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Dopo Wojtyla, prima di Ratzinger di Giancarlo Gaeta Pochi giorni prima della morte di Giovanni Paolo II il teologo dissidente

Hans Kng intervenuto sulla stampa e alla televisione tedesca, presentando una valutazione fortemente critica di un pontificato che egli considera non il pi grande ma il pi contraddittorio del XX secolo (vedi il Corriere della sera del 30 marzo). Lelenco delle contraddizioni molto lungo, ma ruotano per lo pi intorno al rilievo dellincoerenza tra la politica estera, cio latteggiamento dialogante del Papa verso le realt, religiose o mondane, esterne alla chiesa, e lazione restauratrice condotta allinterno di questultima, impedendo le riforme del Concilio, rifiutando il dialogo intra-ecclesiastico, e imponendo il dominio assoluto di Roma. Cos, malgrado la dichiarata fedelt al Concilio, il Papa lo avrebbe tradito nei fatti: Termini conciliari come aggiornamento, dialogo, collegialit e apertura ecumenica, sono stati sostituiti da parole quali restaurazione, magistero, obbedienza e riromanizzazione. Gli effetti di questa politica appaiono a Kng disastrosi per la vita della chiesa nella misura in cui ha imposto una selezione dellepiscopato, privilegiando nelle nomine il criterio dellassoluta fedelt a R oma; ha tolto spazio allo sviluppo del libero pensiero nella chiesa, favorendo il conformismo dei teologi; ha impedito lassunzione di un ruolo attivo da parte delle donne, escludendole da tutte le consacrazioni pi importanti; ha colpito le associazioni cattoliche giovanili non in linea con il Vaticano, mentre ha concesso piena fiducia ad associazioni antidemocratiche come lOpus Dei. In definitiva contro tutte le intenzioni del Concilio vaticano II, il sistema romano medievale un apparato di potere caratterizzato da tratti totalitari stato restaurato grazie a una politica personale e dottrinale tanto astuta quanto spietata: i vescovi sono stati uniformati, i padri spirituali sovraccaricati, i teologi dotati di museruola, i laici privati di diritti, le donne discriminate, le iniziative popolari dei sinodi nazionali e delle chiese ignorati. Si pu dubitare dellimparzialit di questo duro giudizio, ma non certo che esso rappresenti il reale stato di sofferenza dei settori pi avanzati e coscienti del cattolicesimo, costretti a misurasi quotidianamente con la ricaduta della politica pontificia sul corpo vivo della chiesa e perci refrattari a subire labbaglio della proiezione mediatica del Papa, n disposti ad accontentarsi di quelli che lo stesso Hans Kng riconosce come gli aspetti positivi di questo pontificato. Daltra parte una valutazione storica minimamente distaccata non pu fare a meno di rilevare la duplicit del magistero di Wojtyla non solo riguardo alla chiesa o al mondo, ma altres nei riguardi delle altre confessioni cristiane, delle altre religioni e della societ secolarizzata, al punto da apparire come un enigma di difficile soluzione (vedi Giovanni Miccoli su il manifesto del 5 aprile). Penso anchio che la materia sia complessa e che ci vorr del tempo per dipanarla, tuttavia qualcosa si pu cominciare a capire se si legge questo pontificato come il tentativo di rispondere alla crisi epocale del cattolicesimo muovendosi a tutto campo, vale a dire investendo dellazione evangelizzatrice linsieme del mondo occidentale secolarizzato e insieme cercando un riconoscimento morale e politico presso le culture altre. In questo senso lazione del Papa non appare pi tanto contraddittoria; per muoversi come si mosso aveva bisogno di avere alle spalle una chiesa normalizzata disposta ad appoggiarlo senza ombra di dubbio in una strategia dal cui successo a suo avviso dipendeva la possibilit di invertire la tendenza verso la completa emarginazione della chiesa nella societ. Il paradosso che a giudicare da ci che successo nei giorni del suo trapasso limpresa gli riuscita, ma a prezzo dellappiattimento pressoch completo della chiesa sulla sua figura e, daltra parte, a prezzo di una sorta di riduzione dello stesso messaggio cristiano a l suo guscio religioso, cio ai suoi tratti emotivi, che suscitano pi una piet superficiale e un bisogno di appartenenza che una reale coscienza di fede. Daltra parte questo non significa che lazione restauratrice sia stata concepita in funzione anticonciliare; Wojtyla stato un uomo del Concilio e tale rimasto nel suo convincimento, come emerge con chiarezza dal testamento spirituale. Se perci i suoi atti sono risultati di fatto contrari allo spirito innovativo del Concilio, tanto da prefigurare una sorta di ritorno al regime di cristianit, la spiegazione va cercata nella personalit stessa di questo Papa: carattere, formazione, vicenda umana, e del modo in cui infine egli ha interpretato la missione pontificia. Uninterpretazione che confrontata

