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STORIA DELLA FARMACOLOGIA

E DEL DOPING

Anno Accademico 2008-2009


Docente: prof. Roberto Leone
E-mail: roberto.leone@univr.it
Cronologia della Scienza - 1 -

Homo habilis Homo erectus Homo sapiens

2.500.000 a.C. 500.000 a.C. 400.000 a.C. 20.000 a.C.

Primi utensili in pietra Utilizzo del fuoco Invenzione della lancia Invenzione dell’arco e
della lucerna ad olio

8.000 a.C. 7.000 a.C. 6.400 a.C. 3.600 a.C.

In Mesopotamia Primi tessuti in Allevamenti di bestiame Invenzione del bronzo


inizia l’agricoltura Turchia in Turchia (fusione di rame e stagno)
 
L’arte di servirsi dei
medicamenti per guarire le
malattie è antica quanto
l’umanità. Ippocrate nel De
Veterum medicina scrive che:
“ipsa necessitas coegit
medicinam inquirere ac invenire”.

In alcuni insediamenti preistorici, Parma, Varese,


Moosseedorf, si sono rinvenuti i semi di Sambucus nigra e
di Sambucus ebulus, che forse venivano utilizzati dall’uomo
primitivo come medicamenti. In effetti nella medicina
popolare il sambuco (in particolare i fiori e le bacche) viene
usato come lassativo, diuretico ed emolliente.
Così come sono stati rinvenuti semi del Papaver somniferum.
Nelle palafitte di Casale,
in quelle di Bourget, che
risalgono all’epoca del
bronzo, si sono trovati i
semi delle prugnole
(Prunus spinosa) con i
quali molto probabilmente
venivano preparate quelle
stesse pozioni e tisane
medicamentose che nel
medioevo Santa Ildegarda
ricorda nel suo ricettario.

Nelle palafitte di Lagozza ed in quelle di Robenhausen si


sono rinvenuti i semi del Chenopodium, noto come purgante.
Cronologia della Scienza - 2 -

3.500 a.C. 3.300 a.C. 1.500 a.C. 530 a.C. 500 a.C.

I Sumeri inventano La ruota in La meridiana Teorema di L’abaco in


la scrittura Mesopotamia in Egitto Pitagora Egitto

470 a.C. 387 a.C. 335 a.C. 300 a.C. 300 a.C.

Il greco Alcmeone Platone fonda Aristotele Biblioteca di Euclide: Gli elementi di


seziona un cadavere la sua Scuola fonda il Liceo Alessandria geometria

298 a.C. 280 a.C. 250 a.C. 240 a.C. 150 a.C.

Nasce a Siracusa Erofilo studia La Scuola medica Eratostene Ipparco


Archimede l’Anatomia di Alessandria calcola la calcola la
circonferenza distanza tra la
terrestre terra e la luna
India: tempi indù sul fiume a Jumna (acquarello del 1795)
Secondo Alberico Benedicenti (Malati, Medici e
Farmacisti. Hoepli 1925, pag. 44) la Farmacologia nacque
in India, nelle rigogliose foreste delle rive del Gange,
come parte integrante della medicina AYURVEDICA.

Nell’antico testo vedico


Sushruta samita la salute viene
definita come quella condizione
nella quale i principi fisiologici
del corpo sono in equilibrio, la
digestione è efficiente, i tessuti
sono in condizione normale le
funzioni escretorie sono regolari
e mente, sensi e spirito sono
pienamente appagati.
I tre principi metabolici (Dosha) che
governano l’organismo umano sono: Vata, il
principio del movimento e dell’attivazione
(SNC, sistema circolatorio, respiratorio e
della locomozione), Pitta il principio della
trasformazione e della termogenesi
(funzioni digestive, metaboliche ed
endocrine) e Kapha il principio della
coesione e della struttura (sviluppo del
corpo, sistema immunitario)

Oltre alle tecniche di purificazione (panchakarma),


meditazione, yoga, terapie nutrizionali e
comportamentali la medicina ayurvedica si avvale
attualmente dell’uso di circa 9000 piante, utilizzate
secondo il principio degli opposti
Negli antichi testi indiani (d’incerta
datazione) sono elencate centinaia di
piante per uso medico. Tra queste
ricordiamo:

La Celtis orientalis (Xajânacim) “il rimedio


della tisi”;

L’Aurum (Arçôghma) “il nemico delle emorroidi”;

Il ricino “che scaccia i venti dell’intestino (Vâtâri) e


guarisce la colica (Çûlaçaku)”, come purganti erano
anche utilizzati il crotontiglio (Rèckala), la cassia, il
turpeto e il tamarindo;
Per indurre il vomito si usavano infusioni di Melia indica
(Tchhardana) o di Calotropis gigantea (Vantidâ);

Come inebrianti e narcotici si


utilizzavano l’oppio, la datura, la noce
vomica, l’aconito, ecc.;

Per la gotta la Poa cynosure (Kuça).

Dal Regno minerale si ricavavano l’antimonio, lo zinco, il


ferro, lo zolfo e l’oro (considerato farmaco
potentissimo). Ma anche i sali di potassa, il salnitro, il
rame, l’arsenico ed il mercurio. “Il medico che conosce
le virtù delle erbe e delle radici è un uomo, quegli che sa
le virtù dell’acqua è un demone, ma colui che sa le virtù
del mercurio è un Dio” (Sushruta Samita).
Dal Regno animale l’orina, lo sterco di vacca, gli
escrementi di rinoceronte, il latte di donna ed il sangue
(consigliato come ricostituente).

Ma ben note erano anche le proprietà tossiche di molte


erbe:
L’averroa, specie di Oxalis (Rudjakana) “l’erba che fa
ammalare”;

La Bambusia arundinacea (Mritjuvidija)


“il seme della morte”;

L’andropogon (Mrinala) “la droga mortale”;

L’oleandro (Kayamâraka) “l’erba che fa morire il cavallo”.


D’altra parte anche Omero (~ 700 a.C.) ci ricorda sia
l’origine dei farmaci che la loro pericolosità:

“....la terra datrice di biade produce moltissimi


farmachi, molti buoni, e misti coi quali molti mortali....”
(Odissea, trad. R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 1972,
libro IV, vv.219-232).
 
Un altro paese con antiche tradizioni farmacologiche è
la Cina.

Secondo la tradizione la farmacologia cinese discende


da Shen Nung (~ 2000 a.C.), l’imperatore che indagò,
provandole su se stesso, il valore terapeutico di alcune
centinaia di erbe.

