Sei sulla pagina 1di 8

La sfida dellintegrazione si gioca lungo i confini del villaggio locale di Giovanni Paci

pubblicato in Cortesi A., Nerozzi S. (a cura di), Migrazioni segno dei tempi, Nerbini, ISBN 978-88-6434-018-0.
In un contributo pubblicato recentemente su un importante quotidiano nazionale, Zygmunt Bauman ha svolto uninteressante riflessione sul tema dei confini. Egli scrive, tra laltro: Tracciare e proteggere i confini sono attivit prioritarie, volte a ottenere e mantenere la sicurezza; il prezzo da pagare la perdita della libert di movimento. Questa libert diventa ben presto il fattore discriminante tra i diversi gradi sociali e il criterio secondo cui un individuo o una categoria vengono misurati all interno della gerarchia sociale; il diritto di passaggio (o meglio il diritto di ignorare il confine) diventa quindi una delle questioni pi contestate, di carattere strettamente classista; mentre la capacit di sfidare il divieto di valicare un confine diviene una delle principali armi di dissenso e di resistenza contro la gerarchia di potere esistente. Queste pressioni sfociano in un evidente paradosso: nel nostro pianeta che si sta rapidamente globalizzando, la diminuzione dell efficacia dei confini (la loro crescente porosit, associata al fatto che la distanza spaziale ha sempre minor valore difensivo) si accompagna alla rapida crescita di significato che si tende ad attribuire loro1. Si afferma quindi, nelle nostre societ, il paradosso che vede allinevitabile declino della capacit protettiva dei confini, conseguente alla globalizzazione, il loro riapparire, come dimensione antropologica fondamentale, allinterno delle societ locali. Il tema dei confini quindi, lungi dallessere un tema globale essenzialmente un tema locale, che riguarda la dimensione quotidiana delle nostre esistenze.
1

Bauman Z., Nascono sui confini le nuove identit, in Corriere della Sera, 24 maggio 2009, pp. 24-25.

Per capire quindi perch limmigrazione diventata ormai La questione delle nostre societ, per capire perch susciti impeti e risvegli pulsioni che talvolta ci sorprendono per la loro virulenza e per la radicalit delle loro espressioni, necessario ragionare sui meccanismi che sottendono alla costruzione delle identit e sul ruolo che i confini giocano in tutto questo. Lungi da me, naturalmente, pretendere di affrontare con la necessaria completezza e profondit un tema di questa portata, mi vorrei limitare a elencare alcune suggestioni che permettano di affiancare alle analisi macro (economiche, politiche, sociali, giuridiche) alcuni spunti micro ovvero riferibili alla dimensione di villaggio delle nostre vite. Sono convinto infatti che qui che si giochi la sfida decisiva dellintegrazione e che sia qui che, fallito il processo storico di allargamento dei confini (in

primis la costruzione di unEuropa politica e sociale), le persone si trovino


a dover ricostruire le proprie identit individuali e comunitarie partendo dalla definizione di nuovi confini e di nuove definizioni di s e dellaltro da s. La prima cosa che mi viene in mente che la caduta dei confini tradizionali, a partire da quelli statuali per arrivare alla frantumazione di quelli ideologici, rivaluti la forza dei confini, diciamo cos, fisici, immediatamente visibili. Insomma, se non ci accomuna lessere italiano cosa ci accomuna? Se tutto rimandato alla costruzione individuale, abbastanza plausibile che la prima demarcazione sia la comunanza corporea: ci accomuna lessere bianchi invece che neri, lessere vestiti in un modo invece che in un altro, il parlare in un modo invece che in un altro. Tenderemo quindi, su queste basi, a ricreare quel bisogno insopprimibile di identit che non ci garantiscono pi i confini geografici o ideologici che la libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali, per usare unespressione cara ai fautori di unEuropa esclusivamente mercantile, ha eliminato senza contraccambio ideale e culturale. Rigettare sui singoli il compito della costruzione delle identit

significa dare loro un compito immane: faranno ci che possono, ci che in loro potere, ci che le loro forze permetteranno di fare e, al massimo, saranno in grado di ricostruire un villaggio, ridisegnando piccoli confini ben visibili, tenendo a bada la paura come possono, unendosi tra coloro che si assomigliano e guardando con sospetto coloro che non gli assomigliano. Tracceranno delle righe per terra a cui essi daranno un valore proporzionale alle proprie paure e in cui riporranno tutte le loro speranze e i loro progetti di una vita che abbia la possibilit di essere concretamente vissuta. Tante piccole Dogville2 stanno per essere costruite o ultimate al posto dei vecchi stati-nazione. E, come nel bel film di Von Trier, chi sta dentro non percepisce quanto forti, duri, crudeli siano quei confini solamente dipinti, chi sta fuori che ne percepisce e ne sperimenta la potenza donata loro dallessere, per chi sta dentro, lelemento indispensabile per poter stare al mondo. A Dogville nulla ci che sembra, mentre tutto ci che deve essere. Vista dallalto, la cittadina assomiglia ad una cellula che si crede mondo: i suoi abitanti si muovono entro confini che permettono una libert di movimento solo parziale. Eppure nessuna di queste persone sarebbe disposta ad ammettere di non essere libera, non per vanagloria o per ignoranza, semplicemente per il fatto che per loro Dogville libera, per loro Dogville il mondo, lunico mondo possibile. Dogville la comunit nella sua essenza pi profonda, lisola contro di cui nessuna nave ha mai fatto naufragio, un sistema immunitario che non ha mai conosciuto virus.3 Qui si innesta la mia seconda riflessione. La fragilit dei villaggi, lincapacit di questi nuovi confini autocostruiti di sostituire ci che non pu essere demandato loro in termini di costruzione identitaria, sviluppa
2

Dogville, Danimarca Finlandia Francia Germania Italia Norvegia Olanda Svezia, 2002 Regia Lars Von Trier, con Nicole Kidman, Paul Bettany, Chlo; Sevigny, Lauren Bacall, Patricia Clarkson, Jeremy Davies, Ben Gazzara, Medusa Home Entertainment, 2005, 135 min. 3 Bellei C.M., La Comunit Nuda. Desiderio, Colpa e Redenzione in Dogville di Lars Von Trier, in Schepis M.F. (a cura di), Il messaggio dell'imperatore. Simboli politica e segreto, G. Giappichelli Editore, Torino, 2006.

un senso crescente di paura. Ogni giorno, nel villaggio, ci svegliamo con la paura. E la paura che, nella notte, quei confini non abbiano tenuto, non abbiano protetto a sufficienza, abbiano permesso a qualcosa o a qualcuno di entrare e, qui sta il grande tema posto dai fenomeni migratori, di contaminare le nostre fragili identit appena costruite o, spesso, ancora in costruzione. La contaminazione il grande tema che rende il tema immigrazione determinante. Ci sentiamo cos deboli che, temiamo, un virus potrebbe compromettere irrimediabilmente la nostra salute identitaria. In un classico dellantropologia, Mary Douglas ha spiegato con illuminante chiarezza il meccanismo sottostante al rapporto confinicontaminazione. Personalmente, sono dellopinione che la gente creda realmente che il proprio particolare ambiente sociale sia formato da altre persone unite o separate da linee che vanno rispettate. Alcune di queste linee sono protette da sanzioni fisiche stabilite. Esistono delle chiese in cui i vagabondi non dormono sui banchi perch il sacrestano chiamerebbe la polizia. In fondo, le caste indiane pi basse erano abituate a starsene al loro posto per via di sanzioni sociali analogamente efficaci e, da cima a fondo, tutto ledificio delle forze economiche e politiche delle caste concorre a mantenere il sistema. Ma dove le linee sono incerte, noi vediamo venire in loro aiuto le idee di contaminazione. Il superamento fisico delle barriere sociali considerato come una contaminazione pericolosa, con tutte le conseguenze [del caso]. Il responsabile della contaminazione pericolo gli altri.4 Se cos , comprendiamo il potenziale, in termini di frantumazione sociale, che la sottovalutazione e la cattiva gestione del tema dei confini ha per le nostre societ locali e la sua importanza per la soluzione positiva dei processi di integrazione e di convivenza. Nei villaggi infatti, chi sta ri4

diventa un

oggetto

di riprovazione

doppiamente

malvagio, prima perch ha varcato le linee e poi perch ha messo in

Douglas M., Purezza e pericolo, il Mulino, Bologna, 1993, pp.217-218.

costruendo, individualmente e spesso con pochi mezzi culturali ed esistenziali a disposizione, il proprio bagaglio identitario, sar disposto a difendersi a tutti i costi dai pericoli di contaminazione guardando con sospetto e diffidenza,fino allodio se necessario, non solo chi, da fuori, attraversa i confini ma anche chi li abita, chi curioso, chi guarda fuori dalla finestra per non parlare di chi apre le porte e aiuta il passaggio. La dicotomia tra chi costruisce la propria identit lontano dai confini e chi invece la gioca proprio nellambiguit tra il dentro e il fuori, tra chi intende i confini come strumento di protezione e chi come possibilit di comunicazione, costituir probabilmente una delle fratture pi importanti, uno dei cleavage direbbero i sociologi, su cui si costruiranno fondamentali capitali politici e sociali nei prossimi anni. Di questa frattura e delle sue implicazioni bene essere consapevoli. Riprendendo ancora Bauman, il difficile compito di creare le condizioni per una coabitazione, pacifica e vantaggiosa per tutti, di forme differenti di vita, viene scaricato su realt locali (soprattutto urbane), che si trasformano, volenti o nolenti, in laboratori in cui si sperimentano, e alla fine si apprendono, i modi e i mezzi della coabitazione umana in un pianeta globalizzato. Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanit. Nella storia nulla predeterminato; la storia una traccia lasciata nel tempo da scelte umane molteplici e di diversa origine, quasi mai coordinate. troppo presto per prevedere quale delle due funzioni tra loro interconnesse dei confini prevarr. Di una cosa per possiamo essere certi: noi (e i nostri figli) dormiremo nel letto che ci saremo collettivamente preparati: tracciando confini e trattando sulle norme che regolano il funzionamento delle frontiere. Che avvenga di proposito o casualmente che ne siamo coscienti o no.5 Il messaggio chiaro, sui confini si giocher il futuro delle nostre societ attraverso la capacit di
5

Bauman Z., cit.

starci e di definirli o in senso difensivo, vivendo una vita da assediati, o in senso positivo, di ritessendo con le maglie la pazienti di dellallargamento, apprendere larte dellampliamento e dellapertura. In questo il rapporto con i migranti, la capacit vivere loro, capacit dellattraversamento decisiva. Questa sfida per non si gioca tanto a Lampedusa quanto qui, nelle nostre societ locali, nei nostri villaggi. E lecita la domanda su come questo sia possibile, su come fare, su quali piste percorrere. In questa ultima parte del mio breve contributo prover a condividere alcune considerazioni, lasciando ad altri e pi autorevoli autori, presenti in questo volume, la responsabilit di dimostrare come sia possibile lavorare con profitto sul campo dellintegrazione e dei diritti e su come, in molti casi, lo si sia meritoriamente fatto. Se le premesse su cui ho impostato la mia riflessione sono plausibili, devo necessariamente trarne un inefficacia o la loro certo scetticismo come verso gli approcci e razionali alla questione. Criticare le politiche argomentando la loro pericolosit, viene continuamente autorevolmente fatto (vedi, tra gli altri, i recenti interventi di Ambrosini, Villa, Diviso sul web)6, sicuramente indispensabile, cos come denunciare linfondatezza delle preoccupazioni sulla competizione per i posti di lavoro o spiegare limportanza dellapporto dei migranti per lequilibrio dei conti pubblici.7 Credo per che sia sempre pi necessario puntare su due percorsi scarsamente battuti fino a oggi e che per giocano al livello che ho proposto in questo contributo. Li chiamer, per capirsi, il percorso della comunicazione e quello della ritualizzazione.

Villa A., La dimensione penale dellessere immigrato, in benecomune.net, 4 luglio 2009. Ambrosini M., Limmigrato che venne dal mare , in lavoce.info, 6 luglio 2009. Ambrosini M., Un anno di governo: immigrazione, in lavoce.info, 8 maggio 2009. Diviso D., Il Decreto sicurezza e la politica degli steccati, in benecomune.net, 5 giugno 2009. 7 Stuppini A., Le tasse degli immigrati, in lavoce.info, 24 marzo 2009.

Il primo percorso immediatamente comprensibile ed finalizzato alla promozione di unimmagine positiva e rassicurante della persona che attraversa i nostri confini. Il messaggio deve essere: se attraverso un confine non contamino e non mi contamino. Fino a ora, la comunicazione stata quasi sempre indirizzata verso la valorizzazione dellutilit del migrante. Questa strada molto pericolosa, soprattutto nella societ dei consumi: cosa ne faremo quando non sar pi utile? Altra cosa invece mostrare, con forza e anche con ironia, le qualit delle persone che, attraversando i confini, vivono tra noi. E quello che, mi sembra, abbia compreso lOrganizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM)8 che, recentemente, ha sviluppato una campagna promozionale, su vari quotidiani italiani, per modificare limmagine percepita del migrante.

Il secondo percorso finalizzato a lavorare sui simboli dellintegrazione. Nei meccanismi di contaminazione, la ritualizzazione e la simbolizzazione
8

http://www.italy.iom.int/

dei passaggi una delle chiavi di volta per laccettazione dellestraneo e la sua metabolizzazione allinterno del contesto sociale. Qui viene in aiuto ancora il prezioso lavoro della Douglas: il rituale un tentativo di creare e di mantenere una cultura particolare, un particolare ordine di postulati attraverso il quale si controlla lesperienza [...]. I rituali sanciscono la forma delle relazioni sociali e, nel dare a queste relazioni una espressione visibile, mettono le persone in grado di conoscere la loro stessa societ. I rituali influenzano la struttura politica attraverso il medium del corpo fisico.9 Diffondere e valorizzare i riti di passaggio e di attraversamento dei confini sociali quindi straordinariamente importante per lefficacia dei percorsi di integrazione e inclusione. La certificazione pubblica della padronanza della lingua, dei successi lavorativi e professionali fino al rito centrale dellacquisizione della cittadinanza svolgono la funzione primaria di evidenziare la possibilit e la normalit di un attraversamento positivo delle demarcazioni sociali, rassicurando le fragili identit autoctone e aiutandole a rigenerarsi in una dimensione pi ampia e inclusiva. Se poi tutto questo fosse inserito allinterno di una ripresa della costruzione di una nuova cittadinanza europea che, senza negare il valore delle specificit locali, provasse a proporre un modello sovrastatale condivisibile e accettabile, capace di togliere ai singoli villaggi lonere della totale determinazione delle proprie identit, lorizzonte di una societ pi inclusiva potrebbe ulteriormente schiarirsi.

Douglas M., cit., p.203.

Potrebbero piacerti anche