la teoria

Anche meno fondata par


Elimi erano un popolo
ossia da Sicani ai

che

Pais pro"

pone sugli Elimi. Premesso che secondo Tucidide


costituito
si

gli

da vari elementi

quali

erano uniti Troiani e Foelementi


"

cesi (1), afferma che di questi


storici, altri

alcuni sono

leggendari

storico l'elemento

indigeno

dei Sicani, che, stando ai

nomi

di

Segesta e di Erice,

parrebbe di

stii'pe
il

ligure

(2); storico

pure l'elemento
ci

focese; mitico

troiano.

Ora tutto
quale

in

Tucidide

non

si

detto

nel

suo

testo,

ci

pervenuto,
:

non
e
si

parla punto d'un elemento sicano tra gli Elimi

narra invece

come quei Troiani che presero


le

il

nome

etnico di Elimi e secondo

loro varie citt

si

dissero

Ericini od Egestani occuparono

un paese

limitrofo al

territorio abitato dai Sicani e furono poi raggiunti

da

Pocesi reduci

dall' assedio di Troia.


critici

Si pu, volendo,

supporre con alcuni


testo;

che sia caduta qualcosa nel


in

ma

bisognerebbe informare
si

questo caso
e

il

lettore che

tratta di congettura

propria

non

di

(1)

Storia di Sicilia

p. 124.

(2)

Op.

cit.

p. 129.

510

a"

miei CEITICI

un dato

di fatto (1).

somiglianza

che

Volendo quindi tener conto della nomi di Segesta, Entella ed Erice


conveiTebbe riputar Liguri
che tutte
le

hanno con nomi


Elimi,

liguri,

gli

non gi

Sicani,

note fonti sono

concordi nel ritenere d'origine non ligure e di provenienza diversa da quella degli Elimi.
dei
Il

particolare poi
soassi

Focesi migrati

tra
le

gli

Elimi

grandemente
mirano
e

spetto,

come

tutte

leggende che
a

ad

segnare

origine

greca

popoli

non greci

che

collegano col nostos degli Achei d'Omero.

Ad
le

ogni

modo veramente degna

d'esser rilevata

qui la coe-

renza del Pais. Nel respingere brutalmente che nella tradizione hanno un
solido
di

conget-

ture dell'Orsi intorno alla venuta di Cretesi in Sicilia,

fondamento

assai

pi

quelle
"

sui

Focesi venuti da Troia, giunge


codeste tradizioni
di
elle-

fino a dire che

accettando
rischio
in

niche,

correremmo datori di Gamico


cretese Minosse

creder vero che

fon-

Sicilia

trovarono

le

ceneri del
al

(2).

questa in realt illazione


il

tutto sbagliata

ma

poich

Pais ne ammette la bont,


dei'idere

anzich

trarre
di

argomento per

l'Orsi
alla

dalla

tomba

Minosse, dovrebbe

dar

mano
i
l'

ricerca

delle ceneri di Schedio ed Epistrofo,

duci leggendari
di

dei Focesi recatisi in Italia

dopo

assedio

Troia.

Un'altra teoria etnologica del Pais richiede speciale

menzione: quella che appartenessero a


Iapigi e Messap. Egli ha avuto, vero,
di

stirpi
il

diverse

abbandonarla

(3).

buon senso Ma non per questo pu scusarsi

(1) Thuc. vi 3: Tpubiuv Tivq ... nopoi to<; ZikovoTi; oiKHoavTeq |LinavT<; |Uv 'EXu)noi KXri6r)aav, irXei^ ' avTujv 'EpuE Te Ktt 'EyeoTa irpoaEuvdJKrioav aTOq kq

<I)ujKu)v Tivc;.
(2)
'

Studi stor. per rantichit cla.ssica


Ricerche storiche
e

'

(1908) p. 140.

(3)

geografiche p. 89 n. 2.

POLEMICA SPICCIOLA

511

uno

storico che in

ricerche etnografiche ha dissertato con copia


di parole sulla

un volume destinato soprattutto a immensa


*

provenienza dei Messap,


gli

ignorando
il

pienamente (come ben a ragione


Kretschmer)
i

ha rinfacciato
Cos

fatti linguistici,

che

son la nostra pi
,

importante testimonianza etnologica

(1).

senza

curarsi della lingua delle iscrizioni messapiche, che

diversissima dalla greca,

egi

ha detto che

Messap
liberava
identit

son greci e gli Iapigi


dalla testimonianza d'
dei

illirici.

Ed
i

ecco

come

si
l'

Erodoto comprovante
"

due popoli, secondo cui

Cretesi stabiliti nella


(2)
:

Puglia divennero Iapigi Messap

Questo passo
si

d'Erodoto in cui
origine
dizione.

ai

Messap ed agli Iapigi


in
i

d una
contradgente,

comune contiene
Perch
infatti

se

stesso
,

una
ai

Cretesi

una

sola

avrebbero dato origine a due popoli, ossia

Messap
di

da un

lato, agli

Iapigi dall'altro?
la

(3).

Qui prima

tutto

da segnalare

ingenuit

dell'

etnologo. Se-

guendo il suo criterio converr negare che appartengano per la pi parte alla stessa stirpe i popoli dell'America del Sud. Perch infatti
Messicani da un lato,
Chileni dall'altro?
critico
gli

Spagnuoli,

una

sola gente, avrebbero dato origine a pi popoli, ossia


ai ai
il

ai

Peruviani, agli Argentini,

Senza dire che ragionando cos


nel testo

mostra

di

non avvedersi che Messap


si

d'Erodoto

apposizione di Iapigi e che


di

tratta evi-

dentemente per Erodoto

un popolo
l'

solo.

Non

c'

poi neppur bisogno di notare che

aspetto archeolo-

(1)

Einleitung

in

die

Geschichte

der griech.

Sprache

p. 272.
(2)

aaniou(;, vT
(B)

VII 170: vT |uv KpriTuv Y^vaBai 'IriTTUTac; dvai vriaiojxac; rjTreipujTac;.


Storia della Sicilia p.
-347.

Mea-

512

a'

miei critici

gico del problema, ossia la necessit di confrontare

il

materiale archeologico della Messapia con quello delle


regioni greche onde
originari,
si

pretende che
critico

Messap fossero
di

non

dal

intravveduto neppur

lontano.

Questa
sabello,
il

e l'altra sulla

formazione del popolo roniano-

cui scarso valore credo d'aver dimostrato al-

trove

(1),

son

le

pi importanti

e originali teorie etno-

grafiche del Pais.

Ma non

a credere che

dove minore

l'importanza e l'originalit delle dottrine, minore sia


la confusione che
egli porta nei

problemi etnici franCos almen venti

tendendo

testi nel

modo

piti bizzarro.

volte ripete (sua figura prediletta la ripetizione) che

secondo un passo d'Aristotele sono Enotri per Antioco


gli

Ausoni-Opici (2):

proprio

tale identit, di cui

Antioco non sa nulla,

solo nella

mente
e

dell'interprete.