Si ritiene che abbia scritto il primo erbario cinese, Pen


T-Sao, elencando 365 farmaci. Shen Nung esaminò
molte erbe, cortecce e radici, ricavate da campi, paludi
e boschi, che ancora oggi fanno parte della medicina
tradizionale cinese.
Nel quadro, ai piedi di Shen Nung, sono raffigurate
diverse piante medicinali:
il podofillo usato come stimolante dell’apparato
gastrointestinale, e da cui sono stati ricavati dei
farmaci antitumorali per la sua capacità di ostacolare la
mitosi cellulare;
il rabarbaro (Da Hung) usato come lassativo e
topicamente per le ferite, ustioni e piaghe;
lo stramonio usato come antispastico, antiasmatico,
contro la tosse, l’epilessia, la nevralgia. Pianta
medicinale molto tossica che già a dosi basse provoca
vertigini, sonnolenza, disturbi visivi, ecc.;
la corteccia di cinnamomo (cannella cinese);
il ginseng, e tra le mani del ragazzo, l’Ephedra (Ma
Huang).
GINSENG
 La medicina tradizionale cinese lo impiega nel trattamento
dell’angina pectoris e di altre malattie cardiovascolari per la
sua azione antiaggregante piastrinica. Gli vengono
attribuite proprietà antiossidanti per aumento della
produzione di NO.
 Viene pubblicizzato come rimedio per l’astenia, stimolante
del sistema immunitario, coadiuvante nella terapia
antitumorale, antistress e stimolante del desiderio
sessuale.
 Una revisione apparsa sull’European Journal of Clinical
Pharmacology (1999; 55:567) afferma che non ci sono
evidenze di efficacia per nessuna delle indicazioni
proposte.
 Sono stati evidenziati problemi di contaminazione e di
sottodosaggio nelle diverse preparazioni di ginseng
(Lancet 1994; 344:134)
Interazioni del Ginseng

Classe farmaceutica Meccanismo ginseng Effetti

Anticoagulanti orali Antiaggregante ↑ Attività anticoagulante

Inibitori delle MAO ↑ metabolismo GABA Insonnia, tremore, mal di


testa, agitazione, depressione

Antidiabetici orali Riduzione glicemia Rischio ipoglicemia

CO (con estrogeni) Stimolazione sintesi proteica Az. estrogenica additiva

Pinato S. Super Ginseng? Dialogo sui Farmaci. 2002; n. 6


Reazioni avverse da Ginseng
(da uso cronico)

 Ipertensione arteriosa (segnalati rari casi di ipotensione)

 Stimolazione SNC con nervosismo, insonnia, vertigini, cefalea

 Ipoglicemia

 Diabete gestazionale

 Emorragia vaginale, sanguinamento intermestruale, amenorrea

 Diarrea mattutina
Pinato S. Super Ginseng? Dialogo sui Farmaci. 2002; n. 5
Reazioni avverse dell’efedra
•Dal 1993 al 1997 oltre 800 report di
reazioni avverse, incluse 36 morti
• Cardiovascolari
– aritmie
– arresto cardiaco Ma-huang
– tachicardia

• GI
– nausea e vomito
• Sistema Nervoso
– stipsi – psicosi
– pensieri suicidari
• Altre – convulsioni e tremori
– reazioni cutanee – disturbi vestibolari
– alterazioni test epatici – insonnia
– nervosismo
 
Anche gli antichi egizi conoscevano le “virtù” dei
medicamenti e l’arte di somministrarli. D’altra parte si
ritiene che la “medicina” egiziana, esercitata dai
sacerdoti, si sviluppi a partire dal 2900-2800 a. C.
Il più importante documento che attesta la conoscenza
dei medicamenti da parte degli Egizi è il famoso Papiro
di Ebers, scoperto nel 1873 dall’egittologo Georg Moritz
Ebers, risalente al 1500 a.C. ma riferito a tempi
anteriori di almeno un millennio.
La prima pagina del papiro di Ebers inizia con le seguenti
parole: “Qui incomincia il libro delle preparazioni dei
medicamenti, adatti a tutte le parti del corpo d’un
ammalato”. In effetti contiene un lungo elenco di rimedi
(circa 800) per le malattie dell’intestino, del fegato,
dello stomaco, della vescica, per le cefalee, per la
nausea, per le ulcere, per le affezioni oculari, ecc.
Tra le piante citate nel papiro solo
alcune possono essere identificate
con certezza, molti dei nomi
egiziani indicano rimedi di cui
ignoriamo il contenuto. Tra quelli
identificati ricordiamo l’olio di
ricino, la senna, il melograno, il
tannino, l’oppio, l’aloe, la menta, il
ginepro, il cumino e il finocchio.
Come medicamento si usava anche
il loto, in egiziano Soushin da cui
deriverebbe il nome di Susanna.
Molto utilizzati erano anche oli
aromatici, il più noto dei quali il
Kyphi conteneva da 10 a 50
elementi (le fonti sono discordi).
Reperti archeologici e pitture murarie nelle tombe
egizie documentano, inoltre, l’uso della scilla, della
camomilla, del rosmarino e del cedro come antidoto per
veleni.

Naturalmente oltre alle piante medicinali si trovano


menzionati anche rimedi di origine minerale (ferro,
argento, oro, allume, ecc.) o animale (miele, latte,
escrementi di varia origine, grasso di martora, ecc.).

Come conseguenza del principio di base della medicina


egiziana, che le malattie fossero prodotte da
putrefazione, i medicinali avevano lo scopo di purificare
l’organismo. Da qui il largo ricorso a sostanze purgative,
emetiche e inducenti il sudore.
Secondo lo Tschirch (Handbuck der
Pharmakognos. Tauchnitz, Lips,
1910) gli antichi egiziani avrebbero
posseduto una vera e propria
Farmacopea ufficiale, opera del più
grande medico egiziano Imhotep
(vedi figura a fianco), cancelliere e
sacerdote del faraone Djoser
(~2600 a.C.)

La tecnica farmaceutica nell’antico Egitto era comunque


molto sviluppata. Si facevano miscugli di varie droghe, si
preparavano decotti a diverse temperature, si
filtravano le pozioni, si preparavano colliri, pillole e
polveri. Alcuni geroglifici testimoniano di queste attività
dell’antica farmacia egiziana.
 
Altra antichissima e grande civiltà, anche in campo
medico, fu quella babilonese. Tra il Tigri e l’Eufrate,
nella Mesopotamia culla della civiltà, esercitavano l’arte
medica tra i Sumeri (primo popolo storico ad abitare
quell’area) gli asu (con le tre funzioni di sacerdote,
medico e farmacista). Il primo asu a noi noto è un certo
Lulu, vissuto nella Ur dei Caldei nel 2700 a.C., e il primo
formulario terapeutico conosciuto nella storia (~ 2000
a.C.) risale ai Sumeri.

