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Hera non permette che

Ancora sul dischetto bronzeo di Cuma*


Mika Kajava

Loggetto di questo contributo un ben noto reperto che ha assunto eccezionale significato per la storia dei culti1. Si tratta di un dischetto di bronzo, forse di origine cumana, con iscrizione greca incisa a spirale, in direzione retrograda, sullorlo della superficie leggermente concava, recante il testo Hera non permette che, ecc.. Il piccolo disco, di poco pi di 8 centimetri di diametro, potrebbe risalire alla seconda met del VII secolo a.C. oppure forse ad un periodo alquanto pi tardo. Per quanto sappia, nessuno ne ha proposto una datazione posteriore al VI sec. a.C. In ogni caso si tratta di unepigrafe di notevole antichit (Fig. 1)2. Dopo la pubblicazione del testo greco da parte di Antonio Sogliano nel 19083, sono state proposte pi letture, molte delle quali fantastiche e completamente senza fondo. Sono due le interpretazio* Ringrazio Laura Chioffi per aver rivisto la mia espressione italiana. 1 Pugliese-Carratelli 1986, 17. 2 Cfr., per esempio, Guarducci 1946-1948, 132: verso la met del sec. VII o in et pochissimo posteriore; Valenza-Mele 1977, 498: met del VII a.C.; Landi 1979, 227, n. 8: met del VII sec. a.C. ca.; Valenza-Mele 1981, 123: di VII sec. o di VI a.C.; Cordano 1984, 286: potrebbe anche essere del VI secolo; PuglieseCarratelli 1986, 17: seconda met del secolo VII a.C.; Champeaux 1990, 289: des VIIe-VIe sicles; Valenza-Mele 1991-1992, 11: VII sec. a.C.; Arena 1994, 33, n. 26: 500 a.C.; Dubois 1995, 44, n. 14: ca 650; Sacco 2002-2003, 262: seconda met del VII sec. a.C.. Si noti inoltre quanto scritto da Jeffery 1990, 238, con riferimento alla data proposta da Guarducci su base comparativa con un testo graffito su un aryballos: This may well be right, though I would hesitate to compare closely an inscription cut on bronze with a well-written graffito on a miniature pot; one would expect the latter to be ahead of the formal lettering of its time, so that the disk might in fact be appreciably later. La datazione al VI sec. a.C. proposta da Parke 1988, 88 ss., cosa di per s non impossibile, si basa sullinfondata idea che il dischetto si leghi alla Sibilla cumana introdotta dai Sami al loro arrivo a Dicearchia (Puteoli), tradizionalmente da loro fondata verso lanno 530 a.C. 3 Sogliano 1908, 103 ss.

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Fig. 1 - Fotografia tratta da Guarducci 1987, 66.

ni che da parecchio tempo si sono imposte fra gli studiosi, quella di Margherita Guarducci4 degli anni 40 e quella, pi antica, pubblicata da Amedeo Maiuri su proposta di Federico Halbherr5. Secondo questultima, il testo direbbe $rAq ?\; Oe: pA: 2=D6J6C92:, cio, dipendendo dalla traduzione di pA:, Hera non permette di consultare loracolo di mattina oppure, Hera non permette di consultare loracolo di primavera6. La spiegazione che coinvolge le stagioni poco convince, visto che nel mondo greco le consultazioni oracolari erano spesso considerate particolarmente adatte appunto nei mesi primaverili. Ma non sembra praticabile neanche
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Guarducci 1946-1948, 129 ss. (con resoconto della ricerca anteriore). Cfr. anche Landi 1979, 50-51 e 227, n. 8. Maiuri 1911, 1 ss. (Halbherr ) Maiuri (vd. nota precedente): di mattina; Schwyzer 1923, n. 789: mane; K. Latte, in RE, s.v. Orakel, col. 848: im Frhling. Cfr. anche LSJ, s.v. TA: in the morning, 2=D6J6C92: Schwyzer 789 (Cumae), ma nel Suppl. (1968) la voce appare modificata: ... but perh. here TA: is dat. of Q2A (A). Cfr. anche nota seguente.

