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Dispense Sociologia generale

Anno accademico 2010 2011 Prof. Giuseppe Padovani

INDICE

Terza parte

Sul metodo

La disputa tra Popper e Adorno Sul metodo scientifico Qualit e quantit nella ricerca sociologica

p. 3 p. 17 p. 49

La disputa tra Popper e Adorno

Nell'ottobre del 1961 a Tubingen si svolse il Congresso della Societ tedesca di Sociologia sul tema La logica delle scienze sociali, fra le tante relazioni prendiamo in considerazione quelle di K. Popper e di T. Adorno, contenute nel volume Dialettica e positivismo in sociologia, pubblicato da Einaudi, 1972. Popper ritornato sul tema in un saggio polemico dal titolo Ragione o rivoluzione?, contenuto nella raccolta di saggi Il mito della cornice (tr. it. il Mulino, Bologna, 1995), in cui rifiuta la qualifica di positivista data alla sua posizione epistemologica. In quel decennio vi furono molti dibattiti che portarono ad una svolta nelle scienze sociali, ricordo la polemica tra C. Lvi-Strauss e J. P. Sartre, la critica di Chomsky al comportamentismo, lattacco di J. Piaget a M. Merleau-Ponty, ecc.

Le tesi di Popper La relazione di Popper prende le mosse dal contrasto tra sapere' e "ignoranza":
Prima tesi : noi sappiamo una quantit di cose - e non solo particolari di dubbio interesse intellettuale, ma anche e soprattutto cose che non sono solo della massima importanza pratica, ma possono anche consentirci una profonda penetrazione teorica e una sorprendentemente elevata comprensione del mondo. Seconda tesi : la nostra ignoranza illimitata e tale da toglierci ogni illusione. Anzi, proprio l'irresistibile progresso delle scienze naturali (a cui allude la prima tesi) che ci fa continuamente constatare la nostra ignoranza, anche e proprio nel campo delle scienze naturali. Ma in questo modo l'idea socratica dell'ignoranza, del non-sapere ha assunto un nuovo significato Ad ogni passo in avanti che facciamo, ad ogni problema che risolviamo, non scopriamo solo problemi nuovi e insoluti, ma scopriamo anche che l dove credevamo di trovarci su un terreno stabile e sicuro, in realt tutto incerto e precario (op. cit., p.105).

L'uomo pu conoscere la realt solo tramite il suo sapere; ma questo messo costantemente in crisi dal progresso dello stesso, che rimette cos in discussione il "sapere". Questa interdipendenza tra sapere e ignoranza deriva dal fatto che la 'realt', che attingiamo attraverso il nostro sapere, pu contraddire il "sapere" col fare emergere nuovi problemi, cosicch il progredire del sapere va di pari passo con il progredire della ignoranza. Ora, secondo Popper, una "teoria della conoscenza" non pu non soddisfare ad entrambe le tesi, quella del "sapere" e quella della "ignoranza": nel senso che deve spiegare quali rapporti sussistano tra il nostro sapere, veramente esteso e profondo ed in continuo progresso, e la consapevolezza, "continuamente crescente", della nostra ignoranza. Il nostro sapere messo in crisi dalla nostra ignoranza, vale a dire dalla 'realt' che falsifica il sapere che credevamo di possedere. Nella misura in cui il sapere viene falsificato ci troviamo di fronte alla nostra ignoranza. Paradossalmente non il sapere che ci mette a contatto della realt,
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perch esso ci d una 'realt' ad esso corrispondente, bens la nostra ignoranza. Non quindi il sapere, che si autodefinisce come certo ed inconfutabile, ma il sapere che si autodefinisce come confutabile, "ignoranza", che ci mette a contatto della realt. La ricerca scientifica, la conoscenza, nasce dal rapporto tra sapere" ed "ignoranza", essa prende innanzitutto le mosse da questa relazione, questa relazione, possiamo aggiungere, che fa problema. Infatti non esisterebbe un problema l dove non esistesse n sapere n ignoranza, n la loro interdipendenza:
Non c sapere senza problemi - ma neppure problema senza sapere. Ci significa che essa (la scienza) comincia con la tensione fra sapere e ignoranza: non c problema senza sapere - non c problema senza ignoranza. Poich ogni problema nasce dalla scoperta che c' qualcosa che non va, in quella scienza che riteniamo di avere; o, in termini logici, dalla scoperta di una interna contraddizione fra ci che riteniamo di sapere e i fatti; o, in termini forse ancora un p pi esatti dalla scoperta di una apparente contraddizione fra quello che riteniamo nostro sapere e quelli che riteniamo i fatti (p.106).

Per Socrate il sapere di non-sapere era condizione indispensabile per trovare la strada che porta al sapere, esso era gi una forma di sapere, giacch predisponeva lo spirito delluomo a conoscere la virt, lo predisponeva allamore per il conoscere liberandolo dalle sue pre-nozioni. Inoltre al progresso del sapere si accompagnava inevitabilmente un regresso della ignoranza e una trasformazione delluomo stesso. Il sapere per quanto limitato e finito era sempre concepito come un sapere certo, indubitabile. Invece, secondo Popper, il progresso del sapere rimette inevitabilmente in discussione il sapere gi acquisito, il nuovo, infatti, nasce sulle rovine del vecchio; del resto risolvere un problema vuol dire porne inevitabilmente altri. Ci che si viene conoscendo secondo la direzione del problema, che vogliamo risolvere, destinato ad essere interpretato di nuovo nei termini della nuova conoscenza/sapere. La risoluzione di un problema contiene in s il germe del suo superamento. Popper interpreta il detto socratico (il sapere di non-sapere) nei termini dellimpossibilit di poter giustificare razionalmente le nostre teorie. Traduce la tensione socratica tra sapere e sapere di non-sapere dal piano della ricerca di se stessi, dellavere cura della propria anima, al piano logico-formale dellepistemologia, e, di conseguenza, interpreta la crisi della razionalit del pensiero del nostro tempo come una conseguenza della scoperta di Socrate, che luomo non sa nulla. Tuttavia questa di Socrate, per Popper, solo una mezza scoperta giacch il nichilismo, che ne conseguito, pu essere superato: sebbene noi non possiamo giustificare razionalmente le nostre teorie e non possiamo nemmeno dimostrare la loro probabilit, possiamo per criticarle razionalmente. E possiamo distinguere le migliori dalle peggiori. Ma ci sapeva, prima ancora di Socrate, il vecchio Senofane, quando scriveva: Gli dei non hanno certo svelato ogni cosa ai mortali fin dal principio, ma, ricercando, gli uomini trovano a poco a poco il meglio. (op. cit., p. 123). Secondo Popper i problemi spingono a formulare delle congetture, delle ipotesi, che hanno lo scopo di guidare i termini della risoluzione degli stessi, che hanno il compito di indicare le condizioni dei fatti reali. Il punto di partenza di ogni
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conoscenza nell'avere dei problemi: la conoscenza non comincia con percezioni o osservazioni o con la raccolta di dati o di fatti, ma comincia con problemi (op. cit., p. 106):
Il punto di partenza dunque sempre il problema; e la osservazione diventa punto di partenza solo se scopre un problema; o, in altro parole, se ci sorprende, se ci mostra che nel nostro sapere nelle nostre attese nelle nostre teorie - c qualcosa che non torna. Le osservazioni quindi danno luogo a problemi solo se contraddicono a certe attese, coscienti o inconsapevoli, E ci che poi diventa il punto di partenza del lavoro scientifico non tanto losservazione in quanto tale, quanto losservazione in senso peculiare - e cio l'osservazione che genera problemi (op. cit., p. 107).

In altre parole:
Settima tesi: la tensione tra sapere e ignoranza porta al problema e ai tentativi di soluzione. Ma non mai superata. Poich si d il caso che il nostro sapere consista sempre e soltanto di progetti di soluzione provvisori, di tentativi, e quindi includa, di principio la possibilit di risultare errato, e quindi di rivelarsi come una forma di ignoranza. E lunica forma di giustificazione del nostro sapere a sua volta provvisoria: consiste nella critica, o, pi esattamente, in ci, che i nostri tentativi di soluzione finora sembrano resistere anche alla nostra critica pi agguerrita (op. cit. p. 108).

Non possibile, pertanto, conclude Popper, una giustificazione... positiva. Egli sintetizza nel modo seguente la sua posizione critica-razionale: Il disegno della scienza si esplica nella connessione dei seguenti momenti: formulazione del problema, risoluzione dello stesso tramite la costruzione di una teoria esplicativa, verifica critica della teoria tramite la costruzione di prove cruciali.
Sesta tesi (tesi principale): a) Il metodo delle scienze sociali, come anche quello delle scienze naturali consiste nella sperimentazione di tentativi di soluzione per i suoi problemi - i problemi da cui prende le mosse. Si propongono e criticano soluzioni. Se un tentativo di soluzione non accessibile alla critica oggettiva, viene scartato appunto per questo come non scientifco, anche se, forse, solo provvisoriamente. b) Se esso accessibile ad una critica oggettiva, cerchiamo di confutarlo; poich ogni critica consiste di tentativi di confutazione. c) Se un tentativo di soluzione confutato dalla nostra critica, proviamo con un altro. d) Se resiste alla nostra critica, lo accettiamo provvisoriamente; lo accettiamo soprattutto come degno di essere ulteriormente discusso o criticato. e) Il metodo della scienza dunque quello del tentativo (o idea) di soluzione, che viene controllato dalla critica pi severa. E' una prosecuzione critica del procedimento per tentativi ed errori. f) La cosiddetta oggettivit della scienza consiste nella oggettivit del metodo critico; ma ci significa, anzitutto, che nessuna teoria si pu sottrarre alla critica, e anche che gli strumenti logici della critica (la categoria della contraddizione logica) sono oggettivi (op.cit., pp.107-108).

Popper sostiene che la scientificit della scienza dovuta al metodo scientifico, il metodo scientifico unico sia per le scienze naturali sia per le scienze sociali; la diversit degli oggetti delle varie scienze non comporta affatto una diversit nel
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metodo; loggettivit della scienza riposa sulloggettivit del metodo Questa posizione deriva essenzialmente dalla critica che il Nostro muove al metodo induttivo e al falso naturalismo: la scienza sempre deduttiva; e dalla convinzione che la scienza prodotta dall'attivit intellettuale degli scienziati: l'oggettivit della scienza sta nell'oggettivit del metodo critico. Popper difende una concezione deduttiva della scienza: ...non c induzione: il nostro ragionamento non procede mai da fatti a teorie se non per confutazioni o falsificazioni " (Logica della scoperta scientifica, op. cit., p. XV). Popper propone una scienza che da lui stesso descritta "come la teoria del metodo deduttivo dei controlli", in quanto "il lavoro dello scienziato consiste nel produrre teorie e nel metterle alla prova" (ibidem, p. 9). Non interessa sapere come lo scienziato arrivi a formulare la teoria, ma interessa solo costruire una prova empirica che sia in grado di confutare la teoria. Solo le teorie confutatili sono teorie scientifiche, cio solo le teorie che sono accessibili "alla critica oggettiva sono teorie scientifiche; ma una teoria accessibile alla critica oggettiva una teoria confutabile. Una teoria che esca non confutata viene temporaneamente accettata, non stata cio falsificata, stata corroborata. Una teoria corroborata non una teoria vera, semplicemente una teoria non-falsa. Supponiamo di formulare una teoria, possibile sottoporla al verdetto dell'esperienza se si pu derivare almeno da essa una conseguenza che enuncia l'esistenza d'uno stato dato della realt. Se lo stato della realt dedotto dalla teoria effettivamente realizzato, si pu concludere che la teoria non falsa. Se al contrario la conseguenza in contraddizione con l'osservazione, la teoria sar falsa. (La struttura della scoperta scientifica data dal modus tollens della logica medievale). Popper ne ricava che una teoria scientifica non mai verificata dall'esperienza, ma solo e sempre falsificata. Riusciamo, ora, a comprendere perch per Popper il sapere" consista unicamente di "progetti di soluzione", che sono sempre "provvisori", comportando inevitabilmente la possibilit di risultare errati, ossia la possibilit che si riveli come una forma di ignoranza". La giustificazione del sapere, a sua volta, reso possibile dal fatto che esso confutabile, falsificabile, cio reso possibile dal metodo critico. In altri termini, l'oggettivit scientifica dipende dalla "tradizione critica": "... l'oggettivit della scienza non una faccenda individuale dei diversi scienziati, ma una faccenda sociale della loro critica reciproca, dell'amichevole-ostile divisione del lavoro degli scienziati, della loro collaborazione e anche dei loro contrasti. E quindi dipende, in parte, da tutta una serie di condizioni sociali e politiche, che rendono possibile questa critica" (op. cit., pp. 113-114). Se l'oggettivit della scienza "fondata esclusivamente nella critica, vuol dire che essa non n un fatto personale, n un fatto di esclusiva appartenenza degli scienziati, ma che anche un fatto pubblico; il controllo pubblico e la critica pubblica della scienza sono possibili solo in una "societ aperta", cio liberale e democratica, in una societ che consenta la libera discussione. Le condizioni della critica sono essenzialmente di due ordini, l'uno epistemologico, logico-deduttivo, interno, per cosi dire, al lavoro scientifico, l'altro socio-politico, esterno al lavoro scientifico. Inoltre,
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come conseguenza di quanto sopra, secondo Popper, occorre tenere distinto il problema connesso al che cosa dice la scienza dal perch si fa scienza, ossia dagli scopi a dagli usi della scienza:
Quattordicesima tesi: nella discussione critica distinguiamo problemi come: 1) Il problema della verit di un'affermazione; il problema della sua rilevanza, del suo interesse e della sua importanza relativamente ai problemi che stiamo trattando. 2) Il problema della sua rilevanza, del suo interesse e della sua importanza relativamente a diversi problemi extrascientifici, ad esempio il problema del benessere umano, oppure il problema completamente diverso della difesa nazionale, o di una politica nazionale aggressiva o dello sviluppo industriale o dellarricchimento personale. E ovviamente impossibile escludere dalla ricerca scientifica questi interessi extrascientifici... Ci che possibile e importante e d alla scienza il suo carattere particolare, non leliminazione, ma la distinzione di quegli interessi che non appartengono alla ricerca della verit dallinteresse puramente scientifico per la verit. Ma sebbene la verit sia il valore scientifico principale, non lunico: la rilevanza, linteresse e limportanza di una affermazione relativamente ad un problema puramente scientifico sono anchessi valori scientifici di primordine... In altri termini, ci sono valori e disvalori puramente scientifici e valori e disvalori esterni alla scienza. E sebbene sia impossibile mantenere il lavoro scientifico immune da applicazioni e valutazioni extrascientifiche, uno dei compiti della critica e della discussione scientifica quello di lottare contro la confusione delle diverse sfere assiologiche, e, in particolare, di escludere dai problemi di verit le valutazioni extrascientifiche (op. cit., pp. 114-115).

Cos se non possibile eliminare i valori extrascientifici dal lavoro scientifico:


... non possiamo privare lo scienziato della sua parzialit senza privarlo nello stesso tempo della sua umanit. Analogamente, non possiamo proibire o distruggere le sue valutazioni, senza distruggerlo come uomo e come scienziato. I nostri moventi e i nostri ideali puramente scientifici, come lideale della pura ricerca della verit, sono profondamente radicati in valori extrascientifici e in parte religiosi. Lo scienziato oggettivo e avalutativo non lo scienziato ideale. Senza passione non si fa nulla, nella pura scienza meno che mai. Lespressione amore della verit non una semplice metafora (op. cit., p. 115).

La scienza pura, l'oggettivit, l'avalutativit, pur essendo ideali probabilmente irraggiungibili, sono pur sempre, sottolinea Popper, essi stessi dei valori, ed compito della critica quello di perseguirli. Abbiamo visto che per Popper la conoscenza scientifica parte da problemi, che vengono risolti tramite le teorie; che la teoria un sistema deduttivo che suscettibile di critica, ora l'organon della critica la logica deduttiva (vedi tesi: 15, 16, 17, 18, 19). Ci consente a Popper di sottolineare ulteriormente una tesi a lui cara e cio che la scienza progredisce grazie ai "nostri errori, ma l'errore presuppone "l'idea regolativa della verit":
La fondamentale idea metodologica che noi impariamo dai nostri errori non pu essere compresa senza l'idea regolativa della verit: l'errore in cui incorriamo consiste appunto nel fatto che secondo il criterio o la norma della verit noi non abbiamo raggiunto lo scopo che ci eravamo proposto, il nostro standard. Chiamiamo "vera un' asserzione se essa coincide coi fatti o corrisponde ai fatti o se le cose sono tali quali l'asserzione le presenta. E' questo il concetto 7

cosiddetto assoluto o obiettivo della verit, che ognuno di noi continuamente usa. Uno dei pi importanti risultati dalla logica moderna consiste nell'aver riabilitato questo concetto assoluto della verit. Questa osservazione presuppone che il concetto di verit fosse precedentemente in pericolo. E in effetti il tentativo di scalzare il concetto di verit ha dato l'impulso decisivo alle ideologie relativistiche dominanti nel nostro tempo (op. cit., pp. 117-118).

Questa tesi di Popper meriterebbe di essere commentata a lungo, mi limito a dire che essa solo apparentemente in contraddizione con il discorso che fin qui Popper ha svolto, giacch la verit intesa come idea regolativa, cio come corrispondenza tra unasserzione e i fatti da essa descritti, nel senso che guarda alla verit come modello a cui tendere (del resto il falsificazionismo non altro che una versione della concezione della verit come verifica). Essa larbitro imparziale delle controversie fra gli scienziati circa le teorie costruite per spiegare i fatti (una teoria per Popper un'asserzione universale che ha il fine di spiegare e di prevedere i fatti). Tuttavia l'obiettivit scientifica non riposa tanto sui fatti, questo singolo cigno bianco, (la scienza non induttiva ma deduttiva non c induzione, perch le teorie universali non sono mai deducibili da asserzioni singolari. Ma le teorie possono essere confutate da asserzioni singolari, da descrizioni di fatti osservabili, Logica della scoperta scientifica, op. cit. p. 2), quanto sul metodo critico, l'obiettivit pu essere definita l'intersoggettivit del metodo scientifico (La societ aperta e i suoi nemici, tr. it., Armando, Roma, vol. 2, p. 286). Il che, brevemente, vuol dire che gli scienziati sottoponendo le teorie alla critica tendono ad individuare quella che corroborata dai fatti, anche se i fatti non potranno mai qualificare come vera una teoria. [Popper sostiene che la "scienza comincia con problemi", con problemi di ordine pratico o teoretico (la nostra conoscenza "non comincia con percezioni o con osservazioni, con la raccolta di dati o di fatti, ma comincia con problemi", il problema che ci guida alla percezione, ai dati ecc. Ma, intanto, dobbiamo chiederci quali sono i dati che devono essere raccolti, i fatti oggetto di studio, ecc.. il problema stesso che sintetizza una complessa concettualizzazione riguardo non solo alle teorie, alle dottrine e paradigmi disciplinari, ma anche ai fenomeni da investigare, giacch un conto sar la formulazione di un problema in ambito psicologico e un altro in ambito meteorologico, ecc.: questo aspetto della questione eluso da Popper). Forse sarebbe pi corretto dire, come Egli stesso del resto sostiene che la scienza, e di conseguenza un problema scientifico, ha origine dalla delusione di aspettative. Di solito noi siamo rivolti alla realt, alle cose, tramite un'ipotesi, una teoria pi o meno esplicita o esplicitata; ci pu, tuttavia, capitare che ci che ci aspettavamo venga deluso. Pensavo, ad esempio, che il mio amico sarebbe stato sensibile alle mie difficolt, mi avrebbe capito e, invece, scopro in lui disinteresse al mio problema, ecc. La delusione che provo mi pone di fronte ad una discordanza tra aspettativa ed esperienza, tale delusione mi pone un problema. Questo problema si pone allorch non c' corrispondenza tra ci che mi guida a confidarmi con l'amico e l'esperienza del disinteresse dell'amico. L'esperienza mi fa toccare qualcosa che non avevo previsto, che non rientrava in ci che mi aspettavo e, quindi, mi d una dimensione nuova dell'amico, che pone in crisi la mia vecchia convinzione, che mi aveva spinto a
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confidarmi con lui perch pensavo che l'amicizia comportasse trovare un appoggio comprensivo in colui che amico, ecc. appunto questa esperienza che si pone all'origine della risposta che ricerco. Essa mi spinge a rivedere le mie idee sull'amico ed eventualmente sull'idea che io ho di amicizia. Qui sta uno snodo importante: la mia esperienza mi costringe a rivedere la mia posizione nei confronti del mio amico o a rivedere la mia idea di amicizia? sufficiente un'esperienza a farmi cambiare idea sull'amicizia? O pi corretto ritenere che essa modifica semplicemente le mie convinzioni sull'amicizia del mio amico? questo un aspetto che la teoria di Popper non risolve; infatti Egli difende la posizione secondo cui sufficiente una sola esperienza, una sola osservazione per falsificare una teoria, sebbene una teoria sia formata da un insieme di proposizioni e di assunti che difficilmente possono essere smentiti da una sola osservazione! La scienza inizia da problemi: Popper convinto che noi non procediamo da osservazioni, esperienze, alla costruzione di ipotesi/teorie, quando, invece, sono le osservazioni ad essere rese possibili dalle teorie, l'osservazione impregnata di teoria. Di conseguenza, come scrive in un altro scritto, quasi obbligato a sostenere la tesi "che ogni animale nasce con molte aspettative.. abbiamo sempre una conoscenza innata da cui partire, per quanto probabilmente ben poco affidabile" (Il mito della cornice, p. 133), per giustificare la sua posizione. Tuttavia, se riprendiamo il filo del discorso di Popper, a monte di un problema troviamo una discrepanza tra aspettativa ed esperienza, ossia tra ci che la nostra congettura dice di un certo segmento o aspetto della realt e l'osservazione effettiva che noi possiamo fare di quel segmento o aspetto della realt: mi aspettavo un gesto di comprensione da parte del mio amico invece ho trovato una netta chiusura ed incomprensione. questa osservazione che ci fa problema, e da cui ripartiamo di nuovo nel formulare una nuova ipotesi, la quale, tuttavia, non potr non tenerne conto. Ora Popper ritiene che un'ipotesi/teoria non sia la generalizzazione di osservazioni, di fatti, di dati. Dall'insieme delle osservazioni che i cigni sono 'bianchi' non posso induttivamente concludere che 'tutti i cigni sono bianchi', fra le due proposizioni vi una incongruenza logica. Dalla impossibilit logica dell'induttivismo Popper conclude che una teoria non procede da osservazioni. Ma dall'impossibilit logica posso concludere che le teorie non sono dovute ad osservazioni, non sono induttive? L'osservazione di un cigno 'nero' mette in crisi la mia precedente generalizzazione che 'i cigni sono bianchi'; questo fatto mi spinge a trovare un'altra formulazione della teoria sui cigni che non potr non tener conto del fatto che questo cigno 'nero'. Per quanto la generalizzazione universale dal punto di vista logico non obbedisca al metodo induttivo, tuttavia improbabile che essa non proceda da osservazioni, dai fatti, ecc., e che, quindi, una teoria non sia la generalizzazione di osservazioni. Anche perch una ipotesi/teoria formulata a partire dai fatti, dai fenomeni che il senso della disciplina o della scienza mi porta a porre ad oggetto della mia ricerca. Comunque la delusione che mi pone di fronte a qualcosa che non rientra nella mia aspettativa e che mi fa problema. dal fatto che sono deluso che ho un problema
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da risolvere che spinge Popper a sostenere che 'noi impariamo dai nostri errori' e che, quindi, un problema si colloca sempre tra 'sapere' e 'non-sapere']

La tesi sulla sociologia Forte di questa impostazione, Popper cerca di sviluppare il problema della conoscenza sociologica in opposizione al metodo ermeneutico-dialettico:
Ventunesima tesi: non c nessuna scienza che consista nella pura osservazione, ci sono solo scienze che teorizzano in modo pi o meno consapevole e critico. Ci vale anche per le scienze sociali (cit., p. 120).

Le scienze sociali sono, dunque, scienze teoriche, che procedono dalla formulazione di teorie. La psicologia una scienza sociale, giacch il pensiero e lazione delluomo dipendono in larga parte da condizioni sociali, di conseguenza la comprensione sociologica, sociologia della comprensione, non comprensione di motivazioni in senso psicologico giacch lazione delluomo azione situata. La sociologia autonoma dalla psicologia ci consegue anche dal fatto che la sociologia posta continuamente di fronte al compito di spiegare conseguenze sociali involontarie e spesso indesiderate dellagire umano. Ad esempio, la concorrenza un fenomeno sociale che i soggetti concorrenti di solito non desiderano, ma che pu e deve essere spiegato come conseguenza (di solito inevitabile) non voluta delle azioni (coscienti e pianificate) dei concorrenti. Qualsiasi spiegazione psicologica si possa dare delle azioni dei soggetti concorrenti, il fenomeno sociale della concorrenza una conseguenza sociale di queste azioni che non pu essere spiegata psicologicamente. Ma lautonomia dalla psicologia pu essere intesa anche in un secondo modo, ossia come analisi della situazione dellazione che si basa sul metodo della comprensione oggettiva o metodo della logica della situazione, che non richiede lanalisi delle idee soggettive o psicologiche:
Essa caratterizzata dal fatto di analizzare la situazione delluomo che agisce in modo sufficiente per spiegare lazione sulla base della situazione, senza bisogno di sussidi psicologici. La comprensione oggettiva consiste nel vedere che lazione corrispondeva oggettivamente alla situazione. In altri termini, la situazione analizzata fino al punto in cui quei momenti che in un primo tempo sembrano psicologici, sono trasformati in momenti della situazione. La persona che aveva questi o quei desideri si trasforma allora in una persona alla cui situazione appartiene il fatto di perseguire questi o quegli scopi oggettivi. E la persona che aveva questi o quei ricordi e associazioni diventa una persona della cui situazione fa parte il fatto che sia oggettivamente provvista di queste o di quelle teorie, di questa o quellinformazione (cit., p. 121).

Questo metodo consente di comprendere in modo oggettivo le azioni, ad esempio, di Carlo Magno. Nel senso, esemplifica Popper, che se io mi fossi trovato nella sua situazione, che comprende le sue conoscenze e i suoi scopi, avrei agito come ha agito Carlo Magno. Questo metodo un metodo individualistico, ma non un metodo psicologico perch esclude i fattori psicologici e li sostituisce con elementi
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della situazione di carattere oggettivo. Questa sostituzione consente un controllo critico-empirico della nostra ricostruzione razionale e teorica, invece le ipotesi psico-caratterologiche sono raramente criticabili con argomenti razionali. Infine, la logica della situazione presuppone lesistenza di un mondo fisico in cui agiamo, di un mondo sociale e soprattutto di istituzioni sociali. Queste ultime determinano il carattere sociale proprio del nostro ambiente sociale. Consistono di tutte quelle entit sociali del mondo sociale che corrispondono alle cose del mondo fisico. Un negozio di verdura o un istituto universitario o un potere poliziesco o una legge sono in questo senso istituzioni sociali. Sono istituzioni sociali anche la chiesa e lo stato e il matrimonio, e certe usanze coattive come ad esempio il karakiri in Giappone (cit., p. 122). Popper ha cos posto sul tappeto tutto ci che gli serve per definire limpostazione di fondo della sua visione della sociologia teorica:
Proposta: come problemi fondamentali della sociologia teorica pura si potrebbero forse prendere provvisoriamente la logica generale della situazione e la teoria delle istituzioni e tradizioni. Ci includerebbe problemi come i due seguenti: 1) Le istituzioni non agiscono, agiscono solo gli individui nelle o per le istituzioni. La logica situazionale generale di queste azioni sarebbe la teoria delle quasi-azioni delle istituzioni. 2) Si tratterebbe di costruire una teoria delle conseguenze istituzionali volute e non volute delle azioni compiute in vista di un fine. Ci potrebbe anche condurre a una teoria della genesi e dello sviluppo delle istituzioni (cit., pp. 122-123).

Come scrive nella sua autobiografia intellettuale, la logica della situazione unestensione del metodo della teoria economica: questo metodo consiste nella costruzione di un modello della situazione, inclusa in modo particolare la situazione istituzionale in cui un agente opera, in modo tale da spiegare la razionalit (il carattere zero) della sua azione. (La ricerca non ha fine, tr. it., Armando, Roma, 1978, p.121). Ci che vuole sottolineare Popper che non esiste un metodo per cos dire della comprensione delle azioni distinto dal metodo scientifico. Il sociologo quando vuole spiegare unazione fa congetture, che sono modelli della situazione, che poi controlla sui dati oggettivi. Unazione non viene compresa n ricostruendone le motivazioni psicologiche dellagente, n rivivendola, in modo empatico, come sostiene ad es. R. G. Collingwood:
Citer, scrive Popper, questo passo di Collingwood perch possiamo fare un lungo tratto di strada insieme, anche se non tutta la strada. [...] La maniera psicologica di porre le cose propria di Collingwood non affatto semplicemente una questione di formulazione. Piuttosto, parte essenziale della sua teoria della comprensione (come di quella di Dilthey, sebbene Dilthey tentasse di sbarazzarsi della soggettivit dato che temeva l'arbitrariet). Come illustra il brano di Collingwood, la sua tesi che la comprensione della storia propria dello storico consiste nel suo rivivere esperienze passate: Supponiamo che (lo storico) stia leggendo il Codice Teodosiano, e abbia davanti a s un certo editto di un imperatore. Leggere soltanto le parole e riuscire a tradurle non significa conoscerne il significato storico. Per conoscerlo egli deve raffigurarsi la situazione con cui l'imperatore aveva a che fare, e deve raffigurarsela come se la raffigurava l'imperatore. Poi deve vedere da s, proprio come se la situazione dell'imperatore fosse la sua, come tale situazione potrebbe essere affrontata; 11

deve vedere le possibili alternative, e le ragioni per sceglierne una invece che un'altra; e cos egli deve ripercorrere il processo percorso dall'imperatore nel decidere in questo particolare frangente. Cos egli rivive in s l'esperienza dell'imperatore; e solo nella misura in cui fa questo egli ha una conoscenza storica, distinta dalla conoscenza meramente filologica, del significato dell'editto. Vedete bene che Collingwood sottolinea con forza la situazione, che corrisponde strettamente a ci che io chiamo la situazione problematica. Ma vi una differenza. Collingwood dice chiaramente che la cosa essenziale nella comprensione storica non l'analisi della situazione in s, ma il processo mentale del rivivere dello storico, la ripetizione simpatetica dell'esperienza originaria. Per Collingwood l'analisi della situazione serve soltanto come un aiuto - un aiuto indispensabile - per questo rivivere. Il mio punto di vista diametralmente opposto. Considero il processo psicologico del rivivere inessenziale, sebbene ammetta che pu talvolta aiutare lo storico, una specie di controllo intuitivo del successo dell'analisi situazionale. Ci che considero essenziale non il rivivere ma l'analisi situazionale. L'analisi della situazione da parte dello storico la sua congettura storica, che in questo caso una metateoria relativa al ragionamento dell'imperatore. Essendo ad un livello differente dal ragionamento dell'imperatore, essa non lo rivive, ma cerca di produrre una ricostruzione idealizzata e ragionata di esso, omettendo elementi inessenziali e forse sviluppandolo. Cos il metaproblema centrale dello storico questo: quali erano gli elementi decisivi nella situazione problematica dell'imperatore? Nella misura in cui lo storico riesce a risolvere questo metaproblema, egli comprende la situazione storica (Conoscenza oggettiva, tr. it., Armando, Roma, 1975, pp.243-244).

Lo storico deve ricostruire la situazione cos come questa si presenta allagente di modo che le sue azioni siano adeguate alla situazione. Cos procedendo, elimina lelemento soggettivo dellagente che invece per gli storici e in genere per gli ermeneuti, dice Popper, il punto saliente. Lo storico, come il sociologo, nello spiegare le azioni, si pone problemi, meta-problemi, sui problemi dellagente; formula delle ipotesi in corrispondenza della situazione e alle alternative che essa offre e che lagente deve affrontare, ossia costruisce un modello della situazione che sia in grado di spiegare lazione, affinch questa vi ricada come esemplificazione. In questo modo la spiegazione sociologica ricalca lo schema della spiegazione che gi conosciamo. Popper estende alla sociologia il metodo critico: la scienza unica e unico il suo metodo. Possiamo riassumere la posizione epistemologica di Popper con le parole di Emmanuele Morandi, autore di uno studio comparativo sulla disputa tra positivisti e dialettici, che contiene unesauriente bibliografia in merito,
Viene dunque riconfermata la logica situazionale come quel metodo che attraverso la formulazione di congetture, cio elaborazione di modelli situazionali controllabili empiricamente, cerca di arrivare alla comprensione delle azioni umane: lazione umana un tentativo di risolvere problemi, perci chi vuole comprenderla deve porsi un metaproblema sul problema dellagente e ricostruire la sua soluzione sia in rapporto alla struttura situazionale (congetturalmente elaborata) sia in rapporto a come lha vissuta e interpretata lagente. [] Comprendere un fenomeno sociale significa per Popper trovare per ogni azione una logica della situazione che permetta al ricercatore di rapportarsi agli scopi del soggetto agente, alle sue conoscenza, alle sue teorie e informazioni e controllare se egli avrebbe agito allo stesso modo. I fattori soggettivi dovevano essere tradotti, attraverso la costruzione di modelli situazionali, in fattori oggettivi che fossero cio accessibili allo stesso modo dei processi indagati nelle scienze naturali (Morandi, p. 254). 12

Le tesi di Adorno Adorno, nella sua relazione, debutta affermando che condivide molte delle cose dette da Popper e che questo fatto gli d la possibilit di riflettere ulteriormente su di esse". Ma intanto precisa che intende il concetto di logica in un senso pi ampio di quanto non abbia fatto Popper, e precisamente pi "nel senso concreto di procedere della sociologia, che non in quello delle regole generali del pensiero, della disciplina deduttiva" (op. cit., p.125). Circa il rapporto della sociologia con le altre scienze e dell'unit delle scienze e del metodo, Adorno fa presente: 1che la sociologia "non ha costruito, finora, un sistema di leggi riconosciute paragonabile a quello delle scienze naturali" (p. 125); 2 che se la si fa incominciare da Saint-Simon invece che da Comte, la sociologia, avendo pi di 160 anni, dovrebbe dunque smetterla di atteggiarsi a timida giovinetta; 3, che vano cercare di superare lo scarto esistente tra la sociologia e le scienze naturali col metter a punto una metodologia comune o unica. Adorno invita ad accettare il ritardo delle discipline sociologiche rispetto a quelle della natura come un dato di fatto, e, pertanto, invita Popper a riflettere su questa situazione e ad accettare il carattere storico e sociale dello stesso sapere scientifico (lasciando, forse, intendere che la stessa struttura del disegno epistemologico popperiano debba venire ricompreso in una prospettiva storica e non gi logica). Nel saggio scritto in occasione della pubblicazione degli atti del convegno, contenuto nel libro, Adorno nel denunciare il culto dei fatti quale paradigma metodologico del positivismo, mette in rilievo come i fatti a cui si riferisce il sociologo non sono entit naturali concepite come immutabili, ma il risultato di un processo storico da cui quelli sono emersi. Ne deriva che non corretto separare il fatto dalla sua genesi storico-sociale e, di conseguenza, come fanno a suo giudizio il positivismo e Popper stesso, di rivendicare lautonomia del metodo scientifico rispetto alloggetto di studio, soprattutto se si tiene presente che, come nel caso di Adorno, esso in ultima analisi la societ stessa. Grazie a quella dissociazione la validit del metodo viene vista e ricercata unicamente nella coerenza logico-formale ( loggettivit della ricerca sociale empirica propria dei metodi e non delloggetto indagato (p.86); qualunque sia loggetto o il fatto da indagare, essi si risolvono o sono ricompresi nella categoria della totalit della societ):
Al posto della dignit degli oggetti da indagare scrive Adorno- subentra in larga misura il criterio delloggettivit degli accertamenti che si possono ottenere con un certo metodo, e nellesercizio empirico della scienza la scelta degli oggetti della ricerca e limpostazione dellindagine sono orientati assai pi secondo i metodi disponibili ed eventualmente suscettibili di sviluppo che secondo il criterio dellessenzialit della cosa indagata Il procedimento di uso comune nella tecnica empirica sancisce il primato del metodo sulla cosa da indagare Si cade nel circolo vizioso di pretendere dindagare una cosa mediante uno strumento di ricerca che decide, con la propria formulazione, che cos la cosa (p. 88).

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Del resto il tentativo di Popper viene vanificato quando si tenga presente l'oggetto di studio della sociologia:
l'ideale conoscitivo della spiegazione coerente, quanto pi semplice possibile, ma tematicamente elegante, si rivela inadeguato, quando la cosa stessa, la societ, non coerente, non semplice e neppure neutrale, suscettibile di qualsiasi strutturazione categoriale, ma diversa da quello che il sistema d categorie della logica discorsiva si aspetta a priori che siano i suoi oggetti. La societ contraddittoria eppure determinabile; razionale e irrazionale insieme, sistematica e irregolare, cieca natura ed mediata dalla coscienza. Di questo deve tener conto il metodo della sociologia. Altrimenti finisce, per zelo puristico contro la contraddizione, nella contraddizione pi fatale: quella fra la sua struttura e la struttura del suo oggetto. Se vero che la societ non si sottrae alla conoscenza razionale e. che le sue contraddizioni e le loro condizioni sono riconoscibili, non meno vero che esse non devono essere dissimulate e soppresse in forza di postulati logici tratti da una materia per cos dire indifferente nei confronti della conoscenza, che non oppone alcuna resistenza agli usi scientifici, che si adattano correntemente alla coscienza conoscente. La scienza sociale continuamente minacciata dal pericolo di non riuscire a conoscere il proprio oggetto, per eccessivo amore della chiarezza ed esattezza (cit., p.126).