I documenti che attestano l’uso dei “farmaci”, dalla


Babilonia di Hammurabi (1792-1750 a.C.) alla Ninive di
Assurbanipal (Sardanapalo, 668-626 a.C.), sono le
tavolette d’argilla, di 17-24 cm seccate al sole o cotte al
forno e coperte di caratteri cuneiformi, scoperte a
migliaia dagli archeologi.
Tavoletta d’argilla conservata al
British Museum di Londra

Sappiamo, così, che si utilizzavano


centinaia, se non migliaia, di piante,
erbe e medicamenti diversi a scopo
terapeutico. Interessante notare
che molte tavolette riuniscono in
modo sistematico e separato i
rimedi per la tosse, quelli per il mal
di denti, contro il morso degli
animali velenosi, e via dicendo.

Tra i diversi rimedi del tempo un posto rilevante era


occupato dalla Mandragora, pianta solanacea ricca di
alcaloidi atropino-simili.
Specie
Mandragora autumnalis   Bertol.
Famiglia
Solanacee
Pianta perenne, erbacea,
Distribuita nella regione mediterranea
meridionale.

La mandragora contiene, soprattutto


nella radice fibrosa,un gruppo di alcaloidi la cui azione è simile a quella
dell'atropina che si estrae dalla belladonna. Dall'azione di questi alcaloidi
sono nate tutte le leggende che hanno tanto sollecitato la fantasia
popolare sulle sue proprietà afrodisiache e magiche.
Raffigurazione della mandragora
in un erbario del XV secolo
(Pavia, Biblioteca Universitaria).

La radice si faceva strappare da


un cane poiché si credeva che
lanciasse un “grido mortale “.

Il padrone se ne stava al sicuro,


lontano e con le orecchie ben
tappate.

Morto il cane la mandragora


proteggeva l’uomo contro tutti i
malefici.
LA MEDICINA EBRAICA

La medicina ebraica è particolarmente influenzata dalla Religione.

La malattia viene considerata una conseguenza della collera divina:


“Davide contro la volontà di Dio fa un censimento della
popolazione. Dio per punirlo manda la peste che uccide 7000
israeliti.” – “I filistei che guardavano l’arca dell’alleanza con poco
rispetto, sono colpiti da verruche insanabili.” – “Miriam sorella di
Mosè sparla del fratello e viene colpita dalla lebbra.”
Altre punizioni divine sono la licantropia del re caldeo Nabucco e
l’apoplessia che colpisce Onan.

“Il migliore dei medici andrà all’inferno”


Talmud.
“Altissimus creavit de terra medicamenta et vir
probus non abhorrevit ab illa” Ecclesiaste.
LA MEDICINA EBRAICA

La malattia inoltre, come per egizi e indiani, viene considerata


una impurità, da cui l’uso di purganti (ricino, resina di salep,
ramno, boor) e di amari (luppolo, ginepro, assenzio).
Importanza delle norme igieniche.

Gli israeliti preferivano i rimedi esterni a quelli per uso


interno:balsamo cori (fatto con la pianta della valle di Gerico:
Amyris gilead), malagma (da male logmah: a bocca piena a causa
delle tante erbe da masticare prima di porle sulle ferite), unguenti
odorosi usati come eccitanti cerebrali, olio nelle malattie
intestinali. I rimedi sono in genere semplici e la polifarmacia
subentrò più tardi (300-400 d.C:)

Una preparazione polifarmaceutica era l’ Esdra magna, contenente


circa 50 erbe che rimase nei ricettari del medioevo fino al 1600.
Ippocrate (460-377 a.C.), nato nell’isola di
Cos sede del tempio di Esculapio (il dio
della Medicina), è noto come il “padre della
medicina”.

Il suo ruolo nella farmacologia non risiede


sui rimedi che ha proposto, di fatto già in
uso in epoche precedenti, ma sul clima
decisamente nuovo che ha creato nel
campo delle terapie.

Negli scritti del Corpus hippocraticum (non


tutti attribuibili direttamente a Ippocrate) per
la prima volta sono esposte in modo
sistematico le regole per raccogliere i rimedi
vegetali (belladonna, oppio, menta, ecc.), le
norme per preparare i medicamenti, la loro
classificazione in base all’effetto (purganti,
emetici, diuretici, ecc.) e le modalità del loro
utilizzo.
Alcune frasi tratte dai libri ippocratici
possono rendere l’idea del nuovo clima:
“Ogni guarigione ha la sua causa, sapere
opportunamente usare i rimedi non è cosa
da tutti” (De arte).
“Quando il medico entra dall’ammalato
deve già conoscere i singoli effetti dei
medicamenti in base alle sue osservazioni
e alle sue esperienze” (De decenti ornatu)
“Lo stesso medicamento dovrebbe avere
sempre la stessa azione, ma così non è
poiché essa varia molto nei vari casi. I
farmaci evacuanti ora purgano molto, ora
poco, ora giovano, ora nuocciono, secondo
i vari individui in cui sono adoperati”
(De locis in homine)
“Talvolta è buona prassi astenersi da
qualsiasi trattamento”

“La diminuzione della temperatura per


opera dei farmaci è conseguenza di molte
azioni. Taluni abbassano la temperatura in
modo diretto, come si raffredda un vaso
caldo se vi si aggiunge dell’acqua fredda,
altri indirettamente, come si raffredderebbe
lo stesso vaso d’acqua calda se fosse
esposto al vento.” (De morbis).

“La mandragora che ad alte dosi produce


l’insonnia data a piccole dosi agli ansiosi,
ai tristi, a coloro che soffrono di mania
suicida, può guarire” (De locis in homine)
LA TERRA SIGILLATA: la prima specialità medicinale (circa 500 a.C.). A base di
argilla contenente silice, alluminio, creta, magnesia e ossido di ferro. Un sigillo
raffigurante una capra ne attestava la provenienza dall’isola di Lemno
Teofrasto, il “padre della botanica”, illustra ad un gruppo di studenti le proprietà
della belladonna, alle sue spalle fiori di melograno, senna e rotoli di pergamena.
Nato a Ereso, nell’isola di Lesbo, Teofrasto (370-286 a.C.) si
trasferì ad Atene dove fu allievo di Aristotele che lo preferì a
Eudemo di Rodi come suo successore. Rinomato per la sua
eloquenza sembra che oltre duemila allievi abbiano seguito le sue
lezioni.

Autore di molteplici scritti, tra i quali il libro “Delle Pietre” (314


a.C.) il primo trattato di geologia della storia, cita spesso come
“farmacologo” del tempo Diocle Caristio che affermava (secondo
Celio Aureliano) che le virtù dei medicamenti potevano essere
stabilite solo con l’esperienza su individui sani e malati.