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linterpretazione di pA: 2=D6J6C92: nel senso di consultare al mattino, bench questa interpretazione sia chiaramente pi plausibile dellaltra. I sostenitori di questa alternativa hanno pensato alle consultazioni serali se non notturne con riferimento alloriginario carattere ctonio della dea Hera. Comunque sia, pare che si possano tranquillamente omettere ambedue le ipotesi, perch effettivamente ci che scritto sul dischetto sembrerebbe meglio corrispondere a quanto inizialmente proposto dalla Guarducci e poi, gi da tempo, condiviso dalla maggioranza degli studiosi: $rAq ?\; Oe:{:} O@:2=D6J6C92:7. Tale lettura significherebbe, secondo la tesi della studiosa, Hera non permette che si consulti nuovamente loracolo, in altre parole, che si chieda un oracolo supplementare. Prima di tornare, fra poco, su questo argomento, occorre riconsiderare alcuni problemi relativi sia allandamento del testo che allo stesso oggetto. Il dischetto appartenne, a partire dallinizio del Novecento, insieme a una quantit di vasi e di altri oggetti risalenti a epoca antica, alla cospicua collezione partenopea del Duca Antonio Carafa dAndria; collezione che costui aveva ereditato intorno al 1906 dal suo prozio Americo De Gennaro Ferrigni. Nulla di preciso si sa della provenienza del dischetto bronzeo (lo stesso Duca ne ignorava lorigine), tranne che la collezione privata di antichit, di cui faceva parte, sembra essere stata costituita per la massima parte di oggetti di provenienza campana8. Negli anni seguenti alla sua pubblicazione, il dischetto trov grande interesse da parte degli studiosi e venne discusso e visio7

Cfr. supra nt. 4 (anche Guarducci 1964, 136-138; Ead. 1967, I, 229; Ead. 1987, 66 s. n. 2 e 295). Si noti comunque che la lettura data da Halbherr e da Maiuri stata accettata da Renehan 1974, 199-201, il quale intendeva pA: nel senso di di mattina. Questa interpretazione ora seguita da Dillery 2005, 225. Lespressione ?\; Oe: occorre nellepigrafia arcaica almeno su un frammento laterizio del VI sec. a.C. da Tasso, #)"-,'#"& | (!",+- (in alfabeto pario), che sembra possa essere interpretato] ?\; Oe: | [--- O]= 2\Dm: Ghali-Kahil 1960, 122 (sarebbe attraente vedere qui il nome di Hera, ma allora ci si aspetterebbe la forma ionica del teonimo nonch luso di $ in luogo di #). Inoltre la frase 96dB ?\; 6f nota da alcune iscrizioni del II sec. d.C. provenienti da oracoli (dei dadi) in Asia Minore (TAM II 1222 [Lycia]; CIG 3956c [Frigia]). Cfr. Jeffery 1990, 238: generally agreed to be almost certainly from Kyme. interessante notare che, nei suoi appunti, Jeffery prima si era espressa cos: provenance not proven but guessed to be Kyme (archivio L.H. Jeffery / http://poinikastas.csad.ox.ac.uk/search-browse.shtml LSAG reference 240.05 / J.WC. Kyme 05.p02). Cf. anche Peterson 1919, 67: Although its provenience can not be exactly determined, it is supposed to have been found in clandestine excavations in the Cumean necropolis.

