Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
[...] Il mondo entra nel linguaggio come un rapporto dialettico di attività, di atti
umani: esce dal mito come un quadro armonioso di essenze. Si è operato un
gioco di prestigio che ha rovesciato il reale, lo ha svuotato di storia e 10 ha
riempito di natura, che ha sottratto alle cose il loro senso umano in modo da
far loro significare un'insignificanza umana. La funzione del mito è svuotare il
reale: alla lettera, esso è un deflusso incessante, un' emorragia o se si preferisce
un'evaporazione, insomma un'assenza sensibile.
~
~~..~ ...V.L ~.v ~..~ di coloro che sono utilizzatori non abituali o non lo
sono per nulla. Nella alimentazione di questo divario un peso consistente dimo-
strano di possederlo le produzioni discorsive dei soggetti, in particolare di coloro
che sono parte della macchina dell'informazione, della letteratura, dei media: la
nostra immagine della New Economy, dei rischi della Rete, delle sue possibilità
di trasformazione salvifica del mondo dipendono, cioè, più che da quanto diret-
tamente ne possiamo aver fatto esperienza, da quel che ne abbiamo letto o sentito
dire. n problema è che il proliferare di questi discorsi produce un cortocircuito con
la realtà: diviene sempre più difficile distinguere dove finiscano le costruzioni
discorsive dell'immagine della Rete (la Storia) e dove invece inizi la sua realtà
materiale (la Natura), con il risultato di convincersi che questa realtà sia proprio
quella descritta dalle costruzioni discorsive.
Diviene, allora, interessante, in questa seconda parte del capitolo, tornare su
questo dispositivo per analizzarlo più in dettaglio prima di giungere a delle
sintetiche conclusioni.
Miti pedagogici
della _"'~'L~, ...,'~ ~.~...~ ~.~..,~"'~~ -" ...'~~...~, ~~--"',~,..; fantasmi di onnipotenza
e/o di impotenza; ci troveremmo di fronte a qualcosa in grado di generare un
uomo elettronico che si nutre di immagini virtuali, che vive una progressiva
rarefazione dei rapporti umani; Internet genererebbe solitudine sociale, produr-
rebbe un depotenziamento della capacità del linguaggio, metterebbe a repenta-
olio la stessa identità esistenziale delle giovani generazioni; d'altra parte, e secon-
MITOLOGIE DELLA RETE 49
Insieme a questo dato ne va subito registrato un altro e cioè il fatto che chi
scrive della Rete lo fa spesso servendosi delle virgolette. Bruschi e Mariani (2002,
p. 132) sembrano cogliere bene il senso del fenomeno: le virgolette servono «per
indicare quelle porzioni di realtà che dovrebbero mantenere le caratteristiche del
mondo di partenza ma che, trasferendosi nella dimensione parallela della simula-
zione computerizzata, divengono "qualcos'altro"». Le virgolette funzionano, cioè,
da qualificatori di termini che appartengono al linguaggio ordinario introducendo
un'oscillazione, un'ambiguità tra il significato primo del termine e il significato
secondo che esso viene ad assumere una volta virgolettato. Si tratta di un
dispositivo che riconduce al processo di generazione della metafora (e in fondo al
meccanismo di ipersignificazione del mito): devo indicare il significato di qualcosa
senza disporre di un sostantivo o di un aggettivo adatto; cerco nel linguaggio
ordinario un sostantivo o un aggettivo che, di solito per analogia, serva allo scopo;
riempio la lacuna semantica da cui partivo con il «nuovo» sostantivo o aggettivo
che però di fatto non è nuovo ma solo riqualificato opportunamente (Ricoeur ,
1975). Un esempio aiuterà a chiarire. Quando dico che Internet è una «foresta..
COSTRUTTIVISMO E PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE ON L/NE
50
oppure con più precisione la definisco una foresta di simboli, io opero metafori-
camente. Infatti muovo da una lacuna semantica: non dispongo di un termine
adatto a definire l' inestricabile intreccio di rinvii incrociati di cui le pagine della
Rete sono costituite. Cerco, allora, nel lessico ordinario un termine che si presti
a restituire proprio questa idea di inestricabilità, di fitta trama, di intreccio così
difficilmente dipanabile che risulta a volte complicato muoversi in esso senza il
rischio di perdervisi: l'immagine della foresta si presta molto bene a sostenere tutti
questi significati. A questo punto devo solo qualificare in modo opportuno il
termine: posso farlo o ricorrendo alle virgolette (Internet è una «foresta»} o
specificando che tipo di foresta, diversa da quella vegetale, Internet sia (parlare di
una foresta di simboli significa esplicitare la metafora rendendo chiaro il nesso di
analogia esistente tra le fronde degli alberi e i simboli grafici e iconici di cui
constano le pagine del Web}.
