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Filosofia per temi

Linconscio

Il concetto
Dal latino inconscius, negativo di conscius, consapevole. Usato di solito come aggettivo per
indicare i contenuti psichici inaccessibili alla coscienza, stato sostantivato solo in epoca recente, a
partire da Freud, anche se con qualche anticipazione ottocentesca: Eduard von Hartman (Filosofia
dellinconscio, 1869), che si richiama a Schopenhauer, e Nietzsche, che usa il termine Es per
riferirsi alla istintualit inconscia delluomo.

Il problema
Il comportamento umano tradizionalmente riferito a due possibili ordini di cause: da un lato la
volont, che implica una scelta consapevole e intenzionalmente orientata, dallaltro forze inconsce
che agiscono sullindividuo. Il primo tipo di spiegazione quello pi antico e maggiormente
ricorrente in filosofia. Il secondo, invece, caratteristico del pensiero moderno, a partire dal 600.
Hobbes e Spinoza propongono una spiegazione del comportamento muovendo da passioni,
derivabili, con metodo deduttivo, dallistinto fondamentale, quello di conservazione. In questa
prospettiva incomincia a delinearsi uninterpretazione a pi livelli delle motivazioni umane: un
livello cosciente delle finalit esplicite e uno inconscio delle cause effettive. Non a caso, proprio nel
Seicento viene formulata, ad opera di Leibniz, una prima embrionale teoria dellinconscio. Sar
per lOttocento a scoprire e a teorizzare linconscio come dimensione, a partire dalla filosofia
idealistica (in particolare con Schelling), passando attraverso Schopenhauer e Nietzsche, per
arrivare infine alle indagini scientifiche di Freud e della psicoanalisi.







Le tesi principali

1. Leibniz e le piccole percezioni
Secondo Leibniz, ogni monade rispecchia lintero universo dal proprio punto di vista particolare.
Non ne ha, per, una conoscenza cosciente (appercezione), ma in misura maggiore o minore
inconscia (percezione). Quanto pi elevato il livello della coscienza rispetto alla percezione
inconscia, tanto pi elevata la monade nella gerarchia degli esseri, culminando in Dio dove la
dimensione inconscia non esiste pi e rimane soltanto la coscienza, lappercezione.
Per suffragare la propria tesi relativa alla dimensione inconscia, Leibniz teorizza le piccole
percezioni, mostrando che spesso siamo consapevoli della percezione complessiva ma non delle
piccole percezioni che la costituiscono: il verde del prato dato dai singoli fili derba che per non
percepiamo come tali, il rumore del mare dato dalle singole onde di cui non abbiamo coscienza.

2. La dimensione inconscia nelle filosofie dellidealismo
Nei primi decenni dellOttocento, sullo sfondo del romanticismo e dellimportanza data alle
componenti a-razionali delluomo, la problematica coscienza/inconscio al centro delle filosofie
dellidealismo (soprattutto con Fichte e con Schelling). La riflessione non riguarda ancora, per,
linconscio individuale, ma una dimensione generica comune a tutta lumanit, cos come generali
sono le dinamiche individuate tra la coscienza e linconscio. Linconscio ha sempre valenza
negativa, anche quando, come in Schelling, si sviluppa nella dimensione cosciente. Esso
contrapposto alla spiritualit, allautocoscienza e deve essere rimosso (Fichte) o superato
(Schelling) perch la dimensione spirituale, che rappresenta il polo positivo, possa affermarsi. In
Schelling, tuttavia, rimane in parte anche con il raggiungimento dellautocoscienza ed colto
dallespressione artistica.

3. Inconscio e demistificazione dei valori
Come nellidealismo, anche in Schopenhauer e in Nietzsche linconscio ha una valenza
prevalentemente generale: la loro analisi, pur rivolgendosi allindividuo, fa riferimento a dinamiche
comuni a tutti gli uomini. La dimensione inconscia non ha per una connotazione negativa, ma
rappresenta il lato nascosto della personalit, la causa effettiva del comportamento dietro i motivi
palesi o affermatisi storicamente. Nellinconscio si ritrovano le vere radici, spesso di segno
completamente diverso, dei valori affermati, celebrati ed imposti dalla societ. In Nietzsche
assume una valenza positiva, esprimendo la vitalit naturale che stata soffocata dalla morale.

