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Carissimi Capi,

in risposta agli obiettivi del Progetto Regionale , abbiamo voluto pubblicare un Libretto
sul Progetto del Capo, strumento principe di progettazione . Nella prima area del
nostro Progetto Regionale riconosciamo la difficolt di definire cosa sia ladultit e
conseguentemente la difficolt dei capi, giovani e meno giovani, a compiere delle scelte,
ad uscire dalla prospettiva del qui ed ora, per credere nella possibilit di un progetto
personale da perseguire.
Incertezza e precariet sono le parole dordine di questo tempo; unincertezza
che investe tutti gli ambiti: sociale, culturale, etico-morale, economico, lavorativo.
uno scenario sociale nettamente diverso da quello in cui abbiamo vissuto e che siamo
abituati per impostazione pedagogica o sociologica a prendere in considerazione ed
in questo scenario non possiamo non ri-segnalare che si riscontra una mancanza di
adultit. Oggi consumiamo la vita. Si sente la necessit di vivere il tutto, dai bisogni, alle
relazioni, alla propria capacit di progettazione, nellarco di un tempo molto limitato,
si ha la paura o spesso lincapacit di sognare, di andare oltre il breve periodo. Tutto
questo nelladulto ha generato dipendenza dallambiente, come se non si percepisse
pi la capacit di incidere su di esso, o fossero vani gli sforzi di riuscirvi, non si compiono
azioni per cambiare il mondo, per lasciarlo migliore di come labbiamo trovato.
contro questa tendenza della precariet culturale che il Capo non pu
rinunciare ad essere maestro testimone! Ma per esserlo deve aver abbattuto il senso di
precariet e di incertezza e deve aver fatto posto alla certezza di vivere la propria vita
consapevolmente tendendo ad un ideale, lontano, ma raggiungibile perch obiettivo
ultimo di un percorso illuminato da una chiamata la servizio. lofferta della propria
vita alla vita dellaltro; strumento principe di questa lotta alla precariet culturale
per noi capi il progetto del capo; strumento che ci permette di mutare il modo di
pensare e soprattutto di vivere, che ci insegna, attraverso un processo auto educativo,
a spostare la linea dei nostri sogni, che ci insegna a vivere sognando un mondo diverso
e che ci permette di cambiarlo per lasciarlo migliore per le future generazioni.
Il progetto del capo restituisce alla persona la possibilit di sognare degli
obiettivi da raggiungere in maniera personale, in un contesto che lo aiuta, lo sostiene, ne
condivide degli obiettivi. Ha un grande valore sociale; come associazione di volontariato
a scopo educativo, non solo educhiamo alla progettualit, ma diciamo ad adulti oggi di
scegliere la progettualit come stile di vita e chiediamo che ci sia visibile progettandoci
come persone in funzione del servizio a cui siamo stati chiamati come educatori scout.
Con il Progetto del Capo, la riflessione e la nuova elaborazione a livello
nazionale, si conferma lorientamento anticonformista e progressista della nostra
Associazione, alla precariet si contrappone la progettualit, alla mancanza di valori,
ladesione piena ai valori dello scoutismo e del Patto associativo, allindividualismo il
valore della comunit, al personalismo la ricerca del bene altrui, il servizio .
Per la realizzazione di questo libretto dobbiamo ringraziare Nunzio Zagara,
(formatore nazionale e regionale, ex incaricato alla Fo.Ca.), che ne ha curato la stesura
condividendo e sposando un progetto di questa Fo.Ca.
Sperando che vi possa tornare utile nel progettare il vostro servizio vi auguriamo
Buona Strada
Annalisa Spadaro
Incaricata alla Formazione Capi Regionale
III III III III
1- FAR TESORO DEL NOSTRO CAMMINO
(Per capire dove siamo e perch)
Proporre un contributo sul Progetto del Capo, raccontando una
storia iniziata almeno 25 anni fa, pu non essere il miglior incentivo
alla lettura; forse sarebbe molto pi accattivante iniziare annunciando
una scoperta sensazionale ed innovativa. la tendenza degli ultimi
tempi, potremmo definirla (ironicamente) lifting associativo, consiste
nel dare una mano di vernice ad un qualche strumento un po usurato
con la speranza che divenga interessante e meritevole di essere usato.