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nato da molti (dopo Sogliano lo videro nelloriginale almeno Domenico Comparetti e Francesco Ribezzo). Pi tardi, negli anni 40, tocc alla Guarducci di vederlo a Roma, dove il Duca dAndria laveva appositamente portato da Napoli. Che fine abbia fatto dopo, se si trovi ancora a Napoli o altrove, non so, come pure mi ignoto il destino della stessa collezione dAndria. Al Museo Archeologico di Napoli il dischetto non risulta custodito9. Il contesto di ritrovamento del dischetto rimane quindi oscuro. Fin dallinizio si pensato a Cuma, cosa che potrebbe ben cogliere nel vero, considerando che il testo non solo scritto in dialetto ionico ma anche inciso in alfabeto euboico. Un ulteriore argomento per attribuire il dischetto a Cuma sempre stato il contenuto del testo: se un qualsiasi oggetto di probabili origini campane mostra il verbo 2=D6J6C92: oppure O@:2=D6J6C92: o comunque una parola derivante da .=D:B, facilmente si pensa alla citt di Cuma e al suo famoso oracolo. Daltro canto, lambiente cumano che vanta un oracolo apollineo, poi associato alle Sibille, sembrerebbe, per cos dire, sancire la lettura relativa alla vaticinazione. Qualsiasi altra lettura sembrerebbe esclusa, e cos quella di (O@:)2=D6J6C92: destinata a diventare confermata10. Secondo lipotesi Guarducci, il dischetto mostrerebbe la dea Hera nellatto di dare un ordine relativo alla consultazione delloracolo cumano. Ci significherebbe che, almeno allepoca dellepigrafe, loracolo di Cuma sarebbe appartenuto a Hera e non ad Apollo. Inoltre Hera sarebbe una divinit del mondo infernale11. Per sostenere la sua tesi, Guarducci fece riferimento anche a un coccio arcaico recante il nome di Hera: DoB $rrq[s].12. Sicuramente cumano e databile agli inizi del VI secolo, questo frammento stato per lungo tempo considerato scomparso, ma ora si trova nellAkademisches Kunstmuseum di Bonn, come di recente si appreso. Sono inoltre noti almeno cinque frammenti di coppe arcai9

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Come mi ha gentilmente confermato Elena Miranda. Il dischetto comunque registrato negli archivi fotografici del Museo (n. D 22526); cfr. Dubois 1995, 44, n. 14. Cfr. quanto scritto da Guarducci 1967, I, 229, nt. 3: La provenienza da Cuma accertata dalla convergenza dei seguenti elementi: dialetto ionico, alfabeto euboico, ricordo di un oracolo, appartenenza di tutti gli altri oggetti della medesima collezione allambiente archeologico della Campania. Nel presente contesto risulta poco rilevante la seguente affermazione della studiosa: la qualit di nume oracolare presuppone, almeno nella maggior parte dei casi, quella di nume infero (Guarducci 1946-1948, 135). Guarducci 1946-1948, 135.

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che di provenienza cumana, databili entro la fine del VI sec. a.C., che recano il teonimo abbreviato con le lettere $# graffite (da sciogliere probabilmente in genitivo $r(AqB)13. Se la dea Hera ampiamente documentata a Cuma da varie fonti, resta ancora in discussione il luogo dellHeraion locale, anche se tale sede potrebbe ben essere situata nel settore sud-ovest della citt14. Al di l dellindiscutibile presenza cumana della dea, va ricordato che Hera (e poi Giunone) era una divinit veneratissima dappertutto. Nel nostro contesto si pensi allHeraion alla Foce del Sele nonch alle vicine Posidonia e Velia, dove il nome di Hera ben documentato. Da questultima localit, per esempio, provengono alcuni frammenti di ceramica del tardo VI sec. e degli inizi del V sec. a.C., che recano il nome di Hera in alfabeto ionico ($)$ oppure $))15. anche vero che qualche volta la personalit di Hera sembrerebbe mostrare elementi relativi alle attivit oracolari, ma tali caratteristiche sono assai comuni nel pantheon greco-romano. Anzi, sarebbe difficile individuare divinit completamente estranee alle pratiche divinatorie, quali che sia la natura di queste. C un altro problema. Secondo Margherita Guarducci (e molti altri), il dischetto sarebbe una sors arcaica, in cui la dea della sede oracolare esprimerebbe il divieto di riconsultare loracolo. ben noto che oracoli greci potevano essere interrogati di nuovo per ottenere un responso pi favorevole, e non era affatto eccezionale, come sappiamo da Erodoto e altri, che gli dei oracolari, o piuttosto gli addetti alla loro sede, rimanessero irremovibili anche al secondo tentativo. Va notato tuttavia che una sors esprimente un divieto al consultante insoddisfatto di ripetere la domanda risulterebbe un caso unico, al massimo potrebbero essere vagamente prese a paragone alcune sortes tardorepubblicane in latino, come quelle di Bahareno della Montagna, ma esse sono nate in un contesto completamente diverso16. Tipologicamente differenti, sia per le dimensioni (pi piccole)

