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un uomo

finito

Opere

di

GIOVANNI RAPINI
h

STORIA DI CRISTO
FINZIONE
TRAGICO QUOTIDIANO
PILOTA CIECO

70' migliaio.

1906; 1913; 1918; 1920.


1918; 1920.

1907; 1913;

UN UOMO FINITO
BUFFONATE

1912; 1915; 1917; 1918; 1919; 1920; 1922.

1914; 1918; 1919; 1922.

LIRICA
CENTO PAGINE DI POESIA 1915; OPERA PRIMA 1917; 1918; 1921. GIORNI DI FESTA 1918; 1920.
1918; 1920.

TEORIA
CREPUSCOLO DEI FILOSOFI
1

906

914

9 9
1

92

ALTRA META 1912; PRAGMATISMO 1913;

1916; 1918; 1922.


1920.

POLEMICA
24

CERVELLI

1912; 1915;

1917; 1918.

STRONCATURE

1916; 1917; 1917'; 1918; 1920.

MASCHILIT 1915; 1918; 1921. ESPERIENZA FUTURISTA 1919. POLEMICHE RELIGIOSE 1918. LA PAGA DEL SABATO 1915. L'UOMO CARDUCCI 1918; 1918; TESTIMONIANZE 1918; 1919. FUROPA OCCIDENTALE 1918. CHIUDIAMO LE SCUOLE 1919.

1919.

"Ln^a

un uomo
DI

finito

GIOVANNI PAPINI
UNDICESIMA EDIZIONE

VALLECCHI EDITORE FIRENZE

PROPRIET LETTERARIA

Firenza, 1922

Subilimenti Grafici A. Vallecchi: Via Ricasoli 8, Via S. Zanobi 64

Tu non
Anima

se'

mortai

ma
s
ti

se'

ismarrita

nostra, che

lamenti

Dante

andante

Visse tutta sua et solo e selvaggio.


Ariosto,.

I.

Un mezzo
^
.

titratto*

Io

non son mai stato bambino. Non ho avuto fan;

ciullezza.

Calde e bionde giornate di ebbrezza puerile

lun-

ghe serenit

dell'

innocenza
:

sorprese della scoperta quo?

tidiana dell' universo

che son mai

Non

le

conosco o
;

rammento. L' ho sapute dai libri, dopo le indovino, ora, nei ragazzi che vedo 1' ho sentite e provate per la prima volta in me, passati i vent'anni, in qualche attimo felice di armistizio o di abbandono. Fanciullezza amore, letizia, spensieratezza ed io mi vedo nel passato, sempre, separato, meditante. Fin da ragazzo mi son sentito tremendamente solo

non

le

e diverso

so

il

perch. Forse perch

miei eran

poveri o perch non ero nato


ricordo soltanto che

come

gli altri ?

Non
il

so

una

zia

giovane mi dette

sopran-

o sett'anni e che tutti i parenti l'accettarono. E difatti me ne stavo il pi del tempo discorrevo pochissimo, anche cogli serio e accigliato
di vecchio

nome

sei

altri

ragazzi

complimenti
;

mi davan noia

gestii

mi facevan dispetto
gni
dell'

e al chiasso sfrenato dei

compa-

et pi bella preferivo la solitudine dei can-

lucci pi riparati della nostra casa piccina, povera e

buia. Ero,

insomma, quel che le signore col cappello chiamano un bambino scontroso e le donne in capelli un rospo . Avevan ragione dovevo essere, ed ero, tremendamente antipatico a tutti. E mi ricordo che sentivo
:

benissimo intorno a
che mai.

me

questa antipatia

la

quale

mi

faceva pi timido, pi malinconico, pi imbronciato

Quando mi ritrovavo per caso con altri ragazzi non entravo quasi mai nei loro giochi. Mi piaceva star da
parte a guardarli coi miei occhi verdi e seri di giudice
e di nemico.

Non

per invidia

era piuttosto disprezzo

quel che sentivo dentro in quei momenti. Fin da quel

tempo incominci la guerra fra me e gli uomini. Io li sfuggivo e loro mi trascuravano non li amavo e mi odiavano. Fuori, nei giardini, chi mi scacciava e chi mi rideva dietro a scuola mi tiravano i riccioli o mi accusavano ai maestri in campagna, anche in villa dal nonno, i ragazzi dei contadini mi tiravan le sassate,
;
; ;
.

senza che avessi fatto nulla a nessuno, quasi sentissero eh' ero d'un'altra razza, I parenti

m' invitavano

o mi carezzavano quando proprio non potevan fame a meno, per non mostrare dinanzi agli altri una parzialit troppo indecente, ma io m' accorgevo benis-

simo della finzione e mi nascondevo e ad ogni parola rispondevo sgarbato ed acerbo.

loro

Un
cuore
:

ricordo pi di tutti gli altri s' inciso nel

mio

umide

serate domenicali di novembre, o dicem-

bre, in casa del nonno, col vino caldo in

mezzo

alla ta-

5
vola, dentro
trolio

una zuppiera, sotto


;

il

gran lume a pe-

bronzato

tutta la famiglia
tit,

col vassoio delle bruciate accosto e


zii

e zie, cugini e cugine in

quan-

coi visi rossi attorno.

patriarca,

accanto al fuoco, bianco ed arguto,


i

rideva e beveva. Scoppiettavano


coperti
di
;

ciocchi gi mezzi
i

cenere

delicata

sbattevano

bicchieri

sui piatti

gli

squittivano le zie bigotte e sapute sui casi scandali della settimana e i ragazzi ridevano e

strillavano in

mezzo
anima

al

fumo turchino

dei sigari paterni.

A me

tutto quel bruso di festa economica e idiota faall'

ceva male
dentro,

e al capo.

Mi

sentivo straniero

lontanissimo da tutti.
umidiccio,

appena mi riusciva

passavo di nascosto la porta e a passi prudenti, rasente


al

muro

mi

inoltravo nell' andito lungo e

tenebroso che portava


il

fin all'uscio di casa.

sentivo

mio piccolo cuore

di solitario che batteva

con vee-

menza, come se stessi per far un non so che di male, per commettere un tradimento. In quell'andito v'era una porta vetrata che dava sopra una corticina scoperta la schiudevo appena e mi mettevo ad ascoltar l'acqua che veniva gi stanca e a malincuore, rimbalzando sui mattoni e sulle pozze che veniva gi senz'en:

tusiasmo,

senza furia,

ma

con l'ostinatezza lenta e

odiosa di qualcosa che non finir mai.


dallo spiraglio qualche goccia
sulla

Ed

io l'ascoltavo

nel buio, col freddo nel viso e cogli occhi bagnati e se

mi schizzava d'un tratto carne mi sentivo fehce, come se quella stilla

venisse a purificarmi, a invitarmi altrove, fuori delle

case e delle domeniche.

Ma una

voce mi richiamava

6
alla luce, al supplizio,
!

ai

commenti.

<<

Che

ragazzo

maleducato
S,

non sono stato bambino. vSono stato un vecchio e un rospo > pensoso e scontroso. Fin da allora il meglio della mia vita era dentro di me. Fin da quel tempo, tagliato fuori dall' affetto e dalla gioia, mi rintanavo, mi distendevo in me stesso, nella fan vero
io

tasticheria

bramosa,

nella solitaria
l'

ruminazione
piacevo agli

del
altri

mondo
e l'odio

rifatto

attraverso

io.

Non

mi
il

rinchiuse nella solitudine.


;

La

solitudine
serr
il

mi

fece pi triste e spiacente

la tristezza

cuore

ed aizz

cervello.

La

diversit

prossimi e la separazione

mi

fece

mi stacc anche dai sempre pi diverso.

fin

da quel principio di vita cominciai a gustare

la virile dolcezza di queir infinita e indefinita malin-

conia che non vuole sfoghi e consolazioni,

ma

si

con-

suma

in s stessa, senza scopo, creando a poco a poco


della

quell'abitudine

vita

interna e

solitaria,

che

ci

allontana per sempre dagli uomini.

No

io

non ho mai conosciuto

la fanciullezza.

Non

ricordo affatto d' essere stato bambino.

Mi

rivedo, sem-

pre, selvatico e soprappensiero, appartato e silenzioso,

senza un sorriso, senza uno scoppio di franco piacere.

Mi rivedo

pallido e attonito

come
i

nel

primo

ritratto.
il

La

fotografia strappata a met, sotto


:

cuore.

piccina, sudicia e stinta

bordi del cartoncino son

come le cornici dei morti. Un viso sbiancato di bambino astratto guarda verso sinistra e si sente che
neri,
l

sinistra, difaccia
tristi,

lui,

son

un

po' affossati

non son venuti bene


?

nessuno

lo

guarda. Gli occhi

7bocca chiusa a forza, coi labbri un po' soprammessi, i denti. Unica bellezza i riccioli morbidi, lunghi, inanellati che cascan gi sul bavero
la

per non far vedere


della marinara.

La
Questo

mamma
ritratto

dice che son io a sett' anni.

l'unica

Pu
abbia

essere.

prova

eh' io

della

mia fanciullezza. Ma vi par forse questo un ritratto di bambino ? Questo piccolo spettro slavato, che non mi guarda, che non vuol guardare nessuno ? Si vede subito che qiiegli occhi non son fatti per
tingersi del celeste del cielo
:

son

bigi,

son nuvolosi di

suo.

Quelle

gote

s'

indovina

che

son bianche, che

son pallide e che saranno sempre bianche e sempre

diventeranno rosse soltanto per fatica o vergogna. E quelle labbra cos chiuse, volontariamente
pallide
:

chiuse,

non son

fatte per aprirsi al riso, alla parola,

alla preghiera, ai grido.

Son

le

labbra serrate di chi

patir senza la seccante debolezza dei lamenti.

Son
l'ani/>

labbra che verranno baciate troppo tardi.

In questa mezza fotografia sbiadita ritrovo

ma
il

morta
.

di quei giorni

il

viso delicato del


;

rospo

cipiglio dello

scontroso
si

l'accoramento calmo del


cuore ripensando a tutti
;

vecchio

mi

stringe

il

quei giorni smorti, a quegli anni infiniti


rinchiusa,

a quella vita
;

a quella
quello

mestizia senza motivi

a quella

nostalgia incancellabile di altri cieli e d' altri camerati.

No, no

Io vi ripeto che

non il ritratto di un bambino. non ho avuto fanciullezza.

IL

Un

centinaio di

libri

di

Mi salv da codesta solitudine senza luce la smania sapere. Da quando ebbi conquistato rigo per rigo il

mistero del sillabario


scole

(massiccie lettere nere, minu;

ma

in grassetto

oneste incisioni in legno

lon-

tane e freddolose serate d' inverno, sotto al lume a petrolio,

colla palla tutta dipinta di fiorellini arancioni


alla

ed azzurri, accanto

mamma

giovane e sola che


a' riflessi)

cuciva coi capelli neri chinati sotto

io
si-

non ebbi piacere pi grande n consolazione pi

cura del leggere. I pi nitidi e sentimentali ricordi di


queir et non son quelli del primo berretto alla mari-

nara di velluto
ringhiera di

celeste,

o delle arancie succiate aUa


e

una vasca verdemorta

neppure degli

impettiti cavalli scalpitanti invano sopra


di legno, e

una

striscia

neanche del primo brivido provato presso una bambina dalla bocca semiaperta pel respiro ansante della corsa. Ricordo invece con ancor infantile desiderio il mio primo o secondo libro di scuola povero, umile e sciocco libro di lettura legato in cartone

giallino,

dove un ragazzo modello, compunto e

paffuto, inginocchiato in camicia sopra

un

lettino di

9
pareva che recitasse proprio quella preghiera rimata eh' io compitavo l sotto. E ricordo con maggiore nostalga una specie di Mille e una Notte della natura, un librone colla costola vrde sfilaccicata, colle pagine
ferro,

vaste, larghe, rincincignate, rossastre d'umidit, spesso

strappate a mezzo o sudicie d' inchiostro,

ma

eh' io

aprivo con la certezza di vedermi apparir dinanzi, sempre nuova, una gi conosciuta meraviglia. Li i polipi

mare per giovane un abbrancare i alto, in capelli, genuflesso in ciftia a uif monte mandava sopra un oscuro cielo tedesco la sua ombra colossale in mezzo alle altissime e ritte pareti di una valle spagnuola stretta e buia un piccolo cavaliere passava, appena illuminato da un raggio del cielo alto, tutto un imbambolato spaurito da quel silenzio d'abisso demiurgo cinese, sol vestito da un cencio alla cintola, con lo scalpello in una mano e il martello nell'altra, stava rifinendo il mondo in mezzo al disordine di una
giganti dai tondi occhi crudeli affioravan dal
grossi velieri del Pacifico
;
;

rigida

foresta

di

stalattiti

un
di

fiero

esploratore

impellicciato piantava

spuntate su dalla terra una gran

bandiera nera, sconvolta dal vento, suU' estrema punta

un promontorio,

in faccia al

Mar
le

Polare, bianco,

solitario e furioso....

sfogliando

pagine arrossate

m' apparivano a un tratto faccie intontite di naturali polinesiani isole madreporiche posate sul mare come zattere leggere sinistre comete gialleggianti sullo scon;

finato terrore del cielo nerissimo d' inchiostro e scheletri

di rettili colossali....

ricordo, fra

primi

libri

che mi capitarono sotto

IO

gli

occhi anche una brutta sconciatura delle memorie

di

Garibaldi eh' io leggevo e rileggevo senza capire

esaltandomi istintivamente a quel puzzo di polvere,


a quello
di
scintillo di sciaboloni,

a quelle cavalcate rosse

banditi e di vincitori. Niente di preciso avevo in


:

testa n sapevo nulla d' Italia o di guerre

pur mi

sfogavo a ridisegnare la barbuta faccia del Generale


sul foglio di guardia del

volume

mi sembrava che

avesse ad essere ancora vivo e vicino.

Ma uno dei momenti pi divini della mia vita fu quando ebbi ogni diritto sulla biblioteca di casa. La libreria del babbo consistevia in una rustica cesta di
truciolo con dentro poco pi o poco

meno

di cento

volumi. Quella cesta era in una stanzina nascosta ir

fondo alla casa e che dava sui


delle

mie fantasie

tetti

vera Alhambra
:

dove

e'

era di tutto
i

legni

da

bruciare, cenci smessi, trappole per


passerotti,

topi,

gabbie di

gnata
del
'60.

da guardia nazionale e un' inticamicia rossa garibaldina con la medaglia


fucile

un

giorno, appena ero libero, e uno a uno, con stupore e circospezione, i libri dimenticati. Volumi slegati, scompagnati, imti, avviliti da cacature di mosche e di piccioni, tutti strappati e sgualciti eppur tanto generosi per me di sorprese, di meravighe e di promesse Leggevo qua e l decifravo non sempre capivo mi stancavo mi riprovavo, sempre agitato da un impaziente rapimento appena m'accostavo per le prime volte, a quei mondi della poesia dell'avventura e della storia che

L mi chiudevo ogni

tiravo su a

II
talora

una

frase o

una

figura facevan balenare

un

at-

timo solo

al

mio

cervello vergine.
:

Non

leggevo soltanto
tiravo

fantasticavo, ripensavo,

ri-

fabbricavo,

a indovinare.

Per

me

quei

libri

eran tutti sacri e pigliavo assolutamente sul serio tutto


quel che dicevano.

Non

distinguevo tra storia


:

leg-

genda, tra fatto e fantasia

caratteri

di

stampa

erano ai miei occhi testimoni

infallibili di verit.

Per

me

la realt

non eia quella


piuttosto

della scuola, della

strada, della casa

ma

quella

dei

libri

dove mi sentivo viver di pi. In certi pomeriggi bruciati d'estate vedevo Garibaldi galoppar col mantello sollevato dalla brezza tra le mandrie e le fucilate della

pampa
sieme
valli

nelle mattinate uggiose e piovigginose ero in-

al

conte Alfieri che bestemmiava dietro ai caai versi

ed

su tutte

le

strade postali d' Europa

e la sera fremevo di patriottico odio o di oratoria fre-

nesia di gloria cogli uomini illustri di un Plutarco minutamente stampato in tanti volumettini vestiti di
color zeffirino.

In quei

libri

trovai anche le prime spinte a riflet-

tere. V'erano, in

fondo a quella meravigliosa cesta, an-

che cinque o
di

sei

volumacci verdi (zibaldoni volterriani


razionalista)
si

dove si buttava gi mettevano in burletta i racconti della Bibbia e i preti del cattolici^mo. Tra le infinite cose di quel centone v' era anche l' inno a Satana del Carducci e da quel tempo ho sempre sentito pi amore per l'Angelo ribelle che per il maestoso Vecchio che sta nei cieli. Riconobbi poi quanto fosse
Iddio e la santa teologia e

un compilatore

12
grossolana e malsicura quell'apologetica irreligiosa

ma

debbo anche ad essa, bene o male, per il quale Dio non mai esistito.
ateo
;

d'essere

un uomo

Figliolo di padre

battezzato di nascosto

cresciuto senza prediche

e senza

messe non ho mai avuto quelle che si chiamano crisi d'anima , notti di Jouffroy o scoperte della morte d' Iddio , Per me Iddio non mai morto perch

non

mai

stato

vivo nell'anima mia.

d'aUora e perci di sempre

Un

altro libro

ebbe un grand'effetto
:

sulla

mia mente

l'Elogio della Pazzia di

Erasmo da Rotterdam. Ce

n'era in casa un'edizione

italiana colle secche figure incise

da Holbein e

lo lessi

pi volte con gusto indescrivibile. Debbo, forse, ad Era-

smo

la

mia passione per


imbecilli.

pensieri
gli

non comuni

il

convincimento profondo

che

uomini son canaglie

quando non sono

III.

Un

milione di

libri.

Y)opo qualche anno di letture furiose e disordinate mi accorsi che i pochi Ubri ch'erano in casa e quegli
altri

pochi che potevo

avere

ricorrendo

alle

scarse

librerie di parenti e conoscenti

o comprandone qual-

cuno usato coi centesimi risparmiati sul companatico o coi soldi rubati alla mamma, non bastavano. Seppi da un ragazzo un po' pi grande di me che, c'erano in
citt grandissime e ricchisirae Hbrerie

aperte

a tutti,

dove in date ore


nulla.

si

libro si volesse, e,

poteva andare, chiedere qualunque quel che pi conta, senza spender

Decisi di andarci subito. C'era per


:

una

diffi-

colt
lo

per entrare in que' paradisi bisognava aver per


sedici anni. Io

meno

ne avevo dodici o tredici

ma

per

mia ero anche troppo alto. Una mattina di luglio mi provai. Salii uno scalone, che a me parve largo e solenne, tremando. Dopo due o tre minuti di incerl'et

tezza e di batticuore infilai nella saletta delle richieste,


scrissi

alla

peggio la mia scheda e la presentai con


fallo.
!

l'aria

L' impiegato

impacciata e sospettosa di chi sa d'essere in


lo ricordo

ancora

sia

maledetto

era

im omaccino con tanto

di pancetta e

due

occhic tti

14
cilestri di lati

pesce morto e una piegacela maligna a' due

mi squadr con aria di compatimento e con esosa voce strascicata mi chiese Scusi, quanti anni ha lei ?
della

bocca

Feci
risposi,

il

viso rosso pi di rabbia che di


:

vergogna e

Quindici. Non bastano. Mi


fra

facendomi pi vecchio di tre anni


dispiace. I-^gga
il

regolamento.

Tomi

un anno.

Uscii di l umiliato, indispettito, abbattuto e tutto


gonfio di odio fanciullesco contro quell'orribile

uomo

che impediva a me, povero e affamato di sapere, il libero uso di un milione di libri e cos mi rubava vigliaccamente, in

nome d'un numero


Avevo

scritto,

un anno

intero di luce e di gioia.


laggi,

intravisto, entrando

loni

una sala lunga e vasta, con venerabili seggioad alta spalliera coperti di panno verde, e tutto
libri libri e libri, libri

intorno
d'oro

vecchi grossi e massicci,


di que' libri chiu-

colle costole di
:

pergamena e
!

di pelle, scritte e fregiate

una meraviglia
:

ognuno

deva quel che cercavo, offriva quel cibo ch'era fatto


per
di

me

storie d' imperatori e

poemi

di battaglie, vite
e>

uomini semidivini,
i

libri santi di
i

popoli morti,
i

le
si-

scienze di tutte le cose e

versi di tutti

poeti e

stemi di tutti

filosofi.

quelle migliaia di promesse


:

in lettere d'oro eran per

me

a un mio comando

vo-

lumi che aspettavano sotto


fitta degli scaffali,

la

polvere, dietro la rete

sarebbero scesi verso di me, e l'avrei


!

squadernati e sfogUati e divorati a mio piacere

Non

aspettai neppur

un anno per tentar

la

seconda

15
prova. Anche questa riusc male. Dovetti arrivare ad

una
dici

altra estate per vincere.

anni

Avevo poco pi

di tre-

forse

tredici

anni e mezzo.

Insieme ad un altro ragazzo pi grande di me, che

da un pezzo entrava l senz' inciampo, finalmente passai. Per non dar nell'occhio e non passar da bambino in cerca di passatempo chiesi un libro serio, un libro quello del Canestrini su Darwin. di scienza

C'era questa volta al di l della parete di legno e di

vetro

un

altro impiegato

un tipo

alto e secco

come

un

uccellaccio pelato, sgarbato nelle

mosse e che non

stava mai fermo. Prese la mia richiesta senza guar-.

darmi,

ci fece

su

un

segnaccio con
l

un

lapis blu e la

pass ad un ragazzetto ch'era

presso senza far parola.

Aspettai mezz'ora, rodendomi dentro dalla paura

che

il

melo.

libro non ci fosse o che non volessero portarQuando venne me lo strinsi sotto il braccio ed

entrai tutto vergognoso e in


sala di lettura.
di riverenza

punta

di piedi nella

gran

neppure in chiesa da piccino. Come spaventato dal mio ardire e dal trovarmi l dentro, dopo tanto, in mezzo a quel gigantesco reliquiario
della sapienza dei secoli,

Non avevo

provato mai un

tal senso

andai a sedermi sul primo seggiolone libero che mi si par dinanzi. Era tale lo

smarrimento e

il

piacere e lo stupore e

il

senso d'esser

divenuto ad un tratto come pi grande e pi

uomo che

per quasi un'ora non riuscii a capir nulla nel libro

che avevo dinanzi.


Tutto, l dentro,
il

mi pareva santo

e maestoso

come
e

ritrovo

di

una nazione. Quei seggioloni

sudici

i6
stinti,

coperti di stoffa dove lo scolorito verde finiva


si

nel giallo o

nascondeva sotto

bravano
di quello

a'

miei occhi colossali e

untume nero, semfas'osi come troni e il


1'

vasto silenzio mi pesava sull'anima pi grave e solenne

d'uni cattedrale.
quel giorno
ci tornai tutti i giorni,

Dopo
il

per tutto

tempo che

la tediosissima scuola

mi

lasciava libero.

poco a poco

feci l'abitudine

a quel

silenzio,

a quella

stanzona cos alta sopra


lescente trascurato,

la

mia

testa arruffata di ado-

a quella ricchezza sterminata di


lessici,

volumi antichi e nuovi, di


scoli,

di riviste, di

opu-

di atlanti,

di codici e di manoscritti.

Diventai

presto

come
i

di casa, imparai le facce dei distributori,

scopersi
ghi,

segreti delle segnature, penetrai nei cataloi

conobbi

visi dei fedeli e degli


i

appassionati che

venivano come me, tutti

giorni, precisi e impazienti

come a un ritrovo di volutt. E mi gettai a capofitto in


suggerivano
le

tutte

le letture

che

mi

mie pullulanti curiosit o i titoli de' libri che trovavo nei libri che andavo leggendo e intrapresi allora, senza

esperienza,

sen^a guida,
il

senza
della

un

qualsiasi disegno,

ma

ton tutto

furore

passione, la vita dura e magnifica

dell'onnisapientej

IV.

Dal

tutto al nulta.

Che cosa volevo imparare ? Che cosa volevo fare ? nessmia idea lo sapevo. N programmi n guide precisa. Di qua o di l, est od ovest, in profondit o

Non

in altezza. Soltanto sapere, sapere, saper tutto.


la parola del mio disastro
:

(Ecco

Fin d'allora sono stato di quelli per cui il poco o la met non contano. e che O tutto o nulla E ho voluto sempre il tutto Completezza e totalit niente sfugga o resti fuori cio la fine, pi niente da desiderare, dopo
tutto !).
!

r immobilit, la morte

Allora volevo saper tutto e

non sapendo da che parte

incominciare, sfarfalleggiavo attraverso la conoscenza,


coU' aiuto di manuali, dizionari, enciclopedie. L'enci-

clopedia era
il

libro

mio sogno pi alto, massimo e perfettissimo.


il

l'

ideale pili caro

L,

almeno a giudi-

care dalle promesse e dalle apparenze, c'era tutto.

Ogm

nome
o di

uomo, di citt, di animale, di pianta, di fiume montagna era l registrato, messo al suo posto,
di

spiegato, illustrato.

Ad
bito
rica

ogni

domanda
tutti
gli

l'enciclopedia rispondeva
cercare. Nella
libri

su-

senza durar fatica a


fantasia

mia

rettosi

altri

eran fiumi che

Papimi,

Un uomo finito

versavano in quell'
nati a riempir col

infinito

mare, eran grappoli desticapaci


botti di
;

vino innumerevoli chicchi di grano che macinati e impastati

sugo

quelle

davan pane per tutte

le

bocche e per tutte

le

fami.

Come

il

mistico

si

sprofonda nell'unico Dio e cerca

scordarri d'ogni particolare sensibile io

mi

tuffavo e

perdevo in quel mare di sapienza che nel punto stesso di pienarmi mi dava nuovo appetito e nuova arsione.

Accadde che a forza di praticare e maneggiare encimi venne voglia di farne una anch' io. A quindici anni, con una mente cos libidinosa, l' impresa mi
clopedie

pareva
tre.

facile.

Ma non

volevo fare un'enciclopedia come

le

al-

Cunsultandone pi d'una e leggendo altri libri m'ero avvisto che l'enciclopedia completa e perfetta non esisteva. In una c'era talvolta quel che nell'altra mancava e in un punto c'era troppo poco e altrove molto di pi. Cercando nomi fuori di mano e notizie
pi minute m'era accaduto pi volte di trovarle tutte

mute e ignoranti, con gran rabbia e sorpresa mia. Mi proposi dunque di fare un'enciclopedia che non
solo contenesse la materia di tutte le enciclopedie di
tutti
i

paesi e di tutte le lingue,


;

ma
;

le

superasse e

le

sorpassasse

dove

ci fosse

tutto quel che in loro era


e che

disperso e sparpagliato e pi ancora

non

fosse
enci-

solamente ricopiatura
clopedie vecchie,
zionari,

rimpasticciamento di
lavoro

ma un

miovo,

fatto

su di-

manuali e libri recenti e speciali, di tutte quante le scienze, storie e letterature. Decisa la cosa non stetti con le mani in mano la
:


teca avevano oiTnai

ig

mia vita aveva una direzione le lunghe ore di biblioun fine pi grave e determinato. Mi posi al lavoro con focosa pazienza. Da quel giorno
era
di
luglio,

nella

stagione

della

libert

il

ogni parola che cominciasse per a


ninosi dizionari,

mi
e

attrasse

come
i

viso d'un amico. Tutte le massicce enciclopedie,


i

volu-

repertori

usati

consunti,

voca-

bolari speciali furon tirati gi dalle assi degli scaffali per

me, per

me

che copiavo e riassumevo e traducevo e

sfogUavo con pi lena e furia di prima. Oh quanto mi detter da fare tutti quei fiumiciattoli germanici che co-

minciavano per

Aa

quanti mai

titoli di libri

do-

vetti registrare per render conto

dotti olandesi, dei

van der Aa

di

una dinastia di come fu lunga e

tediosa la lista delle abbreviazioni latine che comiii-

cian

con

In

quei giorni fui preso da tenerezza


citt
sul

per Abila, lontana

mare
il

vidi

per

la

prima volta opere

di legge per sciivere

con aria d'

in-

tenditore dell'abigeato. Risfogliai


snidai ne' commentatori di
dell'

vecchio testamento
il

per ritrovare la pietosa Abigail e

profeta Abacuc

Dante

la
;

vita e le gesta
feci

incendiario

Bocca

degli

Abati
;

conoscenza

con tutte le variet dell'abete mi erudii nella storia di Abbiategrasso e nella geografia dell'Abissinia.
Dapprincipio ricopiavo alla rinfusa su quaderni, su
pezzi di carta scompagnati e diversi

poi mettevo
le-

ogni cosa
vigata.

al pulito, in ordine,

su carta ben legata e

Di giorno, in

biblioteca, scrittura brutta, sfor-

mata, frettolosa, macchie, scarabocchi, e abbreviature la sera, alla tremante fiamma della candela, la pi
bella calligrafia di cui ero capace, inglese e rotonda,

con

20
inchiostro nero e rosso
sinistra...
;

e la carta sugante sotto la


I

mano

Che divertimento Per star l, gobbo e con poco limie, a scriver la mia enciclopedia, avrei lasciato qualunque gioco e qualunque teatro e anche, scommetto, un serraglio di bestie feroci che, nelle fiere, era

quel che

mi tirava il cuore pi d'ogni cosa. Eppure anche quella impresa che magnificava me
povero ragazzo ignorante,
ai miei ocelli e per-

stesso,

fino

a quelli de* distributori di bibHoteca che mi guardavano con piet venata d' ironia e di rispetto, mi venne a noia o, per dir meglio, mi spavent per la perfezione che volevo raggiungere. Gi lavoravo da un
paio di mesi, e di mattina e nel pomeriggio sotto
stroni infuocati e di sera sotto le
i

fine-

un

altra biblioteca

mia, eppure scrivi


passare
le

lampade ad arco di lume di candela in camera e riscrivi non ero riuscito a oltreo
al

parole che cominciavano per Ad.

Un

lun-

ghissimo articolo sul furente Achille mi secc. Costeggiavo la questione omerica


classica
;

ero sull'orlo della filologia


(che

parecchie parole greche

non

capivo)

mi umiliarono. La ragione

corse in aiuto alla stanchezza. Comin-

ciavo allora a fiutare


quali perfidi libri
tere
et.

un

po' di

filosofia,

chiss

in

men

a !, grossamente che non s'addicesse alla mia Vidi dunque che la sapienza vera non poteva
peggio
in

e cominciavo alla

riflet-

consistere

un accozzo

alfabetico
;

di

notizie

bor-

qua e l da ogni parte in un ammonticchiamento di raccattaticci e di copiature, ordinato meccanicamente ma senza soffio di vita n anima di
seggiate

oen siero.

21
non volevo cascare il mio dongiovannismo cerebrale mi tirava sempre indietro quando stavo per gettanni in un solo amore. Ci voleva per me lo sterminato, il granAbbandonai
l'enciclopedia
nello specialismo
:

ma

dioso, la totalit delle cose, l'ampiezza dei


la processione dei secoli e dei voliuni.

tempi

le

Mi parve che
Ideandola
in

la storia

dovesse fare al caso mio.

grande, completa, storia di tutte

cose e di tutte le attivit, c'entrava ogni cosa

meno

le scienze, che avrei potuto studiar da me, a parte. Naturalmente non gi storia breve e particolare di un'epoca o di un popolo ma storia universale di tutti i tempi e di tutte le razze. Il sogno veniva cos ad essere spaccato quasi a mezzo, ma, quel che rimaneva era tanto da mettere in pensiero uno scrittore di quindici

o sedici anni.

Ed
a

eccomi di nuovo a cercare, a studiare, a copiare,

compilare.

Conoscevo e ammiravo gi la storia universale del Cant che mi aveva soccorso in parecchi de' miei frangenti eruditi ma intendevo farne una assai pi vasta, piena e sicura di quella. Eppoi il Cant era cattolico e codino. La mia sarebbe stata la storia razionalista e rivoluzionaria giacch a quel tempo ero come mio padre, ateo e repubblicano. Era ancora l' idea fissa medioevale dello specchio
di tutte le cose,

ma

fatta pi ragionata e spirituale.

Molti, moltissimi, infiniti fatti

ma

legati insieme

da

una vita che cresce e monta e lati da im pensiero che sale

si

svolge, disposti e coagu-

dalla pi cieca voglia di


il

vivere all'eroica inutilit del pensiero per

pensiero.


e impasticciai
agli alessandrini.

22

della storia di Egitto fino


ai cinesi

Per cominciare m' inselvai nella cronologia egiziana

un compendio
mia

Stavo per passare

quando mi

venne

il

pensiero clie la

storia era senza capo.

scrivere

una

storia che fosse

Per davvero universale oc-

correva principiare dalla creazione del


dai primi ricordi

mondo

non

scritti. Quel poco che sapevo di astronomia e di geologia mi aveva dato l' idea di antichit meravigliose e di perpetui disfacimenti e nascimenti di mondi. Non potevo pensare, come il Cant, a ripigliar

pari pari
terrestre.

sette giorni

degli ebrei e
il

il

fat e il

paradiso
dell'uni-

Bisognava raccontare

principio

verso non* gi secondo Mos


scienza, per

ma

secondo

la scienza.

La

impersonava allora in Camillo Flammarion e in Carlo Darwin. Il primo mi riportava a Laplace e il secondo a Lyell. Ed eccomi improvvisato astronomo e geologo e antropologo per riscrivere all'uso moderno la formazione della terra. Pi d'una sera ficcai i miei poveri occhi gi miopi nel fondo del cielo

me,

s'

per scoprire una di quelle nebulose immani matrici


di stelle e pianeti, di cui favoleggiavano
figure
i

con
lirica

cifre

cosmologi nuovi.
ebbi
i

Ma quando
tezza

iscritto

con qualche
della

inesat-

l'epopea fiammeggiante del sistema solare e la


terra

paziente storia delle scorze

pensai che

che
il

non avevo

mondo
uomini
cose.

s'

ma non gi quel avevan fantasticato sopra il principio


mia
storia ci

ancora era formato


fatto

tutto.

Avevo detto come

gli

delle

Ma

nella

doveva esser tutto

e passai

23 allora dalle
lo

scienze alle cosmogonie. Codesto scrupo-

di

storico

(non gi storia dei


sui
fatti)

soli fatti

ma

anche

delle credenze
studi.

ebbe grande

effetto sui miei

cascai da una parte si biforc comparata e dall'altra nella religione. Nella religione prima di tutto. Non ci fu teogonia o mito cosmico eh' io non ricercassi e non riassumessi o ricopiassi per inzepparne il principio della mia storia.

La mia

curiosit

nella letteratura

ebrei.

Su nessuna per mi fermai come su quella degli Avevo in casa una di quelle bibbie nere che trenta
i

anni fa

protestanti inglesi vendevano in Italia per


(e

mezzalira
nesi.

nessuno

le

voleva)

rilessi

tutta la Gei

Ma non
le

bastava. Cercai in biblioteca

commenti
com-

pi lodati,

sbrosce erudite pi autorevoli sull'opera

dei sette giorni, e concordisti cattolici ed eretici in

butta. Leggevo e sfogliavo libellacci spiritosi del set-

tecento e apologie ristuccate aUa moderna per dar soddisfazione ai seminaristi


chiari e mussanti
filosofici

meno

cretini

saggi francesi

come

la

sciampagna e sodi panettoni

ed esegetici alla tedesca, e articoli di vocabolari e glosse lunghe e variolingue di bibbie poliglotte, senza
saper discernere
il

sicuro dal sofstico e l'accertato dal

supposto. Rifrugai anche nei volumi verd,i che

avevo
il ri-

trovato nella cesta-libreria e persi a poco a poco

cordo della causa prima dalle mie ricerche per sper-

dermi nel pruneto delle questioni bibliche.


Presi

una

cotta,

ad esempio, per
eppoi
il

il

tentativo concoril

datario

ebbi la pazienza di leggere


colossale

grosso libro di
dello

un

tal

Pianciani,

Esamerone

24

E
mi venne
da
allora

Stopparli e varie altre esercitazioni biologiche e scolastiche di gesuiti darwiniani o quasi.

un pensiero
noscono son
credenti

tutti
fatti

commenti da preti, da
i

della Bibbia che si co-

vescovi,
se

teologi,

da

da bigotti anche

luterani

cheri o valdesi o sociniani.

devo che mancasse un commentario della Bibbia fatto da un razionalista, da un uomo positivo, da un miscredente disinteressato, da uno spirito libero che
segua versetto per versetto tutti
vecchio e nuovo e metta sotto
i

Manca

invece,

cio

quac:

cre-

libri del

Testamento
tutti,

gli

occhi di

senza
le

eufemismi,

gli
le

errori,

le

contraddizioni, le bugie,

prove di ferocia, di furfanteria e di balordaggine di cui son piene quelle pagine che dicono
ridicolaggini,

ispirate

assai pi

da Dio. Un simile commento, pensavo, farebbe male alla fede che non le sfuriate ateistiche
il

e le seccantissime controversie che sono


titeologia

pi dell'an-

moderna. Questo commento non e' lo far io Ormai le imprese grandi non mi facevan battere il cuore e questo, rispetto all' enciclopedia suprema, era un lavoretto da nulla, che potevo finire comodamente,
:
!

pensavo, in un paio d'anni.

Cominciai seriamente
caratteri semitici

presi

una grammatica ebraica


i

e in capo a pochi giorni scrivevo gi

grossi e
i

contorti
versetti

ed ero capace di ricopiare


Raccolsi

del

Pentateuco

dall' originale.

un

materiale

che a me pareva grandissimo e ammonticchiai ogni mattina e ogni pomeriggio roba nuova finch un giorno

mi parve abbastanza. Mi sentivo

sazio e

quasi nau-


seato

25

non

riuscivo a darle
li

da tanta arruffata erudizione sentivo cJtie una forma purchessia avrei

se
la-

sciato ogni cosa

il

e per sempre.

Allora ricopiai
ebraico)

primo versetto
il

del

Genesi
:

(in

e principiai a stendere
il

commento
.

Nel
ci

primo giorno Iddio cre


in

cielo e la terra

Ero subito

mezzo

alle difficolt grosse.

In codesto versetto

sono due parole che hanno dato assai da fare agli esegeti e che
i

cristiani
alla

hanno tradotto a modo


? cre o

loro,

come

conveniva
dri.

teologia fissata nei concili


c'

e nei pa?
?

Nel testo
Cio
:

Dio o Dei

form
s'

primi giudei eran monoteisti o politeisti


alla creazione dal nulla

immaginavano Iddio come mi demiurgo scultore che desse forma a una materia increata e indipendente da lui ? Problemi infiniti, come si vede storici, linguistici e filosofici insieme. Ma non mi sbigottii e cominciai a scrivere. Scrivi, scrivi e scrivi non mi riusciva di levarne le
credevano

gambe
lingue
sofiche
;

si
;

accavallano
s'

gli

argomenti,

le difese, le

con-

trodifese

inseguivano
si

le citazioni in tre, in

quattro
"filo-

si

aprivano e
le

espandevano
Il

le

parentesi

scorrerie

teologiche.

mio pochissimo
si

ebraico in questa terribile congiimtura

smarriva e

dovevo fidarmi degli altri e gli unici degni di fede .;rano, per me, quelli che davan torto ai preti e ragione alla Ragione. Inclinavo dunque a credere che si dovesse tradurre gli Dei formarono ma il difficile stava nel farne persuasi gli altri e nel farli persuasi in

modo tale che nessuno potesse rivoltarsi o dubitar del contrario.

26
E
nella
le

scrivi e scrivi e scrivi

non

riuscivo a venire a capo

di quel maledettissimo versetto che

mi

rester impresso

memoria finch avr


si

vita.
le

pi scrivevo e pi
le
si

idee

ringarbugliavano e

bottate polemiche e

dissertazioni etimologiche e le induzioni dialettiche

mescolavano e si sovrapponevano in una sabbatica danza erudita della quale io stesso non riuscivo pi a ritrovare il ritmo e il motivo. Finalmente, come e quando lo Spirito volle, la spuntai avevo scritto pi di dugento pagine fitte. Attaccai il secondo versetto E la terra era una cosa deserta e vacua e le tenebre erano sopra la faccia dell'abisso e lo spirito di Dio si moveva sopra la faccia delle acque . Qui i tradimenti e i falsi t eologici eran minori ma le difficolt quasi egualmente grandi dovevo spiegare le tenebre e l'abisso e distin:
:

guere

il

concetto di spirito d'Iddio

dall'
il

idea d' Iddio


ricordo delle

(primo seme dell'alessandrina

trinit) e

acque mi portava verso la Grecia, verso i primi pensamenti della Grecia Esiodo colla sua teogonia e il mondo
:

eh' esce dall'oceano e

il

savio Talete milesio che vide

neir umidit
sino
alla

il

principio di tutte le cose.


;

Sguazzavo

bocca nell'erudizione
(qual

arrischiavo anche le
ricopiare a

citazioni greche

commozione nel
i

uno

a uno, con tone


!)

mano

malsicura,
in

divini caratteri di Pla-

mi raggiravo
e

quella macchia di chiose,

glosse,

elucidazioni

dissertazioni
dell'

come Adamo
Eden.
:

nel

giardino zoologico e botanico

furia di scrivere arrivai al terzo versetto


:

Id-

dio disse

sia la luce.
il

la luce fu

Parole che sorpre-

sero anche

retore Longino per quanto

pagano

fosse

27
ma
che a me, fresco discepolo di Bayle, di Voltaire e
dell'autore delle Veglie Filosofiche Semiserie,

raron rispetto. Riso, piuttosto


alle spalle d'

non ispiquante sogghignature Iddio che creava la luce prima di aver


:

creato

il

sole

Non
tutti
ci

arrivai al quarto,

ero gi stanco e seccato.


commen?

Se per tre versetti c'eran volute tutte quelle pagine,


quegli appunti, tutte quelle erudizionere, cosa

sarebbe voluto per far tutta la Bibbia e

tare a dovere migliaia e migliaia di versetti

Era meglio tornare ai sistemi antichi


attaccare. Stesi
il

riassumere e

piano di una grande opera contro la


:

fede

ne

scrissi

parecchi frammenti

era,

mi

ricordo,

in lingua toscaneggiante, in tono piuttosto coglionatore,

e arieggiava

un

po' l'Asino del Guerrazzi letto

con indicibile gusto in quei tempi. anche questa somma del razionahsmo non and innanzi e specialmente fu intralciata da altre ricrche che avevo intrapreso nello stesso tempo e che derivavano, come queste sulla Bibbia, da quel famoso primo capitolo della storia universale che non avevo mai scritto. Dalle cormografe che si trovano nei libri sacri e nei miti popolari m'era venuto voglia di passare alle loro

da

me

Ma

forme poetiche

nelle et colte e

siccome non facevo


furia di di-

mai

le

cose a mezzo avevo scandagliato, a

zionari e di storie, tutte le letterature del

mondo

per

raccogUere e ritrovare quei poemi che avevan per argomento la creazione del mondo. Ne trovai molti li
lessi,
e,

copiai

meditai

al solito

di scriverci

un Ubro

via facendo,

come

succede,

m' innamorai

di certi poe-

~ 28
ti,

lessi di loro altre


i

opere, passai a loro vicini,

mi ven-

nero sott 'occhio


e e
finii

pi degli scrittori della loro letteratura

col diventare

un maniaco
stato,
biblica.
il

di letterature orientali

occidentali

com' ero

poco prima, di storia


e di tutti gli avveni-

universale o di critica

Far la storia di tutto menti umani pensai

un novizio
fin

letteratura la

troppo, specialmente come me, ma una universale potr fare non come hanno
storia
le

mondo

per

della

fatte

non per nazioni, non per secoli, ma per soggetti. \ Volevo una storia letteraria mondiale comparata, non solo bibUografca, ma ordinata secondo le materie e gli argomenti. Gran ricerca, dunque, di temi e di inqui
;

appunti su leggende e su motivi poetici e cassette piene zeppe di schede bibliografiche.


dici e di titoli
;

infiniti

Mi
di

ero ristretto assai

ma

la

era abbastanza soddisfatta. Per,


esplorazioni

smania mia dell'universale dopo qualche mese


dovetti per-

affannose e disordinate,

suadermi che anche questa era impresa troppo difficoltosa per esser menata a buon fine. Avrei dovuto,
per far bene, studiare chiss quante lingue e leggere

senza alzar

gli

occhi per diecine di anni.

Una

storia
:

com' io sognavo non era da farsi a furia di titoli bisognava conoscer tutto l' importante, pagina per pagina, e rileggere pi d'una volta per scoprire le fonti
e stabilire le comparazioni.

Mi

vidi forzato
!)

a un'altra rinunzia (quinto o sesto


le letterale

falHmento

e deliberai di studiare soltanto

ture pi vicine alla mia,


studiarle a fondo coli' idea

letterature neolatine.

Ma

di scriverne la storia pa-


eccomi
riviste

29

in

rallela e col proposito d' insegnarle

avvenire.
:

Ed
udi-

diventato
filologiche,

un romanista accanito
decifratore
di

lettore di

manoscritti,
di

tore di corsi speciali e

gran
In

maneggiatore

macon
la

nuali

bibliografie.

quel

tempo
att^-
:

studiai

bastante

metodo

le

letterature

francese e
di

italiana

delle origini

ma

quella

che

mi

pi

fu

meno
[.

conosciuta, la

meno stimata

quella spagnola.

Gi tempo prima avevo studiato il bel e astigliano in una grammatica da tre soldi e avevo tradotto qualche scena del Magico Prodigioso di Calderon, ma allora presi a guida i hbri di Amador de los Rios e del Ticknor,
ripescai
i

primissimi

testi,

dal fuero di Avila ai pi


los

tardi romances, almanaccai attorno al Mysterio de

Reyes Magos, m' innamorai del Poema del Cid, diventai specialista su frate Gonzalo de Berceo e mi addentrai nella saporita arguzia dell'arciprete
:

mi fermai qui vidi e lessi biblioteca Rivadeneyra scovai manoscritti catalani, ca;

de Hita. E non in parte tutti i volumoni della


lo

stigliani e portoghesi

imparai quasi a fondo


;

spa-

gnolo antico

meditai edizioni critiche


i

ricopiai,

non

conclusione eterna e nuova disfatta


sciar
r

potendo procurarmi

libri,

opere intere e filialmente


decisi di la-

da parte la storia comparata delle letterature romanze per fare un perfetto manuale di storia della
letteratura spagnola.

Anche di questo scrissi i primi capitoli risalii agli Romani, seguii le vicende dei Goti, l' invasione degli eaabi, il sorgere del nuovo volgare e potei giun:

Iberi, ai

gere lino ai primi documenti.

Ma

la narrazione

s'

inter-

_ 30
ruppe in piena
critica del

Poema

del Cid. Altri pensieri

e altri studi eran sopravvenuti che avean


fare coll'erudizione.

meno a che

La

letteratura spagnola fu l'ul-

revole avventura

tima avventura mia di compilatore e di dotto. Deploultimo momento di una discesa

che allora non avvertivo da quanto era precipitosa.

Dal tutto
alla

storia

critica della

parata

dalla universale religione da questa letteratura comuniversale eppoi letteratura comparata


universale
storia
alla

allo specialismo

dalla sapienza completa


alla

alla

romanza e finalmente a una te a im periodo solo di una


menti
q,

sola letteratura e finalmenletteratura.

forza di fal-

limenti parziali, di scarti, di riduzioni e di raccogli-

che volevo tutto, che volevo saper tutto e in-

segnar tutto, m'ero ridotto a compiacermi di varianti e


di minuzzoli filologici e bibliografici nel cantuccio di
solco

un
!

dapprima

il

campo

intero m'era sembrato

troppo angusto spazio alla mia bramosia di lavoro


tutta la mia vita, anche dopo, stata cos
slancio verso
il

un eterno
ri-

tutto,

verso

1'

universo, per dopo


di

cascare nel nulla o

dietro la siepe

un'orto

un

succedersi di ambizioni enormi e di rinunzie precipitose.

Questa breve storia


fra
le

di

tentativi fanciulleschi

una
vita.

traduzioni posbibili del segreto della mia

V.

L'Afco

di Trionfo.

Io son nato con la malattia della grandezza. Il mio primo ricordo questo avr avuto forse otto forse nov'anni stavo quasi sempre solo e leggevo spesso un
:
;

libraccio di scuola pieno di grossolane figure e di sca-

rabocchi violetti. Li trovai un giorno la storia

dell' in-

coronazione del Petrarca in Campidoglio e la


rilessi.

lessi

Anch'
aJ

io,

anch'

io... *

dicevo tra me, senza nep]a

pure sapere precisamente perch


in

corona fu messa

capo

grassoccio poeta. Dal libro la tonda faccia

mal disegnata del lamentoso sonettaio tutta chiusa nel cappuccio aureolato di fogliette aguzze come un fegatello pareva che sorridesse e m' incuorasse. Feci di tutto perch il babbo mi portasse al Vial
de' Colli.

Quando
il

fui lass strappai dai bassi arbusti di

una siepe un par


curo che fosse

di fronde di sempreverdi.

Non

ero

si-

famoso alloro

ma non

ci

badavo. Tor-

nato a casa mi rinchiusi in quella stanzina ch'era in fondo alla casa e dove sta\ a la gi ricordata hbreria di
truciolo.

feci

con quelle fronde mia specie


;

di

corona

me

la

messi in capo

mi

buttai sulle spalle

un gran

__ on
i muri cantando una lunga nenia, che a me pareva eroica e fremebonda, battendo solennemente sopra ima cassa di legno col manico d'un coltello. Mi pareva, a quel modo, di andarmene in gran pompa al Campidoglio e che quel rumore fosse l'accompagnamento necessario, forse il mugghio della moltitudine plaudente. Cos feci, una bigia mattina d' inverno, il mio buffo sposalizio colla gloria. Ma la prima .V(|ra promessa che feci a me stesso fu pi tardi, a quindici o sedici anni. Era im'afosa domenica d'agosto, verso le quattro, ed io passeggiavo malinconico e senza compagnia, come il solito, per una delle strade pi limghe e pi larghe della mia citt. Avevo in mano un giornale comprato a forza di chiss quali umiUazioni, e camminavo a capo basso, stanco, annoiato, indispettito contro il caldo e contro gU uomini. r Era l'ora in cui la gente si leva mezza istupidita dalla siesta ed esce fuori coUa ridicola speranza di un soffio d'aria e del fresco della sera. Escivano le baUe infioccate coi bambini rossi e piagnucolanti fra le trine i mariti

cencio rosso e cominciai a girar lungo

sudati colle mogli a braccetto


la

fratelli colle sorelle

per

mano

giovinottelli

a due o tre
;

colle sigarette bian-

che penzolanti dai labbri


chiari in testa e

le

ragazze coi fazzoletti


;

gh occhi

briosi e desiderosi

vecchietti

in soprabito coli 'ombrello celestino sotto

il

braccio

poveri soldati vestiti di scuro e tutti impacciati co' loro

guanti di

filo
i

bianco.

A ogni momento la gente cresceva


;

riempiva
si

marciapiedi
i

traversava la strada, rideva,


fioriti gli

salutava. Sotto

grandi cappelli

occhi delle
;

donne scintillavano da ogni parte come diamanti neri

33
ogni tanto due cappelli di paglia tenuti da due
zate apparivano sopra
Io
e
le

mani

al-

teste

dell'armento festivo.

mi
;

ci

trovavo a disagio.

Non
;

conoscevo nessuno
;

odiavo

tutti.

Ero

vestito

male

ero brutto

ero bianco
:

avevo l'aspetto severo del malcontento sentivo che nessuno mi amava e poteva amarmi. Chi mi guardava mi disprezzava con tutto il corpo, passando qualcuno si voltava indietro a guardar lo sparuto soin viso
;

litario e rideva.

Specialmente

le belle
i

ragazze vestite
puliti,

di bianco e di rosso, col viso

bruno e
le

denti

eran

crudeli con

me

spesso sentivo

risate dietro alle

mie

spalle.

loro scocrodanti Forse non ridevan di me

ma
io

in quei

vita bella

momenti n'ero certo mi pareva negata io


:

soffrivo.

Tutta

la

solo, io

senza amore,
alla
delle

senza fortuna.

quella gente

andava
nulla

sua pas-

seggiata, tranquilla,

senza saper

mie

tri-

stezze di adolescente povero e scacciato.

E
di

allora,

ad un

tratto,

mi

rivoltai.

Sentii dentro
di

me come un

tuffo di sangue,

un rimescolamento

tutto l'essere.
cos

No, no, no
!

feUce. Cosa credete d'esser voialuomini sciocchi e donne ben vestite, che mi passate d'accanto con tanta strafottenza ? Vedrete cosa
tri,

non dev'essere vogUo esser grande e

gridavo dentro a me stesso, Anch'io sono un uomo, anch' io


!

far io
tutti.

Voglio esser pi di voi, pi di tutti, sopra a


piccino, povero e brutto

Son

ma

ho un'anima

anch' io e quest'anima getter taU gridi che tutti dovrete voltarvi e sentirmi.
voi
e

allora io sar qualcosa e

seguiterete

diventer
fAPi!!,

a non esser nulla. E grande pi dei grandi


finito

far e creer

voi

con-

Uh uomo

34
tinuerete a mangiare,

a dormicchiare, a passeggiare

come

oggi.

le belle

E quando passer io tutti mi guarderanno e donne avranno uno sguardo anche per me e le
le

ragazze ridenti mi vorranno accanto e mi stringeranno

tremando
passer
io,

mani

e gli uomini seri


il

si

leveranno
genio, l'eroe

il

cappello e lo terranno ben alto sopra


io in persona,
il

loro
il

capo quando
.

grande,

pensando rialzavo la testa e il mio petto si gonfiava, e i miei occhi guardavano con odio e fierezza tutte le faccie che mi passavan daccanto. Ero in quel momento, dicerto, sembravo pi iin altro
cos
:

bllo.

Arrivai cos a

una gran

piazza, dinanzi a

un arco

di

galoppavano nel cielo arroventito del tramonto mentre giuravo a me stesso che sarei diventato grande prima di morire.
trionfo. I cavalli della quadriga

VI.

Miseria.

In quei tempi ero povero, decentemente

ma

atroce-

mente povero.

.(Ho

sempre odiato, e anche

oggi, quelli

quelli che che son nati vicini ai portafogli pieni hanno potuto comprare quel che hanno desiderato,

quasi sempre). Ero borghesemente povero senza fame


e senza freddo

ma

soffrivo.

di andar vestito cogli spogli del babbo, consimiati, lisi e infrittellati con toppe ben messe dietro e in fondo ai calzoni,, n di avere in testa
;

Non m' importava

cappellucci sbertucciati, n di

troppo strette, risolate


della

camminare con scarpe e rimontate pi volte. Le gioie

mia vita eran piuttosto rade e modeste.


1'

Un

soldo

di ciliegie o di fichi

estate,

di bruciate o pattona

r inverno bastavano
(stenterello)

alla

mia

ghiottonizia. Al teatro

una volta l'anno forse due, se c'era qualche invito di mezzo. E una domenica l'anno a mangiare in campagna, sempre al soe
al

caff

(gelato)

lito

posto (Fiumiciattolo stracco con poc'acqua,


fritti).

sassi,

canneti, prati bruciati, pesci

3^
ghesi

Eppure questa meschinissima vita non nii faceva soffrire che per
niiei,

di
ia

meschini bor-

mancanza

di

denari vivi e sonanti, di denari


Quelli che

da poter spenla
il

dere da me, come piaceva a me.

hanno avuto
il
;

il

babbo benestante,

mamsalva-

ma

pietosa,

borseUino rifornito a tempo e


i

danaio accanto al letto


sciupato tante mai

ragazzacci vogliosi che hamio

lire

d'argento per balocchi, figure,

paste e frutte e porcherie non possono imma^jinare

da bambino, da ragazzo, da adoa yent'anni. (Soltanto a diciannove anni passati ho guadagnato i primi fogli da dieci, miei). Eppure avevo bisogno pi degli altri e per altre
quanto ho
sofferto io,

lescente, fin quasi

cose.

