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Utente e-GdP: solaro - Data e ora della consultazione: 28 gennaio 2012 12:00 22 Cultura

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GIORNALEdelPOPOLO

SABATO 28 GENNAIO 2012

GIORNATA EUROPEA DELLA MEMORIA

Incontro con la scrittrice Nava Semel

Ricordare e narrare la storia per poter costruire il futuro


Durante lincontro che si svolto mercoled a Lugano, stato presentato il libro E il topo rise, protagonista una bambina ebrea salvata da un prete cattolico. Ed stata data una commovente risposta sul perch sia necessario raccontare anche lorrore.
di IDA SOLDINI Perch fare memoria del dolore, o addirittura dellorrore? Non meglio scordare tutto, anzi non forse necessario dimenticare per poter vivere? Mercoled scorso al Palazzo dei Congressi di Lugano stata data una commovente risposta a questa domanda: necessario, anzi possibile, ricordarsi anche dellorrore quando si ama. Qualsiasi orrore sconfitto se nel rapporto fra due esseri umani uno pu raccontarlo e laltro ascoltarlo, aprendo cos unimprevista possibilit di vita. In occasione della Giornata Europea della Memoria 2012 lAssociazione Svizzera-Israele e lAssociazione Scrittori della Svizzera Italiana hanno invitato la scrittrice israeliana Nava Semel a presentare il suo ultimo libro E il topo rise, il cui protagonista la storia. un qualcosa che vive quasi di vita propria nella mente della protagonista, qualcosa che intreccia il pensiero fantasioso con cui la sua nipotina colma le lacune del non-detto, qualcosa che lascia tracce indelebili anche dopo una catastrofe planetaria, e si trasforma in mito, in videogioco, in sogno, per poi ridiventare la testimonianza della verit in un diario. un libro forte e poetico, violento e delicato. Nava Semel vuole dar voce a quelli che non hanno potuto o non hanno voluto raccontare la loro storia. Tramite la narrazione lautrice compie una complessa analisi del processo della memoria: in un imprecisato luogo della Polonia, una bambina ebrea di cinque anni viene calata in un pozzo per sfuggire alla cattura e alla morte. E qui far esperienza di un male pi quotidiano e prossimo di quello pianificato e organizzato nei campi di sterminio: la violenza che le usa un ragazzo di qualche anno pi grande di lei. Una violenza non meno terribile, mentre a far da testimone resta solo un topo con cui la piccola condivide le briciole del proprio cibo. Verr salvata dal prete cattolico del villaggio, che oltre a curarne le ferite fisiche, in una condivisione quasi materna la riporta alla vita, e infine ha la forza di separarsi da lei malgrado le sue proteste per restituirla al suo popolo. Scriver in un diario, nel quale si rivolge sempre a Dio: Tu hai perso un Figlio, io ora ho perso una figlia. E Nava Semel ha sottolineato durante la presentazione: un alto prezzo quello pagato dai giusti che hanno salvato degli ebrei, e non sempre ce ne siamo resi conto. Questa la mia missione di scrittrice: rendere omaggio a coloro che stesero le loro mani a chi aveva bisogno. La ragione della mia gratitudine bene espressa da un detto ebraico: chi salva anche una sola persona, salva un mondo intero. Gabriella Moscati Steindler ha autorevolmente intervistato Nava Semel. Riportiamo alcuni brani del suo contributo: un libro dai molteplici punti di vista, dalle molteplici voci, dai molteplici protagonisti che cercano di mettere a fuoco la storia. E si comprende quanto possa essere traumatico far rivivere la memoria. Questo trauma quello che ha impedito ai sopravvissuti della Shoah tornati in Israele di raccontare: molti hanno preferito rimuovere il passato. lecito o no ricordare questo passato? Theodor Adorno ha detto: Dopo Auschwitz scrivere poesie un atto di barbarie. Aharon Appelfeld dice invece che s, questo forse vero, ma che lessere umano debole e ha bisogno di ricordare. Nel canone biblico poi si ricorda la distruzione di Gerusalemme e vi sono poemi bellissimi in cui sono cantati i lutti di cui la storia dIsraele costellata. Chi ha dato veramente voce ai sopravvissuti sono stati i figli. I figli hanno cominciato a interrogare i genitori, e hanno cominciato a raccoglierne i racconti. Nava Semel aveva raccontato ne Il cappello di vetro la sua personale esperienza: Per la prima volta a ventisei anni, dopo aver avuto il mio pri-

