Sei sulla pagina 1di 109

Meccanica Aerospaziale

Dispensa del Corso - Prof. Aldo Frezzotti


La preoccupazione delluomo e del suo destino devono sempre costituire linteresse principale di tutti gli sforzi tecnici. Non dimenticatelo mai in mezzo a tutti i vostri diagrammi ed alle vostre equazioni - Albert Einstein

Elementi di Meccanica Analitica

` Obbiettivo di questo capitolo e quello di ottenere le equazioni di moto di un generico sistema meccanico attraverso la denizione dellequazione di Lagrange e delle sue caratteristiche. Nel corso di meccanica razionale sono state utilizzate le seguenti metodologie: 1) Equazioni cardinali del sistema 2) Teorema dellenergia cinetica I suddetti approcci, pur avendo validit` generale, portano, in molti casi, a procedimenti compa lessi soprattutto per sistemi in tre dimensioni; converrebbe quindi un approccio che, mantenendo la stessa generalit` , permetta di giungere alle equazioni di moto in modo pi` semplice. a u

1.1 Equazioni di Lagrange per un sistema costituito da un punto


Si consideri il moto di un punto (P) il cui generico vincolo sia rappresentato da una supercie esplicitamente dipendente dalle dimensioni spaziali e non dal tempo g(x, y, z) = cost come rappresentato in gura:

` E possibile scrivere lequazione fondamentale della dinamica: d2 P =F+ (1) dt2 ` Avendo denito la supercie in uno spazio tridimensionale, essa e caratterizzata da 2 parametri indipendenti che chiameremo coordinate libere: m q1 , q2 : coordinate libere della supercie che rappresenta il vincolo. Possiamo quindi ridurre le incognite del problema da tre, ovvero (x,y,z), a due sole incognite, infatti:

x = x(q1 , q2 ),

y = y(q1 , q2 ),

z = z(q1 , q2 )

(2)

Si analizzino le derivate della posizione del punto rispetto alle coordinate libere : dP dP (3) dq1 dq2 Esse rappresentano due vettori che deniscono univocamente il piano tangente alle linee coordinate della supercie, rispetto a cui il versore normale al piano sar` sempre perpendicoa lare: N=
dP dq1 dP dq1

dP dq2 dP dq2

(4)

Da queste denizioni affermiamo che: uno spostamento innitesimo compatibile con il vincolo apparterr` sempre al piano tangente alle linee coordinate. a Infatti: P = P(q1 , q2 ) quindi P P dq1 + N dq2 = 0 P N dP = 0 (6) q1 q2 Se il punto in posizione P appartiene alla supercie, allora esso dovr` trovarsi sulla medesa ima supercie anche in posizione P + dP : N dP = N g(x + dx, y + dy, z + dz) g(x, y, z) = dg = 0 o pi` sinteticamente : u dg = quindi 2 g g g dx + dy + dz = x y z g dP = 0 g // N (8) (7) dP = P P dq1 + dq2 q1 q2 (5)

N=

g g

(9)

il gradiente spaziale della supercie sar` sempre parallelo alla normale del piano in ogni a suo punto. Ora generalizziamo le denizioni date considerando una supercie esplicitamente dipendente dal tempo: g(x, y, z, t) = cost N = N(P, t) Quindi anche le coordinate del punto dipenderanno esplicitamente da esso: P = P(q1 , q2 , t) Si analizzi ancora uno spostamento innitesimo sulla supercie: dg = g(x + dx, y + dy, z + dz, t + dt) g(x, y, z, t) = 0 in modo pi` compatto: u dg = quindi g dt (15) t Lo spostamento compatibile con il vincolo non sar` pi` perpendicolare ad N ed al gradiente a u ` u di g: in queste condizioni non e pi` possibile risalire ad equazioni pure di moto. Per ovviare a questo problema deniamo un nuovo tipo di spostamento: g dP = SPOSTAMENTO VIRTUALE (P): spostamento innitesimo compatibile con il vincolo con il tempo ssato ad un determinato valore. e riscriviamo le precedenti equazioni: g = g(x + x, y + y, z + z, t) g(x, y, z, t) = 0 quindi: g = g g g x + y + z = x y z g P = 0 P N P = 0 (17) (16) g dP + g dt = 0 t (14) (13) (12) t (10) (11)

` E possibile riaffermare lortogonalit` tra lo spostamento (questa volta virtuale) e la normale a alla supercie.

