Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
+
GIORNALEdelPOPOLO
dimmi u n l i b ro
di Michele Fazioli
Nava Semel. A sinistra con il presidente dellASI, sez. Ticino, Adrian Weiss. (Foto Fiorenzo Maffi)
mo figlio, interrogai mia madre, e le chiesi Come ti sei salvata? Prima per me la Shoah, pur conoscendo a menadito il dato storico perch ci viene insegnato a scuola e fa parte della cultura in cui vivo, era un che di generico, di impersonale. La mamma attese che noi figli fossimo cresciuti, lasciando come congelato il suo tempo, ma cap che era necessario parlare quando ebbe visto nascere i nipoti, perch la vita invece continuava. La professoressa Moscati si stupisce: com possibile che una madre di cinque figli, ebrea, si identifichi con un sacerdote cattolico fino a scriverne il diario? E la signora Semel con semplicit ha risposto: Scrivere questa parte del libro identificandomi con lui stato un grande dono, perch il cristianesimo non mi lontano. Ne sono infatti sempre stata affascinata, fino a studiare larte medioevale cristiana alluniversit. I cristiani sono i nostri fratelli minori. Per anni ho vissuto una doppia vita: in certi momenti ero la mamma che va a prendere i bambini allasilo, e subito dopo ero impegnata a imparare il latino, la storia dei santi polacchi e tutti i particolari del culto di Maria. Don Stanislao, il personaggio del mio romanzo, sente i contadini dire che gli ebrei vengono deportati con i treni. Lui tiene con s una ragazzina ebrea, e vuole salvarla in quanto ebrea. Per lui la sorellina minore di Cristo. A un certo punto racconta un sogno: nella fila dei disgraziati che stanno davanti alla camera a gas, vede Cristo e Maria che vengono spogliati e poi vi entrano a loro volta. Rosanna Ottolenghi che ha introdot-
lAssociazione ASI
La serata La responsabilit della memoria stata organizzata dallAssociazione Svizzera Israele Ticino ASI (in collaborazione con lASSI Associazione degli Scrittori della Svizzera italiana). LASI ha come scopo di far conoscere nella Svizzera Italiana Israele come popolo, come giovane nazione e come cultura plurimillenaria, nella convinzione che si tratta di una ricchezza appartenente a tutti e che necessario conservare, a dispetto delle tendenze distruttive che periodicamente ricompaiono sulla scena mondiale. www.asiticino.org.
to e condotto la serata interviene dimpeto: Vedete che trionfo di storie mai la giornata della memoria? Noi siamo legati alle storie, noi non vogliamo lasciare andare le nostre storie. Noi vogliamo che contribuiscano ad uninterpretazione vera della realt. Aggiungo solo che ho chiesto laltro giorno a mio figlio Michele di 18 anni, tutto perso nei suoi film, nei corsi alluniversit, gli amici, le feste: Cosa significa essere ebreo?. E mi ha risposta: una grande responsabilit. S, una grande responsabilit, ricordare la storia per costruire il futuro. E il foltissimo pubblico, che la signora Ottolenghi aveva allinizio pregato di fare un minuto di silenzio per ricordare i morti, tornato a casa sapendo di avere partecipato non solo a una serata di altissima levatura culturale, ma alla vita stessa del popolo ebraico.
Quarantanni fa moriva Dino Buzzati. Uno scrittore importante, un grande giornalista. Qui parlo di una novit che lo riguarda ma naturalmente si dovrebbero leggere o rileggere i suoi libri ormai classici. Per esempio Il deserto dei Tartari, lucidissima narrazione quasi metafisica del concetto dellinquieta attesa delluomo, del suo sogguardare se mai avanzi da lontano la temuta sagoma del nemico, del mistero. Oppure Un amore, storia dura e tenera di un amore ossessivo, sbagliato ma non per questo meno intenso, doloroso come un piacere che morde il cuore. Io poi da anni raccomando i racconti, che sono splendidi, spesso brevi e crudi come un pugno, spesso ironicamente dolci, spesso pieni di mistero. Ci sono in giro parecchie raccolte, una molto buona Il meglio dei racconti di Dino Buzzati, Mondadori. Ora per appena uscito un cofanetto con due volumi che raccolgono i moltissimi scritti che Dino Buzzati dedic alla montagna, suo grandissimo amore. E si tratta di racconti tipicamente buzzatiani, e poi articoli, cronache di salite, sciate, arrampicate sue ma anche di grandi alpinisti, fra cui quelle del suo amico Walter Bonatti. E ci sono riflessioni profonde, disquisizioni di tecnica alpinistica, ricordi di uomini, imprese, cime sognate, toccate, corteggiate. Ha curato i volumi e la bella introduzione Lorenzo Vigan, il quale dice come la passione di Buzzati per la montagna sia stata totalizzante per tutta la vita. A quattordici anni Dino gi compone un inno suo, La canzone alle montagne (purissime nelle albe violacee/frementi negli arrossati tramonti) e a diciassette scrive a un amico: Ora mi sembra di non poter essere felice che sulle montagne e di non desiderare che quelle. Moltissimi anni pi tardi, pochi mesi prima di morire, gi malato, Dino Buzzati vuole tornare a rivedere le sue amatissime Dolomiti: ad un tratto ho visto risplendere lontanissime al nord le montagne di vetro, pure, supreme, dove mai pi (salir); cari miraggi di quandero ragazzino rimaste intatte ad aspettarmi e adesso tardi, adesso non faccio pi in tempo. Le Dolomiti per Buzzati erano un desiderio, quasi una metafora dellineffabile destino delluomo, del suo anelito di senso e di mistero. Le descrisse a parole, le dipinse, le am nel loro colore inafferrabile: pi che un colore preciso si tratta di unessenza, forse di una materia evanescente che dallalba al tramonto assume i pi strani riflessi, grigi, argentei, rosa, gialli, purpurei, viola, azzurri, seppia. Ma poi Buzzati parla anche delle Alpi, dellHimalaya (la drammatica conquista del K2) di tutto quel mondo alto e verticale e faticosamente raggiungibile e limpido e puro, offerto alla piccolezza delluomo come per dargli un assaggio enigmatico di infinito, di desiderio totale di bellezza. Il rapporto di Buzzati con la montagna un rapporto damore e ha qualcosa di sublime che va oltre lalpinismo e i panorami.
il palchetto
di GILBERTO ISELLA
Nel 1979 esce Apocalypse now di Francis Ford Coppola. Il cuore di tenebra il Vietnam, ma questo, paradossalmente, non importante. Sembra che Coppola, Michael Herr e John Milius, che hanno collaborato alla sceneggiatura, abbiano davvero esplorato la tenebra e abbiano capito che, dopo Auschwitz e dopo Hiroshima, il conflitto si spinge ormai al sacrificio totale, allannientamento delluomo stesso. Sterminare i bruti aveva scritto il Kurtz di Joseph Conrad, sterminateli tutti scrive il Kurtz di Coppola nellannotazione che il capitano Willard legge in Apocalypse now. Lapocalisse non futura, forse non nemmeno ora, forse gi avvenuta, e il sacrificio di Kurtz, che proposto appunto come un atto sacrificale in contemporanea con larcaico sacrificio di un animale, non risolve il conflitto. Willard diventa Kurtz. Non sar pi come prima: nulla sar pi come prima avendo ormai preso coscienza di una volont di annientamento che abita il mondo, di cui abbiamo ogni giorno nuovi esempi. Una sequenza di olocausti che hanno fatto seguito allolocausto di Auschwitz, in una catena infinita, ininterrotta, ancora attuale.