4. La scienza dellinconscio
Lanalisi dellinconscio diviene con Freud oggetto di scienza, della nuova scienza da lui chiamata
"psicoanalisi". Ovviamente, per illustrare la teoria freudiana dellinconscio occorrerebbe riproporre
lintera analisi sviluppata nel relativo capitolo, e ad esso si pu fare riferimento per approfondire il
problema. Qui interessa soprattutto ricostruire il percorso implicito che ha condotto al
riconoscimento, allinterno del pensiero filosofico, della problematica dellinconscio; perci
ricorderemo soltanto alcuni essenziali passaggi della teoria freudiana.




Analisi delle tesi principali

1. Leibniz e le piccole percezioni
Nel Seicento si scontrano due concezioni antitetiche della conoscenza:
- lempirismo, che ha il massimo rappresentante in Locke, sostiene che tutte le idee derivano
dallesperienza e vengono successivamente rielaborate in vario modo dallintelletto;
- il razionalismo, inaugurato in chiave moderna da Cartesio e sostenuto da Leibniz, afferma
che alcune idee generali, come quelle logiche e matematiche, non possono derivare
dallesperienza e pi in generale lesperienza significativa solo a partire da idee che le
danno forma e dunque precedono lesperienza stessa.

La polemica diviene diretta proprio con Leibniz, il quale scrive tra il 1703 e il 1705 i Nuovi saggi
sullintelletto umano, in risposta al Saggio sullintelletto umano di Locke. Leibniz sostiene, contro
Locke, lesistenza di idee innate, ma per rispondere alle obiezioni che i bambini non hanno tali idee
delinea un innatismo virtuale: fin dalla nascita abbiamo le idee che formeranno la nostra
conoscenza durante la vita, ma in forma inconscia. Leibniz non usa questo termine: parla invece di
percezioni per indicare le conoscenze confuse, di cui non siano consapevoli, e di appercezione per
indicare il livello della coscienza.
[Per approfondire: Il pensiero plurale, Vol. II, Modulo 3, T4, Leibniz: Linnatismo virtuale]
Leibniz sostituisce alla nota metafora di Locke, che paragona la mente alla nascita a una tabula
rasa, quella della statua contenuta virtualmente nel marmo, anche se la sua figura deve essere
portata successivamente alla luce. Le idee non vanno identificate con il contenuto della coscienza,
come voleva Locke. Esiste una dimensione inconscia che Leibniz approfondisce con la teoria delle
cosiddette piccole percezioni. Affinch percepiamo il verde del prato o il rumore del mare,
necessaria la somma delle percezioni delle singole onde o dei singoli fili derba, percezioni per
delle quali non abbiamo in alcun modo coscienza, tanto che non potremmo distinguerle, neppure
ponendovi attenzione, da quella dinsieme.
[Per approfondire, v. il brano Percezioni coscienti e percezioni inconsce]
Le piccole percezioni non riguardano per solo la conoscenza, ma anche il comportamento e le
reazioni psichiche, ed proprio in questo ambito che Leibniz precorre la nozione di inconscio.
Secondo Leibniz, ogni accadimento deve essere spiegabile, cio deve avere una ragion sufficiente
per cui si verifica in un determinato modo piuttosto che in un altro. Anche comportamenti che
sembrano casuali hanno in realt la loro ragion sufficiente che li spiega, ma si tratta, spesso, di un
insieme di piccole percezioni inconsce che solo come risultante generale, nellazione che
determinano, risultano visibili.
[Per approfondire: Il pensiero plurale, Vol. II, Modulo 3, T33, Leibniz: Le piccole percezioni]
La teoria delle piccole percezioni individua temi e ambiti di riflessione che saranno ripresi dalla
filosofia dellOttocento e dalla psicoanalisi: il comportamento umano ha sempre una spiegazione,
anche quando non ne siamo consapevoli, ed essa da ricercare in una dimensione diversa da quella
della coscienza, che lo determina anche al di l, o indipendentemente, dalle nostre intenzioni.

