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LE BASI TEORICHE DI UN APPROCCIO MARXISTA ALLA DEMOCRAZIA RADICALE di Ernesto Screpanti

[pubblicato in N. Bellanca ed E. Screpanti (a cura di), Democrazia radicale, Il Ponte, LXIII, 2007, pp. 58-91]

La vera democrazia contro lo Stato etico Nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico Marx attacca Hegel per aver fatto dello Stato un soggetto politico che solo astrattamente si presenta come l'incarnazione del bene comune di una collettivit, ma che, in quanto separato dalla societ civile e ad essa sovrapposto, non soltanto la lascia nella sua condizione di societ di classe dominata dal bellum omnium contra omnes, ma soprattutto impedisce ai cittadini di autogovernarsi politicamente. Il superamento di questa separazione avviene attraverso un processo rivoluzionario che abolisce lo Stato:
Nella democrazia lo Stato politico, in quanto esso si pone accanto a questo contenuto [la societ civile] e se ne distingue, anch'esso solo un particolare contenuto, come un particolare modo di esistere del popolo [] Nella democrazia lo Stato, in quanto particolare, soltanto particolare, e in quanto universale l'universale reale, cio niente di determinato che sia distinto dall'altro contenuto. I francesi moderni hanno inteso questo cos: che nella vera democrazia lo Stato politico perisca. Il che giusto, nel senso che esso, in quanto Stato politico, quale costituzione, non vale pi per il tutto [] Nella democrazia lo Stato astratto ha cessato di essere il momento dominante [] La repubblica politica la democrazia all'interno della forma politica astratta. L'astratta forma politica della democrazia quindi la repubblica: ma qui essa cessa di essere la costituzione semplicemente politica (Marx, 1842-43, 42-43).

Dunque il processo rivoluzionario un processo democratico. Ed evidente che Marx per democrazia, o meglio, per vera democrazia, intende qualcosa di pi di ci che s'intende comunemente:
Non si tratta qui di decidere se la societ civile debba esercitare il potere legislativo mediante deputati o mediante tutti individualmente presi, bens si tratta dell'estensione e della generalizzazione al massimo possibile dell'elezione, sia del diritto di suffragio attivo che di quello passivo [] Ossia l'elezione il rapporto immediato, diretto, non meramente rappresentativo ma reale, della societ civile con lo Stato politico. S'intende quindi da s che l'elezione costituisce l'interesse politico fondamentale della societ civile reale. Soltanto nell'elezione illimitata, sia attiva che passiva, la societ civile si solleva realmente all'astrazione di se stessa, all'esistenza politica come sua vera esistenza generale, essenziale. Ma il compimento [Aufhebung] di questa astrazione al contempo la soppressione dell'astrazione. Quando la societ civile ha realmente posto la sua esistenza politica come la sua vera esistenza, ha contemporaneamente posto la sua esistenza civile, nella sua distinzione da quella politica, come inessenziale; e con una delle parti separate cade l'altra, il suo contrario. La riforma elettorale , dunque, entro lo Stato politico astratto, l'istanza dello scioglimento [Auflsung] di questo, come parimenti dello scioglimento della societ civile (Ivi, 134-135).

Nella vera democrazia la societ civile, ponendo la sua esistenza politica come la sua vera esistenza, scioglie lo Stato politico astratto rivoluzionando se stessa. Non

si tratta allora soltanto della riforma elettorale. Sarebbe una banalizzazione ingiustificata quella di chi volesse ridurre le istanze democratiche di Marx alla rivendicazione del suffragio universale. Attraverso la riforma elettorale i cittadini conquistano la democrazia. Ma la storia non finisce qui. Anzi, comincia qui. Infatti i cittadini, una volta conquistato il potere legislativo, lo useranno per rivoluzionare la societ. Per Marx (ivi, 69) Il potere legislativo ha fatto [] le grandi rivoluzioni organiche generali. Con la vera democrazia le far modificando sia la struttura sociale che quella politica. Lo Stato veramente democratico interverr nei rapporti di produzione, nelle relazioni economiche e sociali, per trasformarli in accordo con la volont dei cittadini. Questi, secondo Marx, sono in grande maggioranza proletari. E quindi useranno il potere politico per abolire le classi sociali. La vera democrazia si presenta come la forma di una societ civile che si politicizza per cambiarsi. Essa l'azione politica del popolo che rivoluziona la societ civile. Non solo, ma essa interverr anche sulla struttura dello Stato stesso. La vera democrazia aggredisce lo Stato. Nel saggio del 1842-43 Marx individua nella burocrazia la classe che domina gli apparati statali: La burocrazia detiene l'essenza dello Stato, l'essenza spirituale della societ, questa la sua propriet privata [] In quanto al burocrate preso singolarmente, lo scopo dello Stato diventa il suo scopo privato (ivi, 60). La critica va intesa come riferita a tutto il ceto politico. Infatti Marx sostiene che il male dell'autorit sta non nell'abuso di potere, ma nella gerarchia politica stessa, come se la gerarchia non fosse l'abuso capitale (ivi, 65)! Il potere della gerarchia deve essere abolito. E sar abolito attraverso l'autogoverno del popolo. Si deve tenere presente che in quest'opera Marx usa il termine burocrazia non tanto nel senso moderno di apparato di dipendenti pubblici incaricati di funzioni tecniche e amministrative. Lo usa piuttosto per denotare il corpo politico che detiene il potere legislativo e il potere governativo, un corpo che burocrazia due volte: una volta come rappresentanza del principe, e un'altra come rappresentanza del popolo (ivi, 138). Secondo Hegel i deputati devono essere non i rappresentanti delle volont e degli interessi dei loro elettori, bens i portatori di un interesse generale della comunit; da che - osserva Marx (ivi, 136) - deve tuttavia conseguire che i deputati non sono dunque nella situazione di 'mandatari'. cos che si costituisce il ceto politico - ovvero la burocrazia, nel linguaggio di Hegel e di Marx (in questo scritto) - come corpo sociale separato dalla societ: La separazione dello Stato politico dalla societ civile si manifesta come separazione dei delegati dai loro mandanti. La societ delega semplicemente gli elementi della sua esistenza politica (ivi, 137). Come stato fatto notare da Zolo (1974, 83-84), Marx stigmatizza i pericoli insiti nel meccanismo della delega elettorale in un sistema rappresentativo, in quanto vede in esso la possibilit della costituzione di un ceto politico separato dalla societ nel momento in cui i delegati si autonomizzano dai loro mandanti. La Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico fu scritta proprio nel periodo in cui Max stava cominciando a maturare la sua posizione comunista ed un po' l'Urtext della teoria politica del comunismo. Ne , se non la fondazione, la premessa immediata (Luporini, 1971, lxiv). In quest'opera, osserva Avineri (1972, 51), ci che Marx chiama 'democrazia' non differisce fondamentalmente da ci che
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pi tardi egli chiamer 'comunismo' [] una societ basata sull'abolizione della propriet privata e sulla scomparsa dello Stato. Insomma il Manifesto del partito comunista gi contenuto nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico. Qui sono contenute le basi teoriche di alcune delle tesi politiche che Marx svilupper nelle opere della maturit. Non sarebbe stato possibile elaborare una concezione della democrazia partecipativa come quella che emerge dalle riflessioni marxiane sulla Comune di Parigi, se prima non ci fosse stata la critica alla filosofia hegeliana del diritto dal punto di vista di una vera democrazia come processo di autodeterminazione del popolo. Inoltre si deve notare che la critica alla concezione hegeliana dell'universalit dello Stato una premessa fondamentale all'analisi dello Stato capitalistico come potere non neutrale e istituzione funzionale al dominio di classe (Tucker, 1980, 70). In terzo luogo si pu ritenere che lindividualismo etico che Marx sviluppa nelle sue opere della maturit, cos come il suo rifiuto di attribuire valore universale a qualsiasi teoria della giustizia, sono stati preceduti e preparati dalla critica alla dottrina delluniversalit dello Stato etico che presente nellopera del 1842-43. Infine va rilevato che proprio nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico che compaiono per la prima volta le tesi marxiane sulla gerarchia politica come ceto professionale che usurpa il potere statale, tesi che verranno sviluppate pi tardi da Marx ed Engels facendo uso della categoria di politici di professione. I diritti universali delluomo sono diritti borghesi conquistati dalle lotte operaie La critica marxiana ai fondamenti etici e universalistici del diritto stata interpretata in due modi contrastanti dallesegesi marxista. Entrambe le interpretazioni sono legittime, ma vanno articolate riportandole allevoluzione intellettuale di Marx. Qui comunque mi soffermer sullinterpretazione che fa tesoro degli sviluppi teorici del Marx politico e scienziato.1 forse uninterpretazione un po' forzata se si sta alla lettera dei testi giovanili, ma legittimata dagli sviluppi teorici del Marx maturo e, mi sia consentito dire, marxista (Guastini, 1974, 40). La critica ai diritti dell'uomo e del cittadino avanzata in Sulla questione ebraica non mirerebbe alla loro negazione. A testimonianza di ci stanno le diverse occasioni in cui Marx ed Engels si impegnano in una strenua difesa di alcuni diritti cosiddetti
Laltra interpretazione fa perno su alcune tesi elaborate nelle opere del periodo 1842-44, dove la critica alla concezione dello Stato come Stato etico, incarnazione del bene pubblico, assume la forma di una critica alletica fondata sullappropriazione privata e sanzionata dal potere dello Stato. Lo stato etico di Hegel astratto perch non il prodotto delle soggettivit sociali, cio di una societ civile che si fa soggetto producendo autonomamente le proprie norme etiche e politiche. A tale Stato Marx contrappone una comunit che si autocostituisce attraverso un processo rivoluzionario che costruisce un cemento morale basato sua una spontanea e diffusa vita dellamore. Nelle opere giovanili viene proposta un'ontologia umanista dell'essere sociale, una concezione essenzialista della natura umana come ente generico e una concezione prometeica del comunismo come comunit fondata su un'etica solidaristica. In Sulla questione ebraica i diritti delluomo e del cittadino sono visti come strumenti di protezione della sfera privata dell'uomo egoista. Secondo questa interpretazione, Marx propone qui una forma alternativa di emancipazione umana: quella di una comunit in cui l'uomo supera l'egoismo riconoscendosi membro del genere umano. Una comunit simile sembrerebbe andare al di l dei diritti dell'uomo e del cittadino: che bisogno c' di diritti che proteggono le sfere dell'agire egoista quando non c' pi egoismo? Per un certo marxismo utopistico novecentesco il comunismo sar pienamente realizzato quando gli uomini avranno imparato a lavorare per la societ senza alcuna norma giuridica (Lenin, 1968, 924).
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borghesi, e non solo nel periodo giovanile in cui scrivono in un giornale di orientamento liberale, ma anche nell'epoca in cui lavorano come rivoluzionari comunisti.2 Carver (1998, 122-123), sulla base di una estesa lettura degli scritti di Marx, ha redatto un lista di diritti borghesi di cui fautore: governo rappresentativo e responsabile, partecipazione popolare a ogni livello di governo, elezioni periodiche, suffragio universale, sistema politico multi-partito, magistratura indipendente, assistenza legale gratuita, completa separazione tra Chiesa e Stato, protezione del cittadino dall'oppressione religiosa e antireligiosa, diritto allo studio attuato con listruzione gratuita, diritto di libera ricerca intellettuale, diritto di stampa senza censura, libert di associazione, assistenza pubblica per i disabili, imposta progressiva, indipendenza nazionale. La cosa pi interessante che i diritti civili e politici vengono visti dal Marx e l'Engels comunisti non come manifestazioni di un universale diritto naturale, bens come conquiste del movimento operaio nella sua lotta per la liberazione:
Con grandi sforzi e con grandi sacrifici [gli operai tedeschi] avevano conquistato il grado di libert di stampa, d'associazione e di riunione, di cui godevano: era una lotta continua, ma infine la vittoria restava sempre dalla parte degli operai [] Gli operai tedeschi hanno provato quanto valgano le libert costituzionali, allorch il proletariato si permette di prenderle sul serio e di farne uso per combattere la dominazione capitalistica (Engels, 1879, 228).