Adorno contrappone ai requisiti epistemologici del metodo critico di Popper le ragioni delloggetto di studio della sociologia. I criteri di scientificit fissati dal metodo sono tutti interni al metodo stesso e non tengono affatto conto delloggetto che viene portato a conoscenza. Pi avanti leggiamo ancora:
La contraddizione non necessariamente (come Popper sembra supporre) una contraddizione puramente "apparente" fra soggetto e oggetto, di cui dovrebbe essere incolpata solo l'insufficienza del giudizio del soggetto. Essa pu invece essere estremamente reale, avere la sua sede nella cosa, per cui una conoscenza migliore e una pi chiara formulazione non sarebbe affatto sufficiente a eliminarla... Sarebbe facile rimproverarmi un equivoco: il problema sarebbe per Popper qualcosa di puramente gnoseologico, teorico, mentre per me avrebbe anche carattere pratico, sarei addirittura, in ultima istanza, uno stato problematico del mondo. Ma si tratta appunto di vedere se questa distinzione legittima. Si feticizzerebbe la scienza, se si separassero radicalmente i suoi problemi immanenti da quelli reali, di cui i suoi formalismi sono solo un pallido riflesso. Nessuna dottrina dellassolutismo logico... ha il diritto di decretare che i fatti ubbidiscono a principi logici che traggono la loro pretesa di validit dalla loro purezza, dall'eliminazione di qualsiasi elemento contenutistico (cit., p. 129).

Questi passi di Adorno implicano un approccio alla conoscenza della societ fondamentalmente diverso da quello di Popper. Innanzitutto, ci che Popper aveva distinto ma non separato (scienziato/uomo, ricerca della verit scientifica/uso della scienza, ecc.) per Adorno costituisce gi in s e per s un problema di carattere sia epistemologico che sociale. La scienza per Adorno non riducibile alla logica (scienza e societ sono in un rapporto dialettico), non un problema di corrispondenza tra asserzioni e fatti, o di non-contraddittoriet tra teoria e fatti, ecc. Il progetto di un sapere scientifico che si costituisce come un processo in s, indipendente dal soggetto storico-sociale che lo formalizza, e la cui validit riposi sullintersoggettivit degli scienziati, su una logica valida per tutti, indiscutibile e univoca, per Adorno inammissibile e forse illusorio.
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Del resto, potremmo aggiungere, se la scienza procedesse per eliminazione di errori, per falsificazione di ipotesi e di teorie, non si riuscirebbe pi a comprendere il progresso scientifico; del resto tutte le teorie sarebbero tra loro equivalenti dal momento che qualsiasi teoria per principio scientifica solo se falsificabile. Inoltre, se la scienza comportasse una incertezza radicale, falsificabilit, che si annida al proprio centro, e se la scienza si riducesse al metodo, la risoluzione o superamento o accettazione di tale incertezza non potrebbe che rimandare allinterrogazione filosofica oppure essere ricercata a livello filosofico, se non storico. Infine, si potrebbe anche pensare che se la scienza falsificazione di ipotesi e di teorie, la scienza potrebbe acquisire un carattere storico radicale che metterebbe in crisi la stessa concezione del metodo scientifico. Oppure, si porrebbe sul tappeto la questione: come possibile e pensabile una successione di teorie scientifiche che non siano oggetto della scienza? Se la scienza procede secondo periodizzazioni e tappe storiche che segnano delle scissioni, rivoluzioni o rotture con quelle precedenti, come possibile una storia della scienza? Per Adorno la realt, ossia la societ, oggetto di studio della sociologia, non riducibile ai termini e alle categorie della logica formale: se si presupponesse tale riduzione, occorrerebbe similmente presupporre la realt come non-contraddittoria. La contrapposizione tra i due pensatori non solo epistemologica (aspetto secondario per Adorno, ma primario per Popper), ma anche e soprattutto ontologica, oltre che avere un marcato carattere ideologico-politico'. Dal carattere ontologico della contrapposizione deriva per Adorno che il metodo in stretta relazione alloggetto, che non sia affatto indifferente all'ambito e al campo di ricerca e che non sia perci unico per tutte le scienze: "I metodi non dipendono dall'ideale metodologico, ma dalla cosa" (p.130). Se la cosa dipendesse dall' ideale metodologico, come sarebbe possibile evitare che l'uso scientifico del metodo non venga a nascondere loggetto reale e, soprattutto, le contraddizioni sociali? In questo caso la sociologia correrebbe il grave rischio di non conoscere il proprio oggetto. Questo rischio corrono quelle sociologie che attribuiscono un primato al metodo anzich all'oggetto", e ci accade sia quando si sviluppano i metodi per se stessi, sia quando si scelgono gli oggetti della ricerca in funzione del metodo e non dei problemi reali per dirimere le contraddizioni. Adorno riconosce con Popper che la conoscenza non parte dallosservazione", ma precisa che ci dovuto al contesto della totalit sociale":
Popper polemizza contro il clich secondo cui la conoscenza procederebbe gradualmente dallosservazione al riordinamento, all'organizzazione e alla sistematizzazione del suo materiale. Questo clich particolarmente assurdo in sociologia perch essa non dispone di dati non qualificati, ma solo di dati che sono strutturati mediante il contesto della totalit sociale...Senza l'anticipazione di quel momento strutturale, del tutto, che non si lascia quasi mai tradurre in osservazioni particolari adeguate, nessuna singola osservazione potrebbe trovare il suo giusto posto e il suo valore (cit., pp. 126-127).

Ci troviamo cos immersi nel concetto di totalit, concetto chiave del pensiero di Adorno (la totalit di cui parla Adorno non quella hegeliana). Con la categoria di
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totalit sociale Adorno intende dire che la societ un sistema strutturato e strutturante, che tiene in s e che tenta di risolve per s ogni momento sociale, ogni realt, senza con ci comprenderla in s come momento del tutto in cui viene ricomposta o risolta. La totalit non un fatto, non si d all'osservazione; ma non esiste osservazione, fatto, che non ritrovi un posto e un significato nella totalit; la totalit una realt dialettica:
La totalit sociale non conduce affatto una vita propria, al di sopra di quella-di ci che essa raccoglie e di cui essa consiste. Si produce e riproduce attraverso i suoi singoli momenti. Molti di questi conservano una relativa autonomia... Ma come quel tutto non deve essere separato dalla vita, dalla cooperazione e dall'antagonismo dei suoi elementi, cos, viceversa, nessun elemento pu essere compreso (neppure limitatamente al suo funzionamento) senza considerare il tutto, che ha la sua essenza nel movimento del singolo stesso. Sistema e singolarit sono reciproci e possono essere conosciuti solo nella loro reciprocit (cit., p.127).

Infine, Adorno riconosce con Popper il primato della teoria, ma diversa la prospettiva da cui prende corpo questo riconoscimento. Popper, ad esempio, sostiene che un problema nasce sempre dalla contraddizione tra la teoria e i fatti; Adorno, invece, sostiene che innanzitutto la contraddizione nelle cose stesse, nella natura della realt sociale, e che, perci, un problema nasce sempre a causa della contraddittoriet della realt. Adorno accetta la tesi di Popper della criticabilit di ogni teoria, ma per Adorno la sociologia deve essere critica non tanto e solo perch tra teoria e fatti v contraddizione, quanto perch la societ stessa contraddittoria: la vera sociologia sempre critica; la sociologia critica della societ perch coscienza e conoscenza delle contraddizioni e della loro necessit. La natura contraddittoria della societ non pu essere colta che da una conoscenza che muove dal concetto di totalit (concetto che Popper rigetta perch non scientifico e fondamentalmente metafisico). La sociologia critica, che Adorno professa, cos conoscenza del tutto o delle sue lacerazioni al fine di trasformarle.

Bibliografia di riferimento Morandi, E., 1997, La disputa sul metodo (Methodenstreit) della seconda met del Novecento: la Teoria Critica della scuola di Francoforte e il Falsificazionismo di K. Popper, in Monti, E. (a cura di), Sentieri del conoscere, F. Angeli, Milano, pp.194-262.

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Sul metodo scientifico

"Il punto di vista, dice de Saussure, crea l'oggetto". Vale a dire che non possibile definire una scienza secondo il campo del reale che le apparterrebbe in proprio. Come osserva Marx, la totalit concreta in quanto totalit pensata, concreto pensato, in effetti un prodotto del pensiero, dell'atto di concepire [...]. La totalit, quale essa appare nello spirito come un tutto pensato, un prodotto del cervello pensante, che si appropria del mondo nel solo modo possibile, modo che differisce dalla appropriazione di questo mondo nell'arte, nella religione o nello spirito magico. Il soggetto reale sussiste dopo come prima, nella sua autonomia al di fuori dello spirito. E' lo stesso principio epistemologico, strumento di rottura del realismo ingenuo, che formula M. Weber: ''Non sono i rapporti reali tra le cose, afferma Weber, che costituiscono il principio della delimitazione dei differenti campi scientifici, ma i rapporti concettuali tra i problemi. Solo laddove si applica un metodo nuovo a problemi nuovi e si scoprono in tal modo nuove prospettive nasce una "scienza nuova" [...] E legittimo vedere nel principio durkheimiano secondo il quale "bisogna trattare i fatti sociali come cose" (l'accento va messo sul trattare come) l'equivalente specifico del colpo di stato teorico con cui Galileo costituisce loggetto della fisica moderna come sistema di relazioni quantificabili, o della decisione di metodo con cui Saussure riconosce alla linguistica la sua esistenza e il suo oggetto, distinguendo la lingua e la parola: infatti una simile distinzione che formula Durkheim, quando esplicitando completamente il significato epistemologico della regola cardinale del suo metodo, afferma che nessuna delle regole implicite che condizionano i soggetti sociali si ritrova interamente nelle applicazioni particolari che ne vengono fatte, poich esse possono esistere anche senza che vengano attualmente applicate. La seconda prefazione delle Regole spiega a sufficienza che si tratta di definire una attitudine mentale e non di assegnare all'oggetto uno statuto ontologico.

La lettura di questa pagina (P. Bourdieu, J.C. Chamboredon, J.C. Passeron, Il mestiere di sociologo, pp. 55-56, ed. Guaraldi, 1976), ci introduce immediatamente nel vivo del come oggi lo scienziato si atteggi nei confronti della sua scienza. E' indispensabile prima ancora di sapere che cosa sia la sociologia, quale siano i suoi ambiti di ricerca, le sue teorie, i suoi metodi, comprendere come si guardi in generale alla scienza Gli Autori sostengono che la ricerca scientifica si dispiega su oggetti costruiti che non hanno nulla in comune con le entit colte dalla percezione ingenua. La scienza si costituisce nel costruire il proprio oggetto in conformit ai principi di costruzione che lo definiscono in netta contrapposizione al senso comune. Nei classici possibile rintracciare insieme ai principi di costruzione delloggetto il senso che ad esso viene attribuito nella istituzione della sociologia come disciplina scientifica. Ritengo che sia questa una ragione fra le tante che possibile individuare e richiamare, per una rilettura dei classici della sociologia e per rinnovare la loro attualit. Il senso della sociologia attiene indubbiamente allesperienza del sociale, che ciascun individuo in quanto essere sociale pu avere, ma non vi si riduce affatto. Non solo perch lesperienza, eventualmente, pu essere assunta dalla sociologia come oggetto di ricerca, ma soprattutto perch, come specificano anche gli Autori citati, non sufficiente darsi un oggetto dotato di realt sociale per disporre al tempo
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stesso di un oggetto dotato di realt sociologica, , invero, necessario che questo sia definito e costruito in funzione di una problematica teorica che consenta di sottoporre a interrogazione sistematica gli aspetti della realt messi in relazione dalla domanda che ad essi viene posta (ibidem, p. 59). indispensabile, in altre parole, avere un senso sociologico dei fenomeni che sono sottoposti alla ricerca, il che equivale a dire che occorre una sociologia. tale senso che apre alla realt e la rende conoscibile, ed esso tuttuno con la stessa sociologia. Possiamo anche dire che grazie al senso sociologico che lesperienza comune degli esseri sociali viene trasformata dal suo stato pragmatico e preriflessivo in oggetto di analisi e di ricerca. Questo assunto deve aiutarci a capire, come in queste pagine sostenuto, che il discorso metodologico non possa prescindere dal modo in cui viene inteso e costruito il senso delloggetto della ricerca sociologica. Se , come si accennato, necessario guardare in generale come viene costruito loggetto della scienza, tuttavia non sufficiente. Se non , infatti, possibile prescindere dal senso, comunque dobbiamo tenere distinte diverse questioni di carattere teoretico e metodologico e diversi piani di analisi per quanto questi inevitabilmente si intersecano e concorrano tutti alla ricerca. Il venir meno del realismo e dellempirismo ingenui, ossia della concezione che ritiene che la conoscenza muova da ci che immediatamente si offre alla sensazione, ha comportato un nuovo modo di intendere il rapporto nel conoscere tra conoscente/conosciuto, spostando linteresse verso le modalit attraverso le quali si rende possibile il conoscere e verso lindividuazione dei criteri che possono rendere certo lo stesso processo conoscitivo. Con il venir meno della gnoseologia (dottrina della conoscenza ancorata ad una visione della realt, filosofia) a vantaggio della dottrina e del metodo, ha sempre pi preso importanza la ricerca scientifica delle regole, che devono presiedere ai ragionamenti, e dei metodi, che devono conferire oggettivit, scientificit, alla stessa conoscenza. Una volta che si sia riconosciuto che tramite una relazione che sono portati a conoscenza degli oggetti, diventa di primaria importanza esaminare come viene effettuata questa operazione e sottoporre a controlli rigidi le conoscenze ottenute. Il realismo ammette che attraverso i sensi ci sia data immediatamente (realismo immediato) la realt esterna, quella che diciamo formata da cose, e che, pertanto, il giudizio che possiamo elargire su tale realt o sulle cose abbia unevidenza immediata. Tuttavia, come sappiamo, la sensazione pu ingannarci e di conseguenza occorre riconoscere che la natura delle cose non ci data immediatamente, ma mediatamente in concetti, categorie per quanto tramite essi ci sia dato qualcosa. Il realismo mediato ammette che attraverso i sensi si ha la conoscenza dellesistenza di qualcosa di indipendente dalla nostra coscienza e che solo mediatamente, mediante la ragione, secondo le modalit intellettive del conoscente, si possa pervenire ad una conoscenza della natura della realt. La natura del reale, delle cose, per quanto non sia colta immediatamente nei dati sensibili, , tuttavia, informata, pensata ed elaborata dalla ragione a partire da quelli. Se non possiamo accedere ad una conoscenza immediata di ci che , se la conoscenza sempre conoscenza mediata, luomo non potr pervenire che ad una conoscenza di ci che riesce a cogliere e che
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solo cos gli si mostra, ossia nei limiti delle sue facolt conoscitive e degli schemi interpretativi che lorientano verso il reale. E. Cassirer, seguendo il pensiero di Kant, illustra il nuovo atteggiamento che con il criticismo assume il nuovo processo conoscitivo secondo il quale lo spirito umano svolge nei confronti della realt una attivit formatrice:
Ogni vera funzione fondamentale dello spirito presenta in comune con la conoscenza ununica caratteristica di valore decisivo, costituita dallavere in se stessa unattivit originaria formativa e non semplicemente riproduttiva. Essa non esprime in maniera meramente passiva unentit esistente, ma racchiude in s unenergia autonoma dello spirito attraverso la quale la semplice esistenza dei fenomeni acquista un significato determinato, un peculiare valore ideale. Ci vale per larte come per la conoscenza; per il mito come per la religione. Essi tutti vivono in peculiari mondi di immagini nei quali non semplicemente si rispecchia un dato empirico, ma che essi, invece, producono secondo un principio autonomo. E cos ciascuno di essi si crea anche proprie forme simboliche che, sebbene non siano dello stesso genere dei simboli intellettuali, sono ad essi equivalenti per la loro origine spirituale. (...) Esse (forme) non sono quindi modi diversi in cui una realt esistente in s si riveli allo spirito, ma sono invece le vie che lo spirito segue nella sua obbiettivazione, cio nel suo manifestarsi. (Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, vol.1, p.10)

A questo fine pu essere ancora utile, oltre che istruttivo rileggere certe pagine di Kant della "Prefazione" alla seconda edizione della Critica della ragion pura:
Il primo che dimostr il triangolo isoscele (si chiamasse Talete o altrimenti) fu colpito da una gran luce: perch egli trov che non doveva attenersi a quello che vedeva nella figura, e neppure al semplice concetto di questa, per apprenderne le propriet; ma che doveva produrla (costruttivamente) a priori secondo concetti, e che egli, per apprenderne sicuramente qualcosa a priori, non doveva attribuire alla cosa se non ci che derivava necessariamente da ci che egli stesso vi aveva posto, conformemente al suo concetto....Quando Galilei fece rotolare le sue sfere, il cui peso era da lui stesso scelto, su un piano inclinato, o Torricelli fece sopportare all'aria un peso, che egli stesso sapeva di gi uguale a quello di una colonna d'acqua conosciuta.... allora tutti gli investigatori della natura furono colpiti da una gran luce. Essi compresero che la ragione vede solo ci che essa stessa produce secondo il proprio disegno, o che essa, con principi dei suoi giudizi secondo leggi immutabili, deve prendere il passo e forzare la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi da essa guidare quasi con le redini; perch altrimenti le osservazioni fatte a caso, e senza un piano prestabilito, non si accorderebbero punto in una legge necessaria, che la ragione ricerca e di cui abbisogna. La ragione deve andare verso la natura tenendo in una mano i suoi principi, secondo i quali soltanto conoscenza, ha comportato un uovo modo di intendere il rapporto nel conoscere tra conoscente/conosciuto, spostando linteresse verso le modalit le concordanza dei fenomeni pu equivalere ad una legge, e nell'altra l'esperimento, che essa ha ideato secondo quei principi, per venire da essa natura bens istruita, ma non in qualit di uno scolaro, che si lascia dire tutto ci che piaccia al maestro, ma piuttosto di un giudice in funzione, che costringa i testimoni a rispondere alle domande che egli loro rivolge. La fisica pertanto debitrice di una cos felice rivoluzione del suo metodo solo a questa idea: che la ragione deve cercare nella natura (non fantasticare intorno ad essa), conformemente a quello che essa stessa vi pone, ci che deve apprendere e di cui nulla potrebbe sapere de se stessa (tr. it. a cura di G. Bontadini, La Scuola, Brescia. pp.12-13).

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Non si va al mondo, alle cose, per imparare direttamente da queste, ma piuttosto si va alle cose secondo le modalit conoscitive del soggetto ossia in conformit al loro darsi secondo le categorie dellintelletto che solo cos ne pu avere una concezione. Kant in questo passo della Introduzione alla seconda edizione della Critica ricorda che la svolta epistemologica avvenuta quando lidea di triangolo stata imposta allesperienza. Similmente il progresso della fisica avvenuto tramite lazione costruttiva della ragione umana: la ragione trova nella natura solo ci che essa ha prodotto secondo il proprio disegno la ragione deve cercare nella natura (non fantasticare intorno ad essa), conformemente a quello che essa stessa vi pone, ci che deve apprenderne e di cui nulla potrebbe sapere da se stessa. La scienza non si fa istruire dalla natura come uno scolaro si fa istruire dal maestro, ma essa opera piuttosto come il giudice. In questa prospettiva la sensazione non si colloca allinizio ma alla fine della costruzione del sapere scientifico. Non a caso ritroviamo citato Galileo nei due testi riportati, infatti a Galileo viene attribuito il modo nuovo di fare scienza, come costruzione. In nome di Galileo viene rigettato il modello classico della concezione delle conoscenza, secondo cui la conoscenza la corrispondenza tra soggetto e oggetto, nel senso che il soggetto conoscente sta all'oggetto come ci che misurato sta alla misura. Da Galileo la realt esterna, liberata dalla soggettivit del soggetto, viene piuttosto resa conforme ad una strategia conoscitiva, in quanto il pensiero opera un intervento su di essa costringendola alle sue leggi. Leggi matematiche che concorrono a costruire le leggi della realt. La realt per Kant in s indifferenziata, non ha alcun principio di intelligibilit, essa 'muta', per cos dire. Cosicch l'ordine formale della conoscenza non pi dalla parte della realt, gi preformato in essa, ma dalle parte del soggetto conoscente, della scienza, in categorie elaborate dalle scienze in forma logico-deduttiva. Per Galileo il libro della natura scritto in caratteri matematici. La strategia di Galileo consiste, ad esempio, come noto, a ricorrere allidea astratta di vuoto, che inaccessibile allesperienza sensibile allo stesso modo in cui lo sono le idee di sfera perfetta e di piano perfetto. Solo a questa condizione si rende possibile trovare la strada che conduce alla formulazione di leggi assolute della caduta dei corpi e del moto. Scrive a proposito A. R. Hall:
il vero significato del vuoto inattingibile, era, per Galileo, di poter stabilire per esso, con grande probabilit di essere nel vero, la legge non verificabile dellaccelerazione uniforme [...] In altre parole: solo immaginando una situazione in s impossibile si poteva formulare una legge chiara e semplice della caduta dei gravi, e solo possedendo tale legge era possibile comprendere i fenomeni complessi che accadono realmente. Lidealismo (ovvero lastrazione) non illusorio per il fatto di ignorare la complessit e le discrepanze della realt: al contrario, solo attraverso lastrazione possibile discernere la realt, che spiega complessit e discrepanze (Da Galileo a Newton, tr. it., Feltrinelli, Milano, 1973, p. 53).

Con il ricorso a questo procedimento, Galileo rompe con lempirismo ingenuo e pone le basi del ragionamento scientifico. Egli ottiene questo risultato servendosi

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retoricamente dei principi del ragionamento allora accreditato col portarlo allassurdo, e ponendo cos la necessit del suo superamento. Fa rilevare sempre Hall:
Supponiamo che Aristotele abbia ragione: si congiunga una pietra leggera (velocit di caduta 4) con una pietra pesante (velocit di caduta 8). Quale sar la velocit delle due pietre riunite? Supponiamo che la pietra pesante sia al di sopra di quella pi leggera: in questo caso, nello spingere quella pi piccola, sar rallentata e la velocit dellintera massa sar ora minore di 8. E tuttavia le due pietre insieme sono pi pesanti di ciascuna delle due singolarmente prese, e dovrebbero cadere con una velocit maggiore di 8. Sia ora la pietra piccola sopra quella grande: la pietra piccola non pu premere su quella pi grande che (ex hypothesi) tende a muoversi pi rapidamente. Neppure in questo caso veniamo perci ad avere una velocit maggiore di 8. Ci assurdo. Lunica soluzione di ammettere che la pietra piccola e quella grande (della stessa densit) cadano con la stessa velocit (ibidem, p. 52).

Viene, dunque, definitivamante rigettato il realismo, e con esso sono rigettati l'empirismo gnoseologico (scrive, ad esempio, Kant: "le osservazioni fatte a caso, senza un piano prestabilito, non si accorderebbero punto in una legge necessaria, che la ragione ricerca e di cui abbisogna), la concezione della conoscenza come rispecchiamento, e la convinzione della possibilit di una conoscenza essenzialistica della realt.

Le molte prospettive Dire che loggetto della conoscenza scientifica costruito dalle diverse scienze vuol dire che la costruzione delloggetto procede dallo stesso modo in cui inteso il senso che presiede ad una particolare disciplina. Del resto dire che il punto di vista crea loggetto e che non possibile definire una scienza secondo il campo del reale che le apparterebbe in proprio o che la sociologia non ha ad oggetto il sociale pur avendo a che fare con esso (non ogni ricerca che ha ad oggetto il sociale di per s sociologica; inoltre senza la conquista di questa consapevolezza metodologica non riusciremmo a capire perch la sociologia sia nata con lopera di Saint-Simon o di Comte), vuol dire porre in rilievo che ogni disciplina muove da una prospettiva che apre il campo o dominio del reale che, cos definito e inteso, viene sottoposto a investigazione. Questo orientamento euristico spesso espresso secondo la metafora del punto di vista. La metafora tuttavia, a sua volta, pu essere intesa in diversi modi, ne elenchiamo tre: la metafora del punto di vista 1. indica la prospettiva spaziale da cui si osserva, si guarda; 2. indica che qualcosa (un concetto, un presupposto, una facolt, ecc.) guida, precede e indirizza ci che deve venir preso in considerazione; ci che guida nellanticipare ci che diviene oggetto di osservazione rende intelligibili aspetti dellesperienza e della realt; 3. indica che ci che posto innanzi, losservato, tuttuno con ci che lo pone, appartenendo alla stessa pratica conoscitiva, svolgendo una funzione performativa.
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Questi tre possibili modi di intendere il punto di vista portano ad enfatizzare il discorso sul metodo in quanto ci che viene considerato e accettato come reale o come campo di investigazione o come oggetto in relazione con il senso che li pone nel mostrarli. Del resto, come si diceva, il venir meno del realismo ha portato a ricercare la maniera attraverso la quale si costruisce ci che portato ad oggetto di osservazione e, quindi, a ricercare i criteri di attendibilit della pratica conoscitiva che presiede alla ricerca. Dal momento che possiamo volgerci alla realt solo grazie alla definizione o idea che ne abbiamo (la realt muta, non elargisce la sua natura), diviene importante stabilire e ricercare le modalit attraverso le quali ci si rende per noi possibile. Ora, se ci che conosciamo ha a che fare con il modo con cui lo conosciamo, diviene urgente il conoscere le modalit attraverso le quali qualcosa diviene conoscibile; modalit che coinvolgono non solo i sensi, la ragione, limmaginazione, ma anche il linguaggio, la cultura, la societ allinterno delle quali le pratiche stesse del conoscere si rendono possibili e sensate. La prima metafora, di carattere spaziale, risale a Leibniz, per quanto egli la esprima come esemplificazione del suo sistema filosofico: E come una stessa citt guardata da punti differenti apparisce tuttaltra e quasi moltiplicata in prospettiva, cos per il numero infinito delle sostanze semplici vi sono come tanti vari universi che non sono per che le prospettive dun solo universo, considerato dai diversi punti di vista di ciascuna monade (Principi di filosofia o Monadologia, 1714). Dopo Leibniz, essendo venuto meno il riferimento allunico universo che conferisce armonia alle diverse prospettive, rimasta lambiguit della metafora che dipende, a sua volta, dallambiguit della concezione prospettica dello spazio, che stata evidenziata da E. Panofsky nei suoi studi sulla prospettiva nella pittura. In Leibniz troviamo nellunico e identico mondo un punto di riferimento formalmente comune che rispecchiato secondo i molti, se non infiniti, punti di vista delle monadi, ma troviamo anche una molteplicit di prospettive individuali diverse e irrelate luna con laltra, che lasciano spazio al pluralismo prospettico. Per il senso comune difficile non ammettere che, nonostante la molteplicit dei punti di vista possibili di una citt, questi non abbiano ad oggetto unidentica citt! Tuttavia, la prospettiva che consegue al punto di vista ad essa conforme. Avere tanti punti di vista come avere tante prospettive di aspetti diversi della citt. Si hanno tanti punti di vista a cui corrispondono tante prospettive, ognuna d unimmaginerappresentazione di aspetti della citt; attraverso ciascuna possibile riconoscere aspetti della citt, ma non la citt. La citt colta nel suo insieme ancora una prospettiva che consegue da un punto di vista adeguato. Se vogliamo cogliere la citt tutta nella sua estensione, dobbiamo assumere un punto di vista che ce lo consenta, ma intanto abbiamo perso tutti gli altri. N possiamo mettere insieme tutti i possibili punti di vista per avere la citt nella sua globalit. Tale maniera di procedere insegna che la visione o rappresentazione relativa al punto di vista da cui si guarda. A seconda dei punti di vista, prospettivismo, abbiamo visioni diverse della citt: la citt una eppure molteplice a seconda delle prospettive che ne isolano aspetti e dimensioni che altrimenti resterebbero come non viste.
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Questo discorso si complica ulteriormente se congiungiamo ad ogni punto di vista possibile degli osservatori tra loro diversi. Possiamo immaginare che questi possano tra loro scambiarsi i diversi punti di vista di modo che ognuno possa avere la prospettiva degli altri e procedere ad una ri-costruzione, ma anche in questo caso dovremmo affrontare altri generi di problemi. Venuta meno lidea dellarmonia prestabilita di Leibniz come verit o prospettiva sovra-prospettica, possibile ricorrere al principio dellinterscambialit, formale, delle prospettive, nel quadro di una comune costituzione trascendentale delle strutture formali della conoscenza e, dunque, dei punti di vista. Kant ci viene incontro con una massima del senso comune ossia di quella facolt di giudicare che nella sua riflessione tiene conto a priori del modo di rappresentarsi le cose proprio di tutti gli altri, per confrontare in certo modo il proprio giudizio con la ragione umana nel suo complesso, e per evitare cos la facile illusione di ritenere come oggettive delle condizioni soggettive e private, illusione che avrebbe una influenza dannosa nel giudizio. Ora ci avviene quando confrontiamo il nostro giudizio con quello degli altri, e piuttosto coi loro giudizi possibili che con quelli effettivi, e ci poniamo al posto di ciascuno di loro, astraendo semplicemente dalle limitazioni che affettano in modo accidentale il nostro giudizio (Critica del giudizio, tr. it. di A. Gargiulo, Laterza, Bari, 1963, p. 150). Secondo Kant non solo le diverse e molteplici prospettive possono essere scambiate tra i diversi e molteplici osservatori, ma ciascun osservatore nel fare riferimento alla prospettiva dellaltro pu confrontare la propria con quella dellaltro e tralasciare cos ci che di essa prettamente soggettivo, irrelato, e rintracciare ci che permane di essa come comune proprio nel poter assumere anche quella dellaltro. Questa posizione di Kant stata ripresa da K. Popper ad indicare che le asserzioni scientifiche debbono essere sottoposte al controllo intersoggettivo. Popper argomenta nel modo seguente questo principio della sua epistemologia:
Le parole oggettivo e soggettivo sono termini filosofici su cui grava una pesante eredit di usi contraddittori e di discussioni inconcludenti e interminabili. Il mio uso dei termini oggettivo e soggettivo non dissimile da quello di Kant. Egli usa la parola oggettivo per indicare che la conoscenza scientifica devessere giustificabile indipendentemente dal capriccio di chicchessia: una giustificazione oggettiva se in linea di principio pu essere sottoposta a controllo e pu essere compresa da chiunque. Quando - egli scrive - una cosa valida per qualunque essere in possesso di ragione, la sua ragion dessere oggettiva e sufficiente. Ora, io sostengo che le teorie scientifiche non sono mai completamente giustificabili e verificabili, ma che, nondimeno, possono essere sottoposte a controlli. Dir pertanto che loggettivit delle asserzioni della scienza risiede nel fatto che esse possono essere controllate intersoggettivamente (Logica della scoperta scientifica, tr. it. Einaudi, Torino, 1970, pp.26-27).

Non sfugga lo slittamento tra le diverse posizioni: per Leibniz le diverse prospettive per quanto tra loro irrelate, le monadi non comunicano tra loro, trovano la loro unit-verit nel riferimento allunico ordine possibile del mondo di cui quelle sono un riflesso. In Kant lunit del riferimento riposa sullunit dellappercezione trascendentale dellio. In Popper, infine, al quale non interessa affatto come si
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producano nelluomo le rappresentazioni del mondo e le teorie bens il controllo delle medesime, loggettivit e la verit sono demandate al controllo intersoggettivo della comunit scientifica. Continua infatti Popper:
La parola soggettivo applicata da Kant ai nostri sentimenti di convinzione (di gradi diversi). Esaminare come essi si originano compito della psicologia. Possono sorgere per esempio, in conformit con le leggi dellassociazione. Anche ragioni oggettive possono servire come cause soggettive di giudizio, nella misura in cui possiamo riflettere su queste ragioni e convincerci della loro forza costrittiva. Kant fu forse il primo a rendersi conto che loggettivit delle asserzioni scientifiche strettamente connessa con la costruzione di teorie - con luso di ipotesi e di asserzioni universali. Soltanto quando certi eventi ricorrono in accordo con regole, o regolarit, come nel caso degli esperimenti ripetibili, le nostre osservazioni possono essere controllate - in linea di principio da chiunque. Non prendiamo neppure sul serio le nostre proprie osservazioni, n le accettiamo come osservazioni scientifiche, finch non le abbiamo ripetute e controllate. Soltanto in seguito a tali ripetizioni possiamo convincerci che non stiamo trattando con una semplice coincidenza isolata, ma con eventi che, grazie alla loro regolarit e riproducibilit, possono, in linea di principio, essere sottoposti a controlli intersoggettivi (ibidem, pp. 27-28).

La metafora del punto di vista stata ripresa e sviluppata in ambito ermeneutico da Johann Martin Chladenius (1710-1759). Scrive Chladenius:
Quelle condizioni del nostro animo, del nostro corpo e dellintera nostra persona che fanno, o sono causa del fatto che noi ci rappresentiamo un oggetto in un certo modo e non altrimenti, le vogliamo chiamare il punto di vista (Sehe-Punkt). [...] Il termine punto di vista stato probabilmente assunto per la prima volta con significato pi generale da Leibniz, comparendo esso comunemente solo nellottica (Einleitung zur richtigen Auslegung vermunfftiger Reden und Schrifften, 1742, tr. it. a cura di T. Griffero, in Il pensiero ermeneutico, a cura di M. Ravera, Marietti, Genova, 1986, p. 59)

Chladenius non fa tanto riferimento a un punto spaziale da cui si guarda col mettere cos in prospettiva il mondo che si offre allo sguardo, quanto alle facolt stesse delluomo, alla sua persona, al suo corpo che, nellessere assunti come punto di vista, rendono in tal modo visibile e percepibile il mondo: Ci che accade nel mondo visto da persone diverse in modo pure diverso: in modo che, dovendo molti fornire la descrizione di una storia, in ciascuna si troverebbe qualcosa di particolare, pur avendo esse tutte, per quanto stava in loro, concepito della cosa una giusta immagine. Il motivo di tale diversit va cercato parte nel luogo e nella posizione del nostro corpo, che per ciascuno diversa, parte nel diverso legame che noi abbiamo con le cose, parte nella precedente maniera di pensare, in virt della quale luno si abituato a prestare attenzione a questa, laltro a quella cosa. Invero si crede comunemente che ciascuna cosa possa provocare soltanto unimmagine giusta, e che dunque, se si trova nelle narrazioni una qualche differenza, una debba essere del tutto giusta e laltra del tutto errata. Tuttavia questa regola non conforme n ad altre verit generali, n ad una precisa conoscenza del nostro animo (ibidem, pp. 58-59). Continua infatti col sostenere che

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Noi infatti giudichiamo la natura della cosa secondo il concetto che ne abbiamo. Perci quello che contrasta con i nostri concetti deve, a nostro parere, contrastare contemporaneamente con la natura della cosa (ibidem, p. 59)

La teoria dei punti di vista, che sispira al prospettivismo di Leibniz, porta a tema il punto di vista dellautore di unopera e la prospettiva ermeneutica dellinterprete. Chladenius anticipa la visione secondo la quale lattivit ermeneutica si indirizza a tematizzare linterdipendenza variabile tra due prospettive di comprensione quella dellautore e quella dellinterprete dellopera Uninterprete deve dunque rappresentarsi la storia che intende interpretare da entrambi i punti di vista: da un lato come se la rappresenta colui a cui essa appare incredibile, dallaltro come se l rappresentata lo scrittore (ibidem, p. 60). Per conseguire questo fine necessario avere delle regole che facilitino lopera di comprensione: Interpretare non dunque altro che fornire a qualcuno i concetti che sono necessari per intendere perfettamente un discorso o uno scritto, o per esercitarsi ad intenderli (op. cit., p. 57). La prospettiva ermeneutica stata estesa anche in ambito sociologico. Infatti possibile intendere lagire sociale come un testo che, come qualsiasi altro testo, deve essere compreso e interpretato (P. Ricoeur). In questi casi lagire sociale viene interpretato come lesteriorizzazione di unintenzione soggettiva e, di conseguenza, lopera del sociologo viene intesa come linterpretazione del senso soggettivamente intenzionato dallagente oppure come il senso intersoggettivamente intenzionato dagli agenti. Dilthey si era avvalso del concetto di comprensione per distinguere le scienze dello spirito dalle scienze della natura, le prime sono scienze che si avvalgono della comprensione, le seconde della spiegazione Questa distinzione non ha pi ragione di essere. Tuttavia si riconosce generalmente che la comprensione presente in ogni tipo di scienza in qualit di presupposto. Infatti la spiegazione presuppone la comprensione del problema da spiegare. Sostiene G. H. von Wright:
Prima che la spiegazione possa cominciare, il suo oggetto - l explanandum - deve essere descritto. Si pu affermare che ogni descrizione ci dice ci che una certa cosa . Se chiamiamo comprensione ogni atto con cui si coglie ci che una certa cosa , allora la comprensione un prerequisito di ogni spiegazione. [...] E, pertanto, scorretto affermare che comprensione versus spiegazione indica la differenza tra due tipi di intelligibilit scientifica (Spiegazione e comprensione, tr. it. il Mulino, Bologna, 1977, p. 158).

Il concetto o il procedimento di interpretazione viene, dunque, intrecciato con quelli di descrizione e di spiegazione. La descrizione delloggetto da spiegare implica il riferimento a un quadro concettuale che permette di rappresentare il fenomeno che portato a spiegazione secondo una certa prospettiva. La descrizione ha a che fare con il tipo di comprensione con il quale vengono unificati e resi intelligibili i dati empirici.

