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Utente e-GdP: solaro - Data e ora della consultazione: 27 giugno 2012 22:31

GIORNALEdelPOPOLO SABATO 9 GIUGNO 2012

Cultura 27

MOSTRA:

Due grandi voci vere della cultura italiana del XX secolo

Il destino di Pasolini e Testori: riconoscersi senza incontrarsi


Casa Testori a Novate Milanese accoglie una mostra dedicata al grande corsaro della cultura italiana. In essa propone con discrezione una parentela con Giovanni Testori, inserendo entrambi nella genealogia degli inventori della nostra lingua, che attraverso Roberto Longhi e Carlo Emilio Gadda, risale fino a Dante.
pagina a cura di IDA SOLDINI
Entrambi hanno fatto della lingua il loro personale campo di battaglia, Testori facendo teatro, Pasolini con il cinema; entrambi hanno trovato nelle periferie delle metropoli nascenti una traccia di quello che il loro desiderio braccava, Testori a Milano, Pasolini a Roma. Hanno vissuto la stessa epoca, combattuto le stesse menzogne, vissuto le stesse passioni ma non si sono mai incontrati. Non sta a noi a sondarne le ragioni, lasciamo la parola a Testori, che le scrive egli stesso (qui a lato nel riquadro che abbiamo chiamato Avvertenza e che i curatori hanno messo allingresso della mostra a Casa Testori). Casa Testori un luogo dalla spiccata personalit, perch visitandola si ha davvero limpressione di essere ospiti di una famiglia amica: qui Giovanni Testori nato ed a lungo qui ha abitato, e prima di lui qui abit la sua numerosa parentela. Il giardino confina con la fabbrica di tessuti che ancora oggi reca linsegna Testori e Giuseppe Frangi, nipote del poeta, lanima della vivacissima Associazione Giovanni Testori, che riempie di presenze queste 22 stanze. Ospite donore a Casa Testori in questi giorni, e fino al 1 luglio, Pier Paolo Pasolini. Giovanni Agosti e Davide DallOmbra hanno raccolto, e inserito nellitinerario biografico di Pasolini grazie a testimonianze che la mostra pure documenta, i disegni, le opere grafiche giovanili e quelle pi tarde (sotto, un autoritratto degli anni 70), lettere, cartoline (in alto a destra, la cartolina artistica di pittori dipingenti con la bocca o con il piede che Roberto Longhi e Anna Banti inviarono a Pasolini con un accenno piuttosto malevolo nei confronti di Cesare Garboli e Cesare Segre, in seguito a una diatriba dantesca). Non manca neppure una piccola biblioteca delle sue opere, tradotte in tutte le lingue europee, e ancora pubblicazioni e appunti, foto di scena e testimonianze della sua attivit giornalistica e registica. Al piano superiore, una decina di film proiettati in continuo: nellala sinistra quelli visionabili da tutti, nellala di destra alcuni di quelli per i quali Pasolini stato pi volte processato per offesa al pudore, e di conseguenza censurato. Oggi, per la deriva in cui navighiamo, queste censure fanno sorridere per la loro ingenuit. I film di Pasolini, e anche quelli censurati, invece sono autentici gioielli, come di-

avvertenza
Una sorta di silenzio grave e rispettoso ci faceva conoscere ben oltre le convenienze; come se tacitamente avessimo deciso che il limite restasse limite e il precipizio ce lo consumassimo ognuno di noi, nei nostri diversi modi, senza farcelo reciprocamente esplodere davanti.
GIOVANNI TESTORI

ce lui stesso in una lettera di straordinaria bellezza dellestate del 1969 pure esposta in mostra che scrisse a Maria Callas, protagonista della sua Medea, e che riprendiamo nella sua integralit (in basso, a destra). La mostra documenta infatti ampiamente lamicizia che, oltre alla collaborazione artistica, leg Pasolini appunto a Maria Callas, come pure a Laura Betti, la quale ne raccolse dopo la sua morte, leredit in un archivio. La visita si conclude con un incontro con Pasolini vivo, che in un documentario della RAI girato pochi mesi prima della sua morte elogia larchitettura fascista di Sabaudia, la citt laziale costruita per volont di Mussolini sulle ex paludi dellAgro Pontino, da lui stesso bonificate. Ci

