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Dalla terra al cielo

Ai piedi di una montagna cera un grande abete bianco. Avete presente un albero di Natale? Ecco, quellabete sembrava un albero di Natale con la punta un po schiacciata, definita nido di cicogna. Era maestoso e slanciato: un gigante alto quanto un palazzo di quindici piani. Circa 50 metri di altezza, pi o meno come 28 pap alti un metro e ottanta uno sopra la testa dellaltro. Il suo tronco misurava 3 metri di diametro, tanto che per abbracciarlo occorrevano almeno 8 mamme, una accanto allaltra. E per di pi era molto vecchio, compiva in quei giorni 200 anni. Se vi state chiedendo quale sia lorigine del suo nome, posso confermarvi che labete non era per niente bianco e neppure era coperto di neve. Agli studiosi di piante bastarono le due strisce biancastre sotto le foglie, il grigio chiaro della corteccia e il legno color carta per classificarlo, insieme ai suoi simili, come Abies

alba, e pi comunemente, abete bianco. Di bianco, come avete capito, cera ben poco, oltre al nome! Difatti, osservando la sua imponente chioma, formata dalle tipiche foglie a forma di ago, saltava subito allocchio uno splendido co14

lore verde-blu intenso. Era davvero uno spettacolo! Chiss quanti di voi avranno in giardino un abete o senzaltro ne avranno visto uno in un parco. Qui la domanda sorge spontanea: sar forse un abete bianco? Per capirlo facilissimo. Avvicinatevi a un ramo e toccate la punta delle foglie. Se pungono non un abete bianco, ma si tratta di un abete rosso, che si differenzia dal primo per il colore della corteccia indovinate un po? bruno rossastra. Gli aghi dellAbies alba presentano una punta arrotondata e, a rigor di logica, non pungono. Colori e forme a parte, torniamo alla nostra storia alta 50 metri e lunga 200 anni. Quellabete bianco ai piedi della montagna aveva una particolarit in pi. Non solo laltezza e let lo rendevano unico, cera qualcosa che lo distingueva da tutti gli abeti esistenti sulla terra, bianchi o rossi che fossero: era diventato da oltre centanni la casa di milioni di animali. Partendo dalle radici fino al punto pi alto, vivevano animali di ogni specie, tutti insieme, dal pi piccolo al pi grande, e perlopi insetti. Era una vera e propria casa, o meglio, un grande palazzo che per quei piccoli inquilini sembrava un gigantesco grattacielo. La cima, vista dal basso, toccava il cielo con i suoi aghi scintillanti e, quando si alzava il vento, avevi limpressione che i rami facessero il solletico al sole. Fu cos che un giorno i suoi primissimi abitanti lo battezzarono ufficialmente Abete Tocca-cielo. Molto carino, no? Il solo abete bianco sulla terra ad avere un nome personale che garantisse la propria unicit. Il Tocca-cielo era organizzato nei minimi particolari: dal basso 15

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verso lalto era suddiviso in piani numerati, composti dai rami. Esattamente 320 piani. E in ogni piano cerano cinque o sei appartamenti-nido degli abitanti. Il tronco, nel punto in cui partivano i rami, a quasi dieci metri da terra, era come la rampa delle scale dei nostri palazzi e permetteva il passaggio da un piano allaltro. La parte al di sotto dei rami, invece, faceva da ingresso, una sorta di portineria. Ogni abitante era quindi identificato, oltre alla specie, al punto preciso in cui viveva: numero-piano e numero-appartamento. Un sistema un po complesso, ma estremamente utile per tenere sotto controllo la gestione di un gigante alto 50 metri. Il Tocca-cielo indossava un nome cucitogli addosso alla perfezione, che meglio di cos non poteva descriverlo: era un mondo incredibile di animali dalla terra al cielo.