Altrove giunge a dire che

gli

Ernici eran chiamati


i

anche Sanniti dagli antichi annalisti;


nalisti

poveri
in

an-

antichi

non

hanno

nessuna colpa
Sanniti e

questa

confusione, se pure essi narravano (3)

che Q. Marcio
s"

Tremalo vinse ripetutamente


d'Anagni.
di Livio

impadron
"

Non
(IX

13).

meno notevole la Da esso secondo


"

esegesi d'un passo


il

Pais

si

ricava

chiaramente

che

gli

Apuli

di

Arpi fossero dello

(1)
(2)

Sopra

p.

377 segg.
e geografiche p.

Ricerche storiche
Yl p. 1329
liJKOuv
Kttl
6,

2 segg. Aristotele
degli

polii.

detto dei

confini antichissimi

Enotri-Itali,
confini)

aggiunge

che

(oltre,

com' chiaro,

questi

irpTepov
b

TTpc; Ti^v

t \xiv -rrpq Tr)v Tuppriviav 'OttikoI ko vOv Ka\o|avoi ty\v irujvuiuiav AOoovec;, t 'loTTUYiav Kai tv 'lviov Xijvec;, t^v koAgu

nvriv ZipTiv

f\aav b ko

(oltre g' Itali cio) oi

Xujveq

OtvujTpo T Y^voq.
(3)

Presso Plin.

n. h.

XXXIV

23.

POLEMICA SPICCIOLA
stesso genere degli

513
ossia

abitatori
Infatti

di
"

Luceria

che

dopo aver detto che il console Papirio pervenerat Arpos per omnia pacata Samnitium, magis iniuriis et odio quam beneficio ulto
fossero Sanniti

(1).

populi Romani, vi
pestate
in

si

aggiunge
vicatim

nam

Samnites ea tem-

montibiis

hahitantes campestria et

maritima loca, contemp)to cultonim molUore atque ut


evenit

fere

locis

simili

genere,
:

ipsi

montani

atque

agrestes depopulabantur

dove (risiim teneatis!) tutta


deve esser taciuto qui un
a Clastidium,
i

una
altro

teoria etnografica fondata su quel simili genere

barbaramente franteso.

esempio istruttivo di geografia etnologica. Gli

Anamari abitavano attorno


Piacenza
(2).
Grli

non lungi da
poich per

Oxibii e

Deciati stanziavano nella


il

Narbonese

oltre le Alpi ed

Varo
il

(3).
il

Ma

sottomettere queste due ultime trib


part da Piacenza,
il

console Opimio

Pais ha
degli

coraggio di sostenere
i

che

"

veri confinanti
,

Anamari erano

Liguri

Oxibii e Deciati
il

e che, ceduto in tutto

o in parte
"

territorio di costoro

da Opimio
la

ai Marsigliesi,

lo

Stato con cui confinava

gente degli Anamari

era

quello della citt federata di Marsiglia

(4).

Fa d'uopo

(1)

Storia della Sicilia

e della

Magna

Grecia p. 374.

(2)
(3)

PoLYB. Il 84,
Stkab.

5.
il

IV

202,

quale crede perci necessario di

giustificare l'appellativo di Liguri ad essi dato


(4)

da Polibio.

Ricerche storielle
il

geografiche p. 489 seg. In questa


"

stessa nota
39, 4)
i

Pais asserisce che


"

stando a Livio (XXI


che
di

Taurini avrebbero posseduto una sola citt (unatn


eius)

urhem caput gentis


tratti di

non
.

esita a credere

si

un

"

errore liviano

Si tratta

soltanto

un

errore di latino del critico, che

non

riuscito

dere un testo chiarissimo.


nibal
Gr.

chiaro dal

contesto

ad inten{Han...

Taurinorum imam arhein caput

gentis eius

expu33

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

514

a'

miei critici

commentare queste
e della Liguria

asserzioni e dimostrare che per ehi

scrive ci la geografia e la storia antica del

Piemonte

debbono essere tabula

rasa^.

Eidotte

al

giusto valore le osservazioni etnologiche


a

del Pais, vedasi ora con qual diritto egli s'attenti

giudicare d'etimologie.
stanzi (1) l'asserzione

"

Impagabile
e certo

chiama

il

Co-

del

Modestov che
che
il

prenda nome dagli Ioni;

il mar Ionio nome d'Ionio

con

breve possa derivare

da quello degli Ioni o


i

lavones pu asserire soltanto chi neijpur sappia come

due nomi
forse
il

si

scrivono in greco. Senonch, troppo severo

Costanzi col Modestov, a cui non pu negarci


antichissima
d'Italia

la lode d'aver studiato la storia

col sussidio dei trovamenti

archeologici, egli avrebbe


"

certo ben ragione di chiamare

impagabile

tale etiar-

mologia presso uno scrittore che, ignaro dei dati


cheologici, ha fatto ricerche
col
"

sulla

etnografia
e

italiana

solo

sussidio

della
il

tradizione

della filologia.

Squillace (cosi scrive

Pais) passava per

una colonia
e

ionica

Secondo

ogni

probabilit (essa

Terina)

gnarat) che Livio vuol dire

"

una
di

citt, la
1.
:

quale era
altrimenti
il

come espone

p. es.

il

Weissexborn ad

cnpiU gentis eius sarebbe privo

senso.

Colgo questa
di

occasione per notare che


cui
il

anche

l'errore

Appiano

a
ci-

Pais intitola uno de' suoi saggi nelle Ricerche

tate, p.
(6.
e.

479 segg., non che un errore del critico. Appiano 49) dice che dopo ia distruzione di Perugia suoi nuovi fondatori sostituirono ad Era come divinit

poliade Efesto,
all'incendio
:

il

cui

tempio era

il

solo sopravvissuto

in che ci contraddica l'asserzione di Cassio


14, 5

Dione XLVIIl

secondo cui

di Era, che fu portata

si salv anche una statua da Augusto a Roma, lascio indo-

vinare al lettore.
(l

'Studi storici'

131.

POLEMICA SPICCIOLA
ebbero
la loro origine

515
il

in

quel tempo in cui sorse

nome
se

di
i

mar
soli,

Ionio e in cui gli Ioni dell'Eubea erano,

non

per lo

meno

fra

primi a solcare

mari

dell'Occidente

(1).

Un

altro esempio,

anche pi istruttivo, di questi

giuochi etimologici induce a prendere in


dei criteri cui pi s'attiene
il

esame uno
al-

Pais nell'analisi delle

antiche leggende.

noto che in Grecia e altrove

cune divinit
d' et

di cui s'era

venuto obliterando

il

culto

furono rej)utate eoll'andar del tempo personaggi storici


remota.

Tale

il

caso di Licurgo e di Minosse.


i

Eara, bench non inaudita presso


formazione, onde
Larenzia.
si

Romani

siffatta trase in

ha esempio in Rea Silvia

Acca

Ma

altro
di,

ammettere

la possibilit di

questo

umanarsi degli

altro ritener

certo o probabile

che moltissimi personaggi della tradizione greco-romana

abbiano origine divina.


simili ipotesi se

Probabilit non possono aver


il

non quando

nome
o
vi

del personaggio

sia piuttosto divino

che umano,

sieno prove di

culto a lui tributato, o quel che se ne narra divenga


pi. intelligibile trasportato dal

mondo umano

nel di-

vino.

Senza

una almeno

di queste

condizioni, ogni

ipotesi di quel genere oziosa, perch

spiegare nulla e perch, se pur possibile,


ascrivere alcun grado
criteri
il

non giova a non le si pu

di probabilit (2).