Interpretata in tale prospettiva, dunque, quella critica giovanile intenderebbe mettere in luce non l'inutilit dei diritti dell'uomo e del cittadino come strumenti di liberazione, bens la loro insufficienza:
L'emancipazione politica certamente un grande passo in avanti, non per la forma ultima dell'emancipazione umana in generale, ma l'ultima forma dell'emancipazione umana entro l'ordine mondiale attuale. S'intende: noi parliamo qui di reale, di pratica emancipazione (Marx, 1843, 85).

Il punto che la libert di religione, ad esempio, non libera l'uomo dalla condizioni materiali di miseria, incertezza e ignoranza che generano il bisogno dell'oppio del popolo. Invece il comunismo non pu lasciare inalterata la societ civile. In esso l'autogoverno del popolo interviene nella realt sociale ed economica per rimuovere le condizioni di quel bisogno, per abolire la miseria, l'ignoranza, l'alienazione che fanno sentire all'uomo il bisogno delle pratiche religiose. Dunque il diritto di culto, ad esempio, non viene abolito. Deve per essere affiancato da altri diritti, quelli che oggi definiamo diritti sociali, come il diritto allo studio e il diritto alla salute, che aiutino gli esseri umani a costruire la propria autonomia.3 Come ha osservato Cerroni (1972, 207-208), nella prospettiva nuova che Marx intende aprire emerge implicitamente la tematica del recupero di quei diritti [del cittadino]: sia nel senso che egli ne apprezza il valore storico in quanto diritti contrapposti ai privilegi feudali, sia soprattutto nel senso che soltanto l'avvenuta emancipazione politica, soltanto l'avvenuto eguagliamento astratto di tutti (la universale liberazione personale degli individui e la universale parificazione politico-giuridica di tutti) consente di cogliere la
Vedi gli interventi raccolti in Marx ed Engels (1970). Prestipino (2002, 179-180) ha richiamato i concetti di libertas minor e libertas major di della Volpe (1974), per sostenere che la prima, quale garantita dai diritti dell'uomo e del cittadino, deve essere sussunta nella seconda affinch siano assicurate delle libert effettive e uguali per tutti.
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inessenzialit della separazione tra sfera sociale e sfera politica. La liberazione che emerge dal superamento di tale separazione un tipo di azione che, nelle opere politiche della maturit, Marx coglie come portato inevitabile di una rivoluzione comunista. In questottica la critica allo Stato etico non assume il significato di una banale critica moralista alletica borghese. Assume invece un valore molto pi generale e un senso pi profondo: una critica al concetto stesso di Stato etico. I diritti stabiliti dalla legge non sono pi visti come emanazioni di una moralit universale. Piuttosto sono letti come prodotti di un processo di lotta in cui il proletariato agisce essendo mosso dai propri interessi materiali e conquista posizioni politiche che servono ad espandere la propria libert, non a realizzare una superiore moralit, che mirano ad abbattere il potere dello Stato, non a costruire un superiore Stato etico. La democrazia radicale come democrazia proletaria Gi nel 1842 Engels individua con precisione la natura di classe dellazione politica e definisce la posizione del proletariato come espressione di un principio di democrazia radicale:
In Inghilterra ci sono solo tre partiti che hanno importanza: laristocrazia della propriet fondiaria, laristocrazia del denaro e la democrazia radicale. Il primo, quello dei tories, , secondo la sua natura e lo sviluppo storico, il partito puramente medievale, coerente, reazionario, lantica nobilt che fraternizza con al scuola storica del diritto in Germania e che costituisce le fondamenta dello Stato cristiano. Il secondo, il partito, whig, ha il suo nucleo nei commercianti e nei fabbricanti [] Il partito whig viene spinto in una posizione ambigua del juste-mileu, appena la classe degli operai incomincia ad acquistare coscienza. E ci avviene in questo momento. I principi radicali democratici del cartismo penetrano ogni giorno di pi nella classe operaia e vengono da essa sempre pi riconosciuti come espressione della sua coscienza complessiva (Engles, 1842, 367).

La tesi viene precisata da Marx ed Engels cinque anni pi tardi. Nel Manifesto essi affermano che lo scopo dei comunisti lo stesso di tutti gli altri partiti proletari:4 formazione del proletariato in classe, abbattimento del dominio della borghesia, conquista del potere politico da parte del proletariato (Marx ed Engels, 1847-48, 147) e poi chiariscono che il primo passo della rivoluzione sar la conquista della democrazia (ivi, 157). Cosa si debba intendere per conquista della democrazia viene spiegato da Engels nei Principi del comunismo, l'opera utilizzata da Marx per redigere il Manifesto:
Quale sar lo svolgimento di questa rivoluzione nel suo corso? Prima di tutto la rivoluzione del proletariato instaurer una costituzione democratica, e con ci il dominio politico diretto o indiretto del proletariato (Engels, 1847, 296).

Verr successivamente precisato in La guerra civile in Francia, in cui Marx si mette a lezione dei comunardi. Qui la Comune viene letta come la forma politica finalmente scoperta, nella quale si poteva compiere l'emancipazione economica del lavoro (Marx, 1871b, 912), ovvero
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Si noti che ci implica il riconoscimento dellesistenza di diversi partiti proletari. 5

la riconquista del potere dello Stato da parte della societ, di cui diviene la forza viva, invece di essere la forza che la domina e la tiene soggetta. la sua riconquista da parte delle masse popolari stesse, che sostituiscono la loro forza alla forza organizzata per opprimerle; la Comune la forma politica della loro emancipazione sociale (Marx, 1871a, 217).

L'esperienza della Comune molto apprezzata da Marx per le indicazioni che fornisce riguardo agli aspetti politici della rivoluzione comunista. Sul piano dei provvedimenti economici e sociali gli insegnamenti sono poco significativi; n ci si poteva aspettare molto su questo piano, data la limitatezza dell'esperimento nello spazio e nel tempo. Fino a poco prima della costituzione della Comune Marx fu piuttosto scettico sulle prospettive di trasformazione comunista di un'eventuale rivoluzione parigina (Marx, 1870, 107; Wolfe, 1967, cap. 6). Da una parte pensava che un tale esperimento fosse votato alla sconfitta, date le condizioni politiche e militari in cui si sarebbe svolto; dall'altra era poco convinto delle teorie anarcofederaliste che predominavano nel movimento operaio francese, quelle teorie che vedevano la rivoluzione sociale come un processo di costituzione federale di liberi comuni. La storia ha poi confermato la validit del primo motivo di preoccupazione. Quanto al secondo, la stessa storia si assunto il compito di costringere Marx a un cambiamento di opinione. In seguito alla rivoluzione del 1848 Marx ed Engels avevano sviluppato una posizione nettamente centralista e gi nel 1850 si erano pronunciati in favore di un processo rivoluzionario che portasse a una decisissima centralizzazione del potere nelle mani dello Stato (Marx ed Engels, 1850, 173). L'influenza esercitata dal blanquismo su questa presa di posizione riconosciuta da vari commentatori.5 La Comune fece cambiare idea sia a Marx che a Engels. Estremamente significativa la loro successiva esaltazione del valore politico dell'esperimento comunardo proprio nelle sue istanze associative e federali. Quella che nel 1842-43 era definita come vera democrazia o democrazia radicale e nel 1847 come democrazia tout court, si svela nel 1871 come un modello di democrazia partecipativa. Una sua condizione essenziale il suffragio universale, il quale ora usato per il suo preciso scopo, che di fare eleggere dalle Comuni i loro propri funzionari nei settori dell'amministrazione ed in quelli legislativi (Marx, 1871a, 218). Marx un ammiratore della democrazia ateniese, ma non cos ingenuo da credere che nel mondo moderno si possa realizzare il comunismo con la democrazia diretta. Una qualche forma di delega inevitabile. Ci che non ammissibile che la rappresentanza parlamentare venga usata per privare il popolo di una vera capacit di autogoverno, come avviene nelle democrazie liberali. Per Marx
la Comune si sbarazza completamente della gerarchia politica e sostituisce i capi altezzosi del popolo con personale revocabile in ogni momento; rimpiazza una responsabilit illusoria con una responsabilit reale, dal momento che questi delegati agiscono permanentemente sotto il controllo del popolo (ivi, 218-219).