I risultati di tale metodo, finora, non sembrano molto soddisfacenti.
Provare ad andare in profondit, invece, pu aiutarci a capire le scelte
di fondo e, di conseguenza, le potenzialit di uno strumento. Magari,
alla fine, potrebbe venire in mente di usarlo (anche se non labbiamo
fatto finora) non tanto perch nuovo, quanto perch ne abbiamo
condiviso lutilit e compreso davvero i meccanismi.
Fra le scelte basilari di campo emerge come urgente la necessit
di un ripensamento, non realizzabile in tempi brevissimi, di una
ridefinizione dellidentikit di Capo, che sia capo di tutta lAssociazione.
Questa frase non tratta dagli atti dellultimo Consiglio Generale ma
da quelli del 1987! Ed in quegli stessi anni che fa le sue prime
apparizioni agli atti il Progetto del Capo. Pur senza la pretesa di
fare qui unanalisi approfondita, alcune semplici osservazioni possono
essere utili a comprendere il contesto dal quale scaturisce lesigenza di
ridefinire lidentikit del capo, di modificare il suo percorso di formazione
e di inventarsi un nuovo strumento focalizzato sul capo.
Dalla fine degli anni 80, ad esempio, cominciano a diradarsi, per
poi scomparire del tutto, i Campi Nazionali di branca per trasformarsi
gradualmente prima in campi interbranca ed infine in Campi di
Formazione Associativa. Fino ad allora, per molti versi, lelemento
metodologico nella formazione del capo era stato preponderante; si
chiedeva al capo di conoscere bene la metodologia, di sperimentarla
sul campo e poi il secondo tempo (il Campo Nazionale) costituiva
una verifica, principalmente incentrata sulla capacit di applicare gli
strumenti e di essere un buon capo di branca. A ben vedere, il cambio
di prospettiva nella formazione dei capi a partire dalla fine degli anni
80, deriva dalla presa di coscienza del radicale cambiamento che ha
attraversato la societ italiana.
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Pur senza voler accogliere acriticamente tutte le tesi sulla
questione del cosiddetto prolungamento delladolescenza, non
possiamo negare che negli ultimi 15-20 anni si effettivamente spostata
in avanti let del raggiungimento dellautonomia/indipendenza (non
solo economica) con il conseguente prolungamento di quella fase di
transizione ed indeterminatezza che, spesso, si ripercuote anche sul
modo di affrontare il quotidiano. Indubbiamente la situazione tipo
dei giovani (capi e non) di questi anni, risulta molto diversa da quella
dei coetanei degli anni 70/80.
In una condizione in cui, a differenza del passato, molte delle
fondamentali scelte/situazioni esistenziali si trovano a dover essere
posticipate, il nuovo giovane capo, evidenzia bisogni formativi
diversi, come quello di interrogarsi ancora (ed essere interpellato) sulle
proprie motivazioni, per prendere meglio coscienza delle scelte da fare
e delle conseguenze legate al proprio ruolo di capo-educatore. Non che
tali problematiche fossero del tutto assenti in precedenza, ma non si
pu ignorare che alcune situazioni (lavoro, matrimonio, genitorialit,
per citare le pi comuni) avessero un peso anche rispetto al ruolo di
capo.