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Su tutto questo materiale vd. Sacco 2002-2003, 261-266, la quale fa anche notare che delloggetto ora conservato a Bonn sembrerebbe esistere una copia falsa nel Museo di Baranello (prov. di Campobasso). Sacco 2002-2003, 264 con bibliografia. SEG XLVII 1526; L 1071. Queste voci ricordano anche due blocchi di pietra, sempre da Velia, iscritti UA8B. CIL I2 2173-2189=ILLRP 1072-1087a. Cfr., per esempio, CIL I2 2185=ILLRP 1084: Nunc me rogitas, nunc / consulis? Tempus abit iam; CIL I2 2189=ILLRP 1087a: Qur petis postempus consilium? / Quod rogas non est.

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che per laspetto esterno (con foro centrale), sono anche le poche sortes italiane, in forma di dischetto, o ancora conservate o conosciute attraverso descrizioni letterarie e fonti figurative17. Unulteriore difficolt costituita dal verbo O@:2=D6J6C92:. Nei pochi passi in cui compare questo verbo, il suo significato sempre profetizzare, dare un responso, non mai chiedere un responso, consultare un oracolo, ecc.18. Anche il verbo 2=D6J6C92:, senza prefisso, appare nelle fonti pi antiche nellaccezione di vaticinare, essendo il significato di consultare (un oracolo) ignoto prima di Erodoto e Pindaro. Inoltre, come stato chiaramente sottolineato dal Pugliese Carratelli, il prefisso qui non vale a indicare uniterazione n sembra che con esso si esprima lidea di aggiunzione o di successione19. Per designare latto relativo alla riconsultazione ci si aspetterebbe piuttosto il verbo L=22=D6J6C92:20. Secondo lo stesso Pugliese Carratelli, e alcuni altri studiosi, i dati di cui si dispone per ora non giustificano il riconoscimento di Hera come dea principale del pantheon cumano, e infatti il presente testo sarebbe lunico fondamento concreto di unattribuzione delloracolo cumano a questa divinit21. In tale ottica, parrebbe pi probabile che il dio oracolare sia sempre stato Apollo, e cos il ruolo di Hera sareb-

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Su questi materiali in corso un lavoro da parte della dott.ssa Laura Buchholz (Universit di Helsinki). App., bc 4, 127: O@62=D6J?=D? 5a Y2<lB P;.D6A?: D0=56 Db= S/A2= O= Dm56 Dm QA4k @.=D2 D` jH21H= @A.42D2 ;A:=6h= (prevedevano); 138: L@0=D8C/ 46 b= 2\D?hB ;2c Z CE=:I=D6B OB Db= .G8= O@62=D6JC2=D? jH21?:B (quello che avevano preannunciato; cfr. Famerie 1998, 295: O@:2=D6J?2:, prdire en outre;); Filostr., vita Apoll. 5, 19: OJ6: 5n 2\Dd= V6A?F.=D8B, Z= 2\DdB Dm @A?D/Ak O@62=D6JC2D? (che lui stesso aveva preannunciato al predecessore di costui). Una tarda testimonianza in Ioh. Camat. astr. 3129 (XI sec.): (Y U<:?B) I=?:B O@:2=D6J6D2: ;2;` D?hB 32C:<6iC:=. Pugliese-Carratelli 1979, 223; Id. 1986, 17 s. Come stato giustamente sottolineato da Renehan 1974, 199, cfr. Dio 37, 25 (consultazione ornitomantica): Q>65A?: 4.A D:=6B [A=:96B O@/@D2=D?, ;2c 5:` D?iDn L=62=D6JC2=D?. Cfr. anche Phryn. praep. soph. 45, 16-17 (de Borries): L=22=D6J6C92:: C821=6: Dd D` 2=D6E9/=D2 N@2> @6:AeC92: L.=D6ED2 @?:6hC92:. Secondo Dubois 1995, 45, che interpreta il dischetto come una sors, piuttosto che riconsultare il verbo O@:2=D6J6C92: significherebbe consulter sur place, ici-mme. Se si dovesse scegliere fra queste due alternative, quella proposta da Dubois sarebbe evidentemente preferibile. Decisamente meno valida sarebbe la testimonianza dellappellativo Herophile dato alla Sibilla cumana dopo la sua associazione (risalente al IV sec. a.C.?) a quella di

