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Francesco Lamendola

Bocciato
Bocciato. Una parola secca, sonora, tagliente come una lama; una sentenza inappellabile, che quasi un marchio dinfamia, certo un segno tangibile di umiliazione. Essere bocciato, infatti, non significa soltanto venir giudicato inidoneo a un diploma, a una abilitazione, a una promozione; ma anche vedersi retrocesso nella terra di nessuno, dalla quale si deve ripartire da zero. E non vale solo per la scuola; n solo per i giovani, i quali, avendo tanta vita davanti - o tanta speranza di vita, il che lo stesso - hanno pure tanta capacit di resurrezione dopo ogni scacco e dopo ogni caduta. No, vale anche per la vita in generale: sempre e dovunque, sino alla fine. Gli esami non finiscono mai, dice Guglielmo Speranza (il cognome altamente significativo), protagonista della commedia scritta e interpretata da Eduardo De Filippo quale metafora della vita intera, pirandellianamente soffocata in un cerchi stregato di s che ci vengono estorti dalle circostanze, quando vorremmo invece gridare altrettanti no. Nel quadro di Michele Cammarano, il pittore napoletano di fine Ottocento divenuto famoso soprattutto per le sue rievocazioni storiche (La carica dei bersaglieri alle mura di Roma, 1871; La battaglia di Dogali, 1888), intitolato Lo studente Bocciato, colta con finezza la psicologia della sconfitta e dellumiliazione. Anche se con toni leggermente enfatici (il difetto caratteristico di questo artista che si ispir al realismo sociale), il pittore ha concentrato la desolazione dello studente bocciato nello sguardo spento, apatico, quasi incredulo che si fissa nel vuoto, rimuginando le fasi del proprio insuccesso e, forse, anticipando la sorpresa e la delusione dei genitori non ricchi - lo si deduce dalla povert della stanzetta -, dei fratelli, dei conoscenti e degli amici. A quel tempo, studiare alluniversit era un privilegio di pochi e, fra essi, non mancavano quelli che erano stati spinti avanti dagli immensi sacrifici della famiglia e sulle cui spalle, quindi, poggiavano le aspettative di tutti, persino la responsabilit delle bocche da sfamare; il povero Giovanni Pascoli ne sapeva qualcosa. Inconcepibile, quindi, farsi bocciare, visto che a scuola non si andava per scaldare la sedia, ma per riscattare se stessi e i propri parenti dallincubo di un durissimo lavoro manuale mal retribuito, se non proprio dalla fame vera e propria: eppure lirreparabile accaduto, la bocciatura arrivata, ed ora non restano che rimorsi ed amari rimproveri da fare a se stesso. Certo per gli studenti di oggi non una tale tragedia, anzi vorremmo quasi dire che pane quotidiano; e ci nonostante che la scuola odierna sia infinitamente pi leggera, infinitamente pi benevola, infinitamente pi comprensiva della scuola di un tempo. N ci sono, di norma, famiglie che restano senza risorse per la bocciatura di un figlio; anche perch, nel mondo doggi, un diploma o una laurea non garantiscono affatto laccesso al mondo del lavoro, anche se ne sono una precondizione non secondaria. Tuttavia, lo sgomento e la frustrazione restano: pur sempre un cartellino rosso che la vita, forse per la prima volta, presenta a quei ragazzi che avevano preso le cose con un po troppa spensieratezza, con un po troppa superficialit. Ebbene, a quei ragazzi, a quel ragazzo o a quella ragazza, vorremmo dire due parole in questi giorni di settembre che preludono allinizio di un nuovo anno scolastico; due parole non di rimprovero, ma di incoraggiamento e di fede. Dunque, sei stato bocciato: questo il fatto. 1

Vorresti almanaccare, non ti dai pace: se quel professore l, se quella professoressa l; se quel compito, se quella interrogazione Tutti questi pensieri non servono; non serve fare confronti con i compagni pi fortunati, non serve parlare di ingiustizie (anche se possono esservi state, come no: chi potrebbe affermare a priori il contrario?). Rivangare quello che stato non serve a nulla; e la rabbia che provi adesso inutile, cos come inutile il senso di colpa, se non accompagnato da buoni propositi. Forse, questa proprio loccasione che la vita ti sta offrendo per compiere un salto di qualit, per salire di un gradino sulla via della maturazione. Finch le cose vanno bene, difficilmente simpara qualcosa: le verit pi importanti, la vita ce le insegna quando qualcosa incomincia ad andare per il verso sbagliato. Non lo sapevi? Non te lavevano mai detto? Quello che ti capitato ora un campanello dallarme, ma pu essere anche linizio di una conquistata consapevolezza: davi troppe cose per scontate. Non che il tuo valore, come persona, si esaurisca nel giudizio che stato dato di te come studente; niente affatto. Si pu essere i primi della classe e laurearsi a pieni voti, e tuttavia non valere nulla come esseri umani; e questo non solo nellambito della scuola, ma anche fuori di essa. Non ne scaturisce, per, la legge contraria: che essere i peggiori come studenti significhi essere i migliori dal punto di vista umano. Se sei stato pigro, rimprovera te stesso. Se non hai voluto impegnare i talenti che avevi ricevuto in dono, primo fra tutti lintelligenza, dai la colpa a te e a nessun altro. Se a metterti in difficolt sono stati problemi di natura personale, allora le cose stanno diversamente; bisognerebbe vedere ogni caso in modo esauriente, perch non ve ne sono due identici. Pure, che senso ha istituire un tribunale per giudicare meriti e colpe? Nella vita esattamente la stessa cosa. Quando si fallisce in qualche cosa dimportante, indice di pochezza danimo sprecare le migliori energie per recriminare, per protestare, per prendersela con qualcuno o con qualcosa. Bisogna chiedersi cosa non ha funzionato in noi, perch il mondo non perfetto, e gli altri possono certamente venire meno al loro compito; ma, soprattutto, bisogna ripartire con animo limpido e rasserenato. Il che vuol dire che bisogna imparare a guardarsi dentro, senza troppa indulgenza, ma anche senza cadere nelleccesso opposto, quello di esagerare le nostre responsabilit. Non c errore a cui non si possa porre rimedio, non c caduta dalla quale non ci si possa rialzare. Non si viene al mondo per compatirsi, ma per puntare al meglio, lottando. Non si viene al mondo nemmeno per odiare; dunque, non serve nutrire rancore per quelli che incolpiamo dei nostri mali; e nemmeno verso noi stessi, perch errare umano e limportante imparare qualcosa dai propri sbagli. E ci vale anche per quella particolare bocciatura che la delusione amorosa: bisogna imparare a perdonare agli altri ed anche a se stessi. Non fare come Properzio che, disilluso dalla sua Cinzia, gode ad immaginarsela vecchia, brutta e ormai incapace di suscitare alcun desiderio nel cuore degli uomini (III, 25; trad. S. Guglielmino): Ma su te, Cinzia, possa la vecchiaia pesar con gli anni che celar vorresti e vengano le rughe a deturpare la tua bellezza! Allora il desiderio deliminare i tuoi capelli bianchi di tormento ti sia, mentre lo specchio ahi!, gi le rughe ti rinfaccer; allora possa a tua volta subire i rifiuti sprezzanti, ormai negletta, e provare, sfiorita, quel che agli altri provar facesti! Queste le fatali 2

