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- Il Gatto di Vincent - di Mattia Sirocchi mattiasirocchi@gmail.com / www.mattiasirocchi.blogspot.

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Il Gatto di Vincent
Mi chiamo Crayon e di solito, nelle notti come questa, quando la luna alta e tonda nel cielo, mi piace osservare la citt dallalto dei tetti mentre in strada il brulicare di vita del giorno lascia spazio alla quiete e al silenzio della sera. In queste notti lodore del mare cos forte che mi basta chiudere gli occhi per vedere le onde spumose davanti a me. Un tempo vivevo a Parigi e ogni giorno era una scorribanda tra i vicoli dei caff e dei teatri, sul greto della Senna e tra i bagliori elettrici delle auto. In quei giorni respiravo il pulsare frenetico della vita di una grande capitale. Ora vivo in una piccola cittadina, in questo piccolo appartamento giallo insieme al mio padrone Vincent e a un uomo alto e dai modi gentili ma dagli occhi tristi, sempre persi in paradisi lontani, colorati di rosso e oro che forse esistono solo nella sua mente. Luomo dagli occhi tristi si chiama Paul e anche lui, come Vincent, fa il pittore. Non facile abitare insieme a loro, la casa piccola e il poco spazio a disposizione ingombro di cavalletti, tele, cornici e quadri. Tantissimi quadri, per lo pi accatastati alla rinfusa. A volte quando girovago annoiato per le stanze mi sembra di perdermi tra immensi campi di grano, di essere spiato in ogni mio movimento dagli occhi affamati di una famiglia di contadini o giudicato da qualche giovinetta dallaria altezzosa. Ogni angolo della casa , insomma, un frammento differente di vita caotica, ma se fosse solo per questo non ci sarebbe nulla di male. Le complicazioni nascono quando Vincent e Paul litigano. Capita che i due uomini discutano per ore riguardo i propri lavori, di come bisogna intendere la pittura e larte in genere, dello straordinario momento che stanno vivendo e di quanto siano fortunati a poter fare quello che fanno. Quasi sempre Vincent a cominciare con quelle sue prediche un po noiose finendo immancabilmente con il rinfacciare a Paul di non impegnarsi abbastanza, di perdere tempo a poltrire e di sprecare cos il suo enorme talento. E allora i due cominciano a litigare e Paul esce di casa sbattendo la porta, se ne sta via qualche ora durante le quali Vincent non fa altro che preoccuparsi e rimproverare a se stesso di essere stato troppo duro, ma alla fine, quando ormai sera, Paul ritorna a casa e i due amici finiscono con lo scusarsi a vicenda e per festeggiare la loro riappacificazione si ritrovano a bere al caff o a giocare a biliardo o a passeggiare lungo la spiaggia bianca e cos, il giorno dopo, riprendono a dipingere uno accanto allaltro come se nulla fosse successo. Io sono solo un gatto e di arte non ne capisco molto ma mi piace accoccolarmi sulle loro ginocchia mentre con gesti abili e sicuri tracciano quei baffi colorati sulla tela. Lodore dellolio di lino invitante ma so per esperienza che non sono affatto buoni da mangiare n il rosso n il verde. Ogni tanto qualche goccia cade dalle loro tavolozze sporcandomi il pelo ebbene, quelle piccole perle colorate le porto sul mio mantello come un vezzo aristocratico. Non capisco per perch Vincent e Paul lo facciano, perch si ostinino a passare tutta la loro giornata seduti su di uno sgabello a ritrarre vasi, campi, donne e uomini. Forse perch hanno paura di dimenticarsi ci che vedono, le persone che conoscono. Laltro giorno Vincent ha dipinto se stesso, che follia, come se un uomo, o un gatto, potesse dimenticarsi di s. Io invece avrei pi paura, se fossi in loro, di perdermi dentro le loro tele cos dense, cos espressive, cos impressionanti da sembrare vere, ma di un vero diverso, visto da altri occhi, non quelli della testa. Ho sempre avuto un desiderio guardando quei quadri ma ahim, mai realizzato: mi sarebbe piaciuto che il mio padrone mi avesse ritratto almeno una volta. Allinizio della nostra convivenza, quando abitavamo ancora a Parigi ed entrambi eravamo pi giovani e spensierati, il fatto che non volesse dipingermi mi offendeva. Ricordo che pi di una volta sono

