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NAVIGANTI

del laboratorio Nuvole


Centro Diurno del Centro di Salute Mentale di Lecce

maggio 2013

LA FINE
La ine del mondo, dei sogni, di un film, della strada, della salute, della guerra, di una telefonata, di un incubo, di un tatuaggio, di un amore, di un dolore, della crisi, dei soldi, di una sigaretta, di un periodo bello, di un orgasmo, di un sonno, di un illusione, dei farmaci, della cacca, di una penna, di una notte, di una giornata, di unora, di un minuto, di una bottiglia, di una battaglia, di un gioco, di un senso, di una danza, di una vita, di una fiamma, di un canto, di un parto, di un grido, di una madre, di una malattia, di una nostalgia, di unemozione, di un lamento, di un cammino, di una estate, di una fine

Noi umani siamo esseri straniabbiamo fatto tante conquiste, ottenuto leggi, abrogato
leggi, scoperto farmaci per prolungare la vita, superato alcuni tab e pregiudizi (si spera), ma contemporaneamente abbiamo sempre pi paura di affrontare le emozioni, iniziare un progetto, un cammino nuovo, una novit; abbiamo persino paura di un amore, di affrontare un lavoro, approfondire unamicizia, tentare di cambiare unepoca, accettare un lutto.

Sembra che la nostra interiorit e le nostre relazioni siano scollegate dal progresso, tutto ci appare sempre come un grosso scoglio da superare, la comunicazione diventata un optional, un progetto da costruire quasi sempre ostacolato da fattori esterni inutili e complicati, dalla formale burocrazia alla scarsa collaborazione, come se fossimo tutti uomini soli e regolati da numeri. La fine dellinizio. Stiamo dimenticando le costruzioni umane, il piacere dei momenti, dei tempi, di tutte quelle sfumature che arricchiscono i nostri spazi emozionali e relazionali, che precedono e accompagnano lobiettivo prefissato. La fine, per me, se intesa in questa dimensione, cio parte integrante di in un cammino, non verrebbe associata simbolicamente ad una morte, ad una fine appunto, ma ad normale processo di continuazione e rinnovamento. P.

Ogni giorno in ogni nostra azione c una fine. Quella che mi piace di pi la fine della
sigaretta. Con il tabacco c tutto un rituale della preparazione e stai l a pensare a qualcosa, poi laccendi, tiri la prima boccata ed come se tutta la tua mente/persona si svuotasse dei pensieri, delle emozioni, esageratamente della vita. Poi arriva lultimo tiro, il pi importante, perch mentre hai fumato sicuramente si pensato a quello che bisogna fare dopo e, appunto, ancora con il fumo in bocca, si presa una decisione importante esi va a fare. F.

Ho pensato tante volte alla fine della vita, chiss come sar quando arriver, dove ci
ritroveremo dopo che sar avvenuto il trapasso. Io spero in cielo con nostro Signore, che ci accoglier a braccia aperte. Sembra strano che stia parlando di questo argomento lo faccio essendo molto depresso lunico modo per sentirmi pi sollevato da tutti i problemi che mi assillano giornalmente, pensare spesso alla fine della vita come una liberazione della mia anima dalle catene che ho sopra. Voi penserete che non sto bene quando parlo di fine della vita come una liberazione, ma giacch sono anche scarsamente comunicativo e non riesco a farmi venire voglia di niente in questa vita, mi sento molto limitato nel relazionarmi con gli altri e tutto ci mi porta a pensare negativamente a tutta lesistenza, che spero un giorno possa cambiare. V.

Avevo finito di mangiare ma avevo ancora fame, una fame diversa, un gran buco allo
stomaco, incolmabile, che nessun tipo di cibaria riusciva a saziare. Forse era fame di giustizia, di amore, il diritto di vivere senza quella sofferenza che accompagnava le mie giornate sin dallinizio della mia esistenza. Qualcuno, intorno a me, aveva finito col cibarsi del mio dolore, calmando quello strazio allo stomaco sfamandosi con le mie lacrime, la mia disperazione. E finita, gli aguzzini non ci sono pi, eppure la fame rimasta, mi torce lo stomaco e la mente, ho bisogno che la mia sofferenza serva a qualcuno, solo cos questo mio vivere ha un senso. Vorrei che un giorno questa sensazione finisse, che andando a letto, a fine giornata, mi addormentassi serena e il mattino dopo mi svegliassi felice continuando a vivere con gioia, accanto alle persone che mi amano, per sempre. T.