Un altro aspetto da evidenziare che in quella fase, si registra
da parte dellopinione pubblica un inedito interesse per lAGESCI e
per la sua proposta educativa (sono gli anni della partecipazione di
Giovanni Paolo II alla route nazionale R/S 1986 e della conseguente
esposizione mediatica) interesse seguito da un incremento dei gruppi
scout senza precedenti. Al capo un po alle prese con se stesso, di
conseguenza, viene chiesto non semplicemente di applicare il metodo
ma di essere un educatore in una comunit che fa una proposta globale
dagli 8 ai 21 anni.
foto Biagio Priviterea
VVVV
Lintroduzione dello strumento progetto del capo, quindi,
nasce da questa situazione. Cos lo definisce una mozione approvata
al Consiglio Generale del 1989: uno strumento con il quale il capo
pu misurare e verificare la propria progressione personale, in modo
da poter far meglio il punto sulla sua realt e sugli obiettivi del suo
cammino di uomo e di educatore.
In effetti il prototipo, come spesso avviene, un po troppo estremo
e incontra molte resistenze e dubbi. Ecco i principali:
- cera la paura che il progetto del capo divenisse la progressione
personale del capo e, di conseguenza, la Co.Ca. assumesse
dinamiche da quarta branca;
- limpostazione iniziale sul cammino di uomo ed educatore
ingener la convinzione che venisse chiesto di condividere con
la comunit capi i progetti di vita dei suoi componenti;
- quando si discute di scelte di vita, i capi pi maturi spesso le
danno per acquisite, quindi il Progetto del Capo veniva ritenuto
inutile, se non offensivo;
- la verifica in comunit capi poneva il problema della correzione
fraterna (come, su che cosa e, soprattutto, chi pu correggere?);
Nonostante negli anni successivi ci si sia sforzati di far passare
lidea di un Progetto del Capo strumento di formazione e funzionale al
servizio del capo, queste resistenze lo hanno accompagnato per lunghi
anni (e forse continuano ad accompagnarlo).
Daltra parte non si pu nascondere che per molti giovani capi si
presentava la necessit di cercare conferme rispetto alle scelte della
partenza anche dopo essere usciti dal clan, la tentazione di ricercare
nella comunit capi e nel Progetto del Capo le risposte ai propri dubbi
personali era, pertanto, piuttosto forte.
Gi da queste prime osservazioni risulta evidente che non si pu
parlare di Progetto del Capo senza collocare la questione nel quadro pi
ampio della formazione capi. Gradualmente, si prende coscienza che
il bisogno di formazione dei capi non pu essere soddisfatto solo dai
campi scuola e che, per la sua struttura, la comunit capi pu offrire al
capo un contributo nel suo percorso di formazione permanente.
In questottica, pertanto, vanno inquadrandosi strumenti come
il progetto del capo e il tirocinio; che devono accompagnare il capo
ed offrirgli la possibilit di imparare il mestiere anche attraverso
il confronto o il classico trapasso di nozioni. Anche il ruolo del capo
gruppo, in questo contesto, non pu pi essere quello del semplice
VI VI VI VI
animatore di comunit capi ma dovr essere quello delladulto
capace di stimolare in altri adulti il bisogno di formazione, lo spirito
della ricerca e della sperimentazione.
Negli anni a seguire queste idee vengono ribadite in pi occasioni
(Route nazionale delle comunit capi del 97, seminari della Fo.Ca.
nazionale sulla formazione permanente del 98, sullaccoglienza in coca
nel 2001) fino al seminario della Fo.Ca. nazionale del 2003 dedicato
proprio al tema del progettare in Co.Ca. e proposto proprio perch
si affermata la potenzialit del PdC quale strumento formativo e la
necessit di un suo rilancio.
In quelloccasione si parl di rilancio; nonostante le affermazioni di
principio, infatti, il seminario presentava uno studio dal quale emergeva
che meno del 50% dei capi italiani faceva uso del Progetto del Capo.
In effetti, alcune delle osservazioni scaturite dal seminario sono, ancor
oggi, attuali ed importanti.
Possiamo citare le criticit evidenziate dal seminario:
- Il ruolo del capo gruppo; qualcuno che ha lautorit e
lautorevolezza per proporre con forza, per ricevere una delega
chiara a essere punto di riferimento di questa attivit. Questa
persona dovrebbe / potrebbe essere il capo gruppo ma a volte
non ha la forza necessaria[omissis].