dimmi u n l i b ro
di Michele Fazioli

Buzzati lass sulle montagne


Dino Buzzati I fuorilegge della montagna Oscar Mondadori

Nava Semel. A sinistra con il presidente dellASI, sez. Ticino, Adrian Weiss. (Foto Fiorenzo Maffi)

mo figlio, interrogai mia madre, e le chiesi Come ti sei salvata? Prima per me la Shoah, pur conoscendo a menadito il dato storico perch ci viene insegnato a scuola e fa parte della cultura in cui vivo, era un che di generico, di impersonale. La mamma attese che noi figli fossimo cresciuti, lasciando come congelato il suo tempo, ma cap che era necessario parlare quando ebbe visto nascere i nipoti, perch la vita invece continuava. La professoressa Moscati si stupisce: com possibile che una madre di cinque figli, ebrea, si identifichi con un sacerdote cattolico fino a scriverne il diario? E la signora Semel con semplicit ha risposto: Scrivere questa parte del libro identificandomi con lui stato un grande dono, perch il cristianesimo non mi lontano. Ne sono infatti sempre stata affascinata, fino a studiare larte medioevale cristiana alluniversit. I cristiani sono i nostri fratelli minori. Per anni ho vissuto una doppia vita: in certi momenti ero la mamma che va a prendere i bambini allasilo, e subito dopo ero impegnata a imparare il latino, la storia dei santi polacchi e tutti i particolari del culto di Maria. Don Stanislao, il personaggio del mio romanzo, sente i contadini dire che gli ebrei vengono deportati con i treni. Lui tiene con s una ragazzina ebrea, e vuole salvarla in quanto ebrea. Per lui la sorellina minore di Cristo. A un certo punto racconta un sogno: nella fila dei disgraziati che stanno davanti alla camera a gas, vede Cristo e Maria che vengono spogliati e poi vi entrano a loro volta. Rosanna Ottolenghi che ha introdot-

lAssociazione ASI
La serata La responsabilit della memoria stata organizzata dallAssociazione Svizzera Israele Ticino ASI (in collaborazione con lASSI Associazione degli Scrittori della Svizzera italiana). LASI ha come scopo di far conoscere nella Svizzera Italiana Israele come popolo, come giovane nazione e come cultura plurimillenaria, nella convinzione che si tratta di una ricchezza appartenente a tutti e che necessario conservare, a dispetto delle tendenze distruttive che periodicamente ricompaiono sulla scena mondiale. www.asiticino.org.

to e condotto la serata interviene dimpeto: Vedete che trionfo di storie mai la giornata della memoria? Noi siamo legati alle storie, noi non vogliamo lasciare andare le nostre storie. Noi vogliamo che contribuiscano ad uninterpretazione vera della realt. Aggiungo solo che ho chiesto laltro giorno a mio figlio Michele di 18 anni, tutto perso nei suoi film, nei corsi alluniversit, gli amici, le feste: Cosa significa essere ebreo?. E mi ha risposta: una grande responsabilit. S, una grande responsabilit, ricordare la storia per costruire il futuro. E il foltissimo pubblico, che la signora Ottolenghi aveva allinizio pregato di fare un minuto di silenzio per ricordare i morti, tornato a casa sapendo di avere partecipato non solo a una serata di altissima levatura culturale, ma alla vita stessa del popolo ebraico.