Or
caso

di
,

quei

Pais non tiene alcun conto.


di

spesso

senza additarne alcuna ragione

qualche momento,

egli trasforma in divinit moltissimi

uomini ricordati

(1)
(2)

Storia della Sicilia

I p.

165.

Sul mito divino nelle


'

leggende romane
'

v. le

mie

osservazioni nel
p.

Journal des Savants

N.

S.

VII (1909)

209 segg.
Gr.

De

Sanctis, Per la scienza dell'antichit.

33*

(16

.V

MIEI CRITICI

dalla tradizione,
delle

per dare
di essi

ogni costo

del formarsi

leggende su

una spiegazione purchessia,

allettato a siffatte ipotesi inutili dalla difficolt che v'

a dimostrarne la inconsistenza. Coriolano, ad esempio,


il

Marte

di Corioli

eppure prettamente

umano

il

suo
le

nome

di culto per lui

non

v'

alcuna traccia, e

sue avventure, che non hanno nulla di troppo strano

nel

mondo
le

dei mortali, divengono singolarissime e ri-

chiedono

interpretazioni pi stravaganti trasferite nel


di.

regno degli

Senonch

la

tradizione

gli

d per

madre
il

per moglie Veturia e Volumnia, che portano


di

nome

due note famiglie romane;

se

qui non
dei

v' nulla di troppo strano pel grosso

buon senso
i

mediocri, ben altrimenti ne giudicano

critici raffinati

come
una
per

il

Pais. Veturia di fatto

non pu
il

esser altro che

ipostasi di
l'altra
ci

Mamurio Veturio, soccorre un passo

vecchio Marte, e

di

Varrone dove
saliari

detto che Lucia era chiamata nei

carmi

Vola-

minia

fi);

n monta se questa, che par la lezione mi-

gliore, differisce

alquanto da Volumnia

(2).

rispondersi

a siffatte argomentazioni ?
e

Nulla,

Che pu se non

che basta un po' di coltura


in

d'ingegno per dimostrare

modo
dio,
il

assai pi stringente che

anche Napoleone I era


in

un

Marte crso. Viceversa


e fuori
il

casi

come quello

dell'antichissimo legislatore siracusano Diocle, che ha

avuto culto in Siracusa


evanescente
tra
i

di cui del tutto

la figura

mentre

nome ha

riscontro pieno

scere

nomi divini, il Pais non vuol saperne di riconoun antico iddio, sebbene molti riscontri abbia

dappertutto l'attribuzione a divinit di legislazioni ve-

(1)

De

l.

l.

IX

61.
I

(2) Storia di

Roma

p.

501 seg.

POLEMICA SPICCIOLA
tuste: coerente
le

517
nel combattere

sempre a se stesso mie teorie quali che sieno (1).


ogni

Ad
tra
0,
i

modo

le

antiche divinit abbondano per lui

fondatori delle colonie greche d'Occidente, gli ecisti


trascrive

come barbaramente
e

questo

termine,

gli

oichisti;

qui molto facile asserire,


,

ma

dar la prova

assai difficile

non avendo punto


si

di valore

neppur

l'argomento del culto:


di colonie erano
eroici.

sa di fatto che ai fondatori

anche in et storica attribuiti onori


di

Ora fondatore
il

Reggio

fu,

secondo Dionisio

di Alicarnasso (2),

calcidese Artimde. Il testo par


far riscontro
(3).

sano perch

al

nome sembra
Pais

quello di

Artimas, che ricorre in una epigrafe delia

nome

trova

il

In questo

con quale strazio della lingua

greca vede ognuno che un po' la conosca

il

nome

della

dea Artemide

ne prende occasione per dissertar grave-

mente con abbondanza d'erudizione sul culto d'Apollo e di Artemide in Reggio (4). Nel combatter le arbitrarie deificazioni del Pais
gli

ho prescelto nella mia storia


di seriet, e sia

esemp in cui v' una parvenza

pure

una parvenza
che
(5).

assai

vaporosa,

come per quel


Ercole rivelatore

Minucio
(|urivuTri<;)

sarebbe, nientemeno,

Non

v'

ragione perch non richiami

oggi l'attenzione del lettore anche sull'esempio umoristico d' Artimde trasformato in

Diana

(6).

(1)

'

Studi

italiani

di

filologia

classica

'

VII
p.

(1899)

p.

96 segg. V. la mia replica ibid. XI (1903)


(2)
(3)

433 segg.

Ant. Bom.

XIX

2.

II' 587 V. 59. Con ci cadono dubbi proposti dal Cobet Observationes criticae et palaeographicae ad Dionysii H. antiquitates (Leiden 1877>

DiTTENBERGER SylloQe

p. 215.
(4)

Storia della Sicilia p. 184 segg.

(5) St. dei


(6)

Romani
ci
il

II

16 n.

5.
il

E dopo

Pais ha

coraggio

di

vituperare

618
Credo
d'

a'

miei critici

aver

documentato gi sufficientemente
il

la

preparazione filologica con cui


studio della tradizione.

Pais

si

accinto allo
(ser-

Ma
lievi,

con un altro esempio


per non tediare
tal
il

bandone non pochi n


ad altra opportunit)

lettore,

(1)

mostrer come

prepara-

zione egli adoperi nel mettere insieme teorie nuove.

Con

la

consueta verbosit discute


si

il

Pais intorno a un
"

passo d'Aristotele, ove

asserirebbe

che Locri era

"

quegli archeologi che oggi trovano traccie di cose Cre

tine in tutte le coste del Mediterraneo

{Ricerche p. 481).

Non dimenticher

l'

yKOc

xfiq iaxopiac;

al

segno di dargli

la meritata risposta.

Ma

vorrei che

si

finisse

una buona

volta in Italia ed all'estero di levare le grida se crediamo


lecito notare

liberamente

gli errori

di

ehi osa scrivere

in tal

modo. Ermanno Peter mi rimprovera di soverchia vaghe le osservazioni del vivacit perche ho chiamato
'

'

Pais sulle Forche Caudine

('

Berliner phil. Wochenschrift

'

1908

p. 888).

Ed
il

espressione,

come non

esiter a rico-

noscere chiunque sappia la nostra lingua, temperatissima.

Ma

ha un'idea

Peter del torrente di contumelie che


il

a getto costante
italiani ?

Pais

versa

su tutti

gli

archeologi

iesti.

Qui dar solo un saggio delle sue congetture sui fXa dir fXuuvoc; fr. 104 Mueller ToO AiTvri(; ko 'Tinpou, egli propone di leggere ko toO Mdpou {Storia della Sicilia p. 233 n. 1) e s'iuimagina sul
(1)

Presso Hellan.

..

sei'io

che questo sia greco.

Non meno degna


n.
1)

di nota
'PuiriKfn;
(!)

la

proposta di sostituire in Diod. Vili 17 k


cit.

a K KpnTir; (op.
l'antico

p.

192

e quella di

correggere
12 agli Ar-

nome

di AlZeioi attribuito

da Dionys.

cadi in AYiaXeToi (rivieraschi!).

molti altri esempi potrei

addurre di congetture inutili o arbitrarie.


perdonabile
il

E
:

quindi assai
dei testi

Pais se vitupera la mia critica


e

(Ricerche storiche

geografiche p. 138 n. 1)

essa

non ha

con

la sua nulla di

comune.