- Il clima della comunit capi; Come si fa a dire qualcosa di
se stessi in una Co.Ca. in cui parlano solo in pochi? In cui fare
una critica ad alcuni pu scatenare ripicche o conflitti? Quando
accettare una critica diventa un problema?.
- La testimonianza dei capi pi autorevoli circa limportanza dello
strumento.
In realt il seminario offriva gi alcuni spunti interessanti, come
quello di vivere lo strumento Progetto del Capo nella prospettiva di un
Patto fra Capi.
importante impostare una logica di patto fra Capi rispetto al senso
di fare educazione. Questo patto fra capi, cos concretamente? il
senso che diamo (e perci lo scriviamo) al nostro fare educazione;
[omissis] Se volete ci che introduce e d sostanza al Progetto
Educativo. [omissis] Quando diciamo che collegato al Progetto
Educativo intendiamo che prima del PE c un Patto tra noi molto
concreto che va oltre le dichiarazioni di principio, oltre ai valori del
Patto Associativo: il nostro patto! E poich siamo qui noi dieci tu
mi dici, attraverso il Progetto del Capo cosa sei qui a fare! Se manca
questo senso di Patto fra i capi non si vede la necessit del Progetto
del Capo e si scrivono inutili Progetti Educativi.

I passaggi successivi e le modifiche alliter formativo di questi
anni appartengono alla storia recente e, in gran parte, costituiscono
momenti di continuit rispetto alle riflessioni di cui sopra.
Ad esempio, lidea di introdurre un evento di formazione (poi divenuto
CFT), da vivere nei primi mesi dallingresso in comunit capi, nasce
dalle verifiche (dei formatori) dalle quali emergeva che prima ancora che
di metodologia di branca ai CFM molti partecipanti avessero lesigenza
di confrontarsi sulle scelte e sulle motivazioni al servizio di capo.
Anche lattuale nuova formulazione dellarticolo 47 del regolamento
tiene conto, evidentemente, sia delle prospettive aperte dalla modifica
delliter di formazione capi che delle citate riflessioni del 2003.
2- PROGETTO DEL CAPO PERNO DELLA FORMAZIONE
Per capire pienamente, oggi, il significato e le potenzialit dello
strumento Progetto del Capo non si pu prescindere dallanalisi di alcuni
concetti che, a lungo discussi in associazione e specialmente in area
formazione capi, sono entrati, infine, a far parte ufficialmente dei nostri
atti e regolamenti. Si tratta di
idee che sviluppano in maniera
sistematica laspirazione a che
la formazione del capo sia vista
nella sua globalit e non limitata
allesclusiva partecipazione
agli eventi di formazione capi
istituzionale.
VIII VIII VIII VIII
Primo fra tutti il concetto della personalizzazione dei percorsi
formativi che ha la sua ratio nella volont di rendere ladulto sempre
pi protagonista della propria formazione. (art.42 la proposta formativa
dellassociazione si prefigge di tenere conto delle esigenze, competenze,
esperienze e tempi di ciascun socio adulto...). In realt, linserimento
esplicito nel regolamento di queste espressioni ha avuto il senso di
ampliare quanto era gi, di fatto, proposto nei campi scuola (si pensi
al contratto formativo o alla condivisione con gli allievi degli obiettivi
del campo). Daltronde uno studioso dellapprendimento adulto come
Malcom Knowles (1913-1997) fra gli elementi di un modello andragogico
1

segnala quello di creare un meccanismo per la progettazione comune,
affermando: un aspetto della prassi formativa che differenzia pi
nettamente la scuola pedagogica da quella andragogica il ruolo
del discente nella pianificazione. Nel primo caso la responsabilit
della programmazione attribuita quasi esclusivamente a una figura
di autorit (insegnante, istruttore). Una delle scoperte fondamentali
della ricerca applicata sul comportamento degli adulti che le persone
tendono a sentirsi impegnate in una decisione o in unattivit in diretta
proporzione alla loro partecipazione o influenza sulla sua progettazione
e sul processo decisionale che la riguarda.