Ancora sul metodo scientifico


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Troviamo una continuit da Galileo a Saussure, a Weber, a Durkheim; oggi la scienza non segue pi Kant, ma s'ispira pur sempre allo spirito del suo ragionamento; del resto, se mettiamo al posto delle categorie a priori kantiane le varie categorie elaborate dalle singole scienze ne ritroviamo il disegno di fondo. La scienza non si d un oggetto che non sia costruito, reso intelligibile, dalle sue categorie, dai suoi concetti. Questimpostazione ci consente di comprendere un'altra distinzione fondamentale: quella tra senso comune e scienza. Nel senso comune loggetto precostituito dalla quotidiana esperienza ingenua del sociale in cui ogni individuo si ritrova come membro, mentre nella scienza: "Un oggetto di ricerca, per quanto parziale e parcellare, non pu essere definito e costruito che in funzione di una problematica teorica che consenta di sottoporre a interrogazione sistematica gli aspetti della realt messi in relazione dalla domanda che ad essi viene posta" (Il mestiere, cit., pp. 58-59). La sociologia pu benissimo assumere ad oggetto di indagine il senso comune (vedi ad esempio letnometodologia), ma anche in questo caso muove da una prospettiva o concezione del senso in cui si costituisce e secondo il quale deve essere intesa la ricerca. Se questo , a mio avviso, lo spirito di fondo del discorso sulla scienza, al suo interno, per, troviamo separazioni marcate e distinzioni inconciliabili. Un aspetto di questo dibattito ci offerto dalla polemica tra positivisti e dialettici; mentre per i primi il metodo della ricerca scientifica dato dalla logica formale, come organon universale, necessario e autonomo sul cui metro la conoscenza viene misurata; per i secondi, invece, la stessa logica deve essere criticata in quanto essa mediata dalla societ: la logica una misura che prodotta dalla societ. Mentre i primi considerano la societ come un oggetto di studio alla stregua di qualsiasi altro, a cui sono applicabili le categorie del metodo scientifico; invece i secondi, dal momento che loggetto della conoscenza costruito, postulano uno stretto rapporto tra conoscenza scientifica e pratica sociale del suo esercizio, in quanto ogni tipo di conoscenza della societ (insieme prodotto e progetto dell'agire umano) non pu che essere legato in un rapporto dialettico o di descrizione o di trasformazione della realt stessa. La contrapposizione, come vedremo, non solo epistemologica, ma anche politica; e ci dimostra come qualsiasi discorso intorno alla societ si carichi inevitabilmente di valenze/valori che solo apparentemente non hanno a che fare con la scienza, a meno che non si consideri la scienza come un corpo staccato dal sociale, dotata di autonomia. Ci, invero non pensato n dai positivisti, se si vuole impropriamente far rientrare Popper fra essi, n dai dialettici; ci che li distingue si colloca pi a livello politico che epistemologico, giacch la distinzione o la non-distinzione tra epistemologia e politica un fatto pi politico che scientifico. Al di qua troviamo, dunque, due concezioni e due progetti differenziati di societ, e inevitabilmente di sociologia. Questa constatazione non deve n allarmarci, n rendere vano ogni approccio scientifico alla sociologia; essa serve a farci
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comprendere che la sociologia sempre qualcosa di pi di quanto il termine non lasci intendere e di quanto un discorso epistemologico non voglia limitare o distinguere. La concezione costruttivistica delloggetto scientifico ci immerge in tale problematica, legando il mondo della scienza al mondo dei valori. La scienza contemporanea non solo deduttiva ma anche assiologica. Concludo questa parte con due passi di G. Myrdal che ben riassumono i termini del discorso e che nello stesso tempo ci offrono la possibilit di altre riflessioni in merito. Il primo brano pone in luce laspetto deduttivo della scienza:
...la teoria indispensabile per il lavoro scientifico. La teoria necessaria non solo per organizzare le indagini in modo da conferire ad esso un significato, ma - ed la cosa pi importante - per determinare quali problemi ci si debba porre. La conoscenza scientifica non sorge mai, per cos dire, dalla ricerca empirica grezza, ma solo come soluzioni da dare ai problemi sollevati; e tali soluzioni presuppongono un sistema logicamente coordinato di problemi proposti. La teoria, perci deve essere sempre un prius rispetto alle osservazioni empiriche dei fenomeni; i fenomeni vengono ad assumere un loro significato solo se sono accertati e organicamente inseriti in uno schema teorico. Anzi, i fenomeni, come parte della conoscenza scientifica, non esistono al di fuori di tale schema. Bisogna porsi le domande prima che possano essere ottenute le risposte, e, perch abbiano un senso, le domande devono formare una parte del tentativo logicamente coordinato di capire la realt come un tutto. Una impostazione non teorica a rigore di logica, impensabile. Alla base e come guida di ogni tentativo sistematico di scoprire la verit sulla societ, vi perci sempre una teoria; una visione di quali siano i fatti essenziali e quali le relazioni causali fra di essi. Questa teoria che determina la direzione della ricerca dovrebbe essere resa esplicita (Teoria economica e paesi sottosviluppati, tr. it., Feltrinelli, Milano, pp. 154-155).

Continua Myrdal, le domande sono altrettante espressioni dell'interesse che ci lega alla realt del mondo. Sono quindi alla radice, valutazioni. Tali valutazioni entrano in gioco gi nella fase in cui osserviamo i fatti e intorno a questi sviluppiamo la nostra analisi teoretica" (Lobiettivit nelle scienze sociali, tr. it., Einaudi, Torino, pp. 8-9).

Sulla natura della conoscenza scientifica secondo Popper Cercheremo di comprendere la natura della conoscenza scientifica seguendo uno scritto assai stimolante di K. Popper "Tre punti di vista a proposito della conoscenza umana" (In Scienza e filosofia, Einaudi, 1969). In questo scritto egli distingue tre punti di vista sulla conoscenza umana: il primo che chiama essenzialistico; il secondo strumentale, le teorie sono strumenti; ed infine il terzo punto di vista che considera le teorie come vere e proprie congetture. Secondo il Primo punto di vista la spiegazione ultima concepita in termini di essenza:

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L'essenzialismo....- scrive Popper - parte della filosofia galileana della scienza. All'interno di questa filosofia si possono distinguere tre elementi o dottrine, che ci interessano qui. Lessenzialismo consiste in una combinazione delle dottrine 2 e 3. Ed ecco le tre dottrine: 1) lo scienziato tende a trovare una teoria vera o descrizione del mondo (e in modo speciale delle sue regolarit o leggi) che costituisca anche una spiegazione dei fatti osservabili (Ci significa che una descrizione di questi fatti si deve poter dedurre dalla teoria in congiunzione con certe asserzioni, le cosiddette "condizioni iniziali"). Questa una teoria che io desidero difendere: essa costituisce parte del nostro "terzo punto di vista". 2) Lo scienziato pu riuscire a stabilire definitivamente la verit di tali teorie, oltre ogni ragionevole dubbio. Penso che questa dottrina richieda alcune correzioni. Secondo me lo scienziato non pu fare altro che sottoporre a controllo le sue teorie ed eliminare tutto quelle che non superano i controlli pi severi che egli pu progettare. Ma non pu mai essere del tutto sicuro che nuovi controlli (o anche una nuova discussione teorica) non lo portino a modificare o a scartare la sua teoria. In questo senso tutte le teorie sono, e rimangono ipotesi: sono congetture (doxa) in quanto contrapposte alla conoscenza indubitabile (episteme). 3) Le teorie migliori, quelle cio veramente scientifiche, descrivono 1'"essenza e la "natura essenziale delle cose: le realt che giacciono al di l delle apparenze. Queste teorie non hanno bisogno di una spiegazione ulteriore, e non ne seno suscettibili: sono spiegazioni ultime, e il trovarle lo scopo ultimo dello scienziato. Questa terza dottrina (insieme con la seconda) lo dottrina che io ho chiamato essenzialismo. Credo che, come la seconda, sia errata (op. cit., pp. 21-22).

Di questo primo punto di vista, Popper rigetta la dottrina che la scienza sia una spiegazione ultima", cio una spiegazione che (essenzialmente e per sua stessa natura) non pu essere ulteriormente spiegata, e che non ha bisogno di nessuna ulteriore spiegazione (p. 24). Pertanto Popper non contesta direttamente la possibilit o meno dell'esistenza delle essenze, ma il fatto che presupporne l'esistenza possa giovare alla scienza, "non c' nessuna ragione perch lo scienziato debba assumere la loro esistenza. Popper considera questa critica utilitaristica (vedi nota a pag. 24), infatti non pu essere confutata la credenza nellesistenza di essenze senza pensare che la stessa confutazione non sia essenzialistica, cio senza incorrere nello stesso errore che si vuole criticare.

Secondo punto di vista: le teorie come strumenti:


Secondo l'essenzialismo, dobbiamo distinguere tra I) l'universo della realt essenziale, 2) l'universo dei fenomeni osservabili e 3) luniverso del linguaggio descrittivo o delle rappresentazioni simboliche. Rappresenter ciascuno di questi tre universi mediante un quadrato

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a b 2

E A B

1 3

La funzione della teoria pu essere qui descritta nel modo seguente: a e b sono fenomeni; A e B sono le realt corrispondenti, che stanno dietro queste apparenze, e , le descrizioni, o rappresentazioni simboliche di queste realt. E rappresenta le propriet essenziali di A e B, ed la teoria che descrive E. Ora, da e possiamo dedurre : ci significa che possiamo spiegare, con laiuto della nostra teoria, perch a conduce a (o la causa di) b. Di questo schema si pu ottenere una rappresentazione dello strumentalismo limitandoci semplicemente ad omettere 1), cio luniverso delle realt che stanno dietro le varie apparenze. Allora descriver direttamente a, e descriver direttamente b, mentre non descrive nulla: semplicemente uno strumento che ci aiuta a dedurre da . (Questo si pu esprimere dicendo come disse Schlick seguendo Wittgenstein - che una legge universale, o una teoria, non unasserzione vera e propria, ma piuttosto una regola, o un insieme di istruzioni, per derivare asserzioni singolari da altre asserzioni singolari. (ibidem, pp. 27-28)

Ossia la teoria uno strumento che consente di rendere intelligibili i fenomeni e di descriversi, e nulla pi. Questo punto di vista riduce la teoria al nominalismo, ossia riconduce la teoria scientifica ad una questione di linguaggio. A sostegno di essa di solito si fa notare, ad esempio, che nessuno pu osservare una forza di attrazione o una classe sociale. Detto diversamente, continua Popper, le teorie secondo gli strumentalisti non sono altro che regole di calcolo, lo strumentalista identifica la teoria, che sottoposta a controllo, con le regole di calcolo che invece sono messe alla prova, vale a dire lo strumentalismo riduce la scienza pura alla scienza applicata.
Ci che desidero discutere qui il fatto che le teorie vengono sottosposte a controllo mediante tentativi di confutarle (tentativi da cui impariamo moltissimo), mentre nel caso delle regole tecnologiche di calcolo (o di computo) non c nulla che corrisponda rigorosamente a questo fatto. Una teoria viene controllata non gi limitandosi ad applicarla, o cercando di provarla, ma applicandola a casi specialissimi: a casi cio nei quali essa fornisce risultati differenti da quelli che ci saremmo aspettati senza la teoria, o alla luce di altre teorie. In altre parole, tentiamo di selezionare, per i nostri controlli, quei casi cruciali in cui dobbiamo aspettarci che la teoria, se non vera, fallisca (ibidem, p. 34).

Inoltre la teoria strumentalistica non essendo in grado di rendere conto dei controlli di una teoria, non potr neppure rendere conto del progresso della scienza, giacch non andr oltre lasserzione che teorie differenti hanno differenti campi di applicazione. Perci il criterio ultimo dello strumentalismo lapplicabilit. Ma
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questo criterio, conclude Popper, altrettanto oscurantistico quanto quello dellessenzialimo. La scienza infatti pu sperare di imparare e di progredire solo andando in cerca di confutazioni. Terzo punto di vista: congetture, verit e realt:
Questo terzo punto di vista non , io penso, n eccitante n tanto meno sorprendente. Mantiene ferma la dottrina galileana, secondo cui lo scienziato tende ad una descrizione vera del mondo o di qualcuno dei suoi aspetti e a una spiegazione vera dei fatti osservabili, e combina questa dottrina col punto di vista, non-galileano, che, sebbene questo rimanga lo scopo dello scienziato, questo ultimo non pu mai sapere con certezza se le sue trovate sono vere - anche se qualche volta pu stabilire con ragionevole certezza che una teoria falsa. Si pu formulare brevemente questo terzo punto di vista a proposito della teoria scientifica, dicendo che tali teorie sono vere e proprie congetture: tentativi di indovinare altamente informativi riguardanti il mondo, i quali, pur non essendo verificabili (cio, pur non essendo tali che se ne possa mostrare la verit) possono essere sottoposte a severi controlli critici. Sono seri tentativi di scoprire la verit (ibidem, pp. 38-39).

Le teorie scientifiche sono, dunque, ipotesi, congetture, forse 'vere'; "non sappiamo, e forse non potremo mai sapere, se (una teoria) sia vera oppure no" (p.39). Il fatto che una teoria sia una congettura non comporta affatto che venga sminuita la sua pretesa a descrivere qualcosa di reale. Infatti una congettura pu essere vera e descrivere cos uno stato di cose reali. In secondo luogo, se falsa, contraddice qualche stato di cose reale (descritto dalla sua negazione vera). Inoltre, se controlliamo la nostra congettura, e riusciamo a falsificarla, vediamo molto chiaramente che c'era una realt, qualcosa con cui essa poteva collidere. Le nostre falsificazioni indicano cos i punti in cui abbiamo per cos dire toccato la realt" (p.42). Da una parte Popper sostiene che le teorie sono "invenzioni, idee dell'uomo, in accordo con gli idealisti; dallaltra, dal momento che le nostre teorie possono cozzare contro la realt, le teorie ci dicono che "esiste qualcosa, in accordo con i realisti (cfr., p.43). Paradossalmente si pu dire che solo le teorie false ci dicono qualcosa della realt perch ci fanno cozzare contro la realt contro qualcosa che deve essere conosciuto e spiegato. Nella Prefazione all'edizione italiana di Logica della scoperta scientifica (tr. it., cit.) Popper ricorda che con la sua opera tent di dare una risposta ai seguenti problemi: Che cosa posso conoscere?, Posso conoscere?, Posso conoscere qualcosa con certezza? E continua: La mia era una risposta modesta. Guardavo alla conoscenza umana come un qualcosa che consiste delle nostre teorie, delle nostre ipotesi, delle nostre congetture, come al prodotto delle nostre attivit intellettuali (p. XIV). Egli considera la conoscenza in modo oggettivo, ossia come un sistema di asserzioni, di teorie sottoposte alla discussione". Popper insiste giustamente nel distinguere le esperienze soggettive e i sentimenti, che non possono mai giustificare alcuna asserzione, dalle relazioni logiche oggettive dei sistemi di asserzioni (ibidem, p. 26). Per oggettivo, come abbiamo gi visto prima, intende una conoscenza "giustificabile indipendentemente dal capriccio di chicchessia", perci loggettivit
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delle asserzioni dalla scienza risiede nel fatto che esse possono essere controllate intersoggettivamente. Precisa in nota Popper, "Da allora - ossia da quando ha composta l'opera - ho generalizzato questa formulazione; infatti il controllo intersoggettivo non che un aspetto molto importante della idea pi generale di critica intersoggettiva, o, in altre parole dell'idea di controllo razionale reciproco per mezzo della discussione critica (ibidem, p.27).

Il problema dellinduzione Questa impostazione del metodo scientifico consente di riformulare il problema dellinduzione, di considerarlo cio in modo oggettivo e non pi come uno stato mentale che interessa le nostre credenze - la loro razionalit - ma un problema che verte sulle relazioni logiche fra asserzioni singolari (descrizione di fatti singoli 'osservabili') e teorie universali . In questa ottica il problema di Hume (il problema ossia dell'induzione) diventa, sostiene Popper, risolubile: "non c induzione, perch le teorie universali non sono mai deducibili da asserzioni singolari. Ma le teorie possono essere confutate da asserzioni singolari, da descrizioni di fatti osservabili". Popper opera, dunque, un capovolgimento della concezione tradizionale della conoscenza scientifica, secondo il quale la stessa possibilit della scienza riposa sul principio di induzione. Secondo questo modo di intendere la scienza, si ha una teoria scientifica quando unasserzione universale si basa su insiemi di asserzioni singolari, che descrivono osservazioni ed esperimenti. Il problema sta dunque nel vedere se si giustificati nell'inferire asserzioni universali da asserzioni singolari. Ora, dire che unasserzione universale si fonda sull'esperienza, vuol dire che pu essere ridotta ad asserzioni singolari, in quanto la descrizione di un'osservazione non pu essere che un'asserzione singolare e non universale. Come si passa perci da unasserzione singolare ad una universale? La giustificazione detto, data dal principio d'induzione. Ma, obietta Popper "il principio d induzione deve essere a sua volta unasserzione universale (ibidem, p.7). L'induzione pu essere intesa: a) Come induzione per enumerazione e ripetitivit: osservazioni ripetute fondano la generalizzazione, ma nessun numero di osservazioni concernenti un qualsiasi fenomeno ( per esempio che i corvi sono neri) riuscir a stabilire che tutti i corvi sono neri; b) come induzione eliminatoria, cio fondata sul metodo dell'eliminazione o confutazione delle teorie false, ma queste possono essere logicamente infinite. Questa critica al principio d'induzione porta Popper a costruire una nuova teoria del metodo della scienza, che consiste fondamentalmente in un metodo critico che procede per tentativi ed eliminazione degli errori: le teorie per essere scientifiche devono essere criticabili con il metodo scientifico.
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La concezione della scienza che Popper propone , dunque, deduttiva: "non c induzione: il nostro ragionamento non procede mai da fatti a teorie, se non per confutazioni o falsificazioni' " (ibidem, p.XV). La teoria della scienza che propone Popper pu essere descritta "come la teoria del metodo deduttivo dei controlli" (p.9) in quanto "il lavoro dello scienziato consiste nel produrre teorie e nel metterle alla prova. Come le scienziato pervenga a formulare una teoria, non rientra nella scienza, anzi ogni scoperta contiene un elemento irrazionale' "(p.11). I momenti fondamentali del metodo critico proposto da Popper sono i seguenti: "Da una nuova idea avanzata per tentativi e non ancora giustificata in alcun modo... si traggono conclusioni per mezzo della deduzione logica. In un secondo tempo queste conclusioni vengono confrontate luna con l'altra e con altre asserzioni rilevanti, in modo da trovare quali relazioni logiche (come equivalenza, derivabilit, compatibilit o incompatibilit) esistono tra esse" (pp. 11-12). Si possono, sempre secondo Popper, distinguere quattro modi in cui una teoria viene controllata: 1 Confronto logico delle conclusioni fra loro, si controlla la coerenza interna della teoria; 2 Indagine della forma logica dalla teoria" al fine di sapere se la teoria empirica, scientifica o tautologica; 3 "Confronto con altre teorie al fine di vedere se la nuova teoria proposta costituisca un progresso; 4 Infine, controllo mediante le applicazioni empiriche. In base a questi controlli o verifiche, la teoria temporaneamente accettata, non stata cio falsificata, ma stata semplicemente corroborata. Del resto, se le teorie devono essere sottoposte a controlli intersoggettivi non potranno mai esservi teorie definitive. Comunque per Popper, una teoria non mai verificata dallesperienza, perch non possibile - come pensano invece i positivisti - che le asserzioni della scienza empirica debbano essere passibili di una decisione conclusiva riguardo la loro verit e falsit" (ibidem. p.12). Per Popper un sistema o una teoria scientifica o empirica solo se pu essere controllata dall'esperienza, se contiene proposizioni controllabili empiricamente. Dal momento che una teoria non pu essere verificabile, essa pu essere solamente falsificata, infatti un sistema empirico deve poter essere confutato dallesperienza. Conclude perci Popper, La mia proposta si basa su un'asimmetria tra verificabilit o falsificabilit, asimmetria che risulta dalla forma logica delle asserzioni universali. Queste, infatti, non possono mai essere derivate da asserzioni singolari, ma possono venir contraddette da asserzioni singolari. Di conseguenza possibile, per mezzo di inferenze puramente deduttive (con laiuto del modus tollens della logica classica), concludere dalla verit di asserzioni singolari alla falsit di asserzioni universali" (ibidem, p. 23). Il modus tollens di origine stoica, esso fu elaborato nel medioevo. E' incluso nel sillogismo ipotetico e disgiuntivo. Sillogismo che comprende una premessa che stabilisce un'implicazione da un enunciato ad un altro, del tipo 'se A, B"; una
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premessa che afferma (modus ponens) o nega (modus tollens) rispettivamente l'antecedente o il conseguente dell'implicazione contenuta nella maggiore premessa; la conclusione afferma o, rispettivamente, nega il conseguente o l'antecedente: modus ponens modus tollens se A, B se A, B A non B dunque B dunque non A (Vedi Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET). Il modus tollens consente di individuare il caso in base al quale lipotesi diventa falsa. Delimita unipotesi come scientifica perch pone il caso che la falsifica. Il modus ponens non d la possibilit di individuare il caso che falsifica lipotesi, procede per affermazioni. Non essendo possibile stabilire un criterio di verit, non rimane che fissarne uno tramite un metodo che consenta almeno di falsificare le teorie, giacch quello proposto dai positivisti "facendo ricorso alla struttura logica e formale delle asserzioni" non affatto sufficiente ( facile in questo discorso di Popper intravedere ancora una traccia del criticismo kantiano). Scrive Popper: "La scienza dovrebbe essere caratterizzata dai suoi metodi: dalla maniera con cui trattiamo i sistemi scientifici, da ci che facciamo con essi e da ci che facciamo ad essi (p. 34). Le regole metodologiche sono delle convenzioni, ma tramite esse si definisce la scienza; proprio come il giuoco degli scacchi pu essere definito mediante il ricorso alle regole che gli sono proprie, cos la scienza empirica pu essere definita per mezzo delle sue regole metodologiche" (p. 38). Queste sono costruite, come si diceva, allo scopo di assicurare l'applicabilit del criterio di falsificabilit. Cos l'esigenza dell'oggettivit scientifica pu anche essere vista come una regola metodologica: la regola secondo cui nella scienza possono essere introdotte soltanto asserzioni tali da poter essere controllate intersoggettivamente (ibidem, p.40). In conclusione "le teorie scientifiche sono asserzioni universali" col fine di spiegare e di prevedere: "Le teorie sono reti gettate per catturare quello che noi chiamiamo 'il mondo: per razionalizzarlo, per spiegarlo, per dominarlo" (ibidem, p.43).

La spiegazione Ma che cosa vuol dire spiegare? Nel 1948, C. Hempel e C. Oppenheim in Studies in the Logic of Explanation, Philosophy of Science, 15, pp. 135-175, presentarono un modello di spiegazione scientifica a cui W. Dray dar il nome di modello delle leggi di copertura (Covering Law Model) (cfr. Laws and Explanation in History, Oxford University Press, Oxford, 1957, tr. it. il Saggiatore, Milano, 1974).
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Questo modello riconosciuto generalmente come la concezione standard. Esso identifica la spiegazione in un argomento di tipo inferenziale che permette di dedurre un evento o una regolarit da una o pi leggi generali. Cos un evento spiegato inferendo le connessioni che lo legano ad altri eventi. Comprende due principali costituenti: l explanandum e l explanans. Lexplanandum lenunciato che descrive il fenomeno che deve essere spiegato; lexplanans linsieme degli enunciati che vengono utilizzati per rendere conto dellevento o fenomeno. A sua volta lexplanans comprende gli enunciati che specificano le condizioni antecedenti levento, e gli enunciati che descrivono le leggi generali. Questo modello ha dominato il dibattito epistemologico fino agli anni ottanta. K. Popper ha contribuito alla sua diffusione e nello stesso tempo alla precisazione critica. Che cosa vuol dire spiegare? "Dare una spiegazione causale di un evento significa dedurre un'asserzione che lo descrive, usando come premessa della deduzione una o pi leggi universali, insieme con alcune asserzioni singolari dette condizioni iniziali' (ibidem, p.44). Esempio, abbiamo sottoposto un filo alla tensione di 1 Kg, e questo si rotto (E). Ci chiediamo, perch si rotto? Per spiegarlo ricorriamo alla legge generale (L), per cui "un filo si rompe tutte le volte che viene caricato con un peso che supera il peso che definisce la resistenza alla trazione di quel filo, e alle condizioni particolari espresse dalle asserzioni singolari: "il carico di rottura di questo filo di 1/2 Kg" (Ci) e i1 peso con cui stato caricato questo filo di 1 Kg (C ii) (p.44). Il fatto viene spiegato deducendolo da una legge generale in connessione con determinate condizioni antecedenti e simultanee. Scrive Popper:
Abbiamo cos due differenti tipi di asserzioni che sono entrambe ingredienti necessari di una spiegazione causale completa. Esse sono: 1) asserzioni universali: cio ipotesi che hanno il carattere di leggi di natura; 2) asserzioni singolari, che valgono per l' evento specifico in questione e che chiamer 'condizioni iniziali'. Dalle asserzioni universali insieme con la condizioni iniziali deduciamo l'asserzione singolare: 'questo filo si romper. Diciamo che questa asserzione una predizione specifica, o singolare. Le condizioni iniziali descrivono quella che di solito si chiama la 'causa' dell'evento in questione.... E la predizione descrive quello che di solito viene chiamato 1' effetto (ibidem, pp.44-45).

(Va notato che Popper rifiuta dal porre a fondamento della spiegazione il principio di causalit, in quanto principio metafisico e dunque non-falsificabile. Ma non per questo occorre rinunciare a ricercare leggi universali, teorie coerenti e di spiegare causalmente gli eventi, sottolinea Popper). La previsione costituisce il fondamento della validit di una teoria scientifica e ne insieme la base del controllo. Il modello e lo schema semplificato della spiegazione il seguente: explicans o explanans ___ explicandum o E (fenomeno da spiegare)
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L C

(legge universale) (condizione iniziale)

explanandum Si spiega, dunque, un fenomeno quando si individuano le condizioni che, in connessione con determinate leggi, permettono di spiegare ossia di dedurre il fenomeno stesso. Con le parole di Pasquinelli, ogni processo di spiegazione scientifica si rivela consistere, pi esattamente, nell'inferenza di una proposizione particolare, o singolare, ovvero universale (explanandum), descrivente ci che deve essere spiegato, da un insieme non vuoto di proposizioni almeno in parte universali (explanans), costituenti le leggi di natura e gli enunciati delle condizioni empiriche investite di rilevanza logica nella fattispecie" (Nuovi principi di epistemologia, Feltrinelli, Milano, 1974, p. 92). Le spiegazioni conformi allo schema prima delineato si dicono nomologicodeduttive o nomologico-causali; infatti la loro natura nomologica dipendendo dalla circostanza che in essi l'explanans contiene immancabilmente una o pi leggi, una o pi premesse costituite da principi universali e la loro natura causale essendo dovuta al fatto che, dato il rapporto di implicazione deduttiva ivi stabilito fra lexplanans e 1' explanandum, l'evento specifico da spiegare, descritto dallexplanandum, viene reso intelligibile con l'essere connesso necessariamente (ineccepibilmente) a un insieme di condizioni empiriche antecedenti (contigue nello spazio e continue nel tempo), sulla base della stessa legge o delle stesse leggi incluse nellexplanans (ibidem, p. 96). Prendiamo in esame un altro caso, seguiamo Pasquinelli. Un uomo muore dopo cinque giorni (E) che era stato colpito da leucemia acuta (C). Come spiegarlo? Lo si spiega ricorrendo al principio biopatologico secondo il quale il 90 % dei colpiti da leucemia acuta muore entro una settimana (L), nel restante 10 % assume una forma meno cronica. La spiegazione di questo caso non si discosta dallo schema prima esposto, ma non si tratta di un processo esplicativo causale, in quanto l'explanans non vi implica deduttivamente come una conseguenza necessaria l'explanandum, ma lo implica solo con un alto grado di probabilit induttiva (ibidem, p.98). Infatti la premessa universale non dice che tutti, ma il 90 % degli individui colpiti ...ecc. In questo caso abbiamo i seguente schema: L C === E Il doppio tratto orizzontale indica che l'explanans implica l' explanandum con "un adeguato grado di probabilit induttiva" (p.100). Questo tipo di spiegazione non pu esser detto causale:
La ragione di ci dovuta alla natura statistica della legge presupposta nel caso (onde, appunto, l'appellativo di spiegazione statistica), legge che non afferma l esistenza di un rapporto di successione costante senza eccezioni fra la condizione antecedente particolare dell'explanans e 35

l'evento particolare dato come explanandum, bens asserisce soltanto l'esistenza tra essi di un rapporto di successione in una percentuale definita di casi, quantunque elevata (ibidem, p.102).

Ci possiamo chiedere se esistono requisiti metodologici inerenti al processo di spiegazione; Pasquinelli indica i seguenti: 1 requisito, l explanans deve contenere una legge o una teoria ineccepibile o statistica. Se l explanandum costituito da un evento particolare, l'explanans deve includere anche l'enunciazione di condizioni iniziali particolari rilevanti; 2 requisito, nelle indagini naturali, sia l' explanans che l'explanandum hanno portata empirica; 3 requisito, l' explanans implica logicamente, sia deduttivamente sia induttivamente, l explanandum; 4 requisito, "l'explanans gode di un alto grado di conferma o probabilit induttivamente intesa" (pp. 104-105). Oppure secondo Hempel e Oppenheim (Studies in the Logic of Explanation", Philosophy of Science xv (1948) pp.137-138):
(C 1) L explanandum deve essere una conseguenza logica dell explanans. (C 2) L'explanans dove contenere le leggi generali richieste per derivare l'explanandum. (C 3) L explanans deve avere un contenuto empirico. (C 4) Gli enunciati che costituiscono l explans devono essere veri (Cit. da I. Scheffler, Anatomia della ricerca, tr. it., Il Saggiatore, Milano, 1972, p. 40). [C = condizione]

Indubbiamente il tema della previsione uno dei pi entusiasmanti della ricerca scientifica. La previsione consente di anticipare il futuro e in parte di dominarlo, programmarlo. La previsione consente le applicazioni tecnologiche, ecc. Vediamo qual il rapporto tra spiegazione e previsione. Secondo Pasquinelli, il quale del resto riporta le opinioni dei pi insigni epistemologi contemporanei, la differenza tra spiegazione e previsione solo pragmatica e non logico-strutturale.
Ovviamente, a parte l'identica struttura logica, nei cui termini l'accadimento o il corso di eventi futuri E viene previsto coll'essere inferito (deduttivamente o induttivamente) dalla congiunzione di una o pi leggi L o di una o pi condizioni iniziali C, tra la previsione o la spiegazione sussiste una differenza extra-logica, pragmatica, sostanziale: mentre nella spiegazione l'explanandum E risulta sempre dato, e occorre accertare empiricamente L o C, o entrambe, qualora siano sconosciute, per poter quindi inferire il medesimo E come conseguenza di tali premesse verificate, nelle previsioni l'evento descritto dall'enunciato E non mai dato, ma deve sempre essere inferito dall'insieme di L e C, nonch quindi venir accertato empiricamente (ibidem, p.114).

Si pu distinguere per analogia una previsione causale da una previsione statistica. Quando gli epistemologici dicono e asseriscono intorno alla struttura logica della spiegazione delle scienze vale anche per la sociologia? Se si d una risposta affermativa, la sociologia una scienza al pari delle altre. Diversamente la sociologia richiede un altro tipo di spiegazione, specifico.
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La spiegazione causale e statistica non esauriscono affatto i tipi di spiegazione.

La spiegazione in sociologia E. Nagel nella sua opera La struttura della scienza (tr. it., Feltrinelli, Milano, 1968) prende direttamente in esame i problemi connessi a una estensione dello schema di spiegazione alla sociologia e alle scienze sociali. Esamina una ad una le difficolt che solitamente si avanzano per conferire un riconoscimento di status scientifico pieno alla sociologia. Giustamente fa presente che tali difficolt non sono superiori a quelle che devono affrontare o risolvere le altre scienze. Tra i due tipi di spiegazione, quello statistico sembrerebbe pi consono alla sociologia; ma occorre tener presente che la prova sperimentale per le leggi universali della scienza fisica raramente, per non dire, mai in completo accordo con esse. Quindi, se i fisici dovessero formulare le loro leggi in stretta aderenza con ci che l'osservazione stabilisce per i fenomeni fisici, quelle leggi avrebbero una forma statistica invece che universale" (op. cit., p.522). Se Galileo, ricorda Nagel, avesse cercato di stabilire le leggi per la caduta libera dei gravi semplicemente ponendo in correlazione i dati osservati, avrebbe certamente trovato che la velocit di caduta dei gravi varia a seconda del loro peso e della loro forma; e avrebbe, pure trovato che esiste solamente un alto grado di correlazione invece di una invariabile proporzionalit tra le distanze che i corpi percorrono cadendo e i quadrati degli intervalli di caduta, cosicch una generalizzazione basata interamente su questi risultati sarebbe stata di forma statistica (p. 522). Galileo come abbiamo accennato per ricercare la legge della caduta dei gravi ricorre al concetto di vuoto. Le scienze, pertanto, conseguono uno statuto scientifico, nonostante le difficolt che devono superare, perch seguono una certa strategia logica: "La forma universale che ciononostante le leggi fisiche posseggono il risultato del successo di una strategia logica. ... possibile in molti rami delle scienze naturali enunciare leggi universalmente valide sotto certe condizioni ideali e per casi puri dei fenomeni investigati e spiegare sistematicamente ogni discrepanza tra ci che le leggi asseriscono e ci che l'osservazione rivela, in termini di divergenze a pi o meno ben convalidate tra quelle condizioni ideali e quelle effettive sotto cui le osservazioni sono state fatte" (pp. 522-523). Se ci non avviene in sociologia, dipende, secondo Nagel, dal fatto che "non sono state sviluppate nozioni teoriche adeguate" atte a suggerire in che modo leggi universalmente valide per casi puri di fenomeni sociali potessero essere fruttuosamente formulate (p. 523). Ora "le scienze sociali riescono non solo a stabilire generalizzazioni statistiche, ma talvolta anche a spiegarle" (p. 523). Nagel, in altre parole, dimostra come la struttura formale delle spiegazioni di natura statistica nelle scienze sociali simile a quella delle scienze della natura perch entrambe si basano su un procedimento deduttivo. Analizza come esemplificazione della spiegazione in sociologia uno studio di Paul F. Lazarsfeld, "Interpretations of Statistical Relations as a Research Operation",
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in The Language of Social Research (Glencoe, Ill. 1955, pp. 115-125). Si avvale della tecnica dellanalisi molteplice delle variabili, tecnica di cui si era gi avvalso Durkheim ne Il Suicidio. Il problema affrontato relativo alle assenze dal lavoro tra donne impiegate in un opificio Abbiamo un campione rappresentativo di 205 donne delluniverso considerato, di cui 100 sposate (S), 105 nubili (N); di cui 25 assenti tra le sposate, e 10 tra le non sposate ( considerato assente (A) chi manca dal lavoro per tre o pi giorni al mese). Si ha la seguente tabella (tab. 1): Tab.1
A S N 25 10 P 75 95

La rappresentativit del campione delle donne consente di formulare la seguente generalizzazione: "nella popolazione di donne operaie, la frequenza relativa di assenti tra quelle sposate del 25 /100 o 0,25" mentre "nella popolazione di donne operaie la frequenza relativa delle assenti tra quelle nubili 10/105 o 0,09" (p. 525). Le due generalizzazioni acquistano la seguente formulazione: "nella popolazione K, la frequenza relativa con cui la modalit X si presenta nella classe di quelle che hanno la modalit Y f x y. Dato che la prima di queste frequenze relative sensibilmente pi grande della seconda, risulta chiara, l'esistenza di una connessione definita tra lo stato coniugale delle donne e la loro percentuale di assenze" (p. 525). Nagel fa osservare che possiamo ricavare altre due generalizzazioni del tipo: 1) "nella popolazione di donne operaie, la frequenza relativa di donne operaie assenti 35/205 o 0,17"; 2) nella popolazione di donne operaie, la frequenza relativa delle sposate assenti 25/205 o 0,12. Queste due generalizzazioni hanno rispettivamente le seguenti forme: 1 "nella popolazione K, la frequenza relativa alla modalit X fx", e 2 nella popolazione K, la frequenza relativa di individui aventi entrambe le modalit X e Y fxy" (p. 525). Nagel spinge oltre l'analisi, e suppone che non sia lo stato coniugale il responsabile delle assenze dal momento che fanno assenze sia le donne sposate che quelle non sposate. Si pu dunque supporre che lassenza dal lavoro sia da porre in relazione ad altri fattori e che perci possa entrare in gioco una terza variabile (o variabile test). Si supponga che essa sia indicata dalle ore dedicate al lavoro domestico; se al lavoro domestico una donna dedica (D) sei e pi ore per settimana detto "grande", piccolo o nullo" (d) se invece vi dedica un numero inferiore di ore. Lintroduzione di questa nuova variabile ci d una distribuzione diversa dei casi: 76 donne svolgono un lavoro domestico pesante D; 129 leggero, d. Del prime gruppo (donne sposate) troviamo S 24 A, S 33 P (24 donne sposate che fanno assenze e 33 che non fanno assenze); tra le nubili N 8 A, N 11 P (8 donne che fanno assenze, 11 che non fanno assenze). Nel secondo gruppo S 1 A, 42 P (1 donna sposata che fa assenze e 42 che non fanno assenze); invece tra le nubili 2 A, 84 P (2 donne che fanno assenze e 84 che non fanno assenze).
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Tab. 2
A S N D P 24 8

33 11

Frequenza 24/57, 0,42 Frequenza 8/19, 0,42.

Tab. 3
d A S N 1 2 P 42 84

Frequenza 1/43, 0,023 Frequenza 2/86, 0,023. In entrambi i sottocampioni le frequenze relative alle donne assenti sposate e nubili sono uguali. Entro ciascun gruppo D e d (settori stratificati) del campione "lo stato coniugale e la percentuale di assenze sono statisticamente indipendenti. La dipendenza statistica tra queste modalit asserita dalle varie generalizzazioni per la popolazione non stratificata cos interamente spiegata in termini di dipendenza statistica tra ciascuna di queste modalit (o variabili) e la variabile test" (p.526). "Il punto principale illustrato da questo esempio che la generalizzazione statistica circa le relazioni di dipendenza tra due variabili X e Y spiegata mostrando che, se la popolazione stratificata rispetto a una terza variabile T, non vi relazione statistica significativa tra queste due variabili in entrambi i settori della popolazione stratificata" (p.526). La variabile D. in questo caso non consente che di concludere che il lavoro domestico non condizione n sufficiente n necessaria per il verificarsi di A. (Nagel nota che tale analisi non si discosta affatto dai principi contenuti nei Canoni di indagine sperimentale di Stuart Mill). Riprendiamo in esame il caso, vedendo qual la relazione di dipendenza statistica tra A e D; si ha: Tab. 4
D A P 32 44 d 3 126

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La frequenza relativa delle operaie assenti, A, che svolgono una grande quantit di lavoro domestico, D, 32/76 (0,42), mentre solo di 3/129 o 0,02 nel caso delle operaie che svolgono poco lavoro, d. Non si pu che concludere che 1a frequenza relativa di A sembra certamente dipendere dall'assenza o dalla presenza di D (p.530). Nagel avanza un'altra ipotesi, dal momento che le donne operaie che svolgono un gran lavoro domestico sono 44/76 o 0,57, si pu ritenere che, prendendo opportuni provvedimenti, possa calare sensibilmente il numero delle donne assent. Oppure si pu supporre che dipenda da un altro fattore, per esempio la costituzione fisica delle donne. Per verificare questa nuova ipotesi si introduce una nuova variabile 'test. Questo ulteriore tipo di analisi consente di correggere attribuzioni causali (o "spurie")" (p.531). Lo scopo dellintroduzione della variabile intermedia " quello di specificare una condizione sotto la quale c' un incremento o un decremento nella frequenza relativa alla variabile, nel primo caso di X rispetto a S, o donne sposate. Non detto che ci si verifichi necessariamente. Comunque la situazione iniziale era: tra le S avevamo una frequenza 0,25 di A; tra le N 0,09 di A. L'introduzione della variabile intermedia D ha segnato un incremento della frequenza di assenza 0,042 nel gruppo pi ristretto delle donne sposate che svolgono lavoro domestico; mentre ha segnato un decremento della frequenza di assenza 0,02 nel gruppo delle donne non sposate, che svolgono poco o nessun lavoro domestico.