La fine culturale
si inietta con anestesia con mani affusolate addolcite, guantate, sudate di zuccheri raffinati. La fine di un pensiero nebbia sul mare unalba che muore che spende, che viaggia su aerei da guerra. La fine, perch la fine, non sente, non vede, non vive colpisce indiscreta improvvisa e ti strappa la pelle e condanna le stelle le braccia, le mani, le gambe le conquiste pi belle. P.

Due settimane fa ho cercato di porre fine ad una storia sentimentale, ed avevo imposto
al mio fidanzato di non chiamarmi pi. Poi ho iniziato a stare male ed infatti tutti si accorgevano della mia espressione triste e addolorata. Non ce lho fatta pi e ho ripreso i contatti, dicendogli che mi ero trovata pentita e che volevo stare di nuovo con lui. Ha accettato, anche se adesso scettico nei miei riguardi, infatti sono soprattutto io a chiamarlo, ma spero con il tempo di ritornare come eravamo. Secondo me una storia damore bisogna viverla fino in fondo, a meno che non siano entrambe le parti a non volerla. E molto difficile amarsi e quindi quando capita non bisogna lasciarsi scappare lamore che si prova. G.

Tutto ha un inizio, un percorso di cui non si conosce la durata, il limite e lentit, non si
immagina neanche lontanamente quale potrebbe essere la fine. Io ho vissuto degnamente tutta la mia vita e non pensavo minimamente di finire il mio percorso in ristrettezze e cattivit, ma pu anche essere che non sia finita qui, che la vita mi riservi ancora unultima chance, per verificare di persona che dopotutto c giustizia e benevolenza, almeno da parte del buon Dio, che nulla vorrebbe permettere di cos negativo a questo mondo. In tal caso la fine che io immagino del mio futuro, non dovrebbe essere n vicina n negativa, ovviamente facendo tutti gli scongiuri del caso. F.

La fine della prima infanzia, cio di un periodo bello, forse avvenuta quando morto il
mio caro nonno. Io avevo otto anni. Tutto era pi bello con lui. Lui mi faceva sentire amata e bella. Mi coccolava, era dolce e mi portava insieme a mio fratello a giocare. Non ho pianto quando morto, ricordo solo che mi arrabbiai dentro, perch avevano detto della sua morte a mia cugina della stessa et e a me e mio fratello no. Non mi fecero partecipare ai funerali, ma non li rimprovero per questo. Il Natale prima, mentre faceva il presepe con me, il nonno aveva detto pi o meno questa frase: se vuole Dio lanno prossimo. Io gli chiesi perch se vuole Dio? e lui me lo spieg. Quella mancanza significava che Dio non aveva voluto e io credo che laccettai. Fu quasi una morte indolore, anche perch per me lui era rimasto vivo ma era finita la spensieratezza, la sicurezza, la serenit della nonna, i soldi. Era finito un periodo bello, e cambiarono purtroppo molte cose che si ripercorsero sul carattere mio e di mio fratello. E.

Non sono ancora pronta alla sua fine


Il caro vecchio Tobia ieri stato operato, gli sono stati asportati i testicoli per rimuovere il tumorino che si era insidiato in uno di essi. Mio marito era preoccupatissimo, lui considera il nostro cane come un figlio, aveva paura di tutto, chiedeva, al medico veterinario, in continuazione, informazioni sullanestesia, eventuali effetti collaterali, sulloperazione, non si faceva convinto a lasciarlo, anche dopo che Tobia si era completamente addormentato. Io avevo una stretta al cuore, non capivo se mi dispiacesse di pi per il cane o per mio marito, che ho dovuto quasi tirare via di forza dallambulatorio veterinario. Loperazione si conclusa circa due ore dopo, giusto il tempo per uscire dal corso per il