Collocandosi subito sul terzo piano di analisi, quello dell'intenzione, ci si può
chiedere cosa guidi la produzione metaforica (mitologica} della pedagogia (ma
come vedremo i linguaggi della tecnologia e del giornalismo non fanno eccezione}
riguardo alla Rete. Secondo Mariani e Bruschi (2002, p. 132} la ragione per cui
nel caso di Internet «le nuove idee devono accontentarsi di un linguaggio vecchio»
è la volontà di tranquillizzare e di rassicurare l'utente che si accinge a entrare nella
Rete sul fatto che in fondo si tratta di nient' altro che di qualcosa che lui ben conosce
nella vita «reale»:porte, finestre, piazze, aule, bar, biblioteche, musei, negozi. Una
strategia che consiste nella copertura di quanto sta effettivamente succedendo e
cioè che, invece, «si sta proprio entrando in un altro mondo. E il salto nell'iper-
spazio, pur se attutito, deve essere awertito se non si wole che l'atterraggio sia
devastante o protetto da una rete/ragnatela di cui noi saremmo le mosche: l'esito
in entrambi i casi (a brandelli o tutti interi} sarebbe la fagocitazione» .
Indipendentemente da quale delle due interpreti meglio il fenomeno Internet
-se la preoccupazione di riportare Internet a esperienze abituali e già conosciu-
te, o la consapevolezza che, invece, la Rete costituisce «un altro mondo» (vedre-
mo, però, come questa seconda ipotesi si riduca in sostanza alla prima} -
sicuramente entrambe influiscono sulla rappresentazione che della Rete viene
fornita rinviando, allo stesso tempo, a precise prospettive teoriche. Si ritrova,
così, il meccanismo che sta alla base della generazione del mito: il senso di Internet
dal punto di vista linguistico (insieme di computer in rete telematica} diviene, nella
prospettiva del mito, la forma wota di un nuovo processo di significazione. Esso
consiste nel dare contenuto a questa forma wota con il significato che si intende
attribuire ad essa a partire da una ben precisa intenzionalità (teorica, in questo
caso}. Cerchiamo di verificarlo ritornando sulle immagini ontologiche e funzionali
della Rete che poco sopra abbiamo registrato.
MITOLOGIEDELLARETE 51
TABELLA 2
Il contenuto delle immagini peda"ogiche della Rete
dedicato alla Rete). Essa muove da una duplice (s)valorizzazione di Internet come
cavallo di Troia per introdurre nell ' educazione le ragioni del mercato e della
tecnologia. Mercato, in educazione, significa moltiplicazione delle offerte forma-
tive in direzione dell'educazione informale: un'istanza pedagogicamente positiva
nella sua valenza di risposta al bisogno di personalizzazione della formazione dei
soggetti se non diventasse espressione della politica neoliberista di uno «Stato
dimissionario e aventiniano nei confronti del suo inalienabile compito costituzio-
nale di direzione e di guida dello sviluppo socioeconomico, civile e culturale di un
Paese» (Frabboni, 2002, p. 20). Letto in quest'ottica il policentrismo formativo
sfocia nella disintegrazione fuori contesto delle opportunità, che non consente più
alle diverse agenzie formative di «parlarsi» per essere educativamente efficaci: alla
moltiplicazione delle risorse e delle esperienze si sostituisce piuttosto «una "nube"
no-stop (24 ore su 24) stracolma di alfabeti iconici e computerizzati» (Frabboni,
2002, p. 25). Qui il problema di un'educazione che si fa mercato si salda con
quello di un'educazione che si consegna alla tecnologia. Tecnologia, in educazio-
ne, significa globalizzazione delle risorse cognitive, ottimizzazione nella gestione
organizzativa, amplificazione degli apprendimenti (Calvani, 1999a): anche in
questo caso, dunque, un'istanza pedagogicamente molto positiva che però può
:liventare espressione di un riduzionismo pragmatico che tende ad appiattire tutte
le dimensioni dell'uomo sull'operare, sulla performance, a discapito dei valori
morali (Galli, 1996).
La seconda prospettiva, quella che si può rintracciare all'opera sullo sfondo
dell'immagine utopica della Rete, indica invece nella direzione di una «pedagogia
virtuale)~per la quale, pur senza prescindere da legittime cautele,IS Internet può
costituire una straordinaria opportunità di socialità e di apprendimento. Recupe-
rando le indicazioni di IIIich (1973) sulla descolarizzazione, questa pedagogia sostie-
ne con forza il valore dell'educazione informale e rintraccia proprio nella Rete la
materializzazione di quella che allo studioso viennese sembrava l'unica alternativa
valida agli «imbuti didattici» della scuola: «trame e tessuti che diano a ognuno
maggiori possibilità di trasformare ogni momento della propria vita in un momento
di apprendimento, di partecipazione, di interessamento~) (IIIich, 1973, p. 8).
Sebbene contrapposte, tutte e due le prospettive concordano nella motiva-
zione di fondo che le porta a sostenere o criticare la Rete e cioè la difesa del valore
del soggetto-persona: minacciato, secondo gli uni, da «un soggetto-massa che
getta sul terzo millennio un doppio incubo esistenziale: l'incubo dell'uomo in
Is.ln Internet c'è vita, ma è vita anche noiosa, sgradevole, brutale, arrogante. [...] La Rete, dunque,
intesa non come strumento tecnologico ma come una tentazione tecnologica, può far emergere il
meqlio ma anche il peqqio delle persone. ..» Bruschi e Mariani 200? n 1 R:,\\