Ad esempio Rjazanov (1928, 140-149), Zolo (1974, 153-170), Guastini (1974, 357-358). 6

Il ceto politico come corpo parassitario che detiene il potere statale Negli scritti sulla Comune di Parigi ritorna l'idea, gi esposta nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, secondo cui la gerarchia l'abuso capitale, cos come torna l'idea che i capi altezzosi del popolo (la burocrazia, nello scritto del 1842-43) si costituiscono come un'autorit che usurpava una posizione predominante sulla societ stessa, come un corpo politico che detiene l'essenza dello Stato in quanto questo sottratto a un effettivo controllo popolare. La tesi secondo cui lo Stato capitalistico governato da un ceto politico, una gerarchia politica, una casta specifica, una casta istruita di parassiti statali (Marx, 1871a, 218-219) che si sovrappone alla societ civile anche in presenza di certi requisiti formali della democrazia rappresentativa, sviluppata con precisione da Engels sulla base di una riflessione sugli scritti marxiani sulla Comune:
In che cosa era consistita fin ad allora [il momento della nascita della Comune] la propriet caratteristica dello Stato? La societ, per la tutela dei propri interessi comuni, si era provveduta di organi propri, all'origine mediante una semplice divisione del lavoro; ma col tempo questi organi, con in cima il potere dello Stato, si sono trasformati da servitori della societ in padroni della medesima, al servizio dei propri interessi particolari. Il che, per esempio, evidente, non solo nella monarchia ereditaria, ma anche nella repubblica democratica. In nessun paese i 'politici' formano una sezione della nazione cos separata e cos potente come nell'America del Nord. Quivi ognuno dei due grandi partiti che si scambiano a vicenda il potere viene a sua volta governato da gente per cui la politica un affare, che specula sui seggi tanto delle assemblee legislative dell'Unione quanto dei singoli Stati, o che per lo meno vive dell'agitazione per il proprio partito e dopo la vittoria di questo viene ricompensata con dei posti [] Ci sono due grandi bande di speculatori politici che entrano in possesso del potere, alternativamente, e lo sfruttano con i mezzi pi corrotti e ai pi corrotti fini; e la nazione impotente contro questi due grandi cartelli di politicanti che si presumono al suo servizio, ma in realt la dominano e la saccheggiano. (Engels, 1891a, 1161-1162).

Nella Comune, che non era pi uno Stato nel senso proprio della parola (Engels, 1875, 983), si estinguono proprio i capi altezzosi del popolo; si estinguono perch questi delegati agiscono permanentemente sotto il controllo del popolo. Ecco il vero significato della tesi sull'estinzione dello Stato nella societ comunista. Non si tratta di abolire lo Stato in generale,6 ma di cambiarne la natura ponendolo sotto un effettivo controllo popolare:
Le poche ma importanti funzioni che sarebbero ancora rimaste per un governo centrale, non sarebbero state soppresse, come venne affermato falsamente in malafede, ma adempiute da funzionari comunali, e quindi strettamente responsabili. L'unit della nazione non doveva essere spezzata, anzi doveva al contrario essere organizzata dalla Costituzione comunale, e doveva diventare una realt
Secondo Buber (1967, 120) la tesi dell'estinzione o dell'abolizione dello Stato in generale come inevitabile conseguenza della rivoluzione comunista stata costruita da Engels sulla base di accenni per lo pi reticenti di Marx. stata successivamente attribuita a Marx, ma non tutti gli studiosi sono d'accordo su questa attribuzione postuma. Comunque va detto che lo stesso Engels (1891a, 1162), quando teorizza l'estinzione dello Stato riferendosi alla Comune di Parigi, parla di una distruzione violenta [Sprengung] del potere dello Stato e la sostituzione ad esso di un nuovo potere, veramente democratico. Quanto alle tesi del giovane Marx sull'estinzione dello Stato, si deve tenere presente che nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico il Moro parla dello scioglimento (Auflsung) dello Stato come di un processo di superamento (Aufhebung) della separatezza dalla societ civile per mezzo di una vera democrazia in cui si esprime l'autodeterminazione del popolo nell'atto di rivoluzionare sia lo Stato che l'economia. Nel processo di Aufhebung lo Stato esistente soppresso e superato, ma le sue funzioni di espressione della volont collettiva sono sviluppate a un livello pi alto (Avineri, 1972, 255-256).
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attraverso la distruzione di quel potere statale che pretendeva essere l'incarnazione di questa unit indipendente e persino superiore alla nazione stessa, mentre non era che un'escrescenza parassitaria. Mentre gli organi puramente repressivi del vecchio potere governativo dovevano essere amputati, le sue funzioni legittime dovevano essere strappate a un'autorit che usurpava una posizione predominante sulla societ stessa, e restituite agli agenti responsabili della societ (Marx, 1871b, 909-910).

In altri termini, l'estinzione dello Stato in quanto Stato ha una duplice valenza: da una parte l'abolizione del ceto dei politici di professione; dall'altra l'abolizione delle funzioni statali repressive, antidemocratiche e antiproletarie; non l'eliminazione di tutte le sue funzioni pubbliche. Marx (1871b, 271) esplicito al riguardo:
Fra l'altro un'assurdit dire che le funzioni centrali, non le funzioni di dominio sul popolo, ma quelle rese necessarie dai bisogni generali e ordinari del paese, non potevano pi essere assicurate. Queste funzioni dovevano esistere, ma i funzionari stessi non potevano pi, come nel vecchio apparato governativo, elevarsi al di sopra della societ reale, perch le funzioni dovevano essere assunte da agenti comunali e sottoposte, di conseguenza, a un vero controllo.

Engels, nell'Introduzione a 'La guerra civile in Francia', ci d un'idea precisa di cosa debba significare distruzione violenta dei poteri dello Stato, mettendo in chiaro che si tratta di perseguire sostanzialmente due obiettivi: 1) eliminare l'apparato repressivo antioperaio, 2) abolire il ceto politico. Si noti che non sono semplicemente i rappresentati politici della borghesia che devono esser esautorati. Sono proprio i politici di professione, anche quelli che si presentano come esponenti della classe operaia, come si deduce dall'aggettivo che ho sottolineato nel seguente passo:
La Comune dovette riconoscere sin dal principio che la classe operaia, una volta giunta al potere, non pu continuare ad amministrare con la vecchia macchina statale; che la classe operaia, per non perdere di nuovo il potere appena conquistato, da una parte deve eliminare tutto il vecchio macchinario repressivo gi sfruttato contro di essa, e dall'altra deve assicurarsi contro i propri deputati e impiegati, dichiarandoli revocabili senza alcuna eccezione e in ogni momento (Engels, 1891a, 1161).

Per denotare il ceto politico Marx ed Engels a volte usano lespressione politici di professione, ma soprattutto Engels (1886, 1142-43) la sviluppa come categoria scientifica. Lo fa nellanalizzare i sistemi politici delle moderne democrazie rappresentative, dove lo Stato diventa un potere indipendente dalla societ. Tale tipo di Stato tende a produrre una nuova ideologia [secondo la quale ] i fatti economici devono assumere la forma di motivi giuridici per essere sanzionati in forma di legge. Cos per i politici di professione [] il legame coi fatti economici si perde definitivamente. La cosa interessante che lo Stato si autonomizza in questa maniera tanto pi quanto pi diventa organo di una classe determinata, che tuttavia la classe capitalistica piuttosto che la classe politica. L'uso del potere politico per piegare le regole della democrazia a servire gli interessi dei capitalisti stato osservato da molti studiosi anche non marxisti. Lenin si servito di questa osservazione per svalutare la democrazia formale e delineare un

modello di dittatura del proletariato che andasse oltre il cretinismo parlamentare.7 Ma il celebratore del rivoluzionario di professione non ha capito una cosa che invece Marx ed Engels hanno capito molto bene: che la gerarchia stessa l'abuso capitale (Marx, 1842-43, 65), e che i 'politici' formano una sezione della nazione cos separata e cos potente che la nazione stessa diventa impotente di fronte ai cartelli di politicanti che si presumono al suo servizio ma in realt la dominano e la saccheggiano (Engels, 1891a, 1161-1162). Sembra che i due rivoluzionari tedeschi abbiano scoperto la classe politica prima di Gaetano Mosca. In realt essi hanno scoperto molto di pi, avendo intuito che in un sistema capitalistico i politici di professione lavorano non solo per se stessi, ma anzi operano per stabilizzare il potere del capitale nello sforzo di consolidare il proprio.8 Lanalisi marxiana dei meccanismi di usurpazione del potere statale da parte dei politici di professione stata male intesa da alcuni studiosi, che lhanno interpretata come una critica della divisione funzionale dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Le idee del giovane Marx su questo tema risentono ancora di una certa influenza di Hegel, che era un critico della divisione funzionale dei poteri. Le opere della maturit per rivelano una concezione alquanto diversa da quella di Hegel. Specialmente nello scritto sulla Comune di Parigi Marx vuole realmente mettere in discussione due cose: da una parte la tendenza all'autonomizzazione del potere esecutivo da quello legislativo, cio dal controllo popolare;9 dall'altra la proliferazione di corpi politici di specialisti, di giudici, di amministratori, di burocrati, che si sovrappongono alla sovranit popolare e negano la sostanza della democrazia. Tutti gli amministratori dello Stato devono essere eletti, per Marx, e costantemente sottoposti al controllo popolare, in modo che non si possa pi formare alcun corpo di politici separati e potenti. E quanto al potere giudiziario, lungi dal proporre di sopprimerne l'indipendenza, Marx osserva che la Comune cerc, proprio al contrario, di assicurarne una vera indipendenza dal potere esecutivo:
I funzionari giudiziari furono spogliati di quella sedicente indipendenza che non era servita ad altro che a mascherare la loro abietta soggezione a tutti i governi che si erano succeduti [] I magistrati e i giudici dovevano essere elettivi, responsabili e revocabili come tutti gli altri pubblici funzionari (Marx, 1871b, 909)