conseguimento della patente europea del computer che frequento da circa un mese, e ci siamo diretti, svelti svelti, verso lambulatorio a riprendere il nostro caro amico. Il veterinario, appena ci ha visto, ci ha comunicato che era andato tutto bene e ci ha condotto in una stanzetta, dove, in una celletta, il caro Toby, riposava, ancora intontito dallanestesia. Non si muoveva ma era felice di vederci, la sua coda aveva preso a scodinzolare velocemente, a quel punto, Massimo, mio marito, gli ha detto Andiamo a casa su! , il poveretto ha provato ad alzarsi ma non ce lha fatta, per cui si messo seduto dando limpressione che non sapesse decidersi sul da farsi. Mio marito, allora, lo ha preso in braccio e ci siamo incamminati verso la nostra automobile, lo abbiamo depositato, con cautela, sul sedile posteriore, sul quale avevamo messo, preventivamente, un lenzuolino, io mi sono messa accanto a lui, Massimo alla guida e siamo ritornati a casa. Tobia ha continuato a dormire tranquillo fino a stamattina. Quando mi sono alzata lho trovato sotto il tavolo della cucina, sembrava confuso, lho accarezzato a lungo, per tranquillizzarlo, ma sembrava una statua di sale, di tanto in tanto, cambiava postazione, prima fuori nel giardino, poi nel cucinino, poi lho trovato nella stanza da letto sotto la tenda. Prima di uscire di casa, ho svegliato Massimo, affinch gli desse unocchiata e si assicurasse che stava bene. Ho pensato, mentre mi recavo al centro diurno, che sono passati undici anni dal giorno in cui andai al canile a scegliere un cucciolo di cane per mio figlio Matteo. Mi sembra ieri che quel cucciolotto entrato nella nostra vita, a far parte della nostra famiglia. Ci siamo affezionati da subito, ci siamo presi cura di lui sempre, lui ci ha ripagato di tutto con il suo infinito amore, la sua dedizione. Spero che viva il pi a lungo possibile, non sono ancora pronta a lasciarlo andare via. Caro caro il nostro fedele amico Tobia. T.

Lintervista a Lina Falco, insegnante di scuola primaria, Molinella (BO) a cura di Eleonora Peluso Leducazione dei bambini, oggi. ELE: Ma non che parliamo troppo ai bambini? Raccontiamo loro sempre troppe cose e li bombardiamo di vocaboli nuovi come se dovessero diventare arche di scienza. Al contrario, ci sono bambini che vivono in una situazione culturale molto povera e non hanno stimoli. La differenza non troppo forte? LINA: I bambini di oggi sono sottoposti ad un bombardamento mediatico costante. Attraverso la televisione ricevono informazioni su ogni cosa e arrivano a scuola che sanno gi tutto. Questo implica una duplice difficolt per gli insegnanti: 1) sorprenderli con argomenti nuovi; 2) farsi ascoltare. Il problema non il linguaggio ricco di vocaboli. I bambini imparano con la stessa facilit, sia che si dica loro ciccia sia che si dica pietanza. La difficolt che gli insegnanti non conoscono ancora bene questo bambino nuovo e si propongono nella maggior parte dei casi come si faceva vent'anni fa. La ricerca pedagogico-didattica ferma in Italia e i tagli cui stata sottoposta la scuola di sicuro non hanno giovato. Credo che il problema maggiore sia l'ascolto, intendendo con esso il coinvolgimento interattivo del bambino. La televisione, il computer, le consolles per videogiochi catturano immediatamente l'attenzione del bambino e lo inducono ad un ascolto passivo poich questi strumenti non richiedono risposta da parte sua. D'altronde, la tipica lezione su argomenti da loro gi conosciuti, pu risultare noiosa, se non si utilizzano tecniche sorprendenti e coinvolgenti. Ed vero che i bambini che non hanno alle spalle famiglie culturalmente ricche si sentono spesso inadeguati e il dislivello troppo forte crea nelle classi due gruppi disomogenei. ELE: vero che vorremmo che i bambini conoscessero tutto al pi presto, per poi essere i pi bravi? Qualche volta, il mondo non lo potrebbero scoprire da soli e porsi spontaneamente i loro perch? LINA: Alcuni genitori la pensano cos. Quando questo accade pu essere deleterio per il bambino. Proprio l'altro giorno, mentre introducevo la lezione sugli articoli nella mia classe (II), mi sono accorta che un bambino rispondeva enfaticamente a tutte le mie domande (uso il metodo induttivo). Quando siamo arrivati a definire l'articolo (l'articolo una parola che si mette davanti ai nomi comuni per meglio determinarne il genere e il numero), questo bimbo ha alzato la mano e ha detto che si mette anche davanti ai nomi propri. E insisteva. Mi sono avvicinata e mi sono accorta che aveva davanti tre fogli fittamente scritti con una grafia da adulto. Erano appunti del padre sull'articolo, molto dettagliati e, purtroppo, anche sbagliati. Sebbene con delicatezza, ho dovuto spiegare al bambino che il suo pap, in alcuni punti si era sbagliato e che era meglio che mettesse via gli appunti. Questo ha creato un forte disagio nel bambino, per altro bravissimo nell'apprendimento. Ha dovuto scegliere tra il padre e la maestra. Senza contare il fatto che, siccome lui sapeva gi tutto sull'articolo, e non potendo pi fare bella figura, non sentiva il bisogno di partecipare alla lezione, dedicandosi ad altre attivit. I bambini se li pongono i perch, il punto che i genitori di oggi spesso forniscono le risposte gi belle e pronte e non inducono i figli alla scoperta, fornendo indizi. ELE: Non ti sembra che stiamo loro troppo addosso, quasi soffocandoli con la nostra presenza e con i nostri abbracci? LINA: Non credo siano mai abbastanza le manifestazioni d'affetto verso i bambini. Noi veniamo da un'epoca in cui i genitori raramente abbracciavano, accarezzavano i figli. Ma davvero non credo che questo possa essere un problema. Piuttosto ritengo deleterio il fatto che i genitori facciano le cose al posto dei figli, non lasciando loro spazio per