Leggi e teorie Abbiamo visto che la scienza prende le mosse da problemi che nascono dallosservazione di cose ed eventi inseriti nella esperienza, e che essa tende a spiegarli ricorrendo a leggi e o teorie che sono in accordo con i dati dell'osservazione. Le leggi consentono di porre in relazione fenomeni osservati e osservabili sia direttamente sia mediatamente con l'aiuto di strumenti appositi. La legge e la teoria, come abbiamo visto, sono elementi indispensabili dei processi di spiegazione e di previsione nella scienza. Ora cerchiamo di vedere quali requisiti una legge e una teoria devono rispettare, e in che modo si distingue una legge da una teoria. Pasquinelli (opera citata) fa innanzitutto osservare che esse sono accomunate da "un unico problema epistemologico: quello della generalizzazione. Le scienze della natura per spiegare e per prevedere debbono ... stabilire degli asserti generali; e questi ...possono venir stabiliti su prerogative diverse, dando cos luogo ad almeno due livelli di generalizzazione scientifica: il livello delle leggi osservative e quello delle leggi teoriche o delle teorie" (p.118). (Nel suo Dizionario di filosofia, Abbagnano definisce generalizzazione 1'operazione di astrazione che d luogo a un termine o a una proposizione generale o
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universale" Generale va distinto da universale, che indicava la "natura originaria o forma sostanziale (ad vocem Generale) secondo l'uso introdotto dall'empirismo inglese. Luniversale "si ottiene con l'uso dell'operatore tutti e si riferisce alla denotazione, non alla connotazione di un termine" (idem). Sia una legge sia una teoria sono asserzioni generali, ma non ogni asserzione generale una legge o una teoria; affinch unasserzione generale sia o una legge o una teoria si richiede: 1 che essa "abbia una portata empirica e risulti confermata a un alto grado di probabilit induttiva"; 2 che sia "illimitata, cio non circoscritta alla totalit dei membri di classi finite di individui o di eventi spazio-temporalmente determinati" (Pasquinelli, cit., p.119), ossia sia universale. I due possibili livelli di generalizzazione darebbero luogo alla legge o alla teoria. Il primo livello di generalizzazione d luogo alla legge osservata e pi comunemente legge sperimentale. Scrive Nagel la denominazione "legge sperimentale" significa semplicemente che l'asserzione caratterizzata in tal modo formula una relazione tra oggetti (o loro tratti caratteristici) che sono osservabili, nel senso, manifestatamente ampio, di "osservabile"..., e che la legge pu venir convalidata (anche se soltanto con qualche grado di probabilit) attraverso l'osservazione controllata degli oggetti in essa menzionati" (op. cit., p. 37). Come legge di questa specie, Nagel fa l'esempio dell'acqua contenuta in un recipiente scoperto che evapora se riscaldata. In questo caso il contenuto della legge facilmente controllabile in quanto essa mette in relazione oggetti, o tratti caratteristici, osservabili. Ma non tutte le leggi, in ispecie quelle fisiche, possono essere caratterizzate come "osservabili". Una legge di questo tipo, vale a dire una teoria, la abbiamo, continua Nagel, quando vogliamo spiegare l'evaporazione dell'acqua riscaldata "in termini di ipotesi sulla costituzione molecolare dell'acqua (op. cit., p. 86). In questo caso troviamo termini come "molecola", che non designano niente di osservabile e che non possono venir confermati da esperimenti o da osservazioni su ci a cui tali termini si riferiscono (op. cit., cfr. p. 87). Ma, giustamente aveva fato osservare lo stesso Nagel, che quando si. chiama teoria il gruppo di ipotesi sulla costituzione molecolare dei liquidi, ci non va inteso come se asserissimo che tali ipotesi siano interamente speculative e non sostenute da prove convincenti (cit., p. 87). Come si pu facilmente constatare la distinzione tra legge e teoria il risultato connesso tra i livelli di generalizzazione e l'osservazione. La generalizzazione: l'acqua riscaldata evapora, una legge perch mette in relazione fenomeni osservabili, primo tipo di generalizzazione connessa con l'osservazione. Mentre la generalizzazione: l'acqua riscaldata evapora perch l'acqua costituita da molecole, una teoria perch mette in relazione fenomeni parzialmente osservabili, secondo tipo di generalizzazione non connessa in ogni suo momento argomentativo con l'osservazione. Ma facile rendersi conto che il tutto oscilla
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intorno a ci che si intende per osservabile (= misurabile?). E sufficiente ricordare che sia ci che deve essere inteso con osservazione, sia ci che di conseguenza osservato vanno intesi come costruzioni interne ad ogni scienza particolare. Come facile comprendere la caratterizzazione dei requisiti di una teoria pone dei problemi aggiuntivi rispetto a quelli della legge, infatti una teoria contiene termini che designano entit non osservabili e perci pone problemi concernenti il contesto della giustificazione. La teoria un insieme di concetti o termini, combinati, rispettivamente, in sistemi di giudizi o di proposizioni, sulla cui base e con il cui ausilio risulti possibile spiegare e prevedere fenomeni fisici, chimici, biologici, psicologici, ecc., ossia inferire ulteriori proposizioni o giudizi su eventi del genere passati o futuri (Pasquinelli, op. cit., p.128). In Filosofia delle scienze sociali (tr. it. il Mulino, Bologna, 1968), Richard S. Rudner, dopo aver sostenuto che le caratteristiche di una teoria sono uguali in ogni scienza, definisce la teoria "un insieme di proposizioni interconnesse in modo sistematico comprendente alcune generalizzazioni aventi forma di leggi e suscettibile di prova empirica" (p.28) Per "interconnessione sistematica" occorre intendere una relazione deduttiva; siamo cos rigettati nei sistemi formali, oggetto di studio delle diverse logiche. In altri termini, siamo rimandati ad un altro tipo di teoria o di teorie metodologiche costituite da enunciati che sono regole per la formazione della teoria. Cos se la teoria un insieme interconnesso di proposizioni, la validit di tale interconnessione delle proposizioni dipende dalla coerenza logica con cui sono dedotte le proposizioni da altre proposizioni, "assiomi, secondo le regole fissate dalla teoria metodologica. P. S. Cohen nella sua opera La teoria sociologica contemporanea (tr. it. il Mulino, Bologna, 1971, ed. or. 1968) distingue quattro tipi di teorie: le teorie analitiche (logico-matematiche); le teorie normative (etiche-estetiche); le teorie scientifiche; le teorie metafische
Una teoria scientifica , idealmente, unasserzione empirica, universale che afferma una connessione causale tra due o pi tipi di eventi. Nel caso pi semplice essa ha la forma "ogni volta che si d X si d anche Y". Una teoria scientifica universale perch afferma qualcosa sulle condizioni in presenza delle quali si d sempre un evento o un tipo di evento (op. cit., p. 11).

Riporta il seguente esempio di teoria sociologica: "nelle societ industriali il grado di mobilit sociale dipende direttamente dal grado di industrializzazione raggiunta. Questa asserzione una vera teoria scientifica in quanto controllabile cio falsificabile; stabilisce infatti una relazione di invarianza, empirica, causale. Ma circa la controllabilit di una teoria sociologica esistono problemi che riguardano il genere di osservazioni idonee a confermarla e i criteri atti a misurarne il grado di attendibilit: non tutti i sociologi condividono gli stessi criteri per misurare il grado di industrializzazione.

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Altre difficolt incontra il sociologo nel giungere alla formulazione di teorie scientifiche che, secondo Cohen, debbono essere messe in rapporto alle seguenti ragioni:
La prima ragione che gli uomini, partecipando alla vita sociale, hanno una possibilit di comprendere certi caratteri della sua realt fondamentale, che maggiore di quella che hanno partecipando al mondo naturale. Il fatto che gli uomini siano degli oggetti fisici non offre loro un accesso alla natura della materia o della vita. Il fatto che siano dei soggetti - e degli oggetti - sociali offre loro il modo di farsi qualche idea della natura delle relazioni sociali e dei loro contesti pi ampi. La realt sociale infatti non ha dei meccanismi che siano necessariamente nascosti all'osservazione di tutti coloro che vi prendono parte ( cit., p. 21). "La seconda ragione, collegata alla prima, che gli uomini, partecipando alla vita sociale, sono sollecitati a farsi delle idee sulla sua realt. La stessa cosa vale anche per la loro partecipazione al mondo naturale; per dominare e prevedere gli eventi naturali, essi devono avere una qualche idea della loro natura. C, per, una differenza. Gli uomini, in massima parte, non creano il mondo naturale n i suoi meccanismi. Essi creano invece il loro mondo sociale, anche se lo fanno per lo pi inconsciamente. Per quanto le loro azioni e interazioni siano responsabili della creazione del mondo sociale in cui sono inseriti, gli uomini possono per essere sollecitati dalle loro situazioni a fare del loro meglio per comprendere queste realt fondamentali. La terza ragione, collegata alle altre due, riguarda la natura della realt sociale stessa. Mentre gli uomini possono avere ragione nel ritenere che la natura della realt fisica sia indipendente dalle idee che se ne fanno, essi sbaglierebbero se pensassero la stessa cosa di gran parte della realt sociale (cit., p. 22).

R. Boudon, a sua volta, mette in risalto la polisemia del concetto di teoria nelle scienze sociali; la polisemia dipende dal fatto che spesso non si distinguono le teorie dai paradigmi, perci propone di distinguere la teoria in senso stretto, che si identifica con la nozione di sistema ipotetico-deduttivo di proposizioni, dalla teoria in senso largo o paradigma. Se il concetto di teoria implica che le proposizioni sottomesse alla verifica siano dedotte da un certo numero di proposizioni prime, quello di paradigma, invece, implica il fatto che possibile derivare proposizioni da proposizioni prime, da mettersi alla prova senza assumere la forma di una deduzione (p.162 in La crise de la sociologie). Le teorie paradigmatiche sono delle teorie, ossia insiemi di proposizioni interconnesse in modo sistematico, ma non deduttivo: infatti in molti casi il sociologo pu spiegare ma non dedurre, si pu spiegare che Napoleone ha perso in Russia, ma non dedurre (cit., p. 167-168). R.Boudon distingue tre tipi di paradigrni: i) Paradigmi teorici, o analogici; i paradigmi teorici sono teorie sviluppate in un settore della realt e applicate per analogia ad altri settori (p. 174). In questo caso gli "explicanda (le proposizioni da spiegare) sono non dedotte da una teoria, ma derivate (tires), per analogia, da un corpo di conoscenze appartenenti ad un altro dominio (p. 162). E' il caso di Homans che estende a ogni tipo di interazione sociale il modello degli scambi economici. E' il caso della teoria dei giochi.

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2) Paradigmi formali, "i paradigmi formali sono dei sistemi di proposizioni che non si riferiscono ad alcun contenuto particolare" (p. 174) I paradigmi formali orientano la ricerca e l' analisi prefigurando la forma sintattica nella quale le proposizioni esplicative appariranno. Il rapporto tra questi paradigmi e le "spiegazioni" dei fenomeni sociali un rapporto di sub-sunzione (subsomption) (p. 174). Le teorie sono costruite per subsomption. E' il caso del funzionalismo di Merton e della teoria dell' analisi causale. 3) Paradigmi concettuali, i paradigmi concettuali sono sistemi di concetti che prefigurano il vocabolario nel quale saranno espresse le proposizioni esplicative" (p. 175). Le spiegazioni non derivano n da una teoria, n da un paradigma teorico, n da un paradigma formale, "ma da un quadro di riferimento la cui struttura quella di un sistema di concetti" (p. 169) E' il caso dei modelli variabili (pattern variables) di Parsons. Infatti nei suoi lavori Parsons stabilisce dapprima un sistema concettuale a partire dal quale costruisce le proposizioni esplicative. Secondo R. Baudon questa classificazione spiega la polisemia della nozione di teoria in sociologia, dovuta al fatto "che le situazioni logiche che incontrano le discipline (sociologiche), quando si propongono di spiegare questo o quel fenomeno sociale, sono diverse e non si lasciano sempre ridurre al modello epistemologico derivato dalle scienze della natura e particolarmente dalle scienze fisico-chimiche. Di modo che l'attivit teoretica prende forme diverse a seconda dei contesti" (cit., p. 176). Comunque, i paradigmi hanno consentito alla sociologia di pervenire alla scoperta di spiegazioni e svolgono un ruolo fondamentale nel progresso della sociologia, sempre secondo Boudon. Phillips, in Metodologia della ricerca sociale, d la seguente definizione di paradigma "I paradigmi sono serie di assunti, impliciti o espliciti, relativi a certi fenomeni" (op.cit., p. 69), essi costituiscono la base su cui poggiano le idee scientifiche". Continua "Probabilmente impossibile rendere del tutto esplicito il paradigma a monte di una data idea. Possiamo piuttosto concepire l' esplicazione di un paradigma come un processo progressivo in cui da un assunto si arriva a un altro che a sua volta pone le premesse per un altro ancora e cos via" (pp. 75-76). In nota rimanda alla concezione di Thomas S. Kuhn contenuta nella sua notissima opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Margaret Masterman ha individuato tre classi di definizioni di paradigma nell'opera di Kuhn: 1) la prima classe comprende quelli che chiama metaparadigmi (pp. 22-23), come insieme di concezioni che stanno a monte della ricerca scientifica. 2) la seconda comprende i paradigmi sociologici, come risultati scientifici universalmente riconosciuti (p. 10). 3) infine la terza classe comprende i paradigmi artefatti o paradigmi-costruzioni, come i manuali, le opere classiche, come qualcosa che fornisce strumenti (p. 29). Concludiamo questa parte sulle teorie e i paradigmi riferendo il pensiero di T. Merton. Secondo il nostro i paradigmi hanno un "valore propedeutico": essi mettono in luce la serie completa dei presupposti, dei concetti e delle proposizioni
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fondamentali mpiegati nellanalisi sociologica" (Teoria e struttura sociale, tr. it. il Mulino, Bologna, 3 ed., vol.1, p. 115) In altri termini, "il paradigma mostra il nocciolo essenziale di concetti, procedimenti ed inferenze pertinenti all'analisi. ...(Esso) non si compone di una serie di categorie introdotte de novo, ma piuttosto una codificazione di quei concetti o di quei problemi che si sono imposti alla nostra attenzione nel corso dellesame critico" (cit., p. 171) di precedenti posizioni. Cosicch gli scopi del paradigma sono: 1) quello di "fornire una guida provvisoria codificata per l' analisi (p. 178); 2) quello di evidenziare direttamente i postulati e i presupposti spesso impliciti che sottostanno all'analisi; 3) quello "di rendere attento il sociologo non soltanto alle implicazioni strettamente scientifiche.. ma anche alle loro implicazioni politiche ed anche ideologiche" (p. 179). Il paradigma va dunque distinto, anche per Merton, dalla teoria. Concepita da Merton come insieme di "concezioni logicamente articolate da cui possono derivarsi uniformit empiriche" (p. 67). La teoria sta dalla parte della verifica, della spiegazione, mentre il paradigma, possiamo dire, della scoperta o della routine dei "rompi-capo" (cfr. Kuhn)? Una teoria infatti include per Merton i paradigmi che guidano la ricerca; si attua cos l'unione tra teoria e ricerca. Si ha una teoria quando una proposizione dedotta logicamente da un insieme di proposizioni fondamentali ed dimostrata concordare con l'osservazione. In tal modo una teoria va distinta dalla generalizzazione empirica, che "una proposizione isolata che riassume uniformit relazionali osservate tra due o pi variabili" (p. 241). Tali proposizioni sono indispensabili, ma si ha solo una teoria quando esse sono connesse in modo logico-deduttivo. Come esempio di teoria sociologica, Merton riporta la ricerca su Il Suicidio di Durkheim. Generalizzazione empirica: da uniformit statistiche si ha che in una popolazione mista i cattolici hanno una percentuale di suicidio inferiore a quella dei protestanti. Problema teorico: perch? La spiegazione della uniformit deve essere dedotta da una serie di proposizioni che ne sono a fondamento. Cos Merton riassume il paradigma dell'analisi teorica di Durkheim (vedi pp. 243-244-245):
1. La coesione sociale fornisce un sostegno psichico ai membri di un gruppo che sono soggetti a tensioni ed ansiet acute. 2. Le percentuali dei suicidi sono in funzione delle tensioni e delle ansiet non alleviate cui le persone vanno soggette. 3. I cattolici hanno una coesione sociale maggiore dei protestanti. 4. Perci, si dovrebbero prevedere percentuali di suicidi pi basse tra i cattolici non tra i protestanti. Questo esempio serve a fissare la posizione delle generalizzazioni empiriche nei confronti della teoria e ad illustrare le diverse funzioni della teoria. 1. Esso mostra che la pertinenza teorica non assente o presente in modo intrinseco alle generalizzazioni empiriche, ma che essa appare quando la generalizzazione viene concettualizzata 45

in astrazioni di pi alto livello (cattolicesimo - coesione sociale - ansiet alleviate - percentuale di suicidi) che vengono incorporate in enunciazioni relazionali pi generali. Ci che dapprima era stato preso come una uniformit isolata, viene ri-enunciato come una relazione, non una relazione tra laffiliazione religiosa e il comportamento, ma una relazione tra gruppi aventi certi attributi concettualizzati (la coesione sociale) ed il comportamento. La portata della scoperta empirica originaria viene considerevolmente estesa, e diverse uniformit apparentemente disparate si rivelano correlate (cos la differenza nelle percentuali dei suicidi fra persone sposate e celibi pu essere derivata dalla stessa teoria). 2. Una volta stabilita la pertinenza teorica di una uniformit derivandola da una serie di proposizioni correlate, noi contribuiamo a cumulare sia la teoria sia le scoperte della ricerca. Le uniformit nelle differenze delle percentuali dei suicidi aggiungono conferma alla serie di proposizioni da cui esse -od altre uniformit - sono state derivate. Questa una funzione importantissima della teoria sistematica. 3. Laddove l' uniformit empirica non ci porta da sola a trarre conseguenze diverse, la riformulazione di essa fa nascere conseguenze svariate in settori di comportamento del tutto remoti da quello del comportamento suicida. Per esempio, indagini sul comportamento ossessivo, sulle preoccupazioni morbose, e su altri comportamenti non adattati, hanno scoperto che anchessi sono connessi ad una insufficienza di coesione di gruppo. La conversione di uniformit empiriche in enunciazioni teoriche accresce cos la fecondit della ricerca grazie alla successiva esplorazione delle implicazioni. 4. Fornendo un fondamento logico, la teoria introduce una base per la previsione, che pi sicura della mera extrapolazione empirica, delle tendenze osservate in precedenza. Per cui, se misurazioni indipendenti mostrassero una diminuzione della coesione sociale tra i cattolici, il teorico prevederebbe una tendenza all'aumento della percentuale dei suicidi in questo gruppo. Viceversa, l' empirista a-teorico non avrebbe altra alternativa che quella di avanzare previsioni in base all' estrapolazione. 5. La precedente lista di funzioni presuppone un attributo ulteriore della teoria, attributo che non del tutto rivenibile nella formulazione di Durkheim e che d origine ad un problema generale che ha particolarmente assillato la teoria sociologica, almeno fino ad oggi. Per essere produttiva, la teoria deve essere precisa abbastanza da poter essere determinata. La precisione uno degli elementi integrali del criterio della verificabilit. Linsistenza nel raccomandare lutilizzazione di dati statistici in sociologia ogni volta che ci sia possibile, per controllare e verificare le deduzioni teoriche, ha un fondamento giustificabile, ove si consideri limportanza che, che da un punto di vista logico, la precisione ha per ogni indagine disciplinata.

Questa lunga discussione ha avuto lo scopo di far vedere come i problemi connessi alla costruzione delle teorie non possono affatto essere separati da quelli riguardanti la ricerca; giacch ogni teoria tale in quanto corroborata dai fatti o dai dati, che vengono raccolti secondo tecniche di rilevazione, e ogni ricerca, comprensiva dell'insieme delle sue tecniche, strettamente connessa alla teoria, anzi scaturisce da quella. Non si sceglie solo la tecnica che possa garantire una maggiore attendibilit (problema di metodologia della tecnica), ma che possa maggiormente soddisfare le esigenze della di ricerca e delle sue peculiarit euristiche, le ipotesi e i problemi che si vogliono evidenziare. Un approfondimento di questa esigenza lo si trova in Phillips la teoria costituisce lo strumento di ricerca pi importante di cui lo scienziato dispone, e i metodi di ricerca possono essere utilmente concepiti come strategie tattiche adottate
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da una comunit di scienziati" (Metodologia della ricerca sociale, cit., p. 7). Pertanto, teoria e metodi di ricerca devono costituire un corpo unico, e non due corpi staccati che devono venire in seguito congiunti. Questo unico corpo definisce il metodo scientifico, il quale, sempre secondo Phillips, " una triplice sintesi: di concetti o idee con altri concetti o idee, di idee con 1' esperienza e di esperienza con lesperienza (p. 19). Questa conclusione ribadita e approfondita da Gilli, in Come si fa ricerca, per quanto l'autore muova da altre premesse teoretiche e presupposti ideologici. Si chiede il Gilli "Che significa ricerca?". Per ricerca, risponde, occorre intendere a) un' attivit conoscitiva di analisi e di riflessione, b) che si svolge nella pratica, c) su un problema pratico e reale, e d) procede un determinato intervento nella realt" (pp. 13-14). Questo tipo di ricerca si contrappone alla ricerca "tradizionale, insegnata di solito nelle aule universitarie. La ricerca tradizionale "spesso non si svolge affatto nella pratica sociale (punto b), ma nelle biblioteche o negli istituti; ancor pi spesso, non ha per oggetto un problema reale (punto c), e quasi mai si pone, come obiettivo concreto, un intervento nella realt (punto d) (p. 14). Invero questultimo aspetto non contrappone semplicisticamente i due tipi di ricerche, infatti esso mette in moto un insieme di conseguenze da rendere alternativi i due tipi di ricerca: "nella ricerca tradizionale il ricercatore ha solo il compito di conoscere una determinata realt, senza per intervenirvi. Il suo lavoro consiste nellanalizzare un dato problema e nel proporre delle alternative teoriche di soluzione, senza prendere partito n per l' una n per l'altra; anzi, deve fare in modo che l'uso degli strumenti e delle tecniche sociologiche per conoscere una determinata situazione, non modifichi la situazione stessa (p. 14). Questo fatto non , conclude Gilli, che l applicazione, nellambito della scienza, del principio generale su cui si basa la societ capitalistica, ossia il principio della divisione del lavoro. Non ho intenzione di inoltrarmi su questo punto, ma chiaro in questo caso come il discorso sulla ricerca diviene un discorso fortemente ideologizzato, un discorso che inscrive la ricerca nella logica della teoria sociale (per teoria sociale intendo una visione filosofica, ideologica e/o politica della societ. Essa va distinta dalla teoria sociologica). Il che non deve essere inteso come una critica o come un dato negativo, ma deve essere inteso nel suo pieno valore. Ci si pu chiedere, credo legittimamente, se, nonostante ci, possibile, pur nelle diverse impostazioni, attribuire un valore di attendibilit scientifica alle ricerche e ai risultati delle stesse. Una risposta positiva viene dallo stesso Gilli che riconosce dei meriti scientifici alla ricerca borghese, che, a suo modo di vedere, intende la conoscenza come 'rispecchiamento'. Indubbiamente i risultati di una ricerca possono essere scientificamente riconosciuti come attendibili o criticati. Invece ho dei dubbi di come un disegno di ricerca possa essere ripetuto, ossia possa essere trapiantato in un altro impianto teoretico. Pi interessante il modo con cui Gilli rileva come sia, a volte, necessario pensare che l'oggetto della ricerca, vale a dire i soggetti umani colti in determinate situazioni, debbono essere parte attiva della elaborazione della ricerca stessa e debbono intervenire nel processo di trasformazione della realt che formano. La critica e il rifiuto della divisione del lavoro scientifico vengono estesi ai soggetti
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della ricerca affinch si possa conoscere per trasformare la realt, la quale una realt sociale-umana. Va insomma riconosciuto che la ricerca non un'attivit di laboratorio, bens unattivit sociale, un rapporto, o meglio, un complesso di rapporti sociali, e che quindi la metodologia della ricerca deve giungere a una sistemazione teorica di questi rapporti" (p. 33). Gilli nel cogliere il rapporto relazionale tra i soggetti coinvolti nella ricerca, mette opportunamente in luce come essa in certi casi possa avera una funzione non solo trasformatrice della realt ma soprattutto terapeutica, in particolare nel servizio sociale. Si comprende allora perch Gilli insisti sul fatto che il problema, che oggetto della ricerca, non deve essere immaginario, n individuale, ma reale cio storicosociale e deve avere "possibilit di applicazioni concrete" (p. 18).

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QUALIT E QUANTIT NELLA RICERCA SOCIOLOGICA

Ricerca descrittiva e ricerca esplicativa Nei manuali di metodologia della ricerca sociale caduta in disuso la distinzione tra ricerca descrittiva e ricerca esplicativa. Il primo tipo di ricerca volto alla semplice descrizione di un fenomeno o di un insieme di fenomeni o di un caso, ecc., e risponde alla domanda: Come? Il sociologo non ha unipotesi che guida la ricerca, non ha, dunque, unipotesi da verificare, ma la ricerca che intraprende ha uno scopo esplorativo e mira a descrivere i fenomeni che porta ad oggetto della sua ricerca. Egli pu anche avere un interesse conoscitivo di carattere teoretico, vale a dire di verifica e discussione di concetti e/o di categorie attinenti aspetti del sapere sociologico, oppure pu avere lobiettivo di giungere alla formulazione di nuovi concetti di analisi. Il secondo tipo, invece, volto non tanto alla descrizione quanto alla spiegazione di un particolare fenomeno, e risponde alla domanda: Perch? (Cfr. Hyman 1967). Sia in un caso come nellaltro occorre sapere che cosa bisogna osservare oppure quali dati necessario raccogliere per soddisfare il fine conoscitivo della ricerca. In entrambi i casi la ricerca deve ancorarsi su una base empirica, nel primo tuttuna con la descrizione e si esaurisce in essa, nel secondo la base empirica deve offrire il riscontro allipotesi-teoria da cui prende le mosse la ricerca stessa; tuttavia, sia luno che laltro tipo, devono muovere da un orientamento che guidi il riconoscimento dei fenomeni, losservazione. H. H. Hyman, da cui riprendiamo la distinzione, ricorda che la ricerca condotta con finalit descrittive richiede una corretta concettualizzazione del fenomeno al fine di delimitare non solo ci che deve essere osservato per essere descritto, ma anche quella porzione di popolazione che rilevante per lanalisi del fenomeno stesso. La maniera con cui il fenomeno viene concettualizzato, e la maniera attraverso la quale il fenomeno viene portato allosservazione e reso disponibile alla ricerca, non potranno che avvenire secondo la tradizione e il sapere sociologici. In altre parole, la concettualizzazione come operazione mentale e cognitiva unoperazione comune a tutte le discipline scientifiche e qualsiasi ricercatore dovrebbe essere in grado di condurre concettualizzazioni corrette, ma nel nostro caso la concettualizzazione riguarda un fenomeno di cui deve essere portato allosservazione ci che fa di esso un fenomeno sociale, non un fenomeno in generale. Una corretta e si pu, perci, aggiungere adeguata concettualizzazione richiede un sapere sociologico, una sociologia, giacch il modo (sociologico) che apre allosservazione non affatto indifferente a ci che portato ad osservazione. Il concetto di religione, ad esempio, un concetto che non stato formulato dalla sociologia, o se si preferisce non di certo un concetto sociologico, per quanto i sociologi studino i fenomeni religiosi nella loro dimensione sociale e, pertanto, grazie
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alle ricerche in ambito sociologico, si formato un sapere della sociologia sulla religione che si distingue, ad esempio, da quello della psicologia, sebbene sia la sociologia che la psicologia si avvalgano di metodi scientifici. Dobbiamo, dunque, ritenere che la concettualizzazione dei fenomeni religiosi ad opera del sociologo porter allosservazione, allanalisi empirica e allinterpretazione sociologica aspetti e dimensioni che sono diversi da quelli dello psicologo; questultimo, infatti, grazie alla concettualizzazione pre-disposto a cogliere altri aspetti e dimensioni, che, per comodit, possiamo dire che hanno a che fare con la struttura bio-psichica dellindividuo religioso. Sia il sociologo che lo psicologo devono dunque non tanto definire ci che un fenomeno religioso in s quanto ci che per le rispettive discipline, affich essi possano calare nella realt empirica la loro ricerca. Fin dal sorgere della sociologia i sociologi hanno studiato i fenomeni religiosi; si pensi al ruolo che Comte attribuisce alla religione nelleconomia del sistema sociale e del suo rinnovamento; si pensi agli studi imponenti di M. Weber; si pensi allopera di E. Durkheim. Questultimo in un saggio pubblicato in Anne sociologique del 189798 affronta il problema di approntare una definizione di religione che sia insieme sociologica e scientifica e che sia, pertanto, in grado di orientare empiricamente la ricerca sociologica. La definizione svolge la funzione euristica di delimitare il confine dei fatti religiosi e di indicare i segni che consentano di riconoscerli. La definizione per quanto sia inizialmente approssimativa influenza lorientamento generale della stessa ricerca. La conoscenza dei fenomeni religiosi , dunque, in stretto rapporto con la definizione sociologica dei medesimi di modo che qualsiasi ipotesi formulata per spiegare i fenomeni religiosi e qualsiasi tipo di ricerca predisposta per verificare o smentire tale ipotesi non potr che essere in rapporto con ci che non solo si vuole verificare, lipotesi, ma anche con ci che si definito come oggetto di ricerca. In altre parole, la ricerca non verifica solo la bont della ipotesi ma, insieme, verifica la bont della definizione, del concetto, che presiede al riconoscimento dei fenomeni in oggetto. Possiamo, perci, ritenere che una ricerca non solo ha lo scopo di verificare delle ipotesi e di ampliare la nostra conoscenza, ma anche di rimettere in discussione la stessa definizione dei fenomeni che sono oggetto della ricerca. Per Durkheim la definizione di religione deve essere sia sociologica che scientifica: a) la definizione di religione sociologica nella misura in cui comprensiva della dimensione sociale di ci che inteso definire il sociale, che individuato dal carattere di obbligatoriet; naturalmente non tutti i fenomeni sociali sono religiosi, pertanto lobbligatoriet religiosa deve essere specificata: i fenomeni detti religiosi consistono in credenze obbligatorie connesse a pratiche definite che si riferiscono a oggetti dati in tali credenze. Per quanto riguarda la religione, un insieme, pi o meno organizzato e sistematico, di fenomeni di tale genere. (Durkheim 1969: 159160). b) la definizione di religione scientifica perch essa riguarda i fatti religiosi e pu cos collocare il ricercatore in faccia a cose, ossia a ci che pu essere riconosciuto e osservato dal di fuori. Solo a questa condizione un oggetto di ricerca pu essere trattato con i procedimenti ordinari della scienza. I fatti religiosi vanno
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considerati, trattati, come cose, vale a dire, come spiega in un altro luogo lo stesso Durkheim, il sociologo deve mettersi nello stato spirituale dei fisici, dei chimici, dei biologi quando simpegnano in una regione ancora inesplorata del loro dominio scientifico. (Durkheim 1975: vol. 1, p. 53). La definizione deve, da un certo punto di vista, tener conto di ci che comunemente si intende per religione, giacch la vita sociale comprende fenomeni religiosi di cui gli individui hanno rappresentazioni; da un altro punto di vista, deve anche distinguersi dal senso comune condiviso dagli individui perch deve essere scientifica. Tuttavia, i fenomeni religiosi in quanto fenomeni sociali sono fenomeni obbligatori, costrittivi, ma nello stesso tempo presentano una qualit che li differenzia dagli altri fenomeni, essi assumono la forma di credenze che hanno ad oggetto il sacro imponendosi alla coscienza morale degli individui che ne hanno, di conseguenza, una rappresentazione sotto la forma di obbligatoriet. Il contenuto di queste rappresentazioni tuttuno con le credenze e le pratiche che caratterizzano i fatti religiosi: le rappresentazioni, pertanto, possono essere negli individui perch esse sono gi nelle pratiche a cui gli individui hanno parte, esse sono gi incorporate nel sociale e, in ultima analisi, vi si identificano. Questo modo di argomentare di Durkheim deriva anche dal fatto che il sacro, che oggetto dei fenomeni religiosi, non conosciuto dalluomo nello stesso modo con cui conosce la realt empirica. La conoscenza religiosa si volge verso qualcosa, il sacro, che oltrepassa il mero dato empirico: la credenza religiosa coglie, intenziona, il significato che l'esperienza sociale ha per gli uomini. La rappresentazione religiosa proviene alluomo direttamente dallesperienza sociale delle pratiche, non pertanto riconducibile al procedimento di rappresentazione attraverso cui lo stesso pu avere una cosa empirica esterna alla sua coscienza. Il sociologo, che si muove nella realt sociale in cui tutti gli uomini si trovano, va alla realt sociale munito di idee, concetti che gli s-velano i fenomeni secondo quella prospettiva che gli consente di vederli come fenomeni sociologici, oggetto della sociologia. Cos, se egli si pone il problema di indagare quale trasformazione abbiano subito le manifestazioni religiose in una societ desacralizzata e secolarizzata, le domande e le risposte eventuali che elaborer per impostare la ricerca non potranno che svolgersi nellorizzonte della sua disciplina, che la sociologia. Con questo non si vuole affatto sostenere che il sociologo non dovr tener conto che gli individui hanno sentimenti religiosi, oggetto della psicologia, ma non tanto questo loggetto della sua indagine, per quanto latteggiamento e il sentimento individuali abbiano gran parte nelle diverse forme e manifestazione della religiosit. Il problema della concettualizzazione dei fenomeni oggetto della ricerca, sia essa descrittiva o esplicativa, non include solo il modo con cui vengono intesi i rapporti tra epistemologia, metodologia e pratica di ricerca, ma esso , a sua volta, incluso nellorizzonte della sociologia. Se si riconosce che sia la ricerca descrittiva che quella esplicativa, sebbene secondo modalit diverse, sottopongono i propri asserti alla confutazione empirica, sta di fatto che i due tipi di ricerca non perseguono lo stesso scopo e che, di conseguenza, la concettualizzazione dei fenomeni nel perseguire finalit conoscitive diversificate non presenta i medesimi problemi: nella prima la
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concettualizzazione potrebbe essere volta alla messa a punto di una serie di concetti empirici, come quelli di ruolo, (cfr. pi avanti) la cui finalit conoscitiva si esaurisce in essa, nella seconda invece la concettualizzazione volta alla formulazione di una teoria, che la base empirica deve corroborare o falsificare. La concettualizzazione riguarda diversi livelli dellanalisi che sintrecciano tra loro: 1) innanzitutto, essa avviene nellorizzonte della sociologia e del suo sapere. Allinterno di questa tradizione di sapere esistono diverse e differenti sociologie, che di solito sono detti approcci, che pre-dispongono le modalit attraverso le quali i fenomeni sociali sono riconosciuti e accostati empiricamente; 2) secondariamente, la concettualizzazione in stretto rapporto con il problema dellindagine e delle eventuali ipotesi, essa predispone la osservazione e la raccolta dei dati; 3) infine, la concettualizzazione segue losservazione, essa si colloca a ridosso della descrizione e, spesso, si esaurisce in essa e con essa, assumendo la forma di una generalizzazione.