POLEMICA SPICCIOLA
stata fondata

519
(1);

dai

servi

dei

Lacedemoni

e di-

chiara gi'avemente che questa narrazione


dittoria,
fir,

"

contrad-

dacch mentre riconosce che

Locresi Epize-

sia

pure per parte di donne, discendevano da quelli

.della

G-recia,

nondimeno

li

considera quali servi dei

Lacedemoni abitatori del Peloponneso . A questa conclusione non s'acqueta il Pais e dopo un altro verbosissimo simulacro d'analisi critica,

allegando che co-

mune con Taranto ha


servi spartani, procede

Locri la origine leggendaria da

ad interpretare

la leggenda. Gli

par cio che essa alluda, per Locri come per Taranto,
al succedersi di
il

due gruppi
e

di

migratori provenienti
,

primo dalla Grecia settentrionale


meridionale.

il

secondo dalla

Grecia centrale
di trattenersi su

Non

vai forse la pena

questa bizzarra interpretazione secondo per l'inter-

cui

servi della leggenda si trasformano

prete, con

quanta verisimiglianza ognun giudichi, nei


soggiogarono
popolazioni greche
assai jd grave

padroni, ossia in coloro che partendo dalla Grecia centrale o meridionale


le

venute anteriormente dall'Epiro.


che
fine

Ma

tutte

queste disquisizioni e fantasticherie senza


di greco del Pais.

procedono solo da un errore


sappia
i

Chiunque

primi

elementi di

questa lingua
si

vedr che nel testo d'Aristotele e di Polibio non


parla di servi degli Spartani,

ma

di servi dei Locresi

e di figli nati a costoro in Locride dalle

donne
la

libere,

mentre

Locresi

atti

alle

armi guerreggiavano
(2).

in

Messenia come

alleati di

Sparta

contraddi-

ci)

Storia della Sicilia p. 199 segg.

(2)

PoLYB. XII 5 segg. V. in specie


contro

6''

9 seg.

oi

AoKpol

(che militavano

Messene) kot

|Upo(; toc; irav-

bou<; Troiou|Li6voi (in patria) ko


q)f]v

anavmc,, oaav vaarpo-

Trp(;

yevoGai auvriSeaxpav f| Toq 5 pxn^ vpa<;. toTc; b -aapQvoic, ko luciXXov, 6 Kal Tf\(; HavaaxaeuK; atriov Yyovev.
Tac,

YuvaiE

up^ oiKxaq

520

a'

5IIEI CRITICI

zione veramente barbina d'aver detto che


tani fondarono
al

servi spar-

una colonia locrese non va imputata

maestro di color che sanno,


che

ma

allo
.,

scrittore

mo-

derno

con

"

grave supercilio

ne

critica le

asserzioni.

Per dare un ultimo esempio dei metodi del Pais, esaminiamo che maniera di prove egli adduca a confortare la sua tesi sulla falsit dei documenti

romani

del secolo V. Prescelgo

il
,

pi importante di quei dosu cui egli ha


di

cumenti
recente

Fasti consolari
articolo

scritto di

un

pieno
del

confusione e scarso di
inesattezze e

logica, ove

abbondano

resto

con-

traddizioni con ci che detto in tal proposito nella

sua storia di

Roma

(1).

vero che

tal

mia dimostradirsi che


il

zione superflua; perch se poteva rimanere sull'autenticit

dei

Fasti qualche

dubbio, pu
futili

Pais

r abbia ora disperso

coi

argomenti che

riuscito a trovare contro di essa.

Uno

degli argomenti principali per difendere la sosi

stanziale autenticit dei Fasti

desume, come
principio

noto,

dal comparirvi con fi'equenza


famiglie patrizie
poi estinte;

fin dal

nomi

di

dacch se fossero

stati

composti

in

et
si

pi

recente, in

cambio

d'inserirvi
le

questi nomi,

sarebbero invece moltiplicate che


ci
fioi'ii-ono

mene

zioni di famiglie

nei secoli
il

successivi.

Vedasi quel che a

oppone

Pais. Sp.

Larcio

T. Erminio consoli nel 506 vengono menzionati come

(1)

'

Rend. dei Lincei

'

ser.

voi.

XVII (1908)

p.

33 segg.

POLEMICA SPICCIOLA

521
il

compagni
Sublicio.
nit solare

di

Orazio

Coclite

nel

difendere

ponte

Se
"

vero

che Orazio Coclite sia una divi-

per lo

meno dubbio che


(p.

siano

figure

storiche

suoi

compagni

37)

Qui
Coclite

osserviamo

anzitutto che la leggenda d'Orazio

ha avuto
sosia egli

origine probabilmente dalla statua d'una


lare (sopra p.

divinit

334);

ma
la

inferii-e

di qui

che

stesso

una

divinit solare tanto arbitrario quanto tras-

formare in una dea

papessa

Giovanna perch

la

sua leggenda trae origine probabilmente da una statua


di dea.

Pienamente assodato
leggenda
e

in

ogni caso che l'epola

pea

e la

pi ancora

speculazione an-

nalistica collegavano figure storiche e figure

mitiche

onde
contro

dall'essere

associati a Orazio
sia

Coclite,

ammesso
si

pure che questi

una

divinit solare,

nulla

trae
dalri-

la storicit di

Larcio e d'Erminio,

come

l'essere

associati

nei

Nibelunghi a Siftndo nulla


con

sulta contro la storicit d'Attila o di Teodorico, o dall'essersi favoleggiato di loro relazioni


le

Amazzoni
a fa-

nulla

si

trae

contro

la

storicit

di

Alessandro e di

Pompeo. Curioso
per
il

poi

come
e
il

il

Pais argomenti
i

vore della sua tesi dal ricorrere nei Fasti


506,
il

Larcii solo

501,
e

il

498

490

av. Cr., gli

Ermin
si

solo pel

506

448, la qual cosa sta invece,

come

detto, a favore della tesi opposta; e anche pi singolare

che

egli

alleghi
di

il

"

carattere
e

schiettamente
(p.

etrusco

dei

nomi

Larcio

d'Erminio
se

37).

Ammesso
nulla
fin
;

questo carattere etrusco che, specie per Erincerto,

minio, abbastanza

non

ne trae proprio

Romani ed Etruschi limitrofi e da tempo molto antico avendo i Romani dominato


perch, essendo

talora in territorio etrusco e gli Etruschi talora in territorio

romano

e persino nella stessa

Roma, sarebbe

tanto singolare che mancassero nomi etruschi in

Roma

quanto che mancassero (come in

efi'etto

non mancano

522
punto) nomi
pecca contro
a Sp. Cassio
:

a'

miei critici

italici

in Etruria. Pii
il

gravemente ancora
dice

la logica
"

Pais ragionando cos intorno


si

Se

pura leggenda quanto


il

sulla sua legge agraria, naturale sorga


sia

sospetto se
.

genuina

la

menzione
se

di lui nella lista consolare

Leggende peraltro

ne raccontano non poche anche

intorno a personaggi notissimi dell'et storica,

ma

che

cosa ha da fare ci con la attendibilit della loro menzione nelle liste dei consoli, degli arconti o degli stra-

teghi

Che ha da

fare

il

valore delle tarde

leggende

dei martiri con la attendibilit della loro menzione nei

pi antichi martirologi
L'osservazione
Fasti ora
i30

'?

che alcune

genti

figurano nei

come plebee non prova proprio nulla contro la veracit dei Fasti. Anche in piena et storica famiglie plebee e patrizie hanno lo stesso gentilizio, e cos a buon diritto i Claudi figurano nei Fasti ora come patrizi, ora come plebei. Senonch, osserva il Pais, i cognomi di Camerinus, Vescellinus, Auruncus,
patrizie ora

come

Siculus,
Sulpici,
i

Tuscus, Medullinus, Sabinus, che avevano


i "

Cassi,

Comini,

Cieli,

gli

Aquill,

Furi,
sulle
in-

Sicini,

non indicano

affatto

trionfi

romani
ci

genti straniere di cui fanno ricordo. Essi

fanno

vece comj)rendere che codeste famiglie erano originarie


delle citt vicine del

Lazio

e delle

regioni etrusche e

volsche.

