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L'uomo una mosca prigioniera del virtuale (Jean Baudrillard)

Nel mondo il pensiero diventa artificiale, il tempo non ha significato e la realt scompare in una sorta di allucinazione collettiva Oggi non siamo noi a pensare il virtuale, il virtuale a pensare noi. Separandoci definitivamente dal reale, quest'inafferrabile trasparenza ci intelligibile quanto lo per una mosca il vetro in cui sbatte, senza capire che cosa la separi dal mondo esterno: nemmeno pu immaginare che cosa le limiti lo spazio. Cos noi nemmeno possiamo immaginare come il virtuale abbia anticipatamente trasformato ogni rappresentazione del mondo. Infatti tipico del virtuale porre fine non solo alla realt, ma all'immaginazione del reale, del politico, del sociale; porre fine non solo alla realt del tempo, ma all'immaginazione del passato e del futuro (con un certo umorismo nero detto "tempo reale"). Cos siamo ben lungi dall'avere capito che all'avvento dell'informazione - finiva lo sviluppo della storia, che - all'avvento dell'intelligenza artificiale - finiva lo sviluppo del pensiero, ecc. La residua illusione sulle categorie tradizionali, inclusa l'illusione di "aprirci al virtuale" come estensione reale di ogni possibile, come quella della mosca che, instancabile, prende la rincorsa per sbattere meglio contro sul vetro. Infatti crediamo ancora alla realt del virtuale, mentre esso ha gi virtualmente confuso le piste del pensato. Per ridurre un po' la confusione, far l'esempio pi delicato, perch consegue l'evento pi spaventoso e inintelligibile della storia moderna: lo sterminio e coloro che ne negano l'esistenza, i negazionisti. L'affermazione negazionista in s cos assurda che la domanda cruciale diventa: perch bisogna difendere la verit contro di loro? Perch ci si pu chiedere se siano esistite le camere a gas? In altri tempi non si sarebbe potuto. Chi contesta il negazionismo, non s'interroga sulla possibilit della negazione, accontentandosi d'una veemente indignazione. Ma dover difendere la realt storica delle camere a gas come una causa morale, dover difendere la "realt", in generale con una sorta d'impegno politico, gi segno di un cambio di registro della verit storica e di turbative dell'oggettivit. I negazionisti sono risolutamente abeprranti e hanno decisamente torto proprio quando sono realisti e contestano la realt storica e oggettiva dello sterminio. Nel tempo storico l'evento c' stato e le prove ci sono. Ora per, non siamo pi nel tempo storico, ma nel tempo reale, dove non c' pi prova di nulla. In tempo reale lo sterminio non sar mai verificato. Se il negazionismo dunque assurdo nella sua logica, la sua assurdit chiarisce l'irruzione di un'altra dimensione, paradossalmente chiamata tempo reale, dove sparisce proprio la realt oggettiva, quella dell'evento presente come quella dell'evento passato e futuro. Esaurendosi in una simultaneit tale che gli atti sono senza senso, gli effetti senza causa, tanto che la storia non pu riflettervici, il tempo reale un buco nero che desostanzializza ci che vi entra. Quando appaiono solo sullo schermo del virtuale, diventano virtuali perfino i campi di sterminio suo malgrado, nostro malgrado, ogni testimonianza precipita nello stesso abisso virtuale - quello di eventi o fatti che esistono per il tempo che esistono, un punto, tutto. Nella loro assoluta sincerit, d'onde, forse le stesse testimonianze e i film (come immagini che esauriscono l'orrore nell'attualit dell'immagine) contribuiscono all'impossibile