2. La dimensione inconscia nelle filosofie dellidealismo
Fichte
Fichte non parla esplicitamente di "inconscio", ma la dialettica Io/Non-io deve essere letta in gran
parte in questi termini. LIo produce il mondo (il Non-io) mediante unattivit inconscia,
limmaginazione produttiva e deve successivamente tendere a prendere coscienza di questo
processo e di essere lintera realt.
Nelle opere divulgative, e in particolare nella Missione del dotto, lo sforzo (Streben) di ricondurre
il Non-io allIo, linconscio alla coscienza, appare in modo evidente. Agendo sulle cose,
trasformando la natura, in realt lIo agisce su se stesso, prende coscienza di s. In altri termini,
umanizzando il mondo luomo umanizza se stesso, eliminando i condizionamenti che determinano
in lui abitudini estranee alla volont, ponendo le cose "in armonia con i nostri concetti", come si
legge nel brano.
Lumanizzazione di s si sviluppa come rapporto tra Io e Non-io, dove il secondo termine,
relativamente allindividuo, indica linsieme delle passioni, degli istinti, di tutto ci che nelluomo
naturalit e inconscio, verso il raggiungimento dellautocoscienza e del dominio della razionalit.
Linconscio viene visto da Fichte come lirrazionale e il negativo, ma destinato ad essere superato
mediante lo sforzo dellIo di ricondurlo a s.
[Per approfondire: Il pensiero plurale, Vol. III, Modulo 1, T1, Fichte: Luomo e la natura e T2,
Fichte: Luomo come facolt pratico-attiva]


Schelling
In Schelling linconscio ha dimensione universale. Lintera natura Spirito inconscio, che
attraverso luomo raggiunge la coscienza. Ma lo sviluppo dallinconscio alla coscienza caratterizza
anche la storia dellumanit e quella del singolo individuo.
[Per approfondire, v. il brano di Schelling, Conscio e inconscio, ideale e naturale]
Il passaggio dallinconscio al conscio, dal reale allideale, caratterizza tutti i diversi ambiti
dellessere, dalluniverso alluomo al sapere. Ma esso non pu mai compiersi completamente,
perch luomo, anche quando ha raggiunto il massimo della spiritualit, rimane comunque un essere
naturale, e permane in lui, come nella natura, qualcosa che si sottrae alla comprensione razionale e
al sapere dispiegato. Per questo, secondo Schelling, il vertice della conoscenza non raggiungibile
con la ragione, ma con larte, che riesce a cogliere e ad esprimere questi due momenti. Nel Sistema
dellidealismo trascendentale larte viene considerata la sintesi compiuta di conscio e inconscio.
[Per approfondire: Il pensiero plurale, Vol. III, Modulo 1, T6, Schelling: Larte come sintesi di
conscio e inconscio e T7, Schelling: Linfinit inconscia dellopera darte]
La concezione schellinghiana dellinconscio anticipa quella di J ung piuttosto che quella freudiana.
Quello di cui egli parla infatti un inconscio universale e storico, che si esprime nella produzione
artistica attraverso legami non consapevoli tra il singolo e la totalit. I significati dellopera darte
non sono prodotti dallartista e vanno ben al di l di quanto egli possa aver consapevolmente voluto
esprimere. Ogni epoca coglie, ad esempio, nella mitologia greca, significati nuovi a mai esauriti,
sconosciuti agli stessi Greci.
Nelle Lezioni di Stoccarda Schelling riferisce la dialettica conscio-inconscio a Dio, per spiegare il
passaggio da Dio al mondo. Un Dio perfetto non avrebbe infatti bisogno di produrre la realt finita e
dunque Dio stesso deve essere pensato come una sintesi di conscio e inconscio, cio come
caratterizzato da una profondit oscura e irrisolta. Questo fondo inconscio spiega il decadere a
mondo, condizione perch Dio ritrovi se stesso attraverso un processo di redenzione che coincide
con la storia universale, attraverso la quale il mondo ricondotto a Dio.
[Per approfondire, v. il brano di Schelling, La dialettica del divino]
Partendo dal rapporto tra conscio e inconscio in Dio, Schelling spiega lorigine del male e del finito.
Dio si cerca nel mondo in uno sforzo drammatico per ricondurre il mondo a s. La stessa dinamica
interessa luomo, anchegli caratterizzato dal conflitto tra razionalit e impulsi. Nelle Lezioni di
Stoccarda Schelling si sofferma sulla dinamica tra coscienza e inconscio, descrivendo questo come
un principio oscuro e irrisolto, ma al tempo stesso vitale, che ogni individuo deve portare alla
coscienza, senza per sopprimerlo mai completamente, perch da tale impulso che derivano la
naturalit delluomo e la sua stessa vita.