A questo punto, per ottenere equazioni pure di moto attraverso le equazioni viste, deniamo il vincolo come: - Ideale: vincolo sempre perpendicolare alla supercie che lo denisce;` detto anche vincolo e liscio -Olonomo: vincolo denibile attraverso equazioni di tipo algebrico ` Riconsiderando, quindi, le equazioni cardinali e possibile denire delle equazioni pure di moto sfruttando lortogonalit` tra la reazione vincolare ed i vettori tangenti alle linee coordinate a : m Dato che: //N// g Quindi: N Allora possiamo scrivere che: m essendo: P P = N =0 qi qi (22) d2 P P P P =F + 2 dt qi qi qi (21) P =0 qi (20) = N = g g = g (19) d2 P =F+ dt2 (18)

Perci` otteniamo la seguente equazione vettoriale: o m d2 P P P =F 2 dt qi qi (23)

con i=1,2 (gradi di libert` del punto vincolato alla supercie) a

1.2 Equazioni di Lagrange per un sistema di punti


Seguendo un metodo analogo a quello utilizzato nel paragrafo precedente possiamo scrivere le equazioni di moto per un generico sistema di punti. Consideriamo un sistema composto da N punti e caratterizzato da una congurazione di vincoli esprimibile analiticamente attraverso una generica supercie g:

Le equazioni cardinali saranno valide per ogni singolo punto i-esimo: m o pi` sinteticamente: u xi = (P i O) m i x i = fi + i (i = 1...N ) (25) d2 P i = f i + i dt2 (i = 1...N ) (24)

Siamo quindi in presenza di 3N equazioni scalari. ` E utile quindi denire delle nuove grandezze: X = (x1 , x2 , x3 , x4 , ..., xN ) Vettore che ha per componenti le posizioni di tutti i punti del sistema F = (f 1 , f 2 , f 3 , f 4 , ..., f N ) Vettore che ha per componenti le forze agenti su tutti i singoli punti del sistema = ( 1 , 2 , 3 , 4 , ..., N ) Vettore che ha per componenti le reazioni vincolari di tutti i singoli punti del sistema

` Si noti che ogni singola componente dei vettori considerati e a sua volta un vettore. In questo spazio deniamo somma e prodotto scalare come somme e prodotti delle singole componenti. Deniamo inne una matrice di massa che racchiuda in se tutte le informazioni sulle masse dei singoli punti: m1 0 0 0 0 0 ... 0 m1 0 0 0 0 ... 0 0 m1 0 0 0 ... ... ... (26) M = ... ... ... ... ... ... 0 0 0 mN 0 0 ... 0 0 0 0 mN 0 ... 0 0 0 0 0 mN Lequazione cardinale di tutto il sistema diventa: MX = F + (27)

Per quanto riguarda i vincoli riscriviamo lequazione di una supercie (in realt` le superci a possono essere di pi` come si vedr` in seguito) : u a g(X, t) = cost supercie 3N - 1 dimensionale caratterizzata da 3N - 1 linee coordinate. Denito n = 3N - 1 i vettori tangenti alle linee coordinate saranno: X qk
n

(28)

k = 1...n

(29)

Riconsideriamo, allora, uno spostamento innitesimo compatibile con i vincoli: P =


k=1

X X qk ) + dt qk t

(30)

ssando un istante di tempo (dalla denizione di spostamento virtuale) si ottine: X dt = 0 t Quindi:


n

(31)

P =
k=1

X qk ) qk

(32)

lo spostamento virtuale si trover` sul piano tangente alla supercie. a 6

Per cui ssando il tempo riscriviamo: g(X + X, t) g(X, t) = 0


xg

P = 0

(33)

` Il gradiente di g e perpendicolare a qualsiasi spostamento virtuale, quindi:


n xg

k=1

X qk = 0 qk

k=1

(qk (

xg

X )) = 0 qk

(34)

` Questultima equazione e valida anche se uno qualsiasi degli n spostamenti sulle linee ` coordinate e diverso da 0, perci` : o
xg

X = 0 (k) qk

x g//N

N=

xg xg

(35)

In generale avremo m relazioni del tipo: gl (X, t) = Cl l = 1...m ; Cl = cost (36)

che deniscono tutte le superci caratterizzanti i diversi vincoli. I punti del corpo rigido, purch` gli spostamenti ad essi associati siano compatibili con i vincoli stessi, si troveranno e sempre alle intersezioni di queste superci. Utilizzando i risultati ottenuti possiamo scrivere per ogni supercie:
x gl

X = 0

(l)

(37)

` E possibile quindi denire una normale Nl ad ogni supercie: Nl =


x gl x gl

(38)

e gli spostamenti virtuali saranno perpendicolari a tutte le normali alle superci


n x gl

X =

x gl

k=1

X qk = qk

qk (
k=1

x gl

X )=0 qk

(l = 1...m)

(k = 1...n) (39)

quindi: X =0 (40) qk Inne otteniamo che i vettori tangenti alle linee coordinate sono perpendicolari a tutte le normali alle superci quindi, per vincoli ideali ed olonomi, possiamo affermare che il lavoro ` virtuale della sollecitazione reattiva e uguale a 0 per ogni spostamento virtuale: (l, k)
x gl