Il senso dellorientamento sociologico Nella storia del pensiero occidentale e in particolare di quello sociologico, A. Comte artefice di una duplice operazione: a) costituisce la sociologia come un nuovo dominio del sapere, b) intende la sociologia come una scienza. Come scienza, la sociologia condivide con tutte le altre scienze della enciclopedia positiva il metodo, unicit del metodo, ma, nello stesso tempo, se ne differenzia proprio in ottemperanza allinsegnamento della scienza che stabilisce il principio dellunit tra dottrina, logica e metodo. Cosicch la sociologia che procede come una qualsiasi altra scienza se ne distingue perch il suo operare presuppone una prospettiva che propria della scienza sociologica. La sociologia, infatti, si distingue dalle altre scienze per loggetto, e ha di conseguenza una metodologia non riconducibile in toto a quella delle altre scienze. In ogni scienza le concezioni relative al metodo sono inseparabili da quelle relative alla dottrina, dovendo adeguarsi alle esigenze concettuali delloggetto di studio. , ad esempio, in forza di questa ragione che la sociologia richiede una revisione dei metodi seguiti normalmente, in particolare richiede metodi di osservazione pi estesi e vari di quelli seguiti dalle altre scienze positive. In sociologia condurre osservazioni presenta difficolt nuove e diverse rispetto alle altre scienze. Essa deve avvalersi di tanti altri mezzi di osservazione che sono prodotti da conoscenze specifiche, come quelle relative alle conoscenze storiche, alle abitudini di vita, alle lingue, ecc., solo in ottemperanza a queste diversificate esigenze si possono, dopo un sufficiente esercizio, convertire... in preziose indicazioni sociologiche le impressioni spontanee che si ricevono da quasi tutti gli avvenimenti che la vita sociale pu offrire, avendo laccortezza di relazionarli gli uni agli altri secondo quello spirito dinsieme che
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metodologicamente guida la conoscenza sociologica. appunto questa peculiare caratteristica dei fenomeni sociali, precisa Comte, che fa difficolt allosservazione e alla quale si pu far fronte con il variare i procedimenti dellindagine scientifica. Tuttavia, per Comte, non possibile accostare i fenomeni sociali senza aver prima maturato una qualche idea del modo con cui essi vanno considerati: solamente il possesso di una teoria sociologica consente di dare unimpostazione scientifica alla ricerca sociologica. Le osservazioni sociologiche vanno condotte secondo lo spirito dinsieme, ossia esse devono essere condotte a partire da una concezione della societ come un sistema di parti ad esso omogenee. Questa prospettiva richiede che il sociologo sia munito di uneducazione scientifica che lo prepari a vedere razionalmente e a formulare valutazioni idonee alla complessit dello oggetto sociologico. Comte, nel coniare il termine con cui prende nome la sociologia, era consapevole di creare una scienza nuova quasi dal nulla, senza alcun presupposto se non quello con cui pone ad oggetto della sociologia lo studio dellumanit. Per Comte creare una scienza nuova, quasi dal nulla, significava creare simultaneamente le osservazioni e le leggi, vale a dire produrre unidea direttrice che permetta di formulare una teoria che abbia una funzione anticipatrice, in grado di individuare e di accostare i fenomeni ai quali conferire lo statuto scientifico di oggetto di conoscenza. La costituzione della sociologia come scienza richiede la formulazione di una visione che sia gi di per s sociologica, che possa trasformare le osservazioni, che spontaneamente facciamo nella vita sociale, e le concezioni che ne abbiamo, in oggetto di studio della sociologia. Diversamente le nostre osservazioni rimarrebbero allo stato frammentario e invischiate nellempirico, non potrebbero essere oggetto di una conoscenza sociologica. Similmente M. Weber quando delimita lazione sociale nei confronti dellazione umana consapevole di offrire uno schema concettuale allinterno del quale diviene significativo per la sociologia il proprio campo di studio, e di porre, nello stesso tempo, il presupposto che costituisce la sociologia come una scienza autonoma. Sotto questo aspetto la sociologia non ha presupposti se non quelli grazie a cui essa stessa si auto-comprende come sociologia e che mette in discussione tutte le volte che si attua in termini di ricerca. Questa tensione espressa con chiarezza da Weber allorch precisa che ci che fa di un fenomeno un fenomeno sociale o economicosociale non qualcosa che inerisca ad esso come tale, oggettivamente ma piuttosto condizionato dalla direzione del nostro interesse conoscitivo, quale risulta dallo specifico significato culturale che noi attribuiamo nel caso singolo al processo in questione. Solo rispettando questa condizione, in cui risiede il suo significato specifico per noi, il fenomeno diviene un problema di scienza sociale, vale a dire un compito per una disciplina che si propone per oggetto la chiarificazione della portata di quel fatto fondamentale. (Weber 1966: 73-74). Come Comte, Weber concepisce la sociologia come una scienza che deve pervenire alla spiegazione causale dei fenomeni sociali che sono oggetto di studio, ma nello stesso tempo loggetto di studio della sociologia, essendo lazione sociale, un tipo specifico di azione, richiede una metodologia adeguata alla comprensione del senso dellazione sociale. Sia per Comte che per Weber la sociologia una scienza,
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tuttavia essa ha un orientamento verso loggetto che la distingue dalle altre scienze. Questo orientamento comporta certi accorgimenti metodologici e metodologie adeguate; per Comte il metodo sociologico fondamentalmente storico-comparativo, per Weber esso deve pervenire alla costruzione dei tipi-ideali grazie ai quali si rendono intellegibili i corsi delle azioni e le formazioni sociali. Lorientamento tuttuno con il procedimento attraverso il quale viene costruito loggetto sia della sociologia come scienza che della ricerca sociologica. Lorientamento verso loggetto , dunque, fondamentale per la ricerca stessa non tanto perch possa sostituirvisi quanto perch lindirizza delimitando e precostituendo i fini della ricerca stessa: pre-dispone la concettualizzazione, la costruzione delle ipotesi e i domini dellesperienza sociale o verso lanalisi dellazione sociale, oppure del sistema, della struttura, o della vita quotidiana, dei mondi vitali, del vissuto soggettivo, ecc. Il positivismo di Comte rivisitato e rinforzato epistemologicamente dal neopositivismo, la posizione di Weber, a sua volta, reinterpretata e rinforzata dalle correnti di pensiero che, grosso modo, si rifanno allermeneutica, sono portatori di due istanze metodologiche che si sono, in seguito, storicamente contrapposte secondo la falsariga di metodi quantitativi e qualitativi (cfr. von Wright 1971, Capecchi 1963, 1985, Cardano 1991, Cannav 1989). Si pu essere daccordo sul fatto che a livello metodologico non pu esservi contrapposizione tra metodi quantitativi e qualitativi (tra gli altri cfr. Campelli 1982, 1996, Leonardi 1991, Statera 1992), tuttavia permane irrisolto un aspetto di questa controversia che riguarda il modo con cui viene costruito e inteso loggetto della ricerca sociologica. rispetto allorientamento verso loggetto che si formano e si distinguono i diversi approcci sociologici. In linea di massima il modello sia epistemologico che metodologico che si rif al neo-positivismo ha abbandonato il senso della sociologia comtiana; questo modello non si pone il problema di come loggetto sociologico sia costruito poich riconduce loggetto al rapporto tra dato e teoria-ipotesi. Esso presuppone loggetto e la sua rappresentazione come dati, ossia ritiene loggetto come dotato di propriet descrivibili e riconducibili sotto leggi. Sono, invece, considerati appartenere alla tradizione qualitativa una serie di approcci sociologici, che, pur non essendo omogenei tra loro, si ispirano in modo diverso ora a Weber e a G. Simmel, oppure alla fenomenologia di Alfred Schtz o di Aron Gurwitsch, o allo interazionismo simbolico e alletnometodologia, oppure allo esistenzialismo di J.P. Sartre, in particolare, o allermeneutica di H. Gadamer e di P. Ricoeur. In tali approcci, tuttavia, possibile rintracciare unaccentuazione comune volta a indirizzare la ricerca allo studio dellambiente naturale in cui gli individui conducono le loro esperienze sociali, nel ritenere cio che il sociale sia in e tra gli individui e si manifesti nelle diverse situazioni e occorrenze in cui ha modo di dispiegarsi. Secondo questa ottica la biografia e la storia di vita vanno intese piuttosto che come tecniche metodologiche come approcci (di solito si parla di approccio biografico), poich consentono di accordare alla vita sociale degli individui, nel rispetto della loro visione del mondo, il ruolo principale dellanalisi sociologica. Del
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resto, abbastanza ovvio che la vita degli individui non pu che essere colta se non tramite il racconto che essi stessi ne danno. Che lanalisi di una storia di vita possa essere condotta tramite procedure ermeneutiche, che si avvalgono di misurazioni quantitative, non inficia affatto lispirazione sociologica di fondo da cui prende le mosse questo particolare approccio. Essa ha la sua ragione nel fatto che la vita dellindividuo non pu essere rap-presentata, ma essa stessa si presenta, si autoesibisce; tramite la narrazione essa assume la forma di un esempio, nellessere evocata essa assume la forma del mostrare, lindividuo narrante rende presente, mostra la propria vita. Similmente, nel loro ambiente naturale di vita, gli individui rendono presente la loro vita sociale.

Due disegni di ricerca a confronto La ricerca sociale deve pervenire alla raccolta delle informazioni che si ritengono rilevanti per il problema affrontato e alla loro trasformazione in conoscenza sociologica, a questo fine essa si dispiega secondo un disegno che si compone di diverse fasi. La ricerca normalmente si svolge nella espletazione di cinque distinte fasi: 1. lindividuazione del problema di ricerca e la definizione delle eventuali ipotesi; 2. lelaborazione del disegno della ricerca; 3. la raccolta dei dati; 4. lanalisi dei dati; 5. linterpretazione dei dati e la verifica delle eventuali ipotesi. Ci limitiamo allanalisi, seppur sommaria, della seconda e della terza fase. La prima fase riguarda lindividuazione degli oggetti e delle propriet su cui calare la ricerca, questa una fase ideativa, concettuale ma estremamente importante per il felice esito della ricerca stessa. Occorre, dunque, distinguere i concetti che si riferiscono agli oggetti da quelli che si riferiscono alle propriet degli oggetti. Questi due tipi di concetti non sono qualitativamente omogenei. Per oggetto sintende di solito un individuo, una collettivit di individui, unistituzione organizzata su base territoriale (comune, regione, ecc.) oppure su base relazionale (famiglia, gruppo, classe, ecc.), pu essere anche un evento (la riuscita scolastica, le elezioni politiche, ecc.). Il tipo di oggetto a cui si indirizza la ricerca si dice unit, mentre si dice caso il particolare oggetto di cui si occupa la ricerca. Sia lunit che il caso appartengono ad un certo ambito spazio-temporale. Dalla determinazione dellunit (ossia del tipo di oggetti ai quali si rivolge la ricerca) si passa allindividuazione dei casi concreti mediante una serie di regole atte a delimitare lambito spazio-temporale e a fissare i criteri di campionamento ( evidente che i risultati di una ricerca non sono generalizzabili al di l dellambito spazio-temporale entro il quale sono stati campionati i casi). Nella ricerca di tipo quantitativo il ricercatore deve, come afferma Raymond Boudon, raccogliere per un certo insieme di soggetti informazioni che permettono di comparare un oggetto con un altro (Boudon 1970: 33). E proprio questa possibilit
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di comparare tra di loro oggetti e propriet che permette lanalisi statistica dei dati raccolti. A tale fine, come abbiamo visto, occorre identificare una classe di oggetti tra loro comparabili (unit) caratterizzata dalla omogeneit dei casi, sui quali sono rilevate le propriet. Una volta precisita lunit, la ricerca si volge alla concettualizzazione delle propriet. Se lunit un individuo, possibili propriet potranno essere: lappartenenza religiosa, le preferenze politiche, le opinioni, gli atteggiamenti, ecc. E evidente che ogni unit presenta un numero indefinito di propriet e che queste possono variare da unit a unit. La scelta e la delimitazione delle propriet fatta in funzione degli interessi e degli scopi della ricerca. Tuttavia affinch sia possibile reperire i dati si deve passare dal piano concettuale a quello empirico, ossia si deve passare o tradurre i concetti in operazioni di ricerca ben definite. In altre parole, la ricerca empirica si fonda su concetti che devono essere trasformati in misurazioni. Tuttavia non tutti i concetti possono essere trasformati, bens solo i concetti classificatori, o tratti. Paul F. Lazarsfeld ha indicato in quattro i momenti che consentono di passare dai concetti agli indici empirici, ossia alla costruzione di uno strumento di misurazione: 1 momento, la rappresentazione figurata del concetto Il ricercatore, analizzando i dettagli di un problema teorico, abbozza dapprima una costruzione astratta, unimmagine. 2 momento, la specificazione del concetto si passa allindividuazione delle componenti del concetto, o agli aspetti o dimensioni che possono essere dedotte analiticamente dal concetto stesso, o empiricamente dalla struttura delle loro interrelazioni. In altri termini, un concetto di solito comprensivo di un iniseme complesso di fenomeni. Ad esempio, se si conduce una ricerca sulla produttivit di un certo tipo di lavoro, inizialmente si ha solo un concetto vago circa la sufficienza del rendimento del lavoro. Si cercher di conseguenza di chiarire che cosa implichi un concetto simile, poi si cercher di precisarne le componenti o le dimensioni misurabili empiricamente. 3 momento, la scelta degli indicatori una volta stabilite le dimensioni occorre scegliere gli indicatori, cio ci che empiricamente in grado di misurare il concetto, variabile. 4 momento, la definizione degli indici infine, occorre costruire un unico indice che sintetizzi e valuti tutte le informazioni raccolte: Dopo aver scomposto il rendimento di una squadra di operai o lintelligenza di un bambino in sei dimensioni, e scelto dieci indicatori per ogni dimensione, si tratta adesso di costruire un unico indice partendo da queste informazioni elementari. (Lazarsfeld 1969: 46). E ovvio, come abbiamo accennato prima, che questi quattro momenti si collocano allinterno del disegno della ricerca: essi mediano la parte problematica ed ideativa con quella prettamente operativa della raccolta dei dati. Tuttavia la traduzione della complessit di un concetto in indicatori ed in indici, che stanno alla complessit del primo, sempre unoperazione discrezionale. Il paradigma di Lazarsfeld lascia, dunque, senza risposta la domanda circa il perch quegli indicatori piuttosto che altri,
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vale a dire lascia irrisolto sia il problema del perch della scelta di quei concetti sia quello della giustificazione degli indicatori prescelti. A questo proposito non sufficiente richiamare gli scopi della ricerca e il problema da cui essa prende le mosse. A. Marradi (Marradi 1980: 33) ha tentato di ovviare a queste difficolt ricordando che la scelta degli indicatori da mettere in relazione alla conoscenza che il ricercatore ha del contesto e al tipo di unit sul quale verte la ricerca e, di conseguenza, alle tecniche di raccolta dei dati utilizzate. A sua volta H. Blumer (Blumer 1956) aveva rivolto una critica alla ricerca empirica che sotto certi aspetti pu considerarsi ancora valida: la costruzione che operativamente collega il concetto al referente empirico tramite le variabili, non tiene conto che lagire sociale si regge sui significati condivisi e sullinterpretazione che ne danno i soggetti agenti. Di conseguenza i concetti e le variabili non devono essere trattati come se fossero delle cose, ma come strumenti, per cos dire, cognitivi. Infatti non vi cosa, evento, situazione che abbia in s un suo significato: questo gli sempre assegnato dai soggetti agenti e di conseguenza gli stessi significati, a loro volta, sono fluidi e mutevoli come, del resto, le loro relazioni.

Linterazionismo simbolico e il metodo della grounded theory Linterazionismo simbolico si sviluppato soprattutto nella Scuola di Chicago, fu comunque Herbert Blumer a coniare lespressione. Egli che si considera il vero interprete del pensiero di G. H. Mead, il quale aveva insegnato psicologia sociale a Chicago dal 1893 al 1931, anno della sua morte, port al centro della sua analisi lazione del soggetto che si modella nel processo di interazione nell orientarsi alle azioni degli altri soggetti. Questa prospettiva comporta una critica del modello deterministico di spiegazione che riconduce la spiegazione dellazione alle caratteristiche naturali/istintuali dellindividuo oppure ai fattori sociali e ambientali. La sociologia e la psicologia sociale, infatti, nello spiegare le azioni degli individui non tengono affatto conto del significato che i soggetti agenti attribuiscono alle loro azioni e a quelle degli altri e tendono perci a spiegarle come determinate da vari fattori che agiscono sugli esseri umani. Non che lazione umana sia incondizionata, che essa non pu essere direttamente dedotta da tali fattori, perch le attivit e le azioni umane sono mediate dai significati che gli individui che interagiscono attribuiscono loro. Gli individui, infatti, agiscono gli uni rispetto agli altri secondo i significati che assumono per loro stessi le situazioni. Le strutture che caratterizzano la vita sociale, quali la cultura, le strutture sociali, la stratificazione, ecc. pongono soltanto le condizioni per l azione, ma non la determinano. Gli attori non agiscono nei confronti della cultura, della struttura sociale e cos via, ma agiscono nei confronti di situazioni. (Blumer 1962). Le situazioni, a loro volta, si determinano attraverso i significati e le definizioni che hanno per i soggetti agenti, cosicch ogni forma sociale continuamente prodotta e riprodotta dalle attivit e dalle interazioni simboliche dei soggetti in essa coinvolti.
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Da questo modo di intendere i fenomeni sociali discende che i processi sociali in cui gli attori sociali sono coinvolti sono fluidi e variabili e che occorra seguire procedure induttive per la loro analisi e spiegazione. La sociologia non pu che applicarsi allanalisi di casi singoli secondo le indicazioni del metodo etnografico: il sociologo deve osservare la realt sociale ponendosi nella stessa posizione dellattore sociale, ossia interpretare con laiuto della sua esperienza la situazione che egli stesso vive insieme agli altri e che per lui assume significati che si precisano via via che sinoltra nella ricerca e approfondisce il caso. Blumer ha suddiviso la ricerca etnografica in due momenti o fasi: la prima esplorativa in cui il ricercatore calatosi nella sfera di vita da lui prescelta procede ad una sua prima ricognizione, nella seconda ispettiva procede a mettere a fuoco un suo particolare ambito attraverso una ricognizione approfondita per mezzo dellosservazione partecipante. La metodologia della grounded theory (cfr. Glaser e Strauss 1967) uno sviluppo delle indicazioni metodologiche di Blumer, in particolare del secondo momento. Dopo una prima fase esplorativa e dopo aver individuato lambito specifico di ricerca e fatta una sommaria rappresentazione di quanto si rilevato con la raccolta di dati utili per formulare categorie iniziali di analisi, si procede a fissare le linee che devono guidare la ricerca e si mette a confronto quanto il sociologo ha elaborato concettualmente con le elaborazioni spontanee che producono gli individui coinvolti nelle situazioni reali che sono oggetto della indagine, di modo che dal reciproco confronto la concettualizzazione teoretica possa essere comprensiva della situazione e, via via, essere sempre pi affinata per approdare a ridefinizioni delle categorie o dei concetti analitici utilizzati, fino al punto che questo processo si saturi e divenga inutile procedere oltre. Per conseguire questo risultato, occorre calarsi nel campo di ricerca non gi liberi da pre-nozioni, che possano compromettere losservazione, ma usando le pre-nozioni, le conoscenze gi acquisite e i concetti o categorie, relativi a ci che importante per la ricerca, come concetti sensibilizzanti (Blumer) giacch questi forniscono un primo approccio e un primo orientamento. Nello stesso tempo, tuttavia, essi non devono costituire degli strumenti rigidi di analisi, poich hanno solo, per cos dire, una funzione strumentale, ossia devono consentire di accedere alle forme di vita degli altri per essere, di conseguenza, scartate man mano che si procede nell interpretazione. Losservazione, la concettualizzazione e linterpretazione procedono di pari passo e si influenzano reciprocamente, hanno uno sviluppo circolare. Una categoria guida quella di processo che consente di analizzare linterazione simbolica, che orienta le azioni degli individui e le loro interazione di gruppo, per mezzo della quale le forme di vita sociale sono prodotte e ri-prodotte secondo un loro sviluppo temporale. Man mano che si focalizza la ricerca, le prime formulazioni relative alloggetto forniscono un primo accesso a ci che succede. Il passo successivo consiste nella generalizzazione delle categorie e dei concetti, che divengono cos confrontabili con altre generalizzazioni di forme sociali che sono affini al caso analizzato. A questo punto il ricercatore pu avanzare ipotesi per individuare le possibili relazioni tra le categorie concettuali che sono emerse dal campo e ricercarne le implicazioni
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teoretiche. Si viene a delineare una teoria del processo sociale oggetto di ricerca, una teoria che insieme lo descrive e lo spiega. Come scrive R. Cipriani la grounded theory ha proprio i dati come base, fondamento su cui poggiano la formulazione teorica e quindi la conoscenza scientifica. La raccolta dei dati una premessa appunto fondamentale, cui fa riferimento il ragionare teorico per giungere alla cogenza della validit scientifica e per usufruire di unautorevole plausibilit dei risultati. (Cipriani 1996: 297). A sua volta M. Cardano annota come tra le due metodologie esista una differenza relativa al rapporto tra teoria e osservazione empirica: in quella della survey research il disegno della ricerca guidato dalla teoria, mentre in quella della grounded theory la teoria emerge al termine del processo di ricerca (Cardano 1991). Invero, tra le due metodologie esiste una differenza dovuta allo orientamento verso loggetto e il modo di concepire la ricerca sociologica. Nella prima, ci che maggiormente conta che la ricerca esibisca i criteri metodologici della sua controllabilit e che, pertanto, la scientificit della conoscenza sociologica vada rintracciata in quelli. Nella seconda, invece, proprio ci che si intende per sociologia che, nellindirizzare la ricerca stessa, ne stabilisce i criteri di attendibilit e di adeguatezza: la formulazione delle categorie concettuali deve nascere nellanalisi e queste non possono essere anteposte ad essa. Ci che sottolinea la grounded theory per cos dire il carattere materiale della pratica di ricerca cio lesserci di una situazione concreta in cui essa si cala e con cui deve misurarsi prima e oltre lassunzione di modelli concettuali e metodologici. La grounded theory research, di solito, intesa come un metodo qualitativo. La polemica, che storicamente si riaccende, in particolare a ridosso delle crisi delle grandi teorizzazioni sociologiche, tra i due contrapposti schieramenti dei seguaci dei metodi quantitativi e qualitativi, si regge su un equivoco in quanto sia la quantit che la qualit sono compresenti nella ricerca, costituiscono, ad esempio, le due fasi principali della ricerca cosiddetta quantitativa. In questo caso la contrapposizione viene a distinguere metodi che privilegiano tecniche a elaborazione numericastatistica dei dati secondo la matrice dei dati e metodi che privilegiano una elaborazione semantica delle informazioni. Comunque sia, certi critici (Leonardi 1991, Statera 1992,Campelli 1982, 1990, 1996) manifestano la tendenza a misconoscere le ragioni del metodo qualitativo in nome della unicit della logica della ricerca scientifica, che viene identificata, in ultima analisi, con il metodo quantitativo. Questi critici non tengono conto dellorientamento sociologico verso loggetto che diverso nei due metodi. Lapproccio biografico esemplifica questo orientamento ponendo ad oggetto il problema dellarticolazione tra prospettiva individuale e analisi della societ.

Uno sguardo storico

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Il dibattito attuale su metodi quantitativi e metodi qualitativi va inteso non solo come un dibattito interno al discorso della metodologia della ricerca, ma va ricompreso allinterno della sociologia e della sua storia. Possiamo ricordare due precedenti storici: a) le ricerche sociologiche condotte tra le due guerre dalla scuola di Chicago; b) le ricerche basate sulla raccolta delle storie di vita condotte sia a Chicago che in Polonia. Questo breve richiamo storico ci consente di tratteggiare come la situazione attuale prenda lo spunto dalla sociologia sorta nel nord America tra la fine della prima guerra mondiale e linizio della seconda. Dopo la seconda guerra mondiale in America prender sempre pi corpo e si affermar la survey research. La Scuola di Chicago diventata famosa per lapproccio qualitativo usato nei metodi dalle sue ricerche: letnografia urbana fatta propria dai ricercatori del Dipartimento aveva come premessa lanalisi sul campo e si fondava sul case study e sulluso di documenti umani, spaziando dallosservazione partecipante alle storie di vita. Questo accentua inoltre la differenza dalla sociologia europea, segnata ancora da unelaborazione analitica dei concetti e delle definizioni, da un ravvivarsi filosofico ed epistemologico delle parole. (Sorokin, 1929: 60). Era un approccio che cercava di cogliere luniverso referenziale dellindividuo calandosi nel suo vissuto soggettivo e nel suo punto di vista. Direttrici di indagine di questo tipo possono favorire e ravvicinare il contatto tra lanalisi giornalistica e ricerca sociale, e si prestano peraltro in modo particolare ad essere utilizzate quando luniverso preso in considerazione composto soprattutto da soggetti subalterni, spesso a scarso livello di alfabetizzazione, che possono al pi utilizzare la propria oralit nella ritraduzione della propria azione e nel recupero della propria memoria. (Rauty, 1995: XXVIII-XXIX). La Scuola sociologica di Chicago si svilupp tra il 1915 ed il 1935. I rappresentanti di questa scuola, data anche la necessit di comprendere il vorticoso mutamento in atto della societ e di suggerire alle amministrazioni locali delle politiche sociali, fecero della ricerca empirica il perno della sociologia, cosicch limmersione nellesperienza di prima mano di situazioni concrete (Shils 1948: 6) divenne la base dello studio della societ in trasformazione e il laboratorio della teorizzazione sociologica. La vocazione empirica comport unelaborazione e una riflessione metodologica sulle tecniche di raccolta e di costruzione dei dati della ricerca. Robert E. Park e Ernest W. Burgess al fine di promuovere la ricerca empirica, fin dal 1918, diedero inizio ad un seminario di perfezionamento dedicato agli studi sul campo (Bulmer 1995) facendo della citt di Chicago una specie di laboratorio della ricerca sociologica. Dopo brevi incontri introduttivi, i partecipanti ai seminari, per la maggior parte studenti, erano inviati al reperimento dei dati relativi a particolari ricerche, a svolgere interviste, a fare sopralluoghi e stendere cartine di zone della citt, ecc. Agli studenti era rivolto il seguente invito

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Vi stato detto di andare a scavare nella biblioteca, e quindi di accumulare appunti e un abbondante rivestimento di sudiciume. Vi stato detto di scegliere problemi ovunque potevate trovare pile di documenti scritti ammuffiti che si basavano su futili elenchi preparati da burocrati stanchi e compilati da chi era riluttante a richiedere assistenza, da meticolosi filantropi, o da impiegati indifferenti. Questo si chiama sporcarsi le mani con la ricerca vera. Coloro che vi consigliano sono saggi e onorabili; i motivi che vi offrono sono di grande valore. Ma occorre unaltra cosa, losservazione di prima mano. Andate a sedervi negli atri di alberghi di lusso e sui gradini delle pensioni di infimo ordine; sedetevi sul sof del Gold Coast o nei giacigli dei bassifondi; sedetevi nellOrchestra Hall e nel Star and Garter Burlesque. Insomma, signori, andate a sporcarvi il fondo dei pantaloni in mezzo alla ricerca vera. (Cit. in Bulmer 1995: 80). Lopera di William I. Thomas e Florian Znaniecki Il contadino polacco in Europa e in America, 1918-1919, considerata come una specie di spartiacque, di passaggio da una sociologia che risentiva ancora di unimpostazione filosofica ad unaltra che si fonda sulla formulazione di una teorizzazione sociologica sulla base della ricerca empirica (Cfr. Kurtz, 1984: 12, cit. da Young e England 1995: 96). In questa ricerca gli autori si erano avvalsi soprattutto dei metodi dei case studies e dei documenti biografici. Il metodo dellautobiografia come tecnica di raccolta di dati per lanalisi sociologica trov in Polonia un terreno fertile e uno sviluppo sconosciuto negli altri paesi. NellIntroduzione al libro Zyciorys wlasny di Wladyslaw Berkan, Instytut Socjologiczny, Poznam 1924 (questa autobiografia di W. Berkan fu scelta fra 161 biografie pervenute al Concorso per lautobiografia del lavoratore manuale del 1921, bandito per iniziativa dello stesso F. Znaniecki) Znaniecki scriveva che Lutilizzazione dellautobiografia a fini sociologici appena allinizio. (...) A differenza dello psicologo, il sociologo intende lautore dellautobiografia esclusivamente sullo sfondo del suo ambiente sociale in un insieme indissolubile; a differenza dello storico, esamina lambiente sociale dellautore unicamente in riferimento alla sua persona. Lindividuo e il suo ambiente costituiscono, agli occhi del sociologo, una unit. Ci significa in primo luogo che lindividuo dal punto di vista sociologico... un insieme composito di azioni, ciascuna delle quali si riferisce agli oggetti dellambiente circostante, e che possibile comprendere e definire unicamente in rapporto a tali oggetti, su cui agisce o tenta di agire. Daltra parte al sociologo non importa se lo stesso individuo abbia una lucida consapevolezza delle proprie azioni n come gli si presentino, allorch riflette su di esse. Gli preme invero sapere come si manifestino nei loro risultati e quale influenza esercitino sul suo ambiente. Del resto non lambiente di per s che interessa il sociologo; non si tratta di ricostruirlo fedelmente e obiettivamente da un ideale punto di vista imparziale, ma al contrario riconoscerlo cos come si presenta allindividuo che in esso vive e lavora, per comprendere che cosa rappresenti per lui e in che modo e in che misura gli oggetti che lo compongono entrino nel gioco della sua personalit cosciente. Difatti linfluenza che le cose e le persone esercitano sulla nostra vita
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cosciente non dipende da come sono per se stesse o per gli altri, bens da come sono per noi e dal valore pratico che noi stessi attribuiamo loro. (Znaniecki 1987: 35). Questo passo dellIntroduzione di Znaniecki mostra chiaramente come luso del metodo autobiografico sia da porre in relazione allapproccio sociologico, come il discorso metodologico non vada affatto disgiunto da questo ultimo. Lutilit del metodo dipende dal tipo di problematica che si affronta. La sociologia affronta una problematica diversa da quella della storia e della psicologia, il valore esemplificativo dellautobiografia come metodo per la sociologia diverso da quello della storia e della psicologia. Jozef Chalasinski, nel commentare il passo sopra riportato di Znaniecki, sottolinea come il metodo della biografia consenta di studiare la coscienza sociale dellindividuo e pone cos in rilievo che il racconto dellautore dellautobiografia interessa quindi il sociologo non come relazione di fatti obiettivi, bens come espressione delle sue aspirazioni e attitudini sociali. Il racconto stesso un fatto sociale perch traduce allesterno gli atteggiamenti personali. In un ribaltamento di valori, ci che per gli storici un difetto dellautobiografia (soggettivismo, aspirazioni, pregiudizi, superstizioni dellautore) per i sociologi ne costituisce il pregio maggiore. Su di essi si basa lanalisi sociologica ed essi svelano il lato soggettivo dei mutamenti sociali. (Chalasinski 1987: 46). Non entriamo nel merito di queste affermazioni, ritorneremo pi avanti sul metodo biografico e delle storie di vita, ma sottolineiamo di nuovo che la validit e lattendibilit del metodo biografico non va ricercata tanto nella metodologia, nel metodo visto in s, quanto nel tipo di approccio e, di conseguenza, alle possibilit interpretative che esso apre allanalisi sociologica. Infatti pi scienze si interessano alla biografia: lantropologia culturale, la psicologia, la storia, la critica letteraria, ma ciascuna se ne interessa secondo il proprio approccio disciplinare in quanto esso o antropologico, o storico, o psicologico ecc. Il metodo non ha, pertanto, solo un valore in s e per s, bens assume in pieno la sua giusta e adeguata dimensione solo allinterno delluna o dellaltra maniera di intendere i fenomeni che sono oggetto delluna o dellaltra disciplina. Come ogni altro metodo, il metodo biografico presenta dei vantaggi e degli svantaggi, consente di raccogliere specifici dati sotto una particolare prospettiva che, come in questo caso, mira a portare in evidenza la coscienza sociale dellindividuo colta sia nel suo sviluppo individuale che sociale, offrendo cos una base empirica alla ricerca. Sarebbe, tuttavia, errato pensare che la ricerca termini con la raccolta delle biografie, queste devono essere lette, interpretate, e integrate in un quadro sociologico pi ampio e comprensivo.

LO STUDIO DEI CASI

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Ernest W. Burgess in un saggio del 1927, che ha per argomento il case study e la statistica come metodi della ricerca sociologica, ricorda che il metodo del case study fu introdotto dallopera di Le Play come sussidio della ricerca statistica. In seguito fu adottato dallo psichiatra William Healy per lo studio dei delinquenti perch insoddisfatto dellanalisi statistica che era stata condotta su mille casi di delinquenza giovanile. Concepito inizialmente in ordine alla ricerca statistica, il case study era volto a raccogliere dati su punti che potevano essere quantificati e classificati di modo che il caso da studiare non era considerato come un tutto organico, ma come la somma di unit separabili e indipendenti che potevano perci, essere elencate, schedate e classificate. (Burgess 1995: 105) Burgess pone in rilievo come nella procedura statistica comune, lunit di numerazione e di misura quasi sempre qualche tratto atomizzato della persona piuttosto che i suoi vari aspetti nel loro complesso. (p. 103). La statistica, infatti, si basa su una concezione atomistica piuttosto che organica della societ, secondo questa concezione la societ vista come un aggregato di individui relativamente indipendenti. Nella concezione organicistica, la societ e i suoi membri sono visti come il prodotto dellinterazione sociale. Burgess collega luso dei due metodi a due maniere diverse di concepire i fenomeni sociali (che ricorda la polemica tra lindividualismo e lolismo metodologici), secondo la prima i fenomeni sociali sono fenomeni di aggregazione di modo che possibile disaggregarli nelle parti che li costituiscono, secondo laltra essi formano un tutto organico di modo che i fenomeni vanno sempre visti in relazione gli uni agli altri con i quali formano ununit. Questo modo di accostare i fenomeni sociali fatto proprio da Frederic M. Thrasher nell opera The Gang. A Study of 1313 Gang in Chicago, del 1927. Secondo Thrasher, esemplifica Burgess, una gang non corrisponde alla somma dei singoli ragazzi che ne fanno parte, ma alla loro organizzazione in una nuova forma di gruppo che crea contemporaneamente un nuovo tipo di ragazzo, il ganster. (p. 103) Thrasher, infatti, nella sua opera, in cui prende in considerazione ben 1313 bande di giovani che operavano sia a Chicago che nei suoi dintorni, rileva che lesigenza propria del disegno scientifico di portare alla luce i tratti comuni dei fenomeni oggetto di studio viene a sacrificare la specificit e lunicit di ciascuna banda (gang). Lorganizzazione della rete dei rapporti interpersonali delle bande in quanto forma di comportamento collettivo si distingue da quella di ogni altro gruppo o associazione sociale; ma, nello stesso tempo, ciascuna banda, a sua volta, presenta proprie caratteristiche che la differenziano non solo dalle altre forme di
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comportamento collettivo, ma anche dalle altre bande. Queste caratteristiche sono rintracciabili unicamente attraverso la storia della banda; una banda deve essere assunta come un caso che deve essere analizzato nel suo naturale sviluppo: essa non altro che questo sviluppo. Da un lato, dunque, deve essere soddisfatta lesigenza propria della ricerca scientifica di pervenire a delineare quelli che sono i caratteri comuni delle bande, generalizzazione; dallaltro lato, tuttavia, deve essere ugualmente soddisfatta lesigenza, esigenza parimenti scientifica, di salvaguardare la specificit di ciascuna banda, case study, giacch le caratteristiche peculiari, la storia, ecc., di una qualsiasi banda, pu essere sottolineato, non possono essere dedotte dai tratti comuni a tutte le bande. Queste due esigenze non devono essere viste contrapposte, ma come due poli di ununica tensione circolare: i case studies offrono i tratti per arrivare alla generalizzazione delle forme di comportamento collettivo proprie delle bande, in essa, per, viene sacrificata ogni specificit o tratto caratteristico o particolarit di una qualsiasi banda. Per ritrovare questa specificit occorre ritornare al case study, giacch la specificit non pu essere dedotta dalla generalit pur essendone un caso. Ora, se restiamo fedeli allo spirito del saggio di Burgess, possibile trovare la ragione della circolarit: questa propria della prospettiva organicistica secondo la quale le forme di comportamento collettivo sono il prodotto dellinterazione sociale, cosicch in e attraverso queste che si fondano quei tratti comuni e generali che le esigenze dellanalisi statistica atomizzano. Ci che fa s che una banda sia non solo una banda, ma una banda particolare non pu essere dedotto, ma pu solo essere osservato direttamente, solo losservazione e lo studio del case study consente di individuare le modalit attraverso le quali i tratti generali sono tenuti assieme e formano un tutto organico. Lo studio di un caso, di una banda, per quanto preciso ed esaustivo, non pu essere, a sua volta, generalizzato a rappresentare tutte le bande, esso rappresenta solo quella banda particolare, ma nello stesso tempo esemplifica la banda. Lo studio consente, quindi, di individuare le modalit attraverso le quali quei tratti che sono considerati comuni e generali si concretizzano nella banda: il metodo dei casi mira appunto allo studio di queste modalit, allindividuazione della logica e della processualit che configurano una banda come una banda particolare. Ritorniamo al testo, Burgess ricorda che inizialmente furono i giornalisti, gli assistenti sociali, gli psichiatri, gli antropologi, ad eseguire dei case studies I redattori dei giornali capirono subito che il pubblico, mentre si stanca facilmente delle statistiche aride, ha invece una fame insaziabile di casi drammatici. Gli assistenti sociali, che gi usavano un foglio quotidiano molto utile per le sintesi statistiche, avvertirono presto la necessit di registrare nel loro lavoro qualcosa della storia di vita della famiglia e dei suoi progressi nel corso del trattamento. Psichiatri come William Healy, rivolgendo la propria attenzione alle cause della delinquenza giovanile, scoprirono che il case study era indispensabile per rivelare i processi e per intuire i rapporti di causa ed effetto. Gli studiosi di antropologia culturale tendevano naturalmente ad affidarsi al metodo monografico per la descrizione della cultura dei popoli primitivi. (Burgess 1995, 105).
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Burgess individua con semplicit i punti di forza di questa tecnica di ricerca che, come si pu vedere, si esauriscono con le diverse pratiche ricordate. E, tuttavia, nellopera The Polish Peasant in Europe and America di Thomas e Znaniecki che il case study assurge a metodo della ricerca sociologica sul campo. Gli autori menzionati, infatti, non si servirono solo di lettere, dichiarazioni e autobiografie, ma anche di resoconti di casi fatti da assistenti e istituzioni pubbliche e private come documenti da analizzare secondo le finalit della ricerca. Thomas e Znaniecki si servirono dei case studies per analizzare la disorganizzazione o corruzione morale (demoralization) degli immigrati polacchi in America; la decadenza dellorganizzazione personale della vita per il membro individuale di un gruppo sociale assume diverse forme o aspetti a seconda dei casi e, pertanto, data la molteplicit delle manifestazioni individuali, queste non possono che essere analizzate caso per caso per poter essere in seguito classificate in tipi o in classi. (Cfr. Corradi 1988). Burgess, inoltre, individua limportanza per la ricerca sociologica del metodo dei case studies quando sottolinea che lerrore, che commettevano le agenzie sociali, era nel trattare ogni caso come individuale e indipendente piuttosto che come un modello, ossia come un esemplare di una specie. Egli esemplifica il suo pensiero ricorrendo ancora allo studio delle bande giovanili Se si considera una singola banda giovanile come un esemplare delle bande giovanili in genere, lipotesi che verranno selezionate quelle caratteristiche proprie di tutte le bande giovanili. Naturalmente necessario fare dei confronti, studiare i casi marginali e negativi, e arrivare ad individuare classi e altri raggruppamenti allinterno di queste specie. (Burgess 1995, 108). Vale a dire, in quanto formazioni sociali collettive, le bande presentano elementi che sono insieme specifici e comuni allo stesso modo che per un botanico una pianta particolare un esemplare di una specie. Egli perci convinto che questa tecnica possa svilupparsi fino a soddisfare le esigenze della ricerca scientifica, e raggiungere un grado soddisfacente di standardizzazione. Rimane il fatto che questa tecnica molto diversa da quella statistica e che ha propri criteri di perfezione. Del resto, puntualizza il nostro, queste tecniche non sono affatto in concorrenza tra loro, esse sono complementari. Lanalisi statistica, ad esempio, pu costituire la base e offrire i suggerimenti per ricerche da condursi con il metodo del case study. Tuttavia, se nel saggio di Burgess ricerchiamo in che cosa consista tale metodo e quali criteri debbano essere osservati nella applicazione, troviamo poche e forse vaghe indicazioni, pi frutto di buon senso che di una pratica consolidata. Egli si sofferma maggiormente a caratterizzare quali requisiti deve avere chi si accinge a raccogliere i documenti personali: il ricercatore deve saper cogliere il senso del drammatico presente nella vita, possedere, quindi, una sensibilit abbastanza sviluppata da comprendere le molteplici e diverse manifestazioni della natura umana, anche quelle considerate di solito sconvolgenti e perfino oltraggiose. Burgess
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sottolinea, infatti, come sia dovuto maggiormente ad un certo atteggiamento del ricercatore lincapacit a raccogliere rivelazioni private dellintervistato. La raccolta dei documenti personali richiede che il ricercatore sia in grado di cogliere il senso del drammatico e sia animato da un costruttivo atteggiamento di partecipazione. I documenti personali che sono oggetto dei case studies devono, a loro volta, soddisfare i sequenti requisiti. - devono avere un valore sociologico che si identifica con la qualit del documento stesso: Il criterio principale per definire buono un documento che esso sia illuminante, che riesca a penetrae oltre la maschera convenzionale che ogni individuo indossa, e che consenta laccesso ai pi intimi recessi dellaltra persona, memorie e desideri, paure e speranze. Questa condivisione dei sentimenti e dei pensieri pi reconditi di unaltra persona quanto pu essere offerto da un diario segreto, da unautobiografia intima, da una lettera privata, da unintervista confidenziale. (Burgess 1995, 107).