3. Inconscio e demistificazione dei valori
Schopenhauer
La centralit che assume nella filosofia dellultimo Schelling la problematica dellinconscio
stabilisce dei punti di contatto con la contemporanea riflessione di Schopenhauer. Per
Schopenhauer, per, linconscio universale non il lato oscuro di Dio, ma la Volont come
principio irrazionale e non razionalizzabile delluniverso, rispetto al quale tutti gli esseri, compreso
luomo, non sono che manifestazioni e strumenti. Per questo, i motivi intenzionali del
comportamento individuale sono illusori. Luomo crede di agire, ma invece agito dalla Volont, il
principio irrazionale che anima il mondo, senza fini da raggiungere se non lautoconservazione. Il
corpo stesso costituisce una oggettivazione della Volont, che attraverso i vari apparati realizza gli
impulsi di base legati allautoconservazione e a al desiderio. Cos, lapparato masticatore e
digerente loggettivazione della fame, quello genitale del desiderio sessuale, e cos via.
[Per approfondire, v. il brano di Schopenhauer, Il corpo come incarnazione della volont]
In Schopenhauer il piano universale e quello esistenziale sono in interazione continua. La Volont
la cosa-in-s, la sostanza delluniverso, ma anche volont individuale, che agisce al di sotto della
coscienza in ogni singolo uomo. Essa si manifesta nel corpo, dove gli impulsi inconsci acquistano
consistenza e realt organica. Lintelletto conosce il mondo come rappresentazione, come
fenomeno, e in questo ambito organizza la realt, che si presenta ordinata, razionale, intelligibile.
Ma proprio a livello del corpo che la realt noumenica, irrazionale e inquietante, prende forma,
diventando luomo stesso ed esprimendosi in ogni suo atto vitale. Lindividuo si trova cos scisso
tra lordine e il finalismo che stabilisce nel cosmo con lattivit cosciente, e lirrazionalit delle
pulsioni inconsce che lo determinano in ci che ha di pi personale e immediato, il proprio
organismo. Tramite esso agito dalla Volont universale, dal mondo noumenico, che pu conoscere
- o, meglio, sentire - attraverso il corpo che ne strumento. Lindividuo ritiene quindi di agire per
conseguire propri fini particolari, ma invece la volont che agisce inconsciamente in lui,
determinandone il comportamento reale. Ad esempio, dietro a tutta la retorica dellamore, che ha
ispirato pittori e poeti, non c che il desiderio sessuale orientato al congiungimento fisico e alla
riproduzione, unica finalit cui tende la Volont, indifferente alla sorte degli individui e orientata
unicamente alla conservazione di s attraverso le diverse specie viventi.
[Per approfondire: Il pensiero plurale, Vol. III, Modulo 3, Nodi di discussione, Amore e pulsione
sessuale].