memoria. Lo sterminio reale votato a un altro sterminio, quello del vrtuale. La vera soluzione finale questa. L'affermazione negazionista non dunque autenticamente smentibile, visto che tutto e noi tutti, incluso chi la confuta, siamo sprofondati volenti o nolenti in un tempo senza ricorso oggettivo. Siamo cos condannati a opporci ad essa con una sorta di negazione speculare, e qui sta la sconfitta del pensiero, del pensiero storico e del pensiero critico - ma in realt non la sua sconfitta: la vittoria del tempo reale sul presente, sul passato, su ogni forma di articolazione logica della realt. La destabilizzazione della verit si verifica (se cos si pu dire) in altri casi, come quello di O.J. Simpson. Al di l di ogni considerazione giuridica o politica, il suo processo si svolgeva, stupefacentemente, secondo una drammaturgia mediatica, secondo uno sviluppo in un evento autonomo, capaci di eclissare l'evento reale dell'omicidio e di secernere una verit priva di rapporti con la verit oggettiva dei fatti, pur provati. Disarticolando la verit e il suo modello, la reale colpevolezza di O.J. Simpson poteva benissimo coincidere con una virtuale innocenza. Nel tempo reale del processo, nemmeno O.J. Simpson doveva pi sapere bene se era colpevole o no, al punto che, come Edipo, del colpevole poteva "sinceramente" intraprendere le ricerche. Lo stesso futuro non assicurato in tempo reale. Sarebbe da discutere la visione di Paul Viriilio dell'"Incidente finale", dell'"Incidente degli Incidenti", dell'"Apocalisse del vrtuale" che intravede al termine dell'evoluzione, anzi involuzione del nostro mondo in tempo reale. Per nulla meno certo di questa apocalisse (perfino tale certezza ci sfugge!). Sognare l'"Incidente finale" significa coltivare l'illusione della fine. Significa dimenticare che la stessa virtualit virtuale e che, per definizione, il suo definitivo avve>to, la sua apocalisse, non saprebbe assumere forza di realt. Non ci sar apocalisse del virtuale e del tempo reale proprio perch il tempo reale annienta il tempo lineare e la durata, dunque la dimensione dove potrebbero svilupparsi fino al limite estremo. Non c' funzione lineare esponenziale dell'Incidente e la sua scadenza resta aleatoria. La soluzione radicale di continuit del reale instaurata dal virtuale, la sincope o il collasso del tempo instaurata dal tempo reale ci preservano per fortuna dalla scadenza finale dello sterminio. Come ogni altro sistema, estendendosi, il virtuale votato a distruggere le proprie condizioni di possibilit. Una futura apocalisse non va dunque sognata pi di qualunque altra utopia in tempo reale non accadranno mai, mancher loro il tempo. Se c' una rivoluzione del virtuale, occorre allora darle tutto il suo senso e concepirne ogni conseguenza, pur restando liberi di rifiutarvisi radicalmente. Se non c' apocalisse del virtuale, ma virtualit dell'apocalisse... (e virtualmente siamo all'apocalisse: basta constatare la devastazione del mondo reale), lo stesso vale per ogni altra categoria. Il sociale, il politico, lo storico e perfino il morale e lo psicologico - sono solo un elemento virtuale. Insomma, vano cercare una politica del virtuale, un'etica del virtuale, ecc. La politica stessa diventa virtuale, l'esca stessa diventata virtuale in un senso o nell'altro. Perfino nel campo della tecnica. si parla di tecnologie del virtuale", mentre non ci sono o presto non ci saranno tecniche del virtuale. Non c' pi pensiero dell'artificio in un mondo dove lo stesso pensiero a diventare artificiale. Perci possiamo dire che il Virtuale a pensare noi, non l'inverso. Interrogarsi sul virtuale reso oggi ancor pi delicato e complesso dallo straordinario bluff circostante. La sovrinformazione, il forcing pubblicitario e tecnologico, i media, l'infatuazione o il panico concorrono a una sorta di allucinazione collettiva del virtuale e dei tuoi effetti. Windows 2000, Internet, le infostrade sono gi logori in anticipo, nel discorso e nel fantasma. Un modo di scavalcarne gli effetti, dirottandoli sull'immaginazione? Forse. Bluff e intossicazione non rientrano

anche loro nel virtuale? Chiss. Ancora la mosca che sbatte contro l'incomprensibile evidenza del vetro. "Certitude does not exist", dice un graffito di New York. "Are you sure?".

Da: http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/010728h.htm

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