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saltato sul tavolino accanto al cavalletto miagolando come impazzito pur di attirare la sua attenzione ma non c mai stato nulla da fare. Una volta, preso dalla frustrazione ho pure fatto cadere il vaso con lacqua e i pennelli, bagnando e sporcando lintero pavimento di vernice e olio. Anche quel gesto non serv a nulla. Poi per ho capito: Vincent non voleva dipingermi non perch non fossi abbastanza bello per lui o perch non mi ritenesse allaltezza dei suoi modelli ma perch come lui stesso un giorno mi disse, forse senza neppure pensare che potessi veramente capire le sue parole, egli non sarebbe mai riuscito a ritrarre la vita impressa nei miei occhi, la vivacit del mio sguardo, il vibrare dei miei baffi. Io questo non lho mai creduto, la realt unaltra. Vincent ha un grande talento ma il solo pensiero di dipingere qualcosa che lui ama veramente lo fa stare male. Non si sente ancora pronto per affrontare la prova pi grande, quella di ritrarre i suoi sentimenti. E fatto cos Vincent, incredibilmente fragile e insicuro eppure estremamente capace. Capito quel segreto di lui, non volli pi toccare largomento e, in fondo, mi basta osservare il mio padrone nel suo lavoro e godere di ci che riesce a creare. E cos la nostra convivenza va avanti ormai da parecchi anni, ogni giorno ci svegliamo uno accoccolato ai piedi dellaltro, un po pi vecchi e consapevoli, io ormai quasi pi in grado di compiere quei bei balzi eleganti di un tempo e lui con la barba rossiccia sempre pi lunga e quel cappello ridicolo calato sulla testa a nascondergli le orecchie, dal quale sembra non volersi mai separare. Oggi per successo qualcosa di diverso ed per questo che non riesco a sentire lodore del mare, a godere di questa notte stellata. Vincent e Paul hanno litigato come mai avevano fatto prima, urlando e arrabbiandosi molto lun con laltro. Io me ne stavo accoccolato sulla mia sedia di paglia leccandomi le zampe mentre loro strepitavano come aquile finch dun tratto Paul ha raccolto le sue cose in una valigia marrone dicendo che avrebbe mandato qualcuno a recuperare i suoi quadri e se ne andato sbattendo la porta. Vincent ha continuato a urlare contro le pareti della casa, percorrendo la stanza ad ampie falcate, avanti e indietro, poi si seduto sul suo sgabello e ha cominciato a ferire la tela con grosse pennellate che colavano lacrime. Non lavevo mai visto in quello stato e cos ho provato a fare quello che noi gatti sappiamo fare meglio: strusciarci contro le gambe dei nostri padroni, farci accarezzare e riportare loro un po di serenit. Vincent mi ha sollevato abbracciandomi come le mamme umane fanno coi i loro piccoli cuccioli ed io ho cominciato a fare le fusa ma lagitazione in lui non passava. Sembrava che un fuoco lo bruciasse da dentro e non era solo un fuoco di rabbia. Dopo qualche minuto mi ha appoggiato con delicatezza sul letto che dividiamo insieme la notte, ha indossato il suo soprabito e il suo solito cappello ed uscito. Da allora non lho pi visto, sono passate diverse ore ed ormai buio. E tanto che non mi avventuro di notte nei vicoli della citt, ho paura di aver perso il mio proverbiale fiuto ma non posso stare qui in attesa per chiss quanto tempo ad aspettare che il mio padrone ritorni per cui, dal cornicione della terrazza, balzo sulla grondaia del nostro appartamento, aggiro il comignolo ancora tiepido e mi lancio oltre il vicolo, sul terrazzino della casa di fronte. Da l a scendere in strada un gioco da micetti. Mi dirigo con la coda tesa e le orecchie ben dritte verso il caff tanto amato da Vincent. Devo ancora voltare langolo che gi lo immagino seduto allaperto, in uno dei tavolini con il ripiano color madreperla intento a sorseggiare una bevanda calda. La delusione per la sua mancanza pi crudele di quanto immaginassi. La strada semideserta, fatta eccezione per un gruppetto di persone e una manciata di stelle nel cielo blu della notte. La luce gialla e accogliente del locale spazza via da me ogni timore e mi spinge ad avvicinarmi allingresso. L, seduto sul selciato freddo, allungo la testa allinterno sperando di vedere nelluomo accanto al biliardo il mio padrone. Anche stavolta rimango deluso. Una signora

