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LE BESTIE DELLA NECROPOLI 1. Ho sempre creduto nel principio di conservazione della propria identit culturale.

Da quando gli influssi nefasti del neoliberismo hanno iniziato a cancellare int eri spazi sociali con il loro immenso bagaglio di tradizioni, trasformando etnie e gruppi eterogenei di tutto il globo in miserabili consumatori, io ho scelto d i conservare la loro memoria fatta di storie, usanze, folklore e credenze religi ose. L'idealismo un mio innato difetto, estremizzato da una felice infanzia pass ata ascoltando i racconti dei nonni, le loro avventure di giovent, cos cariche di elementi bizzarri e surreali neanche fossero uscite da un libro di Jodorowsky. A llora, seguendo il mio istinto, ogni tanto riponevo gli abiti di professore di e tnologia,etnomusicologia e storia delle tradizioni popolari presso la sede roman a della Miskatonic University, e diventavo un avventuriero che girava il mondo , continente dopo continente, sovvenzionato dall'ingente eredit toccatami in sorte dopo la tragica morte dei miei amati genitori. Non c' stato suolo, remoto o batt uto dal piede dell'uomo che io non abbia visitato, sapendo con precisione chirur gica, dove e cosa cercare. Il mio bagaglio di memorie si fatto sempre pi ricco e pesante dopo tanti anni di costruttivo nomadismo. Mi vengono in mente alcune del le mie ricerche pi interessanti, tanto per darvi un'idea di quanto la passione ab bia condizionato il mio cammino: in Sudafrica, ho raccolto, catalogato e digital izzato le fiabe degli sciamani, prima che questi si trasformassero in colletti b ianchi della middle class emergente o venditori di souvenir, obbedendo alle legg i di mercato e non pi agli spiriti dell'animismo. In Cile, girando tutti i vecchi porti attorno Santiago, ho registrato le canzoni dei capi barca, i patron de pe sca, che fino a poco tempo fa sfidavano l'oceano coi loro piccoli pescherecci a caccia di sugarelli ed anchovetas, prima che le mostruose navi frigorifero delle multinazionali gli togliessero il lavoro depredando il mare. Ho vissuto in Tran snistria, in mezzo ad una comunit di criminali siberiani, per scoprire e cataloga re gli infiniti codici incisi sulla loro pelle sotto forma di criptici tatuaggi. E mi sono spinto anche nell'impervio deserto del Negev, per filmare i complessi riti di iniziazione dei beduini senza patria , non riconosciuti dal governo isr aeliano, prima che venissero sterminati dai droni. Sono insomma riuscito a crear e un patrimonio culturale di grande spessore e come atto d'amore finale verso la condivisione della conoscenza,l'ho messo a disposizione di tutti grazie alla Re te, che mi ha permesso di creare la pi grande opera di copyleft di tutta l'etnogr afia contemporanea. Dicevo che ho creduto fortemente nella conservazione della memoria umana partend o da quel microcosmo fatto di parole, leggende, riti, letteratura e tradizione o rale, iconografia e scrittura. Ma,e qui arriviamo al punto cruciale e dolente de l mio discorso, questa convinzione , nell'arco di un maledetto giorno e in quell i a seguire, stata completamente sovvertita dopo che , nel corso di un evento in atteso, sono precipitato in un mondo parallelo dove eventi inconcepibili mi hann o condotto attraverso percorsi ignoti, che mai avrei voluto esplorare e che mai mi sarei sognato di scoprire, maledicendo, ad ogni nuovo passo verso il baratro della follia, quella subdola serendipit che mi ha condotto al loro cospetto. Dopo che la mia mente razionale ha vacillato di fronte agli orrori millenari che certi luoghi e certe storie si portano dietro, come un lugubre fardello, ho ini ziato a sperare sempre piu intensamente che la globalizzazione , con tutta la su a forza omologatrice riuscisse a spazzar via ogni traccia del nostro passato. Me glio non sapere, meglio essere persone devote solo agli dei moderni del consumo di massa, dell'ignoranza generata dall'intrattenimento frivolo e privo di conten uti culturali dei media. Meglio dimenticare ci che eravamo, meglio essere numeri piuttosto che nomi, anzich conoscere, nel profondo, gli incubi antichi e minaccio si che infami narratori hanno mantenuto in vita fino al loro rivelarsi, davanti ai miei increduli occhi. Mostruosit perverse che ancora mi tormentano perch sono p ulsanti , reali ma soprattutto gravano pericolosamente sulle nostre povere anime