Avevo bisogno, prima

di tutto, di Ubri

(quelli di

avevo bisogno di
scrivere, e di
cole,

casa eran pochi, in biblioteca non potei andar che tardi)


giornali (fin d'allora questi ruba-

tempo mi tentavano)
penne e
pochi
soldi.

avevo bisogno di carta da

d' inchiostro. Miserie, spese pic-

Eppure anche quei pochi soldi mancavano. Mio padre non poteva darmi nulla e aveva ragione. Durava fatica a mantener tutti noi. Comprava ogni tanto, sui barroccini, un Hbro, ma non pi di due o tre all'anno. Pi tardi mi concesse una lira e mezzo per i vizi, come s'usa, al mese, un soldo al giorno
!

dire nelle nostre famiglie.

miei vizi erano

la

carta

bianca e la carta stampata.

Come

fare,

dunque

Dove trovare
i

denari

che

volevo, che dovevo avere a tutti

costi per le spese


?

mie, per dar da mangiare alla mia anima


Ricorsi a pi mezzi
:

prima di tutto

all'

economia.

37
Mi davano due
soldi al giorno per
il

companatico
tre soldi

della

colazione. Io spendevo sette centesimi. Ogni settimana

di

cinque
carta.

giorni

di

scuola
del

eran

un

volimie della

Biblioteca

Popolo o tre quaderni


era,
la

Poi c'era la

mamma. La mamma

com' giusto,

mia passione, mi compativa. Anche lei, poveretta, non aveva molti appena quelli lasciati dal babbo pi soldi di me
pi misericordiosa del babbo.

Vedeva

per

le

spese di casa, giorno per giorno. Eppure, a forza

ed espedienti trovava il modo darmi due, tre e anche quattro soldi per settimana, che si tramuta van subito in dispense di libri illustrati, in carta rigata a casellini (perch c'entrasse pi roba) o in giornali di letteratura. Altro mezzo era il ladrocinio e non mi vergogno a confessarlo. Per molti anni mi son dato, cautamente
di indicibili risparmi
di

ma

di continuo, al piccolo furto domestico.

volte la

mattina presto, mentre il babbo era ancora a letto, riuscivo li fra il buio ad acchiappare qualche soldo nel taschino della sottoveste appesa a un attaccapanni oppure non rendevo il resto di qualche spesa se il babbo
pi o
strada.
se

di
la

ne scordava

o dicevo di avere speso qualcosa


una parte

di avere perso

dei quattrini per


il

Mi gridavano
!

ma

era tanto

conforto di quei

pochi soldi nascosti

commercio ma con poca fortuna. Mettevo da parte la carta da involti e la vendevo facevo raccolta di nccioli di pesca, compravo e rivendevo francobolli usati ma i guadagni eran difficili e
Tentai anche
il

miserabili.

3
E
a dispetto
dell'

economie, della compassione ma-

tema, delle truffe e dei commerci succedeva a volte che non avevo niente, proprio niente, neppure un soldo per comprare un giornale. Erano i giorni in cui strappavo
fogli dei quaderni di mettevo un po' d'aceto nel fondigliolo polveroso deh' inchiostro pur di poter inzuppare la penna, erano i tristi giorni in cui stavo fermo pi del solito alle cantonate o alle mostre de' librai per leggere di straforo le mezze colonne dei giornali o qualche pagina di libro. Quanta passione in quei tempi Giorni bigi di freddo, Quanta didi solitudine e di miseria senza speranza che sugava e in cui l' inchiosperazione per la carta stro cattivo si spandeva malignamente confondendo le parole e il pensiero per un pennino spuntato che non
le
i

pagine bianche dei hbri o


;

scuola per poter scrivere

in cui

voleva scorrere e in casa non ce n'era pi


zione di

per la ostina-

un

libraio che

mezza lira di meno e io Anche a forza di sotterfugi,


ero sempre
il

non mi voleva dar quel libro per non avevo quattrini abbastanza
!

di preghiere, di inganni

povero,

il

ragazzo povero e silenzioso che

nessuno vede volentieri. I Ubrai mi davan poco ascolto quando chiedevo il prezzo di un Ubro sapendo ormai
i pache potevo disporre di centesini e non di Hre droni dei barroccini non avevan piacere che stessi tanto

compravo
lai

a sfogliare e a leggicchiare perch il pi delle volte non nulla o compravo librettucci di scarto da
spender poco, o magari volumi scompleti

giorna-

mi davan guardatacce perch mi

studiavo di legumiliazioni di

gere a tradimento,
t^

Ma

io ricordo

sempre con orgoglio

le

39
quegli anni.

Quante volte son passato e ripassato

di-

nanzi a una vetrina, adorando cogli occhi

un

libro lunil

gamente desiderato,
zo
!

e senza cuore per chiederne

prez-

quante volte tastavo in tasca i pochi soldi, e li ricontavo per la paura di averne meno o di averli persi, ed entravo in bottega col viso bianco, timido, e zitto, aspettando che il padrone fosse solo per dir quel nome e quel titolo.... Quanto mi disprezzavano
allora,
librai,

padroni, compagni, parenti, tutti

Ra-

gazzaccio scarno, silenzioso e mal vestito, cogli occhi


fissi

di miope, le tasche piene di fogli, le

mani

sudicie

d' inchiostro, le

pieghe della rabbia e della tristezza in-

tomo

alla

bocca

e la

mia ruga

diritta

che comin-

ciava a incidersi in mezzo alla fronte.

Eppure cosa chiedevo ? Forse di andar vestito come i signorini modello delle incisioni virtuose, tutti quanti attillati e ingolettati ? Forse di mangiar carne e dolciumi fino al vomito e all' indigestione ? Chiedevo
:

case belle, viaggi,


rattini
?

fucili, cavalli

di legno o teatri ^i bu-

Ero brutto e spregevole


allora,

ma pure sotto

lo so e lo

sapevo anche
la ve-

quella bruttezza e quella mi-

seria c'era
rit,

un'anima che voleva sapere, conoscer

imbeversi tutta di luce e sotto quel cappellaccio

untuoso e quella testa spettinata c'era un cervello che voleva capir ogni idea e dappertutto ragionare o sognare
glia Itri

guardava quel che dove i pi non trovano che vuoto e desolazione. Perch nessuno ha capito e mi ha da,to quel che mi toccava per diritto ?
gi
l

c'era una mente che di non vedono e si nutriva

^40
Per non mi lamento di quella miseria n mi ver-

gogno
nato

delle passate umiliazioni.

La

facilit della vita

mi avrebbe

fatto, forse, pi vigliacco,

meno

appassio-

e, alla fine,

pi povero. L'amarezza continua di chi

non ha e non pu avere mi ha tenuto lontano dagli altri, e ha costretto il mio spirito nel laminatoio del e pi dolore che 1' ha reso pi pulito, pi affilato

degno.

VII.

La mia campagna.
mia agli educ La campagna quanto mi la a' tutto biblioteca. Una certa e determinata campagna
Oltre che a' libri ed a' morti debbo l'anima
alberi ed

monti.

quel che c' di poetico, di malinconico, di grigio e di


sohtario in
dalla

me 1' ho avuto dalla campagna di Toscana, campagna ch' intomo a Firenze. Mio padre, uomo di poche parole e di curiosit intellettuali superiori al suo stato, mi portava ogni domenica, fin da bambino, fuor di porta. S' andava via soli, dopo mangiato, senza parlare. Il babbo sapeva certe strade solitarie, deserte, fuori di mano, dove si camminava adagio adagio per ore intere e senza incontrare un'anima.
volta ci
in
s'

Non sempre veramente qualche imbatteva in un prete, in un contadino,


:

una vecchia. Ci salutavano e si tirava di lungo. Il babbo era quasi sempre soprappensiero io ruminavo fra me precoci disappunti o ingenui abbozzi d'idee. Ma guardavo. Di sopra ai muri in cui la strada

era

incassata

si

spenzolavano
i

rami convulsionari

de' bigi olivi o sfilavano


rati,
i

rosai nani, poveri,

non cu-

rosai colle rose fradicie e sbiancate che cascavano

42
foglia

a foglia gi nella zanella a marcire. Quante mi-

glia rasente a quei

muri

Muri che vedo ancora


di licheni bigi

muri
se-

bassi, quasi muriccioli

che invitavano la gente a


delle

dere

muri umidi, toppati


altissimi,

e di fungaie
feritoie
;

verdi,

colle scolature nere e luccicanti

muri

con alberi

grossi, neri e fronzuti in alto,

quasi a sostenere giardini pensili


fuori di porta, incalcinati
graffiti

muri nuovi, appena da poco e decorati di rustici


;

da manovale. Ogni tanto un cancello


i

di villa

cancelli chiusi e scuri, contro

quali saltava e rintro;

nava di dentro, il cane abbaiante cancelli spalancati, con un cipresso per parte, come per guardia, e un viale che andava in su, in pendo, fra siepi di mortella e di aMoro. Ogni tanto i muri si aprivano e succedevano le
siepi vive, alte, ptunose,

bianche di brina e di neve in


in primavera, nere di

inverno, bianche di
alla
fin

fiori

more

dell'estate.

muri e
gli

siepi

pi lontano ancora sparivano

e la strada

viottoli conventuali in

soHnga e massicciata (come i montagna) saliva tra i cipressi o


sotto
le valli solcate e
l'

abeti

e
i

avevo

prati

bagnati e

fondi di nebbia e

illusione dell' infinito.

A me
in viso,

pareva di rinascere. Soltanto lass, col vento senza cappello, senza pensiero preciso, sentivo

di vivere

come

avrei voluto sempre.

Quando

si

riscen-

deva per tornare in citt la tristezza mi riagguantava il cuore e il pungente crepuscolo della sera accompagnava la mia nostalga coi tocchi delle fievoli campane inascoltate. Allora, per non staccarmi da quel mondo libero e fresco, ne portavo con me qualche
pezzo
:

un'oliva nera, grinzosa, lustra, trovata gi tra

43
le foglie una ghianda colla sua coppa nispida un sasso marmoreo scheggiato e tagliente a mo' di catena alpestre una pina dura e verde una coccola di cipresso ; un marron d' india una- ciocca d'aghi d'abete una
;
;

gallozzola di cerrc...

semplice e rozzo
di montagnolo e
il

tutto quel che aveva un non so che non curato quello che dava
di
le

A me

piaceva tutto quel che era

senso della durezza, della solitudine, della vita sana

e senza giardinieri.
Io

non son nato per

gianti, meridionali e tropicaU


fiori

campagne ricche, lussuregnon son nato per i

vividi e profumati, per

frutti grassi,

per

il

sole.

La campagna che
di Toscana, quella

sento

io, la

campagna mia,

quella

dove ho imparato a respirare e a


grigia, triste, chiusa,

pensare
pagani,

campagna nuda, povera,

senza lussi, senza sfoggi di tinte, senza odori e festoni

ma

cos intima, cos famihare, cos adatta alla

sensibilit delicata, al pensiero dei soUtari.

Campagna

monacale e francescana, un po' aspra un po' nera, ove senti lo scheletro di sasso sotto la buccia erbosa, e i grandi monti bruni spopolati si rizzano a un tratto quasi a minaccia delle valli placide e frut-

un

po'

Campagna sentimentale della mia fanciullezza campagna eccitante e morale della mia giovent, campagna toscana magra ed asciutta, fatta di pietra setifere.
;

rena e di pietra forte, di


pressi
risoluti,

fiori

onesti e popolani, di cidi

di

quercioli e

pruni senza moine,

quanto mi sembravi pili bella delle campagne famose del sud, colle palme e gli aranci e i fichi d' india e la
bianca polvere e
il

furente sole d'estate

-^44

S'andava fuori d'ogni stagione ma quando riaccendo i ricordi non vedo che inverno o autunno
o primavera piovosa
:

cieli coperti, uniti, grigi,

chiusi

vento mordente o
terra che
sole
;

la quiete fredda e

imbronciata della

pena e lavora nel profondo. Non vedo mai non sento mai caldo o vedo un solicello an;

nacquato che viene a e fa sembrar pi nera

occliiate di tra le

nubi in viaggio
che risparisce.

la terra ogni volta

Vedo
tutto

la
il

campagna come
raccoglimento e
il

sotto

un

cielo di nord,

con

deserto dell'anno che finisce,

dopo che l'ultimo ramiciolo dimenticato raggrinzito


sui
tralci

secchi della vite.

E mi
lesti

ricordo bene di certe corte e ventose giornate

di gennaio e di febbraio,

quando

si

camminava

via

per
i

le

strade

dure,

ghiacciate,

che risonavano
gli echi,

sotto
sotto
di

passi fra

muri

asciutti che

rimandavan
alte.

le sfilaccicature

bianche delle nuvole

forza
viso

camminare tornavo a casa

coi piedi brucianti e

il

acceso, tutto vibrante e vigoroso

come

se tornassi

una

vittoria.'E la casa povera e buia, e la

da mia cameruc-

cia fredda e arruffata,

con una lucernina a olio, d'ottone, che dava poco lume e un so che di mortorio, mi alla pareva il ritomo alla mediocrit, alla schiavit morte. Allora prendevo un libro e leggevo alla fiochissima luce di quella funebre lucerna e a poco a poco tutto

mio corpo si raffreddava, i piedi tornavan gelati, la tristezza raddoppiava ed io mi buttavo sul letto a sepil

pellir nel

sonno
vita^'\

desideri inespressi e

sogni indeter-

minabili di una vita troppo diversa da questa

da ogni

appassionato

lo lasciai per sempre la vita delle pianure.


Ibsen.

vili.

La

scoperta del male.

X-Da una
spettiva
;

fanciullezza selvatica e precocemente introda un'umiliata solitudine imposta dalla timi;

dezza, dalla diversit e dalla miseria


disfatte di

dalle ripetute
;

un'enciclopedismo troppo

ambizioso

dal

lirismo elegiaco rimuginato per

strade grigie, tra

muri

anneriti sotto cieli di cenere

dai confusi impeti verso

una

vita eroica, degna, poetica, subito negati e anne-

gati nella maledetta quotidianit di

una

vita ridotta,

provinciale,

striminzita e mortificante sci


s

un

pessi-

mismadisperato e chiuso in
finestre"

scenza
e

fu maggiorenne chiese
risposta.

Appena

l'

intelletto

come una
alla

fortezza senza
dell'adole-

fine

alla vita le sue ragioni

non ebbe

La

teoria dette

forma

alla

malin-

conia. Alla tristezza fisica e assoluta dei pomeriggi delle


feste invernali

tenne dietro

l'

inchiesta sui beni e sui

mali dell'esistenza e

lo spirito

rispondeva di no a ogni

promessa

replicava di no a ogni bugiardo sogno, a

ogni falso piacere e soffiava sugli ultimi incanti


il

come

vento di mezzanotte sulle poche fiamme rimaste

di

una luminaria andata male.


Al languore delle veglie fantasticanti, quando vien

-48come non compianger mai nessuno, seguirono le ricerche sulla natura del dolore, sulla brevit delle gioie, sulla bilanvoglia di compianger s stessi, senza ragione,
si

cia della felicit terrestre


fine

ai

sonetti patetici

per la

dei giorni e degli autunni segu la ferma inten-

zione di protestare pubblicamente e razionalmente contro la bestiale accettazione della


vita.

A
tutti

quella et la perpetua

domanda

inutile si riprei

sent a
i

me

con
:

le stesse

parole di tutti

tempi

e di
?

tediati

La

vita degna d'essere vissuta


?

Cosa potevo rispondere

La

vita poco

mi promet-

non

teva e nulla mi dava.


infilato

Non potevo
poich

aspettarmi ricchezze,
dal principio avevo

trionfi negli studi,

fin

per necessit di cose mia strada breve e me-

diocre di scuole,
e pauroso,

di donne perch brutto non sterminatezza di sapere che le imprese troncate mi facevan male a pensarci. Pochi si curavan di me nessuno mi voleva bene, eccetto il babbo e la mamma, troppo lontani da quest'anima che da loro veniva e pur anche a loro sembrava stra-

non amore

niera.

Non mi
indovinar

restava che

il

pensiero

sempre m'era pia-

ciuto generalizzare, stringer rapporti tra fatti lontani,

smontare e rimontar teorie. Poco prima, fresco della Scienza nuova capita male, m'ero messo
leggi,

in testa di costruire

una

filosofia della storia letteraria


i

mi

ero immaginato di aver scoperto

corsi e

ricorsi

dell'arte, le

cause delle grandezze e delle decadenze nelle

letterature. Fin

da allora

il

Taine mi apriva

il

cervello

mi faceva

invidioso per quella sua facilit di

com-

popone schemi
pena
coloriti,
;

chiari, ordinati e

simmetrici d' idee, ap-

una linea e l'altra, da manate di fatti gi il demone teorico insidiava il fanciullo poeta e m' imboccava le formule, le sentenze e i ben dedotti
tra
corollari.
Il

pensiero gi armato

si

butt dunque su questa

vita miserabile senza carnevali e senza fari e fece presto a scoprirne

qui

il vuoto e il rinchiuso dolore. tutta ogni desiderio una ripulsa, a ogni aspirazione

una smentita, a ogni sforzo una


la

schiaffo

a tutta

la

voglia di felicit che ci prende a Sedici, a diciott'anni

promessa del
!

maniere
sta
:

nulla. Il nulla mascherato in cento Fede, gloria, arte, azione, paradiso, conqui-

maschere sul volto, occhiaie senza occhi, bocche


vita,

senza lingue, baci senza risposta.

La
suta.

per esser comportabile, va intensamente vis-

mento almen

riempe di momento in mopur muta simile ad acqua che passa ci trasporta come una corrente che pu sembrare eguale ed eterna. Ma se la vita si analizza e si
sensibilit la

La

se

spoglia e

si

spella col pensiero, colla ragione, colla loil

gica, colla filosofia allora

vuoto

si

addimostra senza
esser nulla e la

fondo,

il

nulla confessa francamente


si

disperazione

appollaia nell'anima

come

l'angelo

si

pos sul sepolcro disertato dal figlio d' Iddio. Cos accadde che mi affermai, con tutto l'ardore di una vita ascendente, nella negazione la vita.

La mia
maligna

risposta

la

sola

possibile

allora
alla

alla

ingiustizia

della

sorte
la

silenziosa
dell' in-

inimicizia
Papini,

degli

uomini fu
finito

persuasione

Un uomo


finita

50

umano.

vanit del tutto, della canaglieria congenita e


del genere

dell' infelicit indistruttibile


Il

credessi radicalissimo,
fin

mio pessimismo, per quanto lo proclamassi e lo non fu conseguente e non arriv dove poteva e doveva giungere. Fu, sul principio,
il

sentimentale, poetico-letterario. L'enciclopedico arrabbiato e


l'opera.
lirico

germinante che erano in


la scoperta

me

si

divisero
vita

Anche

dell' infelicit

della
nelle

fu pretesto a

nuove compilazioni. Raccolsi


i

letture tutti gli sfoghi dei poeti, le battute dei

mie dram-

matici, gli incisi degli oratori,

moniti dei predicanti,


filosofi

gli aforismi de'mezzi e degli interi

dove

fosse, ve-

lata o no, dimostrata o lamentata, l'inutilit dell'esi-

stenza,

il

sopravvento del male,


delle
illusioni
;

la tristezza dei sogni


;

interrotti,

lacerate

l'

accoramento del

passato irritomabile
parte

la disperazione

che piega e stronca


dell' infinito

l'anima quando s' girato attorno alla vita da ogni

isola

breve e appena illuminata

gorgo del nulla. Messi insieme cos un funereo zibal-

done di dolore fatto verbo, dove i distici, i paradossi, lontani nello spazio, lagni, i rimpianti di uomini

tempo e nello spirito si ritrovarono accozzati assieme, come il coro angoscioso dell' umana inconnel

tentezza.

Non
l

per curiosit letteraria soltanto


di

ero sincero.

ritrovar negli altri quegli sconforti e quelle maledi-

zioni
solo,

me,

torto

non esser pi di aver ritrovato i fratelli, i compagni nati per morti consolatori. Mi sembrava di non potere aver nella mia negazione e che questa non fosse sol-

mi dava animo. Mi sembrava

51
tanto la vigliacca protesta di
disordinata sognera.

un ragazzo sciupato
di sentenze
:

dalla

Ma
savo
il

non facevo soltanto centoni


il

pen;

io stesso di fare

libro,

il

vero libro sulla vita

libro che

avrebbe dovuto decidere una volta per sema far di s stesso e degli altri e
dell'esi-

pre ogni

uomo

stenza intera queUa disistima che meritano.

In quel

tempo m' imbattei per


filosofo.

la

prima volta in im grande


meditai

Leggicchiai,

lessi,

brani, a pezzi, a intervalli,

ma

Schopejahauer, a abbastanza per sentire


al quale potesse giun-

che la scienza agevole del librettini di geologia o d'evoluzione

non era

il

punto pi alto

gere r intelligenza conoscente.

tentai di
cos,

tracciare

una

storia del

pessimismo e percorsi

a gran giorincuriosirono.

nate, la storia della filosofia, dove altre idee, oltre quelle


negativa* e dolenti,

mi

attrassero e
:

mi

L'erudito non era pi solo


s'

il

teorico cresceva e

irrobustiva.

stico

fondato

L'assettatura del
sulla legge
i

mio sistema pessimipi desiderabili

che sono necessariamente


fini

irraggiungibili giustappunto

fu

accompagnata da gioie intellettuali quasi nuove per me. E non dimenticai d'esser portato agli estremi e
alla totalit.

Mi dispiaceva

in

Schopenhauer

l'ostilit

al suicidio. Io preparai invece,

come ultima parte

della

grande opera, una stoica propsta di suicidio universale. Non gi per chiasso non vedevo altra via d'uscita.
:

Suicidio individuale no, perch ridicolo e inutile


suicidio in massa, suicidio cosciente e

ma
a ro-

concordemente
di poter fon-

deliberato, tale

da

lasciar sola e deserta la terra


cieli.

tolare inutilmente nei

Immaginavo


dare una societ la quale
inconfutabile libro.

52
si

sarebbe dovuta v^a via

accrescere ed estendere insieme alla diffusione del

mio
si
1

Quando questa
il

lega dei disperati

avesse esattamente combaciato coU'umanit intera

sarebbe dovuto
fosse

scegliere
ai

gran giorno

la
il

fine

Avevo pensato anche

mezzi e mi parve che


preferirsi.
!

veleno

assolutamente da

Sciocchezze, fanciullaggini
di dover esser l'apostolo
di

Eppure

il

pensiero fsso

questa suprema conclu-

sione della vita fu per me,

un

certo tempo, l'unico

pretesto per rimanere ancora in vita.

acconsentii a

vivere soltanto colla buffa speranza di far morire tutti


gli

uomini insieme a me.

IX.

Gli

aliti.

Ma non

ero pi solo. Gi sul finire dell'adolescenza

ero uscito da quell'ombrosa solitudine fanciullesca che

mi aveva salvato l'anima

dall'

incanagliamento preio.

coce dei ragazzi compagnoni.

Avevo un cuore anch'

Sentivo d'aver qualcosa da dire e volevo parlare, sfogarmi. Fino allora tutto l'amore compresso di cui ero

tolmo l'avevo dato a


casi miei, sulla

M'ero commosso sui mia vita senza scopo e senza uscita.


stesso.
la

me

Avevo chiamato

morte presso
;

di

me

in cattivi e pa-

avevo pianto su quella mia morte vicina ed oscura. La notte, pensando a me,
tetici versi italiani e francesi

alla

mia

sorte miserabile di

uomo

a cui era chiusa ogni

strada e rifiutata ogni gioia, piangevo.

Di giorno por-

tavo negli occhi stanchi e nel mio vestito sempre nero

una specie
nella

di lutto anticipato di
di affetto.

Avevo bisogno

me medesimo. Volevo sentire una mano


;

mia mano, volevo


delle

essere ascoltato e ascoltare

aver qualcuno a cui dire in segreto, nell'abbandono


indimenticabile
quei desideri

babbi e

alle

prime amicizie, quei sentimenti, che non si possono dire ai mamme. Volevo qualcuno eguale a me,
e pensieri,

54
per lavorare assieme
;

imparare, per essere guidato

qualcuno pi grande di me per qualcuno al di sotto di


;

me, per aiutare e ammaestrare. Spiavo nei volti e nei cuori e non trovavo il pi delle volte che compatimento o disprezzo oppure, quell'odiosa e troppo facile camerateria dei peggio giovinetti malavvezzi che ti pigUan sotto braccio per parlarti di casini e biciclette. De' compagni di scuola, Filistei francamente, non volevo saperne. Che roba goderecci in calzoni corti sgobboncelli lividi e masturI

batori

beceri rompicoglioni

e quell'esoso, finto e

primo della classe No, no. Per me ci volevano cuori amorosi e, specialmente, cervelli attivi ed di quelli che fanno a scuola aperti. Gente come me poca figura ma che leggono, pensano, ruminano e hanno
ravviato
;

curiosit insolite e sogni balzani per la testa.


:

Uno

solo

ne trovai a scuola ma non era scolaro era un maestro. Maestro per necessit e poeta per natura. Giovane e generoso com'era seppe scoprire nelle mie parole e ne' miei sguardi l'anima che per tutti era muta. La sua venuta nella mia vita fu come l'apparizione della prima stella nel lungo indugio d'un crepuscolo serale.
Egli incoraggi
i

miei impulsi poetici

seppe appreze,

zare le mie vagabonde ricerche letterarie


superiore,

per quanto

mi tenne

alla pari.

Fu

il

primo che in quel

ragazzo sperso seppe vedere un uomo.


per quanto cordiale fosse la sua patema non mi bastava io cercavo i giovani, i giovani come me, e tanto cercai che nel giro di pochi
lui solo,

Ma

amicizia,

anni

feci

parte

di-

gruppi o cenacoli che a

me

sem] ra-

55
rono,

almeno
.

sulle prime,

banchetti e paradisi d' in-

telligenza

Cominciai col far comunella con due studenti pi vecchi e istruiti di me (sapevan di latino e di greco !)
coi quali fondai
si

una specie di congrega letteraria che chiam la Trinit. Si fece lo statuto in regola e si nominaron le cariche ognuno di noi fu, l dentro,
:

qualcosa.

La nostra

legge ordinava che ciascuno, volta a volta,

tesi e scrivere una specie di medoveva esser moria che letta e discussa dagli altri due ai quali era imposto, pena la vergogna, d'esser sempre contrari al terzo. Quando fu la mia volta buttai gi in uno scartafaccio di pi di cento pagine- una stronca-

dovesse sostenere ima

tura cavillosa e violenta dei Promessi Sposi. Codesto


libro l'odiavo fin

da quando, a
di

scuola, m'era toccato,

per un anno intero, far l'analisi logica e grammaticale


delle

mediocri disgrazie

Renzo Tramaglino e
;

di

Lucia Mondella. Quella contadina senza passione


prete coglione e vigliacco
;

quel

quel frate che aveva sem;

pre pronta sotto la tonaca la predica o la benedizione


quell'

innominato che fa

il

terribile sul serio e poi si

lascia sconvolgere dai singhiozzi di e umiliare dalla scaltra oratoria di

una plebea bigotta un santo mi secca-

vano o mi facevan rabbia. Non sentivo tutto quel che d'arte pura e grande v' in molte pagine di quel libro troppo famoso mentre quell'aura pietosa e cristiana che vi spira dentro quella acquiescenza servile
;

ai voleri del

Signor Iddio

quella punizione esemplare


dei

dei

peccatori

accompagnata dal trionfo discreto


semplici e dei disgraziati
il

5t>

rivoltare

mi faceva

con tutto

fuoco del mio spirito satanico e carducciano. Lessi, su in campagna, sotto un bel cielo vivido di

febbraio, la

mia stroncatura

e su quei

due

che

di-

vennero in seguito egregi e rispettabili servitori dello


Stato

fece un' impressione pessima.


il

Ma come

Il

pi piccolo,
leggiare,

pi giovane della trinit mettersi a die


sgonfiare

sbeffare
!

uno

dei cap) lavori


il

del

genio italiano

Va bene

canza di pregiudizi
vero
!

l'audacia,

coraggio, la

man-

ma

fino a quel

punto no davancora

La

discussione fu pi acida e litigiosa del solito.


i

Rividi spesso
della trinit

miei due censori e


si

ci parlai

ma

non

parl pi, n allora n mai.

Per fortuna incontrai poco tempo dopo un

aveva assai pi anni


di quegli altri
;

di

me

ch'era tutto
il

uomo

il

contrario

poeta (cio scriveva poesie in versi e


(suonava
flauto)
;

in

prosa)

musicista

entusiasta,

cordiale, e stravagante

come volevo
inizi

e desideravo. Co-

nosceva e amava

gli stessi scrittori del


;

mio cuore
;

(Poe,

Walt Whitman....)
a leggere
libri

a Baudelaire meravigliosi e nuovi per me

m'

mi

dette

Flaubert,

Dostojevski, Anatole France

..

La sua
altro,

vita era doppia


il

amministratore, o che so

durante

giorno era

un sognatore ardente
di far

scapigliato la sera e la domenica. Scriveva moltissimo

aveva trovato perfino

il

n^zzo

stampare qualdelicale

cosa di suo ne' giornali.


suoi, artisti

Mi

fece conoscere altri amici


tali
:

o che volcvan esser

un poeta

tissimo,

dovizioso di immagini, languido

di tutte

malinconie,

heiniano e dannunziano insieme, lettore

57
furibondo
di razza.

di tutte le letterature e, in fondo, scrittore


;

Era alto e fine come un gambo di giglio pudico e fragile come un novizio mistico come una vergine, ma era tisico e mor presto. Conobbi insieme a loro anche un pittore misterioso e funereo, appassionato di Boecklin im violinista mezzo
pallido
;

matto, improvvisatore furioso (sul piano) di marcie un compositore principiante, che andava pertrionfali
;

petuamente

in cerca di libretti, di lezioni di canto e

di mogli altrui.

Non

eran

quelli,

come

vidi pi tardi,
si

uomini

tali

da

potermi dar molto o da' quali


libresca,
dell'arte,

potessero aspettare

opere grandi. Pure fu quello, per me, dopo la ghiaccia


il

primo contatto col mondo caldo

vivo

Jn quel facsimile di

boheme

di citt piccola

tutte

le

attivit dello spirito eran rappresentate. Ve-

devo

in loro gli

uomini che facevano, che creavano,


intiri/zite

che avrebbero raggiunto un giorno o l'altro la gloria e

non pi

le

immagini

dei morti celebri, so-

lenni' e seppelliti.

Da

quelle giovinezze oscure, affannate, ubriacate dai


i

sogni e dilaniate dai dubbi sarebbero usciti

geni di
felici

domani,

conquistatori dell'eternit,

donatori

delle bellezze

nuove.

Ed

io

volevo essere uno di loro,


ri-

sentirmi compagno, fratello in questa sotterranea


cerca della bellezza e della fortuna.
Ci
si
:

ritrovava tutte
si
si

le

feste in casa del


;

fra noi

pigliava

il

caff

si

fumava

(le

maggiore prime sigaarticolo,

rette

!);

parlava con enfatica sincerit di un libro

nuovo,

di

uno

scrittore scoperto allora, di

un

-58di

un'opera
i

si

discuteva,

si

leticava,

s'urlava.

Op-

pure

poeti leggevano fra le iixtexruzioni dell'entusiai

smo
e

di tutti

poemetti
altro

scritti

durante la settimana

imo intonava
;

sul flauto

tenerezza
sica

un

una pastorale di monotona suonava Bach o un pezzo di mu-

sua.

V'era in noi tutti la fefjpa speranza d'esser designati alla gloria e alla grandezza. Ognuno di noi am-

mirava

l'altro e n'era

ammirato.

Non
:

c'erano invidie
:

o rivalit. Si voleva

essere ingannati e sognare

una

delle frasi pi ripetute fra noi era

che bisognava bere

a gran sorsi nella coppa della chimera . Cosa poi fosse e in che consistesse questa famosa chimera di cui si faceva im cosi smoderato uso domenicale non ho mai
potuto sapere.

Fra quei cinque affiliati avevo anch' io la mia parte. Rappresentavo l dentro il critico, l'erudito, il filosofo.

A me

si

rivolgevano per aver notizie storiche o

titoli

di libri o lumi precisi sulle teorie di

moda Godevo
che
senaltri,

presso di loro

una fama

di sterminata sapienza,
all'

solo in parte, e rispetto

ignoranza degli

tivo di meritare.

Ma

codesta reputazione e la mia non

del tutto vinta taciturnit


e temibile pi del bisogno.
della

mi rendevano autorevole

loro,,

quasi per paura

enorme stima che avevan per me, non lessi mai niente di quel che pure andavo scrivendo concitatamente in quel tempo attorno ai pi imbrogliati problemi
della vita e della morte.

bene in quella periodica baraonda poetica pure sentivo che non mi bastava, che
sentissi

Per quanto mi

59
qualcosa di pi andava cercando
assuefatto e portato
concettuali.
il

mio

spirito,

ormai

alle estratfezze e alle costruzioni

L godevo al calore di quell'entusiasmo


po' volgare
; ;

leggero e

un

la poesia

mi

allargava e

affi-

nava
prime

la sensibilit

la

musica, assaporata allora per


le

le

volte,

accompagnava con ritmi pi gravi

mie

galoppate visionarie.

Ma non

sentivo in nessuno dei miei nuovi amici la


il

passione per

pensiero nudo, l'abitudine del ragio-

namento, il gusto e la pratica della schermaglia logica. li E dopo un paio d'anni avvenne il mio tradimento abbandonai a poco a poco per altri compagni, per altre
:

orgie cerebrali

Eran
e bello,

tre,

nuovi.

Uno

studente di medicina, biondo

che preferiva Shelley e

De Musset
nano

ai trattati

di psichiatria e la galleria degli Ufzi alla sala anato-

mica

un quasi dottore

in lettere,

e loquace, fni-

gatore di librerie, poeta in incognito, a volte


e sfargione

bombone
scolaro

ma

infine
noi,

buon

figliuolo

un

ragazzaccio,

minore di tutti
di

irregolare in ogni cosa,

nessuna scuola, studioso di nessun argomento, nemico giurato d'ogni disciplina sfiduciato di s e orgo; ;

gliosissimo

cinico e malinconico. Sentii subito che in

questo. qui c'era pi


e

lui,

anima e stoffa che negli altri due specialmente, mi accostai fin dai primi tempi.

Lo

stesso giorno che lo conobbi ci leticai

ma

in seguito

l'ebbi alleato contro gli altri

due che rappresentavano

nei nostri

numerosi ritrovi quotidiani

teratura, l'eleganza, lo snobismo


spirito

irr una parola quello dannunziano che cominciava allora a gonfiare

la poesia, la let-

6o
e marcire anzi

tempo
il

giovani italiani. Noialtri due,


il

invece, s'era per

fatto, per

sapere certo, per

1'

ide,

per la teoria semplice e simmetrica, per la dura

filosofia.

Per molti mesi

si

riusc a stare insieme e a discu-

tere renza troppa amarezza.

Alcune

simpatie comuni

e specialmente alcuni odi


ci

da

tutti fortemente sentiti,

tenevano

stretti insieme. Alla fine per si


;

cominci

a punzecchiare e a pungere
sto al sarcasmo
fin
all'

dall' ironia

si

pass pie-

ingiuria, ali 'assalto.


:

misteriosamente

ci

fu per aria

La compagnia un sospetto tra-

venne d'accordo alla separazione assoluta e perpetua due di qua e due di l. Rivedo ancora la cantonata e l'ora in cui fa deciso e sbrigato in poche parole l'irrevocabile abbandono. Ci separammo senza addii n strette di mano. Ed io rimasi, nell'appressamento della sera, con un amico solo, col solo anodco di tutta la vita, con un amico tutto per me.
gico.

Finalmente

si

X.

Lui
Caro Giuliano
!

Son onnai
s'

trascorsi dodici anni e

pi da quell'autunno afoso e piovigginoso in cui le nostre anime sperse

incontrarono e

si

ritrovarono.

Possiamo parlare di quei tempi pacatamente, serenamente, come se non si trattasse proprio di noialtri che abbiamo ancora gli stessi nomi e cognomi e tante memorie in comune. Non siamo pi gii stessi. Non sono
pi io
tato,
poli.

non
:

sei

pi

te.

un

certo punto

abbiamo
discele

preso diverse strade.

Tu

sei

ora un uomo
seguaci,
;

serio, rispet-

operoso

hai ammiratori,

forse

Hai
;

fatto le tue

campagne
;

puoi mostrare

tue

ferite

hai saputo creare dal nulla qualcosa che sta,

che regge e che rende


sie

hai voluto nascondere

le

traver-

dolorose della tua

anima complicata sotto


po' sempre
il
:

il

grem-

biule del

manovale

e gli occhiali del ragioniere.

Io son rimasto

un

e senza timone di quei tempi l

giramondo estroso non ho arte n

parte

non ho la pietra di una certezza su cui posare il capo non ho un pezzo di mondo eh' io possa cinger di muro e dire mio Ma son mutato anch' io e come
;

62

di quegli anni

Possiamo dunque parlar

con tutta

la verosimiglianza della calma,

come se fosse storia e storia d'altri. Ma non posso fare a meno di parlarne ; la nostra amicizia non fu come tutte le altre frivola, passeggera, sentimentale. Tu devi riconoscere che non fu come tutte le altre. Io non so se tu abbia mai sentito profondamente, in
:

tutta la sua pienezza, che avvenimento gra\e e bello


stata la nostra lunga fraternit. Per conto

mio non

so rivedere la mia vita di quegli anni che accompagnata

daUa tua figura di laborioso ed eccitabile giacobino. Mi vedo con te contro n vento d' inverno e contro il
polverone d'estate
;

appoggiato
l'

sulle spallette. dei lun;

garni a contemplare
steso sull'erba, sopra

inutile furia della pescaia

di-

una vetta

del Mugello

chinato
silen-

a frugar sui barroccini di

libri usati

o seduto in

zio alla tavola sparecchiata d'un'osteria di

Per quanti
all'

sforzi faccia

giorno per giorno la


infuori d quella.

campagna. non mi vedo mai solo. Ricordo nostra vita comune e nient'altro

Ti rammenti della tua prima casa, in quella strada


fra palazzi e giardini ben serrati, dove non passano verso sera che amanti e portieri ? Era una casa grande e un po' gialla e per quanto non potesse aver neppur cinquant'anni esalava gi qualcosa di vecchio e di triste. Ti rammenti dello stanzone buio tutto pieno di libri magazzino di tutte le delizie itaubertosa terra promessa di tutte le liane e francesi mie curiosit d' ignorante ? Ti rammenti le chiacchierate lunghe in camera tua, davanti al tepido sfavillo

pulita e solitaria,

-63
della legna asciutta,
le

la sera e

mentre scendeva rapida


ti

campane suonavano senza mai smettere per qualche


?

lutto dimenticato
rile

ricordi quel

giardinuccio ste-

infossato tra
la

dove per
piuttosto,
sui colli e
sulle

muri umidi e finestre sempre chiuse prima volta abbiam parlato commossi di
?

Stirner e della divina libert dell' io

ti

rammenti,

quando s'andava ad aspettare il tramonto si guardava la citt distesa vigliaccamente


si

sponde del fiume lento e

diceva

Sarai nostra

volte s'andava pi lontano, sui monti, in cerca

di solitudine, di

vento e di severit. La strada non pacsai


;

reva mai lunga. Si andava innanzi col nostro passo


lesto di

camminatori impazienti e invece dei canti


il

allietavano
lite

ci

cammino i pensieri e i paradossi. Le animavano come una battaglia da vincere


ammutolivano.
fil

le

scese ci umiliavano e ci

Si

scappava
di scuola.

presto dai muri di cinta, dalle siepi di

di ferro, dai

campi

rigati

a solchi

diritti

come un quaderno
;

Si cercava l'altezza e la libert

le

strade senza la re;

gola delle fratte


spoglie
tate.
;

viottoli e le scorciatoie

le

macchie
di

l'eite

sassose
si

che portano

alle

case disabii

quando

giungeva in cima, sotto

muri

un

convento povero e chiuso o presso alle pietraie dei castellacci in rovina, si cantava la marsigliese nel gelido
silenzio di febbraio dinanzi alle valli deserte e sconsolate, alle

montagne lontane, nere


il

di povert lungo le
il

coste, bianche di luce e di


di nuvolaglia e
sito

neve verso

cielo arruffato

nostro petto s'allargava sotto l'anil

dei

polmoni e

battito del cuore.

lontani dalla citt stretta e strepitosa e

Quanto s'era da tutte le


ser soli nel

64

mondo
:

sante leg^i dell'unii iazione quotidiana! Ci pareva d'es-

mondo

padroni del

gli unici

uo-

mini degni e nobili nel


grinzite

mondo.

Soffiava

il

vento spiuz-

zandoci in viso qualche goccia rimasta sulle foglie in;

viaggiavano
;

le rigide

nuvole bianche nel cielo

grande senza colore si rammaricavano gli alberi percossi senza grazia da un'ondata di tramontana e l'erbe
bruciate e impallidite dal
la

gelo

aspettavano pazienti

primavera e l'odoroso :iegreto delle mammole. Caro Giuliano noi siamo oggi due uomini e non
:

pi due ragazzi.
parecchi
doveri
;

Abbiamo moglie abbiamo, in un

e figlioli

abbiamo
cura

certo

senso,

d'anime. Eppuie io credo che se qualcosa di meno falso uscito mai dall'anime nostre se qualcosa di noi rester; dopo la morte, nelle anime altrui, lo dovemmo e io dovremo a quelle fredde feste d' inverno, a quelle fughe in due verso la terra ignuda e l'al;

tezza pura.

Ricordati delle nostre serate,

quand'

io

venivo a

casa tua, nell'altra casa, dove stavi solo a scrivere e

ad aspettarmi. Dinanzi aHe tue finestre c'era un cipresso, e accanto al cipresso ima salita. Si voleva bene a quel cipresso ch'era un po' scompigliato e polveroso

ma

tutto nero e tutto solo su quella pimta di giardino

antico.

si

guardava spesso

la salita.

La nostra
i

vita
li

era e voleva essere una salita

Tutti

nostri sogni

abbiamo sognati in alto, coi piedi nell'erba fradicia e il profumo delle ginestre nell'aria. Tutti i nostri progetti di libri, i nostri programmi di giornali, i nostri piani di azione li abbiamo concepiti e sviluppati lass, a qualche centinaio di metri sopra il mare e sopra la

gente.

65

proponessi
c'eri

qualunque cosa
;

io pensassi e

dentro anche tu

e nelle cose proposte

da

te

dovevo
:

aver parte io e l'universo era diviso nettamente, cos


noi due da una parte e tutto
il

resto dall'altra.

Lass,

vicino

allo

sbocco di via

San Leonardo,

c'erano due cipressi grossi e maestosi e quasi eguali

Stavano appiccicati assieme e non avevan una volta che quei compagni intorno. S disse cipressi s'era roi due e che come quelli avevan comd'altezza.

fuso

le

radici sotto terra e le

rame nel

cielo cos noi

volevamo

esser congiunti nella vita e nell'avvenire.

si

disse pure che la sorte di quei cipressi sarebbe stata la

nostra e che se uno di loro fosse tagliato o fulminato


lo stesso
i

accadrebbe ad uno di

nbi....

Ti ricordi
il

Ma

cipressi ci son

ancora tutti e due n

temporale

r ha schiantati ne l'accetta 1' ha sbarbati e ci vanno ancora sulla sera i passerotti a pispolar d'amore. E ci siamo anche noi due e siamo vivi tutti e due e sempre
vicini

ma

pazzi orgogli

quando passo dinanzi non so perch capo e


e

non ci frulan pi per la testa a' due neri fratelli abbasso il mi si stringe il cuore.
?

Non
la

senti che fatto grave, che fatto bello stata

nostra amicizia d'allora


io sia

Io

non so pi

se nella tua

memoria

vivo e presente

come tu

sei nella

mia.

punto tu sappia che il meglio della nostra vita comincia U e non prima e che proprio in quegli anni l'anima nostra ha scolpito per sempre i
so fino a qual

Non

suoi lineamenti e misurata la lunghezza delle sue

ali.

Noi siamo accosto e lontani, amico mio, ed so' nulla di te e tu non sai pi ni nte di me.
PAriM

io

non

Un

urino fin 'o

'

66
Ma
se
li

rivedo seduto dinanzi ai banconi immensi

e scarabocchiati della biblioteca, nelle mattinate e nei

pomeriggi del lavoro appassionato, chino sui libri aperti, sulla carta apparecchiata, e risento la tua voce che mi
chiedeva o mi rispondeva qualcosa
gira su e gi
(e
?.i

guardava

in-

torno colla coda dell'occhio perch l'uomo severo che

non

si

avvedesse del nostro cicalccio

ille-

gale) allora capisco ogni cosa

e tu ridiventi mio, tuli o

mio, corno

in quei giorni lontani della nostra

impae ci
si

ziente vigilia.

O
del

quando s'andava

al caff, la sei-

tax

',

rintanava nell'ultimo tavolino, nel pi loiuc.uj cantuccio

capannone di ferro e di vetro della gran birreria ? Ti rammenti come si passava muti e sdegnosi, chiusi
e diritti nei mantelli neri, attraverso le tavolate delle

famiglie per bene, accanto ai

filistei

solitari

che creser-

pavan
vitori
?

di noia ipnotizzati dai bicchieri vuoti, sotto lo

sghignazzo dei giovanotti eleganti e volgari

come

Con che

soddisfazione

ci si

ficcava l in fondo,

a bere

il

caff caldo e cattivo, a ricapitolare le conquiste

della giornata, a

commentare

il

passato e

il

futuro,
le

il

viso ebete del vicino e le sorti del


della terra e le speranze del cielo
!

mondo,

piaghe
glorie

Quanti

libri

abbiamo

stroncato, quante idee

abbiamo riscoperto quante


scritto
l'

abbiamo
di

stritolato,

quanti sistemi abbiamo smontato,


indice e la prefazione,
l'aire

quante opere abbiamo

a quanti paradossi abbiamo dato


!

e a quante

Altro che assenzio o saette abbiamo limato la punta sciampagna Era la nostra, come la divina giovinezza, un'ubriachezza senza vino un'orgia senza donne una
!

festa senza

67

Era
io,

musica e

balli.

l'esultante disotterra-

mento quotidiano
e vero io
:

del nostro
il

del nostro pi intimo

lo

scoprimento,
lirici

rifacimento perpetuo della

nostra intelligenza di
tori di profondit.

del concetto e di scandaglia-

siamo scoperti assieme e assieme abbiamo scoperto il pensiero. Io rivelai a te medesiino l'anima tua e tu apristi a me stesso l'anima mia. Assieme abbiamo creduto tutto e tutto negato abbiamo edificato

Noi

ci

e diroccato.

Accanto, la
divorato

mano
i

nella

mano, abbiamo
ci

cercato

le verit,

libri,

e perquisite 'e glorie

pi incontestabili. Nello stesso istante

siamo

libe-

rati dalle fedi dei padri, dagli idoli della trib, dalle

mordacchie dei timorosi, Abbiam.o dormito nello stesso


letto e

abbiamo segnato, medesime pagine. Eppure la nonegli stessi libri, le stra amicizia non' ha avuto niente di molle, di femmimangiato
alla stessa tavola e

neo, di patetico e

diciamolo pure

di

cordiale.
la cor-

stata l'amicizia di due cervelli in pena e

non

rispondenza di amorosi sensi di due cuori confidenti.

Non
all'altro
t'

ci

siamo baciati mai

non abbiamo pianto

in-

sieme, neppure
i

una volta

nessuno di noi ha detto

segreti pi cari delle sue passioni.


lo

Quando

innamorasti

seppi da altri ed ebbi l'annunzio del

tuo matrimonio dal Corriere della Sera.


si

Non
et le

per nu^la

leggeva con tanto ardore Le Rouf/


I

Noir e

la

Mori du Imtp
S
:

tu dovrai riconoscerlo.
tutte
le altre.

La

nostra amicizia non

fu

come

tuale,

tutta filosofica

Tutta cerebrale, tutta intelletebbe pur nondimeno gli ardori

68 --

E non son neppur sicuro che il cuore non c'entrasse per nulla. Io non sono soltanto un cervello. Non senti quanta nostalga in questi richiami, in queste memorie di una
e le tempeste degli attaccamenti del cuore.
felicit irrevocabile ?

perch questo passato di

ture e di gite e di colloqui

colto passato di lavoro e di silenzio

questo semplice e rac mi commuove


?

let-

pi del ricordo di un amore


te

Perch sento ancora per

una tenerezza mai detta, non manifestata mai, che non ho mostrato neppure una volta ne' miei atti o espressa nelle mie lettere ? No io non sono affatto sicuro che il cuore non c'entrasse per nulla. Tu solo, forse, potresti dirlo, ma non te lo chieder. Non voglio che tu lo dica sar un altro di quei segreti (l'ultimo !) che rende van pi pura la nostra
: :

virile

fraternit.

XI.

La

scopetta deli* ttnit.

Fino a quel tempo

il

pensiero era stato

un

testi-

mone
dell'

im

sorreggitore del malessere, deUa tristezza,

ingenuo disgusto della vita. Gruccia, armatura, so.

stentacolo e nulla di pi.


sofia

Chiamavo a gran voce

la filo
:

a esprimere e giustificare un mio sentimento

alleata, ausiliaria e serva

che lodavo finch mi dava

mi prestava la sua immagine venerabile, credevo allora per non presentare ai nemici la lirica nudit delle mie fanciullesche e immaginarie ambaragione e

scie.

Per in quello scegliere


della
filosofia

la scura e

disadorna as-

sisa

piuttosto che lo shakespeariano e


il

ghirigorato mantello della poesia c'era

segno d'una
il

nclinazione istintiva verso

il

pensiero astratto e

rico-

noscimento, posso dir ora, che quella veste aveva un


valore anche di per s e pi valore di altre e, infine,

l'avviamento a scoprire che sotto quell'abito


anch'essere

ci

poteva
Il

un corpo

solido e

vivo.

Difatti uscii dal dolore per la via del pensiero.

metodo
il

fece dimenticare

resultati

il

mezzo uccise
era
di

fine.
il

La mia
male

fissazione,

come ho

detto,

pro-

vare

della vita in

modo

certissimo, irricusabile,

definitivo
in

70

diie
:

in modo
!

tale

che nessuno potesse dir no,


cos,

modo che
La

tutti dovessero

non pu

esser altro che cos

certezza,

allora,
e,

soltanto la scienza

volendo
si

mi pareva che potesse darla fi-osofia, una filosofia


da
a'

abbarbicata

alle

scienze e nata
:

loro.

Tutti cononostri, po-

scono questa
sitivismo.

filosofia

chiama,

tempi

Mi

proposi, dunque, di fare

mia dimostrasulle

zione positiva del pessimismo.

Mi buttai

colla

tame

de' diciott'anni

antro-

pologie e psicologie e biologie e sociologie ch'erano allora in queir insostenibile colmo


del.

meriggio che gi
fatti
;

pronunzia
cifre
;

la

stanchezza.
;

Ammucchiai

ricopiai

applicai teorie

tentai generalizzazioni

improvpo' per

visai

scimmiescamente ipotesi e sistemi.


;

un

volta ci presi gusto

mi scordai

della tragedia del

mon-

do, della vanit leopardiana e della

rinunzia schopen-

haueiiana e anche della mia indefinita malcontentezza.

Mi piaceva la ricerca per la ricerca l' idea che genera una pi grande idea il potere meravigliosamente allargatore dell'astrazione. I metodi e i concetti mi conquisero non vidi pi il mio dolore riflesso nel mondo ma sentii il mondo pensare dentro di me. Da quel tempo la mia vita fu pensiero e soltanto pensiero. Sola realt mi parve l' idea, sola espressione perfetta la filosofia. Ero affogato tra i fatti ma i fatti non mi bastavano. Per quanto ne scandagliassi e ne mettessi insieme non
; ;
:

esaurivano
nato,

l'

infinito.

Quella ricchezza del particolare

ch'era stata la sola ricchezza

mia di erudito disordimi sembrava una disperata miseria. La r;ia mente,

71
smaniosa di vastit e
cetti universali
di

completezza, cercava

con-

come

il

solo pasto che le potesse finalteorie

mente cavar
prove,
le

la fame.

Le

mi piacevano
tirar

piti delle

idee pi che le esperienze e due fatti soli

mi

sembra van pi che bastanti per

su un sistema.

forza di andare innanzi per abbracciare sempre pi

realt con

meno

prinrip

cascai,

com'era naturale e

monismo. Non gi nel monismo idealista che conobbi dopo ma in un monismo quale poteva esnecessario, nel
sere ispirato d^' grossi meccanicisti che praticavo
lora.

Credevo

credevo

al-

in una sostanza unica che


e,

componeva

tutte le esistenze dell' universo

che pur

essendo indefinita, rassomigliava piuttosto alla vecchia

materia che a qualunque altra cosa.

Per

me

cotesto monismo,

codesta fede nell'unit


le

profonda e sostanziale di tutte

cose

non era soltanto


Io la sentii e la

una

parola,

una

frase,

una formula.

vissi in me, in ogni momento della vita, come si vive una passione e un amore. Tutte le cose diverse eran davvero per me una cosa sola la sostanza unica, sottostrato del variabile tutto, non era una invenzione mentale ma la realt stessa, E mi esaltava una volutt
;

continua

il

creder di sapere che tutti quegli oggetti cos

separati, cos differenti per le cieche bestie che

mi

cir-

condavano erano invece per me lo stesso oggetto, lo stesso principio, la stoffa medesima tagliata e colorata in mille modi per la comodit dei nostri sensi. Tanta era la fede ch'io divenni apostolo. Cominciavo allora a superare la cerchia de'compagni di scuola, e a ritrovarmi con qualche intellettuale anziano, (ch'era
^

^2 -^
con altri meno dotti d me ma curiosi d' idee co' quali potevo arrischiare le prime esperienze di maestro. Ricordo sempre un mu-

mi pareva, superiore a me)

sicale e solare istante di giugno.

Ero

in casa di

un no-

velliere principiante

che volevo convertire alla mia fede.

Suonarono ad un tratto le campane di mezzogiorno e parve che riempissero di calor sonoro tutta l'aria gi colma di sole. Ecco dissi a colui mostrandogli una penna pensa che questa penna e questo suono son la medesima ed unica cosa. Questa una forza fissa, imprigionata per ora in legno e in ferro, quest'altra una forza che ora si libera a larghi cerchi nel celeste. Dov' una verit pi profonda e grandiosa di questa ? E in quel momento sentivo, vedevo, toccavo con tutta l'anima quella divina unit e scorgevo veramente la nemica confusione del diverso rigurgitar verso l'origine unica d'una sola sorgente, d'un solo momento e riallac-

ciarsi nel futuro verso l'unica foce di

un panteista

nir-

vana.

XII.

II

mondo son

io.

Ma neppure al monismo mi fermai. Ero, come sono, vagabondo e volubile. Eppoi il pensiero non si ferma. La chiusa dell'ultima pagina non che l'esordio di una nuova partita e ogni cima raggiunta im trampolimo
per altri voli.

Conquistato il senso dell'unit mi si par dinanzi la domanda eternamente ritornante Di che cosa fatta quest'unit ? Che nome ha la sostanza invisibile e on:

nipresente che tutto

fa

e tutto diventa
?

Materia

Etere

Energia

Spirito

Rifeci dentro
della filosofia.
ste

di me, a grandi tratti, il dramma Contro le prime affermazioni naturalile

rephche razionali. L'universo d'acqua o di fuoco, di corpuscoli o di vortici divent a poco a poco il mondo della ragione, la moltepUce incarnazione
insorgevano
delle

idee,

l'

incristallamento

della
il

parola divina,

il

fiume cangiante delle immagini,


manifestato.

regno dello spirito

La soluzione idealista mi conquise. Esse tst pcrcipi. La realt immediata la sensazione. La sensazione fatto nostro, dell'anima. Al di l di essa non
sappiamo
nulla.

Unica spia e testimonio della realt

74
questo continuo sorgimento e risorgimento di stati e divemi di coscienza. ]] mondo la nostra rappresen

tazione.