l'esperienza. Li vestono, cos fanno prima; li imboccano, cos son sicuri che mangino; fanno i compiti non con loro ma per loro, Il bambino di oggi tanto esperto di tecnologia quanto impacciato in tutto ci che richiede capacit di motricit fine, di coordinamento motorio (allacciarsi le scarpe, indossare una giacca, mettere i guanti, ritagliare, ). ELE: Compriamo ai bambini un sacco di giocattoli. per appagare il nostro senso di colpa per le nostre assenze? LINA: Oggi lavoriamo tutti, anche i nonni lavorano fino a tarda et. Le famiglie non sono pi, come una volta, allargate. I bambini vengono lasciati a scuola dalle sette e mezzo alle diciotto. Ovvio che ci sentiamo in colpa. Inoltre, quando si arriva a casa si hanno mille cose da fare e troppo poco tempo per farle. E siamo stanchi. Portare al figlio un giocattolo nuovo con cui passare il tempo pi facile che trovare il tempo per giocare con loro. Infine, abbiamo vissuto un periodo di benessere economico che ci ha consentito di acquistare di tutto e di pi. Ora, con questa crisi, le cose stanno un po' cambiando. ELE: Dove sta la spontaneit, naturalezza e semplicit della mamma di una volta, che istintivamente sapeva cosa fare con i figli? LINA: Non sono sicura che la mamma di una volta facesse sempre e comunque la cosa giusta. Credo che si sbagliasse in passato come si sbaglia oggi. Penso di poter dire che oggi ci sia pi consapevolezza nel ruolo genitoriale e, soprattutto, che sia condiviso da entrambi i genitori. molto pi difficile crescere i figli, oggi. Non pi pensabile lasciarli giocare per strada come si faceva una volta. Bisogna guardarli a vista per preservarli dai pericoli degli uomini orco, della droga, ecc. ELE: Ora, se il bambino non lo mettiamo al centro della nostra e altrui attenzione (a volte lo esibiamo), ci sembra di fargli un torto... LINA: Esibirsi il male del nostro secolo. Laddove l'adulto non riesce a mostrare a tutti la sua bravura, esibisce quella dei figli. In verit i bambini non hanno consapevolezza di questo, ma l'attenzione costante degli adulti sta incrementando l'egocentrismo. Spesso in una famiglia composta da padre, madre e quattro nonni c' un solo figlio, il figlio unico, su cui ricade l'affetto e l'attenzione di tutti gli adulti, ELE: Non credi che se li lasciassimo fare, controllandoli un po' da lontano, i bambini si responsabilizzerebbero pi facilmente? LINA: Immagino che se si potesse fare diversamente, si farebbe. Noi della nostra generazione abbiamo un ricordo della nostra infanzia fatta di giochi in strada farciti di litigi risolti fra noi bambini, di fratelli e sorelle da accudire fin da piccoli, di arrangiati detti da madri indaffarate a star dietro a quattro cinque figli, di bambine responsabilizzate fin dalla pi tenera et al fine di diventare ottime mogli e madri e di bambini che cominciavano a lavorare con i pap per imparare il mestiere, di obbedienza assoluta alle regole stabilite da padri e madri... Essere responsabili, oggi, a mio avviso, vuol dire altro. Vuol dire andare a scuola con gioia, vuol dire comprendere che anche i bambini hanno dei diritti, vuol dire imparare a sbrogliare i propri conflitti con il dialogo, vuol dire accettare gli altri, tutti gli altri, a prescindere dalla loro provenienza, vuol dire solidariet, vuol dire imparare a rinunciare a qualcosa in favore di chi ne ha bisogno, vuol dire imparare a diventare cittadini del mondo. La scuola, per quanto si sforzi, non ce la fa con i pochi mezzi a disposizione e non ce la fanno neanche i genitori, presi dal lavoro per cos tante ore al giorno. Credo che le giovani madri e i giovani padri, se equilibrati, abbiano molte pi chances di quante ne avevamo noi alla loro et, di educare i loro figli poich hanno pi strumenti per cogliere i veloci cambiamenti della societ. ELE: Come vivono la differenza di cultura i bambini extracomunitari? LINA: dipende dal contesto in cui vivono. Fino a una certa et i bambini, tutti i bambini, non hanno pregiudizi, poi fanno propri quelli della famiglia. Questo vale per tutti i bambini. Nella mia classe ci sono sette alunni stranieri provenienti da diverse parti del mondo e per il momento coniugano benissimo la loro cultura con la nostra. Tra un paio d'anni le cose cominceranno a cambiare, a seconda dei dettami delle loro famiglie e di quelle dei bambini

