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Alessandra Leonelli
Guinizzelli,
Lapo
Gianni,
Cavalcanti,
Dante,
Petrarca,
Per
descriverlo
2 G. Pozzi, Commento, in G. B. Marino, LAdone, Mondadori, Milano, 1976, tomo II, pp.
258-260, nota a Canto III, ottave 156-161.
stilnovistica assume una funzione nuova, che rivoluziona gli schemi della
lirica precedente. Mentre in questultima le luci degli occhi erano
sublimemente inespressive, fissate in una immobilit sovrumana e
stereotipa, nella nuova prospettiva barocca esse perdono tali connotati
metafisici, si umanizzano, entrano in empatia con il mondo. Ma,
soprattutto, non sono pi passive e immobili: rivolgono lo sguardo alle
cose con interesse e sentimento, con una affettivit che quasi equivale a
quella per gli esseri umani. Le luci, in tale situazione specifica, sono
attributo di unentit divina che qui
tende a personalizzarsi e a
(intensificata anche dal ritmo incalzante dei versi) in cui Venere sembra
quasi crogiolarsi e come ammiccare al lettore. Il verso 2 dellottava 156
(rosa del sangue mio fatta vermiglia) costruito su una intensa nota
coloristica, immersa in un fitto complesso di allitterazioni di suoni
incentrati sul nesso vocale+liquida: ro/ri/or/el/ur/ra/ol/er/ri/, fra le quali si
formano due paronomasie piene, rosa/riso e fregio/pregio, e un effetto
paronomasico fra onor e odorifera. Fioriscono, soprattutto nelle ottave 157
e 158, catene metaforiche sostenute e rese vibranti da un continuo
impastarsi e reimpastarsi dei suoni delle parole tra loro. Il risultato un
protratto
metamorfismo,
deffetto
caleidoscopico,
che
si
fa
con
cui
Marino
intona
lottava,
risultante
una
simmetria
metaforica
di
ruoli
espressa