troviamo qui nella stanza dei paradossi, perch incontriamo Pasolini vivo e ne ascoltiamo la voce, ma nello stesso tempo questa la stanza dei morti: qui i defunti della famiglia Testori venivano vegliati, e qui troneggia dal muro il necrologio che Giovanni Testori scrisse per Pasolini (che pubblichiamo qui sotto, a sinistra con il titolo originale A rischio della vita). Pasolini fu uno strenuo oppositore di quello che chiamava il fascismo, ed era talmente libero da riconoscerlo al di l delle sue incarnazioni politiche. Sabaudia non affatto fascista, dice, malgrado le sue origini, ma il brutto potere che la societ dei consumi ha scatenato sullItalia contadina e artigiana, quello lo . Ma non questo lultimo dei paradossi: Testori testimonia nel suo

Sopra Casa Testori. Sotto, a sinistra, il testo che Testori scrisse per la morte di Pasolini; a destra lettera dello stesso Pasolini a Maria Callas.

scritto di aver incontrato Pasolini sparatutto nella sua solitudine, nella sua disperazione, nella constatazione della propria impotenza a soddisfare un desiderio che coincide con il fondo dellessere, con la propria generazione, con il proprio totale desiderio di vita.
Pasolini a casa Testori, mostra a cura di Davide DallOmbra e Giovanni Agosti. Fino al primo luglio. Orari: marted-venerd 18-22; sabato 1023; domenica e festivi 10-20. Scuole e gruppi: apertura anche fuori orario, su prenotazione. Il 16, il 17 (ore 15) e il 21 giugno (ore 19), ci sono ancora posti disponibili per visite guidate. Informazioni e prenotazioni: tel. 0039 02 55 22 98 375; Novate Milanese, Largo A. Testori 13, incrocio tra via Dante e via PIave.

A rischio della vita: le ragioni dellatroce morte di Pasolini


Sullatroce morte di Pasolini s scritto tutto; ma sulle ragioni per cui egli non ha potuto non andarle incontro, penso quasi nulla. Cosa lo spingeva, la sera o la notte, a volere e a cercare quegli incontri? La risposta complessa, ma pu agglomerarsi, credo, in un solo nodo e in un solo nome: la coscienza e langoscia dellessere diviso, dellessere soltanto una parte dl ununit che, dal momento del concepimento, non pi esistita; insomma, la coscienza e langoscia dellessere nati e della solitudine che fatalmente ne deriva. La solitudine, questa cagna orrenda e famelica che ci portiamo addosso da quando diventiamo cellula individua e vivente e che pare privilegiare coloro che, con un aggettivo turpe e razzista, si ha labitudine di chiamare diversi. Allora, quando il lavoro finito (e, magari, sembra averci ammazzati per non lasciarci pi spazio altro che per il sonno e magari neppure per quello); quando ci si alza dai tavoli delle cene perch gli amici non bastano pi; quando non basta pi nemmeno la figura della madre (con cui, magari, s ingaggiata, scientemente o incoscientemente, una silenziosa lotta o intrico dodio e damore) e si resta l, soli, prigionieri senza scampo, dentro la notte che negra come il grembo da cui veniamo e come il nulla verso cui andiamo, comincia a crescere dentro di noi un bisogno infinito e disperante di trovare un appoggio, un riscontro; di trovare un qualcuno; quel qualcuno che ci illuda, fosse pure per un solo momento, di poter distruggere e annientare quella solitudine; di arrivano; e anche se arrivassero, torno a ripetere che il bisogno di vincere quellangoscia risulterebbe ancora pi forte e ci vieterebbe dintendere. Si parte; e non si sa dove sarriva. Per sere e sere, una volta avvenuto lincontro, lillusione riprecipita in se stessa. Ma nella liberazione fisica s ottenuta una sorta di momentanea requie; o pausa; o riposo. La sera seguente tutto riprende; giusto come riprende il buio della notte. E cos gli anni passano. La distanza dal punto in cui lunit perduta diventata coscienza si fa sempre maggiore, mentre sempre minore diventa quella che ci separa dal reingresso finale nella "nientit" della morte; e dalle sue implacabili interrogazioni. Le ombre, allora, sallungano; pi difficile si rende la possibilit che quellincontro infinite volte cercato, finalmente si verifichi; pi difficile, ma non meno febbricitante e divorante. La vicinanza della morte chiama ancora pi vita; e questo pi o troppo di vita che cerchiamo fuori di noi, in quegli incontri, in quegli occhi, in quelle labbra, non fa altro che avvicinare ulteriormente la fine. Cos chi ha voluto veramente e totalmente la vita pu trovarsi pi presto degli altri dentro le mani stesse della morte che ne far strazio e ludibrio. A meno che il dolore non insegni la "via crucis" della pazienza. Ma una cosa che il nostro tempo concede? E a prezzo di quali sacrifici, di quali attese o di quali terribili e sanguinanti trasformazioni o assunzione di quegli occhi e di quelle labbra?
GIOVANNI TESTORI