La Historia plantarum (320 a.C.) di Teofrasto “non è solo un


analitico ed ordinato tentativo tassonomico, ma anche un vero
trattato di fitoterapia” (G. Cosmacini, V.A. Sironi, Cenni di storia della
Farmacologia. In: Farmacologia generale e molecolare. UTET, 1996).
Nella Historia plantarum sono descritti
con estrema precisione gli effetti del
papavero, della cicuta, della mandragora,
dell’emetico elleboro. Vengono illustrati
i metodi per ricavare lattici, resine e
balsami dalle piante. Così come i metodi
di conservazione dei medicamenti.

Più o meno nello stesso periodo di


Teofrasto si collocano i “farmacologi “
della Scuola di Medicina di Alessandria,
considerata la più importante del mondo:
Erasistrato, Mantia Erofileo, Demetrio d’Apamea, Cleofanto,
Aspasia, Icesio, Eraclide di Taranto, Zenone di Laodicea,
solo per citarne alcuni.
 MITRIDATE VI: un re tossicologo
Mitridate VI, re del Ponto (132-63 a.C.), fu uno dei primi tossicologi
sistematici della storia. Utilizzo sé stesso ma più frequentemente i suoi
prigionieri come cavie per saggiare veleni ed antidoti.
Mitridate si serviva quotidianamente del suo antidoto per la paura di
essere avvelenato, al punto da sviluppare assuefazione (mitridatismo).
Così, quando fu vinto da Pompeo, non “poté” usare il veleno e si
uccise con la spada.
Un suo preparato, il Mitridatium antidoton, composto da 54 ingredienti
rimase famoso per più di 1000 anni come antidoto universale.

Mitridate non fu l’unico monarca farmacologo, prima di lui si era


interessato di veleni e antidoti Gentio, re degli Illirici, a cui si deve il
nome della genziana, così come alla regina di Caria, Artemisia,
esperta in botanica si deve il nome dell’Artemisia vulgaris.
Altro importante tossicologo del tempo fu Nicandro di Colofonte
(ca. 135 a.C.) a cui si devono i libri Theriaca e Alexipharmaca.
Sperimentare su sé stessi
Una storia emblematica: il carbone attivo

Nel 1813 il chimico francese Bertrand, per


dimostrare l’utilità del carbone attivo nel
ridurre l’assorbimento di sostanze tossiche,
ingerì in pubblico 5 grammi di triossido
d’arsenico misto a carbone attivo.
L’esperimento riuscì perfettamente e
Bertrand non manifestò sintomi di tossicità.

Nel 1831 il farmacista francese Touery effettuò un esperimento simile


di fronte ai membri dell’Accademia di Medicina di Francia. Egli ingerì
stricnina, pari a 10 volte la dose letale, mista a carbone attivo. Per
diverse ore, in un atmosfera di drammatica apprensione, si attesero gli
effetti del veleno. Per fortuna di Touery le sue aspettative sul carbone
attivo erano esatte ed uscì indenne dall’esperimento.
Cronologia della Scienza - 3 -

46 a.C. 23 100 105 140

Cesare introduce il Strabone scrive il I cinesi scoprono Cina: invenzione Tolomeo scrive
calendario giuliano libro Geografia che i crisantemi della carta la sintassi
essiccati uccidono matematica
gli insetti

163 180 270 595 700

Calcolo del pi greco Scritti di alchimia Cina: la polvere Sistema numerico Persia: il mulino
da parte dei cinesi in Egitto da sparo indiano a vento

800 868 880 1000 1148

Persia: “esame di Primo libro a Alchimisti arabi I cinesi perfezionano Introduzione in


stato” per i medici stampa in Cina ottengono dal vino la bussola Europa dello
l’alcool puro zucchero
DIOSCORIDE studia le piante accompagnando le armate romane
Nell’antica Roma la farmacologia prosegue la
tradizione greca. Aulo Cornelio Celso (famoso
chirurgo del I secolo d.C., foto a fianco), Scribonio
e Plinio il Vecchio descrivono nelle loro opere le
conoscenze via via acquisite.

Un posto di rilievo nella storia della farmacologia è occupato da


Dioscoride Pedanio. Probabilmente nato a Tarso, in Cilicia, nel I
secolo d.C. divenne chirurgo militare al seguito delle legioni romane.

La sua opera, scritta in greco (Perì ulès yatrichés) e tradotta in


latino con il famoso titolo De Materia Medica (~ 60 d.C.), rimase
un classico testo di farmacologia fino al XVIII secolo. In 5 libri
sono elencati tutti i medicamenti conosciuti a quel tempo: 650 di
origine vegetale, 85 animale e 50 minerale. Ancora oggi 90 piante
tra quelle descritte da Dioscoride hanno un uso terapeutico
Codice illustrato (VI secolo) del
De Materia Medica di Dioscoride.
Vienna, Biblioteca Nazionale.
Farmacologo sul campo Dioscoride criticava coloro che
parlavano di cose mai viste di persona. In De Materia Medica,
seguendo e approfondendo la classificazione sistematica di
Ippocrate, i farmaci sono elencati in base al loro utilizzo
terapeutico: purganti, astringenti, ecc.

Ovviamente, tra i rimedi elencati ne


troviamo di incredibili, quali il fumo delle
lucciole bruciate per favorire la diuresi, il
sangue d’agnello per l’epilessia, ecc. Ma
accanto a questi anche importanti
osservazioni farmacologiche, come quella
sulla preparazione dell’Oisypum, cioè del
grasso contenuto nella lana di pecora
(odierna lanolina, vedi foto).
Dioscoride parla anche dei derivati della Cannabis ad uso
medicinale, così come in precedenza aveva fatto Plinio il Vecchio e
dopo Galeno. L’uso principale dei derivati della cannabis, quello di
“anestetico”, si deve far risalire al II secolo a.C. al medico Hua Tuo
(Cina - dinastia Han); ma il suo uso in medicina è ancora più antico,
essendo citato nell'erbario pubblicato durante il regno
dell'imperatore Shen Nung, come rimedio per "disordini femminili,
gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale."