X = 0 7

(41)

Abbiamo ora tutto quello che serve per procedere alla scrittura della prima forma delle equazioni di Lagrange. Riscriviamo lequazione cardinale del sistema utilizzando la forma compatta:
m

MX = F + = F +
l=1

l N l

(42)

Moltiplicando primo e secondo membro per la variazione della posizione rispetto alle coordinate libere riusciamo ad ottenere tante equazioni pure quanti sono i gradi di libert` del a sistema: X = F X + MX qk qk essendo: Nl otteniamo: X = F X MX (45) qk qk Trasformando questa equazione dallo spazio 3N dimensionale a quello tridimensionale otteniamo:
N m

l (N l
l=1

X ) qk

(43)

X =0 qk

(44)

i=1

xi mi xi = qk

fi
i=1

xi qk

(46)

Si procede analizzando il primo membro dellequazione per portarlo in una forma pi` nota, u infatti:
N

mi xi
i=1

xi d xi = ( mi xi ) qk dt i=1 qk

mi xi
i=1

xi ( ) t qk

(47)

` dato che la relazione tra le posizioni e le coordinate libere e di tipo lineare possiamo affermare che: xi xi = (48) qk qk quindi, inserendo la linearit` e sviluppando anche la derivata parziale del secondo termine a otteniamo: xi d ( mi xi ) dt i=1 qk
N N

i=1

xi xi d mi xi ( )= ( mi xi ) t qk dt i=1 qk

mi xi (
i=1

xi ) (49) qk

Da cui, integrando e riferendo le sommatorie ai soli termini in i, otteniamo: 8

d xi ( mi xi ) dt i=1 qk

i=1

xi d 1 1 i i mi xi ( )= [ ( mi x2 )] ( mi x2 ) qk dt qk i=1 2 qk i=1 2

(50)

Ricordando, inne, la denizione di energia cinetica per un sistema di N punti:


N

T =(
i=1

1 i mi x2 ) 2

(51)

il primo membro dellequazione cardinale diventa:


N

mi xi
i=1

xi d T T = qk dt qk qk

(52)

Analizzando, invece, il secondo membro dellequazione cardinale deniamo la componente generalizzata della sollecitazione attiva:
N

Qk =
i=1

fi

xi qk

(53)

che nalmente permette di denire la prima forma dellequazione di Lagrange: d T T = Qk dt qk qk (54)

` Questa equazione non e unica poich` dipendente dal parametro k; essa, infatti, denisce e tante equazioni differenziali quanti sono i gradi di libert` del sistema e consente di denire a univocamente il moto di un sistema meccanico caratterizzato da vincoli ideali ed olonomi.

1.3 considerazioni sulla Componente generalizzata della sollecitazione attiva


La componente generalizzata della sollecitazione attiva rappresenta il contributo netto delle sollecitazioni esterne al moto del sistema e, in quanto tale, la sua scrittura dipende dalla natura stessa di queste sollecitazioni. ` Innanzitutto e dimostrabile che esiste una stretta relazione tra Q ed il lavoro virtuale delle sollecitazioni attive agenti sul sistema, infatti:
N

L =
i=1

(f i xi )

(55)

Per un sistema di punti come quello analizzato nel precedente paragrafo possiamo esprimere:
n

xi =
k=1

xi qk qk

(56)

sostituendola nella precedente equazione si ottiene:


N

Lk =
i=1

(f i

xi qk ) qk

(57)

Ma poich` dallequazione (53) : e


N

Qk =
i=1

(f i

xi ) qk

(58)

il lavoro virtuale associato allo spostamento di una coordinata libera risulter` : a Lk = Qk qk ed il lavoro per lintero sistema asscoiato a tutti i gradi di libert` sar` : a a
N

(59)

L =
i=1

Lk

(60)

In secondo luogo, se prendiamo in considerazione un sistema di forze esclusivamente posizionali e che ammettono potenziale: fi = dove Vi = Vi (x1 , x2 , ..., xN , t) Riscrivendo Q otteniamo: (62)
x Vi

(61)

10

Qk =
i=1

xi = fi qk

i=1

xi ( x Vi ) = qk qk Qk = V qk

Vi =
i=1

V qk

(63) (64)

1.4 Funzione di Lagrange e sue caratteristiche


A partire dalle considerazioni fatte riguardo alla componente generalizzata della sollecitazione attiva riscriviamo lequazione di Lagrange: T V d T + =0 dt qk qk qk Sapendo che: T = T (q1 , q2 , ..., qn ; q1 , q2 , ..., qn ; t) V = V (q1 , q2 , ..., qn ; t) Deniamo L come funzione di Lagrange o lagrangiana del sistema come: L=T V e riscriviamo lequazione di Lagrange in questo modo: d L L =0 dt qk qk (69) (68) (66) (67) (65)