Quarantanni fa moriva Dino Buzzati. Uno scrittore importante, un grande giornalista. Qui parlo di una novit che lo riguarda ma naturalmente si dovrebbero leggere o rileggere i suoi libri ormai classici. Per esempio Il deserto dei Tartari, lucidissima narrazione quasi metafisica del concetto dellinquieta attesa delluomo, del suo sogguardare se mai avanzi da lontano la temuta sagoma del nemico, del mistero. Oppure Un amore, storia dura e tenera di un amore ossessivo, sbagliato ma non per questo meno intenso, doloroso come un piacere che morde il cuore. Io poi da anni raccomando i racconti, che sono splendidi, spesso brevi e crudi come un pugno, spesso ironicamente dolci, spesso pieni di mistero. Ci sono in giro parecchie raccolte, una molto buona Il meglio dei racconti di Dino Buzzati, Mondadori. Ora per appena uscito un cofanetto con due volumi che raccolgono i moltissimi scritti che Dino Buzzati dedic alla montagna, suo grandissimo amore. E si tratta di racconti tipicamente buzzatiani, e poi articoli, cronache di salite, sciate, arrampicate sue ma anche di grandi alpinisti, fra cui quelle del suo amico Walter Bonatti. E ci sono riflessioni profonde, disquisizioni di tecnica alpinistica, ricordi di uomini, imprese, cime sognate, toccate, corteggiate. Ha curato i volumi e la bella introduzione Lorenzo Vigan, il quale dice come la passione di Buzzati per la montagna sia stata totalizzante per tutta la vita. A quattordici anni Dino gi compone un inno suo, La canzone alle montagne (purissime nelle albe violacee/frementi negli arrossati tramonti) e a diciassette scrive a un amico: Ora mi sembra di non poter essere felice che sulle montagne e di non desiderare che quelle. Moltissimi anni pi tardi, pochi mesi prima di morire, gi malato, Dino Buzzati vuole tornare a rivedere le sue amatissime Dolomiti: ad un tratto ho visto risplendere lontanissime al nord le montagne di vetro, pure, supreme, dove mai pi (salir); cari miraggi di quandero ragazzino rimaste intatte ad aspettarmi e adesso tardi, adesso non faccio pi in tempo. Le Dolomiti per Buzzati erano un desiderio, quasi una metafora dellineffabile destino delluomo, del suo anelito di senso e di mistero. Le descrisse a parole, le dipinse, le am nel loro colore inafferrabile: pi che un colore preciso si tratta di unessenza, forse di una materia evanescente che dallalba al tramonto assume i pi strani riflessi, grigi, argentei, rosa, gialli, purpurei, viola, azzurri, seppia. Ma poi Buzzati parla anche delle Alpi, dellHimalaya (la drammatica conquista del K2) di tutto quel mondo alto e verticale e faticosamente raggiungibile e limpido e puro, offerto alla piccolezza delluomo come per dargli un assaggio enigmatico di infinito, di desiderio totale di bellezza. Il rapporto di Buzzati con la montagna un rapporto damore e ha qualcosa di sublime che va oltre lalpinismo e i panorami.