Maggiormente utilizzata era la Spongia somnifera, costituita da


una normale spugna marina e dall'estratto fresco di alcune piante
medicinali, tra cui il Solanum nigrum, lo Hyoscyamus niger, la
Cicuta minor, la Datura stramonium, la Lactuca virosa e la
Mandragora officinarum, insieme ad alcune gocce di oppio. Prima
dell’uso veniva anche imbevuta nell’aceto. Se l’uso della spongia in
ambito chirurgico è incerto, più sicuro è l’uso nei condannati alla
crocifissione. In base agli scritti degli Evangelisti si pensa che
anche Cristo abbia ricevuto una spongia sommnifera durante il suo
martirio.
GALENO: esperto in tecnica farmaceutica

 
Galeno (129-200 d.C.) è considerato,
dopo Ippocrate, il più grande medico
dell’antichità. Nato a Pergamo in Asia
Minore, formatosi alla scuola medica di
Alessandria, al ritorno nella sua città
natale fu medico dei gladiatori.
Trasferitosi a Roma (161) fondò una
rinomata scuola di medicina, ove
promosse l’insegnamento della
dissezione, dell’anatomia e della
fisiologia.
Tra i suoi libri ricordiamo il Methodus
medendi, in cui sono elencati 473
medicamenti di origine vegetale che
resteranno per un millennio e mezzo
l’armamentario terapeutico in Europa, e il
Megatechne, dove si afferma che “la
terapia deve derivare dalla conoscenza
della malattia e delle su cause” e in cui i
farmaci sono ordinati in base alle loro
proprietà e intensità d’azione.
Il principio di base della farmacoterapia
di Galeno è rappresentato dalla famosa
massima “Contraria contrariis curantur”.
Il metodo è che chi prescrive
medicamenti li prepari egli stesso. Ancora
oggi con il suo nome vengono chiamati i
farmaci preparati in farmacia (galenici).

Galeno cataloga i farmaci in tre gruppi:

1) Farmaci elementari che posseggono


una sola qualità di freddo, caldo o
umido;
2) Farmaci complessi che posseggono
più di una qualità classificabili in
base al loro livello di efficacia; Importanti innovazioni farmacologiche
3) Farmaci con azione specifica (es. di Galeno furono l’utilizzo della
lassativa, diuretica, ecc.) corteccia di salice e della tintura di
oppio (laudano)
Tra le preparazioni farmaceutiche usate
nel mondo romano vanno ricordati:

Balanos (supposte)
Catapozi (pillole semplici)
Cerotti
Decotti
Hjera picra (amaro ieratico a base di
aloe con effetto purgante)
Infusi
Linimenti
Terra sigillata
Trocisci (polveri con aceto e vino)
Triaca o teriaca composta da ben 70
sostanze (molto costosa e riservata a
Frontespizio di un ricettario galenico
pochi ricchi)
del 1516, opera di Georgio de Rusconi
Di origine antichissima la teriaca (dal
greco thériakè, cioè antidoto, oppure
secondo alcuni dal sanscrito táraca) è stata
utilizzata per secoli, addirittura fino
all’inizio del 1900. I romani, in specifico il
medico di Nerone: Andromaco il Vecchio,
la riprendono probabilmente partendo
dall’antidoto universale di Mitridate.
La sua composizione ha avuto delle
variazioni nel tempo, trasformandosi da
rimedio contro i veleni a rimedio per
combattere numerose malattie.
Le teriache del XVI, XVII e XVIII secolo
erano fondamentalmente composte da:
carne di vipera, angelica, centaura minore, genziana, mirra, incenso, timo,
tarassaco, oppio, matricaria, succo d’acacia, potentilla, miele attico,
liquirizia, finocchio, anice, cardamono, cannella, radice di valeriana e di
aristolochia, opoponax, scilla, agarico bianco, vino di Spagna.
Pagina iniziale del Liber medicinalis,
come riportata nel volume Medici antiqui
latini (Venezia, A. Manuzio 1547)

Il Liber medicinalis, vero e proprio


prontuario terapeutico, è attribuito a
Quinto Sereno Sammonico (II-III sec.).

Poeta e storico, non si è certi se abbia


professato la medicina. Tuttavia da
acuto osservatore del suo tempo riporta
in questo libro i rimedi più in voga nella
Roma antica.

Tra questi ovviamente ritroviamo


stranezze come l’orina d’asino (contro il
prurito), la bile d’orso diluita con acqua
(per il raffreddore) e via dicendo, ma
anche crusca e prugne per la stipsi, il
papavero per il dolore, ed altri rimedi di
“qualche efficacia”.
 DAMIANO e COSMA: i Santi Patroni dei medici, chirurghi,
farmacisti, barbieri e dentisti
I fratelli gemelli Cosma e Damiano, di origine araba, completati i
loro studi a Pergamo esercitarono, nel III secolo d.C., la medicina
gratuitamente in Asia Minore.

Martirizzati sotto Diocleziano, in quanto cristiani, la loro tomba, nella


città siriana di Ciro, fu per secoli meta di pellegrinaggio. Chiese in
loro onore furono costruite a Roma (dove furono portate in seguito le
loro reliquie) e in altre città a partire dal VI secolo.

La diffusione del cristianesimo ebbe due effetti contrastanti sulla


farmacoterapia, da un lato provocò un ritorno al misticismo (per
lungo tempo i santi saranno considerati la migliore protezione
contro epidemie e malattie), dall’altro preservò, dopo la caduta
dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) che segnò l’inizio del
Medio Evo, le conoscenze fino ad allora acquisite.
Alcuni esempi di effetti negativi sulla scienza del tempo da parte del
cristianesimo sono:
l’uccisione di Ipazia (famosa matematica e direttrice della biblioteca
di Alessandria) nel 415 ad opera di un gruppo di fanatici cristiani, la
distruzione (molto probabilmente opera di cristiani) dopo pochi anni
della stessa biblioteca, e la chiusura nel 529 dell’Accademia e del
Liceo ad Atene da parte di Giustiniano.
Un aspetto positivo va riconosciuto ai monasteri, dal VI fino al XII
secolo, alcuni dotati di ospedali. I monaci curavano i malati
utilizzando piante ed erbe, anche se riponevano le loro speranze di
cura essenzialmente nel potere di Dio.
Il ruolo più rilevante dei monasteri, comunque, fu quello di
conservare e tramandare il sapere medico. Nelle biblioteche
conventuali (scriptoria) si ricopiano i manoscritti medici, si trovano
le collezioni di ricette (antidotaria), i trattati di botanica
(herbularius) e i cataloghi delle piante medicinali (hortuli) .
Il monaco preposto alla
farmacia ha la responsabilità
 dei giardini delle piante
medicinali.
Nell’orto botanico alcune
aiuole sono riservate al giglio,
alla rosa, al fieno greco, al
rosmarino, alla ruta, ecc.

I monaci farmacisti coltivano


le piante e confezionano i vari
medicamenti. Tra quelli che
hanno avuto la maggiore
longevità ci sono i liquori,
come la Grande Chartreuse e la Benedectine, consigliati per i disturbi del tubo
digerente e le affezioni delle vie respiaratorie.