- i documenti devono essere autentici e attendibili, ma difficile, annota subito, soddisfare completamente questi requisiti senza dover ricorrere alla fiducia che si deve riporre allesperienza del ricercatore e ad unanalisi interna del documento. In ultima analisi lautenticit di un documento si misura con la fedelt con cui esso mostra la concezione che una persona ha del proprio ruolo e che traspare ugualmente bene in quello che non dice come in quello che dice e nei tentativi di barare come nelle affermazioni veritiere (p. 108). - i documenti devono consentire di poter dar luogo ad una classificazione, allindividuazione di casi esemplari. Burgess non si nasconde affatto le difficolt a cui questo metodo di raccolta dei dati deve fare fronte per conseguire un pieno riconoscimento di scientificit; difficolt dovute, in parte, al fatto che questo metodo ancora agli inizi e che, spesso, i casi raccolti sono degli aneddoti e le storie hanno solo un certo interesse umano. Comunque, egli ha modo di sottolineare pi volte che questo metodo non affatto in opposizione a quello che si avvale della statistica; nessuna opposizione, quindi, tra metodi qualitativi e metodi quantitativi. Rispetto a questi ultimi il metodo dei case studies richiede da parte del ricercatore doti e capacit particolari: egli deve sapersi immergere nelle diverse situazioni in cui il sociale si manifesta nelle sue infinite e mutevoli sfaccettature. Questimmersione, che espressa in diverse ricerche della Scuola, deve coinvolgere il ricercatore affinch egli possa ottenere cos di prima mano, direttamente, quelle conoscenze, quelle documentazioni, quei dati, che sono indispensabili per formulare generalizzazioni e per tentare teorie esplicative. Da un lato, la richiesta che la ricerca empirica deve essere fatta direttamente dal ricercatore sul campo e che essa richiede al ricercatore una preparazione tecnica e capacit umane di partecipazione al fenomeno indagato si sposa, dallaltro, con il
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misconoscimento o la non avvertenza del ruolo che lo stesso coinvolgimento emotivo del ricercatore ha nellatto di conoscenza. In conclusione, al quesito se i case studies sono scientifici, Burgess risponde con le parole di Karl Pearson: Luomo che classifica fatti di qualunque tipo, che ne vede le reciproche relazioni e ne descrive la successione sta applicando il metodo scientifico ed un uomo di scienza. In questa definizione - commenta Burgess - non c nulla che escluda dalla procedura scientifica il metodo dei case studies, purch esso preveda la classificazione, la percezione delle relazioni e la descrizione delle sequenze. (pp. 106-107). Come abbiamo visto il metodo dello studio del caso non si contrappone affatto ai metodi che fanno uso della statistica nellelaborazione dei dati raccolti, sebbene esso se ne distingua e ne possa costituire un momento, una fase preliminare o conclusiva. Il metodo dello studio del caso si avvale di diverse tecniche di raccolta dei dati, quali: luso dei documenti personali, le storie di vita o le interviste in profondit, losservazione e il partecipare le esperienze degli individui studiati, ecc. Come notano W. J. Goode e P. K. Hatt, il metodo dello studio del caso non una tecnica, ma piuttosto una maniera di organizzare i dati sociali, in modo da perservare il carattere unitario delloggetto sociale studiato. Per esprimerci diversamente, un metodo che considera ogni unit sociale come un tutto. Quasi sempre, luso di questo metodo comprende lo studio dello sviluppo di quellunit, che pu essere una persona, una famiglia o un altro gruppo sociale, un insieme di relazioni o processi (come una crisi di una famiglia, ladattamento a malattie, la formazione di amicizie, linvasione etnica di un quartiere, ecc.), o anche unintera cultura. (Goode-Hatt 1962: 502). Lo studio del caso si distingue non tanto per le tecniche utilizzate quanto per lambito applicativo. Come sottolinea Alessandro Bruschi le ricerche che seguono questo metodo hanno per oggetto uno specifico fenomeno le cui manifestazioni sono caratterizzate da una continuit spazio-temporale (un individuo, unorganizzazione, una comunit, un evento). Il caso quindi esaminato per s, non come mero portatore di propriet: si analizzano le propriet per studiare il caso e non viceversa come avviene, per esempio, con lanalisi dei dati di un sondaggio. (Bruschi 1966: 113). Loggetto di studio viene dunque analizzato secondo diversi punti di vista e secondo diverse tecniche per ottenere una molteplicit di dati e di osservazioni. Il case study mira, infatti, a restituire il fenomeno oggetto di studio nella sua globalit, nella sua unit. Comprendiamo appieno ci che caratterizza il metodo dello studio del caso se riprendiamo la distinzione che suggerisce Bruschi di questo metodo da quello del sondaggio. Del resto sono gli stessi Goode e Hatt a stabilire un paragone tra i due metodi. Suggeriscono infatti Goode e Hatt Un semplice caso preso dai sondaggi di opinione pubblica fornisce un paragone estremo. Si supponga che siano fatte a un certo numero di persone una serie di
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domande circa i loro atteggiamenti verso la guerra. Per unanalisi ulteriore, si possono anche porre delle domande utili per una tabulazione incrociata, relative a et, sesso, condizione economica, residenza, servizio militare prestato, ecc. Le risposte a ogni domanda vengono classificate, allo scopo di fare delle tabulazioni incrociate per strati. (...) Da questo punto in poi, lunit individuale, la persona, scompare dallanalisi, che invece paragona soltanto dei tratti o caratteristiche particolari. Cos, ad esempio, le tabulazioni incrociate possono rivelare se i vecchi sono maggiormente contrari alla guerra dei giovani... (...) Si noti, per, che sono soltanto alcuni tratti che vengono immediatamente coinvolti nella tabulazione incrociata; tutte le altre caratteristiche di ogni persona sono ignorate. Ci che qui si vuole sottolineare non la ristrettezza delle domande, poich anche la pi elaborata delle ricerche coinvolge aspetti molto limitati della vita delle persone interrogate. Quel che importa qui rendersi conto che la maggioranza delle nostre analisi si riduce a tabulare la distribuzione di un tratto in relazione alla distribuzione di un altro. Ci si verifica anche nelle tabulazioni incrociate pi elaborate, cos come nelle diverse correlazioni; lindividuo, che rappresenta il tutto di questi tratti, non figura nelle analisi. (Goode-Hatt 1962: 502-503). Come si appena letto, largomentazione che conducono gli autori, di uno dei pi fortunati e diffusi manuali di metodologia della ricerca sociale, non dissimile da quella che aveva condotto Burgess in difesa del case study. Invero essi si affrettano subito a precisare che questa argomentazione non deve essere intesa in senso polemico nei confronti della survey. Essi mettono in rilievo come sia praticamente impossibile studiare un caso nella sua reale interezza sia perch in concreto, non esistono limiti precisi per definire un processo o un oggetto se non in modo arbitrario e, di conseguenza, nessun metodo pu essere definito come lanalisi dellindividuo nella sua unicit, sia, soprattutto, perch la unicit di un caso di studio, sia esso un individuo o un gruppo, una costruzione intellettuale del ricercatore che deve essere perci operativamente adeguata al problema dellindagine. Goode e Hatt concludono ribadendo che il metodo dello studio del caso deve considerarsi come un tentativo di considerare unitariamente le caratteristiche che sono rilevanti per il problema scientifico che si sta investigando, ma proprio questo aspetto che Burgess aveva gi difeso e fatto valere a difesa di questo approccio ai fenomeni sociali.

LAPPROCCIO BIOGRAFICO E LE STORIE DI VITA

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Il contadino polacco in Europa e in America lo studio monografico di un gruppo sociale concreto...con tutti i suoi atteggiamenti e valori fondamentali, esso si avvale del metodo monografico il cui modello offerto dallantropologia. Oggetto di studio una classe particolare della societ moderna, il contadino polacco visto nella concreta complessit della sua vita: Il contadino polacco - scrivono gli autori - si trova ora in un periodo di transizione dalle vecchie forme di organizzazione sociale che erano state in vigore - con mutamenti insignificanti - per molti secoli, a una forma moderna di vita. (Thomas-Znaniecki 1968, I: 66). Tuttavia, una lettura attenta dellopera mostra come loggetto della ricerca non sia tanto costituito dalla situazione degli immigrati polacchi di Chicago quanto dallimmigrazione intesa come processo di mutamento sociale, come passaggio da una forma di socialit primaria e tradizionale ad una forma pi complessa ed individualistica, caratteristica della societ moderna. (Corradi 1988:135). Nella Nota metodologica, introduttiva allopera, gli autori prendono le mosse dalla necessit che la sociologia si dia un metodo rigoroso al pari della scienza affinch possa adempiere alla sua vocazione di conoscenza pratica, per quanto non sia propriamente questo il fine primario della conoscenza scientifica (Lesempio della scienza fisica - scrivono Thomas e Znaniecki - e della tecnica materiale dovrebbe aver mostrato da parecchio tempo che soltanto unindagine scientifica, completamente libera da ogni dipendenza dalla pratica, pu diventare utile dal punto di vista pratico nelle sue applicazioni. (Thomas, Znaniecki 1968: 16). A questo fine gli autori mettono in luce a quali errori possa condurre una sociologia pratica priva di un metodo e che si basi unicamente sul senso comune. Ci soffermiamo a richiamarli perch svelano alcune tentazioni ricorrenti di una certa maniera di intendere e di impostare la ricerca sociologica. Inoltre la denuncia di tali errori ci consente di apprezare maggiormente il quadro teoretico formulato dagli autori a sostegno dellapproccio biografico. Il primo errore consiste nel presupposto, implicito o dichiarato, che noi conosciamo la realt sociale perch viviamo in essa, e che possiamo considerare come certe date cose e relazioni sulla base della nostra familiarit empirica con esse. (p. 13). A questo proposito gli autori fanno notare, da un lato, che lesperienza che un individuo pu avere del sociale necessariamente limitata, dallaltro, che selettiva di modo che la maggior parte di questa stessa esperienza viene trascurata e non diventa mai la base di generalizzazioni del senso comune, ma soprattutto che la selezione individuale soggettiva, ossia valida solo per quel individuo e per la sua posizione particolare, ed radicalmente diversa da quella che opererebbe il sociologo. Pertanto una sociologia che accettasse lesperienza individuale si condannerebbe a rimanere allo stesso livello metodologico, e una pratica fondata su di essa risulter incerta e piena di fallimenti come lattivit di qualsiasi individuo. (p. 15). Il secondo errore rivelato consiste nel fatto che, anche nei casi in cui eviti la generalizzazione del senso comune, la sociologia pratica si ispira allo stesso metodo
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che segue lindividuo nella sua riflessione personale piuttosto che fondarsi sullesperienza individuale. Inoltre, la sociologia pratica normativa, vale a dire essa prende le mosse dal presupposto di una norma esplicita o implicita alla quale la realt sociale dovrebbe conformarsi; questo modo di intendere la ricerca non solo porta a giudicare e a distinguere a priori ci che normale da ci che deviante, quando, invece, tale distinzione dovrebbe essere determinata in base ad unindagine empirica, ma, soprattutto, non tiene conto che ci che normale e ci che anormale sono in relazione tra loro, e che, pertanto, una loro separazione non consentirebbe di studiarli nella loro connessione reciproca, impedendo di fatto lo studio del mutamento sociale e della crisi, che la societ attraversava a causa della sua rapida trasformazione. Il terzo errore, infatti, della sociologia pratica, consiste nel considerare un qualsiasi insieme di fatti separato dal resto della vita sociale. Questo modo di procedere, che discende dallassenza di una teoria sociologica, non tiene presente che i fatti sociali devono essere considerati in relazione gli uni con gli altri e che il loro isolamento un problema metodologico. La sociologia pratica compie altri due errori tra loro connessi: considera il rapporto dellindividuo con lambiente sociale di appartenenza in modo tale che, da un lato, gli individui reagiscono alla stessa maniera a influenze simili e, dallaltro, che gli individui sviluppano spontaneamente tendenze che li mettono in grado di trarre profitto da certe condizioni date. Grazie a tali presupposti, la sociologia pratica ritiene che sia sufficiente creare condizioni favorevoli o eliminare quelle sfavorevoli per sviluppare o per sopprimere determinate tendenze degli individui. Da qui, ad esempio, limportanza che i riformatori sociali assegnano al mutamento delle condizioni materiali di vita degli individui, sottovalutando la psicologia della gente che vive in tali condizioni, ma, soprattutto, senza avvertire la necessit di una teoria sociologica del comportamento. Una teoria sociale non pu non tener conto di entrambi i tipi di dati inerenti ad essi, vale a dire degli elementi culturali oggettivi della vita sociale e delle caratteristiche soggettive dei membri del gruppo sociale al fine di ricomprenderli nella loro correlazione. Thomas e Znaniecki chiamano i dati relativi al primo tipo valori sociali e quelli relativi al secondo tipo atteggiamenti. Con valore sociale essi intendono ogni dato che abbia un contenuto empirico accessibile ai membri di un gruppo sociale e un significato in riferimento al quale esso o pu essere oggetto di attivit. Con atteggiamento intendono un processo della coscienza individuale che determina lattivit reale o possibile dellindividuo nel mondo sociale. (p. 26). Lattivit dellindividuo la modalit attraverso la quale latteggiamento e il valore nel concretizzarsi si manifestano, pur rinviando luno alla psicologia e laltro alla cultura sociale. Tuttavia, precisano gli autori, sostenere che i dati della teoria sociale sono gli atteggiamenti e i valori non vuol dire che si sia determinato sufficientemente l oggetto della sociologia. Se loggetto della sociologia fosse inteso in questo modo, esso avrebbe a che fare con qualsiasi aspetto della cultura umana. Invece, la sociologia deve essere distinta dalla psicologia, ma soprattutto dalla psicologia sociale. La sociologia pone a oggetto proprio quegli atteggiamenti che, prevalendo in un gruppo ed essendo espressione delle azioni degli individui, rinviano a regole di comportamento, pi o meno esplicite e formali,
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attraverso le quali il gruppo tende a mantenere, a regolare e a rendere pi generale e pi frequente il tipo corrispondente di azioni tra i suoi membri (p. 34). La sociologia infatti volta allo studio dellorganizzazione sociale. Cosicch, rispetto alla psicologia sociale, che, come la sociologia, sinteressa della relazione tra lindividuo e il gruppo sociale, e che prende in considerazione gli atteggiamenti dellindividuo verso tutti i valori culturali del gruppo sociale dato, la sociologia, invece, si rivolge a un tipo solo di questi valori, ossia alle regole sociali in rapporto con gli atteggiamenti individuali. Queste regole, che sono espresse dai costumi, dalle norme giuridiche, educative, dalle credenze ecc., e che appaiano in veste sistematica in istituzioni come la famiglia, la trib, la comunit, la libera associazione, lo stato, ecc. (p. 35), possono essere considerate come manifestazioni o indici di atteggiamenti condivisi da tutto il gruppo. Tuttavia, nello stesso tempo, lesistenza della regola sta ad indicare che vi sono atteggiamenti che possono deviare e non armonizzarsi rispetto al dettato espresso dalla regola. Ora, proprio perch la regola sentita come vincolante dai membri del gruppo, essa ha per ciascuno un certo significato, e costituisce un valore. Similmente, lazione stessa, sia che essa venga considerata riflessivamente in relazione alla regola dallindividuo che la compie o dagli altri, diviene anche un valore al quale concesso in varie forme un atteggiamento di approvazione o disapprovazione. Pertanto, sottolineano gli autori del Contadino polacco, le regole e le azioni considerate rispetto agli atteggiamenti p r o v o c a t i da esse sono analoghe ad ogni altro valore, come quello economico, artistico, ecc. Queste regole e le azioni ad esse conformi o non conformi, costituiscono sistemi pi o meno coerenti che possono essere detti istituzioni sociali, la cui totalit costituisce lorganizzazione sociale di quel gruppo. La sociologia si delinea cos come la teoria dellorganizzazione sociale. Una volta stabilito questo quadro di riferimento, occorre vedere come esso possa essere applicato a leggere la situazione sociale in cui si trovano gli immigrati polacchi nella societ americana, in un periodo caratterizzato da profonde trasformazioni. Gli autori hanno costruito un quadro teoretico di riferimento che deve consentire di coniugare in un unico processo dialettico il versante oggettivo e soggettivo dei fenomeni sociali. Infatti, esso deve essere in grado di spiegare come che un valore, o una norma, provochi negli individui reazioni diverse, oppure non sempre la medesima nello stesso individuo a seconda delle circostanze. Un valore nellinfluenzare gli individui di un gruppo particolare produce in essi un effetto pi o meno diverso in ciascuno; anche un unico individuo, a seconda dei momenti che attraversa, potr non essere influenzato sempre allo stesso modo dal medesimo valore. Per poter spiegare questi fenomeni, caratteristici dei momenti di crisi, come indubbiamente il caso degli immigranti polacchi, lanalisi sociologica non pu non tener conto degli individui, delle loro storie. Gli individui non reagiscono tutti allo stesso modo e questa loro diversit da porre in relazione non tanto o solo al mutamento sociale e/o alla complessit sociale quanto alla complessit della personalit umana.
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Non , dunque, sufficiente stabilire influenze causali ritenute vere in media, nella maggioranza dei casi, se qualcosa una causa, essa deve per definizione avere sempre e necessariamente lo stesso effetto, altrimenti non affatto una causa. (p. 40). Questo errore deriva dal fatto che non si tiene conto che la storia e la vita di ogni individuo diversa e che, quindi, gli individui non reagiscono tutti allo stesso modo alla medesima causa. Inoltre, il comportamento degli individui in funzione della definizione che questi danno della situazione in cui si trovano ad agire. N vale scomporre la complessit sociale negli elementi pi semplici per sperare di ritrovare la spiegazione degli effetti giacch la difficolt non dovuta alla complessit dei dati o dei fatti sociali ma dalla complessit del contesto su cui questi dati hanno influenza o in cui essi sono incorporati - cio sulla complessit della personalit umana. (p. 40). Del resto, ritenere come fanno i teorici sociali che un certo valore sociale sia la causa di un determinato comportamento individuale non esime affatto dal chiedersi perch questo valore produca un simile comportamento. Questa domanda non pu avere una risposta soddisfaciente e plausibile se non si tiene conto dellintero passato dellindividuo e del gruppo di appartenenza. Anche quando si cerca di spiegare un mutamento sociale come effetto delle azioni dei membri di un gruppo si ritrova una simile difficolt. Sia in un caso come nellaltro bisogna tener presente che la spiegazione di un comportamento come di un mutamento sociale deve comprendere sia elementi individuali sia elementi sociali. (p. 42). Di conseguenza il principio metodologico fondamentale della sociologia e della psicologia sociale il seguente: la causa di un fenomeno sociale o individuale non mai un altro fenomeno sociale o individuale isolato, ma sempre una combinazione di un fenomeno sociale e un fenomeno individuale. Oppure in termini pi precisi: la causa di un valore o di un atteggiamento non mai un atteggiamento o un valore soltanto, ma sempre una combinazione di un atteggiamento e di un valore. (p. 43). Se si vuole spiegare un comportamento si deve, perci, tener presente che questo si manifesta grazie allinfluenza di un certo valore, ma, nello stesso tempo, occorre tener conto che non avrebbe potuto subire questa influenza se non vi fosse stato un atteggiamento preesistente a cui il valore, in un certo qual modo, ha potuto far leva o si richiamato. Similmente, se si vuole spiegare il sorgere di un valore sociale occorre riconoscere che questo il prodotto dellazione degli individui, vale a dire di certi atteggiamenti che presiedono allazione. Ma, nello stesso tempo, quello non avrebbe potuto sorgere se non vi fossero stati valori preesistenti che ne hanno costituito il punto di partenza o di aggancio: Il nuovo valore il risultato della soluzione di un problema posto al tempo stesso dal valore preesistente e dallatteggiamento attivo; cio leffetto comune di entrambi. (p. 46). Lanalisi del mutamento sociale deve basarsi sullinterazione di questi due fattori: un atteggiamento, interagendo con un valore, dar inizio ad un nuovo atteggiamento e un valore, interagendo con un atteggiamento, far nascere un nuovo valore. Comunque gli atteggiamenti e i valori degli individui e dei gruppi si trovano sempre
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incorporati in situazioni pratiche attive con le quali lattivit e il comportamento devono accordarsi. Lindividuo, dunque, a seconda delle situazioni sociali che la sua vita attraversa si trova nella necessit di mediare atteggiamenti e valori sia nei suoi comportamenti come nelle sue attivit concrete. Ad illustrazione della loro proposta gli autori riportano il seguente esempio: sotto il comportamento tirannico del padre due individui possono reagire in modo diverso: il primo mostra sottomissione, il secondo invece cova la ribellione e il risentimento. Se si ritiene che la tirannia del padre sia lunica causa degli atteggiamenti dei figli occorrer conoscere i caratteri e le storie dei figli per spiegare leffetto diverso. Se invece si ritiene che la tirannia non sia lunica causa, ma un elemento comune che entra a far parte della composizione di due cause diverse occorrer ricercare gli altri elementi. Essi, suggeriscono gli autori, possono essere rintracciati in certi atteggiamenti che, confrontati con gli elementi emersi in altri casi simili, sono individuabili nella solidariet e nellaspirazione allo individualismo di modo che la causa dellatteggiamento di sottomissione latteggiamento di solidariet familiare insieme alla tirannia del padre; la causa dellatteggiamento di rivolta la tendenza allaffermazione di s insieme alla tirannia del padre. (p. 45). Ogni attivit e comportamento si delinea come una soluzione attinente la rappresentazione e la definizione che lindividuo o il gruppo danno di una situazione: La situazione linsieme di valori e di atteggiamenti con cui lindividuo o il gruppo ha rapporti in un processo di attivit, e rispetto ai quali progettata questattivit e vengono valutati i suoi risultati. (p. 61). La situazione cos la configurazione di diversi elementi che hanno a che fare 1) con le condizioni oggettive entro le quali gli individui e i gruppi si trovavo ad agire; 2) con gli atteggiamenti che preesistono negli individui e nei gruppi e, infine, 3) con la definizione della situazione, cio la concezione pi o meno chiara delle condizioni e la consapevolezza degli atteggiamenti, vale a dire con la capacit degli individui e i gruppi di collocarsi rispetto alle condizioni oggettive, i valori sociali e gli atteggiamenti che possono influenzare i loro comportamenti. La definizione della situazione la precondizione di un atto di volont, di unazione, giacch, come abbiamo visto, in condizioni date a seconda degli individui che sono coinvolti nelle situazioni sono possibili una molteplicit di azioni, e una concreta azione si pu attuare solo se tali condizioni vengono selezionate, interpretate e combinate in modo determinato. Esemplificano gli autori: Accade infatti che un certo valore si imponga da s immediatamente e senza comportare riflessione, conducendo subito allazione, oppure che un atteggiamento al suo presentarsi escluda gli altri e si esprima senza indugi in un processo di azione. In questi casi, i cui esempi pi radicali sono offerti da azioni automatiche e istintive, la definizione gi data allindividuo da condizioni esterne o dalle proprie tendenze. Ma in genere c un processo di riflessione in seguito al quale o si applica una
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definizione sociale gi pronta o viene elaborata una nuova definizione personale. (p. 62). Thomas e Znaniecki propongono una teoria in base alla quale il comportamento degli individui e il mutamento sociale possono essere spiegati attraverso la mediazione degli atteggiamenti dei soggetti agenti e dei valori socio-culturali. Il centro di questa mediazione il soggetto umano, ma il perno dellanalisi il rapporto individuo-societ, che individuato nella struttura della definizione della situazione attraverso la quale luomo definisce la realt sociale in cui egli agisce e la sua azione sociale si organizza in funzione della sua storia e della sua personalit sociale. Per valutare appieno come si configura la struttura della definizione della situazione, gli autori ci invitano a porci nella posizione del soggetto e a tener presente che lambiente di cui egli subisce linfluenza e al quale si adatta il suo mondo .. come egli lo vede, ed egli reagisce ad esso in funzione di questo suo modo di vederlo e, dunque, di definirlo in relazione ai suoi bisogni e ai suoi interessi: Il soggetto individuale reagisce soltanto alla propria esperienza; e la sua esperienza non comprende tutto ci che un osservatore assolutamente oggettivo potrebbe trovare nella porzione di mondo che si trova nel raggio di azione dellindividuo, ma soltanto ci che trova lindividuo stesso. E ci che egli trova dipende dai suoi atteggiamenti pratici verso il suo ambiente, dalle sue richieste e del suo controllo nei confronti di esso, dai desideri che egli si propone di soddisfare e dal modo in cui egli cerca di soddisfarli. Il suo modo si amplia quindi con lo sviluppo delle sue richieste e dei suoi mezzi di controllo, e il processo di questo ampliamento implica due fasi essenziali: lintroduzione di nuovi complessi di dati nella sfera della sua esperienza e la definizione di situazioni nuove allinterno di questi complessi. (vol. 2: 542). Lesperienza sociale dellindividuo si amplifica progressivamente e si organizza in relazione alla sua storia, biografia, di modo che egli perviene gradualmente a costruirsi una visione del mondo secondo i valori mediati dal gruppo e strutturati in funzione dei suoi bisogni e dei suoi mezzi di controllo. Lanalisi della storia di vita si rende quindi indispensabile proprio per chiarire il rapporto tra individuo e societ, che un rapporto in continuo divenire. H. Blumer in un saggio critico dal titolo An Appraisal of Thomas and Znanieckis The Polish Peasant in Europe and America del 1938, che sottolineava il mutato clima metodologico che era in atto in America nei confronti dellapproccio biografico, mise in rilievo come, da un lato, le teorie sociologiche esposte nellopera fossero stimolanti e plausibili, ma, da un altro, che le stesse non fossero sorrette n corroborate dal materiale biografico raccolto a loro sostegno. Blumer lamentava come non fosse possibile dalla semplice lettura dei documenti raccolti inferire la teoria sociologica elaborata per spiegarli e come fosse piuttosto questa ultima che consentiva di interpretare i documenti, che nelleconomia dellopera svolgono solamente un ruolo illustrativo. Per quanto nel suo saggio Blumer non misconoscesse
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il valore per lanalisi sociologica del significato soggettivo dei fenomeni sociali dei documenti biografici, tuttavia egli era dellidea che essi fossero inadeguati ed era dellopinione che essi potessero svolgere solo un ruolo ancillare o pre-scientifico nella ricerca. Blumer espresse un giudizio che allora era accettato e che fu condiviso per decenni dai metodologici accompagnando la sorte del metodo biografico in sociologia. Uno dei motivi della caduta in discredito dellapproccio biografico va ricercato nel fatto che lopera di Thomas e di Znaniecki indica chiaramente che un corretto discorso sul metodo non possa essere disgiunto dagli scopi della ricerca. Una comprensione del metodo biografico non pu non tener conto degli scopi e delle scelte del ricercatore giacch luso della biografia ne uno sviluppo. Ora, luso della biografia in sociologia comporta un doppio livello di analisi: quello che si riferisce allindividuo autore dellautobiografia o della narrazione della storia di vita, e quello dellindividuo-tipo: Lindividuo tipo disegna un sistema di aspettative relativamente a ci che si pu presumere da parte di un attore tipico in una situazione tipica (Schtz 1974). Lindividuo tipo infatti non parla solamente per s, ma anche per il contesto in cui si colloca: le vite degli individui sono certamente uniche ma la loro unicit [...] non dipende da fattori personali e inafferabili, ma dalla diversit delle mosse che possono effettuare individui collocati storicamente allinterno di mondi sociali collocati storicamente (Abrams 1983: 360). (Olagnero, Saraceno 1993: 13). La spiegazione sociologica richiede unesigenza comprensiva, che, senza venir meno ai criteri di scientificit, sia adeguata e sia vicina allesperienza degli attori sociali. E se come afferma P. Ricoeur che spiegare comprendere meglio, una storia di vita raccolta direttamente dal ricercatore in un rapporto dialogico non solamente una raccolta di opinioni o di informazioni anche una discussione nella quale il ricercatore elabora la sua propria interpretazione a ridosso di quella dello intervistato e con la sua collaborazione. In effetti lattivit interpretativa del ricercatore si svolge nellapproccio biografico secondo due momenti, che simplicano vicendevolmente, che non escludono affatto il ruolo che vi gioca lintervistato: il sociologo deve comprendere il senso della narrazione che raccoglie dallintervistato e deve interpretare questo senso nellorizzonte di una conoscenza generale dellorganizzazione sociale e dei rapporti sociali.

La dimensione comunicativa Thomas e Znaniecki e in genere la scuola polacca si sono avvalsi di un materiale autobiografico, ossia di autobiografie scritte appositamente e di documenti biografici, come lettere, ecc. Questi documenti o erano stati scritti direttamente su richiesta dei ricercatori, come il caso dellautobiografia di Wladek Wizniewski che chiude la ricerca su Il contadino polacco, oppure erano stati scritti per motivi indipendenti e
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che solo in seguito sono stati raccolti dai ricercatori. Accanto a questo genere di materiali vi sono le storie di vita raccolte direttamente dal ricercatore dalla viva voce dei soggetti intervistati. Queste storie di vita si dispiegano in una narrazione che , tuttavia, sorretta da un rapporto dialogico che sinstaura tra il soggetto narrante e il ricercatore in un momento dato. Come esemplifica Franco Ferrarotti a tale proposito: la biografia sociologica non soltanto un racconto di esperienze vissute, quanto anche una microrelazione sociale. [...] Ogni intervista biografica una interazione sociale complessa, un sistema di ruoli, di aspettative, di ingiunzioni, di norme e di valori impliciti, spesso anche di sanzioni. Ogni intervista biografica nasconde tensioni, conflitti e gerarchie di potere; fa appello al carisma e al potere sociale delle istituzioni scientifiche in rapporto alle classi subalterne, ne evoca le reazioni spontanee di difesa. Non si raccontano la propria vita e le proprie Erlebnisse a un magnetofono; le si raccontano a un altro individuo. Le forme e i contenuti di un racconto biografico variano con linterlocutore; essi dipendono dallinterazione che rappresenta il campo sociale della comunicazione. Si situano allinterno di una reciprocit relazionale. Lintervistatore non mai assente anche se gioca allassenza; egli sempre reciproco anche se apparentemente rifiuta qualsiasi reciprocit. Lillusione dellobiettivit nega la qualit interazionale del racconto biografico...[...] Il racconto biografico racconta una vita? Diremo piuttosto che esso racconta uninterazione presente mediante il tramite di una vita. (Ferrarotti 1981: 43-45). Ferrarotti enfatizza la raccolta della storia di vita come relazione sociale; a suo giudizio, infatti, essa si produce nellinterazione; al di fuori di questa complessa relazione tra ricercatore e soggetto narrante non sarebbe possibile raccogliere una storia di vita, vi sarebbe, piuttosto, un monologo, una autobiografia, tutto ci che non deve essere una storia di vita! La storia di vita avviene nella relazione, perch in questa sotto la guida e la promozione del ricercatore, mosso da un interesse conoscitivo, il sapere preteorico del soggetto, capace di agire e di riflessione, si concretizza nella narrazione e nel ricordo. Il soggetto narrante un soggetto concreto che sta di fronte al ricercatore in un rapporto interattivo, che li coinvolge in un unico processo di ricerca, in una con-ricerca. La storia di vita una narrazione che si stabilisce in un rapporto comunicativo che si avvale essenzialmente del linguaggio come strumento. Vi azione comunicativa secondo Jrgen Habermas quando qualcuno dice qualche cosa a qualcun altro, di modo che egli comprenda ci che viene detto (cfr. de Bernard 1993: 363-365). Nellapproccio biografico lagire comunicativo non si avvale del linguaggio che caratterizza le scienze ricostruttive (in cui si dice che cosa accade o non accade nel mondo, in cui si fa uso del linguaggio cognitivo che mira alla chiarificazione della relazione tra enunciato e stato di cose), bens si avvale del linguaggio che caratterizza lermeneutica in cui il comprendere ci che viene detto a qualcuno comporta di necessit una partecipazione allagire comunicativo: vi deve essere una situazione discorsiva (o per lo meno la si deve immaginare) nella quale un parlante esprime nella comunicazione con un uditore ci che egli pensa su qualche cosa
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(Habermas 1985: 28), il che implica che luso linguistico nella comunicazione non sia solo espressione di qualcosa, ma che sia anche condividere qualcosa con qualcuno. Lagire comunicatico si dispiega secondo la configurazione di tre relazioni il parlante, in quanto esprime la sua opinione, comunica con un altro membro della sua comunit linguistica su qualcosa nel mondo. Nella relazione comunicativa il parlante, specifica Habermas, non si riferisce soltanto a qualcosa sul mondo oggettivo, ma anche a qualcosa nel mondo sociale (come insieme di relazioni interpersonali regolate legittimanente) e a qualche cosa nel proprio mondo soggettivo (come insieme di esperienze vissute manifestabili, alle quali egli ha un accesso privilegiato). Di conseguenza, il comprendere ermeneutico che guida il ricercatore nellinterazione dialogica e nellanalisi della narrazione deve occuparsi contemporaneamente della triplice relazione di unenunciazione, che serva a) come espressione dellintenzione di un parlante, b) come espressione per istituire una relazione interpersonale fra parlante e uditore, e c) come espressione su qualche cosa nel mondo. (Habermas 1985: 29). Il ricercatore nella relazione comunicativa non si pone come un mero osservatore, ma si fa interprete; questo comporta delle conseguenze nellimpostazione metodologica dal momento che, come esemplifica Maura de Bernard che segue la prospettiva di Habermas, linterprete: 1. abbandona la superiorit della posizione privilegiata dellosservatore... (accettando) per principio il medesimo status di coloro le cui espressioni vuole comprendere (Habermas 1985: 31); 2. si trova dunque dinanzi al problema del modo in cui dominare la dipendenza della sua interpretazione dal contesto; 3. si trova confrontato con un linguaggio non meramente descrittivo, e con pretese di validit non cognitive, di modo che si pu affermare che uninterpretazione corretta non semplicemente vera, al pari di una proposizione che riproduce un dato di fatto... piuttosto... uninterpretazione corretta coglie, adegua o esplicita quel significato dellinterpretandum che gli interpreti devono comprendere (Habermas 1985: 32). (de Bernard 1993: 364). La storia di vita che si produce nellinterazione comunicativa, coinvolge direttamente il ricercatore nel processo di narrazione del soggetto narrante. E indubbio che questo rapporto sia difficilmente standardizzabile, giacch esso si ripresenta sempre come qualcosa di nuovo, che deve essere rimesso in atto tutte le volte che si stabilisce il rapporto e durante il suo svolgersi sia con il medesimo soggetto che con altri, e che, di conseguenza, ogni volta pu prodursi una situazione non completamente controllabile da parte del ricercatore. Questa maniera di
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raccogliere le storie di vita deve, dunque, far fronte ad un problema che consiste nel sapere dominare la dipendenza dal contesto al fine di pervenire ad interpretazioni rilevanti e valide. Secondo de Bernard tre sono almeno i requisiti che devono essere rispettati: 1. che loggetto specifico della ricerca sia ben definito e chiaramente delimitato in tutte le sue caratteristiche, per quanto possibile, fin dallinizio; 2. che il quadro delle ipotesi venga stabilito in precedenza, cercando anche di rendere esplicite le premesse dei ricercatori; 3. che la cornice, ovvero linsieme dei dati di sfondo di tipo oggettivo, entro cui inscrivere le risultanze dellapproccio biografico, sia studiata accuratamente. (de Bernard 1993: 365).