con quella che ne dette Roncalli appare altrettanto marcata dallesigenza di fare fronte alla crisi della Chiesa, ma segnata da un carattere umano e da unesperienza spirituale opposti, nel senso quanto meno che Giovanni XXIII ha sollecitato la chiesa a prendere rinnovata coscienza della propria missione nel mondo moderno assumendo un atteggiamento di ascolto e di scambio, Giovanni Paolo II ha invece finito con lidentificare la missione della chiesa con la propria, promuovendo unevangelizzazione dallalto su scala mondiale. Ne derivata inevitabilmente uninterpretazione del Concilio stesso in chiave integralista, come invito al mondo ad aprire le porte a Cristo piuttosto che come testimonianza di fede della Chiesa immersa in un mondo oramai emancipatosi dal cristianesimo. Ma mentre il Papa percorreva il mondo catalizzando su di s tutta lattenzione e riscuotendo crescente successo personale, le chiese locali hanno seguitato a vivere la dura situazione di marginalit e soprattutto di crescente secolarizzazione degli stessi cattolici praticanti; il cristianesimo, almeno quello europeo, diventato sempre pi un cristianesimo della domenica. Di questo stato di scollamento tra il prestigio su scala planetaria di cui il cattolicesimo ha goduto grazie alla figura dominante del Papa e la deriva morale e spirituale delle masse cattoliche irresistibilmente attratte dalla laicizzazione imposta dal capitalismo imperante, si avuta una controprova eclatante con il crollo dei regimi comunisti. Neppure la cattolicissima Polonia, contrariamente alle aspettative del suo figlio prediletto, ha resistito alla tentazione del consumismo, del capitalismo pi selvaggio, della liberazione sessuale. Nel testamento Wojtyla ringrazia giustamente la Provvidenza divina per aver posto fine al periodo della guerra fredda senza che si arrivasse al conflitto nucleare. Ma sta di fatto che egli ha avuto un ruolo non secondario nellaccelerare il processo di disfacimento di quei regimi oppressivi, schierandosi senza remore dalla parte della potenza americana in nome della comune avversione per il comunismo e combattendo con estrema durezza allinterno della chiesa ogni impegno militante in campo sociale che sapesse di marxismo, come nel caso della teologia della liberazione in America Latina. Dunque unazione squisitamente politica condotta con ferrea coerenza, a cui legato per buona parte il successo mondiale del suo pontificato, eppure rivelatasi ben presto fallimentare, se misurata sullobiettivo che in definitiva lo aveva mosso, quella della rinascita di unEuropa cristiana a cominciare dai paesi dellEst non inquinati dal materialismo delloccidente capitalistico. Unerrore di valutazione tipico quando ci si muove nella logica della politica dei due tempi. Cos, quando dopo l89 egli ha creduto di poter infine prendere posizione contro il capitalismo pervasivo e lo strapotere americano era oramai politicamente fuori gioco. Da quel momento gli effetti della sua predicazione sui reali processi sociali, economici e politici stata praticamente irrilevante e la sua figura ha di conseguenza sempre pi assunto i tratti del profeta inascoltato, che tanto ha suggestionato gli intellettuali di sinistra, e del predicatore morale, che tanto fascino ha esercitato sulle folle a cominciare dai giovani. Su questa figura ultima del pontificato di Giovanni Paolo II, esaltata da un coro pressoch unanime di consensi fino allapoteosi nei giorni dellagonia e della morte, vale la pena di soffermarsi, perch potrebbe contenere la sua cifra segreta. Si spesso paragonato il pontificato di Wojtyla a quello di un Papa medievale, rilevando in lui la mescolanza di tratti mistici e politici, luomo dazione investito di un carisma profetico e lanciato alla riconquista del mondo; ma sono immagini di comodo suggerite dallo stile autoritario e dallabilit politica del personaggio. Di fatto a ben guardare la sua stata piuttosto una strategia difensiva, il tentativo di ridare visibilit e peso socio-politico a un cattolicesimo oramai alle strette attraverso la proiezione planetaria della sua stessa figura. Si perci presentato come un predicatore itinerante, difensore rigido del patrimonio tradizionale della fede cattolica e insieme portatore di una risposta rassicurante allo stato di crisi della modernit. In questo ha saputo cogliere la regressione culturale, lo smarrimento ideale e morale di unumanit in balia dello strapotere economico, che ne inebetisce la minoranza ricca e ne immiserisce il resto. Ha voluto essere il difensore in nome di Cristo delle masse diseredate del terzo mondo e il portatore di valori etici nelle societ occidentali, ma