Al fianco dei dignitari del monastero che prescrivono i farmaci vi sono gli incaricati
del deposito-laboratorio. Questi religiosi, che hanno la funzione di magazzinieri-
farmacisti, vengono chiamati speziali.
Se il Medio Evo rappresenta per
l’Europa la cosiddetta dark Age per
il mondo arabo è l’epoca del
massimo splendore.

La civiltà araba detiene così, in quel


tempo, anche il primato della
conoscenza in ambito farmacologico.

Le opere antiche e bizantine


vengono tradotte in arabo ma al
contempo la terapia si arricchisce di
apporti specifici.
Tra i testi medici bizantini ricordiamo il De arte medicinae di Alessandro di
Tralle (VI secolo). Che introduce in terapia le pillole di Cinoglossa per
combattere la tosse e i dolori respiratori, dei denti, delle orecchie e della vescica.

Scorza di Cinoglosso 4 dracme e ½


Oppio 2 dracme
Giusquiamo 4 dracme
Mirra* 6 dracme

“Far seccare questa scorza al sole, unirla al resto, far macerare l’oppio
nell’acqua e formare delle pastiglie che saranno somministrate a seconda delle
forze del malato”

*La mirra proviene da un alberello d’Etiopia e di Somalia, la Commiphora


abyssinica, dal quale si estrae per incisione un succo giallo che si trasforma in
gocce rossastre dal sapore amaro (in arabo: mourr = amaro)
Cynoglossum officinale L.
Cynoglossum officinalis

Usata in preparazioni erboristiche per tosse,


catarro, diarrea,
Se il Medio Evo rappresenta per l’Europa
la cosiddetta dark Age per il mondo arabo è
l’epoca del massimo splendore.

La civiltà araba detiene così, in quel tempo,


anche il primato della conoscenza in ambito
farmacologico.

Le opere antiche e bizantine vengono


tradotte in arabo ma al contempo la terapia
si arricchisce di apporti specifici.

Nascono tre grandi scuole mediche: la Scuola


Iraniana-Mesopotamica (Rhazes, Avicenna);
la Scuola di Andalusia (Abulcasis, Averroé );
la Scuola del Cairo (Ibn El-Baitar, Ibn An-
Nafis).

Lo stesso Maometto, appartenente alla tribù


dei Koraichites, venditori di droghe e
profumi, si interessò di terapia scrivendo un
opera dal titolo La Medicina del Profeta.
Gli arabi raccolgono l’eredita

 
farmaceutica greca e latina, ma
anche indiana, assira ed ebrea.

Vengono introdotte nuove


sostanze vegetali: l’anice, la noce
 
vomica, la canfora, la cassia, lo 
zafferano, ecc.  
 
Ma soprattutto sostanze chimiche: 
l’alcool, il sublimato, la potassa,
  i
sali d’oro, e l’acido acetico ad opera
di Geber.  
 
Geber (Abu Musa Jiabir ibn  
Hayyan, VIII secolo) viene  
considerato il padre dell’alchimia.
  Geber ca. 721 - 815
E’ dalla cultura araba che
nasce l’alchimia (i primi
scritti appaiono in Egitto
intorno al 180) che viene poi
diffusa in Occidente.

L’alchimia è una pratica


empirica di duplice valenza:
da una parte permette di
sviluppare le conoscenze su alcune procedure di tipo chimico
(distillazione, riscaldamento a bagnomaria, filtrazione), dall’altra
spinge verso realizzazioni utopistiche (l’elisir di lunga vita, la pietra
filosofale)
I termini alambicco, alcool e sciroppo
sono di origine araba, e la tecnica
farmaceutica riceve un formidabile
impulso dagli arabi.

Il padre della medicina araba, Abu Bakr


Mohammed ibn Zakariya al Rhazi (865-
925) noto come Rhazes, introduce in
terapia molti composti chimici (ad es.
l’antimonio, dal termine arabo
athmond).
Rhazes è anche noto per essere stato il
primo a differenziare il morbillo dal
vaiolo, per avere utilizzato il gesso per
immobilizzare le ossa fratturate.
Anche Avicenna (980-1037)
introduce diversi composti chimici
in medicina ad esempio: il borato,
l’allume e il solfato di ferro.
Il Canone della Medicina, che
comprende anche una raccolta di
medicamenti (semplici) e preparati
farmaceutici (composti), è il più
famoso degli oltre 200 libri di
Avicenna.
Tradotto in latino venne
ampiamente letto in Europa e tra il
1500 e il 1674 ci furono oltre 60
edizioni del libro. Utilizzato come
testo universitario, era ancora in uso
nel 1650 all’Università di Abu Ali al-Husain ibn Abdallah ibn Sina
Montpellier.
Gli arabi separarono le due professioni del farmacista e del medico.
A Bagdad nacque alla fine del VIII secolo la prima farmacia privata.
Le prime Scuole Mediche in Europa

Alla fine del IX la formazione dei medici, in Europa incomincia


ad organizzarsi in maniera più strutturata con la nascita delle
Scuole Mediche. La prima fu quella fondata a Salerno a cui
seguono nei secoli successivi Bologna e Padova in Italia,
Montpellier in Francia, Oxford in Inghilterra.
La Scuola Medica Salernitana nasce sotto
l’influsso sia della medicina monastica sia della
tradizione medica araba. Fondata nel IX secolo (ma
secondo alcuni studiosi risale al VI secolo), è il
primo centro di medicina laica in Europa.

La leggenda vuole che alla sua fondazione abbiano


contribuito 4 medici: l’arabo Adela, il greco Pontus,
il latino Salernus e l’ebreo Helenus. I personaggi
della leggenda esprimono simbolicamente i filoni
principali che dettero origine alla Scuola.

La Scuola Salernitana è importante più che per l’innovazione per la conservazione


e il mantenimento del sapere farmacologico.

La tecnica farmaceutica fu comunque arricchita dalla Scuola salernitana. I procedi-


menti di lavorazione di origine araba, ad es. la distillazione, vennero perfezionati e
aprirono la strada alle ricerche dei secoli successivi sull’estrazione di principi attivi
dalle piante. Vanno anche ricordate alcune formulazioni farmaceutiche come gli
sparadrappi e i cerotti per l’assorbimento cutaneo dei farmaci.
La Scuola diventerà famosa soprattutto
per la pubblicazione del Regimen
Sanitatis Salernitanum, raccolta di
norme igieniche e alimentari di incerta
datazione (XII-XIII secolo). La
tradizione vuole che il manualetto
fosse stato richiesto ai medici
salernitani da Roberto “Cortacoscia”, II
duca di Normandia e pretendente alla
corona inglese. E in effetti il manuale
si apre con la dedica al re d’Inghilterra.
Miniatura del Canone di Avicenna raffigurante la
scena di Roberto che saluta i medici salernitani

Va inoltre ricordato anche l’Antidotarium di


Nicolao Preposito, direttore della Scuola negli
anni intorno al 1150, dove sono elencati i metodi
di preparazione dei medicamenti e codificati i
criteri del loro utilizzo.