Il

mio

filosofo

non

fu

pi Schopenhauer

ma
La

Berkeley.
C' qualcosa al di l della rapf)resentazione
?

conoscenza una fida finestra sul reale oppure un sistema di vetri appannati e istoriati che filtrano solo

immagini

false e

ombre

incerte di verit

?
il

c'

dav-

vero qualcosa dietro la conoscenza oppure


dietro la vita
?

nulla,

come
di s

Sarebbe forse soltanto specchio

stessa, buccia senza tronco e

panneggio sul vuoto ? Queste domande che l'uomo sano non si fa che
;

il

filosofo di mestiere fa tacere colle

sentenze e

gli

espe-

mi turbavano profonmi forzavano a un gioco di cervello senza riposo, a una caccia disperata di argomenti, di sofismi e di scappatoie, mi rendevano ansimante, inquieto, instancabile, come se la mia vita stessa ne dovesse dipendere. Ora, a distanza di anni, vedo tutta l' ingenuit del mio modo di porre i problemi e la grossoladienti della profondit verbaiola
e

damente,

nit delle soluzioni,

ma

in quei giorni

si

trattava di

cose gravi, di avvenimenti interni assai pi importanti


di

im primo

affetto e di

pensiero era la vita e la scelta di


direzione di un'esistenza.

un guadagno inaspettato. una teoria era


le

Il

la

le

dodici, discussioni discussioni con amici e con ne;

Tutte

le sere, fra le

quattro e

sette e fra l'otto e

mici, discussioni a voce alta

con impegno e furore.


i

S'andava lungo

il

fiume giallo o su per


il

viali alti, tra

la gente, tra gli alberi, sotto

cielo tenero e

sfumato

75
della

prima

sera, sotto

il

cielo gocciolante di pioggia o

tutto brividante di
lolla,

stelle,

sfaccettate,
;

in

mezzo

alla

alla nebbia, ai carri strepitosi

sui lastroni

ba-

gnati, sulla breccia candideggiante, senza veder nulla,

senza sentir nulla,

senza accorgersi di quel

mondo
;

riconfermava di mezz'ora in mezz'ora l'esistenza. Teoria della conoscenza percezione e rappresentazione oggettivo e soggettivo

estemo del quale

si

negava o

si

idealismo e realismo

Kant
;

gione

Platone e Locke
intontiti, senza

e Stuart Mill

sensi e ra-

tutta l'armeria gnoseo-

logica fuori e brandita balenando.


rauclii,

si

tornava a casa

un punto dubbio che tutto questo rimescolamento di definizioni, dilemmi e induzioni non fosse altro che
una
certezza, senza
sicuro, e col
l'effetto di

un

ridicolo malinteso, di

una semplice ed
la sola tesi lo-

umile questione di parole.


gica e perch logica non

Ma

r idealismo resisteva. Mi pareva


si

ferm in
Il

me

alla solita

eguaglianza tra esterno e interno.


sentazione,
s,

mondo

rappre-

ma

io

non

so d'altre rappresentazioni

fuor delle mie. Quelle degli altri


l'essenza dei fenomeni inanimati.
esiste soltanto

come ipotesi della dunque la mia rappresentazione il mondo l'anima mia il mondo son io Che meravigliosa scoperta, quale improvvisa illuminazione Nessuna idea mi scosse e trasform come questa. Io non badai alla sua stramba inverosimiglianza non pensai potesse essere un equivoco dialettico una semplice trasposizione di linguaggio e nulia

mi sono ignote come La mente degli altri mente mia. Il mondo

pi.

suno
io.

m' infiammava la fede Nespu credere ? Tanto meglio Ci credo La verit pi profonda si scopre sempre tardi e
stessa folla
ci
:

La sua
ci

crede o

da ultimo.

ci credetti

mente,

alla

con tutto il ceivello e lettera, sgomitolandone tutte


;

la presi seriale

pi lontane

ed assurde conseguenze. La mia vita divent fantastica e divina senza che niente fosse cambiato intorno a me. Tutto il mondo non era che una parte del mio io da me, dai miei sensi, dalla mia mente dipendeva la sua esistenza. A seconda dei miei movimenti le cose lasorgevano e sparivano. Tornando risorgevano
:

sciandole

si

disfacevano ancora una volta. S' io chiui

morivano se mi tappavo gli orecchi nessun suono, rumore o armonia, rompeva quando il silenzio dello spazio. E ultima conseguenza
devo
gli

occhi tutti

colori

io

morir tutto

il

mondo
:

sar annientato.
gli altri ?

Un
?

ultimo

dubbio mi restava
sare che
il

morir come

Posso pen-

mio pensiero smetta


!

di pensare

E
della
lont,

gli

uomini

Ombre

mia

sensibilit,

passeggere sullo schermo fantasmi evocati dalla mia vo:

burattini pretensiosi del


!

che divertimento
fra

mio teatro interiore Quanto mi parevan nuUi e buih


il

Passavo mezzo a loro e pensavo Eccoli qua che credon di vivere, che credon di esistere per loro conto e mapi di prima con tutto
loro travagliarsi
:
!

gari,

E non umili credenti di essere immortali sanno di non esser altro che figurine frettolose nella
!

mia pupilla

ricordi

o aspettative

lievi della

mia ani-

-_77

un fiume
di

ma

gocciole inconsistenti di

immagini
:

che in

me

solo

ha

la fonj'^ e lo sbocco.

Passo oltre

rieccoli affossati nel nulla

eppure incedono soddisfatti


odiavo pi e per-

come

li

aspettasse

una
il
:

vita piena e senza termine.


li

E
rito.

guardandoli sorridevo e non

fino ogni rancore per

loro ingiusto disprezzo era spa-

Non

natore

pi vittima

l'unico vivo in

mi sentivo ora padrone e domiuna piazza di ombre.

simile a quel che


esistesse.

Credo di aver provato in quei giorni qualcosa di Dio proverebbe sempre se in verit

Ero instancabilmente creatore e annientatore stava ai piedi come s' io potessi rifarlo tutto diverso o riassorbirlo con un solo atto. Provai, a momenti, una tale ebbrezza metafisica a questo pensiero che mi sembrava di non esser pi quel piccolo
il

mondo mi

me

stesso che sopportavo

trasfigurato e ingigantito

repente dalla spoglia

ma d'essermi a un tratto come un Dio ch'escisse di meschina di un uomo.

XIII.

Nulla

vero

tutto permesso.
I

solipsismo perfetto e conseguente fu la pi matta

imbriacatura della mia prima giovent


lunga.
Il

ma non

la pi

Dur poco

come

tutte le ebbrezze.

risveglio fu triste.

Abituato a pensarmi come

il

cardine
figura e
si

dell'universo,

come

l'unit sola capace di dar

permanenza

al nulla

impaziente di essere, mi

present di scoppio la certezza d'esser la ridicola vit-

tima

di un gioco di parole, di una trappola logica, di un r^picapo metafisico. Tanto calore," tanta volutt, tanta meraviglia per mi' illegittima deduzione da un

circolo vizioso

Dire che

il

mondo
le

rappresentazione

vuol dire semplicemente che


il

mondo

e che

il

mondo

esiste

credere che

rappresentazioni sono
gli altri

esistano significa soltanto che esistono quei complessi

da una volont simile alla nostra chiamano uomini e queste sono semplicemente definizioni, che non cambiano nuUa di nulla, H vocae dinanzi alle cose ed agli uobolario, resta lo stesso mini dobbiamo agire come prima, e non possiamo agire altrimenti. Alla resistenza che i corpi oppongono alla
di sensazioni diretti
si

che

79
mia volont
sere
si

aggiungono

le

volont diverse dalla mia e

dirette contro la

mia

e ci dimostra che invece d'es-

un Dio sono semplicemente un imbecille. Pili tardi questa persuasione mi spinse a cercare
:

un'altra strada per giungere a Dio

accrescere la por-

tata della

mia volont.

Allora, invece, quell'umiliatis-

simo e malinconicissimo risveglio ebbe per effetto di buttarmi all' eccesso opposto. Persi ogni fede nel pensiero,

nella ragione, nella filosofa.


;

Il

pensiero

mi

di-

vent paradosso alla poetica la ragione mi parve disegno geometrico e simmetrico di pure linee senza
dimensioni
;

la filosofa nient'altro ch'espressione dia-

lettica di simpatie, di odi, di bisogni cerebrali

o morali

del tale e tale

uomo
il

e non dello spirito imiversale in-

carnato.

La

logica che

gore autonomo e
quel punto

mi

si

mi aveva condotto col suo ricammino senza requie fino a tramut in una sofstica sottile, capziosuo

sa, disgregatrice,
i

che esercitai gagliardamente su tutti

pensieri possibili

appena mi

si

offriva

il

destro. Di-

venni una specie di Gorgia da caff che, per vendi-

perduta e della .superbia fiaccata, si divertiva a dissolvere e disseccare le fedi degh altri ; a rovesciare i loro tentativi di teoria, di affermazione valendosi non solo della loro debolezza e ignoranza
carsi della certezza

ma

anche della propria malafede e pessima volont. Provavo gusto a metter dubbi in testa ai dogmatici
gli

a far tacere
umiliare
i

ardenti

a ridicoleggiare

fanatici

tivo, sterile

Era un piacere amaro, catprovavo gusto. Era la mia sola vendetta. Andavo apposta a cercare gli altri non per
chiacchieratori.

ma

ci

80
convincerli di qualcosa,

come prima, ma per


Il

dissuaderli,

per renderli ancora una volta simili a me.

Pochissimi mi resistevano.
facilit
lettica,

parlare animoso, la

d'improvvisazione, la pratica della scherma dial'esperienza


delle

diverse

filosofie,

la

sfaccia-

taggine della mia erudizione bibliografica mi davano


il

pi delle volte
le

il

sopravvento. Possedevo
i

il

metodo

sapevo
colpi

insidie

tattiche,

trabocchetti

infallibili,

maestri.
relativo. Errore qui e verit qua.

Tutto

Verit
princpi

da questo

lato e falsit

da
;

quest'altro. Tutti

contraddittori in s stessi

ogni metafisica non che

la trascrizione in linguaggi diversi di

mule generali
mistica unit

e queste si riducono

due o tre forsempre a qualche a un unico che non si comprende,


i

che non nulla, che non significa nulla. Si fabbricano


le
filosofie

per giustificare

nostri pregiudizi

nostri
:

sentimenti, le necessit, anche basse, della nostra vita

ritraduciamo la

filosofia in

termini di vita e

ci

vedremo

innanzi una somiglianza della metafisica dei maiali ab-

bozzata da Carlyle. L'unita realt


sazione
le
:

il

presente, la sen-

ognuno viva
le fedi.

il

suo presnte e mandi al diavolo

formule e

di vecchie malattie in s stesso e nel

Bisogna liberarsi da codeste croste ognuno liberi s stesso, e creda


ch' beUo

momento che fugge ma

appunto perch fugge.

E siccome in tutte le mie avventure non mi son mai fermato a met, non aspettai molto a tirar le conseguenze di codesta negazione di ogni principio e di
ogni regola. Incontrai

Max

Stirner in quel

tempo

mi

81
parve di aver trovato finalmente
scitivo passai al solipsismo morale.
il

solo maestro del

quale non potessi fare a meno. Dal solipsismo cono-

Non

vi fu altro

Dio
i

dinanzi a
logia

me

al di fuori di

me. Fantasticai di un'egole-

distrussi in

me

gli affetti della famiglia,

gami

della patria, gli ultimi freni dell'abitudine bor;

ghese della condotta corretta. Fui anarchico


anarchico
;

mi

dissi

non

vidi altro

fine

fuori della liberazione


altri poi.

completa di Perch avevo bisogno per la mia libert della

me stesso e degli

degno

di

me

al

di

libert altrui.

Fondai con tre amici un gruppo individualista scrissi il Proclama degli Spiriti Liberi e ci ubriacammo
;

insieme di vino, di haschich e di feroci assurdit.

Niente fu

jpi

sacro per
'

me

gli

stessi

tentativi

rivoluzionari e

programmi umanitari, che mi sembralaici

vano, prima, qualcosa di grosso, s'eran mutati a'miei


occhi in stupide fanciullaggini di credenti
;

e ine-

perti.

Ben
l,

altro ci voleva per


radicale,
il

terna,

ideale,

di tutti gli uomini.

me. La liberazione inSe mai,


a'

qua e

per aiutare

futuro, qualche barile di vera

dinamite. Pensavo, insieme ai pochi

quali m'ero ac-

costato, a un colpo di mano per impadronirci della avevo vocitt mi preparavo alla rivolta universale
;

glia di scappare,

di viaggiare ogni paese, di urtarmi


i

zioni d'oriente, di sperdermi ira

stomacarmi nelle esalai fumi del nord. E intanto, non potendo far nulla, scontento ed eccitato, avido e schivo, scaricavo il mio sdegno in aforismi strafottenti, in sfoghi lirici e mordaci a somicoi corpi di tutti

popoli, di

'Ar

iM

UH uomo

finto

~- 6

82
glianza di" quelli di Nietzsche
alla filosofia e
;

e meditavo,

in odio

a Kant suo degno ruffiano, una Crie un Crepuscolo dei Filotica di ogni Ragione sofi e sentivo il bisogno apostolico di liberare gli

altri

come avevo, mi pareva,


e

liberato

me

stesso

colla

nuda

coraggiosa teoria.

In che

modo

Fondando un
che
ci

giornale.

Un

giornale
il

con quel tanto

di scienza

voleva per disfare

vecchio e quel moltissimo di crudo, di antideaUsta, di


esotico ch'era in

me

e negli altri miei pi vicini.

XIV.
Ribollimento.

Ogni volta che una generazione

s'affaccia alla ter-

razza della vita pare che la sinfonia del

mondo debba

attaccare un tempo nuovo. Sogni, speranze, piani di


attacco, estasi delle scoperte, scalate, sfide, superbie

un
;

giornale.
il

Ogni articolo ha

tuono e

il

suono di uh procla-

ma

ogni botta e battuta di polemica scritta collo


;

stile dei bollettini vittoriosi

ogni titolo

un program;

ma

ogni critica una presa della Bastiglia


;

ogni libro

un vangelo

ogni conversazione prende l'aria d'un

conciliabolo di catilinari o di

un club
il

di sanculotti

e perfino
niti

le lettere

hanno

l'ansito e

galoppo di mo-

apostolici.

Per l'uomo di vent'anni ogni anziano il nemico ; ogni idea sospetta ogni grand'uomo da rimetter
;

sotto processo

la storia passata

sembra una lunga

notte rotta da lampi, un'attesa grigia e impaziente,

un etemo crepuscolo
finalmente con noi.

di quel mattino che sorge ora Per l'uomo di vent'anni i tramonti medesimi sembrano avere i riflessi bianchi e delicati dell'alba

che tarda a venire e

le torcie

che ac-

-84compagnano
i

morti son fuochi di gioia per


delle
le

le

nuove
sono

feste e i Tammarichi squilli che annunziano

campane
i

bigotte

nascite e

battesimi delle
della vita, in
i

anime.
cui
si
;

ha
il

l'

unica

et

rodomontica

vizio virile di prender tutti


si

tori per le

coma

in cui

cammina

col passo agile e

dei poliorceti, col cappello sulle


di ciliegio

ben battuto ventitr e un randello

nella

mano
ci

nervosa.
;

sembra una bandiera ogni brontolo lontano il fremito gigantesco di una rivolta ogni scoppio di petardo l'annunzio di una battagUa e ogni acquazzone il principio del secondo diluvio universale. Ascoltiamo cogli orecchi tesi il mormorio del vento e lo crediamo lo sfasciarsi del mondo ; lo scalpito di un cavallo da nolo ci fa correre alla finestra come se fosse
Ogni nastro
; ;

il

bucefalo nero dell'Anticristo e

gli striscioni rossi del

sole

che cala
si

fuoco che

fanno quasi intravedere un emisfero di stende al di l degli ultimi monti, dove la


ci

vita forse

un

agitarsi di giganti e

il

cielo invece

che

d'azzurro cristiano color d'incendio e d'inferno.


la certezza felice di essere
i

Nei momenti della pi profonda ubriachezza si ha i primi uomini del mondo

primi in ordine di

tempo

veri

Adami

e d'esser

quelli che
le citt,

debbono assegnare
i

il

nome

alle cose, edificar

fondare
riffa,

regni, profetizzare le fedi e conqui1'

stare di

corpo a corpo,
di cancellare

intera padronanza del

mondo
tiamo
11

di qua. SoU, innocenti, vergini e puri ci senil

diritto

ricordi e la forza di

ritessere la realt su

mondo

ci

nuove trame e con nuovi disegni. sembra mal congegnato la vita senza
;
:

armonia e senza grandezza

il

oensiero ci fa l'effetto di

-S'una furiosa intenzione rimasta a mezzo, di un gesto appena iniziato, di un disegno nero e confuso che nessuno ha svolto in affresco. C' tanto da fare e da rifare Eccoci pronti siam qua noi via la giacchetta e il cappello Addio, libri grossi marginosi e segnati che ci deste una sete tremenda e non c'insegnaste le fonti!Ecco qua noialtri, bravi ragazzi, che abbiamo voglia di lavorare. In maniche di camicia, coi capelli al
!

vento, collo zappone in

mano
!

e la carabina a tracolla,
gli ebrei di
!

muratori soldati nello stesso minuto come


Esdra. Che tonfi
!

Quanti calcinacci Cascano i muri con fracasso di bombe il polverio che ci intornia denso come quello di una battaglia ancien regime ; e i canti che s'alzano e si rispondono nel frastuono delle
che polvere
;

demolizioni son canti di guerra e inni di

rivoluzione.

Non
ci

c'

che dire

abbiamo

lo spirito militare.

Non

vorremmo mettere addosso, per tutti i libri del mondo, la giubba del fantaccino, ma la guerra il nostro ossigeno e ogni assedio una festa e vorremmo che ogni parola fosse una fucilata a bruciapelo e ogni
idea im' infallibile
regolare
ci

bomba da
i

fortezza.
i

Ma

l'esercito

repugna.

Siamo per
briganti,
i re,'

volontari,
i

per

le

bande armate, per


delle piazze

per per
i

liberi

guerrieri

che rovesciano
le

cavalieri
i

erranti

che cercano

avventure di spada come

Casanova

quelle di sottana.
e soltanto per
ci

Don

Chisciotte

il

nostro patrono

amor suo

tolleriamo Sancio Panza,

ma
Car-

odiando rasco, padre e modello


della pazzia e di ci

sfoghiamo

velenosamente
di tutti
le
i

Sansone

filistei

nemici giurati

che

rassomidia.

86
Siamo anche noi
e di spada
;

cavalieri

gentiluomini

di

cappa
le dul-

pronti a infilzar la spada nel raggrinzito

cuore dei padri nobili e a ricoprir colla cappa

cinee freddolose e paurose. Spennacchio al cappello e

mano
villani.

all'elsa

sguardi di attaccabrighe, mosse da


!

Che diavolo fate voialtri qua intomo

nate pi presto se
tevi se

non volete esser pestati suicidaessere sbuzzati.


!

Cammi-

dobbiamo andare avanti


ogni cosa tocca a noi
!

non volete

Noi andiamo avanti Tutto sulle nostre spalle ;


:

strada facendo ogni cosa buona


via tanto
i

uno

schiaffo,

una stoccata e
ce

per fare esercizio. Anche

noi crediamo che

mulini a vento sian giganti e non

ne vergognamo. Che forse son

meno

pericolosi

Provate un po' voialtri ad assaltarli e vedrete che le pale di legno non son meno dure dei bracci dei Briarei.
nulla o tutto Tutto per nulla Ci sono ancora mondi da scoprire, verit da rivelare, torri e muraglie da sfondare al suono delle nostre trombe ?
!

Diamo
pure
bugie
i

noia

a
i

tutti

buttiamo gi Iddio dalle


i

nuvole del cielo e


dei

re dalle poltrone della terra e nepfiori

morti possono star tranquilli sotto

e le
di

camposanti

le

impettite

celebrit

bronzo sui loro piedistalli di pietra. Vogliamo liberarci da tutto e da tutti. Vogliamo tornar nudi nell'anima come Adamo innocente fu nudo
di

corpo. Vogliamo buttar via

mantelli della

reli-

gione, le giacchette delle filosofie, le camicie dei pregiudizi, le cravatte scorsoie degli ideali, le scarpe della

logica e le

mutande

della morale.

Bisogna raschiarsi
fettare
il

la pelle, ripulirsi l'anima, disin-

cervello, buttarsi nell'acqua corrente,

tamare

fanciulli, innocenti e naturali

come uscimmo
i

dall'utero

della

mamma. Non
i

vogliamo pi che

morti coman-

la Ragione con tanto di maiuscola, a tenerci serrati e stretti nei banchi delle scuole, ritti e a bocca aperta per ricevere a spizzico il pane biascicato da altre bocche. La Ragione dev'esser la nostra ragione e la storia comincia oggi. Anno primo della no-

dino ai vivi, che

libri ispirino le vite,

che

e la Storia seguitino ancora,

stra era.

Incipit

vita nova.
cieli.

Nuova

terra e nuovi

Scenari dipinti per l'oc-

casione. Palazzi tirati su in

una

notte. Facciate Inn-

ghe, tutte di luce, con mille finestre e

uno stenda do
;

a ogni
sotto

finestra.

molte grida per

la strada

nec

s-

sit di salire, di abitare sui monti, di vedersi le citt


i

piedi, di poter disprezzare gli

uomini da lontano.

Disprezzarli ed anche odiarli e ammazzarli.

Ma

in

Tutto quel che facciamo per loro. Quel che diciamo per abbagliarli, per spaventarli ma quel che facciamo per tutti, per la liberazione e la gioia di tutti. Noi facciamo la guerra per renderli migliori, urliamo perch non si dimontichino, li impauriamo perch pensino ai casi loro. Altra ambizione non
fondo
:

amarli

abbiamo, in fondo, che d'essere i loro maestri, le loro guide, i loro profeti, e ci basterebbe morire, come
Mos, dinanzi
tro, alle

vigne della Terra Promessa.

E
il

da

tutte queste tempeste, rivolte e superbie escono quatotto, sedici pagine di carta
1

stampata

solito

giornale

tempestoso

Ign^m

-veni mittere in ierram.

Luca.

II

discorso nottutno.

il

giornale,

il

famoso giornale che sta in cima


il

al

pensiero di chi vuol irrompere tra la calca dei mille e


dei milioni per svegliarli e illuminarli
;

lungamente

sognato e promesso giornale di chi vuol prendere U

mondo

d'assalto e aggredire gli assopiti contemporanei


;

all'usanza masnadiera

il

tante volte proposto e di-

le impazienze dedar voce e figura a un manipolo d'oscuri, rivelare ai maestri immediati, ai non pi giovani, agli
gli

segnato giornale che deve raccogliere


ignoti,

uomini di trenta e quarant'anni che


giovani, che
i

giovani, che

veri

freschi giovaci di vent'anni, son arrivati

anche loro alla maggior et e che un'altra generazione ha finalmente diritto alla parola questo giornale assolutamente necessario che dev'esser come 'lo stiramento

un prigione appena disciolto, come il primo canto spiegato di una bocca che dovette fin'oggi mormorare soltanto questo giornale che doveva essere, che voleva essere e poteva essere la prima vendetta
de' muscoli di
;

di tutte le malinconie,

lo
i

sfogo invocato di tutti

gli

sdegni, l'arma di tutti

colpi di

mano,

la

tromba wa-

gneriana di tutte

le sfide, il

diario dei nostri sogni, la

02
cartuccia delle troppo attese demolizioni,
il

getto e Io

zampillo arcobalenante dei pensieri pi temerari questo

famoso giornale finalmente


Ci volle
si

si

fece.
;

non

un po' di coraggio. Non s'avevan quattrini avevano idee precise su quel che si dovesse fare,
; ;

difendere e offendere

s'era in pochi, e tutti quanti di

nature e ambizioni diverse


rifarsi.

non

si

sapeva da che parte

Eppure
si

il

giornale

si

fece.

Non

era giunto.

sapeva aspettar dell'altro. Il nostro giorno Era tanto che se ne parlava Nel primo
!

cenacolo s'eran passate mattine intere a immaginare

uno

di questi giornali

rebbe chiamato la
idioti si

Vampa
I

veementi e incandescenti. Si sae avrebbe dovuto accoglier


manoscritti mediocri e
i

soltanto capolavori.

libri

sarebbero bruciati ogni settimana, sopra una

piazza, in

nostro sul

un fal muso di

di gioia.
tutti,

Avremmo
ai
il

detto

il

cialmente ai pi celebri
stato

anche

pi celebri

spe-

fatto

nostio gerente sarebbe


silenzioso che

un

facchinaccio truce,
il

un gigante

avrebbe firmato
che col

giornale col proprio ritratto invece

nome
tardi,

e cognome.

Pi

con

altri, si

pens un giornale di alta


:

filo-

sofia e di battaglia trascendentale

vino motto eracliteo sulla


i

testata
i

un Divenire col diuavxa pet. Quando


costi si fecero pi

nostri spiriti di libert a tutti


si

bollenti

cominci a parlare di un altro giornale che

sarebbe stato specialmente d'attacco e di spietata offensiva contro miti, teorie, fedi e uomini L' Iconoda:

staJE,

ogni volta

si

spulivan
si

le

anni,
i

si

fabbricavan

le

freccie avvelenate e

arrotavajio

denti

ma

poi, per

una ragione
persecutrice

93 o un'altra prima fra miseria s'era costretti


si

tutte, sempre, la

a rientrar

nel-

l'ombra, e nella disperazione de' nostri covi.

Ma

questa volta

faceva davvero e nulla ci avrebbe

fatto indietreggiare.

Le poche centinaia

di lire si sa-

rebbero messe insieme in ogni

modo

le idee...

Le idee erano anche troppe. Bastava che ci fosse uno per prender la sbarra del timone e dare una buona stratta verso la meta. GU altri, domati sempre da
sarebbero venuti dietro con la baldanza di ^quelli che non sanno dove vogliono arrivare. E cos fu.
chi
fa,

Ed

io fui

l'uomo che dette un nome, un'idea, un maspinta di questa piccola


folla.

nifesto

alla

S'era nel

mese dei morti e

l'anno nuovo.
pi imi tempi, e

Non
il

voleva cominciare con s'aveva un posto di ritrovo, nei


si

caff era

troppo caro epper

ci si

ve-

deva ogni sera, dopo il tramonto, in una pig-zza e di moveva, attraverso il frastuono e la luce della si l
citt, alla

conquista dei princpi e degli


;

uomini.

Pioveva quasi tutte le sere il lastrico delle strade era fradicio, motoso e pieno di pozze ma nessuno di noi se n'accorgeva. S'andava innanzi, fra la gente, ora
separati dai carri e dai passanti, ora raccolti e fermi
sotto
il

tremolo rosso d'un lampione quando la di-

sputa

si

faceva pi clamorosa o qualche idea impen-

sata sorgeva in

un
si

de' nostri cervelli, e

non

ci si

curava

dell'acqua dove

sguazzava, del fango che ci schiz-

zava su per i vestiti, dei frettolosi che ci spingevano e ci urtavano, delle gocciole fitte che scendevan tra la
nebbia sui cappelli neri e
gli

ombrelli bucati, e

ci s'ac-


calorava per
per

94

un nulla, ci s'entusiasmava per un titolo, una bottata, per uno spunto d'articolo futuro, per

una stroncatura minacciosamente annunziata, per la vaga promessa di un' incisione o di un abbonamento.
Tutte
le sere, pei*

due o tre

ore, ci s'ubriacava
ci

con

questo sogno di parole e di carta e nuli 'altro

sembrava pi importante intorno a noi e tutto quanto si scorgeva e giudicava in vista del giornale imminente. Ci pareva che tutta la vita della citt, della nazione,
del

mondo

intero girasse febbrile

intomo a

noi, nella

nostra medesima attesa, e che da noialtri, dal nostro


crocchio vociferante di
venir fuori ad
sconosciuti entusiasti, dovesse

fiamma che tutto illuminerebbe e brucerebbe. Come poteva rimaner calma la gente mentre si stava preparando la rivelazione d'idee e d'anime nuove e la distruzione di errori e di uomini vecchi ?
tratto la luce e la

un

difatti

qualcuno veniva e s'accostava a noi an-

che senza conoscerci. La nostra aperta congiura s'era risaputa fra i giovani e molti accorrevano o per curiosit o per libidine simile alla nostra. S'era

comin-

ciato a parlare di questo giornale in tre o quattro

ma
ai

dopo qualche giorno

altri

amici s'erano aggiunti

mai visti n conosciuti, e si dovevano stringere nuove mani e convincere e riscaldare nuovi seguaci. Venivano gli
studenti malandati vestiti di nero, cogli occhi cerchiati
di

primi. Quasi ogni sera apparivano visi nuovi, tipi

paonazzo per

la lussuria
;

o lo studio

gli artisti pieni

di miseria e di chiasso

giovanetti timorosi, senza

Delo in viso, che ascoltavano attoniti e meditabondi

95le

parole grosse e

i fieri

propositi dei pi grandi

e ca-

pitavano perfino giovani pi maturi, colle barbe bionde


e castagne, che
si

sentivano attirati da questa libec-

dopo la sterilit del troppo lungo aspettare. Bisognava parlare ad uno ad uno, quasi in segreto, coi nuovi venuti tastarli, saggiarli, riconoscerli poi veniva l'affiatamento con questo e con
ciata di giovinezza furente
;

quello

e la camerateria generale del Ut faceva dell' ignoil

to di ieri

compagno

prescelto dell'oggi.
;

Bisognava raccogliere tutte queste forze renderle compatte e massiccie per uno sforzo comune e scagliarle finalmente

alla carica

concorde e stravincente

contro r involontario nemico. Fra tutti quelli ero l'unico

che avesse una qualche idea e traccia fondamentale ed

anche un certo potere di coordinazione teorica. Tutti quanti mi riconoscevano gi come il capitano indispensabile della prossima impresa.

Dopo un mese. e pi

di

colloqui e di assemblee ambulanti in quella

febbrici-

tante fine d'anno pensai di stendere una specie di gran


discorso o manifesto e di leggerlo a tutti quelli che s'erano

accostati a noi perch dicessero chiaramente se ci avreb-

bero seguiti fino in fondo oppure no.


cora,

Non

s'aveva an-

una stanza nostra e si dovette ricorrere allo studio di uno di noi, di un pittore venuto da Roma, tutto sorridente di calmo fervore. Ma quello studio non era, veramente, proprio suo era di un'Accademia che glie l'aveva gentilmente concesso non
detto,
:

come ho

sospettando di certo che razza di amici avesse costui.

Tanto meglio

si

disse.
i

Si proclamer la guerra
di

tutte le accademie fra

muri

un'accademia

Ma
za
di

bisognava entrar l dentro di


i

nascosto,

sen-

che
nulla.

custodi

del

bigio
era,

palazzo
credo,

s'accorgessero
le dieci

La riunione
sera.

per

le

undici

di

Bisognava

passare

da

una

porti-

cina a muro,

quasi nascosta in una strada fuori di

mano. Alla porta vegliava un

affiliato. Ognuno che giungeva nell'umida oscurit, tutto ravvolto nel pastrano o nel mantello, veniva guidato in punta di piedi su per le scale a chiocciola e attraverso rigiri lunghi

di anditi colle pareti di legno fino alla

maestosa

soffitta

che doveva accogliere la fondazione solenne. Tre o quattro candele, infilzate nei chiodi che sporgevan dai

muri o

nelle bottiglie delle vernici, illuminavano mi-

steriosamente lo stanzone ch'era traversato da una


grossa trave che scendeva per tralice a nascondersi in

uno degli angoli. Tele cominciate, decorazioni lunghe di femmine vestite di rosso e di angioli con trombe
d'argento, disegni eroici di nudi e di cavalli e
volti

di tediate bellezze preraffaellite ci attorniavano e ci


'fissavano co' loro sguardi di biacca.

mod come
in

pot
e

Ognuno
coperte

si

acco-

sulle seggiole

mezze

spagliate, sulle di
fogli,

casse vuote dei quadri, sulle tavole


terra

dopo un quarto
tirai fuori
i

d' ora la stanza era


cicalio.

piena di fimio di sigarette e di smorzato

Ma
lenzio

quando
ed

fogli del discorso si fece si-

io lessi.

Non

saprei ridire ora ci che dissi

in quella notte di finta congiura e di allegra aspettazione.

mio discrso molta letteratura, molto entuun po' d'enfasi, infinite promesse, tremende minaccie e un tentativo di legare in un fascio
C'era nel

siasmo, forse

97le idee, le intenzioni, le

superbie e

le forze di tutti

quei

giovani che m'ascoltavano e avevan fede in me e in loro stessi. V'eran fia noi pittori che bazzicavano i
poeti e la poesia
di storia
;
;

letterati puri tutti gonfi di critica e

filosofi

arrabbiati, ansiosi di polemiche e in;

namorati
impotenti
la

di voli e di abissi
;

pagani decoratori e mistici


per
il
li

curiosi

nulla facenti e scapigliati


tutti la parola,
li

si-

stema e bisognava trovar per


mta,
la

motto,
avvol-

speranza che

li

unisse,

scotesse e

gesse finalmente nel fatto irreparabile dell'opera comune.

Era necessario trovare un nome, un simbolo, un


tolo che gli raccogliesse tutti quanti
pittori e sognatori.
:

ti-

poeti e pensatori,

Nessun nome,

fra quelli sacri della


italiana,
si

tradizione

nostra paesana,

toscana,

pre-

stava meglio di quello di Leonardo. Leonardo era l'uomo che aveva dipinto enigmatiche

anime

e roccic e fiori e cieli meglio dei migliori

aveva

cercato paziente la verit, tra macchine e cadaveri, pi


dei sapienti
;

e aveva scritto

sulla

vita e

la bellezza

con parole pi profonde e immagini pi speciose dei


e aveva sognato la potenza divina dell'uomo terrestre la Conquista dei cieli come gli amanti dell' impossibile. La sua vasta faccia pensosa di vecchio che troppo seppe, coi labbri argutamente
letterati di mestiere
;

serrati tra

il

fiorir della
;

barba molle e veneranda, era


suoi pensieri, (in quel tempo,

dinanzi a tutti noi

per la prima volta, resi accessibili anche ai pi poveri),

erano spesso delle nostre memorie. Nel suo nome,


la

dunque, consacrammo
V

nostra sortita dal silenzio.

giornale
r

si
,

doveva chiamar Leonardo e non altrimenti.


finito

K,.:

Un uomo

98
Un
nuovo accesso
di fede

mi riaccendeva

in quella

vigilia d'armi, tra quella

giovent scalpitante e pronta

a tutte le avventure. E in quel concitato discorso notturno affermai la nostra piena e cosciente paganit
contro
le

deliquescenze e
;

le vigliaccherie del secolare

pecorismo nazareno
(o,

il

nostro feroce individualismo

come

si

diceva, personalismo)

contro la frenesia

solidarista e socialista che allora

della giovent la quale

s'

ammortiva gli spiriti immaginava d'esser rivolu-

zionaria spengendo
solitaria nel

il

color vivo della propria persona

pantano bigio della moltitudine sciocca ed


e
l'

inetta, nella miserabile politica di un' Italia avvilita

umiliata

e infine

idealismo intransigente,
il

monopsi-

chista di noialtri filosofi pei quali


esisteva, e la realt era

mondo estemo non


della nostra

l'ombra di un sogno, e l'imi-

verso

un frammento scombinato
il

mente
la

e le antiche verit bugie a servizio del gregge e nella

contradizione vedeva

certo e

nell'

atterramento

gioia e nell'assurdo la luce.

sopra a questo caos e a

questo cozzo di tendenze, di


piantato,

come

fiori

istinti, e di reazioni avevo supremi e bandiere comuni, la

fede neir intelligenza spregiudicata e nella divina virt


della poesia e nel perenne miracolo dell'arte.

gli

Di tratto in tratto, alzando gli occhi miopi dai foscritti, vedevo innanzi a me, iii quel gioco d'omle

bre scure e di chiari rossastri,

facce attente dei miei

compagni,
s

le file

disordinate del

mio
il

esercito, e

mi pa-

reva di leggere in alcuni occhi


e sentivo

fremito voglioso del


i

rombar

nei

miei orecchi
cuori e

palpiti accele-

rati' di venti,

di trenta

un

soffio di

simpatia

99
me avvolgendomi tutto e mi commosse talmente che le ultime frasi, che avevo scritte colle mie parole pi armoniose e luminose nel freddo solitario di una mezzanotte d' inverno, mi usciron fuori come interrotte e soffocate da uno strano intenerimento improvviso. vSentivo forse che la mia vera vita stava la mia vita di apostolo e di avventuriero
calorosa veniva verso di

cominciando in quella stanza


futuri

silenziosa, dinanzi a quei

uomini,
?

in

quel

momento

cos

solenne

per

tutti noi

Non
tatori

veramente quel che pensassero i miei ascoldi quello squillante ed agitato discorso. Fatto
so
il

sta che quasi tutti, subito dopo, scrissero

loro

nome

sopra un gran foglio che una specie di previdente segretario

aveva preparato sopra una tavola.

ognuno

di quei giovani strinse la

mia mano

il

giornale fu de-

cisamente deciso. Ognuno avrebbe dato un po' di denaro e molto lavoro.

XVL
Palazzo

Da vangati.
:

Ciascuno di noi fu sottoposto alla tassa di guerra


dieci lire al mese.

tutti pagarono. Ci fu

un

principio

di gerarchia

fu scelto

una

specie di segretario che doal nostro sogno. Si

veva pensare a dar corpo e materia

gir insieme per le tipografe, guardati sospettosamente

dai direttori e dai proti che ci vedevano impratici e ci

indovinavano poveri.
stanza tutta per noi

Com'era bello in
ignobili rovine del

pot avere finalmente una una redazione quel tempo Palazzo Davanzati,

si

alta facciata di pietra nobile e vecchia dirimpetto alle

mercato

Nel mezzo un'aime inco-

ronata e tronfia del seicento sporgeva infuori, bruna sulle bugne brune e su in alto la bella loggia aperta,
aerea,
libera,

fiorentina,

nostra,

prometteva

al

pas-

sante che la guardava dal basso una larga


di

\'ista di torri

marmo,
:

di colline illuminate e di cieli sereni.

Era

davvero la grossa casa del mercante quattrinaio e rincivilito

massiccia

come

la

sua fortuna affidata ai ban;

chi di Francia e di
di

Levante

fosc come la sua anima


;

partigiano non ancor ammollito


la

soUda e ampia

come

sua vita di umanista buongustaio e di pop-


lano laborioso. Forse era

ICI
il

nome ma
:

suggerimento del

ricordava a

me

la

prosa del Tacito davanzatiano, so-

bria, stringata, semplice

posa come Ma bisognava vederlo dentro,


quella del

eppur sugosa, carnosa e mio Macchiavelli.


il

pol-

palazzo, in quel

tempo
nate,
i

tutto sudicio e buio, colle scale


graffiati,
i

mezze
il

rovi-

muri

ballatoi

murati a met e

gran

cortile pieno di svolte

a sghembo e

d,'angoli pisciosi e

abbandonate. Oggi 1' hanno ripulito, grattato e rimesso a nuovo e ne hanno fatto un museo con tanto di catalogo e di custode col berretto filettato d'oro e bisogna pagare una lira per visitarlo, perch dentro
di casse

tutto

bello,

tutto

adorno e civettone, con


i

mobili

presi dagli antiquari e


di

seggioloni di quercia e

quadri

buon autore
per
l'

e gli arazzi riscattati dagli ebrei.

Ed

pulito, carino, confortevole


forestieri,
gli

ed fatto apposta per i snobs, per i signori istruiti che vo-

gliono aver

idea di una casa fiorentina del quattro-

cento rimessa su da
pi
il

un

rigattiere ambizioso.
il

nostro Palazzo Davanzati,

Ma non mio Palazzo Davan-

ma pieno ancora di vita viva uomini e abitato da veri e non da stoffe, statuine e cassapanche. E non pi specialmente, il Palazzo Davanzati che ospit per la prima volta una creazione
zati sporco e degradato

nostra e sent
della nostra

tumulti delle nostre dispute e lo sferrai

gliare de' nostri duelli e

canti di gioia e le risa matte

S'era presa l dentro

prima invasione del mondo. una camera a dozzina da un

buon uomo placido e corpulento che viveva fabbricando gabbie da grilli e tende da parrucchieri. La

102
stanza non era grande ed era ammobiliata alla meglio.
Noialtri
si

lev di
si

tone e non
zoppa.

lasci

mezzo il letto, i comodini e il cassetche un paio di tavole, una poltrona

spuntata e sbuzzata in pi posti, e qualche seggiola

Ma

ci

bastarono pochi giorni per trasformare a


Il

modo

nostro codesta ignuda stamberga borghese.


di casa,

padrone

quasi

si

vergognasse del sudiciume

dei muri, ci port

un gran fascio di rame di lauro che vennero accomodate tomo torno o attaccate penzoloni su al palco. N ;ialtri portammo fotografie e incisioni di scultiure e di quadri e di tra le foglie scure ap-

parvero

le

donne nude del Tiziano e


i

dignitosi vecchi

leonardeschi e

corpi danzanti dei fauni maligni e

degli apolli vanesi.

una parete erano appesi a un


e sulla porta

chiodo due

fioretti

da scherma
il

s'aveva una porta tutta nostra, libera

perch, un
cartello
stizziti.

portava in bei caratteri neri


protettore sotto

nome
come

del nostro divino

un gran

sole rosso

che allungava da
serpenti

ogni parte

suoi raggi storti

l,

in quella stanzaccia quasi vuota, ogni sera c'era

festa.

Tutti venivan

per due ore o pjr

tre,

per ve-

dersi,

per combattersi, per raccontale,

per eccitarsi

Tutto era pretesto per un'assemblea. Altri giovani accorrevano, impazienti e timorosi.
fuori d' Italia
:

Il

mio GiuUano era

bast una lettera mia dove raccontavo

focosamente
speranze e
le

preparativi della grande sortita e le mie

prime avvisaghe per farlo precipitare quaggi nella mischia, dove prese subito uno de' primi posti.

Cominciarono a venire
cellature, rifiuti
!)
;

manoscritti (correzioni, can-

s'

incisero pazientemente le

prime

103
incisioni (legnetti gialli e duri di bossolo,

dove il bulino scavava rabbiosamente scappando ogni tanto dal segno nero) e furon mandati attorno gli avvisi a stampa (il primo bollettino della guerra e gi risuonava di colpi e clangori !) Che festa quando giunsero le prime
;

bozze di

stampa
ci

Eran umide

e su brutta carta, coli' in-

chiostro ancor fresco, piene di refusi e di ridicoli spro-

sembrarono i messaggi divini della gloria, le prime mosse di noi poveri muti verso gli uomini e r immortalit.
positi

ma

Si

voleva fare un giornale assolutamente diverso


i

dagli altri e che fosse per tutti


ste,

versi,

anche nella ve-

inattuale. Carta a
;

mano

scura e scabra invece di

da noi medesimi invece dei meccanici zinghi e degli impersocarta bianca e liscia
incisioni in legno fatte nali reticolati
;

figure e simboli invece di firme

nomi

poetici e sonori invece de' nostri .cognomi oscuri e disarmonici. E tutti quanti d'accordo si lavorava perch
il

giornale uscisse fuori bello, ricco, originale, sorpren-

dente in ogni sua parte. Non c'era pi divisione del lavoro si videro poeti che scrissero di filosofia filosofi che cominciarono a incidere il legno eruditi che espo:

sero liricamente le loro metafisiche

pittori

che

si

pro-

varono a far
V'era

critica e teoria.

un

rimescolo gioioso,

un capovolgimento
;

in-

stabile, una furia nervosa come se tutta la vita di

ognuno e di tutti stesse per ricominciare come se l'umanit uscisse allora da un sonno di secoli o da un
castigo

divino e ci
soffio

fosse

l'universo

ricostruire.

Qualche

dello sturm

und drang passava tra i no-


stri

i<>4

le

capelli
si

mentre

si

stava chinati sopra

bozze e

disegni o

vociferava in piedi, col viso acceso, sulla gransul genio

dezza
tile

dell'arte,

di Michelangelo o

sull'esi-

stenza della materia.

quando

s'usciva, gi, nel cor-

buio, s'acgendavano le zuffe e le fnte battaglie,


il

ch'eran necessarie per buttar via


quell'agitazione

di pi di forza che
tutti
i

metteva addosso a
:

noi.

Ogni
col

arma era buona


vano

fioretti, i bastoni,

pugni. Si face-

orribili assalti di

scherma che a volte fnivan

sangue e s'andava a casa colle mani peste e il viso graffiato, felici e frementi come se anche il corpo avesse
diritto di prender parte alla festa dello spirito.

Ma
and

finalmente l'attesa

fin.

Dopo aver
interi
il

parlato, gri-

dato e lavorato per due mesi


in

prim.o

numero
giun-

macchina e una
si

sera tardi,

dopo
i

le sette,

sero su per le scale buie del palazzo

primi pacchi del

Leonardo a noi che


silenziosi.

aspettavano a gloria, inquieti e

Era

il

quattro gennaio del 1903.

XVII.

La

softta.

giornale usc veramente


altri.

verso dagli

Ed

ebbe,

come come i

si

voleva

cio di-

suoi scrittori, vita

ineguale e randagia.

Cominci d'otto pagine grandi in carta a mano con Usciva ogni dieci giorni e parlava di tutto (anche di politica) ma pi d'arte che di
figure incise in legno.

aveva un'andatura cos lirica, fantasiosa e bizzarra che non pareva pi lei. Dopo alcuni mesi, per, gli artisti e i letterati cominciarono a non pagar pi, a non lavorar pi. Il giornale piaceva e spiaceva (curiosit, entusiasmi, compatimenti) ed era letto
filosofia e la filosofia

molto, specie dai giovani,


e
gli

ma

giornalai ci truffavano

abbonati non arrivavano a cento.


si

Cos verso

l'estate

due filosofi io e Giuliano. E noialtri non ci arrendemmo. 11 giornale divent riil formato s' impiccol vista si adopr una carta
rest soli noi
:

avoriata qualunque,

si

pubblic pi di rado e in pi
;

pagine

l'arte fu

messa un po' in disparte

la lettera-

tura e la politica furon cacciate via e la filosofia divent

finalmente padrona, signora, dominatrice.

Una

filosofa

a nostro modo, naturalmente, e che


si

io6

alle filo-

contrapponeva fieramente e beffardamente

sofie della tradizione, dei

manuali, dei professori, delle


stessa
il

universit.

della filosofia e dare al pensiero le della poesia


;

Noi volevamo capovolgere l' idea immagini e

volo
(che
di

e metter nella poesia dei letterati

c'erano odiosi)
pensiero.

un

lievito,

un fermento, un'essenza

La

filosofia

doveva ricominciare a viver con


combatteva con stata sempre
creatrice

noi e d'una vita tutta in contrasto col suo passato.

Era

stata fin'allora razionale e noi si


le forze
l'

tutte

intellettualismo
si

era

contemplativa e
e
del

voleva

che

divenisse

che pigliasse la sua parte nell'opera del rifacimento

mondo.
Urgeva, perci, spazzar via
il

passato e

il

presente

di quella filosofia di pigri, orbi e vigliacchi che s'era

fatta

fin

allora.

La
il

filosofia

dominante,

in

quegli
al-

anni, in Itaha, era


l'

positivismo e noi gi addosso


positivisti.

impazzata contro
gli istinti
si

Tornarono e

si raffor-

zarono

barbari e libertari degli anni di pristrigliare,

ma
a

cominci a

strapazzare e stroncare

a volte con santa e perfetta giustizia, a volte con troppa precipitazione ma sempre in buona fede e per un pi grande amore. Le schermaglie e le battaglie furono il meglio di ogni numero.
d'estra e

sinistra,

S' istituirono

macellazioni periodiche e regolari di nul;

lit e celebrit

si

meditarono stragi in massa e

prese rivoluzionarie di scolastiche bastiglie.

Accanto a questo lavoro di ripulitura e di polizia schemi di metafi principi della ricostruzione siche, rivelazioni ed esposizioni di teorie nuove ; concec'erano
:

107

zioni mondiali mitiche e pindariche

e specialmente

programmi, programmi e programmi. S'era cos pieni di pensieri e d' intenzioni che non si aveva il tempo di svolgere, distendere e maturare ogni cosa e le nostre peripezie mentali eran talmente rapide che appena

messo gi il piano di un sistema o di una ricerca altri disegni spuntavano e gorgogliavano dentro di noi. Non si distruggeva soltanto, no. Siamo stati i primi, in Italia, a parlare di molti uomini nostri e stranieri,
dimenticati od ultimi, che ora tutti citano e allora

nessuno conosceva neppur di nome, e ne abbiamo parlato con riverenza, con amore, con entusiasmo. Ab-

biamo
fra noi,

diffuso, primi o quasi, idee recenti, indirizzi di

pensiero malnoti o in formazione, scuole a cui nessuno,

badava
i

e pensava.
;

Abbiamo

risuscitato la pas-

abbiamo dato ad alcuni giogusto delle matematiche abbiamo impensato r vani


sione per

vecchi mistici

posti e discussi problemi che parevan lontanissimi dalla

nostra cultura nazionale. E l'arte, per compiere la stramba novit di questo inusitato furore ideale, serle iniziali viva come d'accompagnamento naturale incise, le tavole fuori testo, le testate a colori (cavalli spighe gonfie di chicchi giin fuga else di spadoni ganti con la fionda e cavalieri con lancia in resta) eran
:

come

fiori

di gioia in

gettati in una seria festa o come fanfare una marcia serrata di volontari.

le

Nei primi tempi della ripresa si fu soli e quasi tutte si regalavano. Ma a poco a poco altri giovani vennero a noi e s' innamorarono anche da lontano della
copie

nostra opera. Vennero anche uomini anziani e gravi che


capirono quel che
stri
e'

io8

era di sincero

profondo ne' nofeci

baccanali di lirismo idealista, e nella nostra


d'

rocia

imberbi conquistadores. Ci dettero


libri,

soldi,

dettero

ci

mandarono

articoli.

S'

incontrarono
di

cos, nelle nostre larghe

pagine decorate, arguti mate;

matici lombardi e poeti napoletani

filosofi

gran

nome

e avvocati studiosi e solitari

vecchi scienziati

precisi e rigorosi e studenti giovanissimi che

per la prima volta stampato


gli

il

loro

vedevan nome. Crebbero

abbonati e

gli
;

amici

gli stranieri

lontani ci lessero
e di fuori scris-

e ci incuorarono

le riviste d' Italia

sero di noi,

combattendo o ammirando. Fu quella veramente l'et eroica e divina del nostro Leonardo e dur due anni o poco pi. Eravamo diventati una forza colla quale li ognava contare l'at;

tenzione di tutti
fitti d'

ci

seguiva

nostri fascicoli, zeppi e

idee e risonanti di schiaffi, erano attesi con im;

pazienza da molti

in alcuni lo stupore
;

si

cangi in en-

tusiasmo e
noi,

il

disprezzo in odio aperto

per lo pi ragazze appassionate

perfino le
si

donne

rivolsero a

senza conoscerci di persona, con una simpatia


centro e l'organo di movid' iniziative,

che rasentava l'amore. La nostra rivista fu

il

menti

filosofici

fu

il

punto di partenza
;

di collezioni,

di ristampe

e rappresent anche agli

occhi de' semplici lettori di giornali d'un soldo

qu

al-

cosa d'organico e di ben preciso. Noi due,


e creatori,

fondatori

non eravamo pi
i

soli

ed

ignoti. Si

cominci
rasso-

a preparare e a pubblicare
d'arte e di filosofia, che

primi

libri piccoli e grossi,

dovevano allargare e


dare la nostra azione
riviste
;

I09

scrivere in altre

ci

chiamavano a

e'

invitavano qua e l a far discorsi e con-

ferenze.

due nomi, accoppiati sempre come quelli di due fratelli, erano ormai familiari alla nuova generazione e molti si rivolgevano a noi come a guide spiI nostri

rituali e

a missionari di una libera fede nello spirito

risorto. Si

viveva in uno stato continuo di eccitazione,


d'operosit d'ogni specie
:

di scoperta,

tutti

giorni

c'era

nuove anime, da legger nuovi libri, da corregger infinite bozze, da tener testa a polemiche, da rispondere a ignoti compagni e da rinsaldare fresche
da
scoprire,

amicizie.

Ormai

la nostra vita era

vera vita, vita di sorprese,


fortuna di questa vita

di agguati, di creazione, di formazione, di ascensione.

Ma

la stessa intensit e la stessa

ci fiacc.

Dopo due anni il mio Giuliano, il compagno vero ed unico, mi abbandon per altri legami, per altri

paesi.

Pure seguitai da solo e

altri

vennero presso

di

me ed

altre correnti di pensiero circolavano nella

rivista.

Ma
ricolosi,

nuovi compagni,
il

gli ultimi,

non avevan pi
il

l'ardore e

disinteresse dei primi. Altri sogni, pi pe-

mi assediarono l'anima e mi turbarono


i

giu-

dizio. Costeggiai

mari tenebrosi della maga

credetti

di trovare nelle superstizioni antiche e negli esoterismi

rimpannucciati
nit.

primi gradini della scalata alla divi-

L' idealismo

divent

misticismo,

il

misticismo
addirit-

occultismo e l'occultismo poteva tramutarsi

tura in teosofia se non mi fossi fermato a tempo.


Lentamente diminu
la

ITO

l'energia

lo slancio

decadde

simpatia degli

altri s'affievol.

Invece della ricca e


si

animata diversit
esteriore

di

un tempo

scendeva verso
il

lo

zibaldone semplicemente interessante. Anche

corpo

mutava. La
;

rivista divent pi piccola e

sem-

pre pi rivista
teratura.
11

le figure

sparirono

ricomparve

la let-

mio

spirito,

troppo sperduto in ambizioni

smisurate di fronte

alle quali

un

po' di carta

stampata

diventava un non so che di ridicolo e vano, si allontan dall'opera mia. Dissidi interni e allontanamenti estemi affrettarono la fine. Da cinque anni ero l a
sfogarmi, a maledire, a sognare

dinanzi agli

altri,

per

gli altri.

Non mi

bastava pi
gli

la fatica era

troppo

grande e nello stesso tempo

scopi

mi sembravano

ormai troppo miseri. Eppoi la mente ha bisogno di riposarsi e rifarsi dopo tanti anni di fioriture e di falciature.

Sentivo

il

bisogno di nuovo raccoglimento e


di sforzi, di guerre, di esplo-

di

nuova solitudine. E dopo cinque anni


il

razioni e di tentativi pazzi, uccisi volontariamente la

creatura mia,

figliuolo

pi caro di tutto
:

me

stesso.

S'era in piena estate, d'agosto


fuori

1'

ultimo numero venne

armato d'un

fp-scio

di atroci saette e con la co-

pertina color sangue eppure era triste, accorato e pe-

sante

come

la

bara d'un amante assassinato.

XVIII.

La fuga

della realt.

Troppe memorie, troppe nostalgie


contano
?

Questo colore

e calore del passato, questi fatti e passaggi esterni che

Son

poesia, letteratura, vanit. Quel che im-

porta qua dentro la storia di un'anima, la storia dell'anima mia e non quella d'un palazzo o d'un giornale.

Non

dovrei

cascare

in

simili debolezze e se

non me

ne vergogno fino al che sono anch'esse sintomi e prove di im fondo patedi cancellarne le tracce gli
tico e sentimentale

punto

che non riesco ad affogare neanche

negli accessi pi dialettici.

il

mai

possibile eh' io

non

possa veder

l'

idea senza

non

possa

capire

un
i

corpo e senza l'ombra e sistema che sotto forma di

vita e d'esperienza sensibile, passionale, quotidiana

Le buccie,
so, lo so

lo scorze,

bene anch'
maschere.

io

nient' altro che buccie,


Le buccie cascano,
si

vestiti, le

maschere sono

lo

scorze,

vestiti,

Non

sono nulla di pi, nulla di pi


i

sostanziale, di pi intimo.
si

vestiti

spogliano, le maschere
il

stingono e quel che resta

concetto, lo scheletro interiore e indistruttibile della

verit.
sitorio.