` e facilmente dimostrabile che coincide con la precedente forma dellequazione se si ricorda che il potenziale, per denizione, non dipende dalle derivate rispetto alle coordinate libere, ovvero: d L d (T V ) d T = = dt qk dt qk dt qk L (T V ) T V = = qk qk qk qk (70) (71)

Esprimeremo quindi la nuova equazione come: forma conservativa dellequazione di Lagrange e la considereremo valida per vincoli olonomi, lisci e sollecitazione attiva potenziale. L d L =0 dt qk qk (72)

11

Deniamo ora una nuova grandezza a partire dalla funzione di Lagrange: pk =


L qk

Momento cinetico coniugato a

qk

` Esso rappresenta una funzione che dipende da tutti i parametri a cui la lagrangiana e legata: pk = pk (q1 , q2 , ..., qn , q1 , q2 , ..., qn , t) e ci permette di riscrivere lequazione di Lagrange in questo modo: d L pk = dt qk (73)

Come evidenziato la derivata temporale del momento cinetico rispetto ad una coordinata ` libera e intimamente legata alla derivata della funzione di Lagrange rispetto alla stessa coordinata libera. Prendiamo, dunque, in considerazione il caso in cui una di queste derivate sia nulla: L =0 q1 L = L(q2 , ..., qn , q1 , q2 , ..., qn , t) (74)

Sotto queste condizioni si denisce q1 come variabile ignorabile e, sfruttando la denizione di momento cinetico applicata allequazione di Lagrange, si ottiene un integrale primo del moto:
d p dt 1

=0

p1 = p1 = cost

Integrale primo del moto

` Inoltre e possibile denire una Lagrangiana ridotta del sistema come: L = L p1 q1 (75)

` ed e dimostrabile che tale lagrangiana coincide con la lagrangiana globale a meno di q1 : Se infatti consideriamo una sua generica derivata rispetto ad una coordinata spaziale: L L L q1 = + p1 q1 x x q1 x Essendo: L = p1 q1 allora: L L = x x (78) (77) (76)

12

1.5 Integrale generalizzato dellenergia


` A partire dai concetti evidenziati nei precedenti paragra e possibile denire una grandezza molto utile nellambito della meccanica da noi trattata: H=
n k=1

pk qk L

Integrale generalizzato dellenergia

Per vincoli ssi questa grandezza, poco riconoscibile in questa forma, pu` anche essere o denita come: H =T +V (79)

rappresentando, in questo modo, lenergia meccanica totale posseduta dal sistema preso in esame. Per dimostrare leffettiva congruenza tra le due forme dellintegrale generalizzato dellenergia abbiamo bisogno di ridenire lenergia cinetica del sistema. ` Essa, infatti, e stata denita nel corso di meccanica razionale come dove, in generale: xi = xi (q1 , q2 , ..., qn , t) quindi:
n

T =

1 2

n k=1

mi xi 2

(80)

xi =
k=1

xi xi qk + qk t
n

(81)

e, ancora:
n n

xi = xi xi =
k=1 l=1

xi xi xi xi xi 2 qk ql + 2 qk + ( ) qk ql qk t t k=1

(82)

Deniamo ora: akl = bk = c=


N i=1 N i=1 xi mi qk xli q xi mi qk xi t

Forma quadratica di Forma lineare di q

N 1 xi 2 i=1 2 mi ( t )

Energia cinetica al variare solo del tempo

Lespressione dellenergia cinetica diventa: T = Dato che i vincoli sono ssi: 1 2


n n n

akl qk ql +
k=1 l=1 xi t k=1

bk qk + c =0 quindi b(k), c = 0

(83)

=0

L t

13

Otteniamo, quindi, la forma quadratica omogenea dellenergia cinetica: 1 T = 2


n n

akl qk ql
k=1 l=1

(84)

A questo punto se consideriamo il potenziale come esclusivamente posizionale (V = V (q)) possiamo esprimere il momento cinetico associato alla generica coordinata libera come: L (T V ) T = = = pk = qk qk qk
n

akl ql
l=1

(85)

Quindi, riscrivendo lintegrale generalizzato dellenergia:


n n n

H=
k=1

pk qk L =
k=1 l=1

akl qk ql L = 2T L = 2T T + V

(86)

Otteniamo lenergia meccanica totale del sistema: H =T +V (87)

Lutilit` dellintegrale generalizzato si manifesta soprattutto quando, grazie ad esso, riuscia amo in modo facile e veloce ad ottenere un integrale primo del moto. Per fare ci` sviluppiamo o la derivata della funzione di lagrange rispetto al tempo nel caso pi` generale: u dL = dt
n

(
k=1

L L L qk + qk ) + qk qk t

(88)

Ora analizziamo lequazione di Lagrange: d L L =0 dt qk qk Se la moltiplichiamo per qk otteniamo: ( d L L )qk = 0 dt qk qk


n

(89)