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Milioni di abitanti

Partiamo dalla terra! Tra le pieghe delle radici, in un buco nel terreno, aveva scavato la propria tana un vecchio tasso Meles meles, che se ne stava stretto stretto in compagnia di una mamma volpe con i suoi quattro cuccioli, due maschi e due femmine. La prima parte del tronco, pi che una semplice portineria, sembrava lingresso di un hotel, era un continuo via vai di insetti, difficili da contare: cerano le instancabili formiche rosse che portavano avanti e indietro qualsiasi tipo di cibo, le trmiti che scavavano lunghe gallerie nella corteccia. Solo nella corteccia per, perch il legno non si poteva raggiungere per evitare guai alla

struttura. E poi cerano le coccinelle portafortuna, i grilli cantori e salterini, i maggiolini elicottero, le mosche-tafni, i pidocchi, gli scarabei, le vespe, le zanzare, ognuno indaffarato nei propri mestieri. Nel traffico zampettavano anche i ragni tessitori, che si vantavano di essere aracnidi e non semplici insetti. Fino ad arrivare ai piani superiori, con rami robustissimi pieni di gemme dallintenso profumo balsamico. Lo stesso delle caramelle alla menta forte e della crema per respirare bene. A parte le centinaia di scoiattoli, che per mancanza di buchi nel

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tronco si erano costruiti comodi nidi tra il fogliame, a parte le colonie di bruchi e di vermi, a parte una marea di lucertole e un mega alveare di api, gli uccelli la facevano da padrone. E si erano

scelti i posti migliori. Potete immaginare il baccano che creava il loro interminabile cinguettare: partivano i fringuelli, seguiti dalle cince, iniziavano i passeri, subito dopo i codirossi e arrivavano alla carica i merli dal collare.

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Non mancava neppure chi teneva il tempo, era il simpaticissimo picchio rosso, amato da tutti, perch il suo battito puntuale e preciso, oltre a scandire ogni giorno larrivo dellalba e del tramonto, serviva come richiamo per riunioni importanti o allarmi 22

imprevisti. Andando ancora pi su, i rami si facevano fitti fitti e creavano una zona pi scura e riparata. L vivevano gli abitanti notturni, che non amavano molto la luce del giorno e preferivano andarsene in giro dopo il tramonto del sole. Tra quelli cera un gruppo di ghiri Glis glis, sempre rinchiusi nel loro nascondiglio, che era possibile incontrare solo di sera. Sopra di loro pigolavano i piccoli delle civette, sempre attente a non disturbare i vicini. Ancora un piano e appesa a testa in gi se ne stava una famiglia di pipistrelli che, a detta di alcuni, aveva scelto il Tocca-cielo per fare invidia ai compagni che potevano permettersi solamente un posticino umido in una grotta. Ma nel punto pi alto, a un passo dal cielo, dominava lintero palazzo un gufo reale Bubo bubo, che tutti consideravano un ottimo 23

amministratore di condominio da cinque generazioni. E nonostante la grande folla, cerano ancora dei rami disponibili, che non trovavano unoccupazione per colpa della dura regola da rispettare: nessuno mangia nessuno! Per vivere sul Tocca-cielo bisognava quindi cercarsi il cibo altrove. Cera poi chi richiedeva il permesso di abitazione, ma per ovvi limiti organizzativi non glielo si poteva concedere. Era il caso delle rane, dei rospi, delle bisce e delle sanguisughe che vivevano nello stagno accanto, a due passi dal tronco. Volevano a tutti i costi far parte di quel mondo meraviglioso che sprizzava gioia e

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tranquillit da ogni ago. No, non era possibile: non per la dura legge da rispettare, n per la mancanza di posti, ma solo e soltanto perch a quegli animali serviva acqua in grande quantit, che sul Tocca-cielo non si poteva portare. Pensate allassurdit! Pur di trasferirsi su quei rami, un rospo non del tutto a posto propose di costruire una vasca con le foglie, e una biscia alquanto svitata era disposta a strisciare su e gi, dal ramo allo stagno, in continuazione, per non seccarsi la pelle. Il gufo reale era sconcertato, ma comprendeva alla perfezione il sincero desiderio di quegli animali. Un mattino, mentre stava prendendo sonno dopo una lunga notte di caccia, gli venne unidea: Il Tocca-cielo ha bisogno di quello stagno, la sua acqua irriga le radici e rende il terreno umido. Le condizioni favorevoli per una perfetta resistenza! Lo stagno diventer il prolungamento sulla terra del nostro palazzo, sar unabitazione secondaria, organizzata su un unico piano, secondo le nostre stesse regole. E cos fu, il gufo reale present in una riunione il suo progetto. Nacque, a grande richiesta, la dpendance dellabete Tocca-cielo, chiamata semplicemente Cantarane.

