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CAPITOLO SESTO: Intervista ad Aldo Magnoni

Desidero a questo punto lasciare spazio al dott. Aldo Magnoni che


effettuerà alcune considerazioni sull’argomento e risponderà ad alcune
domande. Autore di numerosi articoli e libri sulla storia e sui costumi
della gente del Frignano, Aldo Magnoni ha influenzato sensibilmente
le mie letture che hanno ispirato questo testo, trasferendomi parte del-
la passione che ha dedicato allo studio delle vicende delle nostre mon-
tagne.
Le parole che seguiranno sono state estrapolate dagli incontri avve-
nuti tra A. Magnoni ed il sottoscritto e successivamente rielaborate
sotto forma di intervista.

- Come si può spiegare il fatto che tra la gente del Frignano,


da sempre pacifica e laboriosa, sia esploso in alcuni perio-
di storici il fenomeno del brigantaggio?

Certamente la gente del Frignano si è distinta da sempre per la sua


pacatezza e per quell’indomito spirito di sopravvivenza malgrado le
difficoltà che comparivano nel corso della sua storia, tuttavia i periodi
analizzati in questo libro necessitano di un’analisi del tutto particolare
e nuova.
Per cominciare bisogna osservare quali erano i centri che catalizza-
vano il potere in queste epoche. Nel Quattrocento e nel Cinquecento il
fulcro del potere politico risiedeva a Ferrara; nei secoli successivi
Modena diventa la base delle decisioni amministrative. Il Frignano si
trovava distaccato da questi nuclei per un numero infinitamente mag-
giore di chilometri di quelli segnati sulle cartine geografiche. Le deci-
sioni prese all’interno dei palazzi di queste città arrivavano con estra-
neità e indifferenza tra la popolazione di queste montagne. Le grida
che i feudatari o i podestà adottavano venivano viste come puri stru-
menti di usurpazione e sfruttamento per le tasche già vuote di quelle
persone. È proprio in questo clima di distacco e scetticismo che un
terzo elemento entra prepotentemente in scena e permette di ricon-
giungere questo filo spezzato tra le parti.

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Colui che fungerà da punto di raccordo tra il potere centrale e la
popolazione sarà proprio il brigante: attraverso il suo agire violento
proteggerà il territorio del suo protettore dagli invasori esterni. Ciò ci
viene testimoniato sia dalle battaglie dei Da Castagneto in opposizione
al reggiano D’Amorotto sia dalla ribellione dei coscritti frignanesi
contro gli invasori francesi. Gli elementi che si ripetono sono dunque
quelli di un occupante che irrompe nel proprio territorio e di un se-
condo soggetto, presumibilmente che risieda nel paese invaso, che si
difende per poi attaccare a sua volta l’avversario con la forza e la vio-
lenza. Detto questo bisogna aver chiaro che questi tipi di comporta-
menti si poggiavano sulla piena illegalità e sarebbe illogico pensare
che le forze dell’ordine non avrebbero voluto arrestare e condannare
entrambi i criminali. I Commissari ducali spesso si trovavano impos-
sibilitati a fermare queste ondate di criminalità; innanzitutto le forze di
polizia di cui disponevano erano numericamente ed oggettivamente
inadatte ad affrontare le bande di delinquenti, in più dovevano assog-
gettarsi ai veti posti dai loro diretti superiori. Infatti sia il Duca sia il
Papa riponevano non poche attenzioni sulle azioni dei vari facinorosi,
in quanto se l’uno appoggiava una parte, l’altro necessariamente ap-
poggiava quell’altra. Gli interessi che venivano chiamati in causa era-
no molteplici e strategicamente fondamentali, perciò conveniva ad en-
trambe le potenze far agire in loro nome questi protetti ben armati ed
addestrati.
Il brigante riusciva ad entrare quasi inosservato nel suo territorio
che conosceva perfettamente; egli coinvolgeva la massa e non aveva
molte difficoltà nel ricercare uomini che partecipassero alle sue scor-
rerie.
L’esempio che ci viene fornito dai rivoltosi al tempo della Rivolu-
zione ci permette di comprendere chiaramente il ruolo svolto dalla
gente comune: se questa non avesse dato rifugio ai briganti avrebbe
rischiato ritorsioni e guai di gran lunga peggiori.
Appoggiare l’uno o l’altro schieramento diventava una necessità di
vitale importanza per la gente comune. La scelta sarebbe di certo rica-
duta sul soggetto originario del luogo, infatti solamente questo indivi-
duo avrebbe capito le esigenze e soddisfatto maggiormente le richieste
di quelle persone che provenivano dalla sua stessa realtà. Inoltre la

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protezione offerta dal delinquente locale si sarebbe rivelata molto utile
nei casi in cui il potente venuto da fuori avesse voluto attaccare o ap-
profittarsi di queste persone.