nelluno come nellaltro caso ci che pi ha contato non stato il contenuto della comunicazione, ma il potere di convincimento emanante dalla sua personalit. Come ha detto un giovane no-global nei giorni dellagonia del Papa, ci che lo aveva spinto a venire in piazza san Pietro era lammirazione per luomo, anche se poco poteva condividere delle sue idee. E i messaggi telefonici, che nei giorni successivi alla morte del Papa sono stati fatti scorrere in sovraimpressione da un canale televisivo dedicato ai giovani, dicevano fino a che punto egli aveva corrisposto al bisogno di protezione e rassicurazione di una generazione che per lo pi non sembra in grado di andare oltre lo stato emozionale. Ma le emozioni non nutrite da unesperienza interiore producono illusioni, cos come la pura denuncia delle ingiustizie che segnano la vita dei poveri del mondo lascia le cose come stanno. Cos, se il pontificato di Wojtyla ha agitato molte acque, se a tanti, credenti e non, sembrato ergersi al di sopra del caos contemporaneo come un saldo punto di riferimento morale, di fatto il segno che lascia dietro di s non va molto oltre la riconquista per il cattolicesimo di un prestigio che in larga misura legato alla sua persona. Si tratta ora di vedere se la Chiesa si attaccher a esso o se sapr ritrovare la misura della propria vocazione in una societ che cristiana non pi. Il nuovo Papa stato eletto nella persona di Joseph Ratzinger. Sar giudicato, come doveroso, dai fatti. Ma se si sta al programma con cui nei giorni dinterregno si candidato alla successione non c nulla di nuovo da aspettarsi per quel che concerne un mutamento nella conduzione della Chiesa, tanto meno in favore di un confronto con la modernit non pregiudicato da logiche di potere. Si direbbe che in conclave si sia scelta la via dellarroccamento allinterno e del confronto allesterno in nome di una purezza della fede che esalta il fondamentalismo religioso di quanti cercano sicurezza nelle istituzioni forti e delude profondamente quelli per cui la fede non una questione di potere sulle coscienze, ma una testimonianza dellamore di Dio in mezzo allumanit del proprio tempo. Non sar, penso, un Papa di transizione, malgrado let, ma il continuatore di una politica di restaurazione, senza il fascino carismatico del suo predecessore. Quanto al nome che ha scelto, pu essere di buon auspicio in questi tempi di guerra, se con esso ha inteso richiamarsi a Benedetto XV; ma pi probabile che egli abbia in mente soprattutto la figura di san Benedetto, assunto a simbolo dellEuropa cristiana. Di recupero delle radici cristiane si molto discusso negli ultimi tempi, per lo pi a sproposito, quasi fosse una questione di etichetta da applicare alla costituzione europea, mentre si tratta di questione grave che la Chiesa dovrebbe porre a se stessa piuttosto che agli interlocutori politici o in generale alle societ secolarizzate. Trovo disperante la diffusa incapacit delle chiese cristiane, e del cattolicesimo in particolare, di coniugare una lucida analisi della condizione culturale, sociale e morale dellumanit nel mondo contemporaneo con unaltrettanto lucida presa datto dallenorme sproporzione tra la gravit dei problemi che ne derivano e le risposte che esse riescono a dare. come se un medico incapace di curare una grave malattia accusasse il malato per le sue sofferenze, invece dinterrogarsi sulla sua impotenza. Cos, non di remote radici cristiane che si dovrebbe discutere, ma di come far s che il cristianesimo possa incarnarsi nella realt presente, nella consapevolezza che ci potr accadere soltanto in forme che poco o nulla avranno a che fare con quelle un tempo vigenti nel regime di cristianit. La necessit di un siffatto mutamento era in qualche misura emersa negli anni del Concilio, ma mancata la capacit di rivedere a fondo le modalit della presenza della Chiesa nel mondo, vale a dire tornare a essere un lievito diffuso nel corpo della societ, piuttosto che seguitare a presentarsi come una societ di diritto divino che ancora vorrebbe ispirare dallalto societ oramai laicizzate. Non che questo stato di fatto esenti chi ha la responsabilit di annunciare levangelo dal giudicare spiritualmen te e moralmente scelte e comportamenti mondani, al contrario; ma il giudizio risulter sostanzialmente sterile finch il confronto con la modernit sar vissuto come lotta epocale per il dominio ideologico e leffettivo controllo sociale, invece che come pubblica testimonianza di una discontinuit, di una

frattura, di un rovesciamento della logica mondana, dei saperi e dei poteri di questo mondo. Si dir che proprio questa forza giudicante dellevangelo ha ispirato la predicazione del Papa defunto, ma essa, calata dallalto, ha esercitato pi un potere di suggestione che di effettivo svelamento delle contraddizioni del mondo contemporaneo, n poteva essere diversamente dal momento che la Chiesa ne era, malgrado le dichiarazioni di pentimento, sostanzialmente preservata. Di questa preservazione si in definitiva preoccupato il conclave, ignorando linvito, quanto mai opportuno, del cardinale Martini a non temere di distinguere ci che nella Chiesa eterno da ci che caduco e pu adattarsi alle mutevoli esigenze della societ. Giancarlo Gaeta

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