Quel che

lo riveste inessenziale, variabile, tran-

Le manifestazioni ad uso

degli

altri.,

veicoli

TT2
di queste ar:bascerie spirituali,

le

parole, le parole

parlate, le parole scritte


i

fogli colle parole

stampate

fogli colle figure fogli

fogli

che vengon fuori ogni tanto

i
il

che

si

stringono in volume e fanno l'opuscolo,

libro,* l'opera

non sono che


:

tentativi, brancolasi

menti, spiragli, mormorii

lingue che

formano, che

cominciano, che pochi intendono, che nessuno vuole


studiare.

vita sua

Ognuno

di

noi

che

abbia veramente

una
che

intendo vita propria, personale, interna,

sensitiva, intellettuale, metafsica

un
un

Adamo

deve rinominare ancora una volta tutte


struirsi
il

le

cose e co-

suo vocabolario e fondare un linguaggio. Le


altro sapore,

parole dei padri, in bocca sua, hanno

un

suono e tono, un altro significato. Vi parler di luce e la sua mente avr dinanzi le tenebre e ogni volta che pronuncia una parola semplice, semplicisaltro

sima, comune, banalissima


pio

uomo, ad esemegli avr in testa il suo uomo che non davvero, credetelo, n l'uomo della cantonata, n l'uomo che sta
la parola

alla finestra,

ma

il

tipo,

n l'uomo di Platone, n l'uomo d' Iddio, e nessun altro il suo ideale, il suo il suo sogno, mito e modello di uomo ognuno deve ricomprendere il suo s medesimo
suo

uomo

quando questo
ogni
giorno

gi passato ed tra

morti per semche uccidiamo


e

pre, cogli altri morti,


col

con tutti
lento

me

veleno

della

dimenticanza,

quando vogliamiO riparlare di lui che non pi, dobbiamo rifarci dal suo dizionario, dalla sua grammatica, dalla sua sintassi mentale e non serve a nulla
frugar tra
gli stracci

che furono in quei giorni

suoi


costumi
le

113

di gala e libalbettare le epigrafi eh' egli dett

allora per fissare (cio rendere immobili

ammazzare)

sue intuizioni e
Il

le

sue fuggevoli conquiste suU' eterno


:

non bastano noi cerse non possibile la chiamo pittura ci contentiamo della geometria. Io non voglio fare il solista sentimentale di me medesimo. Vospellate, talete r anatomia ? Eccovi 1' anatomia gliate e scarnificate. Questo il mio corpo, questa la ma il fiato cha 1' animava, l' idea che la mia carne informava dove sono ? Tra questo polverio di ricordi,
fuggente.
corpo, la materia
il

lo spirito,

profondo.

tra queste cianfrusaglie rimaste in fondo alle cassette,

tra queste carte che

anni

Non
il

cercate

qual fosse

hanno gi la muffa di quasi dieci non son qui Io solo posso dir nodo centrale del mio pensiero in quella
:
:

burrasca di scritture, di sbandieramenti, di offese e di


difese e di clamoroso apostolato.

Lo sturm und drang

passato, (storia, aneddoto, pittoresco)

ma

la polla di

quel tumulto e di quella tempesta


nell' io perpetuo, assolato che

nell' io

che

resta,

ha contatto

coli' eter-

nit e deve partecipare

all'

eternit.

mio pensiero di quel la non accettazione, la repulsa della realt. Il pessimismo radicale non era ormai pi il punto ultimo ed unico della mia concezione del mondo, e non pensavo a metter sotto gli occhi esterrefatti degli uomini la proposta di un volontario avvelenamento universale. Ma il dolor cosmico, indietreggiando in me come teoria, era divenuto uno stato d' animo stabile, era rimasto come un sedimento
Questo nodo centrale
la

del

tempo era

fuga dalla realt

Papimi.

Un

uo:o

fintlo

114
indistruttibile

nel sangue e nelF anima.


di lui era soffuso ogni

Non

lo

for-

mulavo pi

ma

mio concetto.

Non
morte

nasce pensiero in mej:he non porti sculpita la

scriveva Michelangijro vecchio, e in


sulle cose

nasceva idea

che non avesse


vero

1'

me non amaro sapor

del disprezzo. Dicono eh' propria

renit speranzosa.
di tutti. Perch
il

Non

o non vero almeno

ne' giovani la se-

giovane, prima d'accostarsi alla vita

per possederla, ha gi dentro, se non ha l'anima irre-

parabilmente porcina, aspettazioni e mete tanto magnifiche e certezze cos intense di


di potere divino che
il

subUmit prossima e
vita

reale

com'

, la

come

scorre,

non posson

fare a

meno

d'esser per lui

uno
:

schiaffeggiar
si

continuo di smentite.
trovare

S'

aspettava

il

paradiso e

ri-

trova nelle pi fetenti bolgie d' inferno


i

credeva di

di bestie

fratelli colle mani protese e trova un branco bramose che ringhiano e s' avventano s' im;

maginava che
e

la vita gli s'offrisse

come

pietra schietta

marmo

di

buona grana per


di

scolpirci la sua

immasi

gine col duro scalpello della volont e invece ha tra


le

mani una pastaccia

mota
i

e di

merda che non


han
fatto

fa modellare e modellata non regge.

Troppo idealismo, dicono


naso
sto

saggi che

il

al

letamaio. Si sa

molti giovani muoiono di quedi quel po' di in verit vi dico che

troppo
il

non gi

versa loro

petto.

Ma

piombo che non

trae'

animo piccolo che 1' esser contento di tutto, La serenit pu giunger soltanto dopo la fine della giovinezza, quando s' compiuto il giro
pi sicuro segno d'un
attorno e dentro alle cose e
ci si

conforta dell'infinito

nulla coli' assaporamento dell' attimo che

non torner.

Io sentivo

115

in quel

dunque fortemente
reale.

tempo

il

di-

sgusto per

il

r imiverso com'
e fiera

era.

Non approvavo, non La mia attitudine era


un capaneo

accettavo
dispettosa

come

quella di

conficcato in

un

ter-

tendevo a negare il reale, a negare restre inferno. le copie del reale, a disprezzare le regole della vita reale, e a rifare da me, a modo mio, un diverso e pi
perfetto reale. Cos' era infatti quello
spirito

di

furibonda anar-

cliia e di sfrontata irrispettosit verso

gU uomini e

dogmi
per
il

se

non reazione
1'

al passato, al fisso, al glorioso,


?

al disciplinato e al regolare
folle e

Cos' era la

mia passione
banale,

assurdo se non la nausea del

buon senso comune ? E il dispregio per le regole etiche e la buona educazione e i feticci popolari e i metodi saggi e le viit borghesi se non
dell' ordinario, del

la

tutti

stanchezza del fatto immutabile e maledetto, e di i riguardi, e di tutti i legami e di tutte le fedi ?
Io

combattevo il positivismo perch i positivisti pretendevano di non esser altro che notai remissivi
.

della realt

mi

riscaldavo

per

l'

idealismo e lo

spingevo agli estremi perch quel mettere tutto nello spirito e quel porre in dubbio anche 1' esistenza del

corpo puzzava di stramberia e di paradosso. Per odio del presente mi rintanavo con pochi morti di genio ;
per odio
dell' esistente

mi abbandonavo

al

sogno

per
pre-

odio degli uomini cercavo la solitudine delle


e la silenziosa amicizia delle piante.
ferita

campagne

La mia parola

di

que' tempi era

liberazione.

Liberazione da

questo e da quello, dall'ora e dal poi, dal di qua e dal


di l
:

liberazione dal tutto.'


dit perfetta,
alla

Tl6

10 volevo spogliarmi e spogliare

tornare alla nu-

spaventosa liberta dell'ateo radi-

cale e universale.

E
il

che

dolori e

pensieri della terra

volli

rifabbricarmi

quando mi parve d'esser nudo e non fossero pi miei mio mondo. In due maniere colla
:

potenza dello spirito e coll'evocazione del fantastico,


colla volont e colla poesia.

11 famoso pragmatismo non m' importava gi in quanto regola di ricerca, cautela di procedimento e rafiSnamento di metodi. Io guardavo pi in l. In me il bisogno, il sorgeva allora il sogno taumaturgico
:

desiderio di purificare e rafforzare lo spirito per

farlo

capace d' agir sulle cose senza strumenti e intermediari e giunger cos al miracolo e
all'

onnipotenza. Atalla

traverso la
lont di fare

volont di credere

tendevo

vo-

alla possibilit di fare. Se la volont


il

potesse estendere

suo cerchio di comando dal corpo

proprio alle cose che lo circondano

far s che tutto

r universo
parte a

fosse

il

suo corpo, obbediente in ogni sua


suo,
!

un ordine

come ora son obbedienti

questi

pochi fasci di muscoli

Fingevo di partire da'im pre-

cetto di logica (pragmatismo)

ma

1'

anima pi segreta
1'

mia era assetata

e invidiosa della divinit.

Un
potevo

istinto simile

mi condusse verso
:

arte. Io
e'

non
in

soffrire la letteratura

quel che

di falso,

di elegante, di fnto,

di

accomodato e decorativo

codesta parola

mi repugnava. Pur amando

sviscerata-

mente alcuni poeti morti avevo un'


e

invincibile anti-

patia per la gente che mette insieme poesie, novelle

romanzi per

altrui divertimento e propria utilit.


La
filosofia

117

assai pi nobile

mi sembrava

ed alta
all'

dell' arte.

Ma

la filosofia stessa

mi ricondusse

arte.

Per poter esprimere pi passionatamente ed eficacemente certi miei pensieri presi a far uso smoderato d' immagini tentai la forma del mito dal mito trassi leggende cominciai a inventare colloqui e visioni e a poco a poco ci tirai dentro come interlocutori tipi
; ; ;

creati dalla poesia e dalla tradizione i quali cominciarono presto a viver per conto loro, a parlar con altro linguaggio, a mescolarsi in altre avventure. Dallo sfogo
liricizzante

mi

ritrovai senza quasi


l'

avvedermi
il

al racfine e
il

conto vero e proprio e


tutto, divent
fantasia.

idea eh' era stata

una

delle materie

prime sottoposte
del
l'

alla

H
si

rimugino

affannoso

mio

pensiero,

l'amarezza de' miei disincantamenti,


apostolato
in queste

irruenza del mio

trovarono meglio e pi fortemente espressi

ambigue creazioni poetiche. E cos mi nacque un mondo fantastico, opposto al mondo reale, dove potevo ritrarrai a piangere e rammemorare, dov'ero padrone e re senza legge. In quel tempo conobbi il pallido Demonio de' nostri giorni e ascoltai le confessioni del gentiluomo malato e della Regina di Thule e accolsi i gemiti del travagliato Amleto je le confidenze di Giovanni Buttadeo e di Giovanni Tenorio. Venivano dall'ombra dell' irreale eppur mi sembravano pi vivi de' vivi che scalpicciavano a' miei fianchi e soltanto con loro m' era dato d' intendere ed essere inteso, d' amare e d' essere amato. Era quello un mondo torbido e chiuso, dove l'ombra
attorno, senza volere, tutto
;
;

soverchiava la luce e

il

tragico usciva fuor dall'ordi-


nario
;

II

pallidi e

un mondo abitato da giovani


;

senza

illusioni,

da uomini posseduti e martoriati da idee fisse un mondo in cui gli atti eran e da nuovi spaventi radi ma turbinosi 1 pensieri e dove non eran distinti
;

confini del verosimile e dell'immaginario, della vita

e della morte.

Era un
s,

altro

mondo

era

il

mio mondo

oscuro e terribile,

ma

che non era almen questo

mondo,

il

mondo

di tutti.

mentre aspettavo di piegare e rifare il reale coi prodigi della volont sublimata, andavo creando
cos
il

rifugio di

una

realt provvisoria popolata dai docili

spettri dei sogni.

La

poesia scala alla divinit e

il

lavoro dell'arte gi principio di creazione. Poeta e


profeta per oggi

e Dio, forse, domani

XIX.
I fratelli

morti.

Non

accettavo la realt

non

vi

son parole pi

ri-

gorose per esprimere la mia nausea del

mondo

fisico,

umano, razionale che mi premeva e non (java aria e spazio abbastanza alle mie ali irrequiete. Ma non son quelle che ci vorrebbero non dicono, non illuminano tutto. Io non volevo quella realt, ma perch ne vo:

levo MT altra (pi pura, pi perfetta, pi angelica, pi


di\'ina) e

l'aspettato

andavo industriandomi faticosamente perch mondo spirituale e armonioso uscisse uo


i

come
reale

la statua

che

il

cervello vide e volle dal blocco


il

rozzo cavato appena dal monte. Io non accettavo


ordinario,
superficiale,

perch volevo im reale migliore, pi vero, pi profondo rinnegavo il passato,


;

rinnegavo

il

presente per tender l'occhio,

il

desiderio,

un pi degno e miracoloso futuro. E anche dicendo cos non ho detto tutto v' in me come un rimorso che non so calmare. Io rinnego il passato ma non son forse nel passato gli spiriti magni, i fratelli sepolti eppur vivi e presenti che mi hanno consolato negli anni della solitudine e negli anni dell'esodo che mi hanno insegnato le strade della
l'anima tutta verso
:


liberazione
le
;

T20

mi hanno dato

pensieri, le
il

immagini,
;

parole che rappresentano meglio

mio vero me

grande eh' io sia, quel che fui e quel che sono ? Non son loro i compagni delle insonnie, i confortatori delle tregue, gli animatori nelle
fatto, piccolo o

mi hanno

mischie, le
essi

ombre incuoranti

dei giorni migliori

Ad
t

soltanto debbo lo schifo dei mediocri, l'ansiet


i

della perfezione, l'eroica incontentabilit,

primi im-

pulsi all'ascesa, le scale per la fuga, le picche per la


rivolta,
1

ferri

per la distruzione e la stessa idea di un


potrei rinnegarli senza rinnegare tutto

pi celestiale universo e di una beatitudine senza pesi


e lordure.

Come
il li

me

stesso e

megho

della

mia vita
che

difatti

accettavo,

ma

dico

li

cercavo
per

con pi amore che un figlio possa padre amoroso e con pi tenerezza

avere
di

un
che
al-

quella

un
beri

fratello

possa
i

sentire

per
;

il

fratello

maggiore.
i

Questi morti e
;

miei poggi
il

questi morti e
spirito cercante.

miei

questi morti e
?

mio

Contrad-

dizione
gli

Niente affatto. Quella parte di passato (que-

uomini, quei morti, quei maestri e alleati miei)

era appunto quella che

mi faceva

disprezzare tutto

il

resto e mi dava animo e lume per uscirne. Accettavo appunto quel tanto che mi rendeva inaccettabile il rimanente. Li amavo perch m' incitavano all'odio li ricercavo perch mi aiutavano a fuggire. Ma che bisogno ho di tali scuse ? Codesti sono, a ripensarci, i cavilli postumi di una simpatia spontanea e di primo boccio, lo mi sentivo bene con loro, soltanto con loro vedevo il mondo attraverso i loro occhi
; ;


di veggenti siero
;
;

Z2l
i

suggerimenti del loro penil

pensavo dietro
necessari

mi eran
l'acqua,

come

pane,

come

il

cielo,

come

come

tutte le cose belle, pure, ottime

che non costan nulla e senza

le quali non si vive. Li amavo, insomma, pi di quel che si pu amare una donna perch nella donna hai un viso solo e un'anima sola e loro mi davano dieci anime, mille anime un'anima per la gioia e una per il dolore una per il superamento e una per la santificazione. Li amavo perdutamente, forsennatamente, immoderatamente. Non ho dunque detto eh' io cercai sempre la grandezza ? eh' io volli esser sempre piccolo vile o pazzo eh' io fossi grande, farmi grande ? Soltanto con loro, coi geni,
:

"

coi grandi potevo ritrovare e risentire quell'ansito che

mi portava verso le alture, sopra alla torma bestiale dei piani. Essi mi davano quel cibo che solum mio davan ragione a ogni mio istinto; mi scotevano quando stavo per accasciarmi mi sorridevano dai morti occhi dei ritratti quando stringevo forte la mia penna nera fra le secche dita e inseguivo sulla carta, colla mia
; ;

sbandata scrittura,
d'un fantasma.

l'intreccio di un'idea

il

discorso

li

sentivo cos vicini che

li

credevo tutti miei


li

tanto vivi nello pirito che non

pensavo morti, e se mi ricordavo che i loro corpi erano ormai cenere e polvere e che le loro voci s'eran taciute per sempre
sentivo
il

cordoglio d'averli perduti troppo presto, di

non

esser nato prima, di in

come
morte.

quei

non averli conosciuti. Mai momenti ho provato l'odio contro la non ho amato nessun vivo caldo e parlante


come quei cadaveri
secoli.

122

celebri sepolti sotto

marmi ed

alcune volte m' sembrato di averii presso

me, nella mia stanza, o d' incontrarli per le strade pi care, lungo i fiumi scroscianti o i muri scortecciati e ho tentato di parlare e dir loro tutta fa mia passione
di

di solitario innamorato.

Ma

essi

mi guardavano

in si-

lenzio e sparivano se m'accostavo.

dove cotobbi la prima volta i loro amori pensieri e sdegni li ho presenti nei colori e nelle forme e nel disegno dei caratteri e fin nelle macchie e pieghe delle pagine e non li scorder mai. x\ltro che i gingilli sentimentali degli amori terminati Son quelle veramente le reUquie, le memorie della mia vita pi bella volumacci economici mal stampati e scorretti edizionacce stereotipe a pochi soldi il volume Ubretti comI
libri
!

'

prati di seconda mano, tutti segnati di inchiostro e


di lapis, accartocciati e consimti in pelle e serbati da parte
;

sohdi volumi rilegati


cose sante.
i

come

rammento pure
di loro

luoghi e

momenti

ne' quali

m' imbevvi

eh

sentii pi prossimi e miei e

mi

apparvero nella luce pi accesa ed acuta. Dante legato nella mia memoria alle estive aurore trascorse sopra una diaccia panchina, di pietra, su in alto, accanto
chioccolo sommesso di una fonte in una vasca acqua torbida. Shakespeare l' ho letto le prime volte di sera, d' inverno, in una camera gelata e sconfortata, al lume di candela Baudelaire 1' ho capito nei viali pi autunnali e deserti delle Cascine, quando l'Arno arrossava il suo argento per la festa del tramonto
al

d'

Shelley

mi ricorda un

viottolo in

mezzo a un bosco

pri-


voce
le

123

maverile d'acacie e di frassini dove ho cantato ad alta


pi dolorose invettive di Prometeo
dei
finestroni

Tajne mi
ogni

riporta alla sala sterminata della biblioteca, sotto la

fredda luce

polverosi,
;

traversati

tanto da un volo di piccioni bianchi

con r Unico stirneriano sulla sacrato morbido d'erba e odoroso di svanito incenso, ac canto a una chiesa, in cima a una collina, sotto l'ombra ventilata di un tiglio ramoso e ho declamato i versetti di Zaratustra dietro un muro di sassi fatto da me contro il vento, presso un capanno di pecorai, sulle vette erbose e solitarie di Pratomagno. ^la non questi soltanto furono i compagni delle veg lie rinchiuse, delle girate meditabonde e dei magni;

mi son dibattuto panca di mattoni di un

fici riposi tra le

piante e sotto

il

cielo.

Non

dimentico

amati veri dei miei diciotto, venti e venticinquanni e ad uno ad uno mi passate dinanzi e ricordate al mio cuore una data, un paese, un verso, un pensiero. Con tutti voi ho un debito da saldare un' debito eh' io pago ora di tratto in tratto sforzandomi di comunicare agli altri qualche favilla di questo spirito mio che avete nutrito e risuscitato. E debbo specialmente a voi, poeti, che mi portaste come Satana sui culmini delle montagne/ e mi diceste in un orecchio Ecco tutta questa ricchezza, freschezza e bellezza pu esser tua purch tu la veda e la comprenda E a te, Dante padre, debbo la bramosia \ dei paradisi e la mossa violenta e plebea degli sdegni magnanimi a te. Leopardi fratello, la volutt del dovoi,
:
:

nessuno di

lore senza rifugi e la nitida e spietata visione delle ri-


dicole infamie
cuori,

1-4
;

degli uomini a te ShelleJ^i* cuor dei annegato come un Dio nel mio mare, l'animazione patetica della natura, e le raffinatezze sontuose

di
te,

un mondo dorato,

e la piet per
il

titani sconfitti

fraterno Baudelaire,

perverso e indimenticabile

gusto delle maledizioni e

gli abissi

senza uscita e senza


a
Heine,

cielo della miserabile. vita della carne, e l'estatica tra-

sfigurazione della bassezza quotidiana


riso squillante della tristezza

te,

il

che non vuol

farsi scor-

gere e
rie

il

gioioso sventramento dei burattini delle va-

mitologie

fanciullezza,

vita degli

Walt Whitman della mia prima ampio del mare, delle folle, della uomini, l'abbracciamento commosso e gene;

te,

il

respiro

roso di ogni
di

essere e di ogni popolo


gli scatti di

a
si

te.

Carducci
il

Maremma,

leon che

non

posa e

desi-

derio dei turbini aquilonari, delle rivoluzioni intransigenti, delle diane pugnaci e della

grandezza

d' Italia.

posso dir quel che debbo a Shakespeare, quel che


?

debbo a Goethe

Furon soltanto
?

poeti, autori di

dram-

mi, di tragedie, di r isteri

Non m'

introdus sero forse


d' isole felici, e

in universi inediti, su scene pi sconfinate, tra idee


fatte carne, colloqui d'eroi,

meravighe

non imparai da loro che la vita so gno e che il sogno la realt e che i pensieri pi gravi, pi paurosi, pi
illuminatori

non

si

trovano ne'

libri dei filosofi ?

Non

parlai pi d'una volta col pallido


la

Amleto

non

cercai

vera vita col dottor Faust

Non

furono, l'uno e
?

l'altro, parti vive e familiari della

mia persona
1'

V incontrarono

forse Doii Chisciotte e

Idiota e
il

qualche volta Julien Sorel e Peer Gynt e spesso

dottor


sorreggono, che

125

A
Cervantes ho preso la

Teufelsdroeck in compagnia di Didimo Chierico e di Filippo Ottonieri. Son loro che mi hanno fatto, che mi

mi dettano.
il
;

santa pazzia
l'amore per

dell' ideale e

disprezzo per la volgare

sanit dei Sanci


i

disgraziati e
;

a Dostojevski la santa pazzia delil funesto incanto delle tra-

gedie interiori

a Stendhal lo stoicismo dell'uomo che

vede lucidamente le cose del mondo, l' inclinazione a Ibsen il rispetto, la ricerca e la al pudor del segreto Carlyle lo scoprimento dello spia stesso di difesa s rito sotto il simbolo e l'abito e il ritrovamento dell'af;
;

fermazione nella negazione ai due fratelli itaUani la malinconica arguzia contemplativa che a fatica raf;

frena

il

pianto.

perch non rammento, prima degli altri, Poe che mi istrad verso le complicazioni degli spaventi ; e Novalis che mi sedusse col misticismo della potenza ?

Ma

filosofi ?

Platone

giovani

belli,

vecchi sottiU, miti

e sofismi, banchetti e portici vicino al mare.

Berkeley

Ila e Filonoous che distruggono idee generali e materia nella caUgine mattutina d' un parco inglese.

Schopenhauer
zione

scoperta del pensiero e


:

del

dolore

della volont e della rinunzia. Nietzsche


;

sole e distiii-

montagne

nobili e bianche e la
:

danza ridente
ri-

del genio Uberato. Stirner

anarchia dialettica, solitu-

dine atroce, egoismo evangelizzante ed eloquente


bellione estremista del timido.
tra quelli che pensano,
i

Ma soprattutto ho' amato,


i

distruttori dei costumi,


i

co-

noscitori spregiudicati degli uomini,


tranquilli
;

disillusi eroici e

quelli

che grattano

gli affreschi dell' idea-


lismo per far vedere
il

126

senza ideali

buchi del calcinaccio e disfanno


il

velo d' argento perch

brutto piombo sia pagato


;

per quel che costa. I ragionatori rigorosi


i

doganieri intellettuali dell'umanit. Specialmente


:

francesi

il

savio ondeggiamento di Montaigne


;

peggiante vulcaneggiare di Diderot

lo
il

il lamschematismo
;

limpido e animato di Taine e perfino

brioso scetti-

cismo di Voltaire,
il

il

politeismo morale di Brewster e

cinismo naturalista di

Remy

de Gourmont.

Era questo

il

mio mondo,

la

mia vera patria e

so-

ciet di fratelli. In questa divina citt dell'anima fa-

cevan da sfondo le montagne di Leonardo e da monumenti gli eroi di Michelangelo tristi anche nella vittoria e da quadri le luci e le tenebre di Rembrandt. E si udivano ogni tanto le cadenze solenni delle sonate di Bach e i tempi pi appassionati delle sinfonie di Beethoven e i motivi eroici dei cori di Wagner. Soltanto fra quei pensieri, quelle immagini e quei suoni sentivo il mondo degno di me.

XX.
I piccoli

vivi.

Ma
me
il

pi forte dell'amore per


disprezzo

grandi morti era in

per

piccoli vivi.

Per tutti quanti

per quelli che

conoscevo

e per quelli che

non avevo

veduti mai

per quelli che


;

che

mi acclamavano per chi mi sfuggiva.


Nessun uomo
e

per chi
tre

mi biasimavano e per quelli mi veniva incontro e

odii

o quattro avventure ritenevo mio


tolti

sembrava degno accosto. Credevo


stialit in testa

di

compagni di Nessuno mi giudicanni e neanche di starmi


pari.
1'

sul serio d'esser


;

unico spirito senza


sciocchezze e be-

pregiudizi e paraocchi
;

senza

falsit,

il

solo capace di sbandire gli inganni


;

e di buttar gi gli usurpatori

di spopolare
;

l'

intero

walhalla dei vecchi dei e degli idioti moderni


gliare

di spo-

ogni

cosa, ogni idea, dai ruffianeschi veli del-

l'abitudine,

e della convenzione

di liberare l'umanit

da tutte
stoiano.

le

obbrobriose servit mentali che la impa-

Volevo

Uberare

(cio,

secondo
li

l'

idea mia,

aiutare) quelli stessi che disprezzavo e

disprezzavo

appunto perch non eran

appunto perch erano spregevoli volevo liberarli.- Volevo inalzarli fino a me e


liberi e

~- 128

il

non gi chinarmi
li

fino

loro.
;

Per renderli uomini facevo

lor sentire ch'eran bestie

per dimostrare

mio amore
frustarli,

picchiavo. Se

mi abbassavo era soltanto per

per divertirmi. Volevo renderli degni di me, del mio


tipo ideale di

umanit tutta
con

libera, tutta spirito, tutta

miscredente d'ogni fede.


cercavo di affascinare
volevo

G^me

selvaggio maestro non


e

musiche

dolcezze

ma

svegliarli, scuoterli, eccitarli.

In

quel
vita

tempo
il

avrei potuto prender per motto della

mia

verso

dtl Petrarca

Io venni sol per isvegliare altrui.

Ma non
tendoli

volevo destarli colle buone e colle carezze


e
pigliandoli

bens squassandoli

per

il

petto e sbate
dalla

contro
di quel

il

muro perch

dall' ira

ver-

gogna

rude risveglio venisse fuori uno scatto


di virilit.

d'energia,

una mossa sdegnosa


i

Mi compormezze
li

tavo cogli uomini come


istupidite e assonnate

domatori

colle belve

dei serragli. Li

pungevo,

bru-

ciavo e

li

frustavo

li

pungevo
;

coi pi feroci sarcasm.i

eh' io sapessi

trovare

li

bruciavo colle parole dure


;

e spiacenti e colle accuse spietatamente sincere

li

fru-

stavo mostrando loro quant'eran \'igliacchi nella vita, umili nei desideri, primitivi nelle idee, ignoranti in
ogni cosa e assolutamente incapaci di capire a fondo
e di ragionar diritti.

Nessuno sfuggiva alle mie rapide offensive. Se dinon c'era la facevo nascere apposta per improvvisar dilemmi e dar gi btte senza risparmio se
scussione
;


la disputa era gi

129

avviata la storcevo e deviavo in


io solo
;

modo da rimaner
lo

peri contro tutti gli altri

a buttar sillogismi e improse un timido sopravveniva

forzavo a parlare per coglierlo in fallo e metterlo


;

in ridicolo

se

ardito provavo

m' incontravo con un chiacchieratore un gusto indescrivibile a rintuzzare la

sua tracotanza e ridurlo al silenzio. Se c'era una cattiva verit da dire in faccia a uno
ero io
il

primo e l'unico a

dirgliela senza rigiri e cir-

mi accorgevo d'un difetto, d'una mancanza, d'ima debolezza non stavo tanto a vedere per farne un capo d'accusa e uno spunto d'attacco quando c'era da levar di torno un noioso, un seccante, un pedante, un imbecille gli amici ricorrevano a me ed era caso se costui non se n'andava per sempre, confuso
conlocuzioni; se
;

e scornato. Bastava eh' io sapessi qual'era

il

tarlo pi

nascosto d'un

uomo perch

proprio su quello facessi

cadere
pojynlo

il
;

discorso accusandolo senza complimenti coram


e

appena indovinavo

il

pi vulnerabile e spia-

cevole punto d'una coscienza


dir quella cosa e

non aspettavo altro per toccar quel punto. Da una frase inno-

cente, detta senza pensarci, ero capacissimo di tirar


fuori tutte le pi impensate conseguenze, le valutazioni implicite,
le

affermazioni nascoste e su queste

l'infelice non chiedeva grao zia fuggiva. Pochi discorsi mi bastavano per ricostruire

battevo e incalzavo finch


la psicologia gliela

d'un

uomo

quando l'avevo

ricostruita,

mettevo dinanzi perch quello ci si vedesse dentro come in uno specchio e ne arrossisse e se ne
vergognasse.
fAi'iM.

Un wtno

finto


tidiana contro tutti

130

Tutto quanto mi giovava in questa guerriglia quola citazione erudita, l'idea nuova, il l'argomento ad hominem, la ignota, nome d'un'autorit
:

scomposizione dialettica l'esame della parola, la contraddizione colta a volo


la beffa, lo
;

la barzelletta, l'arguzia, lo spirito,


il
!

sguardo di compatimento,
l'

sorriso canzona-

tore,

il

ghigno, la risata,
sulle

ingiuria

Purch

facessi

sentire

spalle di questi idioti cialtroni la supe-

riorit della

mia mente

e della

nese, ogni gesto era buono.

se le vittime

mia dottrina, ogni arnon veni-

van da me andavo a stanarle e cercavo di conoscer via via nuova gente per aver pi larga scelta di anime vili. Mi feci cos in breve tempo una fama di terribile

mi piaceva fui guardato come un pazzo villano e come 1' apostolo della franchezza come un mascalzone da sfuggire e come un eroe della sincerit. Molti, i pi vili, si scostaron da me come da un appestato alcuni, pi degni, mi cercarono, resistettero e forzarono la mia amicizia. Giacch codesto mio modo di fare non era soltanto uno sfogo necessario de' miei istinti briganteschi e guerreschi e un resultato naturale della mia sterminata superbia ma anche un metodo per saggiare gli uomini, un vaglio per scegliere
e di strafottente che
;

migliori e

pi

forti.

Chi

si

aveva a male

delle

mie

parole se ne andava ed era quel che volevo. Altri

mi

odiavano ed era pure quel che volevo perch ho sempre sentito pi bisogno di nemici che d'amici. Parecchi mi stima van di pi erano attratti dalla mia stessa sopportavano volentieri le strapazzate e gli violenza insulti perch sentivano che molto spesso dicevo il
;
;


vero, e che
il

131

son proprio conquistati


a

vero detto cos crudamente poteva gio-

vare assai pi alle anime altrui che a' miei propri interessi.

Alcuni amici

me

li

furia di legnate e di

male parole. Codesti pochi, pi

acuti degli
sotto
il

altri,

s'accorgevan di tutto l'amore ch'era

mio disprezzo e sapevano che sotto la mia gorgonesca armatura di assalitore c'era un povero
poeta
sentimentale

capace d'amicizia assai pi dei


la

garbati giovinotti per bene.

Tanto pi che non sempre


gli altri

mia attitudine

vv:;rso

era quella d'un assassino o d'un pungiglione.

Mi piaceva molto, ad esempio, turbare le coscienze con domande impensate, gravi, fondamentali con una di quelle domande che nessuno fa mai e che paiono magari assurde ed inutili, di quelle domande che nes-

suno osa rivolgere neppure a s stesso e che pure rimettono in questione le pi consuete idee del mondo, tutti
altri
i

valori, tutta la vita.

Volevo costringere
loro ideali

gli

riflettere,
il

a pensare, a riesaminare s
loro futuro,
i
;

stessi, la
ri-

propria anima,

volevo
si

cacciare ognuno dentro di s, l dove


volentieri
;

non

scende

e metter ciascuno faccia a faccia

con s

medesimo, per ravvedersi, per prender altra via, per accelerare il passo, per non dimenticare se ancora era in tempo. Molti hanno dovuto a me un risveglio di coscienza, una crisi di abbattimento che li ha rifatti uomini e li ha rimessi sulla strada con forza nuova. Fra questi eterni e pigri dormenti che sono gli uomini pur necessario che qualcuno abbia il coraggio di gettare U chi va l della scolta, e di suo-

_
nar
la

132

mattino,
e
i

diana prima del

solito

dar qualche
volti perch

cenciata ai rossetti che impiastricciano

ognuno veda con spavento la sua bruttezza e vecchiezza. Chi non ha la forza di guardarsi in viso si trucchi di nuovo e reciti pure la parte del galantuomo anche s' una canaglia e la parte del genio se pure uno sciocco. Non m' importa il mio dovere 1' ho fatto Odiatemi pure e maleditemi e scansatevi al mio passaggio. Non si rifanno gh uomini coi cerotti e l'omeo:

patia. Ci voglion cure radicali e feroci.

dove

e'

da tagliare

e bruciare

e portar fuori dal soffice

Bisogna tagliare dove c' il marcio nido deUe abitudini chi non
;

conosce la fresca furia del vento e la salutare gelidit


della

neve se non traverso

vetri di casa sua.

se

l'aria vi

mozza

il

respiro e vi soffoca tanto peggio per


i

voi e tanto meglio per


Io

becchini.

non mi pento

d' essere

stato troppo

franco e
;

attaccabrighe.

Non

so giovare che

tormentando

non

posso amare se

non disprezzando.

XXI.
Io e

V amore-

Son passati

vent'anni
;

la giovinezza gi trabocca

nel suo pieno vigore

la vita pi vera, in

contatto colla

concreta umanit, incominciata e non basta a s


stessa
sugli

ed anzi fa segno
altri,
?

su tutti

di voler riversarsi

ed espandersi
si

ed' amore non

ragiona.

Come mai
idilli

Eppure

in questa et la

primavera classica degli


i

romantici che fa sbocciare e scoppiare anche


;

pi renitenti cuori
i

questa

la

pagana estate

di tutti

sensi,

l'erculeo luglio della lussuria irrefrenabile, in

un desiderio di piacere, e tutte le mani cercano un bel corpo da carezzare, e i baci son caldi come di febbre su labbra che non sanno, non vogliono, non possono staccarsi. questa la stagione
cui ogni sguardo
degli

amori nell'anno breve della


in cui la

tempo

donna

vita.

Questo

il

colle

trecce lunghe e le sot-

tane corte della cugina o colla polvere di riso di un


volto, ahim, trentacinquenne

entra

nella vita del-

l'uomo e

gli

pianta

primi e pi resistenti ricordi nella

carne o nel cuore. D'or innanzi l'uomo non pi solo

134

non pi tutto suo

la

donna, vergine o puttana che

sia,

comincia a possederlo e mutarlo.


Questo, oramai, sarebbe
il

momento per

le

confi-

denze dei timidi

patemi sentimentali e delle furibonde passioni. Perch non si parla dunque d'amore? Nossignora (soltanto alle signore, suppongo, pu
affetti, dei

venire in testa tale

domanda)

nossignora.

Rinunzi pure a tutte le speranze. Di amore non si parla qui n se ne parler mai fino in fondo. Se ha cominciato a leggere questa vita di un uomo colla voglia indiscreta di incontrarsi

con qualche donna, butti

via
e

il libro e non ci pensi pi. Io non scriver d'amore non presenter donne di nessuna specie. Se questo un romanzo sar un romanzo senza

amore.
Se questa una storia sar una storia senza donne.

Sar noiosa, monca, inverosimile


vuole,

tutto quel che


cos
il

lei

mia

sensitiva signora,

ma

cos dev'essere e cos la voglio io

sar proprio
io

che sono

pa-

drone della mia vita, dell'anima mia, dell'opera mia.

Non

gi,

cara signora, che l'amore non abbia fatto


:

parte della mia \ta


tutti sensi
:

tutt' altro.

E
;

dico

amore

in

platonico e mandrillesco

spirituale e cor-

porale

sentimentale e sensuale.
:

molte, intendiamoci, perch

mia vita non dico non sono stato n potevo essere un Tenorio, ma ce ne sono state ed erano donne vere e proprie, donne di carne e di nervi, come quelle che si ammirano nei grandi romanzi e si desiderano
Ci sono state delle donne nella
nella vita.


di letteratura

135

e troppo ardenti
;

Erano signorine entusiaste

erano,

semplicemente, ragazze sane e senza nessuna macchia


;

erano, ahim, signore intelligenti, colte,


:

appassionate e senza pregiudizi

erano, e

non me ne

vergogno, prostitute ciniche e malinconiche che face-

vano
tre...

il

loro

mestiere pi onestamente di molte al-

alcune di queste donne eran belle, ed altre

erano soltanto graziose, soltanto simpatiche o soltanto


interessanti.

ho amate tutte una dopo l'altra, coU'anima e col corpo, oppure coll'anima sola e col corpo solo, ed ho fatto con loro l' ingenuo e l'audace,
io
1'

Eh

il

tenero e

il

geloso,

il

magnanimo

il

vigliacco,

come

uomini con tutte le donne. Ho fatto anch' io le mie brave dichiarazioni con la voce tremante e stringendo le piccole mani, tentando di baciare prima del tempo la bocca dalla quale aspettavo il languido s
tutti gli
;

sono
tare

stato

anch' io sotto
e

le

finestre,

nei

mattini

giov ani
il

di sole

cenno

di

l'apparizione di

ne' crepuscoli lebbrosi, ad aspetuna mano, il moto di una tendina, un lume o di un fazzoletto ho scritto
;

anch' io centinaia di lettere liricamente e disperata-

mente invocanti e celebranti, suggellate in fondo dall'eterna e vana parola degli amanti sempre ed ho stretto al mio petto altri petti e ho baciato pi d'una bocca e ho fatto chiuder molti occhi con le mie carezze ed ogni strada fuori di mano mi ricorda un nome, un nome che ora non dico un fiore, una parola un fiorec he sta secco e stiacciato denti o un pi libro messo da parte una parola che vorrei dimen:

ticare...


S,

136

e alcune

mia cara signora. Sono stato innamorato anch' io innamorate suppongo donne sono state di me. Ed io le ho fatte godere e soffrire come gli altri uomini ed ho conosciuto anch'io le febbri della bramo-

sia, le

angoscie

dell' incertezza,
il

tormenti del dubbio,

le

tristezze dell'attesa,

travaglio della gelosia e la

divina incoscienza dell'abbraccio violento quando par che le due anime vogliano strapparsi dai corpi annodati per farne una sola.
S' io

non

voglio parlar d'amore


i

non

eh' io

l'abbia provato in tutti

gradi e

gli stili.

Ho

non un'anima

anch' io, gentile signora, ed ho un cuore pieno di sangue e non fui sempre insensibile e non son nato impotente n mi sono evirato mai. Conobbi, fanciullo appena, le ansie degli amori ca-

come tutti, la gU amori illeciti e le passioni proibite e i fidanzamenti approvati e ho finito (anch' io !) nel seno delle gioie legittime del santo matrimonio. Ed ella potrebbe ben dirmi con una tal quale ragione Che pi ti manca?... Se sapesse, signora mia, cosa m' mancato Mi mancato soltanto questo la donna ideale la donna
sti
;

perdetti da grande, regolarmente,


;

mia verginit

passai attraverso

che prende davvero l'anima e la muta. Mi mancata insomma la donna che possa trovar
posto nella- storia spirituale di uno spirito, nel romanzo
L' etemo femminino ci porta non ho vogha di bisticciarmi oggi con Volfango Goethe. Ma debbo conlessare, per conto mio, che l'eterno femminino non mi ha portato n

cerebrale di

un

cervello.
:

verso l'alto

Sar

verso l'alto n verso

il

basso, n su n gi.

mai.


che

137

la

La donna non m' apparsa ne come

Beatiice

ti prende per mano e ti per condurti su alle meraviglie celesti e neppure come

sveglia dai sonni materiali

la Circe che gli uomini nati per seguir virtute e conoscenza trasforma in maiali grufolanti negli opulenti giardini ricchi d'ombre e di ghiande. Le donne non mi hanno corrotto ma neanche purificato.

Sono state in disparte,

ospiti gradite o
;

ingom-

branti nei

momenti
;
;

di riposo

tentativi di conforto
di gioia o d

nei tempi di nausea

veicoli desiderati

patimento
nella
trici

compagne care ed
;

affezionate della

mia

povera esistenza

intermezzi di volutt o di furore


di lavoratore scontento
;

mia dura vita

esagerate ed ingiuste dell'opera

mia

ma

ammiranon gi,
dona-

s'io

debbo essere villanamente


o
ispiratrici.

sincero,

guide,

trici

Mi hanno tolto, mi hanno chiesto ed io ho dato loro un po' della mia vita, della mia giovinezza, del mio tempo, delle mie illusioni, dei miei pensieri ma da loro non ebbi mai nulla. La storia intema della mia anima non stata n arricchita n cambiata per

via della loro presenza.

Non mi lamento

tutt' altro.

Ho

tevo dare e m' rimasto parecchio

il

dato perch poil

pi

a loro

non ho chiesto nulla per

mio

spirito
la

per me. e
donna , una sfrut-

nulla potevan darmi.

So benissimo che
1'

per sua essenza e necessit, una parassita


tatrice,

una

ladra.

Io

presa com' fatta e

mi son

ho accettata com' e 1' ho fatto derubare e ho pagato


siamo
nari:

puntualmente Nel conto

miei tributi.

delle {^ioie e delle sofferenze

se

138

ho goduto ho

fatto godere

e se

ho

sofferto anch' io.

Per

il

resto

ho fatto soffrire non chiedo nulla, e


e

quel eh' dato ben dato.

Ma

per quel eh' io so

vedo e ricordo a me non hanno dato mai nulla, proprio nulla, n un'idea, n un po' di forza, n tanto meno ima spinta verso le altezze divine alle quali ha sempre aspirato
1*

inquieto spirito mio.

non si debbon chiedere alle donne? propendo anch' io per codesta opinione. Ma allora ho tutto il diritto di non parlarne qui, scrivendo soltanto dell'anima di un uomo e non gi di tutto un uomo. O la colpa fu mia che non seppi trovare o capire la Beatrice che poteva inalzarmi ai cieli ? possibile, possibilissimo e, se fosse vero, me ne pentirei pi che di tutti i miei peccati, perch dev'esser veramente una portentosa meraviglia codesta subUmatrice di uomini gi subUmi per destinazione. Ma insomma o non l'abbia incontrata o non l'abbia compresa essa non scesa a indiarmi ed io non posso
Forse
tali
:

cose

Pu

darsi

farne parola.

Eccole spiegate in poche parole


ziente signora

cara

ed impa-

le

ragioni del
le

mio

silenzio su quel-

l'argomento che tanto

preme. Capisco purtroppo

che

motivi del silenzio son pi offensivi del silenzio


:

stesso

ma come

vuol eh' io rimedi

S' io

sapessi fngere e dir bugie avrei potuto sorvo-

lare su questo

inframezzando

punto oppure avrei potuto contentarla qua e l di amorosi ricordi questa narrazione di avvenimenti interiori. Ma prnuda


prio inutile eh' io

139
:

non
ci

mi provi

riesco.

non

posso scrivere quel che non sento e dare un posto a


quel che non
fu.

Eppure non voglio guastarmi irrimediabilmente con lei e con tutte le donne che volessero per caso ascoltarmi, E voglio darle qui un esempio un piccolo, un minimo esempio di quel che potrebbero essere le mie reminiscemze sentimentali. Si tratta di un ricordo assai lontano del primo ricordo d'amore eh' io conti nella mia vita. Serata d'agosto remoto Si scendeva insieme dalla collina, dopo uno dei soliti desinari fuori di porta di tutto il parentado. Ero riuscito a rimaner addietro con lei, con la bambina pi piccola, pi trascurata,

pi

triste,

pi simile a me.
sulla polvere bianca della strada,
ulivi biancheggianti dietro
la calcina bianca,

La luna bianca
sui
i

casamenti bianchi, sugli


di fresco

muri intpnacati

con

dava

un po' teatrale a quell'ora. Cercavo di camminar dentro l'ombre e quando si stava per tornar nella luce la mia mano lungamente
un'illuminazione di sogno
esitante cercava la sua e subito la lasciava, col senso

commesso un non so che di osceno. H mio cuore batteva troppo forte per quell'et e il canto insistente e patetico dei grilli sperduti nei campi quasi mi inteneriva. E immaginavo le testine nere colle antenne protese appena fuor dei buchi terrosi, presso l'erba gi rinfrescata dalla notte, e mi sembrava che il loro verso eguale fosse una domanda vanamente ripetuta di amore e di felicit.
di aver


Anch'
io

140

da quel tempo, di un fmalmente il coragil gio di dire a lei quel che pensavo da tanti mesi segreto delle mie notti smanianti si sgranava a poco
avevo bisogno,
fin

po' di felicit.

quella sera avevo

a poco, in frasi brevi e interrotte, sotto la bianchezza


indimenticabile di quella luna d'agosto. Essa

mi

ascol-

tava col viso bianco e tranquillo sotto


del cappello di paglia.
e ogni tanto diceva di

la tesa

glande

Mi ascoltava come trasognata


sempre di
s

s,

senza aggiun-

gere altra parola.

commosso i particolari della mia chimera filistea Appena grandi ci si doveva sposare o e lei. Saremmo andati a stare in una casa piccina
Io colorivo
:

tutta per noi, in campagna,

ma

vicino alla citt

.Ci

voleva l'orto
fiori,

un giardino un una vasca in mezzo coi


;

po' grande, con molti

pesci rossi, e le rosine

gialle tra

ferri del cancello. Si

bel salotto, coU'orologio attaccato al

sarebbe messo su un muro e il suo bel


tap-

pendolo lustro d'ottone, e una tavola tonda col


peto rosso a fiorami, e
i

ritratti dei

babbi e delle

mam-

me

nelle

comici nere
:

filettate d'oro.

Si sarebbero te-

nute molte bestie


celeste
;

un

bel gatto bianco col collarino


;

piccioni sul tetto

tre o quattro galline per

l'uova

un canarino e un fringuello in gabbia, per sentirli cantare un cane grosso per guardia e forse una scimmia piccina come quella che tien l'uccel; ;

laio sull'uscio di bottega....

si

sarebbe stati insieme


>>

tutto

il

giorno, a divertirsi, a volersi bene....


s,

sempre di s. Per lei tutto era naturale, semplice, facile. Che si dovesse stare inLei seguitava a dir di

sieme tutta

la vita,

141 noi due per l'appunto noi due


nostra vita futura

I -

non

la

stupiva affatto.

Io

vedevo

la

come conquista
il

faticosa, ideale lontano,

sforzo lungo, faccenda seria.


chiasso,
:

locchi un giuoco nuovo, inventato da me


del matrimonio,
il il

Lei no. Pareva che

si

trattasse di fare

ba-

il

giuoco
po' so-

giuoco della vita. Era,

si,

un

prappensiero

ma

suo viso pallidetto di bambina poco

accarezzata era placido e tranquillo.

Non mi

capiva.

Non

ci si

capiva.
il

Mi diceva

di
cos
!

perch non capiva.

dii-e

che

mio sogno era

atrocemente meschino
io,

e bambinesco e borghesuccio

Ed

rimasi pi triste che se avesse detto di no,


dissi

non so perch, E non le anima


della

pi nulla.
quello
il

Fu

mio primo incontro


furon molto diversi

donna. Gli

altri

coli'

ma

per....

neppure una
il

Ed

ora non parler pi d'amore in questo racconto


volta. Ella pu, cara signora, chiudere

libro e buttarlo via.

disprezzarmi profondamente

in piena coscienza.

solenne

Io domando: chi

colui ch'

proceduto pi innan\i?

Perch

io

voglio procedere pi innan-{i ancora!

Walt

Whitmann.

XXII.

La

missione.

Quand'ebbi conquistato con l'attivit capricciosa e temeraria di tre o quattr'anni quel che ]}er uno qualunque (per molti) sarebbe parso un arrivo e una vitavere un nome, esser letto, discusso, seguito, toria profondamente di prima un sentii pi temuto

vuoto vergognoso in

me

stesso.
?

Ma come

tutto qui

Questo soltanto

il

fine ul-

timo dei miei giorni e delle mie notti di


clusione dei miei sforzi tentacolari verso
terrestre,
il

fatica, la con-

resultato solo e definitivo di tutta


i

giovinezza, di tutti gli ardori e

una luce mena ima fui:ori di una giovi-

nezza concentrata e compressa per lunghi anni e divampante ad un tratto come un fuoco di gioia sulla

montagna
parole
le
;

Soltanto questo
il

Nient'altro che questo


;

Veder stampato
idee pi care

proprio
il

nome

ripetute le
;

proprie

riprodotto
;

proprio viso

messe in

piazza
le

buttate
i

in pasto ai

qualunque

pi gelose confessioni e

pi inopportuni entusiasmi.

Avere intorno alcune scimmie che rifanno i tuoi gesti e qualche pappagallo che ribalbetta le tue scorger Ubri col tuo nome sulla co^rtina, artifrasi

Eppoi

P.fisi,

Un

uomo

finito

io


coli

146

tua firma
ti
;

che portano in .fondo la parla di te e non ti capisce o

sentire
t'

chi

disprezza o

invidia
;

non sa neppure spiaccicarti. Diventare un autore un autore conosciuto, forse quotato cercato dai di;

rettori di giornali, desiderato

dagli editori

persegui;

tato dai saggisti e dai recensori di mestiere


in altre lingue
;

tradotto

candidato all'onesta celebrit dei qua-

rant'anni.
? Cominciavo a ottener tutto questo e sennon mi bastava, che non mi sarebbe bastato mai. Che m' importava essere o diventare un filosofo brillante , uno scrittore ben noto nel mondo letterario , un fabbricante e mercante pi o meno fortunato di parole e di pensieri ? Dove andavo a finire ? Ci voleva poco a saperlo. Anche guardando in su

Ma

poi

tivo che

con tutta
sto
:

la pazza

permessa

ai mediocri,

e'

era que-

essere stampato da Treves, insegnare all'univerfar parte d'un'accademia,


il
!

sit,

ottenere (vecchio, ca-

scante e rimbecillito)

premio Nobel....
Sentivo d' esser nato per altre

Ma
cose
;

niente affatto
di voler altri

fini.

Non

era ambizione la

mia

non era vanit

ma

superbia, superbia di quella buona,

superbia diabolica, superbia divina. Volevo essere veramente grande, epico, smisurato volevo compier qual;

cosa di gigantesco, d'inaudito, che cambiasse la faccia della terra e il cuore degli uomini.

Se no piuttosto nulla. Piuttosto marcire nell'ozio cretino d'una sottoprefettura o imbestiarsi nel lavoro
delle
falliti

mani o
e
il

meglio di tutto

affogare

sogni

peso del corpo nell'acqua gialla dell'Arno.

Bisogno antico e continuo di esser capo, guida.


centro
di
:

147

ma
:

specialmente inquietabile in quel tempo


di voglie

salite e

animose.

Confesso

non m' importava molto


di

che

gli
!

occhi di tutti fosser rivolti

mento
petuto

su

almeno

il

perch,

ma
ri-

un mo-

me

e le bocche di tutti avessero


!

il

mio nome
scopritore

Fondatore di scuola, iniziatore di


religione,

setta, profeta di

o d' ingegni mirabili, capitano di un partito nuovo, redentore di anime,


di

teorie

autore di un libro di cento edizioni, maestro di cenacolo

qualunque cosa, ma il primo, il pi celebre, il pi grande in qualche cosa. Essere un di quelli che danno il nome a un' idea, a una moltitudine di uomini, che rivelano una verit nuova, imprevista, bizzarra di quelli che tutti debbono conoscere e giudicare a cui dovuto un capitolo, un paragrafo nelle storie e che hanno il loro dominio proprio, il loro campo a parte, la loro bandiera
: ; ;

riconosciuta.

Non m' importava


come
terza

il

ma
fila,

perch,

non m' importava

il

non volevo

restare a parte, in seconda o

tra le persone semplicemente interessanti,

semplicemente curiose e colte e intelhgenti. Anche una sciocchezza, anche una folla ma essere l' inventore

di questa sciocchezza, l'eroe di questa follia

Sul primo
gi declinando

mi

volsi all'azione
:

che sembra, ai non

andava massimo movimento umano del mio paese in quel tempo ed io, l'uomo -del no e della controcorrente, mi posi contro
profondi, pi azione
alla politica. Il socialismo
il

ma

era pur sempre

al

socialismo.

~
E
fui socialista

148

Ma

socialista a rovescio

accettai

la lotta di classe.

che fosse vera lotta, guerra in

veri termini,

non

gi aggressione dell'affamato imbalil

danzito

(il

popolo) contro

padrone tremolante e ac:

comodevole. Lotta di classe

cio difesa della classe

che ha fatto e che ha vinto contro la classe che vuol farla abdicare prima del tempo. Difesa borghese poca
:

piet

politica di ferro

espansionismo (cio

e tutte nazionalismo
;

le

idee associate

esercito e mari-

na

I).

Fui redattore capo del primo giornale nazionaitaliano

lista

gramma
miche
;

di

feci un un nuovo
:

discorso per disegnare


partito nazionale.
;

il

pro-

Mi
;

azzuffai

ogni settimana coi popolaristi

mi buttai

nelle pole-

addentai

le

glorie
;

demagogiche

sbuzzai

le

ideologie rivoluzionarie
'

volli ridar

coraggio e dignit
1'

a chi voleva soltanto cedere. Si voleva che


tornasse grande per
il

Italia

presente, anche colle

conquiste.

Si pensava all'Africa, si chiedevano corazzate, e si cercava di rinfocolare quel po'di spirito imperiale che poteva esserci ancora in Italia dopo le disfatte d'Abissinia. Ma da codesto imperiaUsmo coloniale e militare passai presto per conto mio ad un nazionalismo spirituale. L'Italia mi sembrava un paese senza vita, senza miit ideale, senza scopo comune. Tutto smorto, tutto assonnato. Ognuno per s e qualche camorra per tutti.

Mi domandai
la

qual'era in quel
.

momento

il

mestiere,

non seppi rispondere. Allora cominciai con mazziniana intempestivit la mia


missione d' Italia nel mondo.
il

Campagna per
oli,

forzato risveglio. Squilli fievoli (artiin

opuscoli,

lettere)
il

tratto.

Volevo che

un mondo rumoroso e mio paese facesse qualcosa

didi


suo, rappresentasse

149

tra gli altri popoli.

una parte sua

Volevo che

gli

italiani,

buttata via la rettorica dei

passati risorgimenti, si proponessero un grande fine comune, uno scopo veramente nazionale. Dopo il 1860 non c'era stato pi un sentimento, un pensiero unico, italiano. Era tempo di rimettersi in cammino. Una nazione che non sente in s la passione messianica destinata a sfasciarsi. Ma quale poteva essere questa mta nazionale ? Io stesso non ero ben sicuro. Gridavo e chiamavo eppoi

interrogavo quelli stessi ch'erano accorsi ai miei appelli.