La copertina della prima stampa del 1480 del regime salernitano


Il massimo splendore della Scuola Salernitana si
ha nel XI e XII secolo a cui segue la decadenza
della Scuola anche per la decisione di Federico II
(1194-1250), che inizialmente l’aveva protetta, di
istituire l’Università a Napoli.

In quel periodo sull’esempio arabo la distinzione


tra medici e farmacisti viene riaffermata anche
nel mondo occidentale. Nel 1240 Federico II emana le
Ordinationes dove medicina e farmaceu-tica vengono codificate.

“Un numero limitato di droghieri e farmacisti prestano il giuramento di preparare i


medicinali secondo norme prestabilite e di venderli a prezzi fissi. I medici incaricati
della sorveglianza non possono tenere bottega , né avere interessi in quelle dei
farmacisti”. (J.C. Dousset. Storia dei medicamenti e dei farmaci. ECIG, 1989 ).

Nascono così anche nel campo dei farmaci le prime corporazioni come quelle dei
Confectionarii, preparatori di medicinali, e degli Stationarii, rivenditori degli stessi.
Cronologia della Scienza - 4 -

1202 1249 1280 1291 1298

Fibonacci afferma la Ruggero Bacone Il medico al-Qurashi Venezia; il vetro Il Milione di


superiorità del sistema e gli occhiali descrive come il trasparente Marco Polo
numerico indiano sangue passi ai
polmoni

1320 1440 1454 1492 1500

Introduzione della Niccolò Cusano: Gutenberg stampa La scoperta Leonardo seziona


carta in Europa lo spazio infinito del primo libro dell’America corpi umani

1510 1543 1543 1546 1582

Leonardo inventa Copernico: De Vesalio: De Bauer e i fossili


Calendario
la ruota idraulica revolutionibus humani corporis
gregoriano
orbium caelestium fabrica
Con la nascita della stampa in Europa (XV sec.) compaiono numerose opere di
terapia e si facilita la diffusione della cultura medica e farmaceutica. Nel 1498
viene stampata a Firenze, in lingua italiana, la prima Farmacopea Ufficiale:
il Nuovo Receptario. Frutto della collaborazione tra la Gilda dei Farmacisti e la
Società Medica, è uno dei primi esempi di lavoro interprofessionale nella storia.
  Il Nuovo Receptario, comprendente tre
libri, contiene consigli per la raccolta e la
conservazione delle piante, note sulle
falsificazioni, modalità di confezione dei
medicamenti, nonché gli elenchi delle
sostanze allora conosciute.

“L’elactovario oppiato non deve essere usato finché non ha almeno sei mesi di
bottiglia, per cui deve essere indicata la data di preparazione o altrimenti dannata
l’anima sua”. (J.C. Dousset. Storia dei medicamenti e dei farmaci. ECIG, 1989 ).

Altra importante Farmacopea fu quella di Norimberga, stampata nel 1546, il


Pharmacorum Conficiendorum ratio, vulgo vocant Dispensatorium di Valerius
corpus. La Farmacopea di Norimberga servì da modello a quelle di altre città.
La prima enciclopedia medica era stata pubblicata in Europa già nel 1473.
Thephrastus Bombastus von Hohenheim
(Einsiedeln 1493- Salisburgo 1541)
Meglio noto con il nome di PARACELSO.

Medico, filosofo naturale, alchimista fu


uomo medievale e rinascimentale allo
stesso tempo.

Dalla personale esperienza con i malati trae


l’aforisma anti-galenico similia similibus
curantur inteso in senso antropologico più
che farmacologico:

•L’infermo si cura con l’infermiere


•Il povero con il medico dei poveri
•L’uomo dei campi con il medico di campagna

“Il buon medico è la prima medicina”


Si delinea sullo sfondo il concetto di placebo.
A Paracelso la farmacologia deve un
rinnovato progresso metodologico: la
necessità della sintesi tra riflessione teorica
ed esperienza.
Applica alchimia e astrologia all’arte
medica e costruisce un impianto teorico
fondato sull’intuizione delle
corrispondenze tra uomo e astri, i cui
ingredienti fondamentali sono: Zolfo, Sale,
Mercurio (tria prima). La malattia è
causata dallo squilibrio di questi tre
elementi.
Contrario alla fitoterapia, è il precursore
della iatrochimica , la chimica medica
basata sulla distillazione e l’analisi dei
minerali, progenitrice della chimica.
Ha reintrodotto in terapia l’oppio, ha
individuato lo zinco, il nitrato d’argento, il
sublimato corrosivo e i sali di antimonio
come precursori di farmaci. Per primo ha
utilizzato l’etere identificandone l’azione
anestetica.
Uno dei suoi più grandi successi fu
l’utilizzo del mercurio per curare la sifilide.
Malattia infettiva a trasmissione sessuale.
All'epoca si usavano salassi, lo spurgo, il
rigurgito, i lavaggi, ecc. Nulla potevano
queste pratiche contro tale malattia che
verso la fine del XV secolo colpì l'Europa
in forma epidemica.

A Bologna Jon Carpus, illustre chirurgo e


anatomista, eccelleva nella tecnica della
salivazione indotta col mercurio. Paracelso
apprese le proprietà del mercurio e riuscì a
preparare delle pillole. La cura diveniva
meno aggressiva di quella usata da Carpus,
in questo modo fu in grado di curare oltre
alla sifilide anche la scabbia, la lebbra, le
ulcere e persino la gotta. Certo non senza
provocare anche notevoli danni ai pazienti.
La sua fama aumentò rapidamente, tanto che gli fu
offerta la cattedra di medicina all‘Università di Basilea.
Al suo discorso pubblico di fronte all'università disse
"Sappiate dottori, che la mia barba ha più esperienza di
tutte le vostre università, il più sottile capello della mia
nuca ne sà più di tutti voi, le fibbie delle mie scarpe sono
più sapienti dei vostri sapienti più famosi."

Era talmente pieno di sé, d’altra parte fu lui a


chiamarsi Paracelso ovvero più grande di Celso
(massima autorità medica nel I secolo d.C.), che gli
inglesi inventarono il termine bombastic per definire
le persone arroganti.