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con un vestito rosso e un cappellino di raso resta sorpresa nel vedermi. Il suo viso bianco e sciupato si apre in un sorriso. Appena fa il gesto di alzarsi dalla sedia per venirmi incontro, quasi fosse un istinto innato, schiaccio il ventre a terra e fuggo lontano. Mi ritrovo ansante e solo, qualche centinaio di metri pi in l. Non riconosco il luogo in cui mi trovo, anche gli odori sono sconosciuti e i palazzi, le case, le serrande abbassate dei negozi sembrano luoghi di un altro tempo. Non c la bella e tranquilla Arles attorno a me, con il suo odore di mare e le sue strade colorate. Il cuore mi batte forte e la testa comincia a formicolarmi, come se avessi mille topolini impazziti che corrono da un orecchio allaltro. In un certo senso una sensazione piacevole. Probabilmente, penso, la fatica per la corsa appena fatta si sta facendo sentire ma poi davanti a me qualcosa si muove. I colori della notte, le luci dei lampioni e delle stelle, si fondono in un unico caleidoscopio e devo accucciarmi per non esserne travolto. Intorno a me cominciano a emergere strani oggetti e volti. Come comparsa per incanto, una piccola barca bianca naviga sul lastricato lucido della strada, spinta da un vento inesistente che le gonfia le vele. A guidare la nave distinguo un uomo in una smagliante uniforme blu con ricami dorati. I bottoni della sua giacca sembrano tanti soli incandescenti. Luomo mi riconosce, si porta una mano al cappello e mi saluta con un gesto amichevole. E il signor Roulin, anche io lo riconosco. Tutti i giorni viene a consegnarci la posta nella casa gialla. Devo ancora riprendermi da quella visione quando le pietre grigie della strada si trasformano in un mare di girasoli infuocati. Il loro colore sgargiante mi fa stringere per un momento gli occhi che diventano una sottile fessura sul mio muso appuntito. Le corolle si muovono allunisono come fossero un gruppo sconfinato di ballerine in tut giallo che con la loro danza seguono la nave del capitano postino. Lontano, verso lorizzonte, oltre la fine della strada dove un ristorante fatto di minuscoli puntini colorati ha appena spento la sua insegna, un mulino gira lentamente le sue pale mentre uno stormo di corvi neri si staglia alto nel cielo notturno. Ho capito finalmente cosa mi sta succedendo, nulla di pi normale in fondo. Alla fine, dopo tanto vagare, sono entrato davvero nei quadri di Vincent e, tutto attorno a me, lesplosione della sua tavolozza mi avvolge e mi protegge come fosse una calda coperta di lana. Adesso non ho pi paura e anche il mio cuore si placato. Riprendo la mia ricerca perch ora so dove andare. L, oltre il mulino, c un magnifico campo di grano inondato dal blu della notte stellata. Quando arrivo miagolo il mio saluto e Vincent, seduto con le braccia strette attorno alle ginocchia si gira verso di me guardandomi con dolcezza. I suoi occhi sono umidi, come se avesse appena finito di piangere ma forse solo colpa dellaria fredda della sera Visto Crayon, mi dice con la sua voce sottile hai visto come bello qui? In questo campo di grano potrebbe starci racchiuso tutto il mondo. Io,te, i miei quadri, la nostra vita a Parigi, perfino il nostro amico Paul. Forse il mondo intero solo un immenso campo di grano. Io lo guardo con la testa storta e i baffi arricciati e penso che non sono proprio sicuro che abbia ragione lui ma chi lo pu sapere. Decido di accoccolarmi nel suo grembo e mentre la sua mano mi accarezza dietro le orecchie, comincio a fare le fusa. L, sprofondato nel calore di Vincent, lunica cosa che riesco a pensare che mi chiamo Crayon, sono un gatto e nel mio nome racchiuso il destino del mio padrone e qui, in questa notte stellata, con questo profumo di grano che mi inonda come il mare dagosto, si sta proprio bene.

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