Codesti cognomina indicano una estensione

di territorio soggetto a

Roma

che oltrepassava persino

quello che la tradizione suppone in potere di essa al


principio del

secolo.

Noi abbiamo
liste

in questo caso, se-

condo ogni probabilit,


mediante

di falsi antenati ottenuti


,

falsificazione letteraria

(1).

Le mille volte

(1)

Mera.

cit.

p. 38. Alle

divagazioni del Pais su quei


fa
il

cognomi si confronti la critica assennata che ne MoMMSEN Rum. Forschnngen II 291 segg-

POLEMICA SPICCIOLA
stato

523
i

notato

che

Pasti primitivi,

come
i

documenti
ascri-

pi antichi, registravano probabihnente


e

soli gentilizi

che

ai

cognomi, aggiunti pi
stessa

tardi,
:

non pu

versi

la

autorit dei gentilizi

ammesso pure
riferiti

che sieno cognomi autentici, possono essere stati adottati col

tempo da una gente


suoi avi.

poi

erroneasi

mente
le

a'

Del resto supponiamo che


antica dei Fasti.
di

tro-

vassero nella
genti

redazione pi

Che

tra
dal-

romane ve ne

fossero

provenienti
citt

l'Etruria o dalla Sabina o dalle vicine

latine

detto in

modo

esplicito dalla tradizione, e se

non

fosse

detto sarebbe parimente da affermarsi con piena sicurezza.


i

crede sul serio

il

Pais che

cittadini o

anche
i

soli patrizi

romani del 450 fossero non


prima avevano
le

altro che

discendenti di quelle poche


tre o quattro secoli

dozzine di contadini che


loro capanne

sul Palatino ? Chi

pensa cos muove da concetti ansi

tiquati sullo svolgersi degli Stati patriarcali e

pre-

clude
in

ogni

via a spiegar la trasformazione di

Roma

grande
vero

citt.

Ma

poi non punto necessario, anzi

molto improbabile che quei cognomi denotino sempre


il

loreteso

luogo di origine. Alcuni


si

anzi,

Vescellino, incertissimo che


locali, altri

eolleghino con

come nomi

possono derivare dal luogo dove una gente


da relazioni di ospicoi

aveva
talit

suoi possessi fondiari,

o d'interessi
gli

che
di

una gente avesse


Medullia,

Tusci

o con

abitanti

da conoscenza che

essa vantasse
di

della lingua, del dialetto, degli oracoli


vicina,

qualche

terra

da

matrimoni contratti con

donne

d'altri

popoli con cui s'avesse diritto di connubio.

Non
cosa
il

trovando altro che questo


osserva

ed ben poca
gentilizi,

da opporre all'argomento tratto dai


che
:

Pais

" i

Fasti

di

codesti primi anni

della repubblica

romana erano
,

di assai
(p. 39).

dubbio valore

a giudizio degli stessi antichi

Ora Livio per

524
i

a"

miei critici

primissimi anni di quel secolo (499-96) ossei-va semi

plicemente, non gi che

Fasti sono di dubbio valore,

ma

che nelle redazioni dei Fasti erano varianti note-

voli (1). Ci

stanziale dei Fasti,

non prova nulla contro l'autenticit socome le notevoli varianti che abbiamo
liste

anche in et pienamente storica nelle


le diverse

pervenuteci

dei re di Macedonia o di Sparta provano soltanto che

redazioni non hanno

un medesimo

valore.

Ma

ad ogni

modo
in

se varianti ricorrono nella lista dei

consoli
tichit,

come
sono

in tutte le liste a noi trasmesse dall'an-

fondo

varianti

di

poco momento
delle

quanto
dazioni,

pii insiste

sulla indipendenza

varie

re-,

tanto
il

pii

mi pare

che, senza addarsene, di-

mostri

Pais l'autenticit di ci che a tutte comune.

Una

delle

pi

gravi varianti, e di cui

il

Pais

mena
che

pi scalpore che,
Pisone, o meglio
il

come Livio
testo
di

ci

avverte, Calpurnio

Calpurnio

Pisone
i

Livio aveva
del

ti'a

le

mani, non registrava

consolati

307

e del 306,

che pur figuravano nei Fasti. Arl'autenticit

gomentare da questo contro


tenticit

dei

Fasti

sarebbe tanto ingenuo quanto argomentare contro l'audella


lista

degli

arconti

ateniesi

dal

man-

care presso Diodoro (o meglio nel nostro testo di Dio-

doro) l'arconte del 452/1.

Pu

ricavarsene soltanto che

nella lista di cui disponeva Calpurnio eran cadute

due

coppie di nomi ovvero che nel testo

degli annali di

Calpurnio di cui
ragrafi.

si

serviva Livio eran caduti due pa-

(1) Liv. II

21 (ad

a.

496)

tanti errores

inplicant tem-

porum rationem

apud alios ordinatis magistratihus, ut nec qui consules secundum quos nec quid quoque anno actum sit, in tanta vetustate non rerum modo sed etiam auctorum diyerere possis.
aliter

POLEMICA SPICCIOLA
Infine,
al

525
"

dir

del

Pais,

Fasti
a.

al pari di

Livio

danno per console del 284

C. L. Caecilius
il

Denter

che, stando a fonti pi autorevoli, era

pretore che

un anno
(p.

innanzi cadde in battaglia presso

Arezzo
il

39).

Qui

iDrima di tutto

degno

di
il

nota

co-

stante disprezzo della esattezza con cui


le

Pais tratta

questioni
il

piti

gravi.

La

fonte pi autorevole che

menzioni
e Polibio

pretore L. Ceeilio precisamente Livio, che


il

invece secondo

Pais lo avrebbe dato per console (1);

da

lui citato in nota,

che ne avrebbe fatto

in contraddizione eoi Fasti e con Livio

un pretore,

lo

chiama semplicemente stratego, con un vocabolo che

pu

applicarsi parimente ad

sole (2).

Che

anzi,

un pretore o ad un concome mostra l'accurata e precisa


il

analisi che fa del suo testo

Mommsen,

il

racconto

polibiano presuppone

che

il

vinto d'Arezzo rivestisse

per l'appunto
scrittore pi
eilio

il

consolato (3): sicch, d'accordo con lo


i

autorevole,

Fasti

menzionano L.