Dicevo

la

preparazione del dominio spirituale

delle cose. In Italia lo ^irito era stato

legiato

sempre privi da questo paese doveva cominciai-e il defini-

tivo regno dello spirito.

poteva esser questo \m legame nazionale ? Ben mi accorsi di no. Codesto problema della signoria assoluta della volont trascendeva ogni pi fantastico patriottismo. Bisognava rivolgersi a tutti gli uomini e lavorare per tutti. Non pi gli interessi fisici
presto
di

Ma

un boccone

di terra

ma

'

gli interessi

spirituaK di tutta

l'umanit.

Credevo con tutta la forza dell'anima di avere una mondo una missione mia, una grande missione. Mi pareva ogni giorno d'esser chiamato a fare quel che gli altri non facevano, d'esser chiamato
missione nel

a trasformare di punto in bianco uomini e cose, a deviare


il

pacifico corso della storia.

Da chi ero chiamato ? Non lo sapevo, non lo so. Non credevo in Dio eppur mi sentivo a momenti come
un
Cristo che dovesse a tutti
i

costi accingersi a im'al-

Isotta redenzione
;

non. credevo
il

alla

provvidenza eppur
il

mi vedevo nel futuro come

messia e

salvatore delle
:

eran voci genti. Eran voci che mi parlavan dentro Qtterranae che parev ano salire da un altro emisfero, da un' altra terra. Immaginavo che questa vita nostra
fosse di gi un' altra vita e che questa terra fosse di

gi cielo, per altri che

gemavan

in basso,

(no

n morti

ancora laggi, non nati ancora quass), e pensavo che mi chiamassero perch li salvassi, perch li inalzassi
fino a

me

li

facessi partecipi delle nostre gioie pi


certe.

divine,

delle nostre verit pi

Alcune volte

il

mio stato d'animo somigliava a quello' d'un Dio che senta una moltitudine dolorosa pregare ai suoi piedi invocando felicit e liberazione, morte e redenzione. E mi commovevo come non m'era accaduto mai leggendo Marco, Luca, Matteo e Giovanni e una volta piansi sopra una semplice e nuda vita di Mazzini. Ero spinto misteriosamente a far qualcosa per gli per tutti. Mi sembrava d'aver gi promesso uomini e che fosse giunta l'ora improrogabUe del mantenere. Avevo fatto me stesso dovevo fare gli altri. Avevo dovevo ricostruire. Avevo disprezzato la distiMtto dovevo mutarla e purificarla. Avevo odiato realt dovevo amarli, sacrificarmi per loro, rengli uomini

derli simili

Altrimenti

a Dei. a che pr esser venuti sulla


:

terra

aver rinnegato crudamente il passato ? A O rifar tutto e ricominciar tutto e sublimar tutto con uno sforzo colossale d'amore e di volont s da rendere

che

fine

abitabile la realt anche ai pi delicati e pi grandi

oppure rinunciare a ogni cosa

dalle gioie istintive


brit

151

una mezza
cele-

della vegetazione alle soddisfazioni di

europea e americana. Tornava in me, anche pei l'azione, il pericoloso dilemma infantile o tutto o nulla.
:

Il

sapere solo non mi bastava pi

volevo agire.
:

Non mi
dere
le

contentava appieno

lo scrivere

volevo inci-

mie volont nelle cose e negli animi. Volevo uscire da codesta contemplazione senza fine da codesto sbattagliar di parole e di concetti morti da co;

desti fuochi artificiali d'ideologie effimere, di razzi pa-

radossali e di girandole fantastiche.

Ero stanco

di stare

a vedere, a commentare, a giudicare quel che gli altri fanno di criticare e disfare solamente. Il mondo pu;

ramente cerebrale, verbale e cartaceo in cui mi dibattevo mi si scopriva arido e senza speranza. Bisognava uscirne per qualche impresa pi vasta, pi feconda,
pi concreta.

Ma non
animale di

gi per cacciarmi nella vita primordiale e


tutti, negli affari soliti,

nelle faccende or-

dinarie, nell'azione che

semplicemente continuazione
il

e nella lotta eh' soltanto lotta per

pane, per

il

letto

per

quattrini, per la

donna

e per l'autorit. Volevo,

non umanamente agire come gli altri, Cjme tutti. C'era ben altro da fare e nessuno se ne dava pensiero. Vivere s, ma non la vita usata e sempre eguale agire, s, ma non per gli antichi scopi. H mio passaggio sulla terra doveva lasciare una traccia pi profonda d'una rivoluzione o d'un cataclisma. Volevo, insomma, che incominciasse con me, per opera mia, una nuova epoca della storia degli uomini. Inaugurare una nuova era, un periodo assolutamente distinto, un terzo regno. L'uomo era stato, nei tempi
agire
;

ma

152
primi, puro bruto, belva vegetativa.

Dopo

era salito

all'umanit

aveva costruito stnimenti,

s'era

impale-

dronito delle forze degli animali, del vento e del fuo-

co

aveva disciolto a poco a poco il pensiero dai gami della pura conservazione s'era illuminato e
;
;

su-

blimato nell'arte. !Ma


lui sotto

la

sua vita era ancor tutta lorda


;

di sopravvivenze animalesche
i

la

barbarie restava in

soprabiti del gentleman e le perfezioni della


;

vita meccanica

comuni della vita mangiar bene, godersi le donne pi belle, comandare ai pi deboli, rubare agli altri pi ch' possibile. Le gioie supreme e veramente superanimali del pensiero per il pensiero,
gli

scopi ultimi e

eran quelli

stessi dei

predoni antenati

del pensiero puro e disinteressato

della contempla-

zione 6 della creazione dell'arte eran di pochi e in quei


pochi, ridotte spesso a pochi momenti. L'umanit era

dunque

in

uno

stato di

mezzo
il

fra la belva e l'eroe,


il

tra Calibano e Ariele, tra

bestiale e

divino. Biso-

gnava strapparla da quell'ambiguit, da quella contaminazione. Uccidere, recidere, estirpare tutto quel che
c'era ancora di

sottumano nell'uomo per renderlo so-^ non pi uomo. Avvicinarlo a Dio, fame prumano la divinit vera, innumerevolmente vivente nello spirito e per lo spirito.

Qual' la parte pi alta, pi ultima, pi nobile e

pura dell'uomo

L'anima, Volendo agire sull'uomo in senso inalzante bisognava agire sull'anima. Soltanto
?

nella direzione spirituale possibile sperare in

biamento radicale di

rotta, in

un camun rivolgimento totale

degli esseri e dei valori.

La parte pi elevata d eli' uomo


spirito gi
il

1.53

l'unica guida verso l'altezza. Nella vita presente dello

seme,

il

principio della futura vita di-

vina dell'uomo.
.

La contemplazione

del filosofo, l'estasi

del mistico, la creazione del poeta

tutto quel che

allontana dalle umilianti necessit della conservazione


corporale, dallo schifoso gorgo degli interessi terrestri

nello
facolt e

spirito.

lo spirito duttile, malleabile,

perfettibile.

Riserba in so promesse indefinite e sor;

d segno di possedere il germe d'altre primo moto verso mirabili svolgimenti. Se qualcosa di nuovo e di grande uscir fuori nella vita dell'uomo uscir dallo spirito ; se vogliamo perfezioprese insperate
il

nare l'uomo bisogna render perftto lo spirito.


i

Tutti

valori sono in lui, e tutte le ragioni della vita esterna


i

e tutti
1

motivi degli

atti.

S'egh cambiasse ad un tratto


S'egli
si

tutta la vita
diversi, se

cambierebbe.

proponesse

fini

distruggesse in s alcune preferenze e ne

acquistasse altre, l'esistenza dell'umanit sarebbe sconvolta e rinnovata. Tutte le questioni


ciali,

nazionali,
l'

so-

moraU -^

sono, in fondo, nient'altro che que-

stioni d'anima, questioni spirituali.


si

Mutando
si

interno
il

muta

l'esterno

rinnovando l'anima

rinnova

mondo.

il

mondo andava assolutamente

addormentata, volgare, fisica, infernale mi nauseava sempre di pi. Volevo che gli altri sentissero anche loro questa naulenta, pesante,

vita degli uomini

rinnovato.

La

sea e trovassero la forza per uscirne per ridurre e rin-

negare la vita del corpo, la vita tradizionale, la vita barbara e selvaggia mascherata malamente (e resa
pi atroce) con ferro carbone ed elettricit.

154

Un'ultima ascensione era indispensabile. Il nuovo volume della storia universale doveva finalmente aprirsi. poi carne e L'uomo era stato dapprima tutto carne spirito insieme e ora doveva essere tutto spirito,

spirito solo.

Dopo

l'et ferina e l'et

umana

l'et

eroica, angelica e divina.

Dopo

1'

epoca della forza

l'epoca dell'ingegno a servizio della forza

e infine

l'epoca dell'ingegno liberato, della volont dominante,


della

mente padrona d'ogni


gli

forza.

Guidare

uomini verso questo regno, annunziare


:

questa nuova et, realizzare quest'epoca


vere eh' io m' imposi volontariamente.
sione era doppia
:

ecco

il

do-

La mia mis-

disgustare e allontanar gli uomini

dalla vita presente e preparare e render visibile la su-

soprumana vita ch'io presentivo e intravedevo con l'esasperata tensione dei massimi desideri. Ma in che modo ? Ed ero degno di mettermi a tanta impresa ? E sarei riuscito ? Ero io stesso cos pervaso e dominato dall'anima per avere il diritto di svegliare l'anime altrui e di imporre agli altri un'esistenza meno avviluppata nel brutto e nel male ? E se anche l'anima mia fosse stata netta, virtuosa debolezze avrei avuto l' intelletto abbastanza senza e grande e gagliardo per ispirare agli altri coll'arte la
periore e

volont dell'evasione necessaria dalla quotidianit incosciente,

e per condurre a

compimento

l'elevazione
?

di cento popoli verso la sfera del divino

Per dar principio


esser sicuro di

alla

mia missione dovevo

me

ripuUrmi e

grandificarmi giun:

io stesso

gere aUa perfezione morale e alla sublimit intellettuale

tramutarmi

in santo

ed

in genio

XXIII.
II

perfetto.

Ma come
jhe abbia
il

Ma non

c' proprio

nessuno tra voialtri


scoprirmi senza

cuore di venir qua in casa mia, in faccia

a me, e di parlarmi chiaramente e di

compassione e senza inzuccherature cosa son io ? Non c' nessuno che mi vogHa dire spietatamente, da vero amico, quel che ho fatto di male, quel che non ho fatto e avrei dovuto fare, i miei difetti, i miei vizi, i
miei delitti
?

Siete tutti ipocriti e vigliacchi


?

come

le

signore perbene di cinquant'anni

non dica
quel che
ciarvi vi

sul serio

Temete

eh' io

Avete paura che m'abbia a male di

mi

direte, e
la

romper

che invece di abbracciarvi e di batesta o vi butter fuori dell'uscio ?


!

Non avete mai visto la d'un uomo franco che dice la verit ? Io vi chiamo e invoco con tutta l'anima, con tutta la disgiaziata anima mia Ho bisogno di sapeie cosa ho
venite innanzi, perdio
faccia
!

Ma

commesso di brutto per pentirmene e per scontarlo ho bisogno in tutte le maniere di conoscere i miei difetti per sbarbarli, abbruciarli, disfarmene una volta per sempre. Non avete ancora capito cos' che mi agita e mi morde notte e giorno ?

Io voglio farmi

un'anima grande

voglio diven-


tare
Io

150

nobile, perfetto.

un uomo grande, un uomo puro,

so che devo viver questa volta sola e voglio viver

bene.

La

vita di tutti voi

mi

disgusta.

voglio esser

grande o ammazzarmi. Non c' nessun'altra scelta per uno come me. Ho bisogno d'esser pi in su di voi per
tirarvi ancora pi su. Ma per diventar grande bisogna rifare e tormentare e ripulire e ingigantire quest' anima sola che e' stata data non so da chi per

questi anni brevi di passaggio o d'esilio sulla terra.

Per

farsi

piccolezze
sudicerie
;

grande l'anima bisogna conoscerne tutte per farla pura bisogna vederne tutte
;

per

le
le

farla

animosa e forte tutte

le

paure

e le vilt.

Credete voi che abbia guardato poco me stesso ? V'immaginate ch'io non sia stato a spiare tutti i moti e i lampeggiamenti e i ritiri e i nascondigli e i tremiti e i palpiti pi nascosti dell'anima mia ? Eppure, meravigliatevi quanto volete e trattatemi pur di bugiardo non ho trovato niente, ca pite, non ho trovato niente che mi faccia schifo e disonore. Non sono stato buono, in tanti anni, ad avvenon dermi di un vero difetto, di un vizio dichiarato m' riuscito mai di fermarmi alla soglia di un atto e Non mi accaduto dire Questa una canagliata neppur una volta di sentir mormorare dentro di me il rimorso per qualche azione non compiuta o fatta male, o contraria a qualche legge degli uomini o d'Iddio. Ma ditemi almeno una volta la verit, in nome delle vostre mamme, ditemi s' mai possibile che si Sarei forse trovi sulla terra un uomo cos puro


un santo senza peccato,
macchia, l'uomo perfetto

157

pensatelo neppure
,

l'unico virtuoso, l'anima senza


?

Non

un
fra

momento:

impossibile, la cosa pi impossibile

le impossibili.

Anch'io di certo devo esser cattivo, su!

dicio, vigliacco, bugiardo, debole, fnto e senza cuore

Anch' io dicerto pecco settantasette volte ogni giorno

ho l'anima nera non fosse cos non


e

e puzzolente
sarei pi

cos perch sentirei ribollire

come una fogna. Se un uomo. Se non fosse continuamente in tutto


esser

me

questa voglia enorme di

grande,

di

avere

un'anima grande, un'anima bella ? No, amici, inutile tentarmi colle parolette all'orecchio. Non vi credo n vi creder mai. Pu darsi ch'io sia puro e perfetto per voialtri, per, questa losca morale di straccioni e di traditori, di vergognosi stanchi

e di maiali mascherati.
;

Ma non

per me, non per

me

son puro e grande non per te, o ideale indescrivibile della mia vita sono come vorrei essere e come devo
essere per avvicinarmi senza rossore alla morte.
Gli che nessuno

pu conoscere

s stesso

nes-

suno pu yedere con severit e dire con franchezza tutto quello che sente, pensa e fa. L'astuto amor proprio,

la fiubissima

vanit,
la

il

calcolatore interesse,

la

timorosa vergogna,
l

sfacciata

superbia son sempre

a nascondere, a velare, a coprire, a scusare, a giur stifcarc. Dev'esser per questo eh' io non m'accorgo
del marcio che porto in

me

e credo d'esser

il

cigno di

un'assurda perfezione.

Voi capite ora come mai ho bisogno di voi e perch non posso fare a

meno

della vostra severit. Gli


ahii vedono tutto
naturale malignit
pronta.
il

153

e'

male che
gli

in

un uomo

la

umana ha
alla
;

occhi acuti e la mente

Niente scappa

sua maledetta vigilanza.

Quel che non vede indovina quel che non pu indovinare intravede. Non da oggi gli uomini son lesti
a vedere
le

travi grosse negli occhi de' vicini.

Non

fate gli innocentini.

Qui non

si

tratta di sot-

terfugi o di complimenti. Voi vedete certamente

dcn

tro di me, vi schifite

forse
;

inorridito.

Ma

perch

non

nessuno che mi parli almeno uno, uno solo, che mi venga a dir tutto ? Vi ripeto che non son come odio le adulagli altri, io. Delle lodi me ne strafotto
e'
;

non posso soffrire i giri di parole. Avete forse paura ? Ma vi giuro che il primo che mi far accorto di un difetto diventer il mio salvatore, l'amico pi caro, il mio vero fratello. Forse l'anima mia troppo orrenda e vi manca il
zioni
;

fiato per dir forte la

sua bruttura ? Fatevi coraggio e Vi ricompenser come posso. Vi dar tutto parlate. ander a rubare per farvi dei quello che posseggo
;

regali

mi

strascicher nelle vostre case ,per servirvi

e adorarvi.
il male ? E allora siete male c', voi, estranei, dovete vederlo a prima vista. Aguzzate lo sguardo, fa-

Non

siete capaci di scoprire


il

orbi e imbecilli perch se

tevi pi maligni, seguiteni di soppiatto, interrogatemi

a bruciapelo

Fate pur cosa volete

ma

voglio in ogi

modo che mi
mia
vita e la

denunziate e accusate senza piet. La

mia morte,

la

mia grandezza

e la

mia

abiezione stanno nelle vostre mani.

159

quando non
Venite
Io
!

Cosa mormorate cost tra voialtri ? Lo so, lo so che non sapete far altro che dir male degli uomini in
segreto, caluimiarli sotto voce, e accusarli
ci

sono.

Ma

con

me

codesta infamia deve

finire.

alla luce

del sole,

parlate con tutta la voce

non
e

mi vergogno,

non scappo.
salire

Vogho
io.

essere

accusato

infamato per poter

Ma

forse....

dove so perdonatemi

se

vi offendo

ma

non volete svelarmi i miei vizi e i miei pec, cati perch non possa purificare il mio spirito, perch non mi sia dato giungere alla perfezione che
forse voi

aspetto.
Io

mi raccomando a
1

voi, uomini,

a voi

tutti, ami(?i

e nemici, abbiate piet di questo povero affamato di

grandezza

Non

gli

negate l'amarezza dell'accusa e la

durezza della condanna. Parlate senza ritegno, con-

Non vi fennate se mi vedete non vi commovete se mi vedete diventar bianco. Io mi ammazzer se non mi fate vedere quanto son peccatore e colpevole, se non mi dite subito quanto sono spregevole e miserabile. Io mi raccomando in ginocchio a tutti gli uomini della terra. Abbiate una
dannate ferocemente.
piangere,
sola volta
il

coraggio di dire in faccia la

verit

XXIV.

U ingegno.
Mi dicono questi uomini qui
dell'

ingegno, e credono di farmi

d' intorno, che ho un grande onore e


!

un grosso piacere, questi buoni figliuoli qualcuno che arriva fino a dire che ho molto ingegno, un grande ingegno e son quelli che credono d'amarmi di pi e
di esser pi vicini a

me.

Cari uomini,

vi ringrazio e
!

m' inchino davanti a


Fate e dite tutto quel
il

voi e che Dio ve ne renda merito

che potete fare e dire e vi riesce, perfino, di vincere

vo-

stro nuturale amor proprio e la mia screanzata rozzezza.

Ma non e' proprio nessuno tra di voi che s'accorga quanto mi offendete e amareggiate con questo ingegno ? Al diavolo, il vostro ingegno Che roba questa ?
" !

Credete proprio in coscienza eh' io mi possa contentare


d'essere

un uomo

d' ingegno,

un ragazzo

di belle spe-

ranze fino alla bara, im buon compagno spiritoso e che sa interessare la gente ? Per chi mi avete preso,
perdio
?

Ho

forse la faccia bigia e ridente di

un uomo

che

si

contenta di quel che hanno tutti ed fehce


dieci idee sulla lingua e cento franchi nel

quando ha

IDI
portafoglio
?

Non

vi

siete

accorti,

gazze del malau-

gurio, che r ingegno la

mercanzia pi comune che si trovi alle fiere degli uomini ? E poi specialmente in Ditemi un po', se vi riesce, chi non ha ingegno Italia
!

in questo felice paese, benedetto

portate davanti uno

lo

dagh dei ? Se me ne pago a peso d'argento. L' ingele

gno, imbecilli miei, corre

strade,

riempie

le

case,

inonda

hj^ri,

emana da
d*

tutte le bocche, rigurgita fin

Che ragazzo ingegno Peccato che non abbia voglia Quello un malfattore, un imbroghone, ma che ingegno Dice d'accordo. bestiaUt grosse grosse
!

dalle cantine.'

di far nulla.
l

delle

Ma non puoi negare che ha un Questi sono i discorsi, che


in Itaha, su tutti
i

beli'
si

ingegno.
i

sentono tutti

giorni,

marciapiedi, in tutte le case e in


si

tutte

le

trattorie

dove

ritrovano

cosiddetti intel-

lettuali.

Chi sa mettere insieme la balla tetta o la canzoncina con qualche cadenza simpatica e rime passabili'

ha ingegno.

Ha

ingegno chi sa dipingere

ha ingegno chi picdavanti a im Beethoven il pianoforte chia con garbo ha ingegno chi sa descrivere con sentimendi gesso hanno ingetale eleganza le stragi di un terremoto gno perfino gli scultori di marron d' india e di diletaltrui l' intelligenza tanti avveniristi che godono ma dando in fumo parallelamente le idee e i sigari
all'acquerello che paion veri

fioreUini

av.iui.
Pai-ini,

Un uomo

finito

ix

l62
Ve
gno
lo

domando
?

un' altra volta


quelli che
politici

fra noi

ingegno
dice che

Anche
i

anche

chi non ha ingenon fanno nulli hanno


:

anche

giornalisti....
:

Sia detto

dunque una volta per sempre chi mi ho ingegno mi offende. Chi mi dice che sono
d'

un uomo

ingegno mi addolora.
il

Io rinnego
nali in latrina.

vostro ingegno e lo metto coi gior:

Io vi parlo chiaro

per

me

l'

ingegno

non

altro che il grado subUme della mediocrit. L'ingegno quella tal forma superiore d'intelligenza che tutti possono capire, apprezzare ed amare. L' ingegno quella mescolanza saporita di facilit, di ricerca, di
spirito,

di

luogocomunismo rinfocchttato,

di filistei-

smo un

po' brillo che piace alle signore, ai professori,

agii avvocali,

agU uomini
e
terra,

di

mondo,
il

alle

sone colte, insomma a tutti quelli


mezzi, tra cielo
tra

che son

famose permezzi e

paradiso e l'inferno,

lontani egualmente dall' animalit profonda e dal genio

grande.

(Guarda cosa mi viene in mente


scano,
glio

Ingegno, in to-

non

significa soltanto intelligenza felice e

me-

anche quella speciale merlatura o insenaturjL di ferro che sta in fondo alle chiavi e che serve ad a prue. Questi due sensi non son vicini soltanto nel dizionario. L' ingegno quello che apre.
che mediocre,

ma

Coir ingegno s'entra in ogni luogo,


tutto e
si

si

capisce quasi

piace a molti.

il

passaporto della vita.

il

grimaldello universale delle borse e dei posti dove


si

ci

fa
1'

una
altro

posizione.

Uno ha ingegno per far belle cose ha ingegno per dar ad intendere che le sue

163
brutte cose

son

belle.

Son due ingegni

diversi

ma

guadagnano

tutti e due).

E
si

facciano pure. Guadagnino pure, godano pure,

divertano e divertano tutti questi uomini d' ingegno.

Io

non son

di loro e
:

non

ci

voglio esser in nessun

modo.
semvoglio

pre

inutile

per quanto faccia a

me

piacciono
vivi

gli

estremi.

In fatto

di

esseri

non

bene che agii animali o vegetali perfetti, a quelli che fanno onestamente il loro lavoro, senza capir di qua e di l nelle chiacchiere altro, senza svolare oppure al genio vero, all'anima e nelle ambizioni

grande,
di notte.

all'

eroe

gigante e solitario

come un monte

O un
gli altri,

contadino o Dante
fuori dai piedi gli

e via di mezzo tutti


d' ingegno, gli

uomini

uo!

mini

spiritosi, gli

uomini

abili e gli odiosi intellettuali

Cosa siete voialtri dinanzi a un villanaccio sporco che batte il grano per darvi da mangiare o davanti a un
poeta che spreme
fate

dall'anima sua

quelle

parole
?
1

fanno rabbrividire e pensare mille generazioni


?

che Cosa

Parole e parole, mistificazioni e balocchi

Per
glio,

me

la scelta gi fatta.

Non

potrei,

anche se

volessi, diventare

un

albero o uno zappaterra,

ma

vo-

disperatamente voglio, diventare im grand'uomo davvero diciamo addirittura la parola che fa paura

un genio

se

cadr a mezza strada senza esser quel

che voglio e spero, accetter volentieii il doloroso destino e pianger per conto mio e non puttanegger

con

quelli

che ho disprezzato, e morir

solo, in

un can-

tuccio del

mondo, come

il

bravo lupo di De Vigny.

i64
E
tali

non mi pentir

gioie

di nulla son sicuro che prover anche se non riesco che prover tali
:

gioie nel sentirmi l'anima pulita e tesa verso qualcosa di assurdo e di maestoso, che

non

sentir neppure
il

sassi delle strade e le risate di chi coltiva^

suo ortistesso, se

cino e lo crede

un mondo.

E
non
ste

non

ti

aver a male, o coraggioso

me

a])parirai stupido e ignorante parecchie volte. Il genio

fa lo spirito,

non
si

tira

su a biscottini

le

ideine

graziose,

non

tien dietro agli ultimi

numeri

delle rivi-

ed
Il

ai libri

che

vendono. No, no.

genio fanciullo e pazzo, ed genio perch ha

il

coraggio di esser fanciullesco e pazzesco e non pu

far a

meno

di far qualche volta la figura dell' igno-

rante e
e

dell' idiota, di

quello che

si

meraviglia di tutto

fa dei

discorsi

senza senso comune.

Ma vengono
ore meravigliose

soltanto al genio, o

me

stesso, quelle

nelle quali par che

Iddio parli per

bocca tua, nelle quali tutto luce, tutto s'apre, tutto limpido e armonioso come l'acqua di un bel fiume

il

quelle ore nelle quali l'anima diventa fuoco

fuoco, aria

come

l'aria,

amore come l'amore

quelle
il

come

ore nelle quah, per una misteriosa pazzia, tutto possibile e

tutto sacro e non sai pi dire qual'

mondo
mai
il

e qual' l'anima tua.

Non

sentite che scialbo e fiacco trastullo

vostro ingegno davanti a questi


di quelle ore, per
il

momenti

Per una
inge-

una

sola di quelle ore, darei tutto


il

mio ingegno, tutto gno di tutti i buffoni

vostro ingegno, tutto

l'

di tutta la terra e dopo, forse,

mi parrebbe

d'averte, rubata.

XXV.
Dies Irae.

Appelli disperati nel vuoto. Rivolti agli altri


detti a

ma

me

stesso. Sforzi, discipline, rimorsi. Intenzioni

sublimi affogate poi in quattro colonne d'articolo. Arsioni di purezza dimenticate a

un

tratto fra le bianche


il

cosce d'ima donna. Cavalcata verso


dia dei
cieli
;

sublime

invi-

amore
(salto
;

della

pericolosa avventura,
verso

del

grande tentativo

dell'uomo

un'altra
;

vita

rovesciamento dei Giovi la proal di l della vita messa del serpente finalmente mantenuta redenzione vera, senza la croce- e il sangue gi dalle mani bianche che benedissero) sogno taumaturgico vertiginoso, in;

vincibile

e la piccina e pia vita quotidiana


nella

nella
citt,

piccola stanza, nel piccolo caff,


tra
i

piccola

piccolissimi uomini.

Eppure lottavo. Lottavo fieramente, gagliardamente,


con tutte
le

speranze nel cuore, con tutte

le

volont

nel cervello.

cesi; far quello


tazioni

Avevo impegnato tutto me stesso. Esser o sparire. Mi dibattevo fra le ten-

verso

la

mediocrit

necessaria

cercavo

di

farmi attorno una solitudine spietata di spirito se non


(li

corpo

mi combattevo
le

mi punivo

mi educavo

al

dolore per

prove prossime e

terribili.

Sentivo la ne-

lOb
cessila di raccogliermi tutto, nell' intimo, nel pi pro-

fondo di me, in un silenzio che mi facesse ascoltare


soltanto
il

me

stesso

e nient'altro.

Dovevo

io

primo uomo della nuova umanit r esempio iniziale di una vita tutta

essere io

dovevo dar

interiore, tutta

indipendente dal corpo, dalla materia, dall'animalit.

Mi accorgevo di esser lontano dalla mta da me segnata e di non essere ancora lo spirito senza macchia n debolezza, predestinato ad accompagnar gli uomini nel gran passaggio al di l della vita presente. Ma non per questo mi scoravo. L'entusiasmo generato dalla stessa assurdit dell' impresa l'ardire che mi faceva
;

maggiori degli uomini pazza del trionfo lontano la superbia colossale di sentirmi strumento di una missione tanto insolita e tanto meravigliosa nell' immaginazione il
apparir miserabili tutti
i

fini

la certezza

bisogno assoluto di togliermi via da questa realt, da

questo mondo, da questa vita mnana,


nesto risveglio nella vita di
di

mi acciecavano

giorno per giorno nella mia corsa incontro al pi fu-

un mortale. Mi sembrava come un gigante invisibile che posasse un piede sulla cima di un monte e 1' altro
travalicar
sulla

terra

sopra un'altra cima, e saltasse

come una pozza,


e
si

e avesse

il

i mari verdi e solitari capo tra le stelle del cielo

scaldasse al sole
fascina.

come un povero

al focherello di

una

Propositi incredibili e visioni d'apocalisse

mi

tra-

versavano l'anima in quei tempi e la pi grande cacciava di nido via via la men grande con un crescendo parossista di

mana senza

freno.

TD7
Ma
Render
il

pensiero fisso era uno solo

sempre lo

stesso.

possibile, desiderabile,

prossima

la palingenesi

del genere

umano,

la trasfigurazione dell'uomo-bestia,

l'avvento universale dell'uomo-dio.

Ma

era necessario,

prima di tutto, che anche


il

gli

altri
il

cominciassero a

sentire quel che sentivo io, e che


rossore,
il

disprezzo, lo schifo,

terrore dell'ambigua e anfibia vita nostra

fosse in
all'arte.

tutti

quanti

come

in

me.

allora

pensai

Soltanto l'arte poteva fare

il

miracolo. Soltanto la

poesia avrebbe potuto rincrudelire la sensazione tre-

menda
l'

della vita com', tanto spesso


;

inconscienza dell'abitudine

e rinnovare

ammorzata dalgh spaventi

e rinfocolare tutte

le tristezze

e risvegliar la vergogna

e creare la pena dell'insopportabilit l dove pi

dolce la quiete dell'adattamento. I.e teorie


rano.
pi,

non opei

Le

teorie

non persuadon che


il

meno

e seccano

ma l'arte

viva, la poesia prepotente e afferrante (la

poesia poetica, con tutto

suo colore, la sua armonia

e la sua irrespingibile immediatezza) avrebbe piegato

uomini a specchiai si nel mar morto dell'esistenza e a ritrarsene inorriditi, subitamente presi dalla volont di fuggire, di essere altrimenti. Per Narciso lo specchiarsi nello stagno incorniciato di margherite fu cagione di morte per l'umeinit sarebbe
gli

umana

stato cagione di

L'opera di
quei
in

momenti minuta, episodica, confinata. Vivevo una atmosfera di grandezza, pensando cose grandi
:

nuova vita. poesia non poteva

essere

in

me,

in

anche

la poesia (per

quanto strumento

iniziale

di re-

168
denzione e niente pi) doveva esser grande, grandissiitia.

tela,

Grandissima almeno nel concepimento come quadro. Un poema cosmico, un

come
dramma

universale,

una scena

infinita.

Volgendomi addietro

nou vedevo che due libri degni d'attenzione nel senso mio la Divina Commedia e il Faust. Tutte e due ras:

segne gigantesche della vita e della storia


di qua. In Dante
il

il

di l e

il

mondo
;

sotterraneo e sopraceleste
il

per giudicare
lore e

il

terrestre

in Goethe

mondo
le

del mito

e della metafisica per giudicare quello della realt.

Amore

il

Su

il

Gi

Santi e

Madri
il

Doun

turbine che accompagna, fra cielo e terra,


di

viaggio

nn peccatore mortale

voglioso di salute.

Ma
sigliere

n quello del confrancofortese erano quel ch'io volevo. Le due


il

libro del priore fiorentino

leggende

della vita eterna,

della giovinezza eterna

non eran motivi bastanti per mettervi attorno tutta la vita di tutti gli uomini in tutti i suoi aspetti e mornenti. Ci voleva qualcosa di pi. Di pi grande, di pi grande ancora. C'era nel cristianesimo un altro mito che faceva meglio al caso mio il giudizio universale. E disegnai allora nella mente e sulla carta l'unica trail Dies Irae, il gedia consentita alla mia demenza
: :

giorno
oella

dell' ira, dello

spavento, dello stridor dei denti,


e dell'ultimo

condanna ultima del primo


il

uomo.

Quando
come un
nelle

sole fu

bianco come la luna nel cielo che


la terra si dissecc
si

sembrava pi vasto e pi nero e


caverne
si

frutto dimenticato, gli uomini


e
nelle

nascosero

catacombe,

pi vicini ai loro

morti, e

strinsero assieme

come

le

pecore all'appressar

169
dell'

inverno.

La primavera torn

non dette pi
;

fiori

l'ultimo usignuolo mor nel suo nido solitario

bovi,

stanchi del millenario lavoro,

non furon che ossa bian;

che distese a riposo nei campi deserti


pietra, di

e le citt di

marmo

e di ferro

si

disfecero

a'

poco a poco

nell'abbandono

delle

tenebre silenziose.

non volle lasciare il cielo. Tutti avevan rinnegato da gran tempo la superstizione palestinese che prese il nome da Cristo ma
soltanto
i

Un uomo

suoi fratelli

egli solo

credeva ancora. L'ultimo cristiano aspettava


i

sopra un'altura

segni promessi dai libri prima della


e

gran

fine.

Ed

ecco che la sua fede vinceva


si

l'Apoocchi

calisse

di

Giovanni

svolgeva sotto

suoi

stanchi di vegliatore. I cavalli neri scalpitavano attra-

verso la terra devastata


tro al cielo e

mari spingevan l'acque con-

lambivano

le

montagne

cieli

finalmente

s'aprivano e dalle ferite della nera volta piovevan gi


rapide e innumerevoli saette quasi a sommergere
tinenti rimasti in
i

con-

un

diluvio di fuoco. Allora,

quando

segni sembraron certi, l'ultimo cristiano scese nei sot-

ad annunziare la fine ai fratelli. 11 giorno temuto giunto. Il libro non mentiva. Davide e Sibilla erano stati testimoni veraci. Bisognava prepaterranei
rarsi

a morire.

H
.

giudizio era vicino

ecco la vigilia

del d dell' ira

Ma

gli

uomini non volevan morire

non volevan
Il

credere alla morte, alla fine, al giudizio.

cristiano

gridava troppo forte. Nessuna voleva ascoltarlo ma le sue parole turbavano ogni cuore. E allora alcuni si ri-

cordarono che

il

Dio di costui mor

crocifisso

per

170
derisione a quella sua fede anch'egli fu inchiodato sopra

una croce
gli

di legno
le

perch tacesse. Mntre

il

ferro

mani e il sangue colava a goccie pesanti e il torace nudo sobbalzava nell'agonia egli annunzi ancora una volta la certa fine, l' imminente fine. Quando la morte gli serr la bocca tutti gli uomini
squarciava
si

sentirono liberati e

felici

e l'orgia della gioia

si

di-

sfren laggi sotto e l'ultimo giorno fu

come un

in-

ferno di cattivi piaceri.


sotto
col
i

Ma
; ;

bentosto
le

si

spalancarono
sotterranei

loro piedi gli abissi


di

montagne precipitarono
le

fragore

mille

tuoni

volte

dei

crollarono e tutta la terra


vita e

non fu che un carnaio senza


superstiti.

uno sterminato cimitero senza

Tutto tacque. Vi fu qualche ora (o secolo ?) di silenzio come prima. Il sepolcro rotondo girava nel nulla colla pace dei suoi ossari. Tutte le voci tacevano tutti i problemi erano sciolti e i morti potevano finalmente riposare perch nessuno viveva accanto a loro nessuno

li

ricordava,

li

piangeva,

li

rimpiangeva.

Ma
bili

ecco ad un tratto le trombe

della resurrezione.

giche, le

le trombe terriLe trombe acute, le trombe matrombe immaginabili le trombe dal clangore
:

cos forte, cos penetrante, cos profondo, cos imperai morti che dormono da mille e diecimila anni. Le trombe celesti, suonate non si sa da quali bocche, potenti come la pi dolce

tivo

da svegliare

morti

anche

parola di Cristo

cos energiche, instancabili, insistenti

da
ai

far

tremare

le

ossa nascoste sotto la terra e in fondo

mari, da far tornare la carne attorno agli scheletri,

i/x
da ridare
Ecco
la vita,
il

respiro,

il

moto

a tutto lo stermi-

nato esercito de' morti.


la valle di Giosaffatte,

grande come

il

mondo,

aperta da
queste

un mare
di

all'altro

coperta, piena, riboccante

di tutta questa

umanit
questi

risorta, di questi uomini, di

donne,

vecchi,

di

questi

bambini

d'ogni paese, d'ogni colore, d'ogni et, d'ogni tempo,

che son tutti

fratelli e

nacquero tutti sulla medesima

stella e si ritrovano

ora per la prima volta

e gri-

dano e temono e aspettano. I pi non sanno perch son

li

e chiedono e

non
si

si

capiscono. V' chi piange in disparte e v' chi

na-

sconde la faccia per non vedere. Qualcuno


si

si

ritrova,

riconosce,

si

rammenta. Cominciano

colloqui

primi veri colloqui degli uomini.


I desideri del

sogno vengono esauditi. Cesare pu


;

parlare

con
i

Alessandro

Dante abbraccia
le

Virgilio
i

Carlo
dati
;

V
;

interroga Salomone. I soldati ritrovano


re stanno coi re
;

sol-

donne belle cogli amanti perduti i contadini che nacquero e morirono soli sulle montagne si restringono insieme e si fanno il
segno della croce.
Tutti finalmente seppero perch erano stati ridesti
e seppero quel che gli attendeva. I veri cristiani esul-

tavano. Avrebbero visto finalmente


der dalle nubi del
cielo per

il

loro Cristo scen-

condannare e premiare.
;

Gi cominciavano qua e
le

l le discolpe e le preghiere
le

invocazioni di piet,

disperate

domande
il

dell'ul-

timo perdono. Qualcuno trovava ancora


di minacciare gli dei assenti. Certuni dissero

coraggio

che questa

172
-ti.

kermesse postuma era l'ultimo dispetto del destino prima deirannientamento vero. Vi fu chi propose di
costruir case e

nominare un governo

e furon visti

uomini e donne abbracciati assieme gi in tena per dimenticare il terrore di quella peccaminosa stretta. Nessuno si capiva nessuno capiva pi l'altro. Ogni
;

momento una voce


cos insopportabile
feti

s'alzava tentando di farsi udire


il

altre mille voci rispondevano e

tumulto

si

faceva
I

da persuader
i

tutti al silenzio.
;

pro-

cercavano ancora di fare

loro affari

ve n'era uno

salito

sopra un'altura che predicava concitatamente

senza smettere, senza che nessuno l'ascoltasse.

Poi furon tutti stanchi.

giudizio

non cominciava.

aspettarono in silenzio, lunghe ore, lunghi giorni

forse anni.

nessuno venne.

allora tutti insieme

gridarono

cristo!

CRISTO!

CRISTO!
uomini
a spesoffrire,

La voce unica

di tutta l'umanit, di tutti gli

ch'erano stati sulla terra ad amare, a


rare, si alz contro
il

cielo

come una

sfida.

essere giudicati

l'incertezza dell'attesa

Volevano era pi pau-

rosa e dolorosa di un' inferno.

Un
rire

povero disse

la vita dei poveri e chiese di


;

ancora ima volta

poeta la vita dei poeti


rai
;

una

prostituta la

un re disse la vita dei re un operaio la vita degli opevita delle prostitute un ma;
;

moun

rinaio la vita dei marinai. Gli schiavi egiziani,

con-

tadini cinesi,
i

guerrieri d'America,

legionari di

Roma,

minatori d' Inghilterra dissero la loro vita e ognuno

chiese piet;

ognuno chiese

di

morire un' altra volta

173
colpevole

Chi di loro era stato felice? Chi di loro era stato La vita non aveva mai dato a nessuno ?

e i pi eran rimasti Dio aveva parlato soltanto agli eletti. Chi li aveva fatti cos ? E cos'era questa commedia della resurrezione ? Se non pronta una vita assai meglio" la morte pi bella meglio la morte

quel che ciascuno aveva chiesto

air oscuro di tutto.

dopo

le

supplicazioni di quei miliardi d' infelici

torn su tutti

il silenzio. Anche i cristiani titubavano. non appariva trionfante, in mezzo al cielo spalancato, sul trono di fuoco, circondato dagh angioli e dai santi, come nelle pitture dei frati antichi ? Ma finalmente, sopra la moltitudine muta, si ud una voce che disse Cristo non in cielo. Cristo fra voi umile e solo. Anch'egli fu un uomo, anch'egli fu colpevole, anch'egli aspetta d'esser giudicato. Che l'uomo giudichi l'uomo e che ognuno abbia quel che aspet-

Perch Cristo

t. Quelli

che credettero nel paradiso saranno beati e

quelli che

crederanno soltanto
!

alla

morte torneranno

cenere e polvere

ancora una volta

gli

uomini riposarono

per

sempre.

Quante cose mi sfuggono, oggi

Com'

ridicolo, ora,

questo ricordo mutilato d'una tragedia per la prima


volta assolutamente tragica. Altro che Faust
dialoghi, centomila scene

e tutta
La

Mille
i

la vita

con tutti

suoi personaggi millenari.

storia universale trasfor-

mata
l'

in

dramma

l'

infernale tragedia, la divina

comal-

media condotte a compimento e ingigantite


impossibile.

fino

174
Io sognavo di rappresentarla sopra

come un
rio,

deserto, con delle vere

e che le

un teatro grande montagne per scenaparole suonassero tremende come quelle

di Dante, e le figure sembrassero di Michclangiolo e


la

musica fosse pi divina di quella di Wagner. Avrei il mare per orchestra il vento come respiro razze intere per cori e una lingua nuova, formidabile, perfetta e chiara, dove tutti i nostri suoni si ritrovassero, dal mugolo d'un poppante fino al rombo solenne urli di delle cascate. Gemiti da commuovere i cieli
voluto
;

nazioni inginocchiate
gibile silenzio
!

il

silenzio,

il

vero,

l'

irraggiun-

uomini avrebbero dovuto tremare leggendo, vedendo, ascoltando l'opera mia e avrebbero dovuto
Tutti
gli
;

riconoscere
vita, tutto

l,

in quell'ultima finzione,
il

il

bene e tutto

male

tutta la loro
la corsa
(il

senza

resurrezione verso quell'ultimo istante


l'

giorno del-

ira)

dove tutto sarebbe stato giudicato


sotto il cielo disabitato.

da loro

stessi,

E
nuova

dallo spavento di questa rappresentazione

mo-

struosa avrebbe dovuto nascere la necessit di una


vita

della vita

promessa da me.

XXVI.

Fare?
Filosofia
!

Desiderio e speranza d'una certezza


difficili
;

ri-

posatrice

porta santa delle verit

filtro

di

ascetico entusiasmo nelle tebaidi spopolate dei siste-

mi dolcezza superba di una vita mancata succedaneo dionisiaco della normale empira, delle gioie fisiolo; ;

giche,

delle
!

distrazioni

(consolazioni

?)

a pagamento.
;

Filosofia

Simpatia della fanciullezza


;

l'adolescenza
cre scritture
pregliiere
;

passione della

amore delgiovent. Fede senza sa;

eppure pi cara,
!

culto senza cerimonie

adorazione senza

pi vicina al mio cuore

di tutte le religioni

Pensiero astratto,
;

nudo come
e,

capolavori de' geni primi


fetta

idea pi armoniosa

per-

d'ogni

creatura

concetto

immacolato e lineare
la

come un disegno creatore sopra


l'essere.

tela intatta

del-

vivi

Mondi aladinici di fantasmi pi vivi dei ombre pi sireniche dei corpi di parole pi polpute delle cose di formule pi infiammanti di una
Filosofia
;
!

di

strofe

Io ti conobbi, ti amai, ti violentai.

Tu

fosti
;

il

ban-

chetto senza fine della

mia

vita astemia

la

febbre

176
della

mia troppa salute; l'inno indimenticabile


Teorie,
!

della

mia
vello

aridezza di cuore. Cervello, cervello, tutto cer!

principi,

dialettiche,
;

nient 'altro
sistemi
;

che

astrattezze

Vissi di sistemi
;

vissi

mi nuil

tricai di metafisiche

sognai metafisiche.

Le selve delle pii aspre ideologie furono e non c'era neanche una fogUa verde !> eden

mio
sole

11

abbarbagliatore della celeste unit piombava sul mio

capo gi caldo di sangue e


i

ragionamenti

feriva

chiudeva a forza di luce. In quelle solitudini tutte pruni e stecchi conobbi anch'io, come gli anacoreti, le tentazioni carnose delle
miei occhi abbacinati e
li

bellezze sensibili e terrestri.

Le donne mi guardavano
;

coi loro occhi neri, grandi, aperti e fissi

e sulle rive

soleggiate dei mari le gialle arancie di

Goethe dondolasale

vano
nit.

nella brezza tutta

impregnata di
ti fui

e d'infi-

giorni

e tante notti
i

per lunghi anni (tanti anni, tanti mesi, tanti


!)

fedele

come un

cavaliere

di chanson de geste e

non ebbi
;

In tutti

libri ti cercai
ti

Dio al tuo cospetto. in tutte le forme ti venerai


altro
;

da ogni parola
ne' piccoli

estrassi

nei grandi

ti

conquistai

scoperta

Grandi feste dello spirito per ogni lotte lunghe corpo a corpo per ogni imposti difesi.
;

sessamento di verit

nottate di delirio meditabondo


!

per ogni illuminazione

te, filosofia,
1'
;

debbo tutto

la

bramosia dei mondi


;

purificati

estasi

delle ascensioni .nell' intelligibile


;

l'esercizio della

distruzione

il

senso della mia supeIo fui tutto tuo e

riorit sugli

uomini della strada.

tu fosti tutto per me.


Eppure venne
che
sei
:

-^77

in cui

il

momento

mi

apparisti quel
;

cabala affannosa di segni attorno al nulla


corsa ironica verso la distruzione di te stessa.
ti

ordine vano e cangevole sulla diversit irruente e tra-

boccante

Ed
tradii.

io ti ripudiai,

disprezzai, ti licenziai

ti

Per quel eh' io volevo fare non eri che un ostache promettesti non mantenevi. Di quel Quel colo. che mantenevi non sapevo che fare. Io cercavo l'azione,
il

fare,

il

la realt del

mutare domani
inutile,

la realt d'oggi in divenire verso

tu non mi davi che la con-

templazione
brilit

la

quiete degli assoluti o la feb-

faticosa

delle

galoppate impazienti verso una

mta senza sfondo. La filosofa era stata conoscenza (contemplazione)


e ricerca dell'universale (unit).
Jo volevo invece azione

(mutamento, creazione)
:

perci la realt
ticolare).

(realt

immediata, concreta
al

il

par-

Rovesciavo dal tutto


;

nulla

il

concetto

millenario della filosofia

tagliavo la tradizione e tor-

navo

alla prefilosofia.

E credevo,

alla filosofia dei

filosofi.

di trasformazione di struproblema di strumenti menti. Ogni filosofo s'era curato soltanto di trovare

con questo, di far bene Ogni problema, per me, era

nuove soluzioni dei problemi


luzioni, le vecchie e le recenti,

antichi,

ma

tutte le so-

erano partite dalle mede-

cadendo insomma, prodotti, di ne' medesimi paralogismi, strutture mentali somigliantissime. Era inutile prosesime premesse, rispettando
le

medesime

leggi,

guire ancora dell'altro su quelle strade troppo battute.

Un'esperienza continuata per secoli


P

ci

avvertiva

coll^

Un uomo

finito

la

vanit e vacuit dei

resultati
^
178
I

che

non

c'era pi

nulla da fare e da sperare,


bolario,
i

miglioramenti del vocadi terminologia erano


le

ritocchi ai metodi, le riforme parziali della


logica,
i

macchina

cambiamenti
di

espedienti mediocri

gente che non sa lasciare


i

strade regie dei padri. Per cambiare

prodotti,

per

avere

il

diritto di sperare in

qualche verit definitiva,

per ottenere un resultato che fosse veramente e radi-

calmente diverso dai


risoluzione difficile

soliti,

ma
gli

era necessario prendere la

unica

di ricominciare

da
i

un'altra parte.

La
;
;

filosofia

una costruzione
filosofia
i

tirata

su con strumenti
cervelli dei filosofi

strumenti della

sono

per migliorarne
;

prodotti

bisogna
la filo-

migliorare gli strumenti


sofia

dunque per migliorare


i

bisogna migliorare
le

cervelli dei filosofi.

Bisogna

cambiare
Cio
:

anime.

fare qualche cosa, agire, trasformare

non

gi soltanto conoscere, descrivere, contemplare. pochissimi) hamio pensato I filosofi (e non tutti
:

a mutare uno solo degli strumenti il linguaggio, e non hanno pensato al pi importante di tutti all'anima loro.
: :

Lo

stesso principio poteva adottarsi in morale.


le

che pr moltiplicare
perativi

quando poi

gli

norme, uomini
i

comandamenti,
si

gli

im-

strafottevano delle
essere
le

lungagnate etiche e seguitavano ad


canaglie di prima, forse
crite
?

stesse

meno
di

feroci

ma
i

certo pi ipogusti,
i

Trovate

il

modo

cambiare

valori

interni delle

anime
Mutate

e le azioni virtuose ne sgorgheranno

naturalmente, senza bisogno di prediche, di consigli e


di regole
!

la personalit loro,

direttamente,

efficacemente, e ogni pi quintessenziato sistema etico

Fate che gli uomini virtuosi spontaneamente invece di annoiarli divengano


diventer suU' istante superfluo
colle dissertazioni sulla
!

virt

Anche per questa strada tornavo dunque


sogno
fisso

al

mio
gli

di rivoluzionario spirituale
le

cambiare

uomini, cambiare

menti.

Ma non
le cose.

volevo soltanto

cambiare
gli

gli spiriti

bens anche

Anzi

cambiare

spiriti

perch potessero

pi

e pi rapidamente

cambiare
i

le cose.

Ma

per cambiarle
;

nomi

scritti nei libri


;

non basta avere non basta averle classificate e

genealogizzate
rali e le idee

non basta averle ridotte a idee genei

generaU in concetti universali e aver fordiversi gruppi dei con-

mulati
cetti.

rapporti di causa tra

Non

basta averle messe nelle vetrine e averne


(inviola-

scritto sul frontone d'ogni vetrina l'articolo


bile ?)

della legge. Per

mutare

la realt
le

non basta

co-

noscerla dal di fuori attraverso


letto ragionante e
i

forme

dell' intel-

simboli del dizionario.


inserirsi in essa,

Occorre entrarci dentro,


parte di
lei,

diventar
della

atomo

della sua massa,

momento

sua durata, scintilla della sua fiamma, gocciola della

sua corrente.
Occorre entrare in contatto con tutti
(anche
i
i

suoi aspetti
visibili)
;

pi nascosti,

pi transitori,
;

meno

abbandonarsi al suo corperdersi nella sua immensit so farsi realt viva nella viva dealt. Non gi restare al suo cospetto come
;

fondere nella sua pienezza

un meccanismo cerebrale, come una lente come un nomenclatore e un misuratore ma

reticolata,

buttarcisi

sentro a capofitto e farsi penetrare da

lei

e penetrarla

dentirne in noi

il

suo etemo multicolore, multisuono,


accordarlo col pulsare del nostro
s

multisapore

fluire,

sangue, col battito del nostro cuore. Far

ch'essa di-

venti tutta di noi e che noi diventiamo tutti quanii


di
lei.

Nessuno aspira
simazione.

tende a questa mistica immedeanch'essi,

Neppure

gli

artisti

p)er

quanto

espri-

mano

il

particolare, scelgono, scartano, impoveriscono.


lati delle

Vi son attimi e

cose che nessun vede, che

arrampicamento acrobatico Questo paziente scovamento del concreto particolare dovrebbero fare i filosofi piuttosto che gingillarsi ancora coi giuochi
nessuno cerca
verso
le
:

altro che

vuote unit dei monismi

froebeliani delle definizioni a priori e delle architetture

simmetriche.
nio del

Questo sarebbe l'avviamento

al

domi-

mondo.
di separarsi dal reale,
si

Quando l'uomo, invece


qualcosa a s che
nel reale in
rella
lo

come
e so-

giudica e lo misura,
sentir fratello ogni
il

disfacesse

modo da

atomo

ogni apparenza, allora

corpo limitato dell'uo;

mo

sparirebbe nel corpo smisurato dell'universo


il

il

macrocosmo, e ogni parte del mondo sarebbe come una parte della e come la volont muove a suo piacere sua persona ogni membro della persona potrebbe allora muovere ogni elemento del mondo. Da questo fermento d'idee nacque in me quella specie di filosofia che fu detta pragmatismo e che in

microcosmo sarebbe effettualmente

tKl
altri

ebbe origini e caratteri del tutto


feci lega coi
le

differenti. Ci^

nonostante
dere

pragmatisti e mi detti a diffondottrina. In

verit della
;

nuova

me

essa,

fu

un
lie-

misticismo magico
zionale.

negli altri

una metodica precau-

Fummo
gettato

confusi tutti assieme


nelle

ma

qualche

vito

fu

pacifiche

madie

delle

dottrine

conservatrici e tradizionaliste.

Uomo

di teoria

non potevo dimenticare

teorici,

loro

specialmente mi rivolgevo nel mio pensiero


sensibili

per averli compagni nella grand' opera. Coll'arte avrei


svegliati di soprassalto
i
;

eolla teoria volevo

preparare e trascinare gl'intellettuali.


fine

Per un tanto
;

nessuno poteva esser lasciato in disparte

avrei dovuto disprezzare.

magine e
gli istinti

il

nessuno mito e F intuizione l' imconcetto dovevan servirmi. Tutte le forme

dello spirito per la sollevazione dello spirito

tutti

poteri degli uomini per la creazione del-

l'uomo nuovo.

XXVIl.
Vetso
il

nuovo mondo.
legislatore, a postolo e

Capo

di

una

filosofia

mas-

simo rappresentante di una


ne, del fare,

filosofia. Filosofia dell'azio-

e rifare e trasformare e creare.


a'

Non
le

pi perder tempo dietro strade senza riuscita e fra


tici visionari.

problemi insolvibiU, per


Sapere

le reti e le tagliole dei dialet-

Vero
i

=^-

utile.

= fare.

rit incerte sceglier quella

che pi inalza

vita e ci promette

premi pi duraturi.

Fra pi vetono della quel che non


il

vero ancora e desideriamo che sia vero

si

far

di-

ventar tale

colla forza della fede.


di arditezza,

Vangelo di forza, vangelo


tico, ottimistico e

vangelo pra:

americano.
:

Non

pi paura

osare e
teorico

saltare.

Non

pi dubbio

ogni gi'osso foglio

ha da

esser cambiabile nella

moneta

spicciola di fatti
le
i

particolari, di resultati desiderabili.

Via
ci

metafisiche
secchi con-

e benvenute le religioni

Quelle ci danno
:

tomi concettuali

del

mondo

queste

offrono le pro-

spettive calde e riconfortanti di vite che


esser interrotte, di valori che

non possono

Che farcene
conoscere e

non possono esser negati. una conoscenza che non fa neppur che per giunta non entra neppur di straforo
di

nella vita nostra


ri

i83

la

cambia d'un ette

Noi vogliamo

la teoria-strumento,
striale, lo

l'idea

martello, la filosofa induspirito.

sfruttamento pratico dello


cos, in

Presa

tono un po'

vere, questa scuola

m'

ispirava.

la svolsi, la feci popolare, la

ed esagerata a dopresi sotto di me, imposi agli altri, ne scrissi


lirico,

La

in gran furia apologie e riassunti.