pene che coi miei versi ti predico: pensa che finir la tua bellezza. Questo precisamente latteggiamento che sbagliato, distruttivo e controproducente assumere nei confronti della sconfitta: incolparne qualcuno e accarezzare sogni di vendetta. Non virile, se sei un uomo; non degno, se sei una donna: in ogni caso, non serve a nulla. Serve solo a far del male a se stessi. Allora: invece di colpevolizzare qualcuno, fossanche te stesso, meglio, molto meglio trarre un utile insegnamento dal proprio fallimento e ripartire con pi slancio, con pi decisione, ma soprattutto con pi chiarezza interiore. Questo il punto fondamentale; da qui che bisogna incominciare a ricostruire. Non si riparte veramente se non quando si fatta chiarezza in se stessi; se non quando si impara, soffrendo sulla propria pelle, a non barare con se stessi. La radice prima delle nostre future sconfitte tutta qui: nella mancanza di onest dello sguardo con cui ci guardiamo; cos come il presupposto delle nostre vittorie nella capacit di essere leali con la nostra parte pi vera e profonda, senza trucco e senza inganno. Caro studente, dovresti chiederti cosa vuoi fare nella vita: non intendo questa o quella professione, ma il senso profondo del vivere, la direzione in cui si vuole andare, la meta che ci si prefigge di raggiungere. Vuoi giocare al ribasso, vuoi sfruttare gli altri (oggi i tuoi genitori, domani la societ), cercando di ottenere molto pi di quel che sei disposto a dare? Se questo che vuoi, se questa furbizia da quattro soldi che persegui, allora nessuna bocciatura potr mai insegnarti nulla. E la legge fondamentale della vita che, quando si duri ad imparare, si ripetono sempre gli stessi errori e si va sempre incontro alle medesime delusioni. In tutti i campi; compreso quello affettivo e sentimentale. La vita unoccasione preziosa di puntare al meglio, di giocare sempre al rialzo: dove la posta in gioco il superamento di noi stessi, del nostro piccolo Io viziato e narcisista, e labbandono alla pienezza dellEssere di cui siamo parte e in cui troviamo luce, verit e significato, cos come ogni altra cosa esistente. Per puntare al meglio, non si pu giocare al risparmio; al contrario, bisogna impegnarsi al massimo, senza risparmio. Ma non perch gli altri si aspettano che noi lo facciamo; bens perch noi siamo divenuti consapevoli che tale il nostro bene, tale il nostro vero interesse. Quando la posta alta, sarebbe da sciocchi tirarsi indietro, centellinare limpegno. Quali sono le cose per le quali sei disposto ad impegnarti veramente, ad affrontare veglie e sacrifici? Non dirmi che sono quelle di tipo materiale: perch si tratta di mezzi, non di fini. Il denaro, per esempio: serve per fare qualcosa, non un fine in se stesso. A meno di cadere nella schiavit di Mazzar, il protagonista della novella verghiana La roba: vivere da povero, per non intaccare la propria smisurata ricchezza. Noi tutti viviamo un po da poveri, nel senso che viviamo molto al di sotto delle nostre possibilit spirituali: non ci trattiamo bene, anche se non ci facciamo mancare nulla del superfluo; e questo perch non ci vogliamo bene. Caro ragazzo, non prendere esempio dalla maggior parte degli adulti, che non si vogliono bene e vivono da poveri per quanto riguarda lessenziale. Lessenziale capire che siamo qui per uno scopo, per rispondere a una chiamata. Ogni essere umano come un flauto: non gli vene chiesto altro che di tenere pulito lo strumento; ma la melodia divina che ne esce, viene modulata da un altro Suonatore. Vuoi essere un flauto armonioso ed unire le tue note a quelle di tutto luniverso, o preferisci essere uno strumento scordato e dissonante, che si sforza invano di sopraffare la melodia cosmica? Questa la scelta. qui che non devi lasciarti bocciare, perch bocceresti te stesso. 3

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