In questo senso, appare evidente che il progetto del capo, con
il suo meccanismo di analisi dei propri bisogni formativi e conseguente
progettazione di percorsi, tempi e luoghi per soddisfarli, risponde
perfettamente a questo schema. Per dirla con le parole dei documenti
associativi esso lo strumento orientante di cui lAssociazione
si dotata per accompagnare il Capo nel processo di formazione
permanente.
Lo strumento progetto del capo, pertanto, accompagna tutta
lesperienza di servizio e permette al capo di essere protagonista della
propria formazione e di focalizzare, di volta in volta o simultaneamente,
laspetto vocazionale/motivazionale, quello metodologico o quello
associativo. A leggere attentamente fra le pieghe del regolamento tali
possibilit (spesso associate ai vari momenti delliter del capo) emergono
chiaramente.
1 Landragogia una teoria unitaria dellapprendimento ed educazione degli
adulti. Il termine stato coniato in contrapposizione a quello di pedagogia, che deriva
dal greco pais, bambino, e ago, condurre. Si tratta di un modello incentrato
sulla comprensione della diversit di bisogni e interessi di apprendimento degli adulti
rispetto ai bambini, che ha trovato in Malcom Knowles il suo massimo esponente.
IX IX IX IX
Nella prima fase del percorso formativo di base ad esempio
(art.48) vi sar la possibilit di scoprire ed utilizzare il Progetto del
Capo, come strumento di progettazione e sintesi delle esperienze
formative. Fra gli obiettivi del Tirocinio (art.49) vi quello di permettere
il consolidamento, nella Comunit Capi, delle proprie scelte e del
processo di maturazione del Progetto del Capo, nella quotidianit
dellimpegno e nel realismo della propria organizzazione personale.
Una volta acquisita dimestichezza nellutilizzo dello strumento,
esso pu ancora rivelarsi utile, infatti, lart. 53 afferma che la seconda
fase del percorso formativo di base, nel quadro del proprio Progetto
di Capo, ha come finalit di acquisire consapevolezza della scelta di
servizio educativo in Associazione e giungere alla nomina a Capo. Lo
stretto legame fra la proposta educativa che facciamo e la competenza
necessaria, inoltre, implica che anche il capo brevettato progetti di
acquisire ulteriori competenze, per questo motivo il progetto del capo
riguarda tutti i capi e lart.62 conclude: Il socio adulto, conseguita la
Nomina a Capo e Wood Badge, proseguir il suo cammino formativo
articolando personali percorsi formativi coerentemente con il proprio
aggiornato Progetto del Capo.
Il richiamo allaggiornamento del proprio progetto di capo
mette in luce come esso voglia essere uno strumento flessibile ed
estremamente pratico, tuttaltro che un documento contenente astratte
indicazioni di principio e, pertanto, immutabile.
3- FONDAMENTA E PILASTRI
(Patto Associativo e Progetto Educativo)

La recente modifica dellart.47 (C.G. 2009) del regolamento
organizzazione (progetto del capo) pone ulteriormente in evidenza,
con la nuova formulazione, lo stretto legame fra Progetto del Capo,
Patto Associativo e Progetto Educativo.
Per la verit, tale legame era gi segnalato nel precedente testo,
possiamo considerare la sottolineatura, pertanto, unoccasione per
stimolare alcune riflessioni aggiuntive su questo collegamento.
Sul Patto Associativo e sui valori in esso espressi, come su
solide fondamenta, deve poggiare tutta la nostra costruzione.
strumento flessibile ed
mento co co contenen en en ente te te te aaaast st st st stra ra ra ra ratt tt tt tte e e
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ASTTTTTTTTTTTTTTTRRRRRRRRRRRRRII
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XXX
Non possiamo prescindere, nella progettazione di qualsiasi
percorso formativo per il capo, da quel patto che ci accomuna e
definisce la nostra identit di associazione con connotati precisi.