- Nella lotta tra i Da Castagneto e Domenico d'Amorotto


quali sono stati i motivi politici e religiosi che hanno por-
tato la gente a schierarsi ora per una, ora per l'altra fazio-
ne, fornendo loro nascondigli e viveri?

- La tela tessuta dal brigante partiva dunque da vicino e da pochi


conoscenti per poi allargarsi sempre più, fino ad inglobare diversi pae-
si e uomini al suo servizio. La gente ricavava da questa rete di scambi
e favori un indubbio beneficio diretto che si traduceva soprattutto in
minori prelievi fiscali.
Nell’epoca in cui agivano il da Castagneto e il d’Amorotto esiste-
vano due enormi potenze che si combattevano per il dominio del suolo
frignanese, in quanto questo era un valico importantissimo per i com-
merci tra Emilia e Toscana e, più in generale, una preziosa risorsa per
l’economia di entrambi.
Il legame tra la famiglia dei da Castagneto con la casata d’Este era
molto stretto, reso ancora più vigoroso dalle continue prove di ricono-
scenza che i figli di don Giacomo dimostravano al Duca. In seguito sia
Cato sia Virgilio si videro recapitare dall’estense numerosi doni ed
onorificenze per esprimere gratitudine della loro fedeltà. Contraria-
mente quel Domenico d’Amorotto che veniva dalle montagne reggia-
ne si distinse più volte per l’astio con cui affrontava le truppe del Du-
ca e per le strette relazioni con molti nemici del Duca stesso. Queste
particolari proprietà unite al valore che emergeva in battaglia fecero sì
che le attenzioni di Roma cadessero proprio su quest’altro delinquente
della montagna. Inutile dire come entrambi i briganti fossero presso-
ché intoccabili dalle rispettive giurisdizioni in quanto sia i commissari
ducali (Ariosto) sia i governatori papali (Guicciardini) avevano lette-
ralmente le mani legate nonostante il manifesto desiderio di catturare
questi criminali.
In tale cornice l’anello debole era certamente la gente comune che
in un modo o nell’altro avrebbe dovuto appoggiare il protetto ducale o

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quello papale. I motivi che spinsero alcuni ad appoggiare il
d’Amorotto o il da Castagneto non possono ricondursi unicamente a
fattori di tipo politico o religioso. Certamente in alcuni paesi dove la
religiosità era molto sentita, l’invasione papale era stata accettata tran-
quillamente; allo stesso modo le zone politicamente vicine agli estensi
avrebbero appoggiato il Duca e le sue resistenze. Ciononostante il sen-
timento che accomunava la maggior parte del popolo del Frignano e
che fece pendere le sorti del conflitto da una parte precisa era un altro:
la lealtà e l’attaccamento verso i Duchi estensi.
Il cuore pulsante del Frignano risiedeva nella podesteria di Monte-
fiorino e in quella di Sestola. Questi paesi furono i primi a ribellarsi al
dominio dei Montecuccoli nel XV secolo e ad appoggiare i signori di
Ferrara. Circa un secolo dopo, allo stesso modo, impugnarono nuova-
mente le armi per resistere al tentativo di occupazione di Fanano e Se-
stola operata dal Papa. Questa lotta terminò con la sconfitta dei fri-
gnanesi ma spesso non si ricorda che le truppe papali impiegarono
quasi dieci anni per piegare la tenacia dei ribelli della Provincia del
Frignano. Nel corso della storia del Frignano, ogniqualvolta che un
invasore tentò di conquistarlo, abbiamo assistito alla tenace resistenza
di un popolo che, seppur pacifico, non fu mai arrendevole e manifestò
con i fatti la propria lealtà e il proprio attaccamento ai suoi vessilli.

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- Come mai secondo lei durante il primo '800 i francesi, vi-
sti come portatori di democrazia e degli ideali rivoluziona-
ri, furono poi combattuti e ostacolati dalla gente del Fri-
gnano?