Nietzsche
La problematica dellinconscio ha un particolare rilievo nellopera di Nietzsche (in giovent grande
ammiratore di Schopenhauer) che anche il primo a denominarlo Es, termine ripreso poi da
Freud, o da lui reinventato, dato che negher sempre di averlo derivato da Nietzsche.
Una delle pi significative analisi di Nietzsche riguarda lorigine stessa della coscienza come di
qualcosa di artificiale, che si contrappone alla naturalit degli istinti. Luomo rivolge contro se
stesso la propria aggressivit naturale, costringendosi a unautorepressione delle proprie pulsioni e
determinando con ci stesso la propria infelicit. Contro il controllo esercitato dalla morale e dalla
coscienza, luomo deve invece recuperare i propri antichi istinti, su cui riposavano la sua forza,
il suo piacere e la sua terribilit.
[Per approfondire, v. il brano di Nietzsche, La cattiva coscienza e la morale del risentimento]
Nietzsche non afferma semplicemente lesistenza di un piano dellessere umano precluso alla
coscienza, ma ne considera i meccanismi, facendo derivare da esso la morale, cos come andata
costruendosi nella storia. Ad esempio, quelli che sono considerati valori importanti, come la
giustizia, hanno una genesi molto prosaica: non riuscendo a sopraffare gli altri senza porre in
pericolo se stessi, gli uomini hanno cominciato a considerare preferibile accordarsi tra s, stabilendo
regole comuni. Questo accordo, nato per finalit utilitaristiche ed egoistiche, stato poi tramandato
e insegnato ai nuovi membri come un valore degno di essere rispettato ed stato cos interiorizzato,
venendo a far parte della morale implicita di ognuno, dimenticandone lorigine.
[Per approfondire: Il pensiero plurale, Vol. IV, Modulo 1, T1, Lorigine dei valori e T2, Origine e
funzione della giustizia]
4. La scienza dellinconscio
Freud arriva allintuizione dellinconscio mediante lo studio del fenomeno della rimozione, cio
dellapparente dimenticanza di alcuni episodi del nostro passato che rimangono comunque attivi,
tanto che possono essere ricordati, rivelando anche linfluenza che hanno avuto sullo sviluppo della
nostra personalit. Ma se di tali fatti non eravamo coscienti eppure essi producevano degli effetti,
dovevano essere in noi ma in modo non consapevole, in una dimensione inconscia.
Freud perviene a chiarire questa istanza della psiche mediante lo studio di una serie di fenomeni, dai
sogni agli atti mancati, che possono essere interpretati come lespressione di tali dinamiche
inconsce. Questa analisi viene poi formalizzata da Freud mediante la rappresentazione della
personalit descritta nella cosiddetta seconda topica ("topiche" sono le rappresentazioni
spazializzate, topografiche, che egli propone della realt psichica). Essa si articola in tre
componenti: Io, Es e Super-io. LIo la coscienza, il punto di origine della volont, del
comportamento intenzionalmente orientato. Nellanalisi di Freud, questa componente delluomo,
pi che orientare effettivamente il comportamento, sembra produrre le giustificazioni razionali di
atti e tendenze soltanto apparentemente voluti. In realt, le scelte dellIo sono la risultante della
dinamica dellEs e della sua interazione con il Super-io, processi entrambi inconsci (il secondo solo
parzialmente). LEs si compone di dinamiche inconsce in parte istintuali e quindi comuni a tutti gli
uomini (in particolare la pulsione sessuale, ma anche quella aggressiva, listinto di morte
denominato thanatos, in parte individuali, il rimosso, le esperienze personali apparentemente
dimenticate. Queste componenti dellinconscio sono separate dalla coscienza da una struttura di
controllo, il Super-io, listanza morale che opera una vera e propria censura nei confronti
dellinconscio, sia inibendo la manifestazione immediata delle pulsioni, sia trasformandone in
forma allegorica i contenuti, come avviene ad esempio nei sogni. La dimensione inconscia
costituisce quindi la parte pi ampia e pi importante della personalit, e condiziona le coscienza e
il comportamento ritenuto intenzionale, ma in realt determinato in ampia misura da motivazioni e
pulsioni che restano inconsce finch lanalisi non le riporta alla coscienza.
[Per approfondire: Il pensiero plurale, Vol. IV, Modulo 5, T3, Freud, Il modello della personalit]
Alla luce di questa interpretazione, i concetti di bene e di male perdono significato, e pi in
generale vengono posti in discussione i concetti di responsabilit morale e di libert. Luomo non
sceglie, ma agito da forze sulle quali non ha alcun controllo e delle quali acquista consapevolezza
soltanto mediante lindagine psicoanalitica.
In questo giuoco di forze inconsce, se lEs esprime le componenti naturali e istintuali, il Super-io
per contro modellato socialmente e interiorizzato dallindividuo. La dimensione storico-culturale
viene riproposta da Freud come una delle cause che determinano il comportamento a livello
inconscio.
[Per approfondire, v. il brano di Freud, La nascita del senso morale]
Nel saggio Il disagio della civilt Freud propone uninterpretazione della morale molto vicina alla
prospettiva di Nietzsche. La morale nasce per tenere a freno gli istinti aggressivi delluomo, che
costituirebbero una minaccia perenne per la convivenza sociale. La repressione di tali istinti, per,
come gi sottolineava Nietzsche, preclude alluomo la realizzazione di s e quindi il conseguimento
della felicit.
[Per approfondire, v. i brani di Freud, Lorigine del Super-Io e Laggressivit parte della natura
umana]
A differenza di Nietzsche, Freud non ritiene per possibile eliminare i controlli sociali e morali e
liberare le componenti istintuali, perch la loro natura distruttiva comprometterebbe la
sopravvivenza stessa della societ. Linfelicit quindi la condizione ineliminabile per conservare
lorganizzazione sociale. La valutazione freudiana degli impulsi inconsci infatti molto meno
ottimistica di quella di Nietzsche. Questi vedeva nella liberazione delle pulsioni inconsce
laffermazione della volont di potenza e la nascita di un nuovo modello di uomo, il superuomo.
Per Freud, al contrario, verrebbe in questo modo liberata una carica aggressiva che farebbe
delluomo, come sosteneva Hobbes, un lupo per gli altri uomini. Il pessimismo di Freud riposa sulla
convinzione, maturata soprattutto nelle ultime opere, che le forze istintuali non siano soltanto quelle
sessuali che trovano espressione nel concetto di Eros, ma anche quelle aggressive e distruttive che
si manifestano nellimpulso di morte, o Thanatos.
[Per approfondire, v. il brano di Freud, Eros e Thanatos]

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