Individuare le proprie esigenze formative e gli obiettivi personali, alla
luce delle scelte del Patto Associativo (art.47) quindi, significa che la
progettazione non pu prescindere dalla comprensione ed accettazione
di ci che viene chiesto a chi aderisce a tale patto.
Accettazione, naturalmente, non vuol dire essere perfetti ma
assumersi la responsabilit di andare in una precisa direzione. Donne
e uomini che hanno deciso di essere Chiesa, di spendersi per gli altri
attraverso leducazione con un metodo originale, di impegnarsi per
lasciare il mondo migliore di come lhanno trovato. Questo non sempre
risulta semplice, e ci, in verit, non dipende necessariamente dallet
o dallesperienza associativa.
Il Progetto del Capo, quindi, come tutti i progetti, cerca di indurre
un cambiamento, rispetto ad unanalisi personale, per questo motivo
risulter utile indistintamente a tutti i capi che si sforzano di mettere
in pratica quanto enunciato dallart.40 (regolamento organizzazione)
che non a caso si intitola finalit della formazione dei soci adulti: i
bambini, i ragazzi e i giovani hanno diritto ad essere educati da adulti
che abbiano compiuto scelte solide ed acquisito adeguate competenze.
Scelte solide e competenze, che vanno incrementate continuamente e
che impensabile possano considerarsi archiviate una volta acquisita
nomina a capo.
Il forte legame con il Patto Associativo risulta esplicitato,
inoltre, dallattuale formulazione dei cosiddetto ambiti essenziali da
approfondire (art.47) nella redazione del progetto del capo. Superata
la formulazione del testo precedente (io e la realt, io e il servizio, io
e lassociazione, io e la fede), si preferito indicare degli elementi pi
chiaramente riconducibili al testo del Patto Associativo.
Questi gli ambiti essenziali che possiamo immaginare come
una sorta di pilastri:
A) LA COMPETENZA METODOLOGICA
Siamo chiamati ad essere padroni del metodo scout direttamente
dalla nostra adesione alla scelta scout; un metodo desunto dagli scritti
e dalle realizzazioni pedagogiche di Baden Powell, dalla Legge e dalla
XI XI XI XI
Promessa (Patto Associativo). Il confronto ed il trapasso delle nozioni in
staff, la partecipazione al CFM, lapprofondimento in Branca (zonale e
regionale), la partecipazione al CAM, la lettura e lapprofondimento dei
documenti associativi e delle branche, la comprensione dei meccanismi
dellintenzionalit educativa sono solo alcuni dei possibili passi che
il capo pu proporsi volendo incrementare la propria competenza
metodologica.
B) LA VITA DI FEDE
La completezza del testo sulla scelta cristiana del Patto
Associativo offre gi moltissime indicazioni a chi vuol comprendere
come essere capo. Leggiamo che una volta accolto il messaggio di
salvezza di Cristo, i capi scelgono di annunciarlo e testimoniarlo.
Pur senza banalizzare largomento ma, daltro canto, tenendo
presente la reale situazione delle nostre comunit capi, dobbiamo
fare la semplice riflessione che per annunciare un messaggio bisogna
conoscerlo. Infatti, cos come lapprofondimento metodologico
comporta la partecipazione ai campi scuola e lo studio dei regolamenti
metodologici; altrettanto assumersi il ruolo di annunciare il messaggio
di Cristo dovrebbe spingerci (qualora ci accorgessimo di qualche nostro
limite) a proporci la partecipazione ad occasioni di formazione in tale
direzione, proposte dallassociazione ed anche, pi semplicemente,
dalle strutture della nostra Chiesa, prime fra tutte le parrocchie e le
diocesi.
Daltronde lart.43 afferma che lassociazione promuove la
partecipazione dei soci adulti ad attivit formative organizzate da altri
enti e organismi.