Cara Maria, terribile sentirsi spezzati


Cara Maria, Stasera, appena finito di lavorare, su quel sentiero di polvere rosa, ho sentito con le mie antenne in te la stessa angoscia che ieri tu con le tue antenne hai sentito in me. Unangoscia leggera, leggera, non pi che unombra, eppure invincibile. Ieri in me si trattava di un po di nevrosi: ma oggi in te cera una ragione precisa (precisa fino a un certo punto, naturalmente) ad opprimerti, col sole che se ne andava. Era il sentimento di non essere stata del tutto padrona di te, del tuo corpo, della tua realt, di essere stata "adoperata" (e per di pi con la fatale brutalit tecnica che il cinema implica) e quindi di aver perduto in parte la tua totale libert. Questo stringimento al cuore lo proverai spesso, durante la nostra opera: e lo sentir anchio, con te. terribile essere adoperati, ma anche adoperare. Ma il cinema fatto cos: bisogna spezzare e frantumare una realt "intera" per ricostruirla nella sua verit sintetica e assoluta, che la rende poi pi "intera" ancora. Tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per poter essere ricostruita di un materiale pi duraturo di quello della vita, cio il materiale della poesia. appunto terribile sentirsi spezzati, sentire che in certo momento, in una certa ora, in un certo giorno, non si pi tutti se stessi, ma una piccola scheggia di se stessi: e questo umilia, lo so.

Autoritratto di Pasolini.

poter ricomporre quellunit lacerata e perduta. Gli occhi, quegli occhi; la bocca, quella bocca; i capelli, quei capelli; il corpo, quel corpo; e linesprimibile ardore che ogni essere giovane sprigiona da s, come se in esso la coscienza di quella divisione non fosse ancora avvenuta, come se lui, proprio lui, fosse laltra parte che da sempre ci mancata e ci manca. Mettere di fronte a queste disperate possibilit e a queste disperate speranze il pericolo, fosse pure quello della morte, non ha senso. Io penso che non sabbia neppure il tempo per fare d questi miseri calcoli; tanto violento il bisogno di riempire quel vuoto e di saldare o almeno fasciare quella ferita. Del resto, chi potrebbe segnalarci che dentro quegli occhi, dentro quella bocca, quei capelli e quel corpo, si nasconde un assassino? Nella mutezza del cosmo queste segnalazioni non

Maria Callas e Pasolini in fuga dai paparazzi a Napoli, settembre 1970.

Io oggi ho colto un attimo del tuo fulgore, e tu avresti voluto darmelo tutto. Ma non possibile. Ogni giorno un barbaglio, e alla fine si avr lintiera, intatta luminosit. C poi anche il fatto che io parlo poco, oppure mi esprimo in termini un po incomprensibili. Ma a questo ci vuol poco a mettere rimedio: sono un po in trance, ho una visione o meglio delle visioni, le "Visioni della Medea": in queste condizioni di emergenza, devi avere un po di pazienza con me, e cavarmi un po le parole con la forza. Ti abbraccio

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