, pronte a scatenarsi quando i tempi saranno maturi. Tutto ebbe inizio l'estate scorsa quando ricevetti una telefonata da un mio amic o archeologo, il dott. Tommaso Desideri, responsabile del polo museale di Alba F ucense, vicino L'aquila.Tommaso palesemente emozionato a giudicare dal tono dell a voce, mi chiese con di andarlo a trovare al pi presto perch aveva bisogno di una consulenza circa una casuale ma stupefacente scoperta su cui lui e il suo team stavano lavorando da pochi giorni. Sinceramente rimasi stupito dal fatto che nec essitasse delle mie competenze per comprendere la natura di un ritrovamento arch eologico dove il lavoro congiunto di specialisti nel settore come loro poteva da re un quadro d'insieme serio ed esauriente. Ma l'amico mi disse che lo scavo ave va portato alla luce anche una serie di interrogativi e misteri senza precedenti che potevano essere svelati solo attingendo alla superstizione e al folklore lo cale,praticamente ed inequivocabilmente il mio campo d'azione. Dal momento che non avevo altri viaggi in programma, le lezioni universitarie er ano finite ed avevo supervisionato tutte le tesi dei miei laureandi, mi presi un a settimana di riposo e partii nuovamente all'avventura, spinto da una profonda curiosit e dal desiderio di cimentarmi in qualcosa di diverso dalla normale routi ne dell'ateneo. Il sito archeologico si trovava nello sperduto Cicolano, una zona a Nord del Laz io situata a pochi chilometri dall'uscita per la Valle del Salto percorrendo l'a utostrada Roma L'Aquila. Ad esser precisi esso era ubicato nel centro di un brul lo altopiano circondato da colline boscose, che veniva comunemente chiamato "Cam marone" dagli abitanti del luogo. Per accedervi, una volta lasciata la strada as faltata, bisognava abbandonare forzatamente l'auto e proseguire a piedi lungo un sentiero polveroso, pieno di buche dovute alla scarsa manutenzione, delimitato ai lati da un'alternanza di rovi secchi e bassi muretti di pietre rozzamente lev igate, che serpeggiava in mezzo a splendidi campi di grano. Trascorsa una buona mezz'ora di cammino senza aver incontrato anima viva eccetto qualche sinistra cornacchia, arrivai nel sito e fui calorosamente accolto da To mmaso che mi attendeva con ansia. Dopo avermi frettolosamente presentato i suoi tre aiutanti,due ragazzi e una ragazza che praticavano il dottorato, mi mostr con immenso orgoglio la scoperta. Si trattava di un imponente cumulo di terra, ciot toli e pietre altro circa 5 metri con un diametro di 50 metri che si ergeva soli tario in mezzo ai campi di grano. Mi resi subito conto che mi trovavo di fronte ad una struttura la cui architettura non doveva avere confronti in ambito penins ulare. Il lato destro risultava intatto cio non scavato mentre sul sinistro la co pertura di sassi e terriccio era stata rimossa dagli archeologi rivelando una co struzione fatta di dodici costolature radiali composte da pietre megalitiche dis poste ad intervalli regolari con un perimetro in lastroni squadrati di calcare s curo. Sopra ogni costolatura vi erano dei cubicoli scavati nella pietra che cont enevano scheletri umani ben conservati. Ognuno di essi aveva nella propria sepol tura un corredo funebre consistente in uno scudo di ferro ellittico di piccole d imensioni, spade corte dall'elsa a croce, punte di lancia o di freccia seghettat e o a forma di tridente e poi una serie variegata di fibule, vasi votivi, monili e statuette varie. Proprio queste ultime attirarono la mia attenzione perch a co lpo d'occhio compresi che erano loro, pi che la misteriosa necropoli, il motivo d ella mia presenza in quei luoghi. Il fatto, invece di darmi il sottile piacere e sercitato dal fascino della scoperta, mi gett invece addosso un profondo ed inspi egabile senso di inquietudine. Mi chinai sulla sepoltura e presi in mano una di quelle statuette,ritraenti tutte lo stesso soggetto, la ripulii per bene e inizi ai ad esaminarla con muto stupore. Misurava intorno ai 20 centimetri ed era arti sticamente parlando, di fattura assai raffinata, del tutto aliena alla rozzezza degli altri arnesi da guerra ivi presenti. Anzi totalmente estranea a qualsiasi esempio di scultura che le mie modeste conoscenze nel campo della storia dell'ar te mi consentissero di ricordare. Ne tantomeno il soggetto cos blasfemo e folle m i permetteva di fare associazioni con qualcosa di simile in ambito mitologico, n onostante fossi un esperto di Bestiari antichi. Rappresentava un essere mostruos o vagamente antropomorfo, composto da un tronco cilindrico sormontato da una fit ta massa di tentacoli sui quali si aprivano oscenamente quelle che parevano picc

ole bocche dentate. Nella parte inferiore invece si trovavano tre corte zampe mu nite di zoccoli caprini. Quella mostruosit, che trasudava inumana e spaventosa ca ttiveria, era poggiata su un blocco rettangolare simile ad un altare , fitto di strani ed indecifrabili segni e sembrava stesse in una grottesca posizione di at tacco, quasi attendesse di assalire il suo possessore. L'oggetto appariva antico , molto pi del resto dei ritrovamenti, anzi era permeato di una natura millenaria che fuoriusciva prepotente da ogni scalfitura. Il materiale di cui era costitui to poi, rappresentava un ulteriore enigma. Si trattava di una pietra di colore n ero-verdastro, che presentava anche striature e piccole macchie dorate oppure ir idescenti, sicuramente di natura meteorica, comunque esule da ogni minerale cono sciuto. La pietra pareva emanare una strana impercettibile vibrazione e, sicuram ente per effetto della suggestione , pensai allora scioccamente, mi sembrava che quella vibrazione attraversasse rapidamente il mio corpo raggiungendo il cervel lo per evolversi in qualcosa di diverso, una sorta di sonorit ancestrale , simile ad un inquietante rumore bianco che proveniva dagli interstizi del tempo e dell o spazio

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