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CONCLUSIONE

Come spesso accade, quando ci si immerge nello studio di una ma-


teria o di un avvenimento che a prima vista sembra circoscritto da
confini e limiti cronologici ben delineati, ci si accorge con sorpresa
che queste barriere non sono poi così nette e ci si addentra piacevol-
mente verso nuovi interessanti spunti. Quando questi studi riguardano
poi un fenomeno storico, le teorie della ripetitività e della ciclicità ri-
sultano più che mai veritiere poiché gli eventi si ripropongono con una
frequenza molto elevata.
Questo studio ha come nucleo fondamentale il fenomeno del bri-
gantaggio che è stato analizzato attraverso diverse prospettive. Una
prima analisi storica ha reso conoscibile l’universo preso in esame:
partendo da un rapido excursus dei fatti più importanti avvenuti nel
Frignano è emersa la figura di un territorio dominato e conquistato da
potenze sempre nuove e diverse. I confini tracciati nelle epoche più
antiche sono perdurati, con ben pochi cambiamenti, fino all’epoca o-
dierna e le relazioni redatte dai Commissari per i propri superiori, par-
lano di un suolo povero ma al contempo di una popolazione laboriosa
che, con risorse molto scarse, faceva il massimo pur di sopravvivere.
Successivamente, da un esame sociologico focalizzato sugli abitan-
ti del Frignano, sono emerse in modo ancora più evidente le difficoltà
che questa gente doveva superare. La precaria economia, incentrata
prevalentemente sulla coltivazione di cereali e castagne, veniva siste-
maticamente mandata in frantumi dalle carestie che si abbattevano con
regolarità nel corso degli anni. Inoltre le famiglie venivano colpite
dalla necessaria migrazione degli uomini verso la Toscana in cerca di
“robba da mangiare”; come se non bastasse, coloro che rimanevano
dovevano racimolare quanto più raccolto possibile malgrado i disu-
mani contratti di affittanza che i signorotti locali strappavano ai lavo-
ratori terrieri.
Percorrendo gli anni del primo Cinquecento, appare più evidente la
ragione di questo scritto e la peculiarità delle vicende accadute in un
luogo e in un momento storico ben definiti. Con l’inizio della crisi
della potenza estense e la minacciosa attenzione di Roma verso i pos-

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sedimenti ferraresi in Appennino, si è assistito alla comparsa di una
figura di raccordo tra il governante e la popolazione: il brigante. Oltre
ad ottemperare gli ordini, il brigante agiva per un tornaconto personale
che spesso andava a scontrarsi con quello di altri malviventi. Le lotte
interminabili ed avvincenti, descritte in queste pagine, tra i da Casta-
gneto e il d’Amorotto non sono altro che l’espressione più bassa e po-
polare (ma anche quella più sanguinosa) degli scontri tra quelli che un
tempo erano il potere temporale, della Chiesa, e il potere dello Stato,
rappresentato dal Ducato d’Este.
Circa tre secoli più tardi, quando cioè gli ideali della Rivoluzione
Francese hanno fatto meta sul suolo del Frignano, si è assistito ad una
nuova, incredibile reazione da parte di un popolo che era da sempre
considerato come calmo e di indole non ostile. Ancora una volta le in-
segne estensi furono preferite al motto di “Libertà, Uguaglianza, Fra-
ternità!” e non passò molto tempo da quando comparvero le prime
imposizioni fiscali e l’esposizione dei registri di coscrizione obbliga-
toria, a quando molti ribelli di montagna si unirono in bande per re-
spingere gli invasori d’oltralpe. Ben presto i refrattari assumevano
l’appellativo di briganti e indirizzavano le loro azioni sempre più fre-
quentemente verso la gente di quelle zone che, ancora una volta, an-
dava a ricoprire il ruolo di vittima effettiva dell’intera vicenda.
Il moderno strumento di indagine e di analisi criminologica del
crime mapping è stato l’ultimo strumento di indagine utilizzato in
questo libro per completare lo studio del tema preso in esame. Innan-
zitutto è necessario dire che appare complicato trarre delle conclusioni
certe basandosi unicamente su questo tipo di ricerca, poiché la con-
formazione geopolitica del territorio in questione è mutata sensibil-
mente nel corso del tempo. Sarebbe dunque fuorviante enunciare leggi
che conformerebbero il comportamento e le azioni criminose in sche-
mi o chiavi di lettura ben delineati. Come già è stato detto, il fenome-
no del brigantaggio ha rappresentato, per il territorio del Frignano, un
elemento eccezionale all’interno della propria storia. Gli elementi che
ne hanno scaturito la comparsa sono stati individuati e i fattori che ne
hanno determinato la fine sono molteplici e legati in larga parte alla
stabilizzazione delle situazioni o alla scomparsa dei protagonisti di
questi eventi. Non abbiamo una continuità storica tra le due forme di