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be stato solo secondario22. Come sappiamo, la consorte di Zeus era una nota impicciona che spesso interferiva negli affari non solo del marito ma anche degli altri. Nel nostro caso ella avrebbe vietato di emettere vaticini nella sede oracolare di Apollo. Ci sembrerebbe possibile, per ci si chiede il perch di tale divieto. ben noto che il comportamento delle divinit nei miti pu essere ben diverso dal ruolo da loro assunto nei riti e nella vita religiosa e sociale della gente23. La stessa Hera, moglie divina di Zeus, nonostante la gelosia e la possessivit che la rende furiosa e crudelmente vendicativa, rappresenta anche la fedelt e dignit coniugale. Cos nei riti greci di matrimonio la divina coppia litigante diventa il garante protettore degli sposi. Riguardo al nostro caso, mi pare poco verosimile che alcune delle caratteristiche mitiche di Hera si rispecchino nel testo del dischetto e quindi nella realt cultuale cumana. Assumere uninterferenza di Hera nelle attivit oracolari di Apollo sembra una soluzione demergenza introdotta per spiegare meglio il rapporto intercorrente tra Apollo e Hera. In particolare ci si riferiti al passo dellEneide (3, 345-348), dove le Parcae ostacolano il profeta Eleno a sapere, mentre Giunone gli vieta di parlare (vv. 379-380: prohibent nam cetera Parcae / scire Helenum farique vetat Saturnia Iuno)24. Tuttavia qui il ruolo di Giunone si mostra solo secondario in quanto il divieto di parlare praticamente risulta dal non sapere, e inoltre la presenza di Giunone in questa scena sembra ispirata dal riferimento di Tiresia al ruolo di Poseidone nella Nekyia odissiaca (11, 112 ss.)25. Riguardo alla lettura dellepigrafe, ripeto che quella di Guarducci, , mi pare paleograficamente piuttosto attendibile. Va
Eritre, che viene denominata Herophile gi in Eraclide di Ponto (130 Wehrli). Secondo Valenza-Mele 1977, 498, tale nome mostrerebbe una tradizione precedente allinstallazione di Apollo a Cuma quale nume profetico per eccellenza. Il significato del nome Herophile ora sottolineato da Ustinova 2009, 163, nt. 61: One of the names of the Cumaean Sibyl, Herophile, hints at the association of the prophetess with Hera, the great goddess of Samos, named on a bronze disc from Cumae ..., which presumably served as a lot .... 22 Cos anche Champeaux 1990, 289. Rimane comunque viva la tesi opposta, quella cio che riconosce in Hera la prima titolare delloracolo, cfr. recentemente Poucet 2008, 5, con riferimento a Valenza-Mele 1991-1992. La priorit di Hera su Apollo a Cuma fu sottolineata anche da Breglia-Pulci-Doria 1983, 29 ss. 23 Cfr., in generale, Parker 2005, 393 s. 24 Pugliese-Carratelli 1979, 223; Id. 1986, 17; Manganaro 1994, 124. 25 Horsfall 2006, 290: clearly Helenus could not speak if he did not know, ... Helenus did not know and could not tell.