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Linizio

La storia del Tocca-cielo, considerato come un palazzo, inizi qualche giorno prima del suo centesimo compleanno. Fu scoperto dal trisavolo dellattuale gufo reale che, dopo una lunga ricerca, trov una casa per milioni di animali in serie difficolt. Che cosa accadde esattamente? In una splendida vallata tra le montagne, al di l del fiume, cera un enorme bosco misto di abeti rossi, abeti bianchi e faggi, abitato da animali di ogni specie, che trascorrevano felici la propria vita. Un giorno, per, quel paradiso di gioia e serenit fu distrutto dallarrivo delluomo. Quegli animali non avevano mai visto un essere umano, lo scambiarono infatti per uno strano orso con una

pelliccia ridicola. E purtroppo quelluomo-orso non era il solo, accanto a lui ne sbucarono altri cinquanta che non persero tempo a segare gli alberi, uno dopo laltro. Luomo pensava soltanto alla preziosa legna che ne avrebbe ricavato e non aveva il bench minimo interesse verso quegli abitanti che in quel bosco vivevano e stavano perdendo una preziosa casa. Molti animali persero anche la vita, soprattutto i pi deboli, altri invece riuscirono a scappare alla ricerca di un rifugio. Tra questi ultimi cera il trisavolo del gufo reale con la compagna e tre piccoli, costretti ad abbandonare ladorato nido sulla punta di un abete bianco, un profumatissimo abete bianco. In cielo, sbattendo le ali come un forsennato, il gufo portava in salvo, accecato dal sole, la propria famiglia. Ma non dimentic di voltarsi indietro per lultima volta a guardare quegli alberi appannati che cadevano in sequenza come birilli, trasformando la vallata in un deserto di terra, cosparso di tronchi recisi. Una scena desolante: animali che fuggivano, versi che raggiungevano la montagna pi alta un bosco scomparso! Giunto il tramonto, il gufo ne approfitt per fare una pausa e dare ai suoi cari un attimo di tregua. La luce abbagliante e il caldo del giorno non erano certo amati dagli uccelli notturni. Il gufo trov una cavit in una scarpata rocciosa, radun un po di pagliuzza presa qua e l e, insieme alla compagna, sistem un semplice riparo per la notte. Quando si fece buio, il momento a lui pi congeniale, and a caccia di cibo e, nonostante la stanchezza del viaggio, riusc a recuperare per i figli due bei topi succulenti. Non riusciremo a trovare una casa accogliente come quellabete. Ci aspetta una vita difficile! ripeteva continuamente il gufo. 28

I ricordi di quel bosco, luogo sereno e traboccante di nutrimento, gli impedivano di riposare tranquillo e per tutta la notte non pensava ad altro che trovare una nuova casa. Ma dove? Allalba, un vento tiepido cominci ad accarezzargli le piume, cullandolo piano piano verso il sonno. Stava quasi per addormentarsi, quando gli sembr di sentire un profumo, lo stesso profumo balsamico del suo adorato abete bianco. Sto sognando ad occhi aperti disse incredulo. Ma quel profu29

mo portato dal vento diventava sempre pi forte. Non ci pens un attimo e prese il volo, facendosi guidare da quella fragranza. Dopo unora di viaggio, comparve davanti a lui linaspettato: un enorme abete bianco, alto il doppio della vecchia casa, se ne stava tutto solo ai piedi di una montagna. Quellabete sar la nostra nuova dimora! Il gufo corse immediatamente nei pressi della vallata distrutta, per cercare tutti quegli animali che ancora erano privi di un rifugio. E grazie a un incredibile passaparola, in pochi giorni riusc a portare in salvo sullabete milioni di abitanti. Per organizzare una simile impresa nei minimi dettagli, il gufo fu aiutato da un abile tasso che viveva con la famiglia in un buco tra le radici. Insieme a lui escogit uno stratagemma per rendere vivibile quellabete, inventando la prima forma di convivenza civile tra animali. Fu emanata la legge obbligatoria del nessuno mangia nessuno e tutti, con grande sacrificio e forza di volont, la approvarono entusiasti. Labete bianco compiva proprio quel giorno cento anni e il gufo reale, come regalo, decise di battezzarlo con il nome di Tocca-cielo.

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IL TOCCA-CIELO

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