Cefedespie-

console nel 284. L'errore della fonte


lo dice pretore

meno

degna che
mostrato

pu

assai

agevolmente

garsi mediante
il

una

falsificazione annalistica,

come ha
da esclu-

Mommsen,

ad ogni modo non


altro
Cecilie.

dere che la confusione derivi per l'appunto dall'essere


stato pretore nel

285 un
si

Del resto

se

anche pel 284 e 285


simile
variante,
il

fosse riscontrata nei Fasti


assai,

che improbabile

una per non


da
le

dire che assurdo, ci confermerebbe soltanto che dei

Fasti

si

avevano,

come

notorio

ed ammesso

tutti, varie redazioni di diverso valore.

Ma

questa e

(1) Perioch.

12

bello

Gallis indicto L. Caecilius praetor


est.

db

eis

cum

legionibus caesus

(2) II
(3)

19, 8.
II p.

Rom. Forschungen

366 segg.

526

a"

miei critici

altre varianti su cui qui inutile trattenerci

son del

tutto indipendenti dal problema dell'autenticit sostanziale della lista,

come

le

moltissime varianti che


S.

s'in-

contrano nei codici delle lettere di


nulla di

Paolo non hanno


confonde a ogni

comune

in generale

con

la questione dell'au-

tenticit delle lettere stesse. Il Pais

passo

due problemi che vanno invece tenuti nettadistinti,

mente

come
il

sa ogni critico che siasi occupato

di ricostituire

testo

d'uno scrittore

antico,

quello

dell'autenticit e quello della attendibilit

maggiore o

minore
bene
le

delle varie redazioni.

Ed

bene notare che sebper lui non

sue parole spesso molto vaghe e inesatte posl'apparenza


del

sano dare

contrario,

si

tratta soltanto di dubitare pii o

meno
di

del valore del-

l'una e dell'altra

redazione,

ma

negare

del

tutto

l'autenticit dei Fasti fin

dopo

la

met

del secolo

n potrebbe egli fare altrimenti, poich, come gi


disse,

si

tutta la sua critica

della tradizione intorno al

secolo

si

apiDunta nella -conclusione che la origine

del popolo romano-sabello spetta alla seconda

met

di

quel secolo: n poteva


strati o

il

popolo romano avere magi-

documenti

scritti
il

prima

di nascere.

Per questo

appunto

Pais dal non

esservi

stata

rispondenza esatta tra


lare vuol trarre che
i

l'anno

civile e l'anno

luni-so-

Fasti per l'et anteriore al de(p.

cemvirato siano privi di valore


credibile salto logico

65): con quale inrilevare.


di

ognuno pu
le
liste

Per questo

non vuole ammettere che


la stessa

eponimi (come

eponimia) siano nate

fin dalla

prima met del


e le fa
si

secolo

dai bisogni della vita pratica (p. 48).


tarda,

sorgere in et pi
rebbe, culturali
d'eiDonimi
;

per interessi,

come

di-

mentre
in

evidente

che eponimia e
la stessa
il

liste

hanno
le

Roma
di

e in

Grecia

ori-

gine pratica e lo stesso


fronto con
liste

significato:

n vale

con-

magistrati dei

Comuni medie-

POLEMICA SPICCIOLA
vali,

527

dove avendosi un'era non

si

aveva bisogno della


si fa

eponimia. Per lo stesso concetto erroneo ch'egli


delle origini tarde del

popolo romano-sabello, antitrail

dizionalista com', insiste tanto

Pais nel difendere

il

mito ormai

sfatato

della

distruzione pienissima

dei

pi importanti documenti antichi per opera dei Galli.

Non

deve

dubitarsi

secondo
i

lui

"

della

esplicita

dichiarazione di Livio che

commentari dei

pontefici

perirono nell'incendio,

(p. 60).

Ora

infinite altre espli-

cite asserzioni fa Livio intorno all'incendio gallico;

di moltissime tra esse

il

Pais rifiuta di creder verbo.

Questa solamente

intangibile,

non perch fondata su

documenti

persin ridicolo supporre l'esistenza di

un

documento pontificio del 390 in cui si dicesse che ma solo perch tutti i documenti anteriori eran periti senza un atto di fede in questa asserzione di Livio pre;

cipitano le teorie costruite sulla negazione d'ogni do-

cumento
lico.

e d'ogni tradizione anteriore all'incendio gali

Mentre, prescindendo affatto dalla questione se


scrivessero veri e projirl

pontefici

commentari prima

del 390, la dichiarazione di Livio (sopra p. 304) prova

soltanto che al suo

tempo non

esistevano, ovvero che


gli

a lui o
dei
si

alle

sue fonti erano

sconosciuti

originali

commentari

pontifici anteriori a quell'anno, e che


l'in-

spiegava questa mancanza, vera o pretesa, con


;

cendio gallico

non
ai

si

non pu trarsene null'altro quando ammetta una tradizione orale genuina sui parfino

ma

ticolari di queir incendio conservatasi fedelmente

primi

annalisti e da

essi

fedelmente

trasmessa a

Livio, cosa che senza dubbio assurda e indegna di

discussione

(1).

il

Pais, che

non vuol credere ad una

(1)

Non diversamente va
cui

giudicato della protesta di


fa

quell'ignoto Clodio di

parola Plutarco Ntim.

328

MIEI CKITICI

tradizione orale genuina, sotto nessuna forma, neppure


pei fatti pi importanti
della
storia

antichissima di

Roma,
secoli

davvero coerente con se stesso ammettendo che


si

di questo particolare
il

sia

conservato oralmente per

genuino ricordo.

Ed

mirabile la sicurezza

con cui asserisce che l'archivio dei pontefici deve essere


andato distrutto perch formato da tavole di legno,

mentre

si

sa soltanto che

ogni anno

pontefici,

dal

tempo
nevano
anno

della
al

prima punica o

della terza sannitica, espo-

pubbKco una tavola imbiancata


ci

eoi

nomi
la

dei

magistrati e notizie sui fatti pi


;

notevoli di

ciascun

questo naturalmente non


sul materiale

permette

bench
i

minima induzione
documenti che

onde erano

costituiti
(1).

essi

serbavano nei loro archivi


che

poca

poi ben naturale

facendosi della logica


il

un

concetto cos diverso dal mio,


logica

Pais

(p.

68) accusi di

me

perch

sujjpongo che

prima ancora
fossero
in

delle leggi Licinie Sestie del

366

a.

C. vi

Roma

tre magistrati col titolo di pretori.


i

Di

fatto, egli

osserva,

Pasti parlando sempre di due consoli o pre-

intorno alle falsificazioni genealogiche. Che falsificazioni


di questo

genere

vi fossero

sapeva Cicerone

al

pari di

Clodio

che dovessero spiegarsi con l'incendio gallico

una spiegazione semplicistica di carattere puramente congetturale. Quante falsificazioni genealogiche ricorrono nella storia medievale, che nessun incendio gallico pu
giustificare
I

bene

del resto notare che questo passo


citato
si

tanto spesso e tanto a torto

riferisce

unica-

mente
(1)

agli alberi genealogici privati delle famiglie nobili.

singolare

come
ne ha

si

dimentichi intorno alle tahulae

dealbatae e alla loro relazione coi documenti archivistici


pontifici quel che

scritto

molto assennatamente
classica
'

il

Cantarelli

'

Rivista di

filologia

XXVI

(1898)

p. 2f)9 segg.