italiani. Le famiglie integraliste, e non parlo necessariamente di quelle straniere, inculcano nei loro figli idee razziali e omofobe e queste, solo queste creano lacerazioni e problemi di relazione. ELE: Hai qualche consiglio da dare ai genitori? LINA: S. Fate in modo che i vostri figli imparino ad usare la fantasia.

Il cineforum, le recensioni Ovosodo, di Paolo Virz

Il film Ovosodo narra la storia di Piero e della sua vita, dallinfanzia fino allet adulta.
Ripercorre tutto il vissuto di Piero che aveva una vita non facile, la madre morta, il padre in galera, il fratello ritardato. La mia adolescenza stata segnata dalla malattia di mio padre che per me stato un vero trauma. Avevo degli amici e frequentavo la scuola superiore, perch mia madre mi diceva che la vita doveva andare avanti. Gli amici erano tutti solidali con me e mi stavano vicino sapendo il mio dramma. Poi avevo un fidanzatino che per me era bellissimo, ma durata solo un mese perch non andavamo molto daccordo: eravamo tutti e due degli adolescenti ed entrambi avevamo dei caratteri non facili anche se ci volevamo comunque bene. Quando ero adolescente non pensavo minimamente a ci che mi sarebbe accaduto in et adulta, cio il mio disturbo mentale; in quel periodo, nonostante la malattia di mio padre, avevo laffetto di mia madre e di mia sorella e di alcuni famigliari che poi svanito. E come il film, quando nelle battute finali Piero dice che, come l ovosodo, gli sale e gli scende nello stomaco. Questo significa che ci sono delle cose che non si accettano fino in fondo e quello che avevo provato durante ladolescenza lo sto vivendo ancora. I. La nave dolce, di Daniele Vicari

La nave dolce un film documentario che racconta lodissea del popolo albanese
quando nel 1991 prese dassalto la nave in partenza da Valona per poter giungere in Italia. 20.000 persone sedotte dal sogno Italia, o meglio il paradiso Italia, paese che le loro TV nazionali facevano vedere come il luogo dove trovare la salvezza, non solo dal regime che cera in Albania ma anche dalla mancanza di lavoro e tanta povert.