L d L )qk = ( )qk qk dt qk

(90)

Sostituendo nellequazione precedente: dL = dt ((


k=1

d L L L )qk + qk ) + dt qk qk t

(91)

il termine nella sommatoria pu` essere visto come: o (


L ma ( qk qk ) = pk qk quindi:

L d L d L )qk + qk = ( qk ) dt qk qk dt qk

(92)

14

dL = dt

(
k=1

d L pk qk ) + dt t

(93)

separando le derivate parziali da quelle totali otteniamo: d L (L (pk qk )) = dt t k=1 dato che H =
n k=1 (pk qk ) n

(94)

L otteniamo:

d L (H) = (95) dt t Se i vincoli sono ssi allora la lagrangiana non dipende esplicitamente dal tempo ( L = 0) t e otteniamo un integrale primo del moto: d (H) = 0 H = cost (96) dt Esso, in questo contesto prende anche il nome di energia meccanica toale (E) e ci permette di affermare che: Per vincoli ideali,ssi ed olonomi , lenergia meccanica totale (E) di un sistema sottoposto a sollecitazioni esclusivamente conservative si conserva: E = T + V = cost (97)

15

Problema dei due corpi

Il problema dei due corpi permette di studiare completamente il moto di un sistema costituito da due masse che interagiscono tra loro esclusivamente attraverso unazione diretta come la congiungente ai loro stessi baricentri. Esso rappresenta uno dei pochi casi in cui gli strumenti nora trattati permettono di giungere ad una completa soluzione analitica e, allo stesso tempo, le metodologie che verranno sviluppate in questo capitolo permetteranno un iniziale studio di orbite e di semplici manovre orbitali utilizzate nellambito dellingegneria spaziale. ` Prima di analizzare nel dettaglio la dinamica del problema e necessario analizzarne la cinematica e denire tutti gli strumenti che ci permetteranno di giungere alla soluzione cercata.

2.1 Moti centrali


Si consideri un sistema costituito da due punti posti a distanza (P O) luno dallaltro. Si denisca il punto O come origine di un sistema di riferimento inerziale ed il vettore (a) come unaccelerazione applicata al punto P e sempre diretta come la congiungente ai due punti come rappresentato in gura:

La condizione caratterizzante il moto centrale pu` essere sinteticamente espressa come: o t a//(P O) (P O) a = 0 (98)

Questo tipo di moto presenta tre caratteristiche fondamentali: ` 1) E un moto piano 2) Permette di ottenere un integrale primo del moto ` 3) E caratterizzato da velocit` aerolare costante a

16

Si procede analizzando le suddette caratteristiche: 1) Moto Piano: Deniamo una nuova grandezza: c = (P O) v Se deriviamo questa grandezza rispetto al tempo: dc = v v + (P O) a dt dove per denizione: (P O) a = 0 e, ovviamente v v = 0 quindi: dc = 0 c = cost dt otteniamo, quindi, una costante per cui sar` valida la relazione: a (P O) c t che ci permette di affermare la planarit` del moto. a (100) (99)

(101)

(102)

2) Integrale primo del moto: Assunto il moto come piano utilizziamo un sistema di riferimento polare centrato in O:

Deniti i versori i e i come: i = cos()i + sin()j i = sin()i + cos()j 17 (103) (104)

si noti che:

di dt

= i e viceversa

di dt

= i

Analizziamo il moto del punto (P ) in coordinate polari: (P O) = i derivando la posizione rispetto al tempo otteniamo la velocit` : a d(P O) = i + i dt e derivando la velocit` rispetto al tempo otteniamo laccelerazione: a v= a= dv = ( 2 )i + (2 + )i dt (106) (105)

(107)

dove il termine ( 2 ) rappresenta laccelerazione radiale mentre il termine (2 + ) rappresenta laccelerazione trasversale. In un moto centrale, da denizione, laccelerazione trasversale deve essere nulla: 2 + = 0 Deniamo allora: c = 2 e deriviamo questa nuova grandezza rispetto al tempo: dc = 2 + = 0 (110) dt otteniamo esattamente laccelerazione trasversale del punto che ci permette di denire un integrale primo del moto: dc =0 dt c = cost (111) (109) (108)

Nella dimostrazione della planarit` del moto abbiamo ottenuto che: a (P O) v = c quindi: c = ck c = 2 k (113) (112)

18

3) Velocit` aerolare costante: a Si Denisca larea di una porzione qualunque di un piano come larea rappresentata in gura:

` Essa e esprimibile analiticamente come:


At =
0

d
0

()d =
0

1 2 ()d 2

(114)

Derivando questa espressione rispetto al tempo lintegrale scompare evidenziando che: dAt At 1 2 = At = = dt 2 Da cui la velocit` aerolare risulta costante: a c At = = cost 2 (115)

(116)

19

2.2 Formula di Binet


La legge di Binet permette di calcolare laccelerazione radiale in funzione unicamente della traiettoria. Supponiamo di conoscere la traiettoria = () : sapendo che 2 = c allora = = e: d d 1 d 1 c d d 1 c2 d2 1 d (c ( )) = (c ( )) = 2 (c ( )) = 2 2 ( ) dt d d d d d d
c 2

quindi: (117)

d 1 c = = c ( ) 2 d

(118)

` inne sapendo che laccelerazione radiale del punto (P) considerato e la sola accelerazione ` radiale (per denizione di moto centrale) ed e pari a : a = a i = ( 2 )i sostituendo le relazioni ottenute, ovvero: c = 2 = c = otteniamo la formula di Binet: a = c2 d2 1 1 [ ( )+ ] 2 d 2 (123) d 1 ( ) d (120) (121) (122) (119)

c2 d2 1 ( ) 2 d2

20

2.3 Calcolo della traiettoria in un moto centrale


In questo paragrafo verr` studiato il moto relativo tra due punti posti a distanza luno dala laltro e caratterizzati da uninterazione inversamente proporzionale al quadrato della suddetta distanza e diretta come la congiungente ai due punti, ovvero: k i (124) 2 Si noti lanalogia con linterazione gravitazionale o con quella elettrostatica dove k rappresenta una costante dipendente dalle condizioni considerate. Laccelerazione della distanza sar` semplicemente: a k ` a = 2 in cui k e una costante positiva. Fc = mP a = mP Sostituendo la legge da Binet ottengo la seguente equazione: c2 d2 1 1 k [ ( )+ ]= 2 2 d 2 Applicando un cambiamento di variabile : w =
1

(125)

otteniamo unequazione differenziale di secondo grado, lineare e a coefcienti costanti: d2 w k +w = 2 2 d c la cui soluzione sar` : a w() = w + A cos( 0 ) ` dove la soluzione particolare w e rappresentata da : w= k c2 (127) (126)

e convertendo w() nella variabile iniziale () otteniamo: () =


c2 k

1+

c2 A cos( k

0 )

(128)

espressione generale della distanza tra due punti sottoposti ad una mutua interazione proporzionale al quadrato della distanza stessa. Essa rappresenta una sezione conica e la forma 2 ` caratteristica ad essa associata e legata al parametro ck A che deniamo: Eccentricit` del moto: e = a
c2 A k

Esso ci permette di riscrivere lequazione della traiettoria in questo modo: () =


c2 k

1 + e cos( 0 ) 21

(129)

Al variare di e si ottengono i seguenti tipi di traiettoria: e = 0 Traiettoria circolare = ck 0 < e < 1 Traiettoria ellittica = () e = 1 Traiettoria parabolica e > 1 Traiettoria iperbolica (con asintoto)
2

2.4 Risoluzione del problema dei due corpi


Consideriamo un sistema composto da due punti P1 e P2 posti allinterno di una terna cartesiana tridimensionale ed inerziale come rappresentato:

dove deniamo la posizione dei punti come: r1 = x1 i + y1 j + z1 k r2 = x2 i + y2 j + z2 k e la distanza relativa tra essi come: r = r2 r1 r = = [(x2 x1 )2 + (y2 y1 )2 + (z2 z1 )2 ] 2
1

Si denisce la Lagrangiana dei due corpi come: 1 1 (130) L = m1 r1 2 + m2 r2 2 V() 2 2 Scriviamo ora la prima delle sei equazioni di lagrange possibili (ricordiamo che abbiamo tre coordinate libere per ognuno dei due corpi): L d L =0 dt x1 x1 22 (131)

` essa pu` essere semplicata ricordando che il potenziale e una grandezza solo posizionale o ` (V = V (q)) e che lenergia cinetica e dipendente solo dalla velocit` dei due corpi (T = T (q)): a d T V + =0 dt x1 x1 Scriviamo ora le derivate parziali necessarie in x1 e x1 : T = m 1 x1 xk d T = m 1 x1 dt xk V V 1 2(x2 x1 ) V V x2 x1 = = = ( ) xk xk 2 Lequazione di Lagrange in x1 risulter` : a V x2 x1 ( ) Analogamente per le altre coordinate libere del punto P1 otteniamo: m 1 x1 = m1 y1 = m1 z1 = V y2 y1 ( ) (136) (132)

(133) (134) (135)

(137)

V z2 z1 ( ) (138) Se raggruppiamo queste ultime tre equazioni in ununica equazione vettoriale otteniamo: m 1 r1 = V r ( ) (139) (140)

V r ( ) ` dove e evidente lanalogia con la prima equazione cardinale: m 2 r2 = m1 r2 = f 12 m2 r2 = f 21

(141) (142)

` quindi e possibile denire linterazione tra le due masse conoscendo unicamente la derivata del potenziale rispetto alla distanza tra i due punti: f 12 = f 21 = V r ( ) (143)

23

A questo punto risulta utile semplicare le equazioni di moto sino a ricondurre il problema dei due corpi a quello di un singolo corpo puntiforme in moto rettilineo. Il primo passo consiste nella riscrittura delle equazioni considerate attraverso un cambiamento di variabili che evidenzino la posizione del baricentro del sistema e la distanza tra i due corpi : Denita (M = m1 + m2 ) come massa totale del sistema otteniamo: Posizione del baricentro : r G =
m1 r1 +m2 r2 M

Distanza tra i due corpi : r = r2 r1 La trasformazione quindi risulter` : a m2 r M m2 r2 = r G + r M e sostituendo questi termini nella lagrangiana iniziale L = otterremo la lagrangiana trasformata seguente: r1 = r G 1 1 G L = M r 2 + r 2 V () 2 2 rappresenta la massa ridotta del sistema.

1 m r 2 2 1 1

+ 1 m2 r2 2 V() 2

(144)

dove =

m1 m2 m1 +m2

Se si scrivono in forma estesa i vettori si ottiene : RG = xG i + yG j + zG k R = xi + yj + zk Si pu` facilmente notare che = [(x)2 + (y)2 + (z)2 ] 2 non dipende dalle coordinate bario centriche e, di conseguenza, non vi dipender` nemmeno il potenziale;quindi, scrivendo lea ` quazione di Lagrange rispetto alle coordinate baricentriche e possibile evidenziare tre variabili ignorabili: L =0 xG quindi: L =0 (146) r G Perci` srivendo lespressione del momento cinetico associato ad ognuna di esse possiamo o ottenere un integrale primo del moto : L = M xG = cost xG 24 ; L =0 yG ; L =0 zG (145)
1

ovvero: il baricentro si muove di moto rettilineo uniforme. Si ricordi che in un sistema di riferimento inerziale, la relativit` galileiana afferma che due a sistemi identici in moto, uno in un sistema di riferimento sso, laltro in un sistema di riferimento in Moto Rettilineo ed Uniforme, hanno le stesse caratteristiche dinamiche dal punto di ` vista relativo; quindi e possibile eliminare la parte di lagrangiana dipendente dalle coordinate del baricentro poich` ininuente ai ni del calcolo del moto relativo del sistema. e Si riscrive quindi la lagrangiana come: 1 L = r 2 V () 2 ` (si noti che questultima lagrangiana NON e la lagrangiana ridotta del sistema) e si costruisce un nuovo sistema di riferimento centrato su m1 come rappresentato:

In seguito, si procede risolvendo le tre equazioni scalari di lagrange associate alle coordinate libere di r ovvero x,y,z (si riporta solo lequazione in x): d L L =0 dt x x che sinteticamente si pu` esprimere come: o = r = x V x (147)

V r (148) ` ` Questo risultato evidenzia come laccelerazione e sempre parallela al vettore r; quindi e possibile ricondurre questo problema ad un moto centrale.

25

Sfruttiamo ora le propriet` cinematiche di questo tipo di moto riducendo il problema da a tridimensionale a bidimensionale:

dove, in coordinate polari: r = i r = i + i

La Lagrangiana in coordinate piane sar` : a 1 L = (2 + 2 2 ) V () (149) 2 questultima, essendo indipendente da , permette di evidenziare una variabile ignorabile ed ottenere un integrale primo del moto: L L =0 = P = 2 = cost (150) Si noti inoltre che esiste una stretta corrispondenza tra questo momento cinetico e la costante c ottenuta dallanalisi cinematica del moto centrale: c = 2 ricordando che: c=rv allora: P = r v 26 (153) (152) c= P (151)

dove il momento cinetico evidenziato rappresenta il principio di conservazione del momento angolare di un sistema costituito da un punto in moto centrale e caratterizzato da una massa pari alla massa ridotta del sistema. A questo punto scriviamo la Lagrangiana ridotta del sistema: 1 P2 1 L = L P = 2 + + V () 2 2 2 (154)

` dove e possibile denire un nuovo potenziale contenente tutte i termini unicamente posizionali. Chiamiamo questa grandezza potenziale efcace: Vef f () = V () + Attraverso esso la lagrangiana diventa : 1 L = L P = 2 + Vef f () 2 Se scriviamo lequazione di Lagrange rispetto a : d L L =0 dt = dVef f () d (156) (155) 1 P2 2 2

essa rappresenter` un caso di moto unidimensionale dove la distanza tra i punti () dipena der` esclusivamente da come evolve il potenziale rispetto a stessa. a Se, ora, moltiplichiamo tutto per , si ottiene : dVef f () d d 1 2 dVef f () ( ) = dt 2 dt

= Raccogliendo
d dt

(157)

otteniamo: (158)

d (T + Vef f ()) = 0 dt ` da cui e possibile ottenere un integrale primo del moto: E = (T + Vef f ()) = cost Esso rappresenta la conservazione dellenergia meccanica totale del sistema.

(159)

Per trovare il moto si procede risolvendo la seguante equazione differenziale a variabili separabili :

27

1 2 + Vef f () = E 2

1 2 = [ (E Vef f ())] 2

(160)

dove il segno dipende dalle condizioni iniziali (se allistante iniziale il corpo si sta avvicinando o allontananado). Integrando lespressione tra listante iniziale e un tempo qualsiasi si ottiene il moto del sistema.
0

1
2 [ (E Vef f ( ) )] 2
1

d = t t0

(161)

2.5 Formule utili per il calcolo orbitale


Questo paragrafo non contiene nuovi concetti, ma soltanto applicazioni pratiche degli strumenti visti nei paragra precedenti al ne di ottenere delle espressioni algebriche comode per il calcolo di parametri caratteristici del moto orbitale. Per fare ci` procederemo innanzitutto dando le formule pi` generali e successivamente o u analizzando i diversi tipi di orbita e le loro speciche caratteristiche.

Consideriamo un sistema composto da due corpi: uno di massa molto elevata (M ), che potrebbe rappresentare un pianeta, ed uno di massa molto ridotta (m), che potrebbe rappresentare un satellite. Il satellite interagisce con il pianeta attraverso la forza di gravit` . a Deniamo innanzitutto alcune grandezze:
mM Massa ridotta del sistema: = m+M Costante : = GmM Momento cinetico coniugato a : P = 2 Costante del moto centrale: c = r v = P = 2 Momento angolare del satellite: = m r v = mc Costante : k=G mM Costante : h = ck = GmM Raggio di apogeo (ra ): raggio che denisce, in un orbita ellittica, la massima distanza tra satellite e pianeta. Raggio di perigeo (rp ): raggio che denisce, in qualsiasi orbita, la minima distanza tra satellite e pianeta. (Si noti che = () = r())
2 4 2

Eccentricit` : a e= 1+ 2Eh2 P2

28

o in forma pi` semplice: u e=1+ 2Erp

Energia meccanica totale del sistema: Avendo ottenuto dallanalisi dinamica: f = V r

f = G m1m2 r

deniamo:

1 P2 m1 m2 E = 2 + 2 G 2 2 oppure: 1 2 E = 2 + 2 2 2m 1 2 E = m2 + 2 2m2 In forma semplicata: E= (e 1) 2rp

Se m << M allora m, quindi lenergia diventa:

Posizione: () = rp

1+e 1 + ecos

Velocit` : a v= 2 1 e1 [ + ] m 2rp

Periodo di rivoluzione (Terza legge di Keplero): solo per orbite chiuse (ovviamente) e nel caso in cui m << M : 2 = 4m 3 a
rp +ra . 2

dove a rappresenta il semiasse maggiore dellorbita: a =

Procediamo ora analizzando i parametri caratteristici dei singoli tipi di orbita.

29

Orbita circolare di raggio R:

e=0 E= 2R () = R mR

v= 2 =

2R3 GM 2 R= m

` Inoltre e possibile denire lenergia totale della circonferenza anche analizzando il minimo della funzione Vef f : dVef f =0 d E= m2 22

30

Orbita ellittica:

ra rp ra + rp E= 2a 1+e () = rp 1 + ecos rp = a(1 e) ; ra = a(1 + e) e= v= 2 1 1 ( ) m 2a

Orbita parabolica:

31

e=1 E=0 () = rp v= 2 1 + cos 2 m

Orbita iperbolica:

e>1 1 2 E = mv 2 asintoto per () : = arccos 1 e

32

Corpo Rigido nello spazio

Lo studio della meccanica di un corpo rigido in uno spazio tridimensionale, seppur presentando numerose afnit` con il caso bidimensionale, necessita oltre che di strumenti pi` rafnati a u e complessi anche di nuove grandezze che verranno denite in questo capitolo. Esse permetteranno lo studio di particolari tipi di moto come il moto per inerzia e, conseguentemente, ci permetteranno di trattare la meccanica dei giroscopi, argomento trattato nel seguente capitolo.

3.1 Richiami di meccanica razionale


Deniamo un sistema di riferimento tridimensionale cartesiano e sso (O) caratterizzato dai versori i,j e k. Allinterno di esso poniamo un generico corpo rigido denito analiticamente attraverso un sistema di riferimento mobile (O ) caratterizzato dai versori I,J ,K e solidale con esso.

Come rappresentato in gura, la posizione di un generico punto (P ) del C.R. sar` : a (P O) = (P O ) + (O O) Deniti x = (P O), xo = (O O) e x = (P O ) dