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Bacio di una notte di mezza estate

Storia (Patrizia), dialoghi inclusi (JuanManuel)

A un tratto mi ritrovai lì, a occhi chiusi. La leggera brezza primaverile mi sfiorava


dolcemente, accarezzandomi. Il rumore delle onde infrangendosi sulla scogliera
mi cullava. Poi aprì gli occhi. Una miriade di colori mi travolse: pennellate di
rosso, verde e giallo si mischiavano con il blu profondo del mare e il limpido
azzurro del cielo.
Quel posto mi aveva sempre affascinato: fin dal primo giorno in cui lei mi ci
portò mi sentì al sicuro, protetto. Quando ci fermavamo a contemplare quel
paesaggio che sembrava dipinto dallo stesso Monet, mentre si tenevano per
mano, mi sentivo come a casa. Allora l’immensità del mare e di quella vasta
distesa di fiori non mi faceva sentire scomodo, indifeso. Cos’era cambiato ora?
Be’...ora ero da solo, da solo davanti all’infinità del mare. Allungai
istintivamente la mano verso dove soleva esserci quella di lei, e trovai solo il
vuoto a fargli compagnia.
L’avevo vista per la prima volta seduta in una panchina, rivolta verso il mare.
Sorrideva. Sorridevano le sue carnose labbra, sorridevano i suoi occhi color
miele. Era bella, non c’era dubbio. Se ne stava lì, da sola e in silenzio, con
l’oceano davanti ai suoi occhi. Ma lei guardava oltre, i suoi occhi sembravano
smarrirsi tra mille sogni lontani, tra mondi sconosciuti. Rimasi durante vari
minuti ad osservarla, chiedendomi cosa mai stesse pensando, ma non ebbi il
coraggio di parlarle e continuai a camminare.
Un paio di giorni dopo l’incontro, degli amici mi trascinarono ad una festa sulla
spiaggia. La musica ad alto volume, i falò, le bibite e le belle ragazze: non
mancava proprio niente, era il tipico festone in spiaggia. Proprio per quello
detestavo essere lì. Quei divertimenti che un tempo mi entusiasmavano ora mi
producevano una specie di disgusto, di disprezzo. Avevo bisogno di qualcosa di
nuovo.
Proprio quando stavo per abbandonare la festa, vidi qualcosa che mi trattenne.
Eccola lì, a soltanto un paio di metri da lui, la ragazza della panchina. Il
movimento del suo bacino inseguito dalle scintille del fuoco e accompagnato
dalla musica m’ipnotizzò. E poi quello sguardo, quei fantastici occhi ora
rinvigoriti dalle fiamme, si posò su di me, lasciandomi muto per un paio di
secondi. Quella era la mia occasione, ora o mai, e così mi avvicinai.
- Ciao. Bella festa, vero? –
- Perdon? -
- Bonita festa. Sono italiano, venuto qui de vacaciones. Como te llamas? -
- Porque no te vas a otro lado? Hay muchas otras chicas en esta fiesta. -
- Ma capisci l’italiano? -
- Sì, pero por lo que veo tu no entiendes el castellano…sigues aqui. -
- Scusami, non volevo seccarti… - Sentire il suo sguardo fisso su di me mi
metteva terribilmente a disagio, era uno di quegli sguardi che ti fanno sentire
inerme. - ma ti ho vista e non ho potuto fare a meno di avvicinarmi, mi hai
incuriosito. –
- No se como deberìa tomarme eso, la verdad. –
- In nessun modo, voglio solo conoscerti –
- Bueno… - disse esitando, ma infine gli lanciò uno dei suoi bellissimi sorrisi-
me llamo Paula, y tu? –
- Francesco, encantado di conocerte. –
- Igualmente. Perdona pero me tengo que ir – disse, e si girò.
No. Non poteva andarsene ora, ora che finalmente l’avevo conosciuta, pensai.
E così, impulsivamente, la presi la mano e la fermai. Il solo contatto con la sua
pelle, sentendo il leggero odore di fiori che emanava, mi fece tremare.
- Que haces, tio? Te he dicho que tengo que irme. Andare via, vale?
- Posso offrirti qualcosa da bere, una birretta fresca? So che la prima
impressione che ti ho dato non è stata un granché…lasciami rimediare. –
- Vale, pero solo una. –
Ci avvicinammo al bancone del bar e ordinammo due Coronitas. Una birra portò
ad un'altra, e alla fine rimanemmo a parlare insieme per ore. Ero affascinato da
lei, e pensò che se l’amore a prima vista esistesse doveva certamente essere
qualcosa simile a ciò che stava provando in quel momento per Paula.
La festa stava finendo, la musica di prima lasciava il posto alle vecchie canzoni
d’amore anni 90, i grandi falò erano ormai fuochini e la gente iniziava a
distendersi sugli asciugamani a guardare il cielo, come facemmo noi. Non
eravamo mai stati così vicini, così vicini che la morbida guancia di lei si
appoggiava sulla mia spalla, così vicini che m’inebriava con l’odore di lei, così
vicini che ci ritrovammo faccia contro faccia, occhi contro occhi, labbra contro
labbra. Era la prima volta che assaggiavo il suo sapore e già ne era
strettamente dipendente, mi sentivo invincibile. Non riuscivo a pensare a niente,
dolcemente intrappolato tra le sue labbra speravo che quel momento durasse
eternamente. Dopo un bacio ne seguì un altro, e un altro ancora, e un altro, e
un altro, finché ci addormentammo abbracciati mentre i primi raggi di sole
emergevano dal mare e le ultime stelle sparivano.
I mesi seguenti con Paula furono fantastici, lei era semplicemente straordinaria.
In sua compagnia tutto diventava speciale: stare nella mia mansarda ad
ascoltarla leggere i suoi racconti era tutto ciò che desideravo, oppure il solo
fatto di vederla correre tra i prati sorridendo e muovendo quel suo vestito di lino
mi commuoveva. Sapevamo che il futuro era dietro l’angolo, in agguato, pronto
a rovinare tutto, sapevamo che ci rimanevano pochi giorni insieme, di lì a due
settimane il mio Erasmus sarebbe finito e io sarei dovuto tornare, ma non ne
volevamo prendere coscienza. Vivevamo alla giornata, senza guardare il futuro:
lei aveva me e io avevo lei, e questo ci bastava.
Le due settimane passarono più in fretta del previsto, sembrava ieri la sera del
nostro primo bacio, eppure era il giorno in cui l’avrei baciata per l’ultima volta. Ci
incontrammo ad un bar per salutarci. Lei era già arrivata ed aveva già ordinato il
suo croissant, quello di crema che la faceva impazzire, cosi mi avvicinai e la
baciai. Parlammo del più e del meno, non volevamo prendere coscienza del
fatto che non ci saremmo mai più visti e cercavamo quindi di evitare il tema. Ma
si stava facendo tardi, quindi feci un gran respiro e cominciai.
- Domani dovrò essere in aeroporto molto presto, quindi sta sera non posso
venire da te. –
- Porque te tienes que ir? – disse, guardandomi dritto negli occhi. – No puedo ir
contigo? No tengo nada aquì . –
Non me l’aspettavo così diretta, lei che aveva sempre cercato di evitare il tema,
quindi rimasi in silenzio per un po’ di secondi.
- Paula, amor, sai che ti amo, ma tu hai la tua vita qui, hai l’università, hai la
famiglia, hai tutto il tuo mondo.- La guardai: era sul punto di piangere, aveva gli
occhi lucidi e le guancie accese. - Tu eres mi
mundo! Yo no necesito nada mas! – Urlò, e le sue guancie cominciarono a
bagnarsi.
Non l’avevo mai vista così, non sapevo cosa fare. Ma io non potevo restare e lei
non poteva andare, non c’era niente da fare.
- Non desidero nient’altro che rimanere con te, lo sai. Ti amo Paula, ti amo più
di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma è il mio futuro, devo partire. Scusami – e mi
alzai, rimanere là a vederla piangere mi stava spezzando il cuore. Mi stavo
comportando come un egoista, ma non potevo farci niente.
- No te vayas portavor, te quiero! – gridò. Mi corse in contro, mi prese la mano
e mi strinse verso sé. Mi abbracciò e cominciò a piangere forte, le lacrime
scendevano dai suoi occhi come se si trattasse di fiumi. –
- Volverè a verte? – disse.
- Non credo .– le risposi, mi girai e cominciai a camminare.
- Nunca sabes que te depararà el destino – la sentii dire. Volevo girarmi,
tornare indietro da lei e stringerla forte a me, prometterle che non ci saremmo
mai separati. Poi continuai a camminare, imboccai le Ramblas e mi diressi
verso la mia mansarda.
“Nunca sabes lo che te depararà el destino”. Era passato più di un anno da
quando, quella sera di primavera, Paula pronunciò quelle parole. E aveva
ragione. Non credevo di ritornare in Spagna, eppure ero lì. Non solo ero in
Spagna, ma ero in quella scogliera. Non sapevo cosa mi aveva portato fin lì, o
perché avevo deciso, dopo tanto tempo, di tornare. Era il destino?
Dopo più di un anno credevo spariti quei sentimenti che ora erano riemersi
pensando a Paula. Solo allora mi accorsi che mi mancava da morire. I suoi
occhi color miele, il suo sorriso incoronato da quel piccolo neo, il suo profumo di
fiori, la morbidezza dei suoi capelli biondi…cominciai a piangere.
Mi fermai di colpo, non era possibile: lì, sulla spiaggia, dei capelli biondi
ondeggiavano al vento. C’era solo una piccola, piccolissima, possibilità, ma
c’era. Corsi, corsi come non avevo mai corso prima. Man mano che correvo
vedevo i capelli biondi sempre più vicini a me. E poi quel profumo. Una
vampata i profumo di fiori s’impossessò dei miei sensi, e allora non ebbi dubbio:
il destino esisteva, Paula era lì.
Mi fermai, mi avvicinai lentamente e pronunciai il suo nome così basso che era
quasi un sussurro. La ragazza si girò e gli vidi. O meglio detto, gli rividi. Rividi
quegli occhi miele di cui mi ero tanto innamorato. Ora sì che non c’era dubbio,
quella davanti a me era Paula
- Ciao... – le dissi.
- Fran? No puedo creer que estés aqui...porqué has venido? – rispose dopo un
po’ disecndi, con la voce tremante.
- Tu misma me lo decias: nunca sabes que nos depararà el destino. Y esta vez
he venido para quedarme.-
Ed era vero. Non mi sarei mai più allontanato da Paula, niente ci avrebbe
impedito di stare insieme. La afferrai per mano, la avvicinai a me e la baciai
dolcemente.

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