Abbattuto il regime che vigeva in Albania, 20.000 persone pensarono di trovare fortuna in Italia. La nave colma di persone accalcate le une sulle altre, uomini donne e bambini, senza acqua, senza cibo, gente colta che ha studiato alluniversit, laureati, ma anche qualcuno che delinque. Giungono al porto di Bari, la guardia di finanza intercetta la nave e aiuta con i suoi gommoni e motoscafi a far scendere queste persone. Chi si butta in mare, chi scende dalla corda, c chi perde gli indumenti; per fortuna era agosto e non cera freddo, ma caldo, tanto caldo gente che suda, che non sa come lavarsi una volta giunta sul molo del porto barese. Il sindaco di Bari di allora, con animo generoso accoglie questi uomini, donne e bambini, con amore, vuole allestire una tendopoli con i soccorsi della Croce Rossa e di quanti soccorrono. Ma arriva lordine contrario del governo: portare tutta questa gente allo stadio di calcio. I poveri albanesi rinchiusi. Gli concedono cibo e acqua dallalto con gli elicotteri, come fossero animali, e disagio, molto disagio, tanto da portare gli animi allo stremo. Nasce cos una sommossa, capeggiata da una parte di albanesi che gi avevano a che fare con la giustizia, mentre altri subiscono la sorte in silenzio disperati. Lo stadio in poco tempo viene distrutto, si lancia di tutto contro la polizia di stato armata di manganelli, qualcuno si sente male. Arrivano le ambulanze con i soccorsi, qualcuno finge di stare per uscire da quellincubo. Ho pianto come una disperata per il popolo albanese che non meritava questo trattamento e mentre il sindaco di Bari che invocava e cercava dignit per questa gente, viene definito da Cossiga, indegno di rappresentare la citt. Gli intima perfino di chiedere scusa al governo. Governo di razzisti, di nazisti, di fascisti. Governo che ha persino dimenticato la storia degli italiani emigrati in America, in Svizzera, in Germania, dove si erano recati per trovare lavoro e accoglienza. C chi ha persino ottenuto la cittadinanza, chi divenuto ricco, e invece il governo italiano ingrato dei doni che il signore ha messo a disposizione degli italiani, si dimostra avaro e povero di speranza, rifugio ad un popolo in quel momento molto bisognoso. E il paese di Bengodi dove non si ammettono fastidi, dove non esistono responsabilit, e ora parlo della politica oggi: facciamo questo, facciamo questaltro; rimangono lettere morte. I politici decidono, leggi buone o sbagliate che siano, ma devono essere gli esecutori materiali delle responsabilit che sono un gradino pi vicino alla popolazione per mettere in atto azioni concrete, per migliorare la condizione della vita anche del popolo italiano non solo degli stranieri. Li hanno trattati come bestie nellarena. E poi rimpatriati con aerei o con navi in Albania si sono levato un problema di dosso, come pilato che se ne lav le mani. La colpa di questo governo immensa, Dio dice di amare il nostro prossimo come noi stessi, il primo comandamento; dicono che il popolo italiano sia tutto di cristiani e invece abbiamo commesso il peccato pi grave senza rendere conto a Dio delle nostre coscienze. Peccato mortale di un popolo che si dichiara cattolico o cristiano che dovrebbe andare a braccetto con la chiesa. Le leggi che contano e che rimarranno sempre nei nostri cuori sono le leggi di Dio, senza quelle non c la base della democrazia, delluguaglianza, della fraternit, della libert dei popoli. R.

Otto donne e un mistero, di Franois Ozon

Una commedia musicol che nasconde il giallo nel suo racconto, di origine francese.
Si svolge in una villa nella periferia dove otto donne si incontreranno e indagheranno sullorigine di un omicidio avvenuto in casa. Infatti nel bel mezzo di un the viene trovata la salma del marito della protagonista con un coltello piantato nella schiena. Le otto protagoniste cercheranno, ognuna di loro, il possibile assassino. Procedendo avanti nella trama si scopre che non avvenuto alcun delitto e un ennesimo colpo di scena sveler il mistero, intrigando fino allultimo minuto del film lo spettatore. A.
Come felice il destino dellinconsapevole vestale, dimentica dal mondo dal mondo dimenticata, infinita letizia della mente candida, accettata ogni preghiera e rinunciato ogni desiderio. Alexander Pope

NAVIGANTI
del laboratorio Nuvole
Centro Diurno del Centro di Salute Mentale di Lecce Direttore f.f. Tiziana De Donatis Referente Centro Diurno Enrica Guarascio Tel. 0832 215295 info: naviganti_@libero.it http://naviganti.weebly.com/ http://tuttiallopera.weebly.com/ http://blog.libero.it/collisioni/

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