Unespressione ripresa da Marx ed Engels, i quali tuttavia la usano non per svalutare la democrazia rappresentativa, ma per stigmatizzare quei parlamentari che si dimostrano insensibili agli eventi politici, economici e sociali del mondo reale, che si credono al di sopra di ogni critica, e che in tal modo contribuiscono a minare il potere del Parlamento. 8 Stranamente solo pochi marxisti sono stati capaci di far tesoro di questa importante innovazione scientifica di Marx ed Engels. Un'illuminante eccezione costituita da Gramsci (1975, 1624-26) il quale, nella nota intitolata Il numero e la qualit nei regimi rappresentativi, ha sviluppato una serrata critica democratica alle democrazie parlamentari moderne, che ha studiato come forme politiche in cui il consenso viene costruito dalle lite dominanti. Ha sostenuto ad esempio che nel processo elettorale non vero che il peso delle opinioni dei singoli sia 'esattamente' uguale. Le idee e le opinioni non 'nascono' spontaneamente nel cervello di ogni singolo: hanno avuto un centro di formazione, di irradiazione, di diffusione, di persuasione, un gruppo di uomini o anche una singola individualit che le ha elaborate e presentate nella forma politica d'attualit. La numerazione dei 'voti' la manifestazione terminale di un lungo processo in cui l'influsso massimo appartiene proprio a quelli che 'dedicano allo Stato e alla Nazione le loro migliori forze' (quando lo sono) (p. 1625). Non a sproposito Canfora (2002, 61), facendo riferimento alla sociologia delle lite, ha definito Gramsci un elitista integrale. 9 Marx tiene molto alla supremazia del potere legislativo, se non altro perch proprio esso che fa le grandi rivoluzioni organiche generali. All'epoca della presa del potere di Luigi Bonaparte riflette a fondo sul rischio che il potere esecutivo si autonomizzi da quello legislativo fino a giungere a sovrastarlo e svuotarlo.
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In altri termini Marx sviluppa non l'idea del superamento della separazione funzionale dei poteri, bens quella della supremazia del potere legislativo sullesecutivo. Quanto al potere giudiziario, Marx si oppone alla sua subordinazione allesecutivo. Tali idee devono essere interpretate riconducendole alla tesi della soppressione del potere statale sulla societ. Nella Comune scompare la gerarchia politica perch la democrazia non si esprime solo una volta ogni tre o sei anni (ivi, 910) nel giorno delle elezioni. L'autogoverno delle masse popolari la specifica forma politica del comunismo, perch in questo tipo di democrazia il popolo partecipa permanentemente alle scelte pubbliche, delega rappresentanti con mandati imperativi, li controlla continuamente e li pu licenziare in ogni momento. Marx poi osserva che nella Comune tutti i funzionari sono remunerati con salari operai e che i diritti acquisiti e le indennit di rappresentanza degli alti dignitari dello Stato scomparirono insieme coi dignitari stessi (ivi, 908-909). In questa maniera viene eliminato uno degli incentivi della professione politica; ma forse non il pi importante, ch si sa che i veri politici sono mossi da una vocazione o addirittura fanno politica per motivi etici. Certo che la riduzione degli stipendi non elimina quello che lincentivo principale alla professione politica, cio il potere. E allora Marx mette in chiaro che nella Comune la maggioranza dei consiglieri composta di operai o rappresentanti riconosciuti della classe operaia (ivi, 908). Ci rivela che la riduzione degli stipendi dei politici non auspicata solo per banali motivi di redistribuzione del reddito. Ci che veramente conta leutanasia dei politici di professione: i rappresentanti politici degli operai sono operai stessi che per un certo periodo della loro vita assolvono a un mandato affidatogli dal popolo, ma restano comunque operai, non diventano politici di professione. Marx non ha dubbi sulla necessit di abolire la classe politica e sulla capacit degli operai di esercitare il controllo sulle proprie imprese produttive e il proprio Stato. Quando Bakunin sostiene che i lavoratori che assumono cariche politiche cessano di essere operai, Marx commenta osservando che ci vero altrettanto poco quanto oggi un fabbricante cessa di essere capitalista per il fatto di divenire consigliere comunale. E quando Bakunin insiste sostenendo che i delegati operai non rappresentano pi il popolo, ma solo se stessi, Marx risponde: se il signor Bakunin conoscesse sia pure soltanto la posizione di un dirigente di una fabbrica a gestione cooperativa operaia, tutte le sue fantasticherie sul dominio se ne andrebbero in fumo (Marx, 1874-75, 357). Sembra che qui Marx sia molto pi utopista di Bakunin. I partiti politici Lanalisi critica del ruolo svolto dal ceto politico nel deprivare i cittadini del loro potere democratico non porta Marx ed Engels ad assumere posizioni antipolitiche o ingenuamente democraticiste. Essi sanno benissimo che in una grande repubblica la democrazia diretta non possibile e che lesercizio del potere popolare passa attraverso delle mediazioni rappresentative. E sanno benissimo anche che la lotta politica si svolge per mezzo di organizzazioni partitiche. Nel loro modello di
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democrazia non solo la mediazione rappresentativa, ma anche la mediazione partitica svolge una funzione essenziale. I partiti sono le organizzazioni politiche che si danno le classi sociali e le frazioni di classi per rendere efficace la lotta economica.
I fatti economici, che fino allora la storiografia aveva disdegnati o tenuti in nessun conto, sono, per lo meno nel mondo moderno, una forza storica decisiva; [] essi formano la base delle origini degli attuali contrasti di classe; [] questi contrasti di classe a loro volta, nei paesi dove grazie alla grande industria si sono pienamente sviluppati, e quindi specialmente in Inghilterra, formano la base della formazione dei partiti politici, delle lotte dei partiti e quindi di tutta la storia politica (Engels, 1885, 41). Il metodo materialistico dovr perci limitarsi anche troppo spesso a ricondurre i conflitti politici a lotte di interessi delle classi sociali e delle frazioni di classe preesistenti, determinate dalla evoluzione economica, e ravvisare nei singoli partiti lespressione politica pi o meno adeguata di queste stesse classi o frazioni di classe (Engels, 1895, 1258).

Poich esistono diverse classi e diverse frazioni, esisteranno diversi partiti. Marx ed Engels non hanno dubbi sul fatto che in una democrazia rappresentativa la lotta politica si deve svolgere tra molti partiti. Ho gi mostrato come, nel Manifesto del partito comunista, venga riconosciuta lesistenza di diversi partiti proletari. Daltra parte, le stesse classi dominanti si organizzano in vari partiti in funzione della diversit degli interessi specifici in gioco. La tendenza alla soppressione del pluripartitismo vista da Marx ed Engels come una politica antilibertaria perseguita dalle classi reazionarie. In un articolo pubblicato nel New-York Daily Tribune Marx (1853, 487) commenta una certa politica dellaristocrazia inglese che tende a sopprimere i partiti dando vita a ununica coalizione da essa controllata e sostiene che tale politica deve fornire loccasione per le altre classi fondamentali della societ moderna, la borghesia industriale e la classe operaia di organizzarsi in partiti autonomi per difendere le proprie posizioni politiche. Molti anni pi tardi Engels torna su un argomento simile con un articolo pubblicato in The Labor Standard il 3 marzo 1878, dove commenta la tendenza comune dei tre partiti monarchici francesi dellepoca a restaurare la monarchia, e sostiene che il successo di una tale politica porterebbe al regno della violenza, la soppressione delle libert pubbliche e i diritti personali. Quindi incoraggia la classe operaia a lottare contro tale politica, anche appoggiando i partiti radicali borghesi, per difendere quella libert personale e pubblica che gli permetterebbe di dar vita a una stampa operaia, unagitazione per mezzo di comizi e un partito politico indipendente, e soprattutto, la conservazione della Repubblica. Engels non ha dubbi sul fatto che lorganizzazione del proletariato in partito politico un passaggio essenziale per unefficace conduzione della lotta di classe.
Nei paesi europei gli operai ebbero bisogno di molti, molti anni, prima di comprendere perfettamente che essi rappresentavano, nelle attuali condizioni sociali, una classe particolare, permanente della societ; e ci vollero anni prima che questa coscienza di classe li portasse a formare un partito politico particolare, indipendente e in contrasto con tutti i vecchi partiti creati dai vari gruppi della classe dominante (Engels, 1887, 344).

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La posizione di Marx ed Engels sul ruolo dei partiti nel processo democratico molto realista. Non solo essi evitano ogni caduta nellingenuo antipoliticismo degli anarchici e nellaltrettanto ingenuo democraticismo di coloro che vogliono fare a meno dei partiti. Ma neanche si fanno illusioni sullesistenza di una natura intimamente democratica delle organizzazioni partitiche. I partiti hanno una struttura organizzativa di tipo gerarchico e non possono fare a meno di dirigenti. Senza dirigenti i partiti proletari non possono neanche nascere. Sempre nel summenzionato articolo pubblicato sul Labor Standard del 1878, Engels riflette sulla proposta avanzata da molti riguardo alla presentazione di candidati operai alle elezioni politiche, ma osserva amaramente: doverano dei candidati della classe operaia che fossero abbastanza conosciuti nella loro classe da poter ricevere il necessario appoggio? Infatti il governo dopo la Comune si era preso cura dellarresto, come partecipante allinsurrezione, di ogni lavoratore che si era fatto conoscere con unagitazione personale nel proprio distretto di Parigi. Come dire che senza leader riconosciuti non si pu formare una rappresentanza politica del proletariato e quindi non pu esistere un partito proletario. Senonch Engels sa anche bene che lesistenza dei leader crea un problema serio, vista la tendenza alla prevaricazione da parte dei politici di professione. Nella sua Prefazione10 del 1888 al Discorso sul libero scambio di Marx osserva che la leadership dei partiti protezionista e liberoscambista passa rapidamente dalle mani della gente direttamente interessata in quelle dei politici di professione, coloro che tirano i fili dei partiti politici, il cui interesse , non di risolvere la questione, bens di tenerla aperta per sempre in una politica di compromessi, con il risultato di unimmensa perdita di tempo, energia e denaro. Nellanalisi dei partiti politici si rivela dunque la capacit di Marx ed Engels di comprendere quella che sembra essere una tensione ineliminabile della politica democratica. Da una parte essi insistono sulla necessit di dar vita a organizzazioni di lotta attraverso le quali le classi sociali in generale e il proletariato in particolare perseguono i propri obiettivi politici. Dallaltra si rendono conto del fatto che i partiti hanno necessariamente una struttura gerarchica e sono controllati da gruppi ristretti di dirigenti che, in quanto esercitano attivit politica per professione, hanno una naturale tendenza a prevaricare le istanze democratiche dei cittadini che rappresentano. questo un aspetto particolare della pi generale tensione che si manifesta istituzionalmente in una democrazia rappresentativa tra la necessit di ricorrere alla delega parlamentare per esprimere la volont popolare e la tendenza che hanno gli eletti ad usare il mandato elettorale per autonomizzarsi dai mandanti. La dittatura del proletariato Tra le pi vituperate e pi fraintese delle tesi politiche di Marx c quella sulla dittatura del proletariato, che certamente stata male interpretata anche per merito delle nefandezze compiute in suo nome nel secolo breve. Per Marx ed Engels lo Stato liberale dei loro tempi il comitato d'affari della borghesia. Si deve tener presente
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Pubblicata in Die Neue Zeit in luglio e in The Labor Standard in agosto. 12