Alcuni problemi metodologici Un problema connesso allapproccio biografico quello di delimitare la realt o piuttosto il livello di realt che si cerca di conoscere attraverso le storie di vita, poich, a seconda di ci che si vuole conoscere, lapproccio biografico ricopre diversi progetti metodologici. Questi grosso modo ricoprono i seguenti domini: a) la ricerca rivolta alla conoscenza della personalit sociale di un individuo e/o di pi individui, linteresse conoscitivo pu concentrarsi sul contenuto della narrazione e/o delle narrazioni e procedere ad unanalisi comparativa; b) la ricerca mira ad attingere una conoscenza specifica di un particolare periodo storico, di un gruppo sociale, di avvenimenti e rappresentazioni sociali delimitate storicamente e spazialmente, ecc. Il soggetto narrante o testimone privilegiato degli avvenimenti oppure vi ha avuto un ruolo attivo. In questi casi la narrazione focalizzata e tende alla ricostruzione degli avvenimenti e delle situazioni e al ricordo degli stati di animo, dei progetti e delle aspettative che vi erano connessi; c) la ricerca mira a conseguire una comprensione originale di certe forme sociali, quali la vita quotidiana, la memoria familiare, ecc., che attinge direttamente dalla viva voce degli attori sociali intervistati; d) la ricerca mira a conoscere le modalit cognitive attraverso le quali il soggetto e/o i soggetti vivono e costruiscono le nozioni di tempo, di spazio, ecc. In questi casi lanalisi si concentra sugli aspetti formali della narrazione; e) la ricerca, infine, pu mirare alla ricostruzione integrale di una storia o di pi storie di vita al fine di conservare la memoria storica degli individui, oppure per analizzare comparativamente i cicli di vita che gli individui hanno attraversato a seconda delle diverse situazioni storiche. A giudizio di Daniel Bertaux lapproccio biografico presenta sette ordini di problemi che non trovano unanimit di risoluzioni presso i sociologi che si avvalgono di tale metodo. Essi sono: chi intervistare? ampiezza del campione, quanti?
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occorre essere direttivi o non direttivi? occorre raccogliere narrazioni complete o incomplete? come trascriverle? come analizzarle? come pubblicarle (cfr.Bertaux 1980: 207). Queste sette questioni, che a giudizio sempre di Bertaux risentono di difficolt che nascono da un retroterra che ha a che fare con lepistemologia neo-positivistica ancora presente come retaggio nei sociologi, non sono invero tali se collocate nel quadro metodologico di riferimento presentato. Infine, se ha senso parlare di metodo qualitativo a proposito delle storie di vita, questo non va ricercato nella proposta di una metodologia di ricerca che si pone in alternativa a quella quantitativa, ma va ricercato nel criterio di validit (che invero un problema di meta-metodologia) che pu essere riassunto con le parole di P. Ammassari nella capacit [degli strumenti di rilevazione, nel nostro caso dellapproccio biografico] ad accertare proprio, e non altro, il referente empirico del concetto cui si intende riferire(Ammassari 1984: 149); vale a dire di riferirsi ai significati che sono posti ad oggetto dellinterpretazione. Nellapproccio biografico, come in genere nei metodi qualitativi, divengono problema per il sociologo le relazioni che si istituiscono, grazie allapproccio seguito, tra concetti orientativi, materiali raccolti, significati emergenti da questi e dalla loro interpretazione.

L OSSERVAZIONE E LA RICERCA ETNOGRAFICA

Di solito una ricerca ha inizio e termine con losservazione. Con questa norma metodologica si vuole dire che la ricerca prende le mosse dalla costruzione e dalla raccolta dei dati che possibile ottenere tramite procedimenti osservativi e che a questi si debba ritornare al termine della stessa ricerca per verificare lattendibilit delle ipotesi e/o della teoria che vi hanno presieduto. Losservazione resa possibile da un orientamento concettuale che guida verso ci che deve essere osservato, delimitando il campo in cui calare di fatto il procedimento; possiamo dire che per osservare bisogna sapere che cosa osservare, ma bisogna anche saper osservare, vale a dire losservazione stessa una tecnica di raccolta dei dati indispensabili alla ricerca. Se, dunque, non sufficiente immergersi in un campo sociale per osservare senza sapere che cosa osservare, nello stesso tempo non
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neppure sufficiente sapere che cosa osservare senza che losservazione si dispieghi in ottemperanza a dei criteri propri della metodologia, per quanto essa richieda doti ed abilit particolari nellosservatore-ricercatore. Possiamo chiederci: perch un ricercatore sceglie una tecnica particolare di rilevamento piuttosto che unaltra? Sceglie, ad esempio, losservazione piuttosto che il questionario. A questa domanda possibile dare diverse risposte, tra le quali non da sottovalutare quella che privilegia la disposizione del ricercatore verso questa tecnica piuttosto che unaltra. Qui ci limitiamo ad argomentare una risposta che tiene presenti i seguenti elementi: chi sceglie innanzitutto un sociologo, vale a dire un ricercatore che ha una particolare formazione e che segue un particolare modo di intendere e di fare sociologia, di accostare e di trattare quelli che sono i fenomeni sociali. Infatti, attraverso il metodo dellosservazione, in ispecie di quella partecipante, ci che viene portato ad oggetto sono le visioni che le persone hanno del mondo, come queste si manifestano nelle loro pratiche quotidiane, nelle interazioni, negli incontri e nelle diverse occorrenze che creano e ricreano ininterrottamente le diverse forme sociali di vita. Il ricercatore non solo si fa interprete della vita sociale degli individui che raggiunge calandosi nel loro ambiente naturale di vita (condividendone gli stili, i linguaggi, i modi e le pratiche sociali, ecc.), ma, in un certo senso, d a loro la parola, si mette dalla loro parte, dal loro punto di vista rendendo conto del corso naturale degli avvenimenti che si svolgono nellunit sociale presa come caso da analizzare. Inoltre, losservazione pu svolgere, a seconda del tipo di ricerca, una funzione esplorativa, avendo il ruolo di uninchiesta preliminare di preparazione del materiale, che costituir la base della ricerca portata a compimento con un altro metodo. Di solito il sociologo che si avvale dellosservazione come metodo di indagine adotta un atteggiamento di scoperta; egli si immerge nella realt che prende ad oggetto, che pu essere una comunit, un gruppo, un quartiere, unindustria, un reparto di ospedale, ecc., al fine di reperire di prima mano tutte le informazioni che fanno al caso, convinto che queste entit sociali non possano essere indagate se non nellambiente sociale del loro svolgersi naturale. Egli, dunque, segue criteri che possono essere sintetizzati nei seguenti punti: 1. procedimento induttivo: raccolta di informazioni, dati, osservazioni, interviste senza la guida di ipotesi specifiche. Le generalizzazioni descrittive sono condotte a partire dallinsieme delle conoscenze raccolte ed emerse nellindagine, senza lintento di procedere ad una loro successiva verifica in funzione di unipotesi o di una teoria. La formulazione di eventuali ipotesi segue lindagine stessa. 2. atteggiamento di ascolto: la ricerca, non essendo guidata n da una teoria, n da unipotesi, n da un protocollo particolare di osservazione, mira a cogliere le persone nel loro ambiente naturale, nello svolgimento delle loro attivit e pratiche sociali quotidiane nel momento stesso i cui si manifestano, ed eventualmente a collocarsi dal loro punto di vista. 3. finalit descrittiva: losservazione volta alla descrizione di ci che avviene nellambiente naturale in cui gli individui si muovono gli uni verso gli altri secondo
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situazioni ed interazioni a cui loro stessi danno luogo o che concorrono a produrre e a riprodurre. 4. finalit comparativa: losservazione mira allanalisi di un caso unico, tuttavia, pu essere ripetuta per lo studio di altri casi consentendo cos la comparazione e generalizzazioni comparative dei medesimi. Nellosservazione il ricercatore si pone direttamente di fronte alla realt sociale che assume ad oggetto della sua ricerca. Egli non pu starsene, per cos dire, allesterno della medesima o interpretare informazioni e/o dati che altri gli procurano o hanno procurato; egli deve direttamente, di prima mano, raccogliere quei dati e quelle informazioni che sono oggetto di osservazione e non pu farlo se non a contatto diretto della realt sociale che assume ad unit della sua indagine. Egli, in altre parole, deve entrare in relazione con gli altri, in un contatto corpo a corpo e, pertanto, la conoscenza si dispiega in una relazione interattiva e comunicativa. Modello del metodo osservativo la ricerca etnografica o ricerca sul campo.

La ricerca sul campo o etnografica Letnografo lascia la propria societ per collocarsi fisicamente in una comunit indigena, diversa dalla sua sia per la cultura che per la organizzazione sociale della vita. Egli, dunque, si trova come estraneo in una comunit che non la sua, in una situazione di spaesamento. Egli deve entrare in contatto con gli altri, farsi accettare dagli altri, essendo, a sua volta, oggetto di pregiudizi e di osservazione. Il suo lavoro sul campo lo coinvolge non solo intellettualmente ma anche esistenzialmente, e questa esperienza esistenziale diviene essa stessa elemento e strumento di conoscenza. Cosicch la sua conoscenza procede non in modo lineare per accumulazione, ma si costruisce lentamente tra continue revisioni e correzioni in stretto rapporto con levolversi della sua esperienza e delle sue pratiche comunicative. Questo rapporto tra conoscenza e conosciuto, tra concetti che guidano losservazione e raccolta dei dati, che predispongono a nuovi concetti o che mettono in crisi i precedenti, si svolge durante la ricerca sul campo di modo che il giornaliero lavoro di raccolta e di osservazione pu spingere a una revisione dellorientamento teoretico, che era alla base dellindagine stessa. La ricerca sul campo il laboratorio dellantropologia. Letnografo, come si accennava, deve interpretare una cultura totalmente diversa dalla sua, deve calarsi in essa, trovarne il filo che lo guidi a dipanarla, superare difficolt impensate, superare difficolt di comprensione e di comunicazione nel caso in cui non conosca la lingua indigena, ecc. Possiamo cos comprendere come a contatto diretto della cultura che traspare nei comportamenti e nelle pratiche degli indigeni, lorientamento teoretico che deve guidare la ricerca sul campo e che letnografo ha maturato precedentemente, ancor prima di partire per il terreno, possa saltare a contatto della realt etnografica. Tuttavia, lindagine sul campo si sviluppa secondo un disegno:

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a) preparazione della ricerca e della spedizione con lacquisizione di tutte le conoscenze e informazioni possibili e indispensabili relative alla comunit oggetto di studio; b) inserimento nella comunit ospitante. Questo momento particolarmente delicato e pieno di insidie. Letnologo una persona estranea, egli visibile agli altri, oggetto di reazioni o di indifferenza, ecc.; c) letnografo per poter svolgere la sua ricerca deve essere accettato dalla comunit, questa fase richiede a volte molto tempo; d) una volta accettato dagli indigeni, letnografo pu prendere parte alle attivit, alle pratiche sociali, divenire un confidente degli indigeni, condividere momenti particolari della vita sociale, dei riti, ecc.: osservazione partecipante; e) raccolto il materiale sul campo, spesso con procedure diversificate, letnografo deve procedere alla loro interpretazione e alla stesura della monografia etnografica. Letnografo che lascia la propria societ per calarsi in quella degli indigeni, si trova insieme decentrato e distante sia rispetto alla propria che allaltrui cultura, egli deve saper trasformare questo duplice movimento in pratica conoscitiva: laltro conosciuto in una situazione di estraneit, di distanza, di distacco; letnografo condivide con laltro la comune appartenenza culturale allumanit. Pur rimanendo allinterno della propria cultura, letnografo deve saper uscire dalla propria per calarsi in quella dellaltro al fine di rendere conto dellaltra, ma non pu che farlo se non nei termini della propria. Questopera di traduzione pone letnografo di fronte ad entrambe le culture e lo aprono al confronto, lo spingono ad interrogarsi non solo sulla cultura altra, diversa dalla sua, ma anche sulla propria. In questo dialogo, in questa dialettica che media continuamente laltro e il medesimo, il vicino e il lontano, il locale e il globale, consiste il dominio dellantropologia. Nellosservazione partecipante, che caratterizza la ricerca sul campo, conoscere essere capaci di entrare in dialogo con laltro; il conoscere si dispiega come una relazione che include in un unico sistema osservatore e osservato. E questo spazio che viene ad occupare loggetto dellindagine antropologica. Non si pu infatti pensare che esso sia dato a priori, che possa preesistere allosservazione, al contrario! Esso corrisponde piuttosto a un processo di costruzione in cui loriginaria concettualizzazione e delimitazione empirica di un dominio della realt sociale da parte delletnografo si confronta con linsieme delle influenze e dei diversi dati e osservazioni che caratterizzano il campo nel rapporto quotidiano con i nativi. In altre parole, loggetto antropologico una costruzione che si sviluppa nellinterazione comunicativa e dialogica. La conoscenza antropologica non si sviluppa secondo un modello, che presupposto, in base al quale gli indigeni fungono solo da informatori e letnografo da interprete attivo, di colui che interpreta e conosce i significati della loro vita sociale e culturale, i loro riti, i costumi ecc., come se gli indigeni non ne fossero gli artefici, i depositari, gli interpreti; come se i significati e i valori non fossero incorporati nella loro stessa vita. Occorre, invece, rifarsi ad un modello secondo il quale loggetto e la conoscenza corrispondente si costruiscono nelle interazioni che la comunicazione e losservazione mediano e che letnografo via via viene ad interpretare ed elaborare. Intesa in questo modo, la raccolta dei dati si
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adegua alla realt del campo, vale a dire ai rapporti che si vengono a stabilire tra i soggetti e si dispiega di conseguenza. Come esemplifica Dan Sperber Un etnografo non si accontenta di osservare per esempio dei sacrifici. Interroga, ascolta le conversazioni. Anche quando testimone di qualche sacrificio, sar quanto ha sentito che render intelligibile quanto ha visto. Ripensa a quanto ha sentito e visto; cerca di immaginare cosa pu voler dire il sacrificio, quale stato danimo questo esiga, quale umore questo potrebbe evocare. Cerca di accordare ci che pensa che gli altri pensino a ci che egli pensa che penserebbe se fosse veramente uno di loro. Il lavoro delletnografo consiste sia nel riunire sia nel produrre personalmente rappresentazioni. Interpretare queste rappresentazioni, cio riferirle in modo indiretto ma, per quanto si pu, fedele, un modo evidente di trasmettere ci che egli ha imparato. (Sperber 1984: 36). Questo lavoro che letnografo conduce sul campo deve tradursi nel rapporto finale, nella monografia etnografica, in una pratica di scrittura che non venga meno o non tradisca la pratica dellindagine sul campo. Nella scrittura deve farsi interprete della stessa pratica del campo, il compito delletnografo quello di rappresentare il processo di ricerca nel prodotto della ricerca; quello di scrivere unetnografia in modo tale da stabilire un rapporto intelligibile tra le proprie interpretazioni duna certa societ, una certa cultura, un certo modo di vita o altro, da un lato e, dallaltro, gli incontri con chi, di quella societ, cultura, modo di vita membro, portatore, rappresentante o comunque partecipe. (Geertz 1990: 9091).

ESEMPI DI RICERCHE

La ricerca ha lo scopo di ampliare o di migliorare la nostra conoscenza della realt. Il primo grado di conoscenza la descrizione dei fenomeni che sono oggetto di ricerca. Per descrivere occorre sapere sia che cosa descrivere sia come osservare; infatti, scopo della descrizione quello di raccogliere informazioni sulla realt che portata ad osservazione e che , cos, resa disponibile alla descrizione. La realt o la porzione della realt che portata ad osservazione quella sociale e la sua delimitazione richiede limpiego di concetti descrittivi, analitici, che pur non stando per le realt, rappresentano qualit delle realt concrete portate ad oggetto di osservazione. I due esempi riportati, che costituiscono due case studies, presentano modalit e occasioni diverse relative alla conoscenza descrittiva in sociologia. Il primo, ripreso da un saggio di Erving Goffman, prende le mosse da una verifica critica della nozione sociologica di ruolo a partire dalla messa a punto di uno schema analitico di
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riferimento allinterno del quale calare losservazione per attingere le informazioni necessarie alla formulazione della nozione di distanza dal ruolo e, insieme, addurre i criteri della sua giustificazione e validit. Il secondo esempio prende le mosse da unosservazione occasionale fatta a Mosca in anni recenti, 1991, da Jacques Coenen-Huther che gli offre lo spunto per una ricerca imprevista sulle code che si formano nei posti di vendita al pubblico: La coda parte integrante del sistema di distribuzione sovietico; il suo simbolo dellinefficienza, della rigidezza burocratica e dellincapacit di adattarsi ai bisogni dei consumatori. A questo proposito vorrei riferire alcuni episodi osservati recentemente sulla base di una riflessione fatta precedentemente sui processi di osservazione e di interpretazione che sostengono il ragionamento sociologico. Questo saggio di sociologia mette, inoltre, in luce i pericoli a cui pu incorrere losservazione partecipante che si limiti e che si accontenti a registrare i comportamenti cos come essi appaiano o a registrare le ragioni esposte dagli attori sociali ai loro comportamenti. Il saggio, quindi, ribadisce che losservazione, come tecnica di rilevamento dei dati e delle informazioni, deve procedere ad osservazioni ripetute, che gli informatori e le fonti delle informazioni devono essere diversificati e che si deve porre a confronto i diversi punti di vista e le diverse definizioni di una stessa situazione.

GOFFMAN: distanza dal ruolo Erving Goffman nel saggio Distanza dal ruolo contenuto nellopera Encounters. Two Studies in the Sociology of Interaction, 1961, (tr. it. 1979, Espressione e identit), approfondisce un aspetto del concetto sociologico di ruolo, quello di distanza dal ruolo. Dopo aver constatato che lanalisi sociologica si interessa in generale pi a categorie di persone che a individui concreti colti nel loro ambiente naturale di vita sociale, distingue tra ruolo ed esecuzione di ruolo ed su questo aspetto che conduce la sua analisi ponendo lo svolgimento di ruolo allinterno di un sistema situato di attivit. Un ruolo situato un fascio di attivit eseguite in maniera visibile davanti a un gruppo di altre persone e mescolate in modo visibile allattivit svolta da queste altre persone (Goffman 1979: 95). Egli delimita analiticamente metodologicamente il quadro entro cui condurre losservazione, vale a dire egli conduce la sua analisi sui ruoli che si realizzano in uninterazione faccia a faccia, assunta come unit dellanalisi. Nello svolgimento delle attivit connesse al ruolo, nel quadro delle situazioni faccia a faccia, lindividuo esprime inevitabilmente qualcosa di se stesso, presenta unimmagine di s, consapevolmente o inconsapevolmente, rende disponibili delle informazioni relative alle qualifiche che possono essergli attribuite e quindi alle categorie in cui pu essere collocato, che egli non pu controllare completamente (Goffman : 104). Ma lindividuo non resta passivo di fronte al prodursi di potenziali significati che lo riguardano, bens partecipa attivamente a sostenere una definizione della situazione che sia stabile e coerente con limmagine che ha di s (Goffman: 104). Tuttavia, nei sistemi di interazione faccia a
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faccia, sempre presente il rischio che non si realizzi questa congruenza di aspettative e di assegnazione di attributi, sebbene lindividuo possa assumere una distanza dal ruolo che non tanto una negazione del ruolo quanto del s virtuale implicito nel ruolo stesso. Cos un bambino di cinque anni, che sulla giostra cavalca in modo disinvolto un cavallo, e a cui non pi sufficiente, data la sua et, essere coinvolto nel ruolo di cavaliere come, invece, pu esserlo a un bambino di et inferiore, prende una certa distanza dallattivit che svolge pur svolgendo il ruolo di cavaliere. Questo comportamento disinvolto del piccolo cavaliere, che sia intenzionale o meno,, rappresenta un cuneo fra lindividuo e il suo ruolo, fra fare e essere (Goffman: 107). Lindividuo ha, dunque, la capacit di prendere una distanza dal ruolo attraverso la quale egli mostra di essere in grado di svolgere un ruolo in generale come di comunicare un certo sprezzante distacco... da un ruolo che sta svolgendo (Goffman: 111).

Sistema situato di attivit di ruolo Come esempio iniziale di sistema situato, vorrei attingere a qualche breve osservazione sulle giostre. Da certi punti di vista, qualsiasi corsa su una giostra offerta da qualcuno ci fornisce un esempio di ununit sociale naturale ed oggettiva, di un circuito di attivit, a condizione che seguiamo la corsa lungo tutto il suo ciclo di eventi che coinvolge una folla di persone, ciascuna delle quali si procura un biglietto e lo utilizza insieme agli altri nella stessa corsa. Come accade spesso per i sistemi situati di attivit, il fondamento dellunit costituito da un insieme di operazioni meccaniche e da un obiettivo amministrativo. E tuttavia in questo spazio si collocano delle persone e ne viene fuori qualcosa di organico. C un orientamento reciproco dei partecipanti e (certo entro certi limiti) avviene una funzione della loro attivit. Come per qualsiasi interazione diretta, si creano molte possibilit di comunicazione e di feedback comunicativo attraverso una molteplicit di segnali, attraverso un flusso e riflusso di risposte emergono controlli quasi omeostatici. Non appena la corsa comincia, c una circolazione di sentimenti fra i partecipanti e pu emergere un alone di coinvolgimento, con oscillazioni collettive relative allintensit, alla qualit e alloggetto del coinvolgimento. Pu essere quindi utile guardare ad ogni corsa come ad un esempio o ad un elemento di un sistema con un suo aspetto di chiusura e di autonomia. E questo vero anche se sappiamo che questo episodio della realt resta inserito nellattivit quotidiana della giostra, nel livello di divertimento che si raggiunge al luna-park nel suo complesso, nella stagione del luna-park e nella comunit da cui provengono i clienti della giostra, esattamente come vero che, alluomo che fa andare la giostra, una singola corsa pu sembrare nulla pi che un frammento tra gli altri della sua giornata di lavoro. Alcuni dei concetti introdotti precedentemente sulle posizioni e sui ruoli sono applicabili, con gli opportuni mutamenti, ai circuiti situati di attivit. Nel caso della giostra vi certamente una differenziazione di ruoli: quelli che vanno sulla giostra; quelli che stanno a guardare; e quelli che fanno andare la macchina. Inoltre, un ruolo
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in un sistema del genere implica effettivamente unimmagine di s anche ben definita. Per chi va sulla giostra, per esempio, il s che lo aspetta comporta una porzione infantile di coraggio e di controllo muscolare, una porzione infantile di virilit, e spesso lo status di bambino. Cos sappiamo anche che i bambini possono finire per sentirsi attaccati a questo ruolo, dal momento che strilleranno al momento di essere strappati al loro cavallo. Inoltre, certi concetti, come quello di funzione, possono essere applicati a un circuito situato di attivit forse meglio che altrove, poich qui abbiamo almeno a che fare con un sistema di attivit concreto dai contorni netti e ben definiti. Lapplicazione di altri concetti di ruolo ai sistemi situati di attivit va esaminata con pi attenzione. A che cosa pu sentirsi impegnato un bambino, per esempio, quando sale sul cavallo? Venendo al parco dei divertimenti, il bambino rinuncia a divertirsi in un altro modo in quella giornata. Pagando il biglietto, impegna una parte del suo potere di acquisto, ma una parte che, anche per lui, pu essere modesta. E dal momento in cui la macchina parte, egli pu trovarsi impegnato a finire la corsa, nel senso in cui una persona che pilota un aereo ha un impegno a eseguire il suo compito finch non c stato latterraggio. Ma nellinsieme limpegno di chi sale sulla giostra piccolo. Cos egli pu trovare facilmente la maniera di rivestire il ruolo o di spogliarsene. I1 ruolo delladdetto alla giostra potrebbe comportare un impegno maggiore, dato che questo ruolo non solo eseguito regolarmente, ma anche eseguito, per lo pi, da un esecutore regolare. Con la sua attuale scelta di lavoro, laddetto pu in effetti essersi escluso automaticamente dai canali di reclutamento che portano ad altri tipi di lavoro. I1 denaro che pu guadagnare col lavoro, pu essere inoltre impegnato al mantenimento della sua famiglia, e il suo bilancio pu essere pianificato sulla base del presupposto che egli continuer a gestire la giostra. Rispetto agli individui che cavalcano i suoi destrieri, perci, egli impegnato nella sua posizione e ci si trova imprigionato dentro. Ma tutto questo non vuoi dir molto ed un risultato dellanalisi di ruolo tradizionale. Se laddetto alla giostra un dipendente del parco di divertimenti, allora egli impegnato ad eseguire qualche lavoro connesso allazienda. Ma nellambito del contesto formale dellorganizzazione, egli in realt pu mutare il suo ruolo situato; gestendo un giorno il baracchino dei dolci e dei popcorn e il giorno dopo la giostra; e certe giornate magari tutte e due le cose. Nonostante che questi avvicendamenti comportino un mutamento radicale dei compiti che egli esegue e un mutamento interno nel sistema di attivit situata in cui questi compiti si dispongono, possibile che la sua situazione nella vita gli appaia poco mutata. Anche nel caso che la concessione sia sua e che egli abbia investito tutti i suoi soldi nella giostra, non ne consegue necessariamente che egli si senta impegnato nel ruolo di farla funzionare: basta che si impegni a pagare qualcuno per eseguire il ruolo, e che abbia i soldi per farlo. Ma il vantaggio di studiare i sistemi situati di attivit non sta nella possibilit di applicare a questi contesti situazionali i tradizionali concetti di ruolo, bens nel fatto che i complessi fattori del comportamento concreto possono essere esaminati e non
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elusi. Laddove il contenuto sociale di un sistema situato esprime fedelmente, come in miniatura, la struttura dellorganizzazione sociale pi ampia in cui si colloca, allora c poco da mutare nellanalisi tradizionale del ruolo; i ruoli situati sarebbero semplicemente il nostro mezzo di campionamento, per esempio, dei ruoli professionali o istituzionali. Ma dove si manifesta una discrepanza, noi ci troviamo nella condizione di tenerne il debito conto (Goffman 1979:

Distanza dal ruolo Un cavallo da giostra un oggetto di una certa dimensione, di una certa altezza e che si muove in un certo modo; e se il percorso sempre al coperto, pu essere tuttavia molto assordante. I bambini americani di due anni appartenenti alla classe media spesso non sono affatto attratti dalla prospettiva. Si ribellano allultimo momento ai loro genitori perch non vogliono farsi legare con una cinghia, in un contesto in cui si sperava che avrebbero dimostrato di essere degli ometti. Qualche volta diventano furiosi a met corsa, e si deve fermare la giostra per portarli via. Qui ci troviamo di fronte ad una delle possibilit classiche della vita. La partecipazione a qualunque circuito di attivit faccia a faccia esige che il partecipante mantenga il dominio di s, sia come persona capace di eseguire dei movimenti fisici, sia come persona capace di ricevere e di trasmettere comunicazioni. Se si presi dallagitazione, si diventa incapaci di conservare luno o laltro dei due tipi di dominio di s, e si mette in difficolt il sistema. Ogni partecipante ha quindi il compito di mantenere il proprio dominio di s, e uno o pi partecipanti hanno spesso il compito speciale di modulare lattivit in modo da garantire lequilibrio degli altri. In molti sistemi situati, naturalmente, ogni situazione gestita in modo che questi pericoli non si presentino. Ma non esiste sistema in cui queste difficolt non possano sorgere, e certi sistemi, come quelli di un reparto chirurgico, forniscono probabilmente unoccasione ottima per studiare queste situazioni. Cos come capita che un bambino su una giostra venga squalificato durante la corsa perch si mostra incapace di stare sul cavallo, cos un altro pu essere tolto dalla sua sella perch non ha il biglietto o perch, in assenza dei genitori, i gestori hanno paura che si faccia male. Esiste dunque unovvia distinzione fra requisiti per candidarsi a un ruolo e i requisiti per una buona esecuzione, una volta che il ruolo stato conferito. A tre o quattro anni, stare su un cavallo di legno costituisce ancora un compito difficile, ma che evidentemente possibile affrontare, che riempie di orgoglio per la dimostrazione di abilit che consente. Non occorre pi che i genitori seguano il bambino, standogli accanto per proteggerlo. I1 bambino si getta nel ruolo con seriet, eseguendolo con passione e con un impiego dichiarato di tutte le sue capacit. Ogni volta che girando passa accanto ai genitori, il bambino si stacca prudentemente con una mano per salutare con un sorriso risoluto o un bacio (questo, incidentalmente, un esempio di azione che fa tipicamente parte di un ruolo senza esserne un aspetto
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obbligatorio). Qui dunque fare essere, e quello che avevamo chiamato giocare a ha il marchio della realizzazione seria. Cos come lagitazione una classica possibilit di tutti i sistemi situati, altrettanto lo la seriet con cui vanno sulla giostra questi bambini di tre o quattro anni. Tre sono le questioni che sembrano essere rilevanti: un attaccamento confessato ed espresso al ruolo; la dimostrazione di possedere requisiti e abilit per eseguirlo; un impegno attivo o coinvolgimento spontaneo nellattivit di ruolo in questione, cio un investimento visibile di attenzione e di sforzo muscolare. Quando tutti e tre questi aspetti sono presenti user il termine assorbimento. Assorbire un ruolo significa scomparire del tutto nel s virtuale fornito dalla situazione, esporsi alla percezione altrui esclusivamente attraverso la propria immagine e confermare espressivamente la propria accettazione di essa. Assorbire un ruolo significa essere assorbito da questo. Esempi particolarmente efficaci di assorbimento totale li troviamo in certe professioni: allenatori sportivi-durante partite di baseball; vigili addetti al traffico in incroci ad ore di punta; addetti alle segnalazioni di atterraggio che indicano il punto di atterraggio su una portaerei: di fatto, ogni persona che occupa o gestisce un ruolo in cui lesecutore deve guidare altri per mezzo di segnali gestuali Un individuo pu ostentare assorbimento di un ruolo allo scopo di nascondere la sua mancanza di attaccamento al ruolo stesso, proprio come pu ostentare un visibile disprezzo per un ruolo, rifiutando per tre volte la corona reale, allo scopo di difendersi dai pericoli psicologici del suo effettivo attaccamento ad esso. Certo un individuo pu anche essere attaccato a un ruolo e non essere in grado di assorbirlo, come quando un bambino non riesce a esibire il biglietto o non capace di stare attaccato al cavallo. Ritornando alla giostra, vediamo che a cinque anni la situazione si trasforma, specie per i maschi. Essere un bambino che va sulla giostra evidentemente non basta pi e questo va dimostrato per il dovuto riguardo al proprio personaggio. Ai genitori non si consente di stare accanto e le cinghie di sicurezza vengono spesso disdegnate. Un bambino pu seguire il tempo della musica battendo i piedi o le mani sul cavallo, primo segno di controllo totale della situazione. Un altro pu fare un cauto tentativo per rizzarsi in piedi sulla sella o per cambiare cavallo senza toccare la piattaforma. Ancora, un altro pu tenersi stretto al sostegno con una mano, buttarsi indietro il pi possibile e guardare il cielo come per sfidare il capogiro. Qui inizia lirriverenza e allora ci si pu tenere al cavallo stringendo lorecchio di legno o la coda. Con questo il bambino vuoi dire: qualunque cosa io sia, non sono semplicemente qualcuno che riesce appena a stare su un cavallo di legno . E da osservare che il bambino non si scusa di qualche piccolo fastidioso incidente, emerso nellinterazione, ma di tutto quanto il ruolo. Limmagine che si crea di lui per la routine che viene dalla sua semplice partecipazione (il suo s virtuale nel contesto) unimmagine dalla quale egli chiaramente si ritrae manipolando attivamente la situazione. Che questo suo comportamento lezioso sia intenzionale o non intenzionale, sincero o ostentato, valutato correttamente dagli altri presenti oppure no, esso rappresenta un cuneo fra lindividuo e il suo ruolo, fra fare e essere. Chiamer distanza dal ruolo questa separazione netta che viene espressa efficacemente fra lindividuo e il suo ruolo
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putativo. Il termine dunque un po ellittico: lindividuo in realt non nega il ruolo, ma il s virtuale che implicito nel ruolo per tutti gli esecutori che lo accettano. In ogni caso, il termine distanza dal ruolo non si riferisce per noi a ogni comportamento che non contribuisca direttamente al nocciolo centrale di compiti di un determinato ruolo, ma indica quei comportamenti percepiti da uno dei presenti come rilevanti per una valutazione dellattaccamento dellattore al proprio ruolo particolare, e rilevanti al punto di suggerire che lattore provi una certa disaffezione e resistenza rispetto al ruolo. Cos, ad esempio, un bambino di quattro anni che si trova nel bel mezzo di unesecuzione trionfante come cavaliere di giostra pu, qualche volta, uscire di gioco, abbandonando, nellespressione e nei modi, ogni pretesa di confermare il suo s virtuale; tuttavia egli pu abbandonarsi a questa vacanza dal ruolo senza unintenzione apparente, e questa vacanza riflette pi la sua capacit di sostenere un ruolo in generale, che non il suo stato danimo in rapporto al ruolo del momento. N si pu parlare di distanza dal ruolo se il bambino si ribella e rifiuta totalmente il ruolo, troncandolo con uno sbuffo, perch quello che si pu comunicare intorno al proprio s tenendo un po a distanza un ruolo non ha niente a che fare con quello che si comunica rinunciando al ruolo. A sette-otto anni il bambino si dissocia con imbarazzo dal genere di cavaliere che una giostra gli consente di essere, e trova anche che molte delle cose che usano fare i pi piccoli sono ormai al di sotto del suo livello. Cos cavalca senza mani, sceglie allegramente come destriero una tigre o un ranocchio, stringe le mani di un amico salito sullaltra fila. Saggia i limiti fin dove pu arrivare e le sue buffonate rischiano di procurargli delle sanzioni negative da parte delladdetto alla giostra. E ancora abbastanza giovane per mostrare distanza, portando avanti la faccenda con una competenza annoiata e noncurante, tenendo negligentemente in mano un pezzo di cioccolato. A undici o dodici anni, la virilit per il ragazzo diventata una vera responsabilit, e una giostra non sembra offrire facili schemi di distanza dal ruolo. Bisogna non andarci, oppure esercitare degli atti creativi di distanziamento, come quando un ragazzo tratta scherzosamente il suo cavallo di legno come se fosse un vero cavallo da corsa: si fa sballottare su e gi, si sporge oltre la testa del cavallo, gli caccia senza riguardo i tacchi nei fianchi, usa le redini come una frusta per farlo correre di pi, frenandolo con brutalit quando la corsa finita. E ormai troppo grande e pu conseguire distanza dal ruolo solo definendo lintera faccenda come uno scherzo, una situazione di cui beffarsi.[...] Si possono fare delle osservazioni generali sulla distanza dal ruolo nel caso delle giostre. In primo luogo, sebbene cavarsela con un cavallo da giostra cessi presto nella nostra cultura di essere un compito dello sviluppo di qualche difficolt, il compito di manifestare che non lo continua per lungo tempo ad esigere attenzione e rimane una necessit sentita. Qui bisogna capovolgere in un certo senso le leggi distanza dal ruolo stato introdotto per descrivere atti che comunicano efficacemente un certo sprezzante distacco dellesecutore da un ruolo che sta eseguendo (Goffman 1979:

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Sopravvivere al quotidiano in Russia J.Coenen-Huther, nel suo saggio Sopravvivere al quotidiano in Russia, inizialmente delimita il contesto dellosservazione per poi descrivere il caso da cui ha preso corpo la sua ricerca: Le situazioni su cui si basa lanalisi furono vissute secondo il metodo dellosservazione partecipante e furono oggetto di vari colloqui con interlocutori locali, durante un soggiorno di quattro settimane a Mosca. [...] Fui ospitato da una famiglia moscovita non abituata ai contatti con il mondo occidentale, in un edificio che aveva ancora parecchi appartamenti comunitari. Quindi non ebbi difficolt a rimanere al di fuori dei luoghi abitualmente frequentati dagli stranieri. Inoltre, poich avevo deciso di organizzare la mia vita quotidiana secondo il bilancio mensile medio di un cittadino sovietico, un certo numero di beni e di servizi furono per me finanziariamente fuori portata. In queste condizioni, la gerarchia delle preoccupazioni si modifica molto velocemente e ci si immerge rapidamente nella societ locale. Per cogliere meglio il significato dei fatti qui riportati, occorre poterli collocare nel loro contesto organizzazionale. In particolare, bisogna conoscere la procedura di vendita al dettaglio che la pi praticata nei negozi di Stato. Prima di tutto si fa la coda nel reparto per poter fare l ordine. Poi, si fa la coda alla cassa per pagare gli articoli ordinati. Dopo di che, si ritorna nel reparto per avere la merce che viene consegnata mostrando la ricevuta di cassa. Si raggiunge cos molto presto, globalmente, ad unattesa di mezzora per un solo articolo di consumo corrente. Questa procedura standardizzata ha qualche variante. Alle volte ci si potr accontentare di dire alla cassiera lammontare globale da pagare, altre volte bisogner elencare gli articoli. O ancora si potr rimediare ad un errore tariffario pagando la somma in pi nel reparto, oppure altre volte non sar il caso di farlo. Pu anche capitare che, per articoli che non devono essere pesati, si possa invertire la procedura e passare prima alla cassa. Ma ogni errore fonte di complicazioni supplementari. Quindi bene non mettersi in una coda se non si sono capite le norme locali del sistema. Tutto questo molto spesso oggetto di brevi scambi di informazioni tra i clienti. La situazione di interazione iniziale, quella che dar luogo a tutto il processo di ricerca ulteriore, si svolge in un negozio di generi alimentari con diversi reparti come se ne trovano nei diversi quartieri della citt. Inesperto, mi sono unito imprudentemente ad una coda la cui progressione media permette di sperare in un tempo di attesa di non oltre quaranta minuti. Ma, arrivato a met percorso, mi sembra di capire che un errore di manovra mi imporr un altro giro alla cassa. Infatti mi rendo conto che non ho lo scontrino adeguato. Una donna anziana mi segue nella fila. Mi giro verso di lei e le chiedo il suo parere. Conferma ci che pensavo e mi indica la cassa in cui si potr fare la rettifica. Lascio la fila, mi unisco a quella che si formata davanti alla cassa in questione, adempio alla formalit richiesta e mi appresto a riprendere la mia attesa al reparto partenza. La persona che mi aveva informato mi fa allora segno di venire a rioccupare il mio posto iniziale, davanti a lei. Nessuno fa
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obiezione. Il risparmio di tempo cos notevole; mi restano solo un decina di minuti prima di raggiungere lo scopo. Ringrazio di cuore la mia benefattrice. Ma essa sembra indifferente. Rientrato a casa racconto lepisodio ai miei ospiti che mi avevano messo in guardia contro la rudezza delle abitudini moscovite e li rendo partecipi della gentilezza di cui penso di essere stato beneficiato inaspettatamente. Il mio racconto li lascia visibilmente perplessi, Perch stata gentile?, mi , e aggiungono: In effetti succede di trovare delle persone gentili nelle code. Ma questo non era gentile, era soltanto normale. Era un tuo diritto di riprendere il tuo posto nelle coda. Non sarebbe stato corretto il contrario: ti si contesti il tuo diritto! La loro opinione sembrava decisa su questo punto. Fu confermata dalle altre persone a cui raccontai la stessa cosa. Questa divergenza di valutazione port i miei amici russi ad iniziarmi alle norme di comportamento circa le code. Ciascuno deve guardare bene la persona che lo precede e quella che segue. Ci permette, in linea di massima, di evitare ogni contestazione riguardo allordine della coda. Una volta stabilito il posto con la conferma della persona che precede, della persona che segue, o di entrambe, si liberi di assentarsi un momento per altre mansioni. Per ottenere il riconoscimento del proprio diritto, ci si rivolger preferibilmente alla persona che segue quella il cui posto sarebbe minacciato dallinserimento nella fila di un elemento non autorizzato. Tuttavia, se si nellultima posizione nel momento in cui si desidera assentarsi, si solleciter il riconoscimento della persona che precede. Cos, ogni membro della fila pu assumersi une certa responsabilit per una o altre due persone. Egli pu essere chiamato a confermare il loro diritto nella fila con il loro posto iniziale dopo uninterruzione di attesa pi o meno lunga. Le battute che indicano le aspettative dei ruoli sono brevi, ellittiche e stereotipate. Possono essere insegnate al principiante e sono la testimonianza di abitudini accentuate dalla pratiche. Il dialogo tipo il seguente. Lei rimane? S Io sono davanti a lei, daccordo? Daccordo! Grazie E in questo breve dialogo, in cui si converr che potrebbe esserci una parte di mistero per il non iniziato, autorizza implicitamente la persona che lo iniziato a eclissarsi per un po' di tempo. Infatti, nelle fila relativamente brevi e senza storia che sono nella realt quotidiana, una valutazione del tempo di attesa medio per persona permette cosi di assicurarsi un posto in due file nello stesso tempo. (Coenen-Huther 1995: 145-148). Il problema suscitato dallosservazione deve, tuttavia, essere riportato in una prospettiva sociologica (lesperienza del sociale, che ciascuno pu avere e ha necessariamente in quanto soggetto sociale, non di per s sociologica), affinch il fenomeno della coda possa essere visto come parte integrante del sistema di distribuzione sovietico e possa essere interpretato correttamente. A questo fine
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lautore si avvale della distinzione di R.Boudon tra sistemi di interdipendenza e sistemi funzionali di ruolo. La coda nel contesto sovietico non presenta le stesse caratteristiche, ad esempio, della coda davanti ad un cinematografo parigino, in cui le persone che si trovano in coda davanti allentrata del cinema non sono impegnate le une nei confronti delle altre in relazioni di ruoli. Invece le persone coinvolte in una coda a Mosca stabiliscono tra loro ruoli e aspettative riconosciute: C il ruolo della persona che precede, autorizzata ad assentarsi, e quello della persona che segue, chiamata a confermare il diritto di reintegrare la fila: Ci sono le attese di ruoli pi generali. Ogni membro dalla coda pu essere chiamato a testimoniare. Cos ciascuno si sforza di ricordarsi che , per esempio, dietro alla donna col cappotto blu o davanti alluomo con limpermeabile grigio. Non si tratta soltanto di assicurare la propria posizione ma di compiere i propri doveri nei confronti del collettivo emergente costituito dai membri della fila. Rivelarsi incapace di fornire questo tipo di informazione significherebbe non essere come gli altri. Sarebbe deludere delle attese comunemente diffuse. Sarebbe non assumere il proprio ruolo. Ben inteso non c alcun ruolo che non comporti una parte di ambiguit, non c alcuna situazione che non lasci posto ad un residuo di incertezza normativa. Cos la persona momentaneamente assente pu aver calcolato male il tempo medio di attesa. Essa ritorna nel preciso momento in cui la persona-testimone si accinge ad andarsene. Se questa accetta di ritornare sui suoi passi, la sua testimonianza fa ancore fede? Caso-limite in cui si scontrano opinioni contrastanti. Ci sono anche dei casi pi difficili da gestire. Parecchie persone successive possono aver sollecitato il diritto allassenza presso lo stesso testimone. Questi non ha dato prova di leggerezza dando il suo accordo? Ci si pu fidare di un tal personaggio? I casi sono numerosi. La vivacit delle eventuali discussioni dipender dalla durata di attesa prevedibile, dal tipo di pubblico, dalla rarit dei beni ambiti, dallimportanza della posta in gioco. Una variabile cruciale, di importanza immediatamente percettibile lesaurimento anticipato dello stock. Una coda in cui ciascuno vede uno stock limitato ridursi sotto i suoi occhi una coda nervosa, stressata, in cui la vigilanza grande. Nei pressi di una stazione della metropolitana, un venditore improvvisa una bancarella. Due grosse valige aperte rivelano il loro contenuto: scatole di spaghetti. Ogni valigia piena da scoppiare. Ma ci sono solo due valigie! La febbrilit percettibile nella fila che si formata immediatamente sul marciapiede. Non si pu neanche pensare di aprire il giornale o di togliere un libro dalla borsa! Altro giorno, altra posta in gioco: in un negozio di alimentari, il reparto delle bevande vuoto da settimane. In pieno pomeriggio delle casse di bottiglie sono introdotte dallentrata di servizio. Un arrivo di champagne! La notizia si propaga in pochi minuti. Il prezzo in vista, caro ma abbordabile. Lavoska (rete per la spesa) stata sostituita dal sacchetto di plastica, preferibilmente di origine occidentale, ma le reazioni del Moscovita medio non sono cambiate: si distribuisce qualche cosa, bisogna prendere. Si forma immediatamente una coda alla cassa. La cassa nella parte opposta del negozio, cos bisogna dare la schiene alla bottiglie arrivate. Non si smette di torcersi il collo per sorvegliare la casse e le bottiglie. E il genere di situazione in cui le norme di comportamento sono applicate in modo particolarmente
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stretto. Agitate, impazienti, talvolta brutali, sono le code per beni razionati che si vendono solo in certi giorni del mese contro dei tagliandi: sigarette e vodka. La durata limitata della vendita rinforza qui il sentimento di penuria minacciosa (Coenen-Huther 1995: 149-150). Lautore mette, inoltre, in rilievo come la coda tenda ad auto-organizzarsi e a stabilire propri leaders, e come questa auto-organizzazione vada molto al di l delle regole che governano le condotte in situazione di interazione immediata, come il caso delle code che hanno una durata superiore ad una giornata e che si ricostituiscono in seguito: La situazione sovietica caratterizzata da una combinazione fluttuante di interessi divergenti e di interessi comuni tra attori impegnati in relazioni di ruoli. La necessit di porsi nella durata e lassenza di intervento regolatore da parte dellofferta suscitano una comunione di interessi almeno parziale che trasforma la coda in sistema funzionale. Questo carattere quasi organico appare in modo ancora pi evidente nelle code di lunga durata-da due a tre mesi, che si formano davanti a certe ambasciate. Qui la posta ha spesso una grande importanza agli occhi degli interessati. Si pu trattare, per esempio, di ottenere dei documenti di emigrazione. Anche qui un folla disorganizzata in partenza e in situazione di interazione concorrenziale si organizza, si d dei capi e delle regole di condotta. In questi casi, la caratteristiche dei leaders sono giudicate particolarmente importanti. Secondo i nostri interlocutori, essi devono essere, ben inteso, affidabili, onesti, ma occorre anche che sappiano dare prova di autorit per tenere la situazione sotto controllo. Infine, caratteristica che non senza importanza, occorre che abbiano una buona memoria visiva. Molto spesso un collettivo organizzato che occupa il terreno e si protegge contro gli eventuali perturbatori dellordine cos costituito, compresi gli indicatori e provocatori veri o supposti. I leader potranno cos avere il ruolo di porta-parola con il personale dellambasciata. In questo caso, non si pu correre il rischio di interruzioni durante le ore di chiusura della sezione consolare. La continuit della coda deve essere garantita giorno e notte. Picchetti forniti di coperte, thermos e vettovaglie la garantiscono. La lunghezza della coda cessa allora di essere spettacolare, ma loccupazione organizzata dei luoghi una prova della determinazione degli attori. E la necessit di integrare unattesa prolungata alla vita quotidiana produce delle norme aggiuntive di comportamento Si ammetter cos che dei partecipanti alla coda si facciano sostituire da altre persone, una volta che il loro posto stabilito in modo chiaro. Daltronde, per alcuni non c veramente altra forma possibile, sia perch non possono rimanere sempre nella capitale, sia perch devono mantenere pi a lungo possibile una certa discrezione circa i loro spostamenti. Cos ad un posto nella coda pu corrispondere il cambio di tre persone diverse (CoenenHuther 1995: 153-154). La coda, conclude lautore, in Russia costituisce un sistema funzionale fondato su relazioni di ruoli, ma essa non un sistema chiuso. Infatti: Certi comportamenti osservati in seno al sistema si capiscono solo in riferimento al suo ambiente sociale. Le attese dei ruoli allinterno della coda spingono ad assumere un ruolo secondo le regole, a dare prova di solidariet nei confronti dei compagni di sventura. Ma ci sono altre attese, altre sanzioni sociali e altre solidariet in altri contesti: famiglia, cerchia
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di amici, appartamento comunitario. Colui che pu vantarsi di aver dato prova di abilit tattica a prezzo di qualche strappo alle regole di comportamento della coda ricever delle gratificazioni e se ne vanter altrove. La gioia di colui che porta una bottiglia di cognac dellArmenia conquistata faticosamente o delle pere del Caucaso quasi introvabili evidente. In compenso, lumore della massaia che deve confessare di non aver trovato pane piuttosto nero. Allo stesso modo, la ripetuta constatazione che non c pi formaggio, che non c neanche pi cavolo non fonte n di gratificazioni n di prestigio. E in causa il senso degli obblighi nei confronti della comunit domestica (Coenen-Huther 1995: 157).

Un diario etnografico Il prossimo testo contiene alcune pagine del diario di una ricerca sul campo tenuto dallantropologa francese Jeanne Favret-Saada. Il diario riporta, quasi giorno per giorno, la descrizione della ricerca sulla stregoneria condotta nel Bocage, che letnografa aveva iniziato nel 1969. La studiosa si era installata nella zona per condurre lindagine, ma allinizio la ricerca trov difficolt giacch gli abitanti del luogo le offrivano risposte evasive alle sue domande sullesistenza della credenza sulle pratiche di magia, sostenendo che le credenze nei sortilegi erano scomparse da parecchio tempo. Inizialmente il lavoro sul campo consistette soprattutto nel calarsi nelle abitudini degli abitanti, a tenere conversazioni di routine per la strada, per i negozi, ecc. Venerd 18 luglio 1969 Labate Buisson, esorcista al vescovado di Coutances. Egli giudica il Diavolo troppo maligno per entrare nei poveri paesani e manda dallo psichiatra coloro che credono di essere stregati. Chiedo di consultare gli archivi dellabate Malherbe, il suo predecessore (di cui ho letto a Parigi tre incartamenti interessanti su casi di stregoneria), va in collera e mi oppone il segreto confessionale. Sabato 19 luglio Al vescovado di Laval. Un sacerdote imbarazzato mi informa che lesorcista della diocesi morto recentemente e che non stato rimpiazzato. I suoi archivi devono essere riorganizzarti, si ignora quanto tempo occorrer. Sabato 26 luglio Labate Souvestre, curato di Saint-Auvieux. Piccolo, tarchiato, sulla quarantina, vestito con il clergyman. La sua parrocchia principale Montjean, a sei chilometri, viene qui soltanto per celebrare la messa, o quasi. Si meraviglia che unetnografa abbia scelto questo angolo: Al vescovado, si dice che Saint-Auvieux la bomboniera della diocesi. Un borgo senza storie, di gente onesta. Ma che inerzia. I parrocchiani si aggrappano alla religione dallinfanzia, il rosario, i santi, i pellegrinaggi. Rifiutano il Concilio, la fede purificata, razionale.
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In chiesa, hanno le loro abitudini: i grossi (proprietari, commercianti, padroniartigiani) monopolizzano le cappelle laterali, il popolino, contadini e operai, si ammucchia nella navata. Ho tentato di eliminare questa segregazione. Hanno cambiato due, tre domeniche, e poi ciascuno ritornato al suo posto! Il curato di Saint-Auvieux aspettava molti giovani, ma ora vanno tutti a scuola, vogliono sperimentare tutto, non rispettano lordine morale del borgo, abbandonano i sarti locali per il prt- porter, vi salutano quando gli pare e alla minima occasione non vanno a messa. La conversazione si trascina, io accenno che studio le superstizioni. (La formula di M.me Angot, la moglie del sindaco: Ieri le parlavo di stregoneria, non capiva. Allimprovviso un barlume, ah s, le superstizioni!) Labate traduce: I sortilegi? Ci si crede ancora da queste parti. Conosce il mago di Aron? Un vecchio mugnaio che si dichiarato profeta, ha inventato una religione.... Predica che Dio vieta il lavoro della terra e le preoccupazioni del domani. Parecchie famiglie si sono rovinate. Vieta anche di andare dal medico, anche ai malati gravi. I poliziotti vogliono arrestarlo, ma egli si nasconde...E la Signora bionda, gliene hanno parlato? Quella l! Aveva una licenza di commerciante di vini, allora andata nelle fattorie. Quando cera una morte, una malattia, delle perdite (di bestiame), lei ne approfittava, siete stregati, vi aiuter a tirarvene fuori. E la gente credeva qualsiasi cosa! La Signora bionda diceva loro di mettere un biglietto da diecimila piegato in quattro nella serratura. Se allindomani non era pi l, era fatta (si era stati liberati dallincantesimo). E la gente credeva. A ciascuno lei diceva che era stato il suo vicino a stregarlo... accusava a destra e a manca, ha scompigliato famiglie intere. A Saint-Fraimbault, una vecchia signora si suicidata per causa sua. Dove potrei trovare la Signora bionda? Ah....non da queste parti. N a Saint-Auvieux, n a Montjean! Insomma...mi hanno detto che dalle parti di Chailland, e anche a Deux-Evailles, a Cauc....Ci va ancora, non saprei.... Io, cerco di liberare la gente da queste sciocchezze, dura! Lei conosce la chiesa di Saint-Ursin, i contadini ci vanno a pregare il santo per proteggere il loro bestiame. Un giorno di pellegrinaggio, ho detto in una predica che bisognava cercare le cause naturali invece di accusare un mago. Allindomani una lettera anonima: Signor curato, il Diavolo deve essere molto contento di voi perch avete negato la sua esistenza. Ah! Alle porte di Montjean, c una fattoria, le persone si credono stregate. Ogni volta che perdono una bestia mi chiamano: Vedete bene! In verit, sono dei cattivi lavoratori, sempre a zonzo. Si viene a cercare il curato per desorcizzare? Ah no, soltanto per benedire! Allinizio accettavo, ora evito, c troppa superstizione l dentro. Una volta un contadino mi chiese di benedire la sua casa. Mentre sto entrando, mi ferma: Lei non ha mai visitato i miei campi, facciamo un giro? Daccordo. Ho capito troppo tardi che mi aveva raggirato, mi aveva fatto fare un giro attorno alla sua fattoria. Dunque si utilizza il curato come un mago? Cio....La mia posiziome delicata. Se dico che non ci credo, i parrocchiani non si confidano pi. Ma non posso nemmeno acconsentire alla superstizione!. Per labate Souvestre, la benedizione non ha alcuna efficacia, tutto si spiega razionalmente. Un contadino viene a lamentarsi: la Padrona (la fattora) non pu pi burrificare, venite. In questi casi, non mi affretto mai. Tre giorni dopo, vado a
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benedire la casa. Mi conducono alla zangola, esito. Poi...dopo tutto, si benedicono pur le pere! Allindomani, il tipo mi ringrazia, era fatto tutto, laveva liberato da un sortilegio, ne era convinto. In realt, il suo burro era andato a male per il caldo, la crema era acida. Quando sono andato da lui, si era rinfrescato: stato questo che ha funzionato. Dopo di che si dice che sono in grado di fare questo.[...] Mercoled 5 novembre La signorina Teresa. Sessantadue anni, la sosia di Virginia Woolf. Segretaria comunale dal 1946. Durante le vacanze insegna il catechismo. (Rmi e Catherine me ne parlano, tutti i bambini le vogliono bene, vanno a trovarla a casa, in fondo alla strada, lei mostra loro i quadri dipinti da lei). La signorina Teresa mi racconta che, in giovent ha insegnato disegno alle religiose di Mortagne. A ventitr anni, dovuta rientrare a SaintAuvieux per curare il padre, artigiano muratore, energico, ma ritornato ferito molto malandato dalla guerra del 1914. Nel 1947, crolla in piena processione. Per il fatto che era vissuto per cos tanto tempo, il suo sangue era buono! In seguito essa cura la madre e il fratello, curato, morto quattro o cinque anni fa. Poi, la signorina Teresa linfermiera benevola del borgo: fare le iniezioni il suo compito. Ha la sua idea sullo stato del cristianesimo. Tutta questa contestazione rovina la Chiesa.... Il Concilio era duro da accettare, ma doveva essere giusto, con tutti quei sapienti! Tuttavia, ogni volta che c qualcosa di buono, il Diavolo allopera. Come? A Lourdes, ho conosciuto uninfermiera che aiutava i grandi invalidi a scendere nelle piscine. Lei diceva sempre: Diavolo allopera nelle piscine. In quale modo? Lei non me lha detto, ma doveva esserci della libert e dellimmoralit. Cielo! La signorina Teresa mi passa un numero di Constellation del marzo 1965, ci si riporta un caso di stregoneria a Saint-Fraimbault. Brontola contro il giornalista che ha messo sotto la stesso titolo di superstizione questo caso di stregoneria e il pellegrinaggio di Saint-Ursin, che noi facevamo con una grande fede.. Il numero di Costellation appartiene al signor Derouet, il poliziotto in pensione, egli lo ha prestato alla malata Lonie, che lo ha prestato alla signorina Teresa. Il signor Derouet non vuole che la rivista circoli per paura di essere accusato di propagare delle maldicenze su persone conosciute da tutti. (Vedere Lonie anche se bisogna inghiottire tre bicchieri di angelica.) La Signora Bionda e il mago di Aron fanno mettere agli stregati un biglietto di cento franchi nella loro serratura e, se allindomani scomparso, si vinto (se cos si pu dire); o anche dei quarti di maiale puliti nel cortile, e se allindomani mattina sono scomparsi.....Personalmente, la signorina Teresa conosce un caso di stregoneria a Saint-Ursin, due a Siant-Frainbault, altri a Chailland, Quelaines, Vieuvy, DeuxEvailles, ecc. ma non arriva a parlarmene, la memoria non laiuta, Ah la mia povera testa! Faccio marcia indietro: la stregoneria non che una parte del mio lavoro, le processioni mi interessano di pi. Nondimeno essa mi consiglia di leggere i giornali regionali apparsi tra il 1963 e il 1966, ci sono stati un gran numero di avvenimenti di questo tipo. A questo punto, la gente si messa a parlare. E categorica, non esiste tradizione di stregoneria, non ne
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ha mai sentito parlare finora questi ultimi anni. (Possibile). Sembra che io abbia la reputazione di essere sfiancata e con la testa non a posto, i nervi fragili, una povera donnetta. Secondo la signorina Teresa, posso interrogare chiunque a Saint-Auvieux, vi conoscono bene. Al contrario, diffidare ancora di Saint-Ursin (Favret-Saada, Contreras 1981: 11-19).

Le storie di vita, esempi. Abbiamo ripercorso i momenti salienti dellargomentazione sociologica di Thomas e di Znaniecki convinti che lapproccio delle storie di vita richieda una esplicita teorizzazione a sostegno della sua metodologia, anche se non mancano affatto casi in cui le storie sono raccolte senza un fine teorico esplicito. Thomas e Znaniecki pensavano che lapproccio biografico fosse il metodo per eccellenza della sociologia, Franco Ferrarotti ancora dello stesso parere, la storia di vita il metodo fondamentale dellanalisi sociologica (Ferrarotti 1981: 24). Il sociologo italiano, nel discutere i primi studi e nel ripercorrere il suo itinerario scientifico, pone in rilievo le insufficienze degli studi precedenti, condividendo in pieno il giudizio di Blumer sullopera di Thomas e di Znaniecki, e come inizialmente non avesse compreso che la storia di vita una dialettica del soociale che consiste essenzialmente nel complesso, aprioristicamente non determinabile rapporto fra la datit e il vissuto. Questo complesso rapporto, ad esempio, come vedremo pi avanti, rimane irrisolto nelle opere di Oscar Lewis nelle quali le storie di vita raccolte e rappresentate sembrano essere sufficienti a se stesse senza richiedere alcun apparente apporto di teoria. Il problema, insieme sociologico, epistemologico e metodologico, per Ferrarotti , invece, quello di sapere come la soggettivit, che inerisce ad una narrazione autobiografica, possa divenire una conoscenza scientifica. La risposta non pu che essere data che in maniera argomentativa ossia tramite gli assunti che orientano la ricerca verso loggetto di indagine: Ogni narrazione autobiografica racconta, secondo un taglio orizzontale o verticale, una prassi umana. Ora se lessenza delluomo [...] , nella sua realt, linsieme dei rapporti sociali (Marx, VI Tesi su Feuerbach), qualsiasi prassi umana individuale attivit sintetica, totalizzazione attiva di tutto un contesto sociale. Una vita una prassi che si appropria dei rapporti sociali (le strutture sociali), le interiorizza e le ritrasforma in strutture psicologiche per la sua attivit di destrutturazione-ristrutturazione. Ogni vita umana si rivela fin nei suoi aspetti meno generalizzabili come sintesi verticale di una storia sociale. Ogni comportamento o atto individuale appare nelle sue forme pi uniche sintesi orizzontale di una struttura sociale. Quante biografie sono necessarie per raggiungere una verit sociologica, quale materiale biografico sar il pi rappresentativo e ci dar per primo delle verit generali? Forse queste questioni non hanno alcun senso. Perch - e noi lucidamente buttiamo l la battuta - il nostro sistema sociale tutto intero in ciascuno dei nostri atti, in ciascuno dei nostri sogni, deliri, opere, comportamento e la storia di questo sistema tutta intera nella storia della nostra vita individuale. [...] Ben lungi da riflettere il sociale, lindividuo se ne
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appropria, lo media, lo filtra e lo ritraduce proiettandolo in unaltra dimensione, che poi la dimensione della sua soggettivit. Non ne pu prescindere, ma non lo subisce passivamente, anzi, lo reinventa a ogni istante (Ferrarotti 1981. 41-42). Ora, questo tentativo di leggere una societ attraverso una biografia, richiede una forte teoria sociologica. Infatti, se si vuole osservare la societ e la cultura in azione nel persorso storico-personale, questo non esclude affatto, anzi richiede, una approfonfita conoscenza della societ e della cultura del soggetto.

Da Vite di periferia di Franco Ferrarotti (Chiediamo a Mario che tipo di entrate abbia. Le voci si sovrrappongono.) Mario: Entrate? Po' esse che guadagno trecento ar mese, o gnente. Manovale, si, facchino, faccio tutto... Quarziasi cosa. Mi moje va a casa da n amico mio, pulizia... Franco: Servizio, come fa mi moje, lore che fanno... dumila lire lora. Mario: Massimo che po fa, du ore, tre ore. Poi deve guard pure casa mia. Franco: No , quattro ore no, du ore, tre ore. Mario.; Lei fa come le pare, perch come ripeto namico mio. Certo, se quella dopo nun cariva, je dice Invece da famme quattro, famme du, tre, na regolata. M. : Marchette? Mario: No, no, sto discorso delle marchette! Cosa? Nesiste gnente, nun segnato.... Franco: Sempre parrangiasse, per mangiare, no? Quello il discorso. Ci sta tanta gente che je dici le marchette, manco te fanno lavor pi. Allora, pe st boni, cos pija quelle dumila lire lora. Mario: Pe tir avanti a magn ... Fiji? Io una ce lho, adesso. Tre, quattro, lho levati gi. E toccato a levalli pe forza, spendendo sempre soldi. Perch? Tocca a fanne un po' di de giri qua, pe ste mutue, pe fatte tutti i fogli, prepar, no? N saccco de giri, e allora tutto er giorno io sto l alla paizza, ind stanno li facchini, come faccio? Si vado in giro, se capita n lavoro? Non ho avuto mai tempo fino ad ora, da quanno uscita sta legge: (Poich faccciamo presente che con la legge attuale un aborto potrebbe averlo, gratuitamente, in ospedale, intervengono anche gli altri amici.) Franco: Lui lavora, saltuariamente, se mette gi, ndo stanno i camion, deve aspett. A parziale Clodio o al Risorgimento, o a paiazza Irnerio... Alessandro: Deve rimedi la giornata. Mario: Pu esse che te movi, no? Nun sei l, prendi quelle trentamila lire: E io ho perso li sordi. Come devo da fa? Franco: Non ha temp, tutte le mattine va a lavor! Alessandro: Va a lavor; per bisogna vedere si lavora! Franco: Po' esse che sta la tutte le mattine e lavora tutte le mattine; per pu esse che sta la e mica lavora...
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Mario: Certo. S manovale, ho fatto tutti i mestieri. Poi , da quando so sposato, tutti tutti, meno che impiegato de banca! Franco: ... e il ladro. Mario: Il ladro? No, il ladro vca dentro ai spaghetti... Franco: Dice, meno che impiegato. Avra fatto il ladro, dico io... Mario: Pe comp, ce vorrebbe na mezza milionata ar mese. Io mi moje e mi fija, abbastano. Franco: un milione ar mese. M.Glela fate, a fare un milione al mese? Franco: Nun je la famko perch... Alessandro: Va be, siete: tu, tu moje e due fije... tu nun fai gnente Franco: Mb? Alessandro: Come mb? Mb? Ma perch, nun deve mangi? Nun deve camp? Eh? Franco: Si ma lassa perde, pu esse, e pu esse vengo qua alla casa der popolo, la cema pu esssevengo qua alla casa der popolo, la cena pu esse che magno na pagnotella.... Alessandro: Pu esse qua, puoesse, e pu esse che nun se sgrinfia: Se tratta che a casa, comunque hai da mangia..Se parla de na persona che lavora; consumi, no? Si arrivi a casa la sera, che metti quello che hai consumato, devi mangi na cosa normale, na cena, un pranzo normale, e a sigaretta, se ce scappa. Questo! M.: Se avesse unentrata eccezionale e improvvisa, che comprerebbe? Mario: Che comprerei ? Gnenete Da parte? Me magnerebbe tutto, no? Farebbe come un porco. Franco: je lo dico io, guardi. Comprerebbe subito a casa pe la famiglia! Io farebbe sta bene e figlie e basta. Un discorso mio, io pe me no. Giusta per loro. Alessandro: perch per loro? Franco : Se fa per loro Alessandro: No, nun lo fai pe loro, ce fai quello che nun ci hanno fatto a noi. Ecco perch je lo fai adesso. Mario: Esatto. Alessandro: Quello che nun hanno fatto a noi. Siccome noi siamo stati costretti.. Franco: Sicccome nun cera la possibilit Mario: Io ce nho una me fa pe cinque! Franco: io, pur di fa st bene a loro... Alessandro: Tu glie voi d un po de pi, ecco, pe pagasse quelllo che noi nun cavemo avuto, nun pe fa sta bene loro, quelle stanno bene, tu glie voi d de pi. Quello che t mancato a te Mario: Ho fatto mille mestieri, sempre pe rtir avanti, pe mangi... Alessandro: Er motorino glielo farai, no, tocca fajelo? Noi nun cavevamo neanche la bicicletta. Io, co le pezze ai piedi giocavo a pallone.
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Mario: Noi eravamo tre fiji, Quanno bastava? Pigliava trentamila al mese, che ce gaceva? Cinque persone, cun ce faceva gnenete. E robga de venti anni fa, che ce faceva? Ce mangiavi e basta, finito l. Alessandro: Ce mangiavi.. Ogggi So stati sempre bene quelli che ci avevano un posto fisso. Le persone che hanno avuto un posto fisso, sempre messo da parte quarche cosa: Gli antri, puoi guadagn quello che te pare, i sordi nun le metti da parte. Mario: Come ripeto manovale, faccchino...; vivi te fa npaio de scarep... Io me chiamo come er principe, come la piazza, per, cho la fregola.. Ci ho ventinove annai adesso: Giovanisssimo? Mica Tanto. Gia me sento de sessanta, a momenti... Si, ho fatto anche mestieri buoni, meccanico, elettrauto, per nun cera mai quer resoconto che se svortava per magn bene. Se maganva e nun se magnava er lavoro. Stagnasro, si , per praticamente questo, si, stagnaro ner sensno che nun che sono perfezionato, me arangiavo, cos. Tornato al lavoro mio (facchinaggio) va sulle trenta. Alessandro Tornamo sempre al lavoro nero. Se devo d venti a te, contributi, spenno quarantacinque; invece ne do trenta ad uno: Tornamo sempre l! (La discussione si fatta molto animata: Le voci si sovrappongono) Mario: La mia so mia. Certo, te danno sempre dieci ventimilalire in pi de na giornata normale de noperaio: La fatica sempre in pi; le marchette, roba varia, chi tele d? (Ferrarotti 1981: 50-53).

Oscar Lewis e la cultura della povert Troviamo una particolare applicazione dei principi e delle tecniche dell'osservazione partecipante alla raccolta delle storie di vita nell'opera di Oscar Lewis, I figli di Sanchez, 1961, Pedro Martinez, 1964, La vida, 1966, (pubblicate in Italia da Mondadori). Queste opere privilegiano la famiglia come unit di studio, sia perch la famiglia si presenta come una struttura apparentemente semplice sia perch essa costituisce un'istituzione universale e, pertanto, essa si impone come la cellula sociale in cui si radica la 'cultura della povert', che il tema principale delle analisi di Lewis. Infatti, l'intento principale quello di dare la 'voce' agli emarginati e agli esclusi dal processo storico: Lo studio approfondito della famiglia - scrive Lewis presenta molti vantaggi metodologici: essendo la famiglia un piccolo sistema sociale, essa si presta all'approccio olistico dell'antropologia. La famiglia un'unit di studio naturale, soprattutto in una grande metropoli come San Juan o New York. Studiando una cultura mediante l'analisi approfondita di famiglie specifiche, apprendiamo che cosa significano le istituzioni per gli individui; tale studio ci aiuta a penetrare al di l della forma e della struttura fino alla realt umana (Lewis 1972: 21). Queste opere contengono delle autobiografie multiple, che hanno lo scopo di verificare gli eventi narrati e cogliere cos i diversi punti di vista, di solito, degli stessi componenti della famiglia scelta. Ne deriva un quadro piuttosto complesso e mosso dal quale emerge con risalto quella che Lewis chiama la 'cultura della povert'.
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La vida contiene la storia di una famiglia portoricana colta nei quartieri poveri di San Juan (Portorico) e a New York. Uno degli scopi dichiarati dell'opera quello di dare la voce a persone che quasi mai vengono ascoltate e di offrire, di conseguenza, al lettore-ascoltatore la visione intima di un sistema di vita comune a molti gruppi destituiti e marginali della societ che sconosciuto e inaccessibile alla maggior parte dei cittadini appartenenti alle classi medie e alte, e infine di gettare un ponte tra i poverisimi e coloro che hanno responsabilit nella conduzioni delle politiche sociali (Lewis 1972: 11). Tuttavia, la raccolta delle storie di vita alquanto complessa, essa non richiede solo lunghi mesi di osservazione della vita delle persone scelte e della loro disponibilit a stabilire con il ricercatore e i ricercatori una collaborazione proficua per il fine della ricerca, ma dietro ad ogni storia di vita che leggiamo c' un lungo e complesso lavoro di trasposizione e di scrittura. Il passaggio dalla narrazione orale alla scrittura presenta notevoli problemi e difficolt, che possono essere in parte risolti proprio grazie al tipo di interazione che si stabilito tra il ricercatore e l'intervistato-narratore. La scrittura di Lewis si presenta come un testo letterario, depurato di qualsiasi aspetto interattivo, eppure esso non ha perduto nulla della soggettivit narrante degli inetrvistati, della loro visione delkla vita e della loro umanit.

FERNANDA: Il mio marito Fidel. Ero ancora nel giro quando cominciai a vivere con un tale a nome Fidel Daz Caldern. In realt, non che mi piacesse molto, era un uomo come un altro tra i tanti che avevo conosciuto. Eppure, egli lasci il segno su di me; ho il suo nome tatuato addosso e non c modo di cancellarlo. Accadde mentre eravamo ubriachi tutti e due. Non sapevo che cosa stesse facendo, altrimenti non glielo avrei permesso, perch ora sono una donna marcata per la vita. Non voglio nemmeno ricordare il giorno in cui successe. Quando mi destai, la mattina dopo, capii subito che mi era accaduto qualcosa, come se me lo avesse detto un sesto senso. I seni mi dolevano, e quando mi guardai allo specchio vidi il nome Fidel su una mammella, Daz su quellaltra, e Caldern pi gi. Gli dissi: Mi hai combinato questo per farmi scendere ancora pi in basso di dove mi trovo. Ora non posso nascondere quello che sono e non riuscir mai pi ad essere felice con un uomo. Ma, stanne certo, ti denuncer oggi stesso. Ero proprio decisa a farlo, per giunta, ma lui si inginocchi, mi chiese perdono, e siccome aveva il mio nome tatuato su tutto il corpo, lasciai correre. In ogni caso, non avrei fatto bella figura in tribunale; Dio solo sa se mi avrebbero costretta a mostrare il tatuaggio. Da quel giorno in poi, mi sono sempre vergognata troppo per farmi visitare da un medico, nonostante tutti i dolori e le sofferenze che possono tormentarmi. E ad ogni marito che ho avuto da allora ho detto: Senti ho un nome di uomo tatuato su di me, ma ormai lui morto. Mi vuoi in questo modo o no?. Nessuno di loro se n mai
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curato, ma, se fosse possibile, mi farei togliere questi segni, anche a costo di spendere un sacco di soldi. Ero con Daz il giorno in cui mor. Stavamo trascorrendo una settimana a Luquillo, con i suoi genitori. Eravamo arrivati Domenica, la Giornata della Mamma, carichi di regali. Daz faceva il venditore ambulante di stoffe, vestiti, biancheria, gioielli fantasia e cose del genere, e pertanto poteva acquistare parecchia bella roba con lo sconto. Marted ci stavamo divertendo, parlavamo, scherzavamo e bevevamo, quando Daz mi domanda: Ne hai ancora sigarette?. Non ne restavano pi, e allora lui disse: Vad6 a comprarle. Usc di casa alle tre e vennero le nove, le dieci di sera, e ancora non era tornato. Le undici... e Fidel Daz non si faceva vivo. Ormai pensavo: Sta facendo allamore con qualche donna, questo certo. Non che mi avesse mai fatto torti del genere. Ma era cos avvenente che qualsiasi donna sarebbe stata ben contenta di prenderselo. A mezzanotte mi ero ormai decisa ad andare a cercarlo. I genitori di Daz abitavano in aperta campagna, in una localit solitaria con appena poche piccole case, ognuna con il suo rifugio contro i tornados, sparse qua e l. Fuori regnava loscurit, fitta come nella bocca di un lupo. Mia suocera disse: Muchacha, resta in casa, non sai quanto sia pericoloso l fuori. Quella notte mi sentivo forte e uscii, ma fu inutile. Non lo trovai. Non potei prendere sonno e continuai crucciarmi per il mio uomo. Alle sei della mattina dopo, qualcuno venne a bussare alla porta e chiam mio suocero. Don Porfirio, don Porfirio, si alzi, suo figlio si trova allospedale della base navale, ridotto in uno stato tremendo. Saltai gi dal letto, rapidamente mi acconciai i capelli a crocchia, mi sciacquai la bocca senza lavarmi i denti, e corsi allospedale. Non vollero lasciarmi entrare fino allora delle visite, alle due e mezzo. Daz era irriconoscibile. Le membra gli pendevano appese a brandelli di carne. Lo aveva investito unautogru militare mentre giaceva addormentato in mezzo alla strada. Si era ubriacato insieme a un amico, e poi, tornando a casa, aveva deciso di smaltire la sbornia con una dormita. Si comportava sempre cos, quando era brillo, infischiandosi di dove si metteva a riposare. Lamico, altrettanto ubriaco, aveva proseguito verso casa sua, senza nemmeno voltarsi indietro. Lautogru era passata addosso a Daz, e lautista sul momento non se nera neppure accorto. Tornando indietro, aveva visto Daz disteso in mezzo alla strada e sfracellato. Erano riusciti a identificarlo grazie a un braccialetto regalatogli da me; se lera tolto un mio amico cliente, una notte, per darmelo. Ma non mi piace portare gioielli da uomini e cos mi ero decisa a darlo a Daz dicendogli: Puoi far limare il nome di quellaltro e farci incidere invece il tuo. Quando tornai allospedale, il giorno dopo, il medico mi venne incontro e mi domand: Lei la moglie di Fidel Daz?. Be gli spiegai questo non posso dirlo a buon diritto, ma sono la sua donna. Notai che faceva un cenno allinfermiera; e nello stesso momento mi affond un ago nel braccio. Dopo qualche minuto disse: Suo marito morto stanotte. Mi sfugg un grido e stramazzai svenuta. Nonostante lazione del calmante, quella mattina stessa andai a dare la notizia ai suoi genitori. Tre giorni dopo, mi trovavo di nuovo a casa, in Loiza Street.
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Nessuno, l, sapevano che cosa era accaduto e le donne del vicinato mi presero in giro perch ero tornata sola. Che cosa hai combinato con Daz? Dove lo hai perduto? domandarono. E morto risposi. Credevano ancora che stessi scherzando, e allora dissi :Oh, allinferno, leggetolo sul giornale se non mi credete. Complessivamente, vissi con Daz per due anni. Aveva un difetto: non volle mai che prendessi i miei figli a vivere con noi. Mi ero appena decisa a piantarlo, quando gli capit quellincidente. Si direbbe quasi che Dio avesse voluto evitarmi il disturbo (Lewis 1972: 124-126).

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