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LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DOTT.

SILVIO BERLUSCONI

Signor Presidente, poco tempo fa per le vie di Torino comparso un manifesto sul quale il Suo cognome giganteggia sovrapposto ad una scomoda panchina (SKRANNA). Dal momento che il manifesto aperto a diverse interpretazioni, per non espormi all'accusa di ambiguit, sento il dovere di chiarire quali sono le ragioni che mi hanno spinto a realizzarlo. Premesso che mi ritengo un sincero radicale, per aver svolto per oltre un decennio una disinteressata militanza a favore dei diritti civili e nutrito una duratura e libera simpatia per intellettuali e uomini politici del calibro di Gaetano Salvemini, Carlo e Nello Rosselli, Ernesto Rossi, Paolo Sylos Labini, mi corre l'obbligo di affermare -senza falsi pudori- che per la sua parte non nutro simpatia. Di questa parte gi non mi piace il ricorso alla poetica surrealista che le consente di identificare i comunisti nostrani con Stalin, senza indicare dove hanno nascosto l'ingombrante corpo del reato -le centinaia di migliaia di cadaveri- necessario alla credibilit dell'accostamento, oppure di spiegare l'enorme patrimonio personale da Lei accumulato, sul plebiscitario consenso dei ceti dominanti, con la presunta persecuzione attuata dalla guardia di finanza, dai media, dai sindacati, dalla magistratura, dalla classe politica. Inutile che io insista sui paradossi creati dalla spregiudicata applicazione della poetica surrealista poich, mancandomi le capacit del migliore Dal, non li esporrei con lo stupore e la dovizia che richiedono e meritano e la mia povera prosa, se mai si proponesse di affrontare il compito, si impoverirebbe con l'allontanarsi dalla realt. La realt dimostra che, negli anni '90, i comunisti da Lei conosciuti non erano tarati dal truce metodo sovietico di governo, bens contagiati dall'interpretazione buonista, fornita dal mondo cattolico alle regole occidentali del governare legiferando e che il surrealismo serviva alla sua parte per distrarre l'opinione pubblica dai mezzi poco trasparenti che avevano consentito di costituire Forza Italia e di convogliare attorno ad essa un vasto consenso. Signor Presidente, non pu pretendere che a Lei venga riconosciuto il merito che compete a Mussolini di aver colmato, per lungo tempo, con la dittatura un vuoto di governo altrimenti incolmabile poich, anche ammesso che la sinistra degli anni '90 fosse altrettanto inetta e velleitaria di quella de-gli anni '20, lo sfacelo del comunismo rivoluzionario e la posizione occupata dall'Italia nel contesto europeo, consentivano di ridurre al minimo il danno arrecato alla convivenza civile. Occorreva limi-tarlo al tempo strettamente necessario a ricompattare le forze moderate, disperse dall'azione di ma-ni pulite, per renderle consapevoli che il compito che le attendeva era la lotta senza quartiere al consociativismo, affinch si affermasse il principio d'alternanza, nel pieno rispetto dei pochi grandi valori sui quali riposa la democrazia. Ebbene quel tempo si era gi consumato prima delle elezioni politiche del 2001, perch non fu l'assenza di condizioni oggettive, ma la Sua ingenerosa ostinazione a non spogliarsi delle cariche