PfiLEMICA SPICCIOLA

529

tori e

non

di

tre,

la

mia

teoria
dei

"

condurrebbe essa
contenenti le

stessa alla poca attendibilit


liste

Fasti

dei
i

due colleghi

,.

S certo, se io avessi affermato

che

consoli

cominciarono

ad

essere

registrati

da

quando ebbero origine; ma appunto ho detto chiaro che ebbero origine, a mio avviso, assai prima del 500
e che la

inegualit
si

dei

poteri

tra

pretori, per

cui

quello che
ferioi'e agli

occup

di sola giurisdizione

rimase inl'esercito,

altri

due che attesero a dirigere


del

non

pi

recente

declinare

della

monarchia

quindi non pu rispecchiarsi nei Fasti (sopra p. 436).

Questi

s'

iniziano di fatto circa


il

il

principio del secolo V,

quando
annui.

re ormai del tutto oscurato dai magistrati


serio che
il

N molto

Pais ricorra contro di

me

alle leggi Licinie-Sestie, egli

che non solo nella sua

cosiddetta Storia non presta fede a nessuna di queste


leggi,

ma

dubita persino della esistenza storica di Sestio

e di Licinio.

del resto,
di

poich

l'opinione

che alla

monarchia succedesse

punto

in bianco

una diarchia
pii ac-

annua

assurda ed antistorica e ormai non

colta da nessuno,

non vedo
consolare

in che l'opinione di molti

che alla diarchia

precedesse

annua

si

accosti alla tradizione pi della


il

una dittatura mia che alla

diarchia consolare precedesse

collegio dei tre pretori

o comandanti

contingenti delle trib.

Ed

poi ridi-

colo che protesti di trovarsi pi consei-vatore di


Pais,
il

me

il

quale conforme

alle

sue teorie (sopra p. 377)

fin

verso

il

tre magistrati

430 non pu ammettere n uno n due n supremi del popolo romano-sabello, ma


il

nessuno, perch un popolo che non esiste non pu aver


magistrati. Peraltro, osserva
critico,
"

il

terzo pretore
alla

dovrebbe apparire nei Fasti perch


fine della

mantenne sino
di

repubblica

il

carattere

di

magistrato epoquesta
consoli.

nimo

Qui conviene intenderci sul senso

eponimia.

Eponimi

erano veramente

soli

530
ossia

a'

miei critici
cui

erano
si

soli

magistrati ordinari da
gli

comu-

nemente
si

datavano

anni.

Qualche volta tuttavia


il

aggiungeva nei documenti anche

nome

del pre-

tore urbano e del peregrino. Se dovesse inferirsene che

quindi essi dovevano essere registrati nella

lista

dei

magistrati eponimi, ci vaiTebbe per gli anni seguenti


al
e,

366 n pi n meno che per


per usare

gli

anni precedenti,
"

la elegante frase del Pais,

condurrebbe

alla
l'et

poca attendibilit dei Fasti consolari


dei Gracchi e di Siila.

anche per

E
dere.
fatto

potrebbe continuarsi.

Ma

credo che

il

gi detto

basti al

mio assunto e mi permetta ormai di concluEd , ben s'intende, questa mia conclusione afobbiettiva e impersonale, talch mi frantendecredesse di trovarvi raccolti
i
i

rebbe d'assai chi

miei

giudizi sull'uno o sull'altro critico anzich


nella disputa

punti che

mi par

d'avere assodato

todo. Costretto a rilevare errori di

intomo al memetodo e di fatto,

non ho punto inteso


si

di dire

che in questi soli errori

riassuma l'opera di Guglielmo Ferrer o di Ettore


e.

Pais e di negare p.

al

primo

la lode d'aver ridestato

nel cos detto gran pubblico


di

l'interesse per la storia

Roma,

al

secondo quella d'aver raccolto un'ampia


i

congerie di materiali di cui potranno giovarsi


storici di

futuri

Roma. Ma, prescindendo

del tutto dalle per-

sone, credo d'aver dimostrato che senza lo studio del

materiale archeologico, la ricerca etnografica

un vano

giuoco d'ingegno; senza una profonda conoscenza della


filologia l'analisi della tradizione

non pu
per
sui

riuscire che
sui
si

ad una sequela d'errori; quando


dati tradizionali

sofisticare

o per

dissertare

monumenti

POLEMICA SPICCIOLA
perde di vista
della storia;

531

la realt della vita non s'intende nulla quando si cerca di scrivere storia senza studiare a fondo monumenti e documenti, non si scrivono che romanzi. Possano i giovani studiosi italiani evitare questi errori. Se non rimarr del tutto inutile

l'opera

da

me

spesa

nell'additarli

nel mettere in

guardia

contro di essi, sar

grato a coloro che, sia

pure senza volerlo,

me

ne hanno prto l'occasione.

Piccola Biblioteca

di

Scienze Moderne
iii-12.

Eleganti volumi

1897 di astronomia Zaotti-Biakco, In cielo. Saggi 4* edizione, 1906 pIthrein 11 Socialismo umano. Con figure B.ZZ..za . difetti del corpo

L.
.

2,50

2,50
fi:

S.^x,^S?Tl^2^.

Atto;no

all'Italia

preistorica.

Co^

5 1901 Con figure Rxzf/4rFrS di' storia naturale. edizione, 1907 feUcit della 2^ ^^^^.^ LoMBKOs;, Il noUema dommn MoKAsso, Uomini e ^dee del (sequestrato). ioo i898 J^^; ^ Uaix t. dt economiche ^ ^sMisT^r, Le dottrine
\

8-

9.

HuGUES,

Oceanogrra/irt

1898

10. Featt,

11. 12.

13. 14. 15. 16.


17.

18.
19.

sole -IS^'^ Zanotti-Bianco, Nel regno del i moderno Tkoilo, Il misticismo 1899 l'arte greca. Con figure Jekace La ginnastica e fe"nine?-m9 o maschi nasce ReveTi^i, pLh si Spaiai, La genesi sociale del fenomeno '^^'^fr'Q^^H^,^ Con 9U gure contemporanea. Vecchj e D'Adda, La marina 1899 ^ 1899 De Sanctis, I sogni edizione!" eaizione,^ la vita Evans, Come prolungare

(ionna

intona

^_ ..''
(,

lyy

'.
.

2 2,50 3 3 2,50 2,50

5 5

De Lact

3
3

20.
2 edizione

4
1907
.

scientifiche popolari 21. Mach, Letture di Lombroso. precursori I 22.

"

teoria dei bisogni 23. Tkivero, }^^^ rinascimento educativo 24. Vitali, Il 1^^^ del tempo 25. DisA, Le previsioni 1^"}^ contemporanea 26. Tarozzi, La virtii lyuu scienza ricreativa 27. Strafforello, La i"" ^ Tprndenza delle nazioni latine Q^T>r.r 28. e sociali . le sue idee economiche r.V.ron. 29.