il palchetto

di GILBERTO ISELLA

FRANCO RELLA, DENTRO IL TRAGICO MODERNO


Lopera letteraria o pittorica, che fa ricorso sia allimmaginazione che alla concretezza del rappresentare, capace di produrre pensiero? Se s, in che modo? E la filosofia, impegnata a interpretare il mondo mediante concetti e astrazioni, disposta a concedere qualcosa alla descrizione o al pathos, e questo per non perdere di vista il sensibile, lo spessore del vissuto? Sono domande che gi assillavano Leopardi, e che nella sua opera in versi e in prosa hanno trovato risposte magistrali. Non c grande scrittore o artista, daltronde, da Platone a Nietzsche, che non si sia posto interrogativi del genere. Con la consueta sagacia precorritrice Leonardo da Vinci affermava che la pittura allo stesso tempo scienza e figurazione: Il pittore che ritrae per pratica e giudizio docchio, sanza ragione, come lo specchio, che in s imita tutte le contrapposte cose sanza cognizione desse. Dobbiamo poi, sul piano generale, ricordare Tommaso dAquino: Il motivo per cui il filosofo viene paragonato al poeta che entrambi hanno a che fare con lo stupore. Su questo territorio problematico muovono anche le riflessioni di Franco Rella, una delle figure pi brillanti del pensiero italiano doggi e autore prolifico di saggi interdisciplinari (ricordiamo, per citare il pi noto, Miti e figure del moderno, del 1993), nei quali egli non smette di interrogare le zone di frontiera o dintersezione tra filosofia, arte e letteratura. Qualche mese fa uscito il volume dal titolo rivelatore Interstizi (Feltrinelli, 2011): Tutto il mio lavoro, da sempre, si situato nello spazio che si apre ai confini della filosofia e della letteratura, o meglio tra il pensiero filosofico e larte in generale. mia convinzione che in questo spazio si siano proposte le forme pi radicali e significative del pensiero. Ma come conciliare poesia e filosofia, quando Platone sembrava aver tranciato in modo definitivo la faccenda bandendo artisti e poeti dalla polis, a causa del fatto che larte mistifica, non restituendoci che una brutta copia, unombra della realtidea? Platone invece un immenso creatore di miti e narrazioni, commenta Rella; non solo, ma nellultima opera tramandata, Le Leggi, il filosofo greco arriva persino a contraddire le precedenti tesi, con lammettere che legislatori e poeti sono solidali nel narrare la tragica verit della costituzione politica. Ed appunto la dimensione tragica della vita, dove il senso dellessere e del destino si presenta nelle forme pi inquietanti, a permettere lincontro tra filosofia e poesia. Rella equipara questo senso radicale dellumano a un centro oscuro verso il quale poeti e filosofi vengono trascinati dalla forza stessa che nella scrittura. I sentieri per raggiungerlo possono essere diversi, ma c la garanzia che in un punto o nellaltro finiranno con lintrecciarsi, poich, come dice Adorno chiamato in causa dallautore, lo spazio estetico ha una incomparabile rilevanza metafisica. Sembra logico che, avventurandosi di preferenza nelle plaghe del tardomoderno, nel dopo-Auschwitz per usare unespressione dello stesso Adorno, Rella colga dentro la tragicit dellessere al mondo asprezze mai prima conosciute, e ponga perci laccento sugli aloni di senso pi enigmatici e rappresentativi della nostra epoca: lassurdo, il silenzio, lindicibile della morte. Quello che viene portato in scena un repertorio di vertigini e incubi fisici e metafisici. Vi incontriamo il cuore di tenebra di Conrad-Coppola, lesilioerranza di Kafka e Broch, il balbettio beckettiano sul nulla, la disperazione del Doctor Faustus di Mann, ma anche per passare allarte visiva il taglio di Fontana, limpenetrabile cortina di Rothko. Altrettanti emblemi drammatici dei nostri tempi.

Nel 1979 esce Apocalypse now di Francis Ford Coppola. Il cuore di tenebra il Vietnam, ma questo, paradossalmente, non importante. Sembra che Coppola, Michael Herr e John Milius, che hanno collaborato alla sceneggiatura, abbiano davvero esplorato la tenebra e abbiano capito che, dopo Auschwitz e dopo Hiroshima, il conflitto si spinge ormai al sacrificio totale, allannientamento delluomo stesso. Sterminare i bruti aveva scritto il Kurtz di Joseph Conrad, sterminateli tutti scrive il Kurtz di Coppola nellannotazione che il capitano Willard legge in Apocalypse now. Lapocalisse non futura, forse non nemmeno ora, forse gi avvenuta, e il sacrificio di Kurtz, che proposto appunto come un atto sacrificale in contemporanea con larcaico sacrificio di un animale, non risolve il conflitto. Willard diventa Kurtz. Non sar pi come prima: nulla sar pi come prima avendo ormai preso coscienza di una volont di annientamento che abita il mondo, di cui abbiamo ogni giorno nuovi esempi. Una sequenza di olocausti che hanno fatto seguito allolocausto di Auschwitz, in una catena infinita, ininterrotta, ancora attuale.

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