pubbliche rivestite e a desistere dal rincorrere quelle desiderate, che imped agli uomini migliori del centro destra di acquisire, entro tale termine, autonomia e maturit sufficienti per garantire alla fragile democrazia italiana un percorso ulteriore meno ambiguo e pericoloso. Non creda, Presidente, che chi scrive sia afflitto da uno strabismo che lo condanna a guardare e a vedere solo a destra. Le colpe a sinistra sono pi gravi, perch, se si pu capire come inebriati dal successo ottenuto grazie ai mezzi del Signor Berlusconi, i leaders del centro-destra abbiano potuto omettere di richiamare il Presidente Berlusconi a rispettare gli obblighi imposti dalla correttezza politica e istituzionale, i leaders del centro-sinistra non hanno alcun appiglio cui aggrapparsi per ottenere anche solo una generica comprensione. La prova della giustezza di quanto affermato fornita da D'Alema, che nonostante venisse indicato -dal Suo interessato machiavellismo- come compagno di strada dei Beria e dei Jagoda, non si sent assolutamente indotto a chiedere il rispetto dell'ineleggibilit dei titolari di importanti concessioni pubbliche (rispetto imposto da una legge del 1957), ma addirittura abdic al ruolo di leader della sinistra pur di poter segnalare al suo elettorato che il Padre costituente, Onorevole Presidente Silvio Berlusconi, era degno solo di composta venerazione. La condizione in cui versa la sinistra induce ad un nero pessimismo, visto che nemmeno la catena dei grandiosi avvenimenti degli ultimi quindici anni l'hanno scossa dal torpore creato dall'ovattato mondo cattolico, e se oggi impossibile prevedere se e quando finir tale condizione, sono ben visibili i compiti che l'attenderebbero qualora volesse assumere il posto che le compete, nell'ambito della socialdemocrazia europea. Questo posto prioritariamente le imporrebbe di raccogliere il guanto di sfida da Lei -Signor Presidente- lanciato contro la giustizia e di chiederLe -pena l'adozione di un atteggiamento neo-aventiniano- di dimettersi dalla rilevante carica rivestita in violazione dei fondamentali principi di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e della divisione dei poteri. Qualora costretta, la sinistra, per evitare gli errori amendoliani, dovrebbe creare un governo ombra (nel cui programma non potr mancare l'impegno a realizzare un reale mercato televisivo), lasciare presidi combattivi dentro le Camere, affidarsi ad una prolungata attivit agitatoria, che coinvolga dal basso grandi quantit di cittadini, per renderli consapevoli degli interessi particolari che si celano dietro la decennale campagna scatenata da F. I. e dai suoi alleati contro la magistratura e di quanto necessario fare per ritornare nell' ambito della legalit. Ritornare nella legalit: ecco, Presidente, il problema dei problemi che attende la sinistra se vuole riscattarsi dal suo passato meno remoto di sudditanza all'integralismo cattolico che, a partire dalla Assemblea costituente -forte della presunzione che la legge dettata da una superiore autorit metafisica-, ha preteso e ampiamente ottenuto che la giustizia fosse concepita e amministrata in nome della grazia e del perdono. E se sono consapevole degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del compito per l'inveterata abitudine di considerare il diritto il regno della discrezionalit, dove stato possibile nascondere tra le variegate pieghe dei codici la reintroduzione della stessa pena di morte, sono altrettanto certo che questi ostacoli sono sormontabili perch -fortunatamente- ad una sinistra, priva di una sicura cultura giuridica laica, basterebbe capovolgere i sofismi reclamizzati da Forza Italia come componenti essenziali della giustizia, per avanzare in direzione di una giustizia accettabile.

Antidogma manifesto vuole essere, quindi, pungolo della sinistra per spingerla a prendere coscienza che deve rifondarsi sulla giustizia cara a Di Pietro, solo argomento capace di sottrarla ai soffocanti abbracci delle gerarchie religiose e dei clericalismi dei partiti pseudo-liberali, pseudo-marxisti, e di renderla partito liberal-socialista, coeso, moderno, in grado di affrontare le nuove, difficili sfide imposte dall'unificazione europea e dalla globalizzazione. Manifesto bandiera, che sventola per avvertire i democratici e i liberali europei, di destra e di sinistra, del pericolo che incombe per la sospesa democrazia italiana. Signor Presidente, vede quante cose Antidogma manifesto mi ha concesso dire, senza che nessuno, dai pochi che hanno coadiuvato alla sua realizzazione ai -relativamente- molti che lo hanno visto pendere dai muri e dai cartelloni pubblicitari della citt, abbia perso la libert di darne una diversa e anche opposta interpretazione. Antidogma Arte, vaso di Pandora delle sensazioni e dei significati plurimi, ha un'ultima pretesa: non essere gratuitamente talebanizzato. Ed con questo auspicio che invio a Lei, Signor Presidente, un saluto antidogmatico. Armando Puglisi Torino, gennaio - luglio 2002

P.S. , Questa lettera ha potuto essere inoltrata senza correzioni sette mesi dopo la sua compilazione, solo perch gli avvenimenti nel frattempo accaduti hanno reso ancora pi attuali e stringenti i suoi contenuti.

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