ILmm,

Con

iqa ^^^^
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.. 1900

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La

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3,50 2,50 2,50

2 3 2 3

K^A^r

30. De Roberto, I/'^r^' alimenti vigilanza igienica degli 31. bLcioni, La 1^^^ simbolismo Il 32. Marchesini, nautica . , , 33. Naselli, Meteorologia sud del nord e italiani del 34, NicEFORo, Italiani

19^1

,.-..
'

- 1901
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4 4 2,50 4
3,50 2,50 5

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'_ 1901 lyui

Fratelli Bocca, Editori

Torino.


Piccola Biblioteca di Scienze

Moderne
. .

2* edizione, 1901 35. ZoccoL.1, Federico Nietzsche 36. Loria, Il capitalismo e la scienza 1901 37. OsBOEN, Dai Greci a Darwin 1901

L. 4

(esaurito).
.

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38. CiccoTTi,
e la

La guerra

3,50 3,50 3

2,50 3 2,50 3: 3,50 3.50

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Fratelli Bocca, EtUtori

Torino.

Piccola Biblioteca di Scienze


82. Clodd,
83.
84.

Moderne
1904
2,50

L'uomo primitivo. Con

Baldwin, L'intelligenza
Cappelletti,

85. Lombroso, 86. Emerson, 88.

La Rivoluzione 1904 La vita dei bambini. Con figure

figure

1904

....

Uomini rappresentaiivi

1904

1904

87. MoEBius, Inferiorit mentale della donna 1904 GuMPLOwicz, Il concetto sociologico dello Stato 89. Agresti, La filosofa nella letteratura moderna

90. 91. 92.

93. 94.
95.
96.

97. 98. 99.

100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115. 116. 117. 118. 119. 120.

1904 1904 Lombroso, I vantaggi della degenerazione. Con figure 1904 Pegrassi, Le illusioni ottiche. Con figure 1904 MoRAsso, La nuova arma (La macchina) 1905 Menger, Lo stato socialista 1905 Canestrini, Gli amori degli animali. Con figure 1905 RizzATTi, Dalla pietra filosofale al radio. Con fig. 1905 Carlyle, Passato e p>resente 1905 CouGNET, Il ventre dei popoli 1905 Bizzarri, La base fsica del male 1905 Cappelletti, Storie e leggende 1905 Clodd, Storia della creazione. Con figure 1905 Zanotti-Bianco, Astrologia ed astronomia 1905 Hall, Il suolo 1905 Baratta, Curiosit Vinciane. Con figure 1905 Fraccaroli, La questione della scuola 1905 Evans, Lao-tse e il libro della via e della virt 1905 Clodd, Miti e sogni 1905 Labanca, Il papato 1905 Villa, L'idealismo modei'no 1905

, , ,

5 3 3,50 2,50 3,50 3,50

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3,50

....

Fanciulli, L'individuo nei suoi rapporti sociali DucLAux, Igiene sociale 1905 Ravxzza, Psicologia della lingua 1905 Clodd, Fiabe e filosofici primitiva 1906 Cappelletti, Principesse e grandi dame 1906 NicEFORo, Forza e ricchezza 1906 Renda, Le passioni 1906

190.

34 3 3,50 5
3,50 2.50

3,50 3,50 5 5

Romano,

La

jjsicologia pedagogica

....

1906
.
'

RizzATTi, Dal cielo alla terra 1906 Canestrini, 1/6 societ degli animali. Con figure 1906 ToNNiNi, La psicologia della civilt egizia. Con fig. 1906 Ferrucci, Il traforo del Sempione e i passaggi alpini. Con '. figure 1906

3,50 3

121. Lombroso e Carrara, Nella penombra della civilt 1906 122. Sacchi, Istituzioni di Scienza occulta 1906 123. Wilde, Intenzioni 1907 , 124. LoRiGA, La struttura e le funzioni del corpo umano. Con 1907 figure , 125. Baratono, Psicologia sperimentale 1906 126. Fanciulli, La coscienza estetica 1906 127. Key, Il secolo dei fanciulli 1906 128. Cappelletti, Dal 2 Dicembre a Sedan. Con ritratti 1907 129. Zini, Giustizia 1907 ,

3,50 o o 5 5 3,50

3,50 3,50 5

Fratelli Bocca, Editori

Torino.

Piccola Biblioteca di Scienze


130. 131. 132. 133. 134. 135. 136. 137. 138. 139.

Moderne

Ballard, / miracoli dell'incredulit

L. 1907 1907 Limentani, La previsione dei fatti sociali 1907 CoNN, Il metodo dell'evoluzione. Con figure 1907 Sergi, La Sardegna. Con figure 1907 Lacey, Il Cristo storico 1907 Newman, Fede e Ragione 1907 De Loeeszo, Terra madre 1907 Bryce, Imperialismo romano e britannico 1907 , lAZiBnoso, Attraverso la rivoluzione e il primo impero Wegener, Noi giovani! Il problema sessuale nella vita prematrimoniale d'ogni giovane istruito. Purezza, forza,

.... ....

.
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2* edizione, 1908 amore 1907 140. Snyder, La nuova scienza 141-142. Morselli, Psicologia e spiritismo. Con figure 1908 143. Alaleona, Storia dell'oratorio musicale

, , ,

144. 145. 146. 147. 148. 149. 150. 151. 152. 153. 154. 155. 156. 157. 158. 159. 160. 161. 162. 163. 164.

165. 166. 167. 168. 169. 170.

171. 172. Renda, L'oblio 173. De Sanctis, Per la scienza dell'antichit 174. Lomrroso, Caratte-i della femminilit.

1909 , Bain, Scienza deW educazione 1908 , Michels, Proletariato e borghesia 1908 MoEASso, DoniHS Aurea 1908 , FouRNiER d'Albe, La moderna teoria dell'elettricit 1908 , Cartht, Storia dell'Inghilterra nel secolo XIX 1908 , Paulsen, Contro il clericalismo 1908 , Battaini, Lo Stato contro la Chiesa 1908 , Ostwald, Come si impara la chimica 1908 , Ostwald, Come si studiano i corpi 1908 , FoEMicHi, Salus populi. Saggio di scienza politica, 1908 , Cappelletti, Da Ajaccio alla Beresina. Con ritratti 1908 Zanotti-Bianco, Spazio e tempo. Con figure 1909 Ket, L'amore ed il matrimonio 1909 Leland, La forza della volont Ferrari, I partiti politici nella vita sociale 1909 1909 Mason, Le o'igini delle invenzioni. Con fig. 1909 Forel, Etica sessuale 1909 Scott Palmer, La Chiesa e Vuomo moderno 1909 Newman, Il papa, il Sillabo e l'infallibilit papaie 1909 Marchesini, L'intolleranza e i suoi presupposti 1909 , SiLVAGNi, L'impero e le donne dei Cesari 1909 , SiGHELF., La coppia criminale. Con fig. LiESEGANG, Il Cinematografo (in corso di stampa). 1909 , Schopenhauer, Aforismi sulla saggezza della vita 1909 , Carpenter, L'amore diventa maggiorenne Canestrini, Le alleanze degli animali e delle piante - 1909 , Bechterew, La suggestione e la sua importanza nella vita 1909 sociale Kierkegaard, Il diario del seduttore (in corso di stampa).

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1908
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I volumi di questa serie esistono pure elegantemente legati in NB. tela con fregi artistici, con nna lira d'aumento sul prezzo indicato.

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56

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Sane ti s, Gaetano de Per la scienza dell' antichit

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