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Un solo lusso vero esiste, ed quello dei

rapporti umani.
Lavorando unicamente per i beni materiali ci
costruiamo da soli la nostra prigione. Ci
rinchiudiamo, solitari, con la nostra moneta di
cenere che non procura nulla di ci che vale la pena
dessere vissuto.
Se cerco tra i miei ricordi quelli che mi hanno
lasciato un sapore durevole, se faccio il bilancio
delle ore che contarono, ritrovo infallibilmente ci
che nessuna ricchezza sarebbe valsa a procurarmi.
Non si compera lamicizia di un Mermoz, di un
compagno vincolato per sempre a noi dalle prove
vissute insieme.
Quella notte di volo con le sue centomila stelle,
quella serenit, quella

sovranit di qualche ora, non pu comperarle il


denaro.
Quellaspetto nuovo del mondo dopo la tappa
difficile, quegli alberi, quei fiori, quelle donne, quei
sorrisi colorati di fresco dalla vita che lalba ci ha
reso pocanzi, quel coro di piccole cose che ci
ricompensano, non pu comperarli il denaro.
N pu comperare quella notte vissuta in terra
ribelle che mi torna alla memoria

Eravamo
tre
equipaggi
dellAropostale,
impantanati sul far della notte sulla costa di Rio de
Oro.
Il mio compagno Riguelle era stato il primo a
scendere, per una rottura di biella; un altro
compagno, Bourgat, aveva a sua volta atterrato per
prelevarne lequipaggio, ma unavaria di minor conto
aveva inchiodato al suolo anche lui. Atterrai io,
infine, ma al mio arrivo scendeva loscurit.
Si decise di salvare laereo di Bourgat e, per
eseguire bene la riparazione, di aspettare che
facesse giorno.
In panne esattamente qui, un anno prima, i
nostri compagni Gourp ed Erable erano stati
massacrati dai ribelli. Sapevamo che cera anche
adesso, accampata da qualche parte a Bojador, una
banda armata di trecento fucili. I nostri tre atterraggi,
visibili di lontano, avevano forse dato lallarme, e la
veglia che intraprendevamo poteva essere lultima.
Quindi ci siamo disposti per la notte.
Scaricate dal bagagliaio cinque o sei casse di
merci, le abbiamo vuotate e disposte a cerchio e, in
fondo a ciascuna, come nella cavit di una garitta,
abbiamo acceso una misera candela, scarsamente
protetta contro il vento. Cos in pieno deserto, sulla
nuda scorza del pianeta, in una solitudine da
primordi del mondo, abbiamo costruito un villaggio
duomini.
Raggruppati a trascorrere la notte su quella
piazza grande del nostro villaggio, scampolo di
sabbia sul quale le nostre casse spandevano un
barlume tremolante, abbiamo atteso. Attendevamo
lalba, che ci avrebbe salvati. Oppure i mauri. E non
so che cosa mai desse a quella notte un sapore
natalizio. Si raccontavano ricordi, ci si prendeva in
giro, si cantava.
Assaporavamo lo stesso lieve fervore che si ha
in seno a una festa ben predisposta.

Eppure eravamo di una povert infinita. Vento,


sabbia, stelle.
Dura regola da trappisti. Ma su quella tovaglia
mal rischiarata, sei o sette uomini, che al mondo
non possedevano pi nientaltro che i loro ricordi,
spartivano ricchezze invisibili.
Ci eravamo finalmente incontrati.
Lungamente si cammina a fianco a fianco, chiusi
nel proprio silenzio o scambiando parole che nulla
convogliano.
Ma ecco lora del pericolo.
Allora ci si spalleggia a vicenda. Ci si accorge di
appartenere alla medesima comunit. Ci si amplia
nella scoperta daltre coscienze. Ci si guarda con un
largo sorriso.
Si simili a quel prigioniero, rimesso in libert,
tutto stupito di fronte allimmensit del mare.
Antoine de Saint-Exupry,
da "Terra degli Uomini" - Ed. Bompiani

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