Come abbiamo visto, il Patto Associativo alla conoscenza associa
la testimonianza, concetto che va inquadrato nella sua dinamicit. Il
capo che redige il suo progetto trova gi semplici indicazioni in merito
a quali passi compiere per far crescere la propria esperienza di fede. Il
Patto Associativo, infatti, precisa che lesperienza di fede deve sempre
crescere e rinnovarsi nellascolto della Parola di Dio, nella preghiera e
nella vita sacramentale. Il capo educatore (catechista), inoltre, propone
la fede utilizzando un metodo diverso, quello scout, anche in tal senso
esiste la possibilit di progettare di acquisire maggiore competenza (ad
esempio leggendo il PUC, il Sentiero Fede ed altre pubblicazioni scout
sul tema).

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C) LA RESPONSABILIT SOCIALE E POLITICA
Qui si realizza, in concreto, quanto auspicato dal Patto
Associativo in tema di scelta politica, laddove viene delineata, in
maniera abbastanza netta, la figura del capo scout, impegnato nella
realizzazione di un Progetto Educativo, testimone e promotore di
politiche e valori che lo riguardano in prima persona. Progettare di
assumersi tali responsabilit, significa immaginare se stessi come
cittadini attenti ed interessati alla realt, capaci andare in profondit e
prendere consapevolmente posizione. La ricerca di occasioni formative
anche in ambiti esterni allassociazione e la partecipazione attiva alla
vita sociale, possono costituire, quindi, idonee prospettive per coloro
che sentano di dover crescere in tale direzione.
Pu essere utile, a questo punto della nostra riflessione, dedicare
un po di attenzione al collegamento fra Progetto del Capo e Progetto
Educativo, reso ulteriormente evidente dallattuale formulazione del
regolamento.

Il Progetto Educativo, in effetti, il principale strumento
attraverso il quale il capo, con il suo impegno nelle sfide educative
del territorio, realizza appieno quanto auspicato dal Patto Associativo.
Si stabilisce cos, fra Progetto Educativo e Progetto del Capo un
importante nesso di reciprocit: da un lato il Progetto Educativo, con
i suoi obiettivi educativi focalizza larea di riferimento rispetto a
cui il capo potr indirizzare la propria formazione, dallaltro il capo,
individuando e portando avanti obiettivi personali, diventer sempre
pi capace di realizzare ci che la comunit capi ha progettato per i
ragazzi.
In definitiva il capo (nel suo Progetto di Capo) si porr obiettivi
che non sono generici ed astratti ma direttamente collegati e funzionali
al suo servizio in associazione, consapevole che per svolgere il ruolo
di educatore, per realizzare obiettivi educativi in un determinato
territorio, dovr acquisire specifiche competenze e caratteristiche,
in una parola dovr incrementare la propria formazione personale.
In questo senso viene affermato che ogni membro della Comunit
Capi, confrontandosi con gli obiettivi del Progetto Educativo, individua
le proprie esigenze formative e gli obiettivi personali, per contribuire
efficacemente alla realizzazione degli impegni di servizio individuati
dalla Comunit Capi.
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D) LADEGUATEZZA AL COMPITO ED AL RUOLO DI EDUCATORE
Probabilmente rispetto a questultimo pilastro un po pi
difficile definire i propri obiettivi.
Per essere educatori adeguati, come sappiamo bene, non
basta avere un bagaglio di conoscenze e competenze da trasmettere;
non sufficiente neanche essere in grado di capire, ascoltare i bambini,
ragazzi e giovani ed avere con loro unottima relazione. Queste sono
precondizioni indispensabili ma adeguatezza al ruolo di educatore
significa essere in grado di testimoniare con la vita le proprie scelte,
significa possedere quella solidit personale che permette di fare delle
proposte spesso scomode e controcorrente ma alle quali i nostri
giovani possano guardare con fiducia.
Si interrogheranno, quindi, non solo i giovani capi che
cercheranno obiettivi ed occasioni per comprendere meglio la propria
vocazione, ma anche quelli un po pi navigati, che dai piccoli
fallimenti educativi cercheranno di individuare sempre le nuove strade
da percorrere.