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osservato che il ny di questa parola inciso sotto il rigo tra lalpha e il tau, come se fosse stato dimenticato in un primo momento. Lincisore, o unaltra persona, notando che nel testo mancava una lettera, lavrebbe aggiunta correggendo cos landamento ortografico dello scritto. Secondo alcuni studiosi, il ny prima omesso e poi inserito in questa posizione sembrerebbe dovuto ad abitudine fonetica e quindi parlerebbe in favore della tendenza alla omissione di n anteconsonantico nella lingua delle colonie euboiche della Magna Grecia26. Ci certamente possibile, tuttavia allora ci si aspetterebbe di trovare altre testimonianze epigrafiche dello stesso fenomeno fonetico. Una di queste sarebbe la cd. coppa di Nestore di Pithekoussai, in cui il n nella frase hdB 5g M= Dt56 @1q (in r. 2), omesso in un primo tempo, fu poi inserito per correzione sotto il rigo27. Va notato, tuttavia, che nel testo pitecussano ci sono pi aggiunte e correzioni dovute a semplici sbagli dellincisore (per esempio, il primo sigma della suddetta frase fu posteriormente inserito nellinterspazio tra e ). Inoltre i due testi non sono del tutto paragonabili, in quanto quello della coppa di Nestore appare in un contesto metrico, e quindi le condizioni nei due casi per omissioni fonetiche non sono rispettivamente equipollenti. Si osservi anche che in un graffito euboico da Eretria, non solo pressappoco contemporaneo ma anche simile alliscrizione pitecussana, nel secondo rigo, evidentemente in esametro, lincisore ha scritto correttamente ] hs 5g M= Dt[5628. Lo stesso vale per il noto graffito cumano di Tataie (c. 675-650 a.C.), in cui si dice, in prosa, hdB 5g M= 6 ;</FC6:29, e naturalmente da Cuma sono noti altri esempi arcaici in prosa, in cui il ny anteconsonantico impeccabilmente indicato30. Riguardo al nostro dischetto, insomma, mi pare che la spiegazione fonetica dellinserimento sotto il rigo del ny di O@:2=D6J6C92: rimanga, anche se non impossibile, comunque alquanto problematica, soprattutto per lesiguit di testimonianze inequivocabili in suo favore31. Considerando tutte le incertezze circa lorigine e le caratteristiche
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Arena 1989, 36; Pavese 1996, 14. CEG 454 (foto: Jeffery 1990, Tav. 47,1). 28 SEG XXXIX 939. 29 Dubois 1995, 41 s., n. 12. 30 Dubois 1995, passim. 31 Va notato del resto che lindebolimento della nasale in simili contesti fonetici (prima di occlusiva dentale) spesso non risulta attendibilmente verificabile neanche in Sicilia, cfr. Mimbrera-Olarte 2006, 102. Ringrazio Kalle Korhonen per questo riferimento.

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del dischetto nonch, in particolare, i vari problemi relativi allinterpretazione di esso come appartenente a un contesto oracolare, io mi chiedo se il testo non possa essere spiegato in un modo completamente diverso. Anzich a O@:2=D6J6C92: sto pensando al verbo, molto raro, O@:2CD6J6C92:. Se cos sinterpretasse lultima parola delliscrizione, la lettera incisa sotto il rigo, dallevidente aspetto di un ny, andrebbe invece intesa come un sigma. vero che tale carattere sembrerebbe mostrare un andamento errato rispetto agli altri, tuttavia va notato, in primo luogo, che lepigrafe si presenta spiraliforme, per cui una correzione, unaggiunta o un qualsiasi tocco posteriore potrebbe essere stato inciso tenendo il dischetto in diverse posizioni alternative, e non deve passare inosservato che le sette ultime lettere del testo (#,#*%"&) non solo sinclinano verso sinistra ma convergono anche verso il basso ovviamente per evitare una loro collisione con linizio dellepigrafe. Questa circostanza potrebbe aver avuto un effetto anche sulla posizione della lettera aggiunta sotto il rigo. Inoltre la mano non sembra particolarmente abile: ci sono lettere rovesciate rispetto alle altre (cfr. il rho di $rAq), sbagli dellincisore ed eventuali correzioni dello stesso32. Non difficile trovare casi simili riferibili allet arcaica, in cui, in una medesima epigrafe, vengono usate due forme diverse della stessa lettera, come se fossero immagini speculari o comunque eseguite paleograficamente in maniera differente33. Ma che cosa significherebbe O@:2CD6J6C92: ? Questo verbo noto con valore attivo, O@:2CD6JH, da alcuni scholia al passo dellOdissea, in cui i corteggiatori criticano Telemaco per aver ospitato il vagabondo mendicante, cio Ulisse, che viene denominato O@12CD?B L<0D8B (Hom. Od. 20, 376-380): +8</2Gn, ?] D:B C6h? ;2;?>6:=KD6A?B M<<?B, ?X?= /= D:=2 D?iD?= QG6:B O@12CD?= L<0D8=, C1D?E ;2c ?W=?E ;6GA8/=?=, ?\5/ D: QA4H= Q@2:?= ?\5a 318B, L<<n 2]DHB MG9?B LA?JA8B M<<?B 5n 2^D/ D:B ?_D?B L=/CD8 2=D6J6C92:.
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A proposito della decima lettera, cfr. quanto osservato da Guarducci 1946-1948, 131: uno iota inciso due volte: la prima volta in direzione parallela alla linea sinistra dello A precedente, la seconda per un pentimento dellincisore che si era accorto di avere impresso allepigrafe un andamento errato. 33 Pi esempi nelle tabelle di Jeffery 1990 (cfr. Larfeld 1902, 400 ss.). Cfr. anche i due sigma, molto diversi tra di loro, nel nome *qu=15qB graffito in un vaso di probabili origini euboiche (I.Olympia 262; Jeffery 1990, 83 con Tav. 5,6).

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Secondo gli scholiasti, il termine O@12CD?B usato per indicare i mendicanti bisognosi in cerca di cibo e alimentazione. In Omero, a giudicare dal contesto, i corteggiatori lo usano in luce piuttosto negativa.
1) Schol. Od. 20, 377 (Dindorf): O@12CD?= L<0D8= O=56e O@21D8=,

@2A` Dd 2CD6J6:= DA?F0=. B. O@:2CD6J?=D2 ;2c O@:78D?i=D2. 2) Apoll. Soph. Lex. Hom. 73, 30 (Bekker): O@12CD?= Dd= O@:78D?i=D2 ;2c O@:2CD6J?=D2 DA?F0=. C821=6: ;2c Dd= O@1@<8;D?=. 3) Etym. M. 361, 52: R@12CD?= L<0D8=: +d= O@:2CD6J?=D2 Db= DA?Fb= O@21D8=. R@12CD?B un hapax, aggettivo verbale derivante da 21?2: ricercare, perseguire, toccare, che nel contesto odissiaco sembrerebbe di valore attivo e quindi, in sintonia con quanto osservato da Aristarco, significherebbe uno che acchiappa o cerca (qualcosa)34. inoltre ben noto sin da Omero il verbo composto, O@:21?2:, nel senso di afferrare, aggrapparsi. Sempre da 21?2: deriva il nome dagente 2CD0A chi cerca, ricercatore, che a sua volta ha dato il verbo denominativo 2CD6JH sforzarsi di raggiungere, inseguire, ricercare, chiedere con insistenza, ecc. (Pind., Esch., ecc.; anche Senof. e iscrr. del IV sec. a.C.), probabilmente formato secondo lanalogia della forma prevalentemente poetica 2D6JH cercare, ricercare (Om., Pind., ecc.). Sembrerebbe, dunque, che i filologi antichi avessero avuto ragione nellassociare laggettivo O@12CD?B al verbo (O@:)2CD6JH, bench il primo derivi direttamente da O@:21?2:35. Ora, siccome accanto alla coppia 2CD6JH : 2D6JH, forme verbali ben note da fonti antichissime, dovevano o almeno potevano logicamente esistere le varianti O@:2CD6JH: *O@:2D6JH, mi chiedo se la presenza nellepigrafe del dischetto delle rispettive forme medie O@:2D6J6C92: ed O@:2CD6J6C92:, oppure linserzione per correzione o per altra ragione del sigma in questultima, possano avere
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Chantraine 1980, 659. Cfr. Russo, Fernndez-Galiano, Heubeck 1992, 126. La rispettiva voce in Montanari 1995 mi pare adeguata: prob. che va cercando, mendicante. Il significato alternativo riportato da Apollonio (C821=6: ;2c Dd= O@1@<8;D?=) chiaramente deriva dalla lettura della scena odissiaca, in cui Ulisse infatti appare biasimato e rimproverato.