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brigantaggio analizzate, tuttavia può comparire una somiglianza tra le
modalità di azione dei briganti con quelle di una organizzazione de-
linquenziale ben radicata nella realtà odierna: la criminalità organizza-
ta.
Il moderno sistema del welfare implica una copertura dei bisogni
dei cittadini nel modo più completo possibile da parte dei diversi uffi-
ci amministrati dal governo centrale. Ma cosa accade quando la lunga
mano dello Stato non è in grado di raggiungere i centri periferici? In
questi luoghi nascono quegli intermediari che catalizzano su di sé le
responsabilità statali con l’uso della violenza e dell’illegalità; si tratta
di quel ruolo come filo conduttore che anche il brigante ricopriva. Le
similitudini tra queste realtà apparentemente così distanti sono molte-
plici: innanzitutto la zona di azione è periferica e lontana dallo sguar-
do statale: questo è dunque il presupposto per instaurare un vincolo
diretto e a sé stante. Inoltre entrambi gli attori creano un tipo di potere
autonomo ma allo stesso tempo si servono e fanno uso di quello cen-
trale, legalizzato, per agire “nel pieno rispetto delle norme”; questa af-
fermazione paradossale è possibile trarla dai fatti di cronaca in cui
spesso si assistono agire i membri dei clan mafiosi del tutto indistur-
bati o, in alcuni casi, addirittura coperti dalle autorità in cambio di fa-
vori o di altri servizi. Le fitte relazioni che un ricercato assassino tiene
con il proprio padrone, onorato dall’intera società, è un elemento che
si ripeterà ciclicamente nel tempo e che, presupponendo le inevitabili
differenze, manterrà intatti i principi cardine di allora.
Riallacciandosi alle parole di Aldo Magnoni, in particolare ponen-
do l’accento sulla parte finale della sua intervista, sempre in tema di
ciclicità storica, è necessario sottolineare un principio cardine alla ba-
se di tutta la storia del popolo del Frignano. Il punto di congiunzione
che ha legato indissolubilmente gli ultimi cinquecento anni del Fri-
gnano è riconducibile a quel “vento di libertà” accennato nell’ultima
parte dell’intervista. Se Sestola nel 1450 raggiungeva la liberazione
dalle oppressioni dei feudatari, cinque secoli più tardi, a pochi chilo-
metri di distanza, circa cinquemila partigiani si riunirono a Montefio-
rino ed invasero la Rocca occupata dai fascisti: nasceva il 17 giugno
1944 la prima Repubblica Partigiana d’Italia.

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Qua a fianco una incisio-
ne posta su una parete
della Rocca, sede della
Resistenza a Montefiori-
no, che ricorda il sudore
e il sangue versato dai
popoli del Frignano per
la libertà.

All’interno di questi cinque secoli stanno racchiuse altre storie ma


solamente alcune sono state riportate in queste pagine. Al pari delle
gesta dei partigiani di Montefiorino, quelle sconosciute bande che si
aggiravano 150 anni prima a Palagano o a Pievepelago, combattevano
contro un differente oppressore, ma per lo stesso ideale. Quell’ideale
che Cato portò in trionfo per tutto il Frignano, a capo degli eserciti del
Duca di Ferrara, e messo in pericolo da Domenico d’Amorotto appog-
giato dalle più alte cariche di Roma. Queste storie di certo sono meno
celebrate e conosciute, ma non per questo devono considerarsi di mi-
nor importanza.

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