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le sofferenze degli animali che

mangiamo
Tendiamo a non pensarci perch tendiamo a non saperlo
Forse non tutti sanno che le uova che mangiamo provengono da galline, cosiddette ovaiole, e che la stragrande
maggioranza di queste, il 90%, rinchiusa in gabbie talmente piccole da impedire loro di aprire le ali. Negli allevamenti in
batteria, infatti, in gabbie dalle dimensioni di un giornale, sono stipate fino a sei galline. Queste prigioni sono di rete metallica,
che procura ferite e dolore alle zampe degli animali ed inoltre sono situate in capannoni perennemente illuminati per
incrementare la produzione di uova. La situazione non migliora neanche negli allevamenti a terra, nei quali, s le galline non
vivono in gabbia, ma sono sempre stipate in capannoni illuminati e dallaria irrespirabile, per lammoniaca che si sviluppa
dallurina e dalle feci. Per non parlare dei polli da carne, che, con tecniche di manipolazione genetica, sono stati indotti a
crescere pi del doppio in meno della met del tempo. Mentre una volta avevano unaspettativa di vita di 15-20 anni, oggi
vengono macellati verso le sei settimane. Diciamo che linsistente richiesta di pollame negli allevamenti intensivi ha causato un
aumento del quattrocento per cento del loro tasso di crescita.
Inoltre, per disporre di una maggiore produzione di latte, gli allevatori macellano i vitelli che le mucche sono costrette
a partorire. In India, dove molte persone sono vegetariane ma consumano molto latte, i vitelli sono spesso considerati scarti e
finiscono uccisi in fosse comuni. In Italia accade qualcosa di simile con i bufalini maschi (gli scarti della produzione di
mozzarella di bufala) o con i pulcini maschi delle galline ovaiole. Questi ultimi (in America circa la met, pi di
duecentocinquanta milioni di pulcini) vengono annienta-ti su una piastra elettrificata o semplicemente buttati in grossi
contenitori di plastica; altri vengono triturati vivi.
Infine, la pesca moderna tende a servirsi di metodi e tecnologie che portano alla cattura di enormi quantit di prede
accessorie, che costituiscono tutte le creature marine catturate per sbaglio. Ad esempio, la pesca a strascico dei gamberetti
porta a rilanciare in mare circa l80-90% del pescato, morto o morente, in quanto cattura secondaria; senza contare il fatto che
spesso vi rientrano specie a rischio di estinzione.
La soluzione non consiste necessariamente nello smettere di mangiare la carne, perch essere vegetariani, o addirittura
vegani, non una scelta facilmente condivisibile e comunque ci non basterebbe ad eliminare le sofferenze non necessarie agli
animali che mangiamo, che, come abbiamo visto, vengono maltrattati anche per la produzione dei derivati. Unalternativa
potrebbe essere quella di informarsi sulla provenienza dei prodotti; boicottando gli allevamenti intensivi e promuovendo invece
quelli che rispettano le esigenze naturali degli animali, si agevolano le condizioni di trasporto riducendo il numero di animali per
gabbia ed evitando loro sofferenze inutili, sia nel corso della vita sia durante la macellazione.

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