Ma non mi

bastava, non era ancora abbastanza

mia. Bisognava tirarla fuori da quel piede di casa an-

trascinarla su per
grande o gettarla.
Presi

glosassone, da quel pietismo di missionari in borghese


i

cieli dell'assiurdo

farne

una cosa

dunque

la

parte

che suggeriva di pi
vere, per

quella che insegnava


fede,
le

come render

mezzo

della

credenze non rispondenti alla realt perch


?

restringere questa azione alle credenze


solo la verit di certe fedi
?

Perch creare

Lo

spirito

drone di tutto
aver pi
in certo
limiti.

la

potenza della
la

doveva esser pavolont non doveva

Come
i

conoscenza scientifica creava,

modo,

fatti,

e la volont di credere creava

la verit, cos lo spirito

doveva agire

sul tutto, creare

e trasformare a piacimento, senza intermediari. Finora,

per agire sulle cose esterne, abbiamo bisogno


cose esterne,

di

altre

come strumenti,

e la nostra

m^te

deve

comandare ai nostri muscoli, e questi debbon metter in moto altre parti di realt m.ateriale per potere muovere o mutare quelle realt cui miriamo. Invece io volevo che lo spirito potesse far tutto da s, col solo suo comando, senza niente framezzo. Anche lo spirito, pensavo, una forza della natura e la pi nobile e per-

t84
fetta e raffinata. Perch

no

la pi

potente

Basta in-

tenderla e dirigerla.

Come

noi possiamo agire di gi

direttamente su certe parti di realt


parte di noi o pi direttamente
si

quelle che fanno

avremo

riferiscono a noi

dobbiamo
si

agire

su tutta la realt, su tutta quanta

senza eccezione. Studio ed esercizio bastano; pur che


voglia e
il

si

speri e

si

cerchi.

se

vittoria

tutto

mondo

sar nostro e sar sostanza plastica e

mimeggiabile pel nostro volere e la parola del


serpente sar avverata
:

Esser Dio

Tutti

gli

Voi sarete simili agli uomini Dei Ecco il


!

primo Dei sogno


I

grande, l'impresa impossibile,

lo misi

come programma
:

a me stesso e
sogno

il

fine

superbo cercato
agli

altri.

Imitazione d' Iddio


per giungere
:

onnisapienza e onnipotenza. Via


perfezionato, ingigantito, con

lo

spirito

nuove qualit
Grande,
l'avvicinarsi.

e facolt.
il

grandissimo

ma non
profeti e

disperato

Qual uomo
?

si

propose diventar Dio con


s,

deliberata volont

Ciarlatani

taumatur-

ghi

Dei

divinit

ma Dei no. Alcuni di costoro furon creduti ma dopo e dagli altri. Non fu loro scopo la ma effetto della fede circostante e sopravve-

niente. Imperatori di tero Dei

ma credevano gi
no
:

Roma,

pazzi tranquilli
di esserlo

si si

credet-

non

propo-

nevano
\'^i

di giungerci. Io

cercavo di esser Dio, rico-

noscevo d'esser lontano ancora.


fu chi
asceti,
si

stici,

santi

propose di confondersi in Dio -^ ma di rientrare in Dio,


di un' infinita divinit

i-

come

parte, gocciola,

atomo

che tutti

i8=;

genera e raccoglie,
suo respiro.

emette e riassorbe

col

ritmo

(lei

non volevo esser parte ma far che tutto fosse parte


di

Ma

io

non volevo

esser parte bens tutto io stesso

me, ogni cosa obbediente a me, come re


le stelle e
i

gne e
e

mondi

fossero

membra

obbedienti. Io

le montamio corpo, non credevo a Dio. Dio non

membra

del

esisteva

per
il

me

ora n era esistito

innanzi.

Volevo

crearlo per

futuro e far di me,

uomo

debole e mise-

rabile, l'essere

supremo, sovrano, ricchissimo e possente.

Su questa mia aspettazione e preparazione dell'Uomo Dio pensai di fondare mia religione. Dove ? Non gi nella vecchia Europa povera e rintimidita dalle crostose civilt. In America, nella vasta America settentrionale, dalle indefinite possibilit, dove ogni nuovo ben accetto, dove ogni credo tr( va un tempio e ogni Mos un capitale. Avevo trovato un compagno degno di me, pazzo come me, determinato ad accompagnarmi
e a spartire

con

me

insulti e trionfi.
:

S'era pensato a tutto

a imparar bene
di

l'

inglese,

studiare

le

condizioni dell'America e al denaro per inS' era

cominciare.

fissato

preparai si
il

per qualche

anno, in solitudine, studiando


tenza dell'anima
stra volont, scoprendo
diretta,

sperimentando,
i

problema della porafforzando la no-

segreti dell'azione spirituale

in

modo da

esser pronti a offrire miracoli e

prodigi se gli uomini di laggii, duri


creduli

come

Pietro e in-

era

come Tommaso, ce stabilito anche il nome


:

li

avessero chiesti. Tutto

della

nuova

chiesa,

anche

i86
i

punti del meraviglioso e magico credo. Noi due


poveri e
filosofi,

ita-

liani,

saremmo andati

laggi, soli e
il

spavaldi, a offrire a tutti l'onnipotenza, la ricchezza,


prestigio, la salute, l'eternit, tutto quello

che

gli

uo-

mini desiderano e bramano con maggiore avidit ed insistenza. Noi due soli, attraverso il mare, a trasfor-

mare quella

terra gi scoperta

da un italiano ostinato
tornati verso l'Eu-

e senza scrupoli.

di l

saremmo

roi)a, seguiti dalle migliaia dei fedeli, colla gloria

aureo-

la ite
dii

intorno alle teste, e colla certezza di poter sfidare


gli altri

questa scheggia di materia tutti

mondi

sot-

tomessi alla nostra volont.

XXVIII.
La
Ora
i

conquista della divinit.

sistemi

che

1'

ingegno e

la

bont

n
come

la

poesia n

non bastavano.
io

Prina di attraversare l'Atlantico

nuovo regno mente essere

dovevo

essere

profeta del

realmente, effettiva-

quel che nella lunga vigilia avevo


altri
:

sognato per me, aveva proposto agli

un
!)

santo,

una guida, un semidio.

Non

et pi

il

momento

(gi

troppo lento

dei pro-

ponimenti, vagheggiamenti, promesse, speranze

pro-

grommi.

Come
teri ?

si

poteva concepire un santo senza miracoli,


di fede senz^i prestigio,

un fondatore

un Dio enza po-

Se l'unica ragione della vita era, per me, quella

e soltanto quella,
la
il

conclusione.
bigio bozzolo,

non potevo ritardare l'adempimento e I^ farfalla angelica doveva rompere


il

frutto

doveva maturarsi dopo

la

leggera
gliare
i

prodigalit di

fiori.

Romper

gli

indugi
;

tail

ponti

mutar

vita, carattere,

anima

mettere

suggello del fatto alla preghiera prolissa delle intenzioni.

Non potevo
Dovevo

illudermi di far tutto da me, dal nulla.


il

rientrare anch' io, con

mio altezzoso

spre-

go per
il

i8S

passato, in

una qualche tradizione

affidarmi

agli altrui insegnamenti, approfittare delle vecchie espe-

rienze.

ISIii da quale parte voltarsi con maggiore speranza di soccorso ?

all'

mio scopo immediato era uno il potere della mia volont spirito potesse comandare a uomini
Il

solo
;

accrescere

infinito

far s

che

il

mio

e cose senza bi-

sogno di atti esterni. Cio


I santi e
\\n po' l'altro
i
:

far miracoli. Null'altro.

maghi
i

(o quelli
i

ch'erano

un

po' l'uno e

profeti ebrei,

fachiri indiani) pretenI

devano d'aver fatto miracoli.


quasi senza volere
forze estranee.
bili
;

primi senza cercare,


ri-

gli altri

sottoponendosi a una

gorosa disciplina e sorretti da segrete dottrine e da

Ma

i il

miracoli,

insomma, erano

possi-

e v'era gi

principio d'un'arte del miracolo.


;

Un

principio,

un accenno, un rudimento
quest'arte,

era necessaregole sicure

rio costituirla,

ritrovarne

le

e applicarla.

Anche se quelli che gli storici dei beati e maga chiaman miracoli non son veri e i propri miracoU nel senso rigoroso e filosofico della parola a me non importava. Erano fatti straordinari esempi di poteri non comuni manifestazioni di volont insolite, di uomini dotati di quaHt divine mi bastava. Stud iando questi uomini, penetrando nella loro vita,
teorici della
;
;
:

osservando per quali vie eran giunti a fare quel che avevan fatto si doveva sorprendere finalmente il loro segreto la molla prima e comune dei prodigi. Dopo

era soltanto questione di volont e di pertinacia. Ri-

conosciuta

la

strada

il

passo non doveva esser


io
I
,

difficile

dove

gli altri

son passati passer anch'

i8g
I

santi
le

verso

scienze occulte.
:

divergenti

mi portavano verso le religioni i maghi Cammini solo in apparenza religione e maga eran nate insieme, ne'
;

tempi primi.
stesso
essere,
?)

I santi

erano stati taumaturghi


veri)

(e

Cristo

il

maghi

(i

erano

stati,

puri ed asceti. Conoscevo' di


:

avevan dovuto gi tutt'e due i


;

cammini

quello celeste, verso

paradisi consacrati

e quello sotterraneo, verso gli inferni maledetti.

Dopo
verso
riletto
il
i

ero tornato con

scettico della mia aufklrung una certa simpatia verso le fedi anzi cristianesimo, verso il cattoicismo. Avevo
il

fallimento

vangeli senza la petulante animosit volter;

riana dei primi anni


soltanto per
i

ero rientrato nelle chiese e

non

ammirare l'architettura

e per contemplare

quadri degli altari e


i

gli affreschi delle


;

cappelle. x\vevo

riletto

vangeli per cercarvi Cristo

ero rientrato nelle

e non soltanto per cerimonie e per musica lezza messe canambiguo Qualcosa bisogno credere, sentirmi in comunione tornar stianit dalla quale ero uscito agitava sommesII

chiese

per trovarci

Iddio.

culto mi attirava

la

bel-

delle

la

delle

tate.

di

il

di

di

fanciullo,

di

colla cri-

si

samente in me, senza volersi decidere chiaramente. Leggevo Sant'Agostino meditavo Pascal assaporavo
; ;

Fioretti.

Giunsi fino aU' Introduction la Vie Devote


spirituali.
?

agli

Esercizi
d'

Curiosit psicologica? desiera anche

derio

informazione
si.

In gran paite

Ma

e'

lont di credere,

un

desiderio

un lievito di vosommesso di prender

parte a quel magnifico esperimento religioso che da

190
Ges
in

qua aveva dato

al

mondo

tanti capolavori
;

d'anime e d'opere. L'apologetica m' interessava e il misticismo, anche per l'esempio di amici, m'attirava. Cominciai a praticare i mistici antichi e i moderni da
:

Plotino

Novalis.

tedeschi
gli

soprattutto

(Meister

Eckehart, Suso, Bhme) e


sensuali

spagnuoli (Lullo, Santa


i

Teresa, San Giovanni della Croce). Gli speculativi e

non scordavo i solitari, gli anacoreti, i disperati amanti d' Iddio che avevan passato la vita in perpetua orazione, fra le pietre delle montagne. In tutti trovavo qualcosa che si confaceva al mio elevazione, sperdimento nell'essere, abbandono, caso
e
:

speranze di pi alte
ritrovavo anche

sorti.

In alcuni mistici eterodossi


le

come

il

Novalis

pi esplicite promesse di quel che


pi

cercavo
astratto

ma

niente

che promesse e aspettazioni.


io rinunciassi alla

Gli altri portavano verso le altezze rarefatte del pi

amore
all'

ma

volevano eh'

mia

conoscenza, alla mia coscienza, alla mia persona. M' in-

vitavano

inabissamento, alla fusione

ma

non gi

nel mobile e commosso oceano dei particolari bens neir infinita indeterminatezza di un Dio unico e invisibile.

Vero che alcuni di costoro, sciogliendosi in

codesta indefinibile e ineffabile divinit, eran riusciti miracoli. i a compiere appunto quel eh' io volevo
:

Rinunziando a tutto, anche a loro stessi, alla loro individualit, avevan tutto ottenuto. Tutto sar dato a chi tutto d. Era uno spiraglio sul segreto del potere divino

ma

stretto,

ma

incerto.
i^_

Avevo

gi riconosciuto, facendo la teoria della


tutto perch
separati
il

igr

quel

cerca del diverso, che necessario compenetrarsi col


tutto ci obbedisca. Finch ci sentiamo
il

non abbiamo

diritto di dare ordini


li

a.

che sentiamo staccato da noi e se


Il

diamo non

riescono.

misticismo era, di fatto, una distruzione di barriere,


del distacco,

una negazione

uno
11

slancio verso

l'

inse-

parabilit assoluta ed eterna.

mistico non

qualcosa di separato dal mondo, dall'essere

da Dio.
:

si

sente

allora,

divenuto parte intima e integrante del fiondo,


si riflette

ogni suo resto di volont

nell'essere

avendo
ri-

abdicato alla sua volont particolare diventa, senza


pensarlo, una. specie di volont universale e le pi

gide leggi dei


derio di

fisici

cadono dinanzi all'amoroso

desi-

un

estatico.
il

Ma
v', nel

anche

potere de' santi limitato e saltuario e


il

modo

di raggiungerlo,

principio stesso della


si

sua impossibilit.

La potenza

perfetta

potrebbe rag-

giungere soltanto colla rinuncia perfetta del proprio


io.

Ma quando

questa rinuncia fosse avvenuta ogni


sti-

ricordo di pensiero, ogni traccia di volont, ogni

molo di desiderio sarebbe scomparso, e non potrebbe mai pi risorgere E allora non sarebbero concepibili
e possibili
i

comandi. Chi avesse raggiunto

il

potere

massimo non potrebbe, appunto per questo, servirsene. Ma io non potevo, non volevo rinunziare a me stesso. Che m' importava di una piena possibilit perduta
nell'

incoscienza
:

Io

volevo agire sulle cose particoprevedere.

lari

conoscere,

sapere,
il

Non
mi

perder

me

stesso,

non

abolire

pensiero.
:

allora

rivolsi pi

arditamente dall'altra parte

verso l'occultismo.


Non
nell'atrio del

T92

era la prima volta che tentavo di penetrai-

tempio maledetto. Fin dagli anni ultimi

dell'enciclopedismo ingordo avevo picchiato anche a


Il meraviglioso mi aveva sempre adescato ima notte, capolavoro di tutte le poesie !) e ancor non mi stomacava cercarlo nei colpi di un tavolino tondo o nelle parole sconnesse di un medio non

quella porta.
(o

Mille

scozzonato a dovere. Per la volgare strada maestra


delle

sedute spiritiche (salotti ridicoli


;

veccliie

iste-

riche abbrunate
di piedi
;

lampade rosse
;

incontri di

gambe

penoso in attesa dei colpi fatali !) avevo fatto qualche conoscenza fra le spie dell'ai di l. Alcuni i pi rinfanciulliti non
risate trattenute
silenzio

cercavano che

la certezza

d'una continuazione quahin-

que dopo l'ultimo repiro. Altri, pi idealisti, aspiravano a una rigenerazione morale del mondo di qua attraverso la conoscenza delle leggi del mondo di l. Altri, infine, pi eroici o pi cerretani, facevan capire che tutti i piccoli prodigi fisici del medianismo e le sbrodature e compilazioni abracadabranti della teosoil principio, tutt'al pi. Accennavano fa non eran nulla a dottrine superiori, a tradizioni segrete, a maestri
:

invisibili

o lontani, a esoterismi di prim'ordine serbati


le

pu sormontare promettevano vagamente


chi

mille terribili prove

e
di

la

potenza,

quella

stessa

potenza
loro loro

eh' io cercavo in ogni parte.

Con

alcuni

parlai

lungo

lessi
;

le

fonti

torbide

della
riu-

sapienza
di

raccogliticcia

freqiientai

alcune
alla

nioni
alla

odor
;

diabolico

m'

iniziai,

lontana,
delle

teosofia

provai

1'

esperienze

respiratorie


varie
greti
;

-^93

Yoghe indoyankee chiesi insistentemente i semi offrii come discepolo. Non gi eh' io avessi
;

piena fede in quel guazzabuglio teologico e simbolico


dal quale, secondo loro, doveva sprizzar la luce
.

(la

luce

che doveva portare in noi la nuova vita, una vita ricca di 'poteri) ma credevo che qualcosa di vero ci
fosse
nelle istruzioni ai

discepoli, per

tale (e fisico) diverso dal solito.

un regime menDei sistemi arruffati


;

delle cerimonie scimmiottate

e delle formule meccani-

camente ripetute sorridevo,


d'

ma

in tutta quella

massa
secoli,

insegnamenti e d'esperimenti che per diecine di


Il

tra roriente e l'occidente, s'eran comunicati e tentati,

qualcosa di solido doveva pur esserci.


il

nucleo,

il

seme,
colla

primo frammento di un'arte del miracolo.


fisici

mia foga antica mi


ne vedevano
e
i
:

tuffai nelle ricerche, nelle letture

e nelle meditazioni. Effetti


se

di cause spirituali se

almeno non mentivano

medianisti.

La

telepatia

era

gi

tutti i medi un adombra-

mento
getti

dei futuri rapporti fra gli uomini, soppressi gli

intermediari lenti e pesanti

m.ovimenti degli og-

a distanza,
i

le

da

tutti negate) di

(non primi esempi di possibilit trascendiretta,

cos dette materializzazioni

denti,

padronanza

mentale,

sul

mondo

Questi miracoli eran compiuti soltanto da uomini anormali in stati straordinari bisognava rendell' inerte.
:

derli possibili

per tutti, anche negli stati pi ordinari.


:

Eran spesso involontari dovevano mutarsi in volontari. Eran pochi dovevan diventare comuni.
:

Per

ottener

queste

vittorie

e rassodarle
gli

occorgli

reva proceder con metodo. Chi erano


Papini,

attori,

Un

uoiho

finita

13

194

agenti di questi spunti miracolosi

1 santi,

maghi,

medi nomi diversi di quegli uomini soprapotenti che avevano compiuto, con diverse fedi, prodigi somigliantissimi. Il segreto non era dunque nelle dottrine. 11
santo impre?]nato di teologia cattolica
;

il

mago

lutto

invaso
sica
;

di
il

teologia

cabalistica, alessandrina,

paracel-

medio imbevuto di teologia spiritualista uso Allan Kardec facevano, o speravano o promettevan di fare, le stesse cose. La vera causa risiedeva dunque nell'essere medesimo di questi uomini privilegiati che soltanto per caso o spinti da una qualunque frenesia
teorica manifestavano saltuariamente la loro potenza.

D punto era intimamente


costituzione,

studiare profondamente, minutamente,


il

la loro vita,
le

loro sistema di vita, la loro

loro

tendenze e anomalie. Costruire

la fisiologia e la psicologia dell '^owo potente.

Fatto quespecie di

sto lavoro sarebbe stato facile ricavarne

una

metodica per

la sublimazione della volont e sarebbe

stato possibile educare e addestrare artificialmente gli

uomini per concedere sistematicamente a ognuno te, sua parte di divinit. Ero fedele alla mia idea pentrasformare lo sare allo strumento e non alla teoria strumento invece di cambiare soltanto parole, terminologie. Fissato cosi, esattamente, il compito e il cam:

mino

mii posi

disperatamente

al lavoro. Psicologie ge;

nerali e

particolari,

normali e patologiche

leggende
di
se-

di santi e autobiografe di veggenti, rapporli


;

dute medianiche e catechismi d'iniziati propedeutiche magiche e storie di taumaturghi tutto ingoiai e tra:

cannai con la mia vecchia impaziente voracit.

ziai esperienze,
ciai,

193

Radunai innumerevoli note


ricominciai....
;

seguii piste false


;

ini-

credetti d'aver trovato

fallii,

rinun-

U tempo

incalzava,

la giovinezza

sfuggiva
la
il

vita,

r impegno, il pi solenne impegno di tutta era preso. Bisognava assolutamente scoprire


:

segreto

o sparire. nato trasognato.


;

dovevo in tutti i modi impadronirmene Vivevo in ansia perpetua sfigurito stralu;

Una

febbre continua

mi
e

eccitava

il

cervello

si

rifiutava a lavorar pi oltre,...

La mia
;

testa

era

tutto

un dolore martellante
;

perpetuo

svenni pi volte

perdetti spesso

il

senso della dire-

zione, del significato delle cose, delle parole. Gli amici


si spaventarono li respinsi con male parole. Vidi la morte dappresso cercai la solitudine ognuno mi sembrava nemico. Decisi di partire, senza dir nulla ad anima viva. Lass, fra le montagne, pi vicino al cielo, lontano dal cicaleccio e dal trambusto della citt,
:
:

pi facilmente avrei vinto


lezza

il

mistero.
;

La mia deboincubi atroci

cresceva e diveniva inquietante


tutte le notti
;
:

mi assediarono

la pazzia gi

stava in

agguato pronta a ghermirmi


brancolante

tutto era scolorito at-

dolorosamente tesa verso impossibile. per l'ultimo tentativo col mio pazzo sogno nel cuore. Sarei disceso di nuovo dalla montatremendo come un Dio o non gna vittorioso
l'

torno a me, attorno alla mia mente affannosamente

Partii, solo,

sarei

pi tornato.

Ma

tornai....

lentissimo

Costaggii sono gli avvoltoi che pascono

non con

sumahili cuori.

Matteo

Palmieri.

XXIX.
La
Tornai....
discesa.

Non

posso pensare a quel ritomo

posso dire quel che fu nella mia vita.


fernale di vergogna

Non Una vampa insussulto di


gli

freddo mi scuote
serro
i

le
il

mi brucia il viso. Un reni. Mi s'annebbian

occhi

denti

cuore par che voglia fermarsi

ma
ma
menel

dopo ribatte e ripalpita pi


il

forte, quasi voglia coprire

parlare interno dei rimorsi....


fuga,

una

glio della

una mia

disfatta

una
ma
si

Non
;

fu

un

ritorno

fine. Sentii

che

il

vita era vissuto


l.

che

la

mia parte

mondo terminava
tri,

Avrei potuto, dopo, mangiare,


gli al-

dormire, scrivere e magari piacere (interessare

farmi

nome

ecc.),

il

corso metafisico di

me

stesso era tagliato di netto.


finiva
si

Non

finiva

un

periodo,

una persona. Non


orgoglio,

chiudeva un'esperienza
divinit

ma
miei

spengeva un'anima.
Speranza,
perfezione,
!

sogni veramente sognati, o entusiasmi veramente sentiti,

amori insaziati e impazienti come primavere che


l'arsura degli agosti

hanno gi
buio che

nulla di simile, chi


le

Chi non ha provato non ha aspettato lunghe notti. nel


!

porte s'aprissero e la gran luce fosse

chi


non ha appressato
cima
alla
la

200

alla

bocca asciutta e arida


;

fonte
in

che doveva zampillare

non pi grande montagna,


chi

s'

visto

grande

rivale di

Iddio, pa-

drone degli uomini, signore della

terra, al di l e al di
dell' inutile
(

sopra del male e del bene, dell'utile e


degli uomini, solo

di tutte le piccole e le grosse, le vili e le gloriose faccende

con s

stesso, solo nel cielo,

non poquel
ri-

tr

capire

quel eh' io

sento ripensando

torno.

Scendevo. Venivo dall'alto, dai monti, dalle

colline.

Ma non
pietra.

scendevo come

il

fiero

pastore dal roveto ardagli olivi

dente colle leggi della verit scavate nel cuore e nella

Non

scendevo come

il

buon pastore

notturni, verso

un

supplizio ch'era promessa d'eternit,

verso una morte ch'era principio di vita. Scendevo solo


e cieco.
riso

Non scendevo precipitavo. Neppure il sord'una speranza mi illuminava il viso. Tutto era
:

e Ricominciava il mediocre, il basso, il vile Addio grandezza diAddio giovinezza vina Addio vera vita Ero andato sui monti, pensando stupidamente che salendo mille o duemila metri si fosse pi vicini al
finito.

per sempre.
!

cielo.

Mi

ero rinchiuso nella solitudine,

immaginando
che
lo

che vi fosse altra soUtudine


spirito forte, raitratto in

al di fuori di quella

s solo,

pu creare nel protitano crociceleste


della

prio interno.
altipiani,
fsso,

colla testa posata sull'erbe rase degli

colle braccia

distese

come un
l'

non

altro

vedendo che

infinito

poesia e della fede, a tu per tu coll'aperto cielo, co-

minciando a tremare quando

le stelle

cominciavano a


il

:^or

---

tremare rei fosco blu del crepuscolo, avevo aspetiato

momento,

l'attimo, lo scatto, lo scoppio


:

la

rive-

mie invocazioni nessuno aveva rispostor; nessuno era venuto incontro alla mia attesa. Le cose eran rimaste sorde alle mie chiamate tutto aveva seguitato ad essere come prima. Gli uomini, per quanto lontani, pareva che mi derilazione acciecante
il

mira,colo.

alle

dessero. Li sentivo sghignazzare quasi soddisfatti.

Voleva esser pi di

noi.

Uscir

dall'umanit.

Aveva

orrore della nostra miseria.

ora,

anche

lui,

se vuol vivere....

(Soltanto una donna, lontana, piangeva. Ma piangeva davvero ? E sincera ? Forse per vanit tradita ?) Mi ammalai. Anche la poca forza che avevo mi abbandon. Tornai aUe case, alla mia casa fra i vicini, fra i lontani. Tornai come torna fra i prigionieri

colui che

si

credette, per un'ora, graziato.


;

Non

ero pi

non ero quello che avevo voluto esun mostro infelice e rigido. Palsere. Ero un mostro lido, fiacco, ritroso, sfuggivo tutti. Pi nulla mi richiamava nel mondo dei valori comuni. Lasciai anche gli amici. Dissi che non volevo veder nessuno clie per qualche tempo volevo tornar solo, selvaggiamente solo come negli anni dell'adolescenza. Mi rinchiusi in casa. Cambiai citt. Non feci pi nulla non risposi alle lettere, non replicai agli insulti, non corrisposi
quello di prima
:

all'amore.

Quale mai cosa poteva prendermi e tenermi dopo


quel che avevo tentato
siero
?

L'arte

La

gloria

Il

pen-

Non eran

quelle, forse, le gioie che

avevo

lasciate

202
addietro, le felicit a cui avevo rinunziato,
i

fini

che

avevo oltrepassato senza raggiungerli, perch troppo prossimi e piccoli mi sembravano ? Chi ha voluto tutto come pu accontentarsi del poco ? Chi ricerc il cielo come pu compiacersi della terra ? Chi s' inoltr sulla via della divinit come pu rassegnarsi all'umanit ? Tutto finito, tutto chiuso, tutto perduto. Non c' pi nulla da fare. Consolarsi ? Neppure. Piangere ? Ma per piangere ci vuole ancora dell'energia ci vuole un po' di speranza Io non son
;
!

pi nulla, non conto pi, non voglio niente

non mi
:

muovo. Sono una cosa e non un uomo. Toccatemi son freddo come una pietra, freddo come un sepolcro. Qui sotterrato un uomo che non pot diventar Dio.

XXX.
Accaso soltanto

me

stesso.

Io

non

sbraito

contro

di

te,

Destino,

etemo ed
la piglio

astratto cireneo delle


coll'asinit e

umane anemie, n me
mio
spirito e

malvagit degli uomini che hanno impeil

dito

il

fiorire e
il

fnittare del

non m' hanno

concesso

trionfo che forse meritavo.

Stiamo a quel forse, amico. Giacch sono stato debole cerchiamo di non essere ingiusto. Dio voglia di guardare ad occhi eh' i' abbia l'ultimo coraggio aperti ne' miei occhi aperti, di leggere senza pause e parentesi e reticenze nel libro della memoria, di stuzzicare e frugare le piaghe fino in fondo, senza paura
:

dello strazio e del marcio.

Io non son riuscito a fare quel che m'ero proposto, non ho compiuto quel che avevo promesso, non sono

arrivato a quell'altezza
quella potenza che
negli anni che furono.
positi, alle

d'animo,

a quella gloria,
Forse ai pr
?

a
-

ho sognato, desiderato e voluto

chi dar la colpa

promesse, ai desideri troppo grandi


ci

Nient e
ali

affatto

non
si

sono altezze troppo alte


Io aspiravo

ma

posse troppo corte.


cose che

ad alcune di

quelle

dicono impossibili e che in realt non sono


state possibili fino

204

ad ora per nessun uomo, ma non consisteva appunto in ci la ragione della mia superbia e della mia ebbrezza ? Non mi ero messo da me
stesso,

volontariamente e baldanzosamente, nella picdei cercatori dell'assurdo e del


:

cola

banda No, no

non

fattibile?

non

c'

da frignare con queste


l'

scuse. Ti-

rer fuori gli ostacoli invincibili frapposti dalla gente,


la miseria, la

mediocrit dei tempi,


l'

invidia dei pros?

simi,

il

disprezzo dei lontani,

indifferenza dei pi

Anche queste sono storie. Non c' forza che non possa esser vinta da una forza pi grande non c' nemico non possa esser atterrato che da uno pi vigoroso di non e' miseria che tolga l'acquisto di meravilui gliose ricchezze non c' ghiaccio che non si possa sciogliere, scaldare e far bollire. Quando uno comincia
; ; ;

un' impresa deve fare

conti di tutto

quel che

ci

vuole

acquistarli

poteri abbastanza deve prima di mettersi all'opera oppure rincantucciarsi nell'ombra a far quel che tutti fanno. No, caro neppur questa ima difesa. Il male ormai lo posso dire che i pi deboli son quelli propongono le imprese pi difficili, e i pi viche si gliacchi quelle pi coraggiose e chi ha il petto stretto e le gambe gracili le corse pi lunghe. Perch ? Le ra.per
finirla.
:

Se non ha

gioni son pi d'una

l'amor del contrasto che

si

ri-

trova in tutte

le

cose

umane

il

bisogno di esaltarsi
di

e di stordirsi con sbuffate di forza e ubriacature di

grandezza

l'oscuro
l'

presentimento

una

comoda

scusa quando

impresa non riesce e se ne d per ra-

gione la sua stessa grandezza. Cosi, coU'apparenza di

voler fare pi degli

altri, si fa

meno

di tutti e ci
:

si

pre-

s'era proposto para una bella e gloriosa sconitta cose talmente grandi che le forze non gli bastarono
;

chiss cosa avrebbe fatto se la sua ambizione fosse

stata

appena appena minore

Io conosco talmente bene queste civetterie e scap-

patoie di vinti che

che

naiscondo la

e che trucco la

non so cosa farmene. Non sia detto mia vilt tra i riflessi di un sofisma mia povert d'animo con una manata
perch non volevo

di rossetto patetico.

Non sono
rit.

riuscito
:

n sapevo

seriamente riuscire

ecco la pura, nuda e semplice ve-

Non

sono riuscito perch non ho avuto forze ab-

ler

bastanza e perch non ho avuto neppur la forza di votrovare e creare le forze che mi mancavano e per-

ch non ho avuto sempre in me, in ogni momento, come asse della mia vita, come fuoco centrale della

mia anima,
mente
la

il

sogno che magnificavo a parole.

Credete non mi costi dolore confessare cosi crudadebolezza e la finzione della vita
.

Ma perch
?

dovrei seguitare a imbrogliar

me

e gli altri

starmene chiuso nella mia stanza solo coi miei pensieri, mi son lasciato vincere da un momento di noia' e so no scappato fuori, mi son fermato alle vetrine, ho seg ulto i lumi accesi sopra il mio capo, son montato sopra i trams scampanellanti mi son seduto nei caff a guardar le e fuggenti,
volte, invece di

Tante

figure

di

una borghesissim a
o
spiritosi

rivista

ho cercato

gli

amici e ho fatto con loro n on so quanti discorsi sciocchi, cattivi


;

sono andato a far delle

visite.


a bere
il

206

con signocon vecchie dame affettuose. E troppe volte ho tralasciato una pagina a mezzo in un punto diffcile per sdraiarmi sopra un divano a leggere un libro qualunque che mi desse l' illusione di pensare per- me e sono andato perfino a cercare i motti
caff in tazzine dorate, a ciarlare

rine forestiere e

di spirito dei giornali.

La

pigrizia, la dolce e velenosa

pigrizia che

ha cento

visi e

cento

sorrisi,

mi ha

trasci-

nato, sedotto e corrotto quasi sempre. Lei, con la scusa


del freddo e del sonno o della

mancanza
;

di carte o di

penne mi ha portato via dal lavoro


le

lei

ha rimandato

e ritardato per anni e anni le radicali cure dell'anima,


risohizioni decisive.

Eppoi mi son
:

lasciato vincere

dal corpo,

dalla sensualit

dal ventre e dal cazzo.

ho mangiato troppo, tanto da non poter lavorare per molte ore e ho bevuto tanto da mettermi in quello stato di piacevole ebriet nella quale niente sembra serio e tutto par facile, allegro e lontano e ho perso ore ed ore, e serate e nottate, accanto alle donne, ab; ;

bracciato, infocato, beato.

E certe volte la paura del ridicolo mi ha fermato a met strada quando stavo per compromettermi col mondo del corpo e della borsa e i rispetti imiani e

la facile casuistica borghese

certo, tiepido e scordatore


di

mi hanno

reso timido, ini

gli interessi,

bisogni

denaro hanno rivolto ad altre cose

forze,

hanno turbato
le belle

il

mio

spirito, lo

le mie poche hanno costretto

a bugie, a a poco

com proinissioni, a

indietreggiamenti.

A
l'

poco
;

ore di esaltazione

non son pi apparse


;

nuove cure mi hanno occupato tutta l'anima

infn-


garda

207

gli

mi ha riempito
i

di
i

bambagia
rimorsi
;

orecchi perch

non
fini

sentissi

richiami e

piaceri pi bassi e

pi mediocri mi hanno mantenuto in quello stato


sognera neghittosa e inquieta,

di

nemica del

fare,

nella quale seguitavo ancora a promettere colle parole

ma

in cui era smarrita la volont grande affacciatasi

in certe ore, e le
resti di

fiamme d'un tempo non eran pi che bracia appena di tratto in tratto rosseggianti

sotto la cenere bigia.

poco a poco a riconoscer mia impotenza e ho buttato dapparte i piani divini e i giuramenti eroici per raccontare con malinconica seriet la disfatta di un'anima. Io non accuso che me stesso e spero mi sia perdonata per

cos sono arrivato a


la

francamente

questa franchezza qualche passata vigliaccheria.

XXXI.
Giornate vergognose*

Io credo d'essere spesso

uno dei pi

gesuitici pol-

troni d' Italia.

Dormo

dieci ore filate, senza svegliarmi,

pastosa

senza sognare. Mi svegKo colla testa pesa e la bocca esco fuori per non far nulla ritorno a casa
;

mangio voracemente come un ragazzo che si masturbi tutte le notti sorseggio una gran tazza di caff fumo cinque o dieci sigarette mi sdraio in ima poltrona e stendo le gambe su di un'altra leggo un giornale da cima a fondo come un pensionato acper riposarmi
; ;
;

torno fuori per incontrare qualche scettico conoscente col quale faccio un po' di scherma d' ironia stupida e amara entro in un caff, ingoio una tazza di
ciaccoso
; ;

cioccolata farinosa,
pasticcini

mangio con disgusto tre o quattro spalmati o rigonfi di sporche conserve di

frutta
ciosi,

sfoglio

un

fascio di giornali spiegazzati e cenle

quasi quasi sorrido sbirciando


;

caricature

scioccamente colorite

torno in istrada sotto la gran luce teatrale delle palle elettriche inseguo una prostituta imbiancata e incarminiata come se fosse il mio
;

primo amore

entro in una libreria per comprare con


libri

pochi soldi dei

non

tagliati

che non legger mai

2og
mi fermo dinanzi
templo
i
;

alle

botteghe dei pizzicagnoli e conle

formaggi

untuosi e

scatole di sardine con

una casa dove mi danno il the e ne bevo quattro tazze sperando che mi venga un po' di talento o salgo in un bordello se ne ho voglia e anche cosi, per uccidere i minuti e le se non ne ho vogha ore, per non ricordarmi di quello che dovrei fare e non
appetito

vado

in

fo,

per abbrutirmi, per avvilirmi, per ninnare

il

ri-

morso, per smorzar la coscienza.,.. Ogni tanto, se non


posso farne a meno, scrivo una lettera o dieci lettere,
per non pensarci pi, per sbarazzarmi di tutti, e qual-

che sera, quando mi sento veramente troppo pieno e


inconsolabilmente maUnconico, afferro la na grossa

penna nera

e scrivo gi quel che


dieci, venti,

mi trabocca
quaranta

dall'ani-

ma

riempio in furia

fogli

bianchi

coi miei sfoghi, coi miei atti di contrizione,


raffinate e spiritose assurdit.

colle

mie

Ma

cosa volete che venga fuori da


il

un uomo che
il

vive tra

sonno e

il

caff, tra la

tavola e

letto,

infin-

gardo e sonnacchioso, buono soltanto a suonar la diana

ma

vigliacco in fuga il giorno della vera battaglia ? rizzandomi su dai tepidi lenzuoli o dalle sedie imbot-

tite strillo

come un'aquila perch


i

lo spirito viene in-

sultato e disegno per

miei simili una vita solitaria,


1

austera, sdegnosa, nobile e michelangiolesca

non c' da dir eh' io non senta l' infamia di questa mia doppia vita. La sento e tanto pi duramente la sento tanto pi, per addomientar la vergogna, mi ci abbandono ed imbrago. Trovo un po' di conforto nella confessione, ma quando ho riflesso nello specchio delle

Papini,

Un uomo

finito

li.

210
concitate parole la mia lurida immagine di traditor di
s stesso, perch tutti la

veggano

e ci

sputino sopra,
aria di

mi credo perdonato trionfo, come se la


come
prima
:

e salvato,

mi

rialzo con

sciagurata esibizione

mi avesse
dicci ore

purificato e trasformato.

il

giorno dopo ricomincio

vado a

letto presto,
;

dormo

senza svegliarmi, senza sognare mi alzo con la testa vuota e la bocca amara a vivo fino alla sera in quel

modo

che ho confessato fremendo

il

giorno innanzi.
pi,

a rovesciar convulsamente parole sui fogli e a cantare con versi d' infinite sillabe la tenibilit dell'ascetico eroe che vede
torno, ahim,
le

quando non ne posso

cose

umane con

occhi divini e son talmente abietto


l'

che neppure una volta mi vien


dell'arsenico nel

idea di

metter gi
indolcito

mio biondo the prodigalmente

XXXII.
Che
cosa volete

da

me ?

mi voglion parlare, tutti chiedon di me a me e agli altri. Uno mi domanda come sto, se mi son rimesso, se mi tornato 1' appetito, un altro mi chiede se lase vado a far passeggiate voro, se ho finito qiiel tal libro, se ne comincer uno
tutti

Eppme

mi cercano,

tutti

nuovo.
durre
le

Quello sparuto scimmiotto tedesco vuol traopere mie


criva la
;

quella stravolta ragazza russa vuole


vita
le
;

che

le

mia

la

signora

americana vuol
;

sapere sassolutamente

mie ultime

notizie

il

signore

americano mi manda la carrozza alla portii perch vada a mangiare e a confidarmi con lui il mio compagno di scuola e di chiacchiere di dieci anni fa vuole eh' io gh legga via via quel che scrivo l'amico pittore pretende
;
;

eh'
il

io stia

fermo davanti a
;

lui

per ore e ore a farmi fare

ritratto

il

giornalista vuol sapere


in

l'amico pratico

mistico

che stato
il

dove sto di casa l'amico l'anima mia


; ;
;

della societ ordina ch'io faccia

mio portafogli il presidente un discorso la signora spirituale si raccomanda eh' io vada a prendere il the a casa sua pi spesso che posso per conoscere il mio

come

pieno

212
parere su Ges Cristo e sul cldromante arrivato in
questi giorni....

Ma

cosa son diventato, perdio

Che

diritto avete
il

voialtri d'

ingombrar

la

mia

vita, di

rubare

mio

tempo, di frugarmi nell'anima, di succhiarmi il pensiero, di volermi vostro compagno, confidente e informatore
stri
?

Per chi m'avete preso

Son

forse

un

at-

tore salariato per recitare tutte le sere dinanzi ai vo-

musi da schiaffi la commedia dell' intelligenza ? Son forse uno schiavo comprato e pagato che debba

in

inchinarmi ai vostri capricci di sfaccendati e offrire omaggio tutto quello che so e fo ? Son forse una

puttana di bordello che deve alzar la sottana e levar la camicia al primo cenno di un maschio vestito decentemente ? Io sono un uomo che vorrebbe vivere una vita
eroica e render pi sopportabile
chi.
il

mondo

ai suoi

oc-

abbandono o di bisogno butto nel mondo qualche sdegno raffreddato in parole, qualche sogno infagottato in
di debolezza, di

Se in qualche

momento

immagini, pigliatelo o buttatelo via


seccate.

ma non mi

ho bisogno della Ubert,' Sono un uomo Ubero ho bisogno di star solo, ho bisogno di rimuginare fra me e me tutte le mie vergogne e le mie tristezze, ho bisogno di godermi il sole e i sassi della strada senza compagnia e senza discorsi, faccia a faccia con me stesso, colla sola musica del mio cuore. Cosa volete

da

me

Quel eh'

io voglio dire lo

stampo

quel che

213
voglio dare lo d.
vostri complimenti

La vostra curiosit mi fa stomaco i mi mniliano il vostro the mi av; ;

velena.

Non debbo

nulla a nessuno e avrei da fare

conti soltanto con Dio, se ci fosse.

XXX IH
La gloria*

E
tutti

anche se
voialtri

riuscissi,

anche se buttassi
disprezzato,

in taccia

che m' avete

angosciato,

sbeffeggiato, strapazzato, perseguitato e ignorato l'opera

che sognai e desiderai,


gere
stre
il
il
i

il

capolavoro che facesse pian-

vostri asciutti occhi di avari e chiudesse le vo-

bocche oscenamente irridenti e facesse trabalzare placido cuoricino che avete ormai dimenticato sotto
;

corpetto

se arrivassi,

insomma, a confondervi, scon-

fggervi e stravincervi colla forza prepotente e bale-

nante del mio genio, cosa mi dareste, cosa mi potreste offrire, in che modo pensereste ricompensarmi ?

Tutte

le storie

del dolore degli uomini son

piene

della vostra riconoscenza.


stra gloria
!

Bella cosa, perdio, la vo-

Come
il

Dopo che ho dato


della

la parte migliore di
il

me,
altri

un pezzo yivo

mia

carne,

fiore del

mio sangue,
parlar

segreto pi geloso della


?

mia

vita

non trovate

mezzi che questi


di

Non

sapete far altro che


;

me

sui giornali senza capirmi


;

seccarmi colle visite


respi-

e colle lettere
rare o se

segnarmi a dito se esco fuori a


in

mi seggo

un

caff

o in un teatro

forzarmi

215
quando non
a scrivere ancora, anche quando non ho voglia, anche chiedermi letso far altro che ripetermi
;

tere, giudizi, autografi e articoli

da tutte

le parti
;

spiare
ficcare

e raccontare dove vo, con chi sto, cosa faccio


il

mio brutto viso dappertutto,


cantonate e sulle cartoline
i

in libri e in giornali,
:

sulle

e finalmente,
fogli,

dopo

morto, andare a frugar fra


piazza
zare
i

miei

mettere in

misteri della

mia
del

vita, tirar fuori gli ultimi

stracci a avanzaticci della

una brutta copia

mia vita e finalmente rizmio corpo, di marmo o di


?

bronzo, nel mezzo di qualche mercato

La vanit

forte anche ne' grandi


le
si

lo

so.

Ma

non ci sono anche anche gli spiriti che


spiriti e si

anime delicate ? Non ci sono sentono unicamente e puramente


da codesta adovale, se qual-

sentono

offesi e insudiciati
?
:

razione di pinzochere

Quello che in
gli

me

cosa vale,
il

l'anima

e perch ricopiate ed eternate

mio corpo

Se son grande
:

che ho avuto la forza

d'esser solitario

perch vi pigiate intorno a


fiati

me

mi

turbate co' vostri


curiose
?

e coi vostri sguardi di bestie

Se ho dato un esempio vi ho insegnato che la

pi grande cosa che l'uomo pu fare quella di ag-

giungere natura alla natura, vita alla vita, spirito allo


sphrito, e

non gi

di rosicchiare, rimasticare e biascialtri


io
:

care

le

opere degli

perch dunque vi affaticate

a far capire quel eh' accendere


1'

ho detto invece di sentirvi anima per superarmi e distruggermi con


?

altre creazioni

Se ho detto bene quel che ho detto perch lo ridite


peggio
?

Se

gli altri

non capiscono

le

mie parole vai

2l6

la

pena die qualcuno le taccia capire ? E le far comprendere quali veramente 1' ho segnate ed incise nelle serate pili spumeggianti della mia ispirazione ? Certo questi lamenti son ridicoli, specie in bocca mia. A che cercar fuori la ricompensa che tu hai dentro di te
?

Se la creazione della tua opera, se la vita


a. te, se la
te,

delle persone nate

pienezza delle

imma-

gini inventate
farti heto,

da

cosa vai cercan<io tra

non bastano a contentarti e a gli uomini ? Potranno


mediocri, quel che
il

darti essi, piccoli, freddi,

tuo

stesso genio

getta

le

ha dato? Crea senza pensare a loro, cose tue fra gli uomini per spaventarli o conti

n^n

fortarli,

eppoi seguita a creare finch forza


il

ti

resta.
i

Sei forse
bati,

un muratore che aspetti dopo aver fatto la sua opra

salario tutti

sa-

Le tue case non


di parole e di san-

son case di pietre e di calcina,

gue

n gloria n quattrini
gloria

ma
il

le

posson pagare.
dolce dolore
s,

n quattrini
si.

ma
io

ma

la gloria silenziosa

Oh

s'

potessi veramente tro-

o dSeci

varmi accanto a coloro, e fossero anche tre o sette soli, cfee leggono con tutta l'anima, e non cogli occhi soli, che vivono coHo scrittore e gh voglion bene come a un fratello anche se iion 1' hanno mai visto che sognano di lui, che parlano di lui fra di loro nelle
;

malinconiche passeggiate della domenica, e


del suo pensiero,
V
si

mano
i

si nutrono ubriacano della sua poesia, treper la sua sorte e aspettano una sua parola come

profeti aspettano la rivelazione d' Iddio,

allora

s,

eh' io sarei felice, allora

mi

sentirei

compensato
!

del si-

lenzio passato e dell' insulso chiasso presente

Potessi


stringere al petto
lato e
te,

217

triste,

o giovane, pallido,

sconso-

innamorato lettore unico e primo, a cui ho scoperto, io solo e prima di tutti, 1' amaro sapore della Un tuo grandezza e la gioia febbrosa della poesia
!

un battito pi forte del tuo cuore, un tuo sguardo ampio e felice, un tuo sogno agitato sarebbero
sorriso,

per

me
i

regali pi soavi e sostanziosi di tutto


le

il

ciarlo

pappagallesco e di tutte
gi

corone d foglio dorato.

Non

battimani,
l'

forzate e

bocche aperte e le lodi invidiosa adulazione. No, no via lontano


gli strepiti e le
:
:

da me codesto frastuono
per
le
le

fatelo pei vostri canterini,


!

vostre ballerine, pei vostri grassi tenori


ai porci se

Date

ghiande

non avete gemme per

gli eroi.

XXXIV.
E
se anche..*.

E
fossi

anche se avessi ottenuto

la

potenza

Anche

se

diventato una specie di semidio terrestre, signore


e della
spiriti ?

del cielo e della terra, vincitore della materia

morte, padrone degli uomini e degli


fatto
de' miei

poteri

In che
?

modo

Cosa avrei avrei adoprato

quella universale sovranit

Mentre durava il mistico tirocinio verso il sognato comando non avevo pensato quasi mai al dopo. Correvo dietro al mezzo senza sapere a qual fine l'avrei rivolto. Volevo essere Dio senza aver in mente la mia
creazione e la
la

mia

legge.

H mondo
si

era gi creato

sua legge era tale che tutto


s'

sarebbe sfasciato e
allora
?

disfatto

io

l'avessi toccata.

Che fare ? Non si pu agire senza scegliere. Ma come avrei potuto scegliere dinanzi alle infinite possibilit delle mie voglie ? Per scegliere bisogna preferire qualcosa amare questo di pi e 1' altro di meno avere in mente uno
Poter
tutto
tutto.
;
;

assolutamente

scopo qualunque

soffrire

in cuore d'un ideale

cre-

duto. Allora avrei potuto distruggere quel che disprez-

zavo, e far prevalere quel che

amavo

indirizzare la


docile fango del concieto

219

meta
:

corrente delle cose verso la mia


il

e modellare

nel*

mio

ideale.

Ma io non avevo nulla di ci n amori, n tini, n sogni. L'unico amore mio era quello della potenza solo fine la potenza estremo sogno la potenza. Ma mi sentii spaventosadopo la potenza ? Ero vuoto
: ;

mente vuoto come una pozza che sembra un abisso

sol-

tanto perch rispecchia la profonda lontananza del cielo.

Cosa fare ? La risposta gi diffcile per 1' uomo appena appena superiore, tutto barricato da ogni parte d' impossibilit e impotenze. Egli sa che deve rinunciare a questa e a quella strada l' itinerario che resta meno lungo ma pi sicuro. Ma per colui che non ha
:

muri e resistenze da nessun


teoricamente onnipotente,
il

Iato,

teoricamente Ubero,

cosa fare ? mille volte

pi enigmatico e minaccioso.

Cosa fare
alto,

Per esercitare
gli

la

mia forza questo o


interessi

quello son buoni ugualmente. Per colui che, troppo

amori e verit tutto sul piano medesimo. Distruggere un popolo e creare

non ha pi

umani bisogni
nuova
si

una

specie

equivalgono. Dar la
del

felicit al miserabile e scagliar nell'orrore

male

il

godente sono, a quell'altezza,


e r ingiusto,
il

la stessa cosa.

giusto
senso.

sopra e

il

sotto

non hanno pi
i
i

Appena
lori si

saliti al

disopra dell'umanit
e spariscono. Tutti
dall'

suoi diversi va-

confondono uomini son mossi

impotenza appena la piena sei disumanato, sopraumanato, ma diventi insensibile, morto non hai pi molla, pi volont, pi direzione. Tutto pari un nido d'ucpotenza conquistata tu
;
:

sentimenti degli


cello e

220

una penisola, un
di una parte della quando tutto mio,
?

una

citt,

im chicco

di rena e

imbecille e inin genio sno egualmente considerabili e


ridicoli.

Che mi pu importare
che
del
dell' altra
i

realt piuttosto

a mia disposizione, sotto

miei ordini
si

Gran parte

riesce a far qualcosa

cambiare, possedere qualcosa


! !

piaa^re che

prova

quando

si

dipende dallo sforzo che quel fare ci costato. Come Come son forte Un altro non avrebbe son bravo
!

E dopo tanta pena l'oggetto conquistato, sia pure un disprezzabile balocco, una donna, una casa, un cencio di fama ci sembra un gran che di prezioso, un premio dolce al nostro sudore vittorioso. Ma quando il poter fare fosse senza fatica, quando bastasse il conato di una volont, il mormorio d'un comando, un rapido batter di ciglio per ottener l'obbedienza immediata e illimi-

ottenuto quel che ho raggiunto io

tata delle cose, dov' pi la gioia, dov'


Forse,
eh' io

la vittoria

penso,

stata per

me ima
in

gran

fortuna

non

sia riuscito

a incBarmi

quel materiale e

cieco

modo che

pensavo. Sarei stato pi infelice di


forse

quel che sono.

avrei potuto far tiitto

rimasto immoto per


potenza.

e non avrei fatto sempre impotente

mi sarebbe bastato sapere che


nulla.

Sarei

per troppa

avrei desiderato disperatamente le affanvigilia,

nose giornate della


sceglievo,

quando qualcosa volevo,

inseguivo.

Che tutti questi discorsi non sian altro che consolazioni postume del gran fallimento ? O mascalzone Adamo, cacciato via prima di passare il cancello lesini anche l'odore e il sapore ai frutti che non potesti mordere?
:

XXXt
Sono un ImheeHe
Tutta
sia

la

mia

vita piantata su questa fede

eh* lo

'

un uomo

di genio.

Ma
i

se invece sbagliassi, se fossi


le

invece un di quei taiUi orbi che prendono

remini-

scenze per ispira5iioni e

desideri per opere, e fossi, in

un imbecille ? Cosa ci sarebbe di strano ? forse la prima volta che un coglione s' immagina d'essere un eroe, che un letterato si crede un poeta panni del grand'uorao ? Non che un idiota si mette possibile, mille volte possibile, eh' io non sia altro che un frigido lettore di libri, riscalducciato ogni tanto

una

piTola,

dai
altri,

focolari

altrui,

reso spiritoso dallo


il

spirito

degli

sommosso borbottio di un'anima ambiziosa col gorgoglo di mia vena pronta a scoppiare e sgorgare, ad abbeverare la terra e a rispecchiare il cielo ? Pi ci penso la cosa mi sembra comune, verosimile, naturale. Chi mi d il diritto di sperare in me e nel genio ? Quel che ho fatto ? Ma
e

che abbia scambiato

s'

io

sono

il

primo a rinnegarlo e a disprezzarlo


i

Ri-

sciacquature letterarie di tutti


di

paesi, sfoghi notturni

un onanista senza

amici, giochi di destrezza intel-

lettuale....

NuUa

'di

pi, nulla di

megUo

Tutta

la fede

del

mio genio sta

nell'

aspettativa

222

lunga e mutile di un colpo d' ispirazione travolgente e trionfante, sta in questa mia irrequietezza perpetua
che di nulla
di
si

contenta e di tutto ha schifo fuor che

un mondo

celestiale e platonico che

a momenti mi
vero
; ;

par

d' intravedere tra le

nuvole del

mondo

sta

in quelle illuminazioni via subito volanti

in quelle

tenui mosse liriche, in quelle rapide immagini tramutantesi subito in

buone

frasi

che spesso mi passan per


cielo tutti

l'anima quando penso senza guardare, quando traverso


di sera di luci.
i

miei ponti, tra

il

fiume e
11

il

tremanti

una scusa
indigenti
!

malcontento cos spesso L'ambizione della gloria talmente comune anche nelle anime pi
?

Ma

questo che prova

della pi clorotica debolezza

tutti quei brevi soffi fantastici

non
il

arri-

vano a

esser la ventata uraganesca che spazza

mondo
;

e solleva gli uomini verso e gli angeli e

le stelle

tutte

quelle impressioni slegate, quelle ideine scompagnate,

quegli zampilli ricacciati subito in basso, quei corti


spunti, quelle espressioncelle felici che

non riescono a
fondersi in

ordinarsi, a organarsi, a vivere insieme, a

un non giovano
per avere
il

capolavoro di vita, in un'opera piena e


e

compiuta,

non contano

nulla. Ci vuole

ben

altro

diritto di

tori e di salire

dar del tu ai molto potenti creasulla torre o sul monte pei sputare o
fochi fatui, le fosforescenze ini

per piangere sulla processione dei pettoruti soddisfatti.

Le fuggenti
gannevoli,
tille
i

scintille,

bagliori velati,

barlumi lontani,

le scin-

son

sorte e spente in

un

istante

non sono

la

fiamma

promesse, tentazioni, lusinghe, son l'esca sem-

223
pre rinata della vanit, sono
del maledetto infecondo, sono
il
i

conforto estenuante
guizzi dell'agonia di

un

aborto.

Non
il

bisogna

sperarci.

Meglio

sarebbe,

an2!,

che non

ci fosse nulla.