E' facile immaginare l'indignazione che provocò, quando alla sua prima lezione (nel
1527) si fece portare un vaso in ottone e dopo averlo riempito di zolfo e salnitro vi
appiccò il fuoco bruciando i libri di Galeno e Avicenna. A causa del suo carattere
focoso, le sue lezioni pian piano furono disertate dagli studenti, e Paracelso iniziò a
bere, tanto che ben presto lo additarono come ubriacone. Dovette lasciare la cattedra
per riprendere i suoi vagabondaggi. Morì a Salisburgo, vicino al caminetto
dell'osteria il Cavallo Bianco.
Cronologia della Scienza - 5 -

1590 1592 1604 1605 1611

Janssen inventa il Galilei inventa il Galilei scopre Bacone e il “metodo Woodall e lo


microscopio termometro l’accelerazione scientifico” scorbuto

1616 1628 1632 1637 1642

Harvey e la circola- Macchina a vapore Galilei: Dialogo Cartesio: Pascal inventa la


zione sanguigna di Somerset sopra i due massimi Discorso sul prima calcolatrice
sistemi del mondo Metodo

1656 1665 1667 1677 1687

Huygens costruisce R. Hooke e La prima trasfusione A. van Leeuwenhoek Newton: Principi


il primo orologio di la cellula di sangue scopre gli spermatozoi matematici della
precisione filosofia naturale
Nel 1608 esce il De distillatione,
opera di G. Battista Della Porta
composta da 9 libri in cui l’autore
indica gli usi della distillazione
nella preparazione dei farmaci.

Nel 1618 viene pubblicata la


Pharmacopeia londonensis. Primo
ricettario per medici e farmacisti a
introdurre l’uso di rimedi chimici
in medicina, tradizionalmente
osteggiati dai difensori di Galeno.

La Farmacopea londinese fu curata da Theodore Turquet de Mayerne (1573-1655),


medico ugonotto nato a Ginevra. Dopo essere stato medico personale di Enrico IV, a
Parigi, si stabilì a Londra dove fu medico di Giacomo I, Carlo I Stuart e Carlo II.
Strenuo difensore dell’uso dei rimedi chimici in medicina ebbe memorabili diatribe
con la Facoltà Medica di Parigi. Si interessò anche alla chimica dei pigmenti
collaborando con diversi pittori suoi amici, tra i quali Rubens e Van Dyck.
Nel XVII secolo, pur tra contrasti,
si diffonde l’utilizzo di sostanze
chimiche come rimedi terapeutici.

In particolare l’antimonio,
contenuto nel vino emetico e nelle
pillole perpetue, viene molto
apprezzato alla corte di Francia
soprattutto da Madame de
Sévigné.
Si intensificano anche nuove
scoperte di chimica. Nel 1616
Wieker isola, dall’acqua di Epsom,
il solfato di magnesio. Nel 1625
Glauber indica per la prima volta
come si prepara l’acido cloridrico Altro lassativo scoperto in quel
con il sale e il vetriolo. Il solfato di secolo è il tartrato doppio di sodio
sodio formato durante e potassio, il sale di Seignette dal
l’esperimento viene ancora nome del suo scopritore
chiamato sale di Glauber.
Cronologia della Scienza - 6 -

1734 1742 1751 1752 1764

C. Linneo e la La scala Celsius Prima enciclopedia B. Franklin e il Cavendish scopre


sistematica delle piante della temperatura moderna in Francia parafulmine l’idrogeno

1772 1780 1780 1783 1784

Lavoisier dimostra Macchina a vapore Gli esperimenti di La Mongolfiera Cavendish scopre


che i diamanti sono di Watt Galvani con le rane la composizione
fatti di carbonio dell’acqua

1790 1800 1803 1804 1811

Viene introdotto in Volta inventa Dalton e gli Il treno a vapore di La notazione chimica
Francia il sistema la pila atomi Trevithick di Berzelius
metrico decimale
 SCHEELE - GREATEST OF THE PHARMACISTS-CHEMISTS
Carl Wilhelm Scheele nacque
a Stralsund in Pomerania nel
1742. La sua vita si svolse in
Svezia, dopo un apprendistato
di 8 anni in una farmacia di
Göteborg divenne farmacista a
Malmö e Stockholm. Infine
dopo alcuni anni ad Uppsala
comprò una farmacia a
Köping, dove morì nel 1786.

Nel 1771 o 72 Scheele produsse per primo l’ossigeno. Tuttavia per


lungo tempo, a causa di un ritardo nella pubblicazione dei risultati,
il merito di questa scoperta venne attribuita a Joseph Priestley (tra
l’altro l’inventore dell’acqua gasata) che aveva raggiunto
indipendentemente lo stesso risultato nel 1774.
Frontespizio della seconda edizione del
libro di Scheele, la prima fu pubblicata
in Svezia nel 1777.
Come il chimico inglese, Scheele sottolineò la capacità di questo gas di
mantenere meglio dell'aria la combustione e la respirazione, e, in relazione
a questi fenomeni, avanzò significative critiche alla teoria del flogisto, in
seguito definitivamente confutata da Lavoisier

La teoria del flogisto era stata elaborata dal chimico tedesco Georg
Ernst Stahl, intorno al 1690, che aveva ipotizzato che ogni sostanza
combustibile possedesse un fattore comune, battezzato con il nome di
flogisto (dalla parola greca indicante la fiamma)

Il flogisto, secondo Stahl, dava ai composti la capacità di infiammarsi.


Quando una di tali sostanze brucia, perde la sua componente flogistica
e il fuoco individua  il rapido passaggio del flogisto all'esterno della
sostanza.

La teoria del flogisto appariva così chiara e perfetta che fu catalogata


come una delle più grandi scoperte dell'epoca e rimase nella mente dei
chimici per quasi un secolo
Scheele non ha eguali nella storia
per il numero di sostanze chimiche
scoperte, nonostante la scarsità di
mezzi e l’inadeguatezza del suo
laboratorio.
La prima sostanza che isolò fu
l’acido tartarico, seguirono l’acido
arsenico, il molibdeno, l’acido
lattico, il tungsteno e l’acido
prussico.

Isolò e investigò anche gli acidi citrico, mallico, ossalico e gallico. La sua analisi
del diossido di manganese lo portò alla scoperta del cloro e dell’ossido di bario.
Ulteriori scoperte di Scheele furono la glicerina, il solfuro d’idrogeno, il cianuro
d’idrogeno e il fluoruro d’idrogeno.

Nel febbraio 1775, Carl Scheele fu eletto membro della Royal Academy of
Sciences svedese, onore mai attribuito ad un farmacista. L’esposizione a tante
sostanze tossiche minò la sua salute e Carl Scheele morì a 43 anni il 26 maggio
1786. 

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