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qualcosa a che fare con le due suddette varianti attestate nella letteratura arcaica e classica. Ovviamente tanto 2D6JH quanto 2CD6JH potevano essere usati non solo contemporaneamente ma anche negli stessi ambienti, letterati o meno, e non vedo perch i corrispondenti derivati con prefisso, O@:2D6Jo2: ed O@:2CD6Jo2:, non potessero essere ambedue noti nella societ (cumana?) al momento in cui il dischetto fu iscritto (si noti del resto che la datazione del testo al VI sec. a.C., ritenuta possibile da molti studiosi, non si staccherebbe molto da quella delle prime attestazioni del verbo in Pindaro ed Eschilo). Se cos fosse, si potrebbe assumere che la variante O@:2D6J6C92:, assonante con la forma omerica (cfr. 2D6JH), sia stata corretta cambiandola in O@:2CD6J6C92: o perch questa era localmente pi corrente o perch comunque preferita dal compositore del testo. Potrebbe dunque trattarsi non di una correzione vera e propria di un errore ma piuttosto di una piccola modifica del termine prima iscritto. Daltra parte, assumendo che la lettera sotto il rigo sia veramente un ny, si potrebbe anche ipotizzare che la forma originaria O@:2D6J6C92: cercare, chiedere (insistemente), aggrapparsi, ecc., sia stata pi tardi sostituita da qualcuno con il verbo O@:2=D6J6C92: relativo alla divinazione. Tuttavia, tale ipotesi, se non impossibile, mi pare artificiale e troppo complicata. Quindi, forse, in questo reperto andrebbe vista una targhetta disciplinare indicante qualcosa come vietato mendicare (cui si adatterebbe bene la forma media del verbo), espressione che avrebbe incluso tutte le attivit relative considerate negative, quali per esempio sdraiarsi sui passaggi, ostruire laccesso al santuario, ecc. Se cos fosse, il divieto andrebbe paragonato con i tanti altri noti dalle leggi regolative greche, che si ponevano allutilizzo di aree sacre per scopi profani. Non era raro, per esempio, vietare il pernottamento entro il temenos e ugualmente poteva essere sancito lo sporcare e deturpare gli spazi dei santuari36. Nel presente contesto, il divieto si riferirebbe a un santuario della dea Hera. Purtroppo, per, non ci dato sapere esattamente dove, e come originariamente, era stato collocato il dischetto (dalle descrizioni pubblicate non risultano alcuni fori per

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Molti esempi nelle collezioni di Sokolowski (LSAM, LSCG, LSCG Suppl.) nonch in quella nuova di Lupu 2009. Nel presente contesto sembra meglio usare il termine legge disciplinare anzich legge sacra, cfr. Carbon 2005; sul concetto e sulla definizione di legge sacra, vd., in particolare, Parker 2004, 57 ss.

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fissarlo su un qualche supporto; rimane anche ignoto laspetto del retro). Tutto sommato, il dischetto potrebbe ben essere di provenienza cumana ma potrebbe anche non esserlo. Inoltre pare poco probabile che si tratti di una sors, come pure rimane fortemente discutibile una sua qualsiasi connessione con pratiche divinatorie. Oltre alla rilettura, certo non immediata ma sicuramente possibile, di un carattere iscritto, lipotesi sopra formulata richiederebbe la considerazione delle varianti O@:2D6J6C92: / O@:2CD6J6C92: in luogo del verbo divinatorio O@:2=D6J6C92:. Se questa interpretazione fosse accettata, ne conseguirebbe che il testo risulterebbe irrilevante riguardo alla questione di chi sia stato il titolare originario del culto oracolare cumano. Ovviamente tale conclusione potrebbe sembrare inaccettabile a quanti hanno sempre associato il dischetto bronzeo alloracolo di Cuma. Tuttavia mi pare preferibile la soluzione che pi ha senso e che meglio si adatta al pur frammentario contesto storicoreligioso come lo conosciamo dalle fonti disponibili. Universit di Helsinki

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