4- ESSERE ASSOCIAZIONE
(Chi e come)
Attualmente parecchi capi vivono con difficolt il loro ruolo
di educatori. Pu risultare faticoso rispondere alle esigenze ed alle
aspettative dei ragazzi che, qualche volta, collidono con le nostre
difficolt a ritagliarci, nella frenesia della quotidianit, tempi e
modi giusti. Per molti, tuttavia, il peso maggiore quello di sentirsi
pienamente associazione.
Le strutture associative (a cominciare dalla comunit capi)
sono percepite come una sorta di sistema burocratico e quando questo
accade, si pu parlare certamente di occasione mancata.
Potremmo osservare che, di solito, quanto si sorregge un peso, se si
viene aiutati da altri diventa meno faticoso. Questo il bello di essere
associazione, non sentirsi educatori solitari ma inseriti in una comunit,
via via pi ampia, che ti offre il suo aiuto nel difficile mestiere del capo.
Per questo motivo il Progetto del Capo non ha ragione di esistere se
non vissuto, in tutte le sue fasi, allinterno di una comunit capi e
tenendo presenti le opportunit formative proposte dalle rimanenti
strutture.
XIV XIV XIV
Esso, daltro canto, deve costituire elemento utile anche alla
programmazione della vita di Comunit capi e alla progettazione nelle
strutture associative (Zona e Regione) nel senso che queste dovranno
tener conto e prefiggersi di dare risposte alle esigenze formative
espresse dal capo.
Il ruolo della comunit, davanti alla quale il capo assume i suoi
impegni e verifica di volta in volta il cammino percorso, sar quindi
da un lato quello di offrire occasioni formative, dallaltro di stimolare
ogni suo componente ad essere protagonista della propria formazione
anche e soprattutto in sede di verifica. Emerge con grande chiarezza
limportanza di instaurare in comunit capi un clima improntato ad
una rigorosa ma serena auto valutazione.
Vivere queste dinamiche in comunit capi significa fare
formazione dei capi, ed un efficace sistema formativo per adulti non
deve basarsi sul giudizio ma offrire ai singoli strumenti per auto-
diagnosticare la discrepanza fra i propri obiettivi ed i risultati conseguiti
e, quindi, poter ricalibrare i nuovi percorsi.

Chi abbia fatto esperienza di eventi di formazione capi, spesso,
torna a casa colpito dal particolare clima che si venuto a creare
al campo scuola e di come questo abbia favorito il coinvolgimento di
tutti ecc. Di solito, un po ingenuamente, si pensa che ci sia dipeso
dallaverlo vissuto insieme a persone formidabili (non come quei
fetentoni della propria comunit capi).
Pur non volendo svelare che babbo natale non esiste, dobbiamo
considerare che anche il clima di un campo scuola (ed i momenti
idonei a crearlo) vengono progettati. Il regolamento, parlando del
Progetto del Capo, affida alla comunit capi il compito di stabilirne le
modalit di stesura e di verifica, modellandolo in funzione delle proprie
esigenze e di quelle dei suoi membri.
Dedicare la giusta attenzione al clima, ai luoghi, ai tempi ed
alle modalit nello stile della nostra esperienza scout potr certamente
offrire allo strumento una marcia in pi ed agevolare linstaurarsi di
sempre pi proficue dinamiche formative.
5- CONCLUSIONI
Un famoso proverbio recita meglio insegnare a pescare che
dare un pesce. Qualche volta quando pensiamo alla formazione capi
sembra che ci aspettiamo di ricevere dei bei pesci che ci risolvano
ogni problema. Andiamo a cercare chiss quale soluzione per la nostra
formazione e, magari, non ci accorgiamo che ce labbiamo sotto il naso.
Il Progetto del Capo, a dire il vero, potrebbe essere una bella canna da
pesca e noi scout sappiamo che si impara facendo, muoviamoci allora
e, di certo, la pesca sar eccellente.


A cura della Pattuglia Formazione Capi - AGESCI Sicilia

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