- Quando all’inizio dell’Ottocento gli ideali rivoluzionari valicaro-


no le Alpi per scalare gli Appennini, i francesi non si sarebbero di cer-
to aspettati un’accoglienza tutt’altro che amichevole. A questo punto è
doveroso aprire una piccola parentesi: il territorio del Frignano mo-
strava a quel tempo una geografia amministrativa tutt’altro che defini-
ta e regolare. L’arretratezza che regnava in certi luoghi era impressio-
nante, sia culturalmente sia economicamente. Ma come si spiegano
queste differenze così profonde in un territorio tutto sommato piutto-
sto piccolo?
Il lungo dominio estense portò giovamento nel Frignano, nella
maggior parte dei paesi, in termini di amministrazione, giustizia e te-
nore di vita. In questi luoghi particolarmente fortunati si registrò un
forte sentimento toponomastico che perdurò nel corso dei secoli. Nelle
podesterie in cui gli estensi vendettero o affittarono ad alcuni feudatari
i loro possedimenti, questo affetto venne a mancare a causa della du-
rezza con cui il signorotto locale trattava, o meglio sfruttava, queste
popolazioni. Lo stesso territorio che il contadino doveva lavorare non
veniva fatto suo, proprio perché il feudatario non lasciava nulla ai la-
voratori. A tal proposito vorrei ricordare gli antichi dissidi tra due pae-
si confinanti: Casola (che era sotto la podesteria di Montefiorino) e
Lago (che era sotto Medola e Rancidoro). Gli abitanti di Lago ve-
nivano tartassati dal feudatario che regnava su Medola e Rancidoro e
addirittura mostravano una malformazione al collo (veniva denomina-
to “gozzo”) dovuta alla mancanza di iodio e ad altre insufficienze ali-
mentari. Questi venivano a rubare e a depredare le abitazioni degli
abitanti di Casola, i quali rispondevano con il detto: “I guzzarö antig
antig, ién pö läder dal furmìg…”1.

1
Questo detto popolare significava “i gozzaroli antichi antichi, sono più ladri delle
formiche” e continuava con: “cun è bòt ed nà campäna ién töch fiö ed nà grän pü-
täna” (ad ogni rintocco della campana, sono tutti figli di una gran puttana). L’astio
tra questi due paesi confinanti perdurò fino al primo Dopoguerra, dunque ben oltre

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Disegno dei territori di Casola e il confine
con Rancidoro, 9 luglio 1616, A.S.Mo.

la scomparsa delle podesterie. Cfr. Magnoni A., Casola – Chiese, Territorio, Popola-
zione e Agricoltura, Ed. Il Fiorino, Modena 2004, p. 90.

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Questa situazione era presente in quasi tutti i paesi di Medola e
Rancidoro e venne a mancare quell’attaccamento al proprio territorio
tipico di altre zone del Frignano. È proprio nelle zone mancanti di ric-
chezza toponomastica che i francesi ebbero vita facile e non si scon-
trarono con le resistenze della gente.

Nelle antiche podesterie in cui si respiravano ancora i fasti del do-


minio estense, i rivoluzionari dovettero affrontare l’ardore degli abi-
tanti del Frignano che non sentirono ragione di lasciar via libera al-
l’invasore straniero.

- Ritiene che questi fenomeni di ribellione abbiano costitui-


to un evento importante nel susseguirsi delle vicende sto-
riche dell'Appennino modenese?

- Tutta la storia secolare è lo specchio di quello che avverrà succes-


sivamente. I violenti eventi descritti in questo libro entreranno radi-
calmente nel DNA di tutto il territorio del Frignano.
Un altro piccolo, quanto estremamente rappresentativo esempio ci
viene fornito dal piccolo paese di Savoniero. Molte carte geografiche
del XVI secolo tracciano erroneamente i confini della sopraccitata po-
desteria di Medola e Rancidoro seguendo ad ovest il corso del fiume
Dragone. L’errore riguarda proprio il paese di Savoniero poiché,
quando questo doveva essere venduto dal Duca ai Mosti, l’intero pae-
sino insorse e si ribellò animatamente al passaggio di consegne. Alla
famiglia Mosti andò dunque l’intera podesteria, salvo Savoniero i cui
abitanti si videro ricompensati della loro ostinazione e venne annesso
alla podesteria di Montefiorino sotto le amate insegne ducali.
Questo animo indomito nacque all’incirca nel 1450 e, con la cac-
ciata dei feudatari, si iniziò a respirare una forte aria di libertà. Ab-
biamo visto come questo spirito battagliero ritorni tempo dopo con
l’invasione papale e, successivamente con quella francese. La matrice
culturale che si forgiò in questi periodi ritornerà nei secoli a venire
con maggiore o minore enfasi, fino all’esplosione più clamorosa che si
verificò durante la Seconda Guerra Mondiale. Non a caso Montefiori-
no nel 1945 divenne il centro italiano della resistenza partigiana; gran

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parte del merito deve essere riconosciuto, a mio avviso, alla storia
scritta e portata avanti da tutti i popoli del Frignano che combatterono
queste battaglie nel corso dei secoli.

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