che i due rivoluzionari erano vissuti in Inghilterra durante la sua era liberale ma ancora pre-democratica (Selucky, 1979, 60). Lo Stato si presentava come il comitato d'affari della borghesia, non solo di fatto ma anche di diritto, nelle forme di timocrazia a suffragio elettorale ristretto alle classi possidenti, forme che prevalsero in Inghilterra e in tutti paesi capitalistici avanzati europei per buona parte dell'800. In esso il governo posto sotto il controllo parlamentare era dunque sostanzialmente e formalmente sotto il diretto controllo delle classi possidenti (Marx, 1871b, 906). Cos il suffragio universale viene presentato ne La guerra civile in Francia come una riforma politica piena di potenzialit rivoluzionarie. Esso consente di sostituire alla dittatura della minoranza (la borghesia) la dittatura della maggioranza (il proletariato). Come osserva Selucky (1979, 63), visto che il proletariato avrebbe costituito la maggioranza della popolazione, lo stesso concetto di democrazia suggerisce che la dittatura del proletariato deve essere la regola della maggioranza. In altre parole, il termine dittatura in questa locuzione non deve essere inteso come definiens di un forma di governo, di un tipo di governo totalitario.11 Deve invece essere inteso come una specificazione volta ad enucleare le implicazioni sociali della vera democrazia. Questa, in quanto espressione della volont della maggioranza, in una societ divisa in classi appare come la dittatura della maggioranza proletaria della popolazione. In una democrazia partecipativa come la Comune Marx osserva che la regola della maggioranza viene usata per rivoluzionare la societ e l'economia. Mentre la minoranza borghese usa lo Stato per consolidare il suo dominio di classe, la maggioranza proletaria usa la democrazia per abolire le classi e liberare i produttori dal dominio del capitale. In questo senso vero che Marx identificava di fatto la dittatura del proletariato con la pi ampia democrazia politica (Preve, 2005, 5). Per lui la vera democrazia una forma di dittatura nel senso che usa la forza coercitiva della volont della stragrande maggioranza della popolazione per modificare i rapporti di produzione e superare il capitalismo. Ma ogni forma di governo antidemocratico, di intimidazione sui cittadini, di restrizione delle libert, di dominio dei leader, in contrasto con questa concezione della dittatura (Gottlieb, 1992, 36). La tesi della dittatura del proletariato si presenta dunque come una riformulazione degli argomenti avanzati nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico riguardo al superamento della separatezza dello Stato dalla societ civile (Zolo, 1974, 171) mediante la costruzione della vera democrazia.12 E ogni interpretazione della teoria della dittatura del proletariato come espressione del potere di un'avanguardia illuminata pecca di hegelismo e deve fare i conti con la critica marxiana alla filosofia dello Stato hegeliana (Tucker, 1980, 71) prima ancora che con la tesi secondo cui l'emancipazione dei proletari deve essere opera dei proletari stessi.
Secondo Ollman (1977, 10) Marx adotta lespressione dittatura del proletariato in polemica con la concezione elitaria di Blanqui. Draper (1962) ha fatto notare che il concedo di dittatura ai tempi di Marx non veniva inteso nel senso di tirannia totalitaria che gli attribuiamo oggi, bens nel senso che aveva nellantica Roma, cio come istituzione di una autorit elettiva temporanea finalizzata al perseguimento di certi obbiettivi politici o militari eccezionali. Una curiosit degna di nota: l11 maggio del 1860 Garibaldi sbarc in Sicilia per mettersi alla testa di una guerra popolare di liberazione contro la monarchia borbonica di Napoli; il 14 maggio si autoproclam dittatore; l8 agosto Marx pubblic un articolo nel New-York Daily Tribune sugli avvenimenti della guerra di liberazione nel Sud dItalia e defin Garibaldi dittatore popolare. 12 Sulle implicazioni democratiche del concetto di dittatura del proletariato vedi Draper (1962), Hunt (1975, cap. 9), Elster (1985, 7.3.1).
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A dimostrazione della vocazione totalitaria di Marx viene spesso citato un famigerato passo tratto dall'articolo L'indifferenza in materia politica:
Se la lotta politica della classe operaia assume forme violente, se gli operai sostituiscono la loro dittatura rivoluzionaria alla dittatura della classe borghese, essi commettono il terribile delitto di lesoprincipio; perch per soddisfare i loro miserabili bisogni profani di tutti i giorni, per schiacciare la resistenza della classe borghese, invece di abbassare le armi e abolire lo Stato, essi gli danno una forma rivoluzionaria e transitoria (Marx, 1873, 301).

Certo che l'idea di schiacciare la resistenza pu far rabbrividire qualche anima bella. Ma si tenga presente che in questo passo, in cui Marx riassume ironicamente alcune tesi anarchiche, il terribile delitto consiste nel leso-principio. Di quale principio sta parlando? Ce lo spiega poche righe prima. Secondo gli anarchici
gli operai non devono fare sforzi per stabilire un limite legale della giornata di lavoro [] Essi non devono pi neanche darsi la pena di interdire legalmente l'impiego dei fanciulli al di sotto dei dieci anni nelle fabbriche []; essi quindi commettono un nuovo compromesso che pregiudica la purezza degli eterni principi! Gli operai devono ancor meno volere che, come nella repubblica americana, lo Stato di cui il budget impinguato dalla classe operaia, sia obbligato a dare ai ragazzi degli operai l'istruzione primaria (ivi).

Il tono ironico di questa tirata contro un certo anti-politicismo anarchico viene spinto fino al punto di prendere gli Stati Uniti come un esempio di dittatura del proletariato. E si noti che qui i principi lesi non sono quelli della propriet privata o dello Stato di diritto. Sono quelli del pensiero anarchico che predica l'allontanamento della classe operaia dall'azione politica. A stare a ci che Marx dice in questo passo, si deve credere che la forma violenta della lotta politica quella che assumerebbero delle leggi che imponessero l'istruzione obbligatoria, la proibizione del lavoro infantile e la riduzione della giornata lavorativa. E non dovrebbe forse uno Stato di diritto schiacciare la resistenza dei cittadini che trasgredissero tali leggi? Tuttavia non si deve credere che Marx usi il termine dittatura semplicemente come provocazione linguistica. Il fatto che
la stessa democrazia volgare, che vede nella repubblica democratica il millennio e non si immagina nemmeno che appunto in questa ultima forma statale della societ borghese si deve decidere definitivamente con le armi la lotta di classe, la stessa democrazia volgare sta ancora infinitamente al di sopra di questa specie di democraticismo [del Programma di Gotha] entro i confini di ci che permesso dalla polizia (ivi).

In altri termini Marx sostiene che la forma di repubblica democratica tipica degli stati di diritto moderni deve essere vista dal movimento operaio non come punto di arrivo. Si tratta in realt di un punto di partenza della rivoluzione comunista. la forma compiuta entro cui si pu svolgere un atto decisivo della lotta di classe. Nel momento in cui si conquista la democrazia repubblicana pu iniziare la dittatura del proletariato. E sul fatto che si tratti di una lotta che implica l'uso delle armi sembra che Marx non abbia dubbi. D'altronde non poteva aver dimenticato i bagni di sangue con cui la borghesia aveva reagito ai primi esperimenti parigini di democrazia proletaria nel 1848 e nel 1871. Una vera democrazia assume forma di dittatura violenta dal punto di vista della borghesia perch non lascia inalterati i rapporti di
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produzione, ma usa il potere della maggioranza per abolire le classi, cio per espropriare gli espropriatori. necessariamente violenta nei confronti della classe dominante che deve essere abolita. Sarebbe la violenza della legge, una violenza che opererebbe anche se la reazione borghese restasse entro i limiti della legalit repubblicana. Figuriamoci se il potere legale dovesse far fronte a tentativi di ritorsione sanguinaria della borghesia come quelli del giugno 1848 o del maggio 1871.13 Per capire bene in che senso la dittatura del proletariato una dittatura, bisogna riflettere sulla convinzione di Marx che lo Stato non pu essere neutrale rispetto alla societ civile e alla lotta di classe che in essa si svolge (Buchanan, 1982, 70). In una societ capitalistica lo Stato uno strumento del potere della borghesia. Correlativamente in una societ comunista esso uno strumento del potere popolare. Per questo la dittatura del proletariato viene concepita come tipica di una fase di transizione: perdura fintantoch esistono le classi sociali. Quando avr assolto pienamente al proprio compito, cio quando le classi saranno state abolite, la democrazia partecipativa cesser di essere una dittatura, ma non perch non esisteranno pi le funzioni statali fondamentali, bens perch non esisteranno pi le classi privilegiate sulle quali il potere della stragrande maggioranza della popolazione esercita la dittatura. L'idea secondo cui la democrazia repubblicana la forma specifica entro cui prende corpo la dittatura del proletariato pu oggi sembrare un'interpretazione azzardata e un po' troppo benevola. Ma vorrei sottolineare che, prima della rivoluzione russa, essa divenne un principio direttivo per tutti i marxisti, compreso Lenin.14 In effetti Lenin (1968, 905) non ha difficolt a riconoscere l'idea fondamentale che attraversa, come un filo ininterrotto, tutte le opere di Marx: la repubblica democratica la via pi breve che conduce alla dittatura del proletariato. Interpretando il saggio di Marx sulla Comune, Engels (1891a, 1162-1163) parla di questa distruzione violenta del potere dello Stato esistente e la sostituzione ad esso di un nuovo potere, veramente democratico, e poi irride al
filisteo socialdemocratico [che] recentemente si sentito preso ancora una volta da salutare terrore sentendo l'espressione: dittatura del proletariato. Ebbene, signori, volete sapere come questa dittatura? Guardate la Comune di Parigi. Questa fu la dittatura del proletariato (ivi).

Non rientra fra i temi qui affrontati quello dei modi della rivoluzione, per cui non approfondir le problematiche relative all'uso della violenza. Mi limiter a rinviare a Texier (1998), che ha dimostrato come il ricorso alla tattica insurrezionale, anche di tipo giacobino, teorizzato da Marx ed Engels per i paesi nei quali non esistono le condizioni per la conquista democratica del potere. Ma ha anche dimostrato che il metodo insurrezionale non ritenuto necessario da Marx ed Engels per i paesi, come la Gran Bretagna, la Svizzera e gli USA, dove esistono dei sistemi relativamente democratici in cui la conquista del potere proletario pu assumere la forma della lotta per l'estensione della democrazia e dei diritti politici e civili. 14 Storia del Partito Comunista (Bolscevico) dell'URSS, 459-460. La tesi sostenuta in questa Storia ufficiale dellURSS che la teoria leninista della dittatura del proletariato, quale si sviluppa dopo la rivoluzione, non una semplice applicazione della teoria ortodossa, bens una vera innovazione rispetto alla tradizione marxista della Prima e della Seconda Internazionale. Su questo punto per il libro fa un po' di confusione. Sostiene che l'innovazione sarebbe consistita nell'aver individuato nel potere dei Soviet la forma genuina della dittatura del proletariato, ma evita di riflettere sulla convinzione di Lenin che la Comune di Parigi era gi un'anticipazione di questa forma, e tace sul fatto che i Soviet si erano presto trasformati in una cinghia di trasmissione del potere del Partito.
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E due anni dopo la sconfitta della Comune il Generale si pronuncia con somma chiarezza su ci che la dittatura del proletariato non (si noti che le sottolineature definiscono in contrasto ci che essa ):
Dall'idea blanquista che ogni rivoluzione opera di una piccola minoranza deriva automaticamente la necessit di una dittatura dopo il successo dell'insurrezione. Una dittatura che non viene esercitata naturalmente da tutta la classe rivoluzionaria, il proletariato, ma dal ridotto numero di coloro che hanno compiuto il colpo di mano e che, a loro volta, ancora prima, sono sottoposti alla dittatura di una o pi persone. Si vede bene come Blanqui sia un rivoluzionario della precedente generazione. Queste idee sul procedere degli avvenimenti rivoluzionari sono in ogni caso decisamente sorpassate (Engels, 1873, 444-445).