Quegli sbuffi di fiacca gedi tortura dell'uomo

nialit sono

non bestia perfetta n genio supremo, che non pianta annosamente vegetante, n anima furiosamente creante n sordo pacco di materia, n colonna di fuoco innanzi ai popoli. Sono il
di

mezzo

marchio d'infamia e

di colui che

mediocre,

corpo
il

l' infame mediocre che odio con tutto il son quello che non sar niente mai pi, quando sangue si fermer e i polmoni si gonfieranno per
;

l'ultima volta. Forse fui qualcosa,

tempo

fa,

per qual-

che
in

momento

forse spesi tutto

il

genio che mi fu dato

una sola notte, in una sola partita di quel giuoco eh' io non so. E ora son qua come un ebreo che abbia assaggiato l'uva della terra promessa, in un giorno di affrettata vendemmia e sia rimasto solo e colla bocca secca in mezzo al polveroso deserto sono come chi

sta sospeso tra

il

cielo e la terra,

troppo

corpulento

per saUre alle stelle e troppo etereo per raspare tra la


melletta. Sedimenti di cultura, reminiscenze di poeti, brulichio di pensieri fanno di

me un uomo

inadatto
menti.

alla solida vita del pratico e del

meccanico e non son

bastati a rendermi degno di quella di re delle

Non

avessi

almeno provato mai neppur da lontano,

neppur per un attimo, la spasimante gioia della creazione Oppur fossi nato e rimasto risolutamente e de!

tinitivamente

un dolce

imbecille senza coscienza,

im

modesto cretino senza rimorsi, un buon idiota senza

224
pretese
!

Invece no. So che sono imbecille, sento d'es-

sere idiota e ci

contenti.

mi leva fuori dagli Son superiore fino al punto

idioti

interi

di

capire

che

non sono abbastanza superiore e niente pili. Forse coll'andai degli anni la mia imbecillit sar pi profonda e sar allora, se non pi felice, meno tormentato.

spero di tornare albero o sasso e di giacer

finalmente nella beata incoscienza del tutto.

XXXVI
e

un

ignorante.

E
verit

poi, in fondo,
:

diciamo proprio tutta la seccante


!

sono un ignorante

Ho

frugato dappertutto,

ho rimescolato ogni cosa, ho sfiorato e annusato il conoscibile, ho battuto il capo contro l' inconoscibile ira non ho approfondito mai nulla. Non c' dottrina, arte, filosota in cui possa dire d'esser veramente despota assoluto. Non ho una mia specialit ; non ho un campo, sia pur piccino, sia pure un orto domestico e minimo, in cui mi senta veramente nel mio, in cui possa
trattare dall'alto in basso chi

mi
l'

viene tra

pedi.

Posso dare

agli altri,

a molti,

impressione d'essere

uomini anfibi, eunuchi ed evirati che si chiamano, con oltraggio all'agricoltura, uomini colti Ho letto parecchi libri, moltissimi, forse troppi, eppur
di quegli

un

posso dire di non aver letto nulla.


finit di

nomi, un'orda di
i

titoli,

Ho in mente un' inun magazzino di apmeper


di
il

p\mti,

ma

libri

che veramente conosco dentro e fuori,

nelle par

'le

e nello spirito, per letture e riletture

ditate e posate, son pocldssimi, e

me

ne vergogno

quanto non
chi perde
-AfiM
il

sia

il

solo in questo miserabile

stato

tempo a
finito

scriver sulla sabbia parole che


i$

Un uomo

- 2^5

di

^ento porter
bre e sinistro
;

via.

L'
1'

uomo
quel

un
gli

solo libro fune-

ma
e

VL&m.' di troppi libri


ch'^

come una
di ques'i

fogna che

itiene

di
il

passa dentro sola-

mente

il

peggio

di fuori. Io sono

uno

nomini.

Mea

culpa.

Sono l'autodidatta nato e l'autodidatta grande soltanto se riesce a maturarsi e a formarsi. Sono 1' enciclopedico, l'uomo dei dizionari e dei manuali, e l'enciclopedico meraviglioso quando sa legare cogli anelli di ferro dello idee madri i fasci sfioriti e appassiti dei fatti falciati qua e l per le librerie. Posso sbalordire pi d'uno con la bibliografia posso sostenere conversazioni decenti anche con specialisti. Ma dopo cinque minuti o cinque giorni eccomi a secco la mia balla vuota. Ho molti sacchi, in casa mia, ma non son di misura. Ci manca sempre pi d'uno staio e quel che resta ron passato al vaglio. Da qualunque parte mi voki non sono un profano ma neppure un iniziato. Non ho il mio seggio riconosciuto nelle adunanze dei dotti e non porto cartelli in fronte. Sono uno spostato che pu stare in qualunque posto finch non lo mandan via. Ebreo Errante del sapere non mi son fermato in nessun paese non ho preso domicilio stabile in nessuna citt. Perseguitato dal demonio della curiosit
;
:

ho esplorato fiumi
zienza
:

e foreste senza

disegno e senza pa-

di sfuggita, di volata. Ilo molte reminiscenze

ma

pochi fondamenti, Son come un re che possiede


di carte geografiche.
finito

im grande impero composto

Ho

cominciato ogni cosa e non ho

nulla.

2^27

Appena imbroccata una strada sono svoltato per la prima traversa che mi s'apriva a destra o a sinistra e da questa per le scorciatoie son cascato nei viottoli
e

dai

viottoli

mi son
si
,

ritrovato

in

un'altra

strada

maestra.
della

Quando qualcuno mia erudizione

meraviglia

del

mio sapere,
Io
cer-

mi vien

fatto di ridere.

solo so quanti vuoti spaventosi ci siano nel


vello. Io solo,

mio

che ho voluto saper tutto, so come sian


lingue

mia scienza. Le vicende delmorte delle grandi nazioni, le scienze della luce, del movhnento, della vita mi son quasi chiuse. Conosco il vocabolario e qualche paraho un' idea dell' insieme e non so camminare grafo colle mie gimbj. Sono ignorante, immisurabilmente e incurabilmente ignorante. E il peggio si che la mia ignoranza non quella pura e naturale dell'uomo dei boschi e dei ca pi che pu andar congiunta colla freschezza, colla pace e perfino con una certa ingegnosit.
prossimi
i

confini della
le

l'antichit,

No

io

son

l'

ignorante che s' rinvoltato

fi
'

hbri,

sono un ciuco di biblioteca, son

colui che

ha tanto

imparato da perder
pretta sapienza.

la

spontaneit senza acquistare la


coraggio di voler insegnare agli

Eppure ho avuto

il

uomini, d' improvvisarmi maestro, di tracciare per altri strade e sentieri. Ho scritto libri con note e bibliografie
;

ho sentenziato

sui libri altrui


i

ho dato

l'

im-

pressione di possedere
i

miei argomenti e di conoscere

miei temi.

Ho una
di

certa reputazione di sapiente, di

lavoratore,

schedaiolo.

Quanto grande dev'

esser

22
l'ignoranza
cose
!

degli altri

perch

si

credano di

me

tali

Io solo posso dire

quanto

sia facile e falsa quella

fama che
il

certi dotti scroccano

con poca spesa dalla


il

cieca pigrizia degli uomini,

lo che conosco so

diritto

quanto sia e lieve e sottile la tela delle mie erudizioni, e quanta impreparazione ci sia sotto la sicurezza, e quanta timidit dietro la tracotanza, mi vergogno di me stesso
rovescio
iTiia

deUa

sapienza, e

e degli altri e sento


alta,

il

bisogno di confessarmi a voce


sentire.
sif-

per chi

mi vorr

Cosa mai poteva uscire di grande da un uomo


fattamente sommerso e infangato
pere potere
:

nell'

ignoranza

Sari-

che meraviglia se la mia potenza

masta, tonnentoso ricordo e rimorso, nella


tura dei desideri morti
sta necessaria disfatta
?

spazza-

chi dovr accusare di que-

Me
S' io

stesso,

sempre

me

stesso,

solamente

me

stesso.

fossi

stato pi debole

(per

forte (per vincere)


r\

non
1

sarei

non sognare) o pi qui ad umiliarmi dinanzi

quelli

che disprezzo

XXXVIl.

Non
Non ho
Qual'era
soltanto

conosco

gli tfomini.

l'

ignoranza delle cose

ma

anche

quella degli uomini.

gran disegno della mia vita ? Agire sulla ma specie, trasformarla profondamente, condurla dalla bestia all'uomo e dall'uomo a Dio, inaugurare ima
il

nuova epoca
stica
dell'

nella storia del

mondo,
agire
le

umanit.
;

Ma

per

sogna conoscerli

per cambiare

miuomini biloro anime bisogna


fissare l'egira

sugli

esserci saputi entrare, averle penetrate colla simpatia

e coU'amore. Senza

un contatto

diretto e quotidiano

con
coi

campagna, bambini della scuola e gli operai della fabbrica, colle donne che sperano e quelle che soffrono, coi grandi della terra e coi mendicanti scalzi, non possibile produrre un qualsiasi moto che li strappi dalla vita com' per spingerli a violenza verso il meglio. Chiunque votutti,

con

gli

uomini della

citt e della

glia trovare le vie del loro cuore, e scoprire la

molla

de' loro atti


segreti,
i

deve aver conosciuto

loro pensieri pi

loro bisogni pi gravi, le loro scelte pi na-

scoste.

C' r

Uomo

dei filosofi che la

psicologia

pu
o

stenderci innanzi nelle trecento pagine di

un

libro

2-.0

nelle trenta parole

d'una definizione
si

r'

l'uomo
gli

esteraltri,

no, tutto di facciata, che

acconcia da s per
di

per farsi
si

vec^ere e valere

fronte ai

compagni, dui
e

pu riconoscere

in pochi

momenti

descrivere

in

pochi tocchi.

non

il

l'uomo vero, l'uomo reale e concreto, bambolotto simmetrico de' filosofi n il traveil

Ma

stimento esteriore dei nostri conoscenti. L'apostolo,


profeta,
il

wiessia

deve

conoscere
:

l'

uomo

che

sta
gli

sot+o alle parole e alle tniccature

uomini e non l'uomo quest'uomo e quell'uomo, migliaia di uomini, uno per uno, con tutte le loi o intime
fisonomie sentimentali e mentali.
Io

deve conoscere

non

li

conoscevo e dovevo per forza

fallire.

Non

ci si fa

ascoltare

da

quelli che

non

si

vollero ascoltare

non comprendono chi non s' consumato d'amore per essi. L'umanit una donna che si commuove soltanto per chi 1' adora o per chi r impaura. Per questo tentai anch' io di conoscere gli uomini mi sono sforzato di mescolarmi fra loro, di prenderli a
Fui straniero dinanzi a loro ed
linguaggi degli stranieri.
essi

Non possono amare

braccetto, di ascoltare

loro discorsi, di ricever le loro

involontarie confidenze.

Tutto

volli

provare
i

entrai nelle case dei poveri


;

per raccogliere

loro atti di accusa

mi soffermai acper

canto all'uomo che zappava, piallava o batteva


sua idea della
le

entrar nello spirito del suo lavoro, per indovinare la


felicit
;

seguii gli sconosciuti attraverso


;

strade affollate per spiare la loro vita


ai signori eleganti e cortesi e

volli avvi-

cinarmi

tremai di freddo

231
e di rabbia ne' loro salotti riscaldati
col cameiiere e
le loro
;

mamme
alle

m' intrattenni feci parlare i bambini e col facchino frequentai le chiese e mi sedetti ac;

canto
alla

beghine vestite di nero che mormoravano


le loro

Madonna

raccomandazioni puerili
;

fui coi

preti nelle canoniche e coi frati nei conventi


le

bazzicai

scuole dei grandi scolari e gli studi dei pittori sco;

nosciuti

mi

chinai sul mastro dei

negozianti
dalle

mi
put-

affiatai cogli

impiegati
;

mi

feci

raccontare

e respirai 1' aria grassa e puzzosa economiche delle trattorie e dei caff di second'ordine per sentire i discorsi di quelli che volevo redimere.

tane la loro vita

Io stesso provai a incastrarmi nella vita degli altri


scrissi lettere

a m.acchina assieme agli scrivani


;

presi

appunti cogli studenti


dici
;

spellai pezzi di m.orti coi


;

me-

mietei

il

grano coi contadini


;

tirai le

cavezze dei

ciuchi coi barrocciai

pranzai spettegolando con du-

chi e marchesi
il

adoprai l'archipenzolo coi muratori e


inutile.

badile coi manovali.

Mi sono accostato a voialtri, uomini, eppure non vi amo. Non posso amarvi. M' indispettite, mi repugnate. E poich non vi amai non vi conobbi e non avendovi conosciuto non potei salvarvi. Fui solo e tutto mio in mezzo a voi e voi mi avete lasciato solo. Le mie parole vi lascian muti e le mie promesse non vi muovono. Avete fatto bene. Un tremendo contrasto c' in me come in tutti quelli che hanno cercato di mutare il vostro destino, lo mi avvicino per conoscervi e appena comincio a conoscervi mi disgusto E per salvarmi da questo diEppure tutto fu

232
Sgusto dovrei cambiarvi

ma non

posso cambiarvi per-

ch non so come siete fatti. un circolo doloroso dal quale molti furono strozzati e stritolati. Ognuno ama

immenso amore l'umanit, chiuso nella solitudine Appena esce fuoii e comincia ad aver che fare con Pietro e con Giuda, uomini parlanti e camd'

della sua casa.

minanti,

l'amore

si

ci s'allontana di

cambia in disprezzo o in odio. nuovo e nel deserto risboccia l'amore


-

per tutti
chi vi

gli

uomini, anche per Pietro e per Giuda.


il

Questo

mio caso. Io vi amo, uomini, come poamano. Tutta la mia vita interna pervasa da
f>i
il

questo profondo amore. Vorrei vedervi pi grandi, pi


felici,

pi puri, pi nobili,

potenti.

il

mio sogno

pi caro era quello d'essere

vostro redentore vero e

maggiore.

Ma questo amore geloso,' nascosto, bizzarro. Appena cerc d'esprimerlo le parole mi s'agghiaccian sui labbri appena tento di abbracciarvi si trasforma appena respiro tra' vostri fiati s'avvelena in disgusto e si nasconde. un amore tutto intimo, tutto mio un amore solitario, egoista, impotente. Invece di ac; ;

cendersi di pi all'aspetto dell'amato cade e sparisce

invece di manifestarsi in atti amorosi, in parole cordiali,

forme della rampogna e la frusta delmio amore fatto di sputi e di battiture. Voi non potete capirlo n accettarlo. Io non posso, in questi momenti di spietata sinceprende
le

l'invettiva.

Il

rit,

rimproverarvi.

La colpa

in

me

son troppo

freddo per potermi veramente confondere con voi

come

l'amante con l'amata. Nel mio sorriso leggete lo scher-

23

no nella mia stretta di mano c' un pugno che freme Anche l'umanit dei violenti ed io non seppi n
;

arcarvi n battervi abbastanza.


Ci sono in

me

soltanto

intenzioni
il

senza
di

forza,

debbo straziarmi senza avere


il

diritto

chiedervi

conforto di una parola. Sono

un

piccolo

Prometeo

che ha nel suo petto ravvoltelo del rimorso perch col fuoco rubato ha saputo bruciare solamente s stesso.

XXXVill.

U Ispirazione.
ad un tratto scoppiasse dentro di me, come una vena lungamente trattenuta e chiusa a forza, la maestosa e profonda coiTente dell' ispirazione e le idee zampillassero come getti fantastici fmo al cielo e le immagini e i sentimenti, e le care definitive parole cascassero come pioggia a rinfrescare il mio cuore a
se
;

Oh

consolare,

a destare, a intenerire tutti


se l'anima

cuori degli

uomini

Oh

mia ad un tratto
i

s'

infiammasse

come
come

in

un campo

di stoppie e di sterpi,

come una
il

selva arida e folta, e

pensieri illuminassero

cieU)

razzi spiegati e le parole bruciassero


le

vero e

idee sprizzassero
faville

sotto

la

come fuoco fuga della mia

penna come

da un ceppo infuocato percosso e potessi finalmente illuminare e scaldare tutte le anime Perch dev'essere negata a me, proprio degli uomini
!

a me che l'aspetto, desidero e voglio questa questa feKcit, questa grazia ?

gioia,

Oh

se di questi giorni,

dopo tanti anni

di attesa

impaziente e di forsennate invocazioni, udissi sgorgare

una fiumana
fare

di

parole

nuove,

mi
le

sentissi

soprafscri-

da un'ondata non mai sentita e invece di


le

vere

stesse

storie,

d' infilare

solite

parole^

di


toppati pensieri
rit,

23

in bocca inaspettate ve-

strascicarmi penosamente sull'orme degli stanchi e rat-

mi venissero

meravigliose immagini e accenti e armonie e pas-

sioni che nessun" e sentito


!

uomo

avesse mai scoperto, trovato

Tante

volte, la sera, al

lume rosso

e on-

deggiante di una candela o a quello calmo e


di
l'ora divina

bianco

una lampada nascosta, ho aspettato 1* arrivo delcome gli am-'-iiti sempre delusi aspettano

a mezzanotte la bella che finalmente s' promessa, E vis. via strappavo i fogli non ancor tutti riempiti di grosse lettere nere e frettolose e mi tormentavo gli
occhi con
le

mani, e fissavo stupidamente qualche stuprofili di

pida cosa, tracciavo quasi sognando

mostri

e di vecchi barbuti e strappavo altri fogli e maledi-

cevo

tando via seggiola


ticare.

mi alzavo ad un tratto e getpenna mi buttavo sul letto, senza poter dormire, senza poter sognare, senza poter dimenstesso finch
e

me

Cos cento e mille volte

lo spirito

rimaneva sem-

pre duro e resto, l'anima sempre fredda e morta, la


carta sempre bianca, la gloria sempre lontana.
nio non
c', l'eco

ge:

non risponde,
e

l'estro

non

si

sveglia

buio, silenzio,

tortura.

Cosa non avrei fatto


e destato

non

farei per essere

scosso
la

misteriosa dettatura di

un momento, per ricevere ad un tratto una rivelazione Che m' ispiri Iddio o il demonio non importa
! :

ma

che qualcuno pi grande di me, pi sano di me, pi

veggente di me, pi pazzo di me, parli colla mia bocca,


scriva colla

mia mano, pensi

col

mio pensiero.

XXXIX.
*

mei

debiti.

Ma
ver

Dio non

viiol parlare colla

mia bocca
si

non

scri-

nn

libro santo,

il

demonio, che
l'

compiace

di

letterature,

mi

aggraffia verso

interno degli spaventi.

Ma
bocca.

ho paura che qualcuno parli lo stesso colla mia Non conosco ancora me stesso. Mi son tanto

cincischiato che la

mia anima

ora divisa e spezzata,

senza vita, con tutte le fibre scoperte e confuse, come in tante tavole di anatomia. Non mi conosco. Non
riconosco la mia voce.
suggeritore

parole vengono proprio da

Non so, quando parlo, se le me o se qualche maligno


Tutti
i

non

sia nascosto dietro le

Sento
debitori

d'essere

un

debitore.

gli

mie spalle. uomini sono


loro debiti e
i

ma

pochissimi riconoscono

pi non

intendon pagarli.

La

storia dello spirito

umano

piena di cambiali protestate.

chi, come i piamo digerirli. Purtuttavia riconosciamo per

Noi mangiamo i vecselvaggi del Pacifico, e non sempre sapnostri


i

vomiti che- seguono a quelle mangiate.

Mi sento infinitamente debitore. Io posso dire, come San Paolo Son debitore de' greci e de' romani,
' :

degli ebrei e de' gentili

Potrei aggiungere un'altra


il

mezza dozzina di popoli

conto non sarebbe

cliiuso.


Sono come
il

237

gli

tuo

il

mio.
plagi

uomini dell'et dell'oro non distinguo Non ho rubato coli' idea deliberata di

rubare.

I
i

non mi piacciono
li

soltanto

poveris-

ho assorbito, ho biascicato e ingerito tutto quel che m' venuto sotto mano e ora non so fare la separazione dei beni. Son tutto impregnato di teorie altrui, imbottito di libri, saturo di articoli, imbuzzato di parole e di
simi e
ricchissimi

posson

fare.

Ma

ho

respirpito,

immagini. Son
tre

figliolo della

cultura e degli altri


stesso.
:

men-

vorrei essere genio e

me

Questa indeterminatezza mi cuoce

vorrei sapere

quel che son io veramente, qual' la mia parte personale in quello che ho fatto. Vorrei regalare agli altri

dopo
stesso

averli

derubati

vorrei

aggiunger

qualcosa a

quella civilt che


:

mi ha

nutrito. Vorrei ritrovare

me

fare

conti di cassa, e

andarmene
:

bagaglio anche se pesasse un'oncia sola. Io

mio metto il
col

mio nome in fronte


a
nolo.

ai

miei

libri

ma

vorrei

sapere preso

quel che m'appartiene davvero e quel che ho

Mi par d'essermi limpastato talmente cogli altri da non poter raccapezzare le mie proprie membra. Canto in coro e non mi riesce di ritrovare il timbro della mia voce. Son disgustato. Questa comunanza mi secca que;

sto sospetto di furto

mi

con nessuno

e farei
i

Non vorrei volentieri a meno di


turba.

aver debiti
esser
io,

rico-

nosciuto verso

miei creditori. Voglio esser

io Sole,

separato, indipendente, senza legami, unico e legittimo


proprietario di

me

e delle

mie

cose.

Sono un Robinson

senza

l'

isola.


Invece,

23

ho sempre

quando

rileggo quel che scrivo,

paura

di ritrovarmi in casa d'altri. Quella parola posso


;

averla tolta a quell'antico scrittore

quell'
;

immagine

pu

essere

quell'idea pu altro prulungamento d'una teoquel tipo mi pu essere stato suggerito da ria altrui un romanzo letto, da un personaggio vivo quello spunto posso averlo preso nella conversazione d' un
esser la reminiscenza d'un
il

travestimento o
;

il

amico. Le ombre dei passati e dei presenti mi s'adunan dintorno ed io vorrei buttare in faccia a ciascuno il loro avere con tanto di frutti e interessi. Gli altri non hanno di questi scrupoU l' invidio.
:

Non

vorrei

prender nulla neppure dalla realt


il

ragno che tira fuori tutti i fili della sua opera dal suo ventre. L'ape m' odiosa e il suo
vorrei esser

come

miele

mi

sa di refurtiva. Vorrei essere

il

debitore di
gli

me

stesso e di
i

me
visi

stesso
degli

soltanto.

Neppure

aspet-

uomini e le piante dei boschi ti e le case della citt mi dovrebbero dar nulla. Non posso farne a meno eppure mi vergogno di ritrovarU in. me, nei miei scritti. Mi pare che senza quel cielo,
del cielo e

quel viso,

quell' albero,

quella casa

non

sarei

stato

capace di dir nulla e ci mi attrista. Vorrei fare il vuoto intorno al mio spirito per vedere di cosa capace quando lasciato a se stesso. un desiderio assurdo, una Voglia ridicola, un assunto impossibile
grazie tante
cosi
:

Ma non
:

posso fare a

meno

di sentirmi

r antidebitore per eccellenza, fino alla pazzia. Eppoi c' di peggio ho perfin paura, certe volte, di dovere quel che chiamo il mio ingegno a cose assolutae fisiche per giunta. S' io mente estranee a me,

~
pi
facilit
;

239

tazze
di
caff
;

divento pi acuto dopo due


di connettere
lieto
;

se

dopo

aver

vuotato

ho una

teiera

dopo qualche mi sento pi nobile sopra una vetta di mille metri se una musica di caff o ima fanfara di soldati o un tempo di sinfonia mi rendono pi poetico e mi fanno nascere pensieri, immagini e periodi che non saprei evocare nel silenzio allora una sciocca vergogna mi riempie l'anima ed ho il crudele sospetto eh' io non sia altro che una macchina cerebrale che rende quel che ci si mette,, che ha bisogno' di combustibili e di essenze per lavorare e che non son
se

divento

e paradossale

bicchiere di

spumante

se

io

a pensare e a sognare
i

ma

che

il

caff,

il

the,

il

vino

l'ossigeno e

suoni pensano e sognano in me.


c' della gente
io

una paura
io faccio.

stupida, forse:

che beve e ascolta quel

che bevo e ascolto

eppure non fa quel eh'

Ma non
in corpo

importa. Questa roba nera o bionda che metto


:

ha un effetto su di me se non la prendessi non scriverei quel che scrivo o non penserei a quel modo. Queste sostanze fsiche ed estranee sono una parte della mia ispirazione, sono. le collaboratrici della mia opera e questo mi fa rabbia e dispetto. Esser debitore
di Shakespeare gi abbastanza noioso ma dover qualcosa a un' infusione di portoricco e sando-

mingo o

Non
mento
ecauTO')

Ceylon tea troppo luniliante. so quanti provino questo malaugurato tordi

di

non

ritrovare se stessi. I greci col loro

y^tnOo

Ibsen col

sii

te

stesso

mi

irritano

in

modo

incredibile.

Come
in

far a conoscer

me

stesso se

non so ritrovarmi

questa moltitudine di umanit

che

nii stringe

e penetra da tutte

le

parti

arriver

ad

esser

veramente

me

stesso se
il

? E come non mi so

riconoscere, se

non

so quale sia

centro irriducibile,

mia personalit ? non cerco im uomo, non cerco 1' Uomo voglio me stesso, unicamente me stesso. E non so chi sia, n dove stia, n^. cosa pensi veramente. Con questo me fasciato vestito e imboccato dagli altri debbo videbbo vivere per sempre, come uno sconovere sciuto. Ed questo, e non soltanto questo, uno dei supplizi della mia dura vita.
l'ultimo residuo della
Io
:

XL.
II

buffone*

Prima

di morir di
i

fame

e di freddo

come un

gatto

Ander a raccattare i cenci per le strade con una balla sul groppone. Ander sulle porte d elle chiese e dei cafi a chiedere un centesimo diventer custode di latrine pubper amor di Dio bliche far ballare un orso sulle piazze di campagna e se proprio non mi resta altro scampo far il giovane d'avvocato. Ma e' un mestiere che non far mai e
sperso far tutti
mestieri.
; ;

p mai, neppurese
gola.

me

l'ordinassero colle pisto le alla

Quello dello scrittore bufione, dello scrittore che


scrive per divertir la gente,

per far passare

il

tempo
fabbri-

ad annoiati e vagabondi, l' infame mestiere mo che da un gennaio all'altro inventa storie,
ca intrecci, cerca avventure,
rinfresca
ricordi,

dell'uo-

stende
batte

romanzi, improvvisa novelle e mette su


per far ridere o lacrimare chi lo

commedie
gli
le

paga

mani.

sotto

inutile che cotesti pubblici


il

divertitori parlino di
alla plebe e ricevano
il

bellezza e fingano di fare


il

muso

mantello e la sera, al buio,


Un uomo
finito

prezzo

dei loro

Papini,

i6


moltitudine
vita della giornata

242

passatempi. Sono, lo vogliano o no,

cortigiani della
la

sovrana che vuol


;

dimenticare

laida
;

buffoni salariati del popolo

menestrelli sottoposti della borghesia che fra

una

fu-

mata e una girata vuol leggere. Chi vende finzioni un servitore di chi ha noia e quattrini una specie di mezzano che offre vita fnta altrui a chi non ha ab-

bastanza vita dentro di


all'effetto, tra

s.

un

sigaro e
?

Che differenza c', quanto un racconto; tra un dramma


e

un

fiasco di vino

una commedia e ubriacandosi a buono s'entra a vivere in un'altro mondo, a sognare e vedere quel che non esiste.
noia
dell'aspettare

Fumando

leggendo

passa

la

ascoltando

La
e

differenza c'

l'arte.

tranno dire

bellissime

cose

concedo che si poanche a quella maniera

si potranno creare opere che resteranno chiss per quanto tempo nel cuore degh uomini. Ma insomma

in tutte codeste cose c' sempre, in fondo,

l'

idea che

prima

distrarre gli uomini e tenerli bene raccontar loro delle storie perch non s'addormentino, perch respirino pi presto, per arrivare pi sicuramente alla loro anima e far capire sotto mano qualche grande verit. Ma cosa m' importa di far piacere agli uomini Io non vogHo fare il buffone di nessuno E affermo

di tutto bisogna

allegri, e ch'

.''

che tutti quanti


racconti, di

gli scrittori di

romanzi, di storie, di

commedie
i

e di

gente che vive per stuzzicare


uomini, come
le

drammi, sono stati buffoni, l' immaginazione degli


i

suonatori accarezzano

loro orecchi

donne

loro corpi.


t'anni, e

2-13

Gli uomini son quasi tutti ragazzi, anche a sessan-

hanno bisogno

di questi scaccili noie

hanno

bisogno delle invenzioni e delle avventure, del pittoresco e del patetico. Gli scrittori, anche se

proprio bambini

loro stessi,

li

non eran hanno contentati e si

son messi a quattro gambe per terra, a suonar la trombettina a cavallo di una granata. Mi dispiace che tra loro ci sono uomini come Omero, come Cervantes,

come Shakespeare, come Dostojevski a' quaU voglio parecchio bene. Anche loro son buffoni come gU altri cosa volete che vi faccia ? Anch' io quando li leggo e mi diverto ad asce Itarli sono un ragazzo grullo che
:

ha sempre bisogno delle novelle della mamma. Me n'accorgo da me che sono incontentabile, seccante e puritano. Chi ha mai pensato che quelli che illuminarono la nostra fanciullezza e ci accompagnarono con tante loro creature parlanti nelle serate malinconiche e libidinose dell'adolescenza e della giovi-

nezza fossero dei buffoni

Anch' io, quando non son preso da questa oscura rabbia che mi fa vomitar condanne e offese, dubito delle mie parle e sto per credermi ingiusto, forsennato e cattivo. Ma invece no. Pensate cosa vuol dir buffone uomo che diverte gli
?
:

uomini, e

li

diverte.

Come

Spesso facendo ridere sulle


servendosi dei mali
<
<s^

disgrazie altrui, o per lo


delle

meno

sventure non per destar la compassione e

l'or

rore
di

ma

per intrattenere la curiosit.

Il

caso pietoso

due amanti morti prima di godersi un rimedio

per far dieci sbadigli di


razione di

meno

in un'ora

la dispe-

una madre,

il

tradimento di una

moglie,

244
un vendicativo, la tristezza di un disilgenerosa di un esaltato, la brutta fine di un innocente non c' cosa al mondo che il raccontatore di professione non agguanti e non faccia sua per ammannirla poi dinanzi ai signorini e alle signorine che non hanno abbastanza sfogo nella vita natula ferocia di

luso, la pazzia

rale

ed

ai

babbi e

alle
eli

mamme

che fanno volentieri

una

risata alle spalle

lagrimetta sui casi di

Don Chisciotte e versano una Re Lear. Tutta l'arte loro, che


o spettatori, in

qualche volta grandissima, ha per fine di interessare

profondamente

gli oziosi lettori

modo
In-

che questi siano veramente trasportati fuori della loro


piccola vita personale, uggiosa, vile e umiliante.

tendete pure la parola buffone nel senso pi nobile,

pi grande e pi eroico che volete,

ma

lasciatemi chia-

mar

cos tutti quelli che

pensa
riosa,

con

la

speranza di una ricom-

sia

una rama

d' alloro o

una epigrafe
lire

glo-

scrivono
E

o lo sbatto delle mani o diecimila


piacevole.

in contanti

qualcosa col fine di procurare agli uomini,

un trattenimento
vi pare

che questa sia azione di uomini che abbiano coscienza del loro posto in questo misterioso e
adorabile universo
?

Vi pare che

pochi che

vedono

quattro spanne pi in l di queste bestie fanciulle, e

sanno

la fine

che
il

ci

aspetta se non sapremo vincer co-

raggiosamente

destino creando una vita pi pura

dinanzi alla minaccia del nulla, vi pare, dico, che costoro dovrebbero
e

incoraggiare

questa

bambinaggine
i

baloccaggine degli uomini e tenerli qui fermi dasi

vanti ai teatri di fogUo dove

muovono

burattini

215
dei sogni,

ad ascoltare
?

le

peripezie immaginarie di fan

tasmi inomaginari

Perch aver tanta compassione fuor di posto per loro e adoprar tanto genio per addormentarli e tra* stuUarli mentre tanto pi bello e pericoloso sarebbe
svegliarli

a forza

d'urli,

metterli in

faccia

buio,

farli spenzolare col capo gi nell'abisso e forzarli cos

a rialzarsi, a scoprirsi,
alti

farsi

pi

dolorosi
li

ma

pi

davanti all'universo che ora appena

sopporta.

Ma
die
!

che

storielle,

ma

che leggende,
si

ma

che trage-

Chi s'annoia giochi a scopone o

butti in mare;

il

genio non s'adopii pi per regalare letture diver-

tenti ai disoccupati e per ridar vita a chi fu nel pas-

sato oppur

non fu mai,

ma ad

annunziare

nuove

vite e vite mighori, a preparare

una

terra che conosca

soltanto

dolori dello spirito, abitata

da uomini che
e
pro-

non

pensino a dimenticare

ma

a ricordare

mettere.

XLI.

Un
Io

p* di certezza.

non chiedo n pane, n gloria, n compassione. alle donne o soldi ai banchieri o elogi a' geniali . Di codeste cose fo a meno o le guadagno o rubo da me. Ma chiedo e domando, umil-

Non domando abbracci

mente, in ginocchio, con tutta la forza e


dell'anima mia,
cola fede
;

la passione

un po' di certezza una sola, ima sicura, un atomo di verit Io vi prego


!

pic-

e vi

scongiuro, per tutto quel che avete di pi caro e di

pi prezioso, per la vostra vita, per la vostra amata


di oggi, per la vostra idea preferita, di dirmi se e'

tra voi chi abbia quel che cerco, se v' qualcuno che
sia certo,

che conosca, che sappia, che viva e

si

mova

nel vero.
s' -

se e' , e se

non sbaglia

non

s'

inganna, e

generoso quant' fortunato, dica a


sa,

me

quel che co-

nosce e quel che


faccia pagare,

lo riveli sotto

giuramento, e mi

quanto vuole, come vuole,

Ho

bisogno di un po' di certezza

la

sua

verit.

ho bisogno
;

di qualcosa di vero.

pi vivere senza.
di pi,

Non posso farne a meno non so Non chiedo altro, non chiedo nulla

ma

questo che chiedo molto, una straor:

dinaria cosa

lo

so.

Ma

la voglio

in* tutti

modi


a tutti
al
i

247

mondo
Io

mi dev'esser data, se pur c' qualcuno preme la mia vita. non ho cercato che questo. Fin da bambino non
costi

cui

ho vissuto che per questo. Ho picchiato a tutte le porte, ho interrogato tutti gli occhi, ho doraandato a tutte le bocche e ho scandagliato mille e diecimila cuori invano. E invano mi son buttato nella vita fino al punto di affogare e di vomitare, e invano, sempre invano, mi son sciupato
ultimi e
gli

occhi sui libri vecchi e sugli

mi son

fatto

rintronar la testa dall'urlate

de' filosofi rivali e invano,

eternamente invano, ho prole

vocato

gli

echi interiori e ho preparato con umilt

vie della rivelazione. e nessuno

Ma

niente,

ma

nulla venuto

ha risposto. Nessuno ha risposto in modo da spengere ogni voniente venuto glia e bisogno di chiedere ancora che abbia calmato il cuore troppo impaziente e abbia
;

saziata quest'anima mia, sitibonda

Tutti
inutili

i
:

tentativi e le prove e gli

come un deserto. sforzi non sono stati


stati

molte pareti son cadute, molti muri sono


squarciati,

atterrati e

che

si

sfascia, altri

come rena con gran rumore, come se una nuova


alcuni pian piano,

terra scoppiasse fuor dell'antica.


rete c'era
il

Ma

dietro ogni pac'era


s
il

vuoto

al di l d'ogni

muro

buio

e l'eco era talmnte singolare che

ad ogni

di speranza

tornava indietro uno stanco no senza

fine.

Nessuno potr
gio.

dire eh' io
le

non abbia avuto coragserene,

Ricordo ancora
cieli e

notti lunghe,

vegliate

all'aperto, coli' illusione dell' infinito nell'anima, sotto

quei

quelle stelle che

ti

riempiono di santit e

ti

248
puliscono
il

pensiero da' bestiali colori del


sul vetro del microscopio
:

giorno...

ho Quel che vedo ogni giorno cogli occhi nudi piccoli esseri in un piccolo mondo che l'un l'altro
e cosa

mi son chinato
?

visto

s'

ingoiano.

Vennero anche

gli

uomini della fede e

quelli inca-

ricati di serbare la fede.

tutti

loro discorsi

non
e

riu-

scirono a mettere in
role e

me
mio

la fede ch'era nelle loro pa-

dove c'eran
le

le
il

parole

non c'erano
spirito

fatti

dove

c'erano
g'

parole

maledetto
ci

scorgeva

inganni, gli orgogli, le illusioni, le ignoranze, le fini

taggini,
d' Iddio

comodi,

calcoli e tutto

che vuol fare


migliori eran

un Neppur

servitore

dell'uomo.
:

coi filosofi ebbi fortuna

grammatici che a forza di affilare la falce facevan cader secca in terra la messe prima di mieterla e gli altri eran poeti fuori di strada, energumeni senza grazia che disegnavano giorno e notte, per immaginarie citt celesti dove nessuno pu vivere, lunghe alte e ricche
facciate senza stanze ' dietro.

E
come
bile

da nessuna parte nessuna


i

verit.

Una

verit,

intendo, di quelle che fanno cader colla faccia in terra

con luce inestinguil'uomo e la sua immagine. E da nessuna parte nessuna certezza. Di ogni cosa ho veduto il pr e il contro e il pr del contro e il contro
fulgori divini e illuminano
il il

fuori e

dentro

del pr

tutte le idee eran diamanti e prismi, ed

erme

quadrifronti e sfingi con mille risposte a dieci dimando.

Di nessuna cosa nessuno pu dire cosi e non altrimenti. A nessun problema si pu rispondere in una
:

240
maniera sola e soltanto in quella maniera. Ogni uomo che parla ha una sua ragione e chi parla contro di lui ha pure la sua ed ha la sua anche colui che parla contro il primo e il secondo e un possibile quarto. Volta per volta ci tocca ad assentire anche il pazzo ha i suoi argomenti e bisogna ascoltarli con saggezza.
:

Scettico io
tico.

No

disgraziatamente. Neppure
:

scet-

Lo

scettico fortunato

una fede
se gli

gli

rimane, la

fede nella impossibilit deUa certezza. Egli


tico.

pu

esser tranquillo

e,

accomoda, dogmadell'

Ma

io no.

lo non credo neppure alla vanit di


inesistenza
:

ogni ricerca e non son certo neppure


della certezza.

Fra

le

cose possibili v' anche questa

che la verit

si

trovi e che qualcuno la possegga.


io

non l'abbia trovata e eh' io non la possegga ? Oramai non voglio pi viver cos non pi sbattuto, come ora, tra il dubbio e la negazione, affannato dal desiderio sempre rinascente, accasciato dalla sconfitta sempre ripetuta. Voglio che qualcuno mia aiuti, e che quello che s' calmato dia anche a me un po' della sua pace. Ma non parole, veh non inganni, non frottole, non speranze da ragazzi chiacchie 2 da donne. Voglio una certezza certa anche una sola voglio una ^ede indistruttibile anche una sola. Voglio una verit vera, anche piccola, anche meschina, una sola Ma una verit che mi faccia toccare la soCosa vuol dire eh'
: !


il

stanza pi interna del


pi solido
e
;

mondo
s'

il

sostegno ultimo,
contraddice

una

verit che

impianti da s nella testa


lei
;

non

faccia pi concepire ci che a

250
una verit, insomma, che sia una conoscenza, una conoscenza vera e propria, perfetta, definitiva, autentica,
indiscutibile.

Senza questa verit non riesco pi a vivere e se nessuno ha piet di me, se nessuno pu rispondermi, cercher nella morte la beat'tudine della piena luce
o la quiete dell'eterno nulla.

XLIl.
Voglio

il

male

Arrivan dei ijiomenti in cui mi par di star bene,


in cui

mi sento

felice, in

cui

ho

il

vile coraggio di scor-

dare tutta la bassezza e lo strazio della mia vita e mi sdraio zitto zitto, lentamente, ipocritamente, nelle co-

modit, nelle abitudini, nella vita agiata, grassa, tranquilla di voi tutti, o compagni che odio, una cosa

vergognosa e provo un certo raccapriccio a confessarla. Io non son fatto per la gioia, non devo cercare il
guai a me mentanti braccia della
piacere

se casco nelle tiepide e addorfelicit


!

Se voglio esser fedele

alla ragion d'essere dell'anima

mia

che

feci

nascendo

la

seconda volta

al

giuramento

al patto eh' io

feci colla vita e colla

morte, non debbo disciogliermi

e addolcirmi nel latteo

beverone del comune e ordi-

nario benessere.
regolarit, troppa pace, troppa bonaccia ormai nella mia vita. Mentre i figli dell'uomo non hanno dove posare il capo, io ho una casa di cinque stanze, in un palazzo antico, vicino ai giardini sempre nuovi e vi batte sopra il sole e vi son dentro buoni
letti

Troppa

c'

per dormire, larglie

poltrone per sedere,

piatti

232
fondi per mangiare. Son povero eppure nulla

mi manca. Ogni giorno la minestra fumica sulla tavola e il pane ben cotto sgrigliola sotto ai denti. C' sulla terra un po' di sorriso anche per colui che se ne volle allontanare come un figliuolo maledetto.

Oggi tutta quanta la mia Vado a letto presto, dormo maco digerisce, gli amici mi
cercano, piccoli e grandi
si

vita ordinata e regolata.


fino alla mattina, lo sto-

voglion bene,
il

le

donne mi
e nulla

Tutto va bene

nulla manca. Tutto va bene

levano

cappello se passo.

manca

gli altri

guarda soltanto il di fuori e giudica prendendo s per misura. Ma non per questo ero venuto nel mondo, non per questo avevo accettato
per chi
di vivere,

non per questo venti anni

di seguito

mi

son martoriato e flagellato l'anima cornee si martoriava e flagellava il petto e le spalle. Io son rimasto nel mondo perch il mondo ancor pi pau.

un frate pazzo

roso del nulla

ho accettato
;

la vita

perch la vita
spellato e
sol

pi dolorosa della morte

mi son
della

trafitto,

mazzolato perch
nello

sol

dal dolore vien la verit,


i

spasimo nascono

feti

mente
faccia

e tutta la

musica non che malinconia e in fondo


zione la sola volutt che

alla dispera-

non

schifo.

Io esser n contento n tranquillo n felice n ricco. Tutte le sventure chiamo sopra il mio

non voglio

capo
vita.

Che
gli

invoco innumeri disgrazie sulla strada della mia la malattia mi faccia sbattere i denti ; che
amici mi lascino
la

la

povert mi vuoti la casa


;

che

che l'amore mi tradisca che i vermi sbavino su di


;
;

me

che

febbre e la pazzia

si

contendano

la

mia


testa
;

253

~
dolore del

che

nemici

che

gli

unici cari

iri perseguitino e mi colpiscar.o ; mi muoiano accanto, ad un tratto,


il

senza un gemito.... Tutto

con

me

a questo solo patto

si

vedr

s'

io

mondo venga sono un uomo


;

o un cencio, se mi sostiene un'anima o soltanto uno


scheletro. I capelli incanutiscono, le gote inflosciscono
la fronte
si

riga

le

lagrime scendono

che importa
i

Soltanto nella solitudine disperata crescono


cerco

crescono

fiori eh' io

fiori

che non appassiscono pi, che

non

si

piegano mai, che odorano e vivono sempre.

XLIII.

La

fine del

coi^.

Non
:

soltanto l'anima accasciata

ma

anche

il

corpo

Troppo tempo sono andato cantando spirito spirito e a lui non ho pensato e 1' ho tenuto sotto, come un cavallaccio resto, a forza di speronate e di strappi di morso. Speravo di domarlo
guasto e lniace.
!

contavo di vincerlo, di
e insignorirmene senza

pigliarlo dalla parte dell'anima

neppur guardarlo, e ora

si

ven-

dica

sento che la fine s'approssima e che questa im-

palcatura d'ossi lunghi imbottita di poca carne fa se-

gno

di

sfasciarsi

di

tornar fango sotto

il

fango.

ho rovinati fin da ragazzo col leggere a lume di candela o con quello, pi calmo ma pi fioco, di una lucernina a oho che quasi sempre verso mezzanotte si spenge va adagio adagio, lasciandomi al buio e col puzzo orribile del lucignolo fumigante da qualche filo ancor rosso. Li ho sacrifiGli occhi
di tutto. Li

prima

cati nelle giornate d' inverno, nei crepuscoli pigri (che

noia lasciare a mezzo una pagina che


dalla seggiola calda per cercare
i

ti

tiene e alzarsi

fiammiferi

sale ottuse delle biblioteche antiquate,

!),

nelle

ostinato a
;

leggere finch potevo indovinare la forma delle lettere


finch potevo scrivere, quasi a tasto, sulla carta

non


rigata
!

255

il

la

mattina, spesso, appena


le

primo chiaro

veniva di tra

imposte ripigliavo

il

libro lasciato per

forza la sera, e leggevo e leggevo, restando a letto,


finch lo schifo del caldo animale dei lenzuoli

non mi

cacciava fuori, al freddo della strada e alle faccende


consuete.

A quella luce povera e rossa della notte, a quella poca e vivida luce dell'alba gli occhi si sforzavano le
:

pupille

si

allargavano oltre misura,

le

palpebre

si

ar-

rossavano. Sentivo poi un indolenzimento per tutto il giorno e lacrime gi per le gote. Non me n' importava

ma

da molti anni non riesco pi a vedere cosa c' sopra una montagna e anche a pochi passi non riconosco un viso amico e famighare. Non ci vedo non vedo che da vicino e con l'aiuto di lenti forti. Il mondo ha perduto
:

per

me

suoi colori pi vivi e

suoi contorni tagliati

e precisi.

Vedo tutto

in confuso,

come

in

una nebbia

leggera leggera, per ora,


lontano, di sera, tutte

ma

universale e continua.
:

Da

mi si confondono un uomo incappato mi pu sembrare una donna una piccola fiamma tranquilla, una lunga riga di luce rossa una bare a che scenda il fiume, una macchia nera sulla le finestre maccorrente. I visi son macchie chiare macchie scure e comalberi case gli sulle chie buie patte che si alzano dall'ombra e appena tre o quattro
le figure
;

prima grandezza brillano in cielo per me. Ma ho paura di diventar cieco. eppoi pi Ho paura di veder sempre meno o meno sarebbe la quale con spavento M' immagino nulla non mia vita. Non ho altra forza che noli' intelligenza, ho amici che tra i morti, non ho piaceri fuori dei libri.
stelle di

durasse pur cos


E
non potrei leggere pi
suno

256
!

potrei veder pi neselzeviri,

Non
tondi,

di quei bei caratteri

corsivi

che
altri

mi hanno date tante


quel che c'era di

gioie,

che mi hanno insegnato


gli

tutto quello che so, che hanno espresso per

men

vile in

me

stesso.

Dovrei aspet;

tar le grazie degli altri,

legger con occhi stranieri

rimettermi
altrui.

alla scelta, alia

buio Nero e oscurit per sempre da ogni parte Io, col mio pensiero solo in mezzo alle tenebre, fino alla morte. Non ci credo seriamente eppur ci penso ogni tanto, come a una
intorno buio
!

tutto

pazienza, alla compassione

cosa certa, gi fissata

questione

di giorni o di anni.
:

mi provo a

vivere codesta sciagurata vita prevista

a volte, se la strada solitaria, chiudo


guito a

canto a

esito, non vo diritto camminare sento acme le bugne o l' intonaco delle case e sotto a
;

gli

occhi e se-

piedi le lastre che riecheggiano

il

passo. Saprei arri:

ad un tratto odo rumore una caril mondo non rozza, un passeggero. Riapro gli occhi
vare a casa
perduto.
?
:

Ma

Vedo ancora qualcosa


mio
destino.

son salvo

Richiudo

ancora

gli

occhi e tra l'oscurit e la gioia sguito la

mia

strada, arrivo al

Ma
cole

inutile

diventer cieco di certo, lo sento. Gi

lo spazio s' rotto

per sempre, in qualche punto. Pic-

macchie scure ballano e girano dinanzi a me e non c' lente che le fccia sparire. Quando si allargheranno e si congiungeranno insieme caler per me sul
magnifico

mondo

del sole e del colore

il

definitivo della cecit

e sar
il

sipario nero e

finito

ogni cosa.
:

Se non muoio
i

cieco

morir
cervello

paralitico

nervi sono sciupati e

non

sano.

anche Sen-

257 to gli avvisi da parecchio

tempo

dolori

intor-

pidimenti a una gamba, moti involontari delle dita,


grandi
ftte nella testa.

volte sento dentro

cranio
tutto
tutti

come qualcosa che dimoia.


si

Se

voglio pensare,

confonde

si

annebbia, e
idee

mi

pare

che

gli

oggetti corrano vertiginosamente pur

restandomi

sempre

innanzi

le

Spariscono

un
si

tratto,

senza eh' io riesca pi a richiamarle, e una parola stupida, un'immagine insignificante risorgono e

pian-

non voglion tornare nel buio dell' incosciente. E l'aria mi pesa addosso come se dovessi sostenere col capo il firmamento, e dentro c' vuoto e dolore e non posso riflettere, non so lavorare, non voglio pi saper nulla. Una stanchezza enorme di ozioso, una disappetenza spirituale di chi tutto bevve e tutto vomit, un odio per tutte le idee e tutte le faccie mi rendono spregetano
l

vole e comipassioaevole

Ed

a' miei occhi medesimi. Pi d'una volta sono svenuto in casa e fuori. ecco, dopo, le lunghe giornate di convalescenza

idiota,

di riposo

forzato,

di umiliazione inenarrabile,

di rabbia impotente, di sforzi senza direzione.

Niente

n caff, n th, n vino, n buoni discorsi di amici, n carezze di donna. Assaporo


vale a galvanizzarmi
:

il

disgusto e affogo nel niente


il

e desidero soltanto la
bestiale, fino

notte, e

letto, e

il

sonno grave, lungo,

a giorno alto.

zioni

Smarrimenti ogni tanto.; capricci, squilibri, fissae spaventosa fra tutte le cose quella confusione,
:

non mal di testa soltanto, ma anche male di spirito, anemia dell'anima, vergogna muta del riposo odiato e nequell'oppressione, quella pesantezza di testa che

Papi.ni,

Un uomo

finito

17.

25^
cessano.
il

A momenti
,

mi pare

di

non poter

riafferrare

pensiero e tutta una danza conente, rapida, urlante,

di idee sconvolte, di figure impossibili, di frammenti, di frasi


;

una danza che mi prende


stesso nel

mi

trascina e fa

mio proprie creaaccavallarsi di luci apparenti e sparenti in un ture eppoi la stanchezza smorta di chi non ha mare buio da fare in un mondo non pi suo e vuol pi niente soltanto mangiare per riaccostarsi alla solidit della
perdere

me

tumulto

delle

salute carnale.
e

Un

bel giorno la crisi

non passer

una parte
il

del corpo rester immobile, per sempre,

non agir pi,, non penser pi, non vedr non ricorder quel che vide pi quel che vedeva non sar pi capace di penetrare i pensieri altrui, di
e

cervello

collegare

ed esprimere

pensieri propri. Sar

il

pas-

saggio lento e idiota di poche immagini banali, scar-

dinate dall' insieme

qualcosa di bianco, muraglie imil

biancate, grembiuli candidi, e

cielo senza segreti e

tutto
di

il

tranquillo viavai di

un manicomio per bone,

e le paure

un manicomio a pagamento. O forse gli urli furiosi immani e le notti piene di fantasmi e di
?

grida, tra le tenebre dello spirito e della stanza


forse lo spegnersi lento e inconsapevole

non capir mai pi pi, non saper nulla, comprender pi non pi, non capire neppure di non capire..,. E la fine....

allegretto

tinche sar giorno resteremo a testa alta e tutto


ci che

potremo fare non

lo

lasceremo fare dopo di noi,

Goethe.

XLIV.

La morte*
Ma
ch' io,

chi

ha detto

eh' io

devo morire

fiorire

An-

dunque, dovrei smettere ad un tratto di respirare, di vedere, di muovermi, di soffrire ? Do\'rei far come gli altri ? come tutti ? Tutti gli uomini muoiono. Tante grazie ma vi par questa una buona ragione ? Muoia pure chi vuol morire io son io e non sono
:

gli altri.

Qui ci dev'essere uno sbaglio, un coChe ragione ci sarebbe perch dovessi sparire anch' io, stupidamente, come uno qualunque ? Ma non sapete eh' io porto tutto il mondo dentro di me ? Non sapete che se muoio non esiste pi n la pioggia che casca e rimbalza sulle foglie, n il bel sole caldo che brucia la pelle, n il prato verde e bianco che fa i cavalloni d'ombra quando il vento lo sfiora, n il gran cielo blu, n il bove ealmo e bianco, n le madonne in mezzo all'oro in fondo alle chiese bilie, n i canti smaniosi delle ragazze abbandonate, n le gioie che scintillano nelle vetrine, di sera, sotto
no, via
!

Ma

lossale malinteso.

la rossa elettricit

Tutto

il

mondo

colle sue bellezze e

suoi orrori,

202
colle sue idee e
i

suoi corpi, tutto

il

mondo

qui, in

me, dentro di me, e. sarebbe annullato s' io morissi. Ma come ? Dovrei diventare come gli altri un corpo diaccio, una carogna puzzolente, una verminaia, un pugno di polvere, una manciata di mota ? possibile eh' io immagini di me una cosa simile ? Pu darsi mai che il mondo muoia ad un tratto con me ? giusto che tutto quel che porto nel mio cervello e nel mio
cuore, tutto questo infinito pullular di pensieri e di

immagini e di affanni, debba finire, fermarsi per sempre ? Come posso immaginare che il mondo seguiterebbe ad essere se non lo posso pensare che col mio pensiero ? Andate via, dunque, ingannatori insidiosi e maligni, non bestie affamate di morti Io non posso morire
ricordi, d'
!

voglio morire

non morir mai.


fe?

Credete forse eh' io tenga alla vita perch son


lice,

beato, contento, pieno di comodi e di quattrini


!

Sono il pi disgraziato e miserabile uomo del mondo non ho amore, non ho ricchezze, non ho amici, non son n bello n forte. Ho conosciuto poche gioie nel mondo ho goduto di rado ho pianto ho sofferto quasi sempre. Eppure non voglio spesso voglio vivere ancora, vimorire. No, assolutamente
:

Neppur per sogno

vere sempre.

inutile

che tu mi prometta,
;

prete,

altre

vite

in altri

mondi

una

vita pi bella, pi calma, pi lu-

minosa.

Non

ci

credo.

Non

so niente dei tuoi


felicit. Io

mondi

non voglio saperne della tua mondo, questa terra, questa

conosco questo

vita brutta, agitata e te-


scontenta,

263

nebrosa e questa voglio, questa desidero, questa chiedo per sempre. Io voglio proprio questa mia vita disgraziata,

malinconica,

triste

questa

mia
fine-

vita dolorosa. Ch' io

veda

il

cielo

anche da mezza

stra, pur eh' io senta cantare un uccello la mattina, a primavera pur eh' io veda ridere un bambino e una donna ; pur eh' io possa scrivere qualche parola per
;

chi n:i vuol bene

pur eh'

io

possa seguire l'irrequieta


dalla luna

ombra

di

un

albero sul

muro imbiancato

d'agosto.

XLV.
Appunto
per questo.

difficile, credo, trovare un altr'uorao che abbia un pi grosso fallimento di tutta la sua vita. Non mi resta pi nulla da perdere. Tutti i fili e i pun-

fatto

telli

che reggono gli altri son tagliati. Tutti quelli che scendon dal cielo (fedi e credenze) come quegli altri che inchiodano alla terra (dogmi e principi). Sono un fondo alla bolgia del male ho rinunziato, ho dovuto
; ;

rinunziare
Il

ho lasciato

mi hanno
;

lasciato.
;

sapere non

mi basta
;
;

gli

uomini mi disgustano

donne ancora di pi r ispirazione non viene


le

la letteratura la gloria
il

mi

fa schifo
;

vita sudicia e tediosa


desiderio, unico,

mi nausea mio corpo si disf


il

la
il

mia mio

primo
si

e profondo,

desiderio della

potenza, non pi, ormai, neppure un desiderio. Tutte


le

tavole di valori
;

sono spezzate in questi interni

scontorcimenti
questi anni
;

ogni speranza scolorita nel buio di

le

ncore possibili di salvezza non son che

uncini per restare appiccicato a

una

terra, a

che non ha pi promesse ed


zione finita
le
;

inviti.

una vita La rappresentail

le

quinte furon rivoltate contro


le

muro^
gli

lumiere sono spente^

cantanti

si

son levate

abiti

da regina

e son partite in carrozza,

vestite dj

nero

gli

strumenti son
finita

l,

abbandonati e senza voce

vicino agli spartiti cliiusi che

non

si

riapriranno pi.

L'ultima festa
vuoto.

coll'ultima
il

nota che ancora

vibra nell'aria per dare

la

questo silenzio troppo


;

Non

restano che due vie


in

o rimbecillire total-

mente o ammazzarsi. Eppure sento ancora


vere.

me una

gran voglia di

vi-

Non

voglio morire. Voglio rifare e ricominciare

la vita. Voglio trovare altre ragioni di vivere.

E
il

vi-

vere magari sospeso nel nnlla, senza

fili

sopra

capo,
l'a-

senza puntelli dietro


scelle

le spalle,

senza grucce sotto

ma

vivere perdio, vivere ancora, vivere nel

pieno senso della parola, vivere cogli occhi e colle mani,


col cervello e col fegato, vivere ancora dieci, venti,

trent'aimi, finch sapr conquistarmi

il

pane nel forno del mondo e sapr dire


nei cori dissonanti degli uomini.

le

mio pezzo di mie parole


n come

Non

voglio morire, n tutto, n

mezzo

anima, n come corpo. C' qualcosa di pi forte in me di tutte le sconfitte c' uno scoglio piantato nel mezzo
;

mia anima che resiste a tutte le tempeste che r hanno ricoperto negli ultimi tempi. C' una bestia che vuol mangiare, ci son due gambe che voglion camminare, c' una testa che vuol pensare, una mano
della

che viiole scrivere.


quale fede
giosa
?

Ma

per quale ragione

In

nome
non

di
lo

In vista di quale

meta

La

bestia

sa, la bestia

non

intellettuale, la bestia

la bestia

non capisce

nulla,

ma

non relinon vuol diai fatti,

chiararsi vinta. Se le bandiere son abbassate rim^angono


le

muraglie
diavolo

se le parole

non corrispondono pi
i

al

le

parole e viva

fatti

11

fatto resiste ed

266
esiste,
il

fatto qualcosa d' inconfutabile e di prepo-

tente,

il

latto

il

non vuol morire.


sangue soltanto che non vuol saperne
che

Non

della lermata. L' io stesso

una

ad

una

chiuse

tutte le finestre sul possibile e dovette rinunziare an-

che all'unica che

lo tenesse,

a quella

dell' impossibile,

non vuole
pre.

andarsene.

ma

nell'oscurit,

senza forze e
peggio

senza appetiti,

ma non

vuol sopprimersi. Aspetta semaspetta. Se verr


il
il

Non

spera nulla

l'accetter

ma non

vuol buttarsi l dove

nulla co-

mincia, senza neppur la speranza del dolore.


L' 10 pi profondo tutto pesto e martoriato

ma
esi-

pure questo martirio


lo perseguiti

gli

piace perch significa

stere, significa contrapporsi

a qualcosa. Che U destino


gli

a questo

modo

la certezza

che c'

in lui qualcosa

che pu venir preso di mira,

gli

la

coscienza della sua importanza nell'universo.


sceso gi gi fino al fondo dell'abisso.

Egli

Non pu

prii

muoversi
la luce.

o deve

scavarsi la fossa o risalire verso

da fare. E allora l'uomo finito nuovo capitolo. Ma questo nuovo capitolo non rassomiglia assolutamente agli altri. Le cose che ho negate restan nesogni abbandonati non li richiamo indietro gate i

Non

c' altro
il

risale e ricomincia

anche oggi gli uomini che mi schifirono anche oggi li tengo lontani da rfie i lini che resero ciechi a momenti i miei occhi son sempre lontani. Ma che importa Una nuova strada incomincia, il segreto trovato. Un'ultima possibiht di grande.zza mi si para dinanzi ed io non la rifiuto.
le

ambizioni che disprezzai

le rifiuto

Per

lei

sola

il

deserto rifiorisce in silenzio e

le

pupille

zu/
vergognose sotto
essere
le

palpebre rosse riscintillano.

ancora un eroe.
che mi
sjtlva.

Ho

bisogno di

non

essere costretto

ad annientarmi Sono
il
il.

Posso stimarmi per

ed questo

nieyite

Per

me non

c' pi nulla.

nichilista perfetto.

Non

credo pi in nulla. Sono


:

perfetto scettico.

Non

credo pi in nulla
intero
;

sono l'ateo compiuto, definitivo,


alle fedi

l'ateo

che non s'inginocchia neppure

laiche, razionali,

filosofiche e umanitarie che hanno

preso

il

.posto delle fedi mitologiche


;

antiche. So che

nulla resulter da' nostri sforzi


e
il

so che la fine del tutto

nulla

so che la ricompensa di ogni opera sar, alla

fine dei secoli, nulla

eppoi nulla. So che tutte


;

le

nostre

costruzioni saranno distrutte

che de' nostri incendi


i

non

rester

neppur

la cenere

che

nostri ideali, anche

raggiunti e dominati, precipiteraimo nell'eterna oscurit della

dimenticanza e del

finale
;

non

essere.

Nes-

suna, nessuna speranza ho nel cuore

nessuna, nessuna
;

promessa posso fare a

me
Il

stesso e agli altri


i

nessun
re-

compenso posso prevedere per


sultato da' miei pensieri.
di

miei atti

nessun

futuro, questo incantatore


tutti

tutti gli

uomini, questa causa perpetua di

gli effetti,

per

me

nient 'altro che la

nuda prospettiva

dell

'

annullamento

Eppure, dinanzi a questo spaventoso spettacolo, a questa tremenda dispcranza, a questa corsa verso il
vuoto, io non torco
il

viso n

mi

tiro addietro.

ConIl

sento di vivere ancora. Tutto quel che far sar inutile,

nulla

nuila me mia opera, del mondo inteio punto d'arrivo d'ogni mio sforzo eppure,
di
stesso, della

ma

appunto per questo mi sento spinto a

fare.

il


Voglio
Tutti
gli

20

la terra

appvmto per questo, seguiter a sforzarmi finch mi chiamer nel suo buio riposo.
rinnegare
tutto
il

mio passato

utilitario.

uomini cercano una

ricompensa, un paga-

mento per tutto quello che fan rio. Anche le azioni che sembrano pi spiritua,li atti di creazione, atti di aspettano il loro valsente, esigono, fede, di amore

prima o
niente.
sofie

poi,

d'esser saldate.
le religioni,

Anche

son fondate sul

senza eccezioni
pagate.

Nessuno fa niente per anche le arti, anche le filoguadagno. Le opere umane

son cambiali che -vogliono esser


sar pi o
cielo,

La scadenza
il

meno lunga
gli

alcune

r hanno nell'altra vita, in

nei secoli dei secoli

ma

giunge

giorno dei conti. Se

uomini sapessero

di sicuro che qualcuno dei loro atti

non sar presto


sacrifizi
i

o tardi rimeritato, nessuno agirebbe pi. Anche Dio vuol esser ricompensato colle preghiere e coi
e c' apposta l'eterna carcere dell' inferno per
.

cattivi

pagatori.
Io stesso, nel passato,
fui
il

pi avido di questi

guadagnatori. Volevo che

mi

fosse dato tutto per

poco

che a qualche anno di soUtudine, di ricerca, di ascesi


fosse

data in pagamento l'eterna onnipotenza.


lo spirito

Non

cercavo
la leva

per io spirito

ma

lo spirito

per fame

della materia, lo strumento di ogni possesso

terrestre.

Ma
sol

ora che tutto caduto ai miei occhi, ora che


l'

conosco l'insolvibilit radicale dell'infinito e


predace,
raj)ace,

inu-

tiht di ogni fatica, ora distruggo in m.e l'interessato,


l'utilitario,
il

il

il

giudeo, lo strozzino

e acconsento a viveirc appunto perch la vita non ha

209
stipeno'io e seguito a pensare

appunto perch

il

pen-

non pu mai avere il suo salario. L'uomo disperato trova nel fondo stesso della sua disperazione la nuova base per rimbalzare al disopra
siero

della

buca dei piagnistei

l'uomo ateo che in niente

e in nessuno ha pi fede ritrova nella tragica vacuit del suo spirito solp, senza dei di nessuna specie, la
forza di credere in s, nel
e del

mondo

ch' suo.

momento attuale di s stesso Dopo l'orgia del dolore esce di


:

nuovo dal tormento la possibilit della gioia poich nierite aspetto non avr pi delusioni, non avr pi
sconforti dinanzi al tradimento dei fatti.

L'uomo

solo,

assolutamente
nulla,

solo,

assolutamente

spogliato, che

non chiede

che non vuol nulla,


si

ch' giunto ai vertice del disinteresse per troppa perspicuit e

non per

cieca rinunzia,

rivolge al

mondo
come

ch' spoglio per lui

come ima
il
:

prateria bruciata,

una

citt devastata,

mondo che non ha


Per
ancora

pi chiese,

quanto tu non con te, mi unisco ancora alla tua forza, lavoro col tuo lavoro, ti accompagno e ti rifletto nel tuo cammino. Finch r uomo aspetta qualcosa dall'universo, un negoziante che va per ricevere, che scambia e
mte, asiU e
rifugi, e gli dice

mi prometta

nulla sono

baratta,

si

arrabbia

se

fallisce

si

uccide se la

non avviene, se la cambiale non pagata, r incasso minore della spesa. Ma 1' uomo che ha rinunziato a ogni compenso e lavora per ci che sar
restituzione
se

disfatto

sapendo che
solo

sar

disfatto,

l'unico

uomo
che

degno, veramente degno di abitare serenamente l'universo.

Edi

il

nobile. di fronte ai trafficanti

2;o
lo

circondano anche se costoro hanno scritto sulle


i

in-

segne delle loro botteghe


metafisici.

nomi pi

puri, pi ideali e

non pretende che nessuno faccia per lui d sapendo che non ricever mai aspira alle cime sapendo che non le raggiunger offre tutto s stesso
Egli fa e
;

pagher al suo giusto prezzo. Ma in questo consiste giustappunto la sua tragica grandezza in questo la sua disumanit che lo mantiene ancora fra gli uomini. Ed altre gioie gli son negate
e sa che

nessuno

lo

egli

non ha come
gli

credenti nella vita, nell'umanit e

nella verit consolazioni

sostengano e

promesse e miraggi che lo rendano meno dura la strada. Non

pu contare che sopra la sua forza e questo sentimento di esser tanto forte da poter fare a meno di tutto il resto lo riempie di amara ma sana volutt. Che coraggio c' a vivere quando si crede fer-

mamente che i ne stri un qualsicisi paradiso,


ci

ideali

terreno

diventeranno realt, che o celestiale che sia,


travagli
?

aspetta per

ristorarci
il

de' nostri

Ma

la

vera nobilt dell'uomo,


siste nel saper

suo massimo eroismo con-

viver anche
lui,

vivere son distrutte in


pelle

quando tutte le ragioni di quando le bende e le stam-

che rendono possibile la vita di tutti sono state

buttate dapparte.

Per questa nobilt, per questa grandezza, per questo ultimo e disperato eroismo, sfuggo nello stesso tempo alla morte e alla mediocrit

XLVI.
II

ritorno alla

tetta,*

Rivivo, dunque

come lui, se come lui esser padrone. Debbo iifarmi su nuove traode la vita una vita tutta mia, una vera vita nuova. Non ho altri compagni che me stesso. Non c' una mano che mi sorregga se sporgo la mia nel trabalzar dalla risaHta. La terra piena di
tanto
disinteressato

Ma

solo,

terribilmente

solo.

Io sol-

non pi Dio non potei

ma

buone novelle collo quali ho desinato e cenato e che non mi dicon pi nulla. Son per gU altri per i non liberati. Eppure per ricostituirmi, per raddrizzarmi, per rimettermi a cammina]-e, ho bisogno di a -(poggiarmi a
voci
si

ma

tratta di

qualcosa, di rimetter le radici in qualche posto.

Non

ho che me stesse ma questo me stesso legato pi strettamente con una parte dell'universo. Non sono un

uomo

metafisico e assoluto sospeso nell'atmosfera dei

concetti.

una certa

Sn nato in un certo posto, appartengo a razza, ho dietro di me una storia, una tra-

dizione. Raccogliere e concentrare

me

stesso

significa

pure rimettermi in contatto colla mia terra nativa, col

mio popolo, coUa cultura da cui, voglia o no, sou uscito. Debbo ricominciare da capo, rinascere, tornare,

272
cio,

alla

matrice prima, non quella di carne della


quella pi vera e maggiore della patria.

mamma, ma
la

Finch sono stato soltanto un maniaco di cerebralit

mia patria era

il

mondo

e la

mia

libreria era la na-

zione dove ritrovavo le sole legp che rispettassi.

Ma

oggi che voglio rifare

gli ossi

e rimettere

del

movimento debbo tornare mio essere concreto.


Per questo ho voluto

alle

rdiche

sangue in pi profonde
il

conoscenza col mio paese e ritrovandolo ho riscoperto meglio anche l'anima mia. I dottori ordinano ad alcuni malati l'aria narifar
t

va. Per

un caso

felice
il

quel convalescente eh' io sono


petto dell'aria paesana e se
di casa e di citt.
la vidi,

tornato a riempirsi

n' trovato bene. Finch fui affogato nella universale

cultura teorica rimasi

uomo

donai

la

bracciai,
si

campagna o, se ci andai, non non le volli bene. Ma il viso


dall'alto e lontano

della

Abbannon l'abmadre non

vede che

dai belletti calcinosi

delle citt. L'

ho ritrovato

sato dal sole,

montagne, arrosimpallidito dalla luna, imbiancato dalla


ora, sulle
fiori,

neve, rinfrescato dai

rugato dal vento,


lo

non

mai vecchio, sempre giovane, sempre sorriso che non inganna.

stesso, col

inutile che io storca questo indolenzito

me medeconil

simo per farne im dio d'Atene o un colosso scandinavo. Finch son cervello e
verso col cinese e col
sufi,

soltanto

cervello

col professore tedesco e


il

saggista inglese, col giacobino francese e

sofista greco.
:

Son

di tutti

secoli e di tutte le schiatte

capisco e

2;3

son capilo. Le mie parole son gettoni intemazionali che spendo su qualunque mercato. Ma quando mi raggomitolo tutto in me, anima e
corpo, cervello e cuca-e, e

mi

voglio incastrare in

una

razza e inserirmi in
faccia sono

un

secolo, sento d'esser proprio

di qui, e soltanto (H qui e di questo


io

tempo. Per quanto

un uomo nato

fra paesaggi e valori toscani

un

in Toscana, fra toscani,

uomo nato

in

To-

scana nel 1881, che ha avuto vent'anni col prim'anno del ventesimo secolo e che scrive nel presente anno
millenovecentododici.

Sono un toscano

tanto itahano.
il

La vera

patria di ciascuno

non solnon gi
genuina

regno o

repubblica a cui appartiene, L' Italia


:

troppo grande per ciascun italiano

la patria

non pu
il

esser che piccola.

Anche
il

in Francia, paese

unificato se

mai ve ne

fu,

l'uomo di Bretagna sente

provenzale come straniero, e


Io

normanno

il

lore-

nese son normanni e lorenesi anche nel cuor di Parigi.

napoletani

mi sento profondamente toscano. I veneti o i mi son estranei li sento discosti da me


:

pi di certi barbari.

che

Non ci Non fratelli. non siamo

sto

bene insieme

sento
stessa

basta scrivere la

lingua ed esser governati dallo stesso codice per dire


di aver la stessa patria.

Anche
lontano.
di tutto
gli
il

fra

toscani

mi sento spesso straniero


Toscana
monti,
i

Ma quando

dico
i

intendo
i

piima

paese toscano,
gi
alla

poggi,

fiumi,

orizzonti di q<uesto paese che dalle rosee torri delle


finisce

Apuane
Fapin;

vasta e solitaria
il

Maremma,

tra le grandi cime dell'Appennino e

verde respiro del

Un

uofHJ finito

i8

374
Tirreno. Intendo qi esto cielo cos bello anche quand'

brutto, questo pallore contorto d'olivi, queste lancie

nere dei cipressi, questi pingui festoni delle viti su per le colline, queste valli desolate e pietrose dove fiorisce
soltanto
il

cardo turchino e la ginestra


i

gialla.
il

poi intendo per Toscana

grandi toscani e

loio

genio. Dagli etruschi padri, distesi a guardia nelle loro

tombe, placidi e arguti come


sicurezza dell'arte

divinatori

dagli etru-

schi che portaron dall'oriente l'amor del futuro e la


;

dagli etruschi che insegnarono la


circoscrissero ne' loro confini quella
1'

romani e che doveva essere


civilt ai

Italia pi

feconda di grandi

gi gi fino alla gagliardia di Dante, all'asciuttezza di


Machiavelli,
riosit di
alla
terribilit
alla

di

Michelangelo, alla cunerbo,

Leonardo,

penetrazione di Galileo. Voi


il

sentite in

tutti questi

uomini

un

tal senso

plebeo di realismo robusto, la sobriet, la limpidezza,


la

grandezza senza

gonfiaggine ed enfasi, l'austerit

senza bigotterie e rigidezze. C' un genio toscano ch'


di qui,
altri

con caratteri

suoi,

che

si

stacca da tutti gli

geni italiani e forestieri e col quale

mi sento

in

piena armonia.

Ritrovar

me

stesso

signific

dunque ritrovar

la

Toscana nella sua campagna

nella sua tradizione.


i

Non
muri

pi

le

strade attorno a Firenze, incassate tra


i

bigi e

canceUi dei signori,


il

ma

sentieri dei pe-

corai su per
cielo, coi

dorso dell'Appennino, a tu per tu col

boschi ai miei piedi.


dell'

Non

pi

le

alture citta-

dine del Vial dei Colli o


di

Incontro,

ma

le

gobbe

Pratomagno

le

vette dell'Alpe della Luna.

Mi son

trovato un poggetto nascosto e sconosciuto ch' nello


stesso

tempo

nel cuore e sui confini della

mia Toscana.

vicino alle fonti del Tevere, vicino alla selva dove

soffr

langelo, al borgo

A
il

San Francesco, al castello dove nacque Michedove nacque Pier della Francesca. pochi passi da casa mia veime, da giovane, il Car-

ducci repubblicano.

se

monto pi

in alto intravedo

mare

della

Romagna

e le alture dell'Umbria.

Su questo poggio sassoso, dove il vento non trova requie, il mio spirito ha ritrovato la calma e s stesso. In questa cerchia di monti scuri ed aguzzi, su questo
prato povero di
fiori di

erbe ed irto di

sassi,

all'ombra
di questo

di questi cerri duri e trascurati, al

rumore

fiume stretto

ma

chiaro che arriver a

Roma

sudicio

e grosso, sotto questo cielo veramente celeste, traspa-

rente e delicato anche quand' sparso di nuvole, ho


risentito l'odor vero della terra,
il

gusto dell'aria,

il

sapore del pane,


e
fascine.

il

giusto

calore del fuoco

di ceppi

I^

vita

colla bellezza della sua semplicit.

bino e primitivo,
plebei,

mi ha riconquistato a poco a poco Son tornato bamselvatico e agreste. Mi son riallacle

ciato ai miei progenitori contadini,

che govemaron

ai buoni villani vacche e segaron il grano da-

queste parti
famiglia.
tutti
i

Mi son rimesso
figliuol

in regola colla vecchia

questo

prodigo che ha mangiato a

e bastonato

banchetti intellettuali d' Em-opa e ha pasturato i maiali altrui la vecchia casa ha prepaal focolare tutto
le

rato

un cantuccio, accanto
alla tavola d'abete

nero di
i

fumo,

che sa

gialle

polende,
forno.

prosciutti salati e le pagnotte

avvampate dal

^ 276
Nei primi tempi era tale
il

gusto del ritrovamento


di

che avevo bisogno di portare in casa qualche pezzo

questo paese fraterno e paterno che riconoscevo ed

amavo ogni
tagna,
cia,
fiori

giorno un sasso appuntito come una monuna gallozzola staccata dalla foglia di una queruna ghianda hscia e ben modellata, un mazzo di di campo, ima cccola di cipresso, una spiga di
:

granturco. Tutta questa roba povera, semplice, rozza,


inutile,

senza valore, mi dava un piacere straordinasentivo amica, sorella, parte di me, simbolo
terra e della sua tradizione.

rio

la

della

mia

Intanto, nello stesso tempo,


alla letteratura dei miei

maggiori e paesani.

mi riaccostavo anche Dopo i

primi anni di lettura universale e fameUca non ero


quasi pi tornato verso di loro. M'ero inbovuto di
culture esotiche
e,

fra

i libri,

naU

ai

non avevo letto, quasi, libri avevo preferito i teorici ai lirici, fantastici. Ma lass, dopo quel ritorno
;

italiani
i

dottri-

alla pa-

tria presente, sentii


alla patria passata.

il

bisogno invincibile di ritornare


poco, all'ombra
e
il

E mi rilessi a poco a

dei faggi e dei cerri, fra l'odor della


della Vernia,
i
:

menta

vento

libri

che eran miei per diritto di nascita

Dante e Compagni, Boccaccio e Sacchetti, Maccbiavelli e Redi, Gino Capponi e Giosu Carducci. Quei libri che avevo letto per dovere e curiosit, quei Ubri che mi avevano annoiato a scuola e lasciato freddo fuori, che avevo guardato fino allora come rettorica letteraria o documenti di storia, mi si aprivan ora dinanzi come amici e fratelli, prendevano un nuovo colore, davano un altro gusto, si riae di rinascita

minavano con tutto il primitivo vigore. Questa vecchia roba mi ringiovaniva lo spirito. Questi antichi uomini
solidi e spregiudicati

mi sembravan, per qualche

verso,

pi moderni di me.

sentivo d'esser della stessa casa,

d'esser uscito dalla stessa famiglia, di parlare la loro

lingua o di poter capire coi miei ricordi anche quel

che

pu sembrare pi strano e volgare

agli ocelli dei

forestieri.

Fu come
balia.

il

viaggio di

un

esiliato al

posto della sua

Tutto mi ricompar dinanzi come per la prima volta e m' inzupp l'anima di cose che sembravan nuove ma per le quali c'era il posto gi fatto e la cornice appropriata. Le buche dell'inferno, i fiumi di luce
del
cielo,

Firenze irta di torri e di picche,


i

giovani

libidinosi sverginatori e incornatori,

vecchiotti buf-

foni e canagUe,

principi furbi e maschi, la naturale


i

cattivit degli uomini,


e del

moti
la

delle stelle nell' infinito

mosto
il

ne' tini, la storia delle sconfitte e delle

speranze,

Mugello,
e
i

tutta
come

Valdarno e
cieli

Maremma,

il

Casentino e
cogli

il

la bella

terra di

Toscana

uomini

giardini, coi

e le fonti, dai tumulti del

comune
che

ai rimbrotti del '59,

mi

rientr nel cuore e

mi

s'accost

alla carne

la

mamma

al figliuolo aspettato

torna.

Non
eran

soltanto la sostanza polposa di quei Ubri

mi

conquistava,
fatti,

ma

sopratutto l'arte magnifica colla quale

scritti.

lingua nella quale erano Niente fronzoli, niente enfasi, nessuna trina

la meravigliosa

inutile,

mai cattivo gusto o

fiacchezza,

roba

forte,

ottenuta con poco, tutta disegno e riHevo, di bronzo

^
e di pietra e

27^

e di miele.
Incisioni pro-

non

di

panna

fonde, rozze magari,


di
pili.

ma

decise, ciliare e senza lin rigo

La

lingua ricca, sempre

nuova,
di

viva di scorci
solennit
e di

ripieghi espressivi, senza zeppe e

annacquature

fam-iliare

e plebea senza maest. Anche qui, come nelle

perder

montagne del paese,

apparente povert, semplicit robusta, gioia severa

grandezza e hbert. La Toscana cos rifatta la mia Toscana ma pure non quella dei fiorenla pi vera e famosa Toscana tini imbastarditi, o dei poderi giardini, o degli scrit'

torelli garbati,

dolciati e castrati che dal seicento in

qua hanno appuzzato


restar fedele
rifare dal

e tradito la loro patria.

Ed

io

invece a questa pi grande ritrovata Toscana voglio

che

per rifar

me

stesso

mi son dovuto

punto e dal momento in cui nacqui. in me tutto il mondo. Dopo mi son ritrovato solo e quasi senza vita. Per riprender le forze ho dovuto riagguantare quel pezzo di mondo che mi era pi contiguo ed affine. Ora che ho succhiato di nuovo alle poppe della prima madre e ha risentito la

Prima era

sua pallata

or che

mi sento

il

corpo rinsanguato

e la lingua pi sciolta posso riprender la strada verso


il

mio vero

destino.

XLVII.

Chi sono?
mio destino ? Cosa sono ? Ora che ho soltanto le mie forze rifatte e ritrovate e la mia disperata esaltazione non posso ispirarmi a ragioni estranee e non posso raccomandarmi a fantaqaal' questo

Ma

europeo, s' andato a nascondere.


dinanzi a me.

smi fuori di me. Ogni dio sacro e profano, asiatico ed Non v' nessun dio

Ho

riposto la

mia causa

nel nulla,
:

come
io

r Unico
e
il

feroce. L'universo diviso in

due parti

resto.

Ora questo mio ncciolo interno deve dar vita, a tutto, deve animare e tramutare quel che mi circonda,
deve aiutarmi a
e
tollerarlo.

In quest'ultima e decisiva

guerra non posso avere

non mi

si

Se la morte sopravviene ferma dinanzi vuol dire eh' io sono un cenalleati.

cio,
l'

da sbattersi

e disfarsi nel

macero sterminato

del-

inutilit.

A
ma

noi due, dunque, universo nemico.

Mi son

riz-

zato in piedi a fatica, tutto indolenzito dalle cadute

sempre dritto dalla cintola in su pronto alle' sfida pronto a sputare su (jnesta bolgia dove i miti Abeli
;

ficcano senza misericordia

Caini che

non obbediscono

J580

Dura cosa
mani
calde,
la vita

agli invisbili codici della spede.

egoista, senza appoggi di amichevoli muri, senza di golfi riparati, senza offerta di
dialit.

calma
cor-

di

non cerco bastoni per reggermi bens per picchiare e quando mi sento troppo debole mi rinio

Ma

chiudo con

me

stesso e piuttosto che sparger lacrime di

amore difaccia a chi disprezzo e mi disprezza mi diverto ad oltraggiare nella mia persona l' intera razza degli
uomini. Al diavolo anche l'amore debilitante
I

Chi
.mio,

sono,

dunque

Oual'

questo capitale tutto

da nessuno

ereditato, a nessuno rubato, guada-

gnato soldo a soldo nelle fabbriche dell' esperienza, colle fatiche della mia anima e che ora costituisce
il

mio solo tesoro, tutta la niia poca potenza, mio vero me, insomma ? Mo ti hanno tentato di definirmi, di descrivermi, di limitarmi amici e nemici. Ho ascoltato, ho taciuto, ho sorriso. Arrivato a met della vita possibile, dopo parecchie prove e una lunga quarantena di soliil

tudini, credo di conoscermi

megho

degli altri.

Io
sofo.

non sono un uomo Mi piace la storia


le

di azione e

non sono un

filo;

mi

attirano

teorie

ma non sar mai ministro ma non far mai un sistema. ma non

Non sono ne un
sciar
il

negoziante n un santo. Desidero

quattiini per la libert


resto per farli

ho il coraggio di laa qualunque costo invidio i


;

grandi rinuiiziatori
disi.
^'^i

ma non

credo negli dei e nei para-

sono in

me

soltanto due attitudini che pos-

sono interessare

gli altri

in

mezzo a tutto

l'aggro-

vigliamento di sanit e di malattia, di filisteismo e di


cattiveria che interessa soltanto

me

solo.

due parole, un poeta e un uno scettico, un lirico e distruttore, un cinico. Come queste due anime possano stare inlo sono, per dir tutto in

un

fantastico e

sieme e trovarsi bene, sarebbe troppo lungo a descrivere. Ma veramente questo il fondo dell'anima mia.
Io sono a

momenti un povero sentimentale che


solitaria

si

commuove

nella notte

appena scende

dalle

un semplice ritmo di ballo viennese un bambino che trabocca straziato da un pianoforte di tenerezza iissando un povero cielo unito, color nebbia, senza la consolazione di una nuvola nera o bianca un disgraziato che pu sentirsi pieno d'amore per un vecchio sconosciuto, per un amico morto, per un fiore reciso, per una casa chiusa.
persiane serrate
;
;

altri momenti, invece, divento il lupo hobbesiano zanne che hanno bisogno di mordere e di strappare. Nulla sacro per me n la grandezza dei trapa<ati, n le glorie cementate dai secoli, n le verit

In

dalle

cresimate dalle millenarie esperienze,


delle leggi,

ne p

la
gli

santit

la terribilit dei codici,

assiomi

della morale,

legami degli

affetti

pi profondi.

Io voglio rovesciare ogni cosa dall'alto in basso, capo-

volgere

le

credenze, mostrare

il

dietro laido di

ogni

facciata imponente, le macchie di ogni stella, le ragioni meschine di ogni grandezza,


i

motivi vigliacchi
l'

di ogni istituzione venerata, la cecit dei saggi,

in-

famia dei moralisti,

la ragione dei cattivi, la dolcezza

del male, la grandezza del nulla.


di rodere, di offendere, di alzare

Mi piace
i

di sgretolare,

veli,

di spogliare

cadaveri, di levar le maschere.

Divento senza paura


nessuno
:

e senza pudore

non porto

rispetto a

mi

282
sento bene nello scompiglio
;

mi compiaccio

di

tur-

bare, di spaurire, di essere e parer cattivo.

Ma
tastico

dopo questa furia divoratrice torna fuori il fanche immagina storie impossibili, che deforma
che proietta nel comodo specchio
i

la realt,

dell'

imma-

ginazione

suoi istinti pi malvagi,

suoi desideri pi

forsennati, che crea pi in grande gli uomini che odia

gli

uomini che ama, prendendo dalla vita stessa


allora
le

lo

sptmto reale per prolungarlo e ingigantirlo nel sogno.

Mi assediano
bizzarri,
le

storie

assurde,
i

progetti
i

avventure
e

incredibili,

pazzi e

deUn-

quenti che non vissero mai e voglion vivere in me,


gli

amori

fittizi

irragionevoli, le morti singolari, in-

credibili.

Son

costretto

creare

im mondo nuovo
tempi in cui
;

che turba e inquieta


sono,

me

stesso nei lunghi

come tutti gU altri, borghese e reaUsta un mondo che ha in s frammenti e luci di profonda verit ma non il mondo vivo e vero che noi tutti crediamo di conoscere. In questo mondo mi muovo in perfetta
libert
;

alle

mie creature
mio,
le faccio
le faccio

il

viso che voglio, le fo

parlare a

modo

viver per scopi che nes-

suno

si

propone,

morire ad un tratto di morte

volontaria per cause che sembrerebbero ridicole agli

uomini di carne e d'ossa. Io son rimasto, insomma, l'uomo che non accetta il mondo e in questo mio atteggiamento ostinato consiste l'unit e la concordia delle mie anime opposte. Io non voglio accettare il mondo com' e perci tento di rifarlo colla fantasia o di mutarlo colla distruzione. Lo ricostruisco coU'arte o tento di capovolgerlo colla

teoria.

2&3

ma
concordi e conver-

Son due

sforzi diversi

genti.

sere anch' io
di

come sono e come ormai rimarr sento d'esuna forza creatrice e dissolvitrice, sento essere un valore, di avere un diritto, una parte, una
Cos
gli

missione per

uomini. Soltanto

gli imbecilli confitti

a vita
del

neli' imbecillit

possono dichiararsi soddisfatti


di smuoverlo, di ani iiarlo,

mondo. Chi tenta

incendiarlo, di rinnovarlo ed accrescerlo

ha

diritto

di

non

alla riconoscenza di cui

mi

strafotto ora e sempre,

ma
Io

alla libert di parlare e di esistere.

Ogni uomo ha

bisogno, per vivere, di

non

credersi totalmente inutile.

ma di altro appoggio ho bisogno anch' io alla pari dei deboli. Io vivo ed agisco sapendo che tutta la mia vita e la mia azione sprofonder nel nulla ma voglio che gli altri sentano eh' io ho il diritto di star tra
non chiedo
e

non voglio

questa miserabile certezza

loro e di offenderU
stessi

perch faccio qualcosa che a loro


tutti

pu giovare. In un mondo dove


,

giare e a far quattrini,


necessario che vi sia
la visione delle cose,

pensano soltanto a mana divertirsi e a comandare, ogni tanto uno che rinfreschi
lo straordinario

che faccia sentire


il

nelle cose

ordinarie,

mistero nella banalit, la bel-

mezzo a una casta larghissima e potentissima di schiavi dell'opinione e della


lezza nella spazzatura. In
tradizione, di pedanti parassiti e sofstici, di predicatori

delle

vecchie

leggende,

di

carcerieri

di

prigioni

moralistiche e mistiche, di pappagalli pertinaci di tutte


le

antiche norme sociali e di tutti

luoghi comuni

284

necessario

uno svegliatore notturno, una guardia


di

dalla pura intelligenza, uno zappatore


scoli,
telli

buoni mu-

un

incendiario di

buona volont che bruci e sman-

per dar posto alla luce delle piazze, agU alberi

della riconquistata libert, alle costnizioni future.

Io sono

uno

di questi

uomini che accettano

il

pi

ingrato dovere e la parte pi pericolosa.


e per
il

per

il

bene

male che voglio e faccio ho diritto di respirare, camminare, di alzar la testa, di spudi esistere secondo la mia legge. tare in faccia
di riscaldarmi, di

XLVIII.
Dichiarazione di

stile.

Io
bello,

non non

scrivo per far quattrini,

non

scrivo pei farmi

scrivo per ruffianeggarc colie modeste fan-

ciuUe e cogli uomini grassi,

non

scrivo neanche per


la

metter sul mio nero cappello a cencio

carnevalesca

rama

d'alloro della

per sfogarmi

fama

cittadina. Scrivo

unicamente

per sfogarmi nel senso pi fognaiolo

che vi sia dato pensare, o delicate immaginazioni di baritoni a spasso. Non dico, badate, per liberarmi ,

come
di

il

filisteo

vostro chiomato eroe eponimo, come il sublime Goethe Wol fango, consigliere intimo del Duca
e dell'anima dei prometei riabilitati.

Weimar
Egli
si

Uberava

colle

tragiche

frivolezze

di

un

Werther dalle tenui disperazioni di una voluta lontananza e il prodotto di codesta liberazione andava sui comodini delle belle sentimentali sfiorite e sui capezzali dei futuri suicidi

ricamato con tutti


teratura.
Io,

come un ninnolo mortale contrappunti della bennata


lo

ma
let-

invece,

mi sfogo ed intendo
:

sfogo coi pi

plebei e stomacosi sinonimi

intendo lo sputo che sale

dal fondo della mia gola infiammata e che vola

come

286
per incanto in infinita spruzzaglia su tutti
sarei

degno di schiaffeggiare

i
il

visi eh' io

intendo

vomitare
spettacolo

la bile

che mi ha distillato dal sangue

della nostra vita

intendo

lo

lo scolar della

dalle bolle e dalle piaghe e dai

marcia gi bubboni della mia im-

morale personalit esposta al contagio dei pi popolosi intendo il rutto improvviso e tonante che lazzeretti vien dal profondo come il disprezzo. No, signori

nulla di delicato, vi avverto, uscir dalla mia penna


in corsa sul foglio.

Vorrei che invece del livido inchiostro che esce dalle


sue

scuro e fumante
dell'eroe di

quadrate punte di acciaio 'Scorresse gi sangue come quello che gocciola dal petto

una

rissa

notturna

vorrei che

il

ferro

bucasse e divorasse la carta per dove passa, come se e che dai solchi bruciacchiati salisse fosse rovente

al

naso aperto del lettore un acre fumo benefico.


Io

pubbHco, che scripremurosa von con di servitori che tendono il cappotto e la pelliccia. Ce ne son di quelli che si metton dinanzi all' immaginario lettore come un falso napoletano s'appoggia al muro colla chitarra
di quelli, rispettabile
l'aria

non son

compunta

sospesa attraverso

il

petto e la bocca pateticamente


pensioni dei generosi
ai piedi simili

spalancata
svernanti
;

sotto le finestre delle


altri,

invece, gli

si

stendono

a capellute Maddalene che traggon dall'ampolle balsami e unguenti pei tutte le escoriazioni e i calli dell'

anima

altri

mi somigliano

chierichetti in cotta di
gli incensieri d'ot.

bucato che di domenica dondolano


tone tra
i

berci della

messa cantata.

2S7 Io son di un' altra razza.


cifico di

Non
e
i

son nato

al fiato pa-

non venmia vita. nero a farmi i Io son nato rivoluzionario e non son neppur sicuro se quando son uscito dalla sanguinosa porta materna
un bove
e di

un ciuco

miti pecorai

gestri nel primo giorno della

non abbia intonato, invece dei banali strilli di sorpresa, un motivo di qualche incomoda marsigliese. Qualunque sia il governo del mondo sar sempre all'opposizione. L'espressione naturale del mio spirito l'attitudine spontanea del mio corpo la protesta la mia figura prequella dell'assalto alla baionetta ferita l'invettiva e l'insulto. Ogni canto d'amore si
;
.

muta

su' miei labbri in ritornello di rivolta

tutte le

pi cordiali effusioni son troncate ad un tratto da uno

scoppio di

riso,

da un ghigno, da una irosa


ogni mia frase

spallata.

Oh

se

ogni mia parola fosse una palla di carabina


;

fschiante nella libert dell'aria


di fuoco
;

un getto
;

ogni capitolo una barricata ben difesa

ogni
s

mio

libro

un masso
i

di

macigno vasto e grave

da

spiaccicare

teschi pelosi di

un popolo

Vi sono parole bianche, fragili e odorose come gelve ne son di quelle dolciastre e appiccicose come lo zucchero rosso delle chicche dei bambini poveri ce ne son altre soffici tepide e viziose come le carni delle amanti di quarant'anni ve ne son poi di quelle talmente paradisiache, aeree ed estranee che soltanto le penne d'oca dei vecchi santi digiuni le posomini
; ;

terono infilzare sulla carta come tremule farfalle fatte


di polverosi riflessi
;

ce ne son infine di quelle talmente

pubbliche e insaporose che la prosa composta con loro

288

di

sbricioia

fra

diti

come una midolla

pane

raf-

fermo.

Ma
queste
forte,
:

le

parole che

scelgo e preferisi o
esser

non
sassi

son che

le

mie

devon

dure

scabre,

aspre e spiacenti
frane
e

come come i

la pietra

precipitano gi dalle
delle
;

schizzan

dalle

mine

devono essere paganamente, spontaneacave mente ed oscenamente ignude come usciron dalle boc-

che vinose della plebe creatrice.


patta,

con queste parole


ai

rozze e nativie voglio farmi una prosa quadrata, comsoda,

sana e robusta che faccia vergogna


le

profumieri ed ai liberti di tutte


ture.

pi letterarie letteradalla saliva, dalla

quando mi sar vuotato


fiele

marcia, dal
sfogato
di

e dal sangue guasto,

quando mi sar

tutto
i

con

tutti,

alloia

diventer anch'io

soave come

gigli della valle e la

mattina ascolter
salterellanti
al

con raccoglimento il pispolio dei passerotti sulle tegole smosse ; e mi commuover


delle

dondolar

campane

nei campanilotti bassi e scalcinati delle


i

chiese trascurate e andr per


di porta col capo basso per

viali

di giardini fuori

non pestare
sentirete

una

grossa

formicola

sparagnina.

Allora

venir

su

dal

mio cuore Uberato un canto

cos sospirante di volutt,

talmente gonfio di tenerezza, siffattamente molle di


piangente amore che nessuno di voi potr sentirlo senza
ricordarsi l'attimo pi solare e appassionato
delia sua

giovent, senza contorcersi e spasimare per la troppo

struggente dolcezza.

XLIX.

Non
Dunque
vuotato,
si

sono

finito.

va dicendo in
finito ?
il

Italia eh' io r^ono

un uomo

esaurito,

Si

un fuoco

di paglia e che

davvero eh' io fui vento di primavera ha pordice


?

tato via anche l'ultimo velo di cenere

Adagio, ragazzi
tro che finito
!

Aspettate un poco, di grazia. Alse


!

non ho ancora cominciato Doquanto era una prefazione, un proemio, un indice anticipato, un annunzio, un proclama e anche, se volete, un traboccamento di mosto e di schiuma tanto per poter
vete figurarvi che tutto quello che feci

Ma

maturare meglio dentro.


soltanto oggi.
Il

Il

meglio vien ora

io

nasco

fuoco di paglia era fuoco di gioia, era un fuoco


girandola ragazzesca, roba da ridere, per dioggi
riii

artificiale,

vertirsi,

ma

sento

di

appiccare

un incendio

da non potersi pi spengere.

Non
vato per
i

so cosa volete fare della

buca che avete sca-

me

(forse ci

nasconderete una volta o l'altra

feti de' vostri aborti)

ma
:

vi consigho di buttar nel

cestino le epigrafi.

Non
capo

c' lastra di
le

marmo

che mi

possa far piegare


Papini,

il

vostre condanne di morte

Un uomo

finito

iq

29^
mi mettono addosso un brio, una voglia d ridere, di muovermi, di fare, quale non conoscevo dii un pezzo. No sappiatelo per un'altra volta non sta bene confondere il silenzio colla morte e il raccoglimento
: :

con

la fine e la

preparazione col suicidio.


i

Ho
;

trent'anni,

ho ancora ho le mani tenaci ho la gamba svelta. Sento sempre il sangue che batte a martello ai polsi ho ancora un ribollimento d' idee nella e alle temj ie il pensiero non mi ha abbandonato s' fatto testa anzi pi chiaro e risoluto. Ho ancora qualcosa da dire e in casa mia c' sempre e il tempo dinanzi a me carta bianca in abbondanza, carta liscia, bianca, tagliata, dove la penna scorre via con facilit e rajndit e ho ancora pennini d'acciaio e bottiglie d' inchiostro la piene, non ancora aperte. Non mi manca niente mia ora non venuta, non era quella, ma forse sta per scoccare. Non mi arrendo n mi ritiro. Son sempre qua, io in persona," pronto a rispondere a tutti di tutto. Ho tante cose da dire Non avete idea della quantit d' impressioni e di scoperte che io debbo comuniho ancora
.'capelli

ma

biondi e ricciuti
;

parecchi dcriti

care agli altri prima della

mia

m^orte.

Non

posso condi

dannare e sopprimere tutta questa parte


la

me

cli'

migliore,

ch' l'unica la quale giustifichi tutte le

altre.

Ho

degli

uomini, verso lo spirito.

impegni verso me stesso, verso gli Sento di rappresentare nel

mio paese, nel mondo, una corrente d' idee che non sento d' im ben vista, che non diffusa e compresa contro modi di penl'ostilit l'inimicizia e personare
;

sare e di scrivere che son vergognosi, perniciosi, im-

becilli.

23t

io

dovrei star fermo e zitto e ritrarmi nella

contemplator taciturno o nella camera calduccina dell'uomo assestato, che onnai lascia andare il mondo a sua posta purch non manchi la cena ? Piuttosto morire che una fine cos Io devo dire
cella del
!

il mio dovere di far s che non dicano pi certe cose, non le pensino e noft le scrivcino a quel modo. Non m' importa che tutto ci sia inutile non m' importa. Sinceramente non me n' importa nulla. Son passato sopra anche a quello. Sacrifizio grande e degno perch assurdo e sacrifizio perch assurdo. Nessun'azione ragionevole si chiam mai sacrifizio. Io mi sento abbastanza forte per sprecar la mia forza a fare il Tantalo e abbastanza ricco

quello che ho in corpo

gli altri

per buttar via

il

meglio dalla finestra.


;

Non

soltanto-

non son finito ma sono inesauribile la mia fiamma come quella che inguaina i superbi nell' inferno cattolico inestinguibile. E mi pare che la mia giovinezza debba essere eterna come quella degli dei della
:

Grecia.

Mi pare, dico
il

ma non
le

ci

credo. Verr anche per

me

giorno in cui
le

scaglie

d'oro delle cose cadranno

come

fasce di lino dipinte che involgono le


;

mummie
mi semuna pairi-

polverizzate

verr

il

giorno in cui
di

il

sole

brer soltanto
il

un lume

pi nel cielo soffocante e

ritorno della primavera sar semplicemente


i

gina nuova dell'almanacco, e

fiori

distilleranno

vano dalla sudicia terra


gere
il

pi dolci colori per raggiun-

cielo,

e gli usignuoli delle calde sere

non

ranno pi che uno de' tanti rumori della notte

sa-

__

2i}2

il

quando

il

sole scender verso

fiume non salir per

le

scale delle colline a salutarlo cogli occhi e col silenzio.

Donne bionde,
:

ben formate, mi mia carne non sar scossa non son pi fatte per me, non penso dal desiderio pi a farmi amare. E tutta la mia vita sar come sciolta in un languore d' indifferenza, in ima nebbia di memorie bigie e quasi eguali, senza il baleno di un desiderio e il fulmine d'un'azione. Cos sar di me come
tenere, occhieggianti,
la

passeranno d'accanto e

di tutti.

Ma
i

prima

di arrivare a codesta fine voglio empire

trombe dell'universo ed eseguire tutti mandati e compiere tutte le mie vendette e lasciare scritte ed incise le mie parole e le mie volont. Ho appena principiato. U bambino nasce a nove mesi ma
di fiato tutte le

l'uomo comincia a trent'anni.

Il

fiore

fiorito

ma

il

frutta ha da maturare innanzi di marcire-.

Alla nuova genetazicne.

Dopo
t'anni
si

trent'anni

si
i

vede veramente quel


pi giovani. Fin verso
cogli anziani e
l'

che
i

si

costa perch vengon su

tren-

ha da battagliare
dell'*

impresa
della

pi comoda. Siamo giudici e carnefici in


forza irrompente

nome

un

po' di sole

immaturit che vuole anch'essa per fiorire. I nemici sono arrivati, sono
si-

celebri,

sono stanchi, e nascondono sotto l'amaro

lenzio e l'agio sorriso la vile serenit della ripienezza.

Son

seduti e

rano e se
triglia e ci

non vogliono alzarsi. Aspettano, ci tollehanno davvero paura ci fanno l'occhio di


preparano l'esca della cordialit.

vengon quegli altri, i nuovi, i freschi, ragazzi che avevan dieci anni e andavano a scuola quando noi se n'aveva venti e si sparavano i primi colpi, allora comincia il giorno della prova e della pesatura. Questi giovani si sono anche
primi posteri,
i

Ma quando

nutriti di noi, ci sono venuti alle spalle, ci

hanno

se-

guito per
della

mi muta e
ai

bel pezzo di strada


della

ma

ora

il

momento

rivoltarsi

Sentono il bisogno di pi prossimi e stanno preparandosi ad


et.

maggior

assaUrci

come

noi

abbiamo

assalito

nostri maggiori.


Anche
se

29

di storia e noi,

non

in privato

siamo gi, per loro, materia Si sentono gi superiori a valutazione. di


^alto che faranno.

ci

assaliscono in pubblico ci giudicano

son

si-

curi di averci superati o di poterci soq^assare col

primo

Non

c' pi

con loro l'amorosa con-

fidenza che ci leg ai coetanei e ci fece cuore nella


stessa competizione e ci fece
le

comprendere a vicenda
son d'un altro

debolezze e manchevolezze dell'opera nostra. Questi


:

nuovi venuti non voglion saper nulla

hanno altri amori nascosti, altri legami, altre avversioni. Vengono innanzi freddamente in nome dei dogmi del giorno,
tempo, hanno attraversato
altri climi,

consegnati in formule di facile circolazione


deli

son cru-

come bambini e indelicati come saccheggiatori. Sono d'un'altra razza, parlano un'altra lingua. Possiamo stare insieme, lavorare accanto, parlarci e sornon c' buon riderci ma non ci s' intende. Lo sento sangue fra noi e loro. Sento pendere sulla mia testa
:

la loro sentenza sprezzante, la loro

sdegnosa condanna.

Ma
periore

ecco

io

non voglio

fare

il

morto e l'uomo suanziani.

come

fecero con ni tanti dei nostri


d' ignorarli,

Non
il

voglio fngere

non voglio nascondere

capo sotto

le pile de' libri

o avvolgermi nella toga

cesarea dell'assassinato contento. Nierit 'affatto. Io son


io e loro
liuo\'i

son loro. Faremo i conti. Non ho paura dei come non ebbi paura degli antichi. Son pronto
le

mettere in piazza tutte

mie carte e a difendermi

coi denti e colle unghie, colle parole e colle idee

come

un selvaggio e

come un

civile.

Non
;

indietreggio.

Non

mi d per

vinto. L'

ho gi detto

non son

finito. Il ti-


c'

29,"5

tolo di questo libro sbagliato

poco male. Qui dentro vender cara la sua pelle a disposto uomo'ch' un

e che v-uol finire pi tardi che sia possibile.

Io

non disprezzo

giovani e non

li

odio.

Ho

fatto

per alcuni di loro tutto quel che ho potuto. Non li ho respinti. Li ho trattati male quando ho creduto che
fossero degni di ascoltare la verit
aspettati,
li

da un uomo. Li ho
attesi
al

ho

desiderati,

li

ho

varco dei

venti e dei venticinque anni per vedere cosa potevan


fare,
lenti,

cosa avevano in corpo. Li avrei voluti pi vio-

pi personali,
:

meno

seri e
li

meno

fonografi,
li

Ma

non importa
:

cos

come sono

rispetto e

stimo.

Se fanno cose mediocri o scrivono sciocchezze non li condanno bisogna far molte cose cattive per arrivare
a,

farne qualcuna passabile.

Non

si

arriva a ven-

t'anni col capolavoro pronto nella cassetta della scri-

vania. Spero che

lo

faranno e allora mi passeranno


loro.

addosso

senza rimorsi.

Ma
Non
timo

non voglio neppure umiliarmi dinanzi a

voglio scomparire senza aver resistito fino


fiato.

all'

ul-

Se c' qualcuno fra loro che creda di podel

termi schiaffeggiare e calpestcre prima


senza diritto,
si

tempo,
e

trover dir anzi


dif!

un amato vivo

non

un .cadavere mencio. Per


Avanti, ragazzi
!

ruggire bisogna anche


di

fare e per vir.cere san^iinaie dalle ferite.

Questi miei trert' anni


impiegarli meglio.

\ita.,

questi venti arsni di vita cerebrale, qut^fti diecianni di


letteratura potevo, forse,

Ma

pure

qualcosa ho fatto.
e r lio iniziati
;

Ho

preso parte a movimenti d' idee


riviste,

ho fondato

ho pubblicato una

296
mezza dozzina
pide o profonde che siano a destra
di libri,

ho sparso

idee,

pazze

yAn-

e a sinistra.

Son

qualcuno, rappresento
e avr a tutti
i

qualcosa,

ho

un passato

costi

un avvenire.
fatto, cosa fate ?

voialtri

Cosa avete

articoli,

recensioni, critiche

Vediamo

critiche,

articoli e re-

Avete ingegno, sicuro, e cultura, ma \)er ora, se non sbaglio, siete ancora aggrappati alle case altrui,
censioni.

vivete alle spalle di chi. fece qualcosa, vi fate grandi

mettendovi sotto i tacchi i volumi degli altri. Fra voialtri c' chi ha fatto dell'arte o ne far benissimo.
:

Il

giudicare

dilficile

ma

il

fare pi difficile ancora.

Vedremo.
Intanto io non voglio essere sbrigato in quattro
e

quattr' otto.

Non

voglio esser messo sotto

piedi

senza protestare.
del

per voi, specialmente per voi, so-

prattutto per voi, ho scritto questa storia drammatica

mio cervello. Eccomi qua mi sono aperto e sparato ho messo a nudo visceri e nervi come in tante tavole di anato:

mia. Se vorrete potrete far conoscenza col pi vero

me
non

stesso e salvarvi dai giudizi precipitosi.


c' la

Qui dentro

mia

biografa

ma

c'

il

corso esatto dei miei


resto

avvenimenti

interiori.

Tutto

il

dell'opera

mia

trova qui la sua spiegazione e la sua chiave.

Non

questa un'opera d'arte


e agli altri.

una

confessione a
il

me

stesso

Qui imparerete a conoscere

misantropo

sentimentale e ingiuriatore ch' riuscito, se Dio vuole,


cos
nelle

profondamente antipatico a tanta gente. Vi d mani il mio spirito, vi squaderno i documenti

297
con questo voglio esser giudicato. Io seguiter a fare, a lavorare, con voi, accanto
e le difese.
e

Su questo

voi,

ma un

periodo della mia vita s' chiuso e vo-

glio che si

tenga conto di questo mio disordinato sfogo


ai

in cinquanta capitoli. Io

mi presento
le

vostri

freddi occhi con tutti


e le

miei dolori,

mie speranze

mie

fiacchezze.

Non

chiedo piet n indulgenza, n lodi n consolazioni,

ma

soltanto tre o quattr'ore della vostra vita.

se

dopo avermi ascoltato crederete lo stesso, a dispetto dei miei propositi, eh' io sia davvero un uomo finito dovrete almen confessare eh' io son finito perch volli incominciar troppe cose e che non sono pi nulla
perch volli esser tutto.

19x2.

INDICE

andante

II III

Un mezzo ritratto Un centinaio di libri Un


milione di
libri

Pag.

8 13 17

IV

Dal tutto

al nulla

V
VI
VII

L'arco di Trionfo
Miseria
-

31

35
41

La mia campagna

appassionato

VIII .... La scoperta del male

47
53
61

IX

Gli

altri

X
XI
XII

Lui

La
Il

scoperta dell'unit
io

.69
73
.

mondo son

XIII .... Nulla vero

tutto permesso

78
^3

XIV

IviboUimento

302

tempestoso

XV
XVI
XVII
XVIII
... ...

Il

discorso notturne

Pag.

91

Palazzo Davauzati
I.a sortita I.a fuga dalla realt
I I

100 105
iii

XIX

....

fratelli

morti
vivi
.

119
127

XX
XXI
....

piccoli

Io e l'amore

...

133

solenne

XXII

...

La
Il

missione
perfetto

145
155

XXIII...

XXIV

...
... ...
.

L'ingegno
Dies Irae

160
165 175

XXV
XXVI
XXVII

Fare?
Verso

il

nuovo mondo

182 187

XXVIII

La

conquista della divinit

lentissimo

XXIX
XXXI
XXXII.

La

discesa

190
203

XXX ....
. .

Accuso soltanto

me

stesso

Giornate vergognose

208

Cosa volete da

me?

2n
214

XXXIII

La

gloria

3^3
XXXIV
.

se

anche

Pag. 218
221

XXXV
XXXVI

Sono un imbecille!
e

un ignorante
conosco
gli

225

XXXVII Non
XXXVIII.

uomini

229
234

L' ispirazione
I
Il

XXXTX
XI

miei debiti
buffone
po' di certezza
il

236
241

XLI
XLIi
XLIII

....
...

Un
La

246
251

Voglio

male!
corpo

...

fine del

254

allegffctto

^^IV

...

La morte
Appunto per questo
Il

261

XLV
XJ^VI

....
...
. .

264
271

ritorno alla
?.

terra

XLVII

Chi sono

279
stile

XI>VIII.. Dichiarazione di

285

XLIX.... Non
1

son finito
.

289
293

Alla nuova generazioue

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