La sostanza politica della Comune come esperienza esemplare di democrazia proletaria individuata dal Generale molti anni dopo: nella Comune vi erano quasi solo operai o rappresentanti riconosciuti degli operai, cos anche le sue deliberazioni [] rappresentavano una base necessaria per la libert d'azione della classe operaia (Engels, 1891a, 1157). La rivoluzione che genera la democrazia partecipativa un atto di auto-liberazione. La rivoluzione in permanenza La repubblica democratica non la fine o il fine ultimo della rivoluzione. Piuttosto un inizio: lentrata nel campo di battaglia pi appropriato delle lotte operaie per il comunismo.
Cos pure ci opponemmo allillusione, zelantemente diffusa dalla piccola borghesia, secondo cui la rivoluzione si sarebbe conchiusa con le giornate di marzo, e non vi sarebbe stato pi che da raccoglierne e riporne i frutti. Per noi febbraio e marzo avrebbero potuto avere limportanza di una vera rivoluzione soltanto se fossero stati non la conclusione, ma al contrario il punto di partenza di un lungo movimento rivoluzionario, nel corso del quale, come nella grande Rivoluzione francese, il popolo si fosse sviluppato attraverso le proprie lotte, i partiti si fossero sempre pi nettamente differenziati, sino a coincidere completamente con le grandi classi: borghesia, piccola borghesia e proletariato; e nel corso del quale il proletariato avesse conquistato luna dopo laltra le posizioni singole di una serie di giornate campali. Per questo ci opponevamo anche alla piccola borghesia democratica dappertutto dove essa voleva obliterare il suo antagonismo di classe col proletariato, usando la sua frase preferita: ma noi vogliamo tutti la stessa cosa; tutte le differenze derivano da puri e semplici malintesi. Ma quanto meno permettevamo alla piccola borghesia di fraintendere la nostra democrazia proletaria, tanto pi essa diventava docile e arrendevole nei nostri riguardi. Quanto pi nettamente e decisamente si prende posizione contro la piccola borghesia, tanto pi prontamente essa si accuccia, tanto pi grandi sono le concessioni che essa fa al partito operaio (Engels, 1884, 1049).

E se vero che Il comunismo per noi non uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realt dovr conformarsi [bens] il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente (Marx ed Engels, 1845-46, 25), allora la democrazia proletaria assume il significato di un processo: lo sviluppo della partecipazione politica con cui i lavoratori trasformano lo stato di cose presente. La rivoluzione non si d un volta per tutte, ma una lotta continua, un movimento che si svolge in permanenza.
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La tesi della rivoluzione in permanenza stata elaborata da Marx ed Engels sulla base di un modello politico desunto dalla rivoluzione francese del 1793. Ma soprattutto lesperienza della rivoluzione del 1848 che permette loro di precisare i contorni politici del processo in cui la democrazia proletaria assume i caratteri di una rivoluzione in permanenza. Una volta instaurata la repubblica democratica la classe operaia agisce come partito autonomo e conduce un lotta incessante con i partiti della borghesia, una lotta in cui la forza delle masse tende a spingere le scelte politiche verso trasformazioni sempre pi radicali della struttura economica e sociale. Non soltanto la lotta di resistenza contro il potere dello Stato e contro linvadenza dei politici di professione che cercano costantemente di svuotare la democrazia del suo valore partecipatorio, di usare le deleghe politiche per esautorare i cittadini del loro potere deliberativo, di piegare il suffragio universale e le istituzioni democratiche a servire il mantenimento dello status quo. soprattutto la lotta politica con cui si spingono i poteri dello Stato ad adottare provvedimenti volti a trasformare leconomia e la societ in senso socialista:
Abbiamo visto come i democratici giungeranno al potere nel prossimo movimento rivoluzionario, come essi saranno costretti a proporre delle misure pi o meno socialiste. Ora si domander: che misure proporranno a loro volta gli operai? Naturalmente, al principio del movimento, gli operai non potranno proporre misure direttamente comuniste. Ma essi possono: 1. Costringere i democratici a intervenire da quante pi parti sar possibile nellordinamento attuale della societ, a disturbarne il corso regolare, a compromettersi, come pure a concentrare nelle mani dello Stato il pi gran numero possibile di forze produttive, mezzi di trasporto, fabbriche, ferrovie, ecc. 2. Essi debbono spingere allestremo le misure proposte dai democratici, che ad ogni modo non si presenteranno come rivoluzionari, ma solo come riformatori, e trasformarle in attacchi diretti alla propriet privata. Cos, ad esempio, quando i piccoli borghesi proporranno di acquistare le ferrovie e le fabbriche, gli operai dovranno reclamare che tali ferrovie e fabbriche siano confiscate dallo Stato puramente e semplicemente, senza risarcimento, come propriet di reazionari. Se i democratici proporranno limposta proporzionale, se i democratici proporranno essi stessi unimposta progressiva moderata, i lavoratori insisteranno per unimposta cos rapidamente progressiva, che il grande capitale ne sia rovinato; se i democratici proporranno che si regolino i debiti dello Stato, i proletari proclameranno che lo Stato faccia bancarotta. Le richieste degli operai dovranno sempre regolarsi sulle concessioni e sulle misure dei democratici [] [Gli operai tedeschi] devono fare lessenziale per la loro vittoria finale chiarendo a se stessi i loro propri interessi di classe, assumendo il pi presto possibile una posizione indipendente di partito, e non lasciando che le frasi ipocrite dei piccoli borghesi democratici li sviino nemmeno per un istante dallorganizzazione indipendente del partito del proletariato. Il loro grido di battaglia devessere: la rivoluzione in permanenza! (Marx ed Engels, 1850, 174-5).

La lotta politica dunque non cesser una volta instaurato lo Stato di diritto tipico delle repubbliche democratiche europee di fine Ottocento. Dopo tutto, uno Stato di diritto basato su leggi che si evolvono continuamente, e non necessariamente nel verso di unestensione delle libert civili e politiche. Per cui la lotta operaia continua negli assetti giuridicamente avanzati delle democrazie moderne, e continua proprio per farli avanzare sempre di pi. Ci si pu porre la domanda del senso in cui la dittatura rivoluzionaria del proletariato, come presentata nella Critica al programma di Gotha (1875, 970),
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viene intesa come una forma politica valida solo per un periodo di transizione. Nel comunismo si realizza una libert [che] consiste nel mutare lo Stato da organo sovrapposto alla societ in organo assolutamente subordinato ad essa (ivi, 969). Ora, nelle societ capitalistiche pi avanzate, come la Svizzera e gli Stati Uniti, lo Stato avrebbe gi realizzato, secondo Marx, l'antica litania democratica nota in tutto il mondo: suffragio universale, legislazione diretta, diritto del popolo, armamento del popolo ecc. (ivi, 970). Tali litanie rientravano nelle rivendicazioni dei programmi operai francesi sotto Luigi Filippo e sotto Luigi Napoleone e Marx rinfaccia agli estensori del Programma di Gotha di non aver il coraggio di chiederle in Germania negli anni '70. Certo esse sono una pura eco del partito popolare borghese (ivi). Epper tutte quelle belle cosette poggiano sul riconoscimento della cosiddetta sovranit del popolo e perci sono a posto solo in una repubblica democratica (ivi, 971). Dunque la repubblica democratica la forma politica che assume la dittatura del proletariato. In essa gli strumenti e i processi della democrazia proletaria mirano a raggiungere un assetto sociale in cui sono state abolite le classi e una struttura economica in cui stato realizzato il comunismo. Ma allora cos che vale solo nella transizione? Non certo la democrazia. E si deve credere che la storia cesser insieme alla dittatura del proletariato una volta realizzato il comunismo? Certamente no. L'abolizione delle classi sociali non porr fine alla storia, piuttosto segner l'inizio dell'epoca in cui le evoluzioni sociali cesseranno d'essere rivoluzioni politiche (Marx, 1846-47, 147). Como ho gi osservato, la democrazia partecipativa cesser di essere una dittatura esercitata dal proletariato sulla borghesia quando non ci sar pi borghesia. Allora i processi politici perderanno il loro significato di conflitti di classe, le strutture statali cesseranno di essere usate come strumenti di potere della gerarchia politica, i mandatari parlamentari dei cittadini non saranno pi dei politici di professione capaci di sottrarsi al controllo dei propri mandanti. Allora e solo allora la societ civile si solleva realmente all'astrazione di se stessa, all'esistenza politica come sua vera esistenza generale, essenziale. Ma il compimento [ Aufhebung] di questa astrazione al contempo la soppressione dell'astrazione (ivi, 134-135). Considerazioni conclusive Marx ed Engels non amano scrivere ricette per losteria dellavvenire. Quando trattano della societ comunista non entrano nei particolari delle sue istituzioni, n per gli aspetti economici n per quelli politici. Si limitano a definire le linee generali e fondamentali della costituzione della nuova societ. E le linee fondamentali di una costituzione politica comunista, quali emergono dalle indicazioni che si possono trovare in varie loro opere, sono le seguenti: 1. 2. 3. 4. 5. Democrazia rappresentativa Suffragio universale Elezioni periodiche Sistema multi-partito Eliminazione degli apparati repressivi statali anti-proletari
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6. 7. 8. 9.

Partecipazione continua dei cittadini alle scelte pubbliche Deputati vincolati a mandati imperativi Revocabilit dei mandati parlamentari in qualsiasi momento Abolizione del ceto dei politici di professione

Unaltra indicazione fondamentale, la pi importante di tutte, riguarda la creazione delle condizioni economiche, sociali e culturali per lesercizio di una democrazia sostanziale da parte di tutti i cittadini. Ma di questa non parler15 perch sono qui interessato solo agli aspetti formali del modello marxista di democrazia. I primi quattro punti non dovrebbero suscitare perplessit. Sono stati gi realizzati nelle costituzioni democratiche di molti Stati capitalistici moderni. Sul quinto sorvoliamo. Gli altri quattro certamente non sono stati realizzati, e diversi studiosi li hanno stigmatizzati come irrealistici, al punto da definire utopistico il modello di democrazia partecipativa di Marx ed Engels. Ora bisogna intenderci sul significato del concetto di utopia. I due rivoluzionari tedeschi lo usano in senso dispregiativo per criticare vari modelli di socialismo utopistico dei loro tempi. Si deve per capire che non lo usano nel banale senso di irrealistico. Infatti in varie occasioni mostrano di apprezzare i modelli, i progetti e le descrizioni di nuove forme di societ elaborati dai socialisti utopisti, le loro proposizioni positive sulla societ futura, per esempio labolizione del contrasto fra citt e campagna, della famiglia, del guadagno privato, del lavoro salariato, lannuncio dellarmonia sociale, la trasformazione dello stato in una semplice amministrazione della produzione (Marx ed Engels, 1847-48, 233). La critica al socialismo utopistico ha un significato filosofico pi profondo di quello di una semplice accusa di irrealismo. una critica allapproccio cognitivista alletica, a quellapproccio che pretende di definire razionalisticamente dei principi etici assoluti da porre a fondamento di un socialismo inteso come applicazione di una teoria della giustizia, a quel modo di vedere [] di tutti i socialisti inglesi e francesi e dei primi socialisti tedeschi, [secondo cui] il socialismo lespressione della assoluta verit, della assoluta ragione, della assoluta giustizia e basta che sia scoperto perch conquisti il mondo con la propria forza (Engels, 1876-78, 22). A una tale impostazione i due rivoluzionari tedeschi contrappongono un approccio ermeneutico alleticit e unanalisi realista della produzione sociale delle norme morali e giuridiche, in una visione che, sulla scorta di Machiavelli e Spinoza, considera il potere come fondamento del diritto; con ci la concezione teorica della politica [] emancipata dalla morale (Marx ed Engels, 1845-46, 305). Mi sembra evidente che il modello di democrazia partecipativa di Marx ed Engels non possa esse tacciato di utopismo nel senso che essi attribuiscono a questo concetto. La democrazia, secondo loro, emerge dalla lotta di classe ed assume forme diverse a seconda delle circostanze storiche e delle condizioni tecniche e istituzionali in cui si sviluppa il conflitto. Per altro le pi esplicite e precise delle loro indicazioni sulla democrazia partecipativa emergono come generalizzazioni da riflessioni su concreti esperimenti storici di costruzione del comunismo, specialmente quello della Comune di Parigi.
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Mi limiter a rinviare a Screpanti (2007, capp. 3-5). 19

Forse la teoria dellestinzione dello Stato abbozzata dai giovani Marx ed Engels, specialmente per via dei residui di hegelismo e saintsimonismo che la caratterizzano, pu essere accusata di utopismo in quel senso; non certo la teoria della costruzione della democrazia radicale che essi elaborano nelle opere della maturit, quando dichiarano esplicitamente che
un'assurdit dire che le funzioni centrali [dello Stato], non le funzioni di dominio sul popolo, ma quelle rese necessarie dai bisogni generali e ordinari del paese, non potevano pi essere assicurate. Queste funzioni dovevano esistere, ma i funzionari stessi non potevano pi, come nel vecchio apparato governativo, elevarsi al di sopra della societ reale, perch le funzioni dovevano essere assunte da agenti comunali e sottoposte, di conseguenza, a un vero controllo (Marx, 1871b, 271).

Dunque chi accusa Marx ed Engels di utopismo lo fa dando a questo termine proprio il banale significato di irrealismo. Ma una critica del genere teoricamente debole per il semplice fatto che la realt storica un processo evolutivo, cosicch la realizzabilit o irrealizzabilit di un modello alternativo di societ viene a dipendere dalle condizioni tecnologiche e istituzionali della societ concreta cui si fa riferimento. NellOttocento molti studiosi tacciavano di utopismo anche un modello definito dai primi quattro punti sopra elencati. Eppure oggi quel modello perfettamente realizzato in diversi paesi. I punti della teoria marxista su cui pi decisamente si appuntata la critica sono il 7, l8 e il 9. Sulla necessit di abolire la classe politica Marx ed Engels sono molto fermi, in quanto vedono nei politici di professione i soggetti attivi dei processi di espropriazione del potere decisionale dei cittadini. Per le loro proposte pratiche non sembrano particolarmente convincenti. La riduzione degli onorari dei politici ai livelli dei salari operai toglie uno degli incentivi della professione, ma non certo quelli pi forti, il potere, il prestigio, i benefici collaterali, la possibilit di accedere alla ricchezza pubblica. La proposta di attribuire lelettorato passivo prevalentemente a cittadini provenienti dalla classe operaia, sembra pi energica; ma vulnerabile alla critica di Bakunin, secondo cui gli operai, non appena diventano governanti del popolo, cessano di essere operai e tendono a rappresentare se stessi invece che il popolo. Pi efficace potrebbe essere una norma che proibisse la rieleggibilit nelle cariche politiche. Ma anche cos, resta aperto, anzi si aggrava, il problema di chi controlla i controllori. Se non esiste la minaccia della non rielezione, quello della delega diventa un gioco a mossa unica. E allora chi pu contrastare la tendenza allopportunismo degli amministratori del bene pubblico? Per Marx unefficace garanzia del controllo dei politici da parte dei cittadini sarebbe offerta degli istituti del mandato imperativo e della revocabilit delle deleghe in qualsiasi momento. Ora, quanto al mandato imperativo, esiste un problema di determinazione dei termini di mandato che molto simile a quello dellincompletezza contrattuale. Le scelte pubbliche sono fortemente dipendenti dalle circostanze specifiche in cui sorgono i problemi politici. Quanto particolareggiati devono essere i mandati per impedire il free riding dei mandatari? E quanto possono esserlo? Quale mandato imperativo pu prevedere con precisione tutti i problemi che si apriranno nel corso di una legislatura? Daltronde la necessit stessa della delega deriva proprio dalle circostanze impreviste che rendono impossibile definire con completezza i
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termini di mandato. Come osserva acutamente Engels (1872, 851): se tutti i corpi elettorali dessero mandati imperativi per tutti i punti allordine del giorno, diventerebbero superflue le riunioni dei delegati e i loro dibattiti. In pratica per si possono avere effetti perversi: questo dunque il modo effettivo di maneggiare un mandato imperativo. Il delegato, quando gli comodo, obbedisce, in caso contrario si riferisce a circostanze impreviste e fa alla fine ci che gli aggrada (ivi, 854).16 Certo, i mandati possono assumere la forma di programmi pi o meno ben definiti, e i deputati possono essere lasciati liberi di interpretarli nel momento in cui devono effettuare delle scelte. Ma poi cosa garantisce che la loro interpretazione coincider con quella dei mandanti? Come si fa a vincolare strettamente i parlamentari a rispettare dei mandati formali incompleti? Di qui lesigenza di assicurare le condizioni per lesercizio di un controllo continuo degli elettori sulloperato degli eletti. E di qui la necessit di assegnare ai cittadini un fondamentale diritto di revoca delle deleghe. Dunque il punto 8 del modello di Marx ed Engels decisivo, il pi importante di tutti. Solo esso pu garantire lefficacia del mandato formale e impedire la trasformazione dei rappresentanti del popolo in politici di professione svincolati dalla volont degli elettori. Ma come si esercita un tale diritto? Chi lo esercita? Si pongono in particolare due problemi che sembrano veramente ostici. Il primo connesso al carattere segreto del voto. Se un deputato volesse rendere conto ai propri elettori, come potrebbe identificarli? Come si fa a riconoscere i mandanti di ogni singolo deputato, se il voto segreto? Si potrebbe pensare di aggirare il problema con la mediazione partitica. I partiti, che hanno definito i programmi, si occupano di esercitare il controllo sugli eletti supponendo di averne ricevuto mandato dagli elettori. Ma in tal modo il problema viene solo spostato verso lalto. Chi controlla poi i controllori? I partiti rendono conto ai propri elettori solo ogni 5 anni. Cosicch, anche ammesso che le elezioni periodiche siano un modo efficiente di controllo democratico, il diritto di revoca non pu essere comunque esercitato in modo continuo. Ma questo un metodo di controllo cos efficiente? E quanto trasparente? Si sa che il rapporto tra partiti ed elettori non molto democratico, se non altro perch il flusso delle informazioni viaggia dai primi ai secondi piuttosto che nellaltra direzione. Soprattutto in forza del potere sulla produzione e la diffusione delle ideologie, pi probabile che i partiti esercitino influenza sugli elettori che viceversa. E resta comunque aperto il problema del rapporto tra il singolo elettore e il deputato per cui ha votato. Se il primo ha votato per un partito di cui fanno parte molti deputati, come fa ad identificare il proprio rappresentante? E come fa a sceglierlo se le liste elettorali sono decise dai partiti? Ma esiste una difficolt ancora pi seria. Se i programmi-mandati e le liste elettorali sono definiti dai partiti, cosa impedisce a questi di agire come organizzazioni dei politici di professione piuttosto che delle classi che vogliono rappresentare? Non si verificher una naturale tendenza degli eletti a rendere conto ai gruppi dirigenti dei loro partiti piuttosto che agli elettori? E non potr accadere che i partiti cercheranno di dominare gli eletti sostituendosi agli elettori? proprio questo il rischio paventato da Engels (ivi, 855-6):
Engels affronta questo problema con riferimento alla lotta politica nella Prima Internazionale, per criticare luso scorretto dei mandati imperativi da parte degli anarchici. Ma le sue osservazioni hanno una portata teorica pi generale.
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Questo mandato rende palese la situazione nella sua totalit che domina nellAlleanza [anarchica], dove malgrado tutte le frasi sullanarchia, sullautonomia, sulla libera federazione in realt vi sono soltanto due possibilit: lautorit e lobbedienza [] Il mandato imperativo un mezzo di predominio estremamente efficace, e precisamente per questo motivo lAlleanza ne sostiene lautorit [] Il consiglio federale spagnolo, cos antiautoritario, anarchico ecc., ha dunque centralizzato nelle sue mani i contributi per inviare i delegati allAja; esso stesso ha modellato le elezioni di questi delegati

Si capisce che proprio sulla proposta del diritto di revoca si sono appuntate le pi forti critiche di irrealismo al modello di Marx. Vedi ad esempio quanto dice Bobbio (1976, 61-2) a proposito di una grande assemblea abbandonata alla spontaneit dei propri impulsi; a suo modo di vedere non ha mai revocato alcun mandato; e sembrerebbe che non possa farlo per motivi tecnici. Ebbene credo si possa dire: per fortuna Marx ed Engels hanno sempre evitato di entrare nei particolari della costituzione alternativa che prefigurano. Se lo avessero fatto, molte delle loro tesi potrebbero risultate datate e superate. E invece levoluzione tecnologica e istituzionale pu rendere facilmente risolvibili problemi che ai loro tempi, e ancora a quelli di Bobbio, sembravano insormontabili. Penso alle enormi potenzialit aperte dalle nuove tecnologie dellinformazione e della comunicazione, tecnologie che hanno indotto molti studiosi a parlare concretamente della possibilit di una democrazia partecipativa diffusa e continua. Il dibattito su questi temi oggi vastissimo, ma mi sembra che non sia stata finora indagata una delle pi interessanti di tali potenzialit, quella di cui tratto in appendice: rendere attuabile un efficace diritto alla revoca delle deleghe. E se risolto il problema dellattuazione del punto 8, sono risolvibili anche gli altri. Appendice: Un sistema elettorale che potrebbe piacere a Marx ed Engels Si consideri un collegio elettorale in cui sono presenti n elettori e vengono eletti x deputati. Risulta eletto il candidato che riceve almeno q=n/x voti. Ogni candidato resta in carica per una sola legislatura e non pu ripresentarsi in altre elezioni. Ogni partito presenta una lista di candidati. I partiti e i singoli candidati hanno dei siti web e degli indirizzi di posta elettronica. Allinizio della campagna elettorale i partiti presentano i programmi nei propri siti. I singoli candidati possono presentare le proprie personali aggiunte al programma del partito di cui fanno parte. Gli elettori possono avanzare critiche e suggerimenti e i programmi possono essere modificati in corso di campagna elettorale. Un certo numero di giorni prima delle elezioni i programmi definitivi vengono pubblicati e depositati in un ufficio comunale. Da quel momento costituiscono i mandati formali dei deputati che risultano eletti nelle liste che li hanno formulati. Il voto elettronico e segreto. Ogni elettore ha un nickname e una password elettorali personali, concepiti in modo tale che nessuno possa risalire alla sua identit anagrafica. Lelettore pu votare solo per un partito ed eventualmente esprimere una preferenza per un candidato della sua lista. Poniamo che la lista Lp del partito P riceva mp voti. Risulteranno eletti zp=mp/q dei suoi candidati. Sia Mp linsieme degli elettori
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del partito, Fi linsieme degli elettori che hanno dato la preferenza al deputato Di, (i=1,, zp), e Mi={Mp Fi} linsieme degli altri elettori del partito. Sia fi il numero di elementi di Fi e mi quello degli elementi di Mi. Il deputato Di sar stato eletto da un insieme di elettori Ei cos concepito: Ei={FiUMi}, se fiq Ei={Fi}, se fi>q. Ogni elettore appartenente a Fi ha inciso sullelezione di Di con un voto che vale 1. Invece ognuno di quelli appartenenti a Mi ha inciso sullelezione di Di con un voto che vale (q-fi)/(mp-fi). Ovviamente, se Fi vuoto, sar Ei=Mi=Mp. Cio il deputato che non ha ricevuto nessuna preferenza avr un insieme di elettori composto da quelli che hanno votato per il suo partito. Ognuno di essi avr inciso sulla sua elezione con un voto che vale q/mp=1/zp. In questa maniera ogni deputato sar associato allinsieme dei suoi elettori, la lista dei quali gli verr comunicata da un computer che svolge funzione di commissione elettorale. Verranno comunicati i nickname degli elettori, non le loro identit anagrafiche. Poich linsieme degli elettori di un deputato composto da quelli che gli hanno dato la preferenza pi, eventualmente, gli altri che hanno votato per il suo partito, ogni elettore sapr qual il suo o i suoi deputati. Ogni deputato ha una mailing list ristretta ufficialmente riconosciuta a cui possono accedere con diritto di revoca solo i suoi elettori. Ogni elettore potr accedere con diritto di revoca solo alle mailing list ristrette del suo o dei suoi deputati. Diventa possibile uno stretto controllo sul deputato da parte dei suoi elettori. Questi possono interloquire con lui attraverso la sua mailing list. Ogni mailing list ristretta un forum elettronico in cui gli elettori dialogano tra loro e con i loro deputati. Gli elettori possono avanzare suggerimenti e critiche. Ogni deputato effettua scelte politiche in piena autonomia, ma resta responsabile verso i suoi elettori per il perseguimento degli obiettivi definiti dal programma-mandato. Pu accadere che alcuni elettori siano insoddisfatti del comportamento del loro deputato e non riescano a farlo cambiare con le critiche e i suggerimenti. Allora, in qualsiasi momento, si pu avviare un procedimento di revoca della delega. Un certo numero <q di elettori del deputato Di pu chiedere la verifica del mandato. Si avvier un dibattito nella mailing list di quel deputato e in quella del suo partito. Dopo un certo numero di giorni, gli elettori di Di saranno chiamati a confermare il mandato elettorale con un voto elettronico. Voteranno tutti gli elettori appartenenti a Fi e, se fi<q, tutti gli altri elettori del partito di Di. Risulter revocato il mandato del deputato che sia stato sfiduciato da pi della met dei suoi elettori. In questa votazione ogni elettore che aveva espresso preferenza per il deputato Di avr un voto che vale 1, mentre ognuno di quelli che non avevano espresso preferenza per Di avr un voto che vale (q-fi)/(mp-fi). Facciamo un esempio. Prendiamo un collegio in cui ci sono n=1.000.000 di elettori e vengono eletti 10 deputati. Per essere eletti bisogna ottenere almeno q=100.000 voti. Il partito P ottiene 300.000 voti ed avr tre deputati, D1, D2 e D3. Poniamo che il deputato D1 abbia ricevuto 120.000 preferenze, D2 ne abbia ricevute 80.000 e D3 non ne abbia ricevuta nessuna. Gli elettori di D1 sono quei 120.000 che lo
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hanno preferito. Quelli di D2 sono quegli 80.000 che lo hanno preferito pi, in subordine, tutti altri che hanno votato per il suo partito. Quelli di D3 saranno tutti coloro che hanno votato per il suo partito. Mettiamo che sia stabilito =q/10. Allora se 10.000 elettori di D1 chiedono la verifica del mandato, i suoi 120.000 elettori saranno richiamati a votare. Se 60.000+1 gli tolgono la delega, D1 decadr dal mandato. Se la verifica viene chiesta per il deputato D2, dovr essere proposta da 8.000 degli elettori che gli hanno dato la preferenza, pi 22.000 degli altri elettori del suo partito. Andranno a votare tutti gli elettori del partito. Gli 80.000 che hanno dato la preferenza a D2 voteranno con un voto che vale 1, gli altri con un voto che vale 20.000/220.000=0,090909. Se 40.000 degli elettori che gli avevano dato la preferenza, pi 110.000=10.000/0,090909 degli altri elettori del partito, pi 1, gli tolgono la delega, il deputato D2 decadr dal mandato. Ma decadr anche se, ad esempio, la delega gli viene tolta da 30.000 degli elettori che gli avevano dato la preferenza, pi 220.000=20.000/0,090909 degli altri elettori del partito, pi 1; oppure se la delega gli viene tolta da 35.000 degli elettori che gli avevano dato la preferenza, pi 165.000=15.000/0,090909 degli altri elettori, pi 1. Poniamo infine che la verifica venga richiesta per il deputato D3. Potr essere richiesta da 30.000 degli elettori del suo partito, ogni elettore avendo un voto che vale 1/3. Tutti i 300.000 elettori del partito verranno chiamati a votare. Il deputato decadr dal suo mandato se 150.000+1 elettori gli tolgono la delega. Questo sistema di peso dei voti produce un interessante effetto di dominanza della preferenza che merita di essere posto in luce. Si noti che, se la delega di D2 viene tolta da meno di 30.000 degli elettori che gli hanno dato la preferenza, la massa degli altri elettori del partito non in grado di contribuire alla revoca del mandato. Ad esempio se solo 24.000 degli elettori che lo hanno preferito votano per la revoca, sarebbe necessario un voto negativo di altri 286.000=26.000/0,090909 per raggiungere il 50% di voti di revoca. Ma gli altri elettori sono solo 220.000. Leffetto tanto pi forte quanto maggiore il numero di preferenze ricevute da un candidato. Nel caso limite delleletto le cui preferenze sono in numero non minore di q, ad esempio D1, nessuno degli altri elettori del partito pu contribuire alla revoca. Leffetto di dominanza delle preferenze ha senso. Gli elettori che esprimono una preferenza scelgono un candidato personale con un voto che, proprio in quanto esprime una scelta specifica, deve avere sul controllo del candidato un peso maggiore di quello degli elettori che non danno preferenze. Una conseguenza positiva delleffetto che gli elettori che esprimono preferenze hanno pi peso degli apparati di partito nella scelta e nel controllo dei deputati. Il partito ovviamente conserva un notevole potere, in quanto determina le liste elettorali. Ma lordinamento deciso dal partito pu essere ribaltato dagli elettori che esprimono preferenze. E uneventuale campagna di revoca lanciata dal partito per motivi di disciplina interna piuttosto che di rispetto del mandato potrebbe essere inefficace per gli eletti che hanno ottenuto molte preferenze. I candidati sono in tal modo incentivati ad ottenere molte preferenze e quindi a sforzarsi di esprimere gli specifici bisogni e volont degli elettori. Gli eletti che ottengono molte preferenze si rendono pi autonomi dal partito e pi dipendenti dai loro elettori. Si noti infine che, in virt di tale effetto, gli elettori sono incentivati ad esprimere preferenze. Infatti un elettore che non esprime
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preferenza pu esercitare influenza e diritto di revoca su tutti gli eletti del partito con un voto che pesa molto poco. Invece quello che esprime una preferenza ha unelevata influenza sul proprio deputato, ma pu conservare anche una certa influenza su tutti gli altri eletti del partito. Una volta tolto il mandato a un deputato, verr immediatamente avviata la procedura di elezione per un deputato sostitutivo. Ovviamente voteranno solo gli elettori del deputato sfiduciato. Non il caso ora di stare ad approfondire troppo, anche perch il modello di sistema elettorale che ho presentato molto semplificato e non ha nessuna pretesa di essere applicabile immediatamente. Lo scopo che mi sono prefissato puramente teorico: mostrare che le moderne tecnologie dellinformazione e della comunicazione rendono possibile realizzare un sistema elettorale che soddisfa le indicazioni marxiane sulla democrazia radicale. Anche in una democrazia rappresentativa, e anche se basata sui partiti, si pu avere una partecipazione continua dei cittadini al processo politico, un uso dei programmi come documenti che definiscono dei mandati formali, un dialogo permanente tra gli elettori e i loro deputati, unestesa capacit di controllo dei primi sui secondi, capacit che si basa soprattutto sullesercizio del diritto di revoca delle deleghe da parte degli elettori. Il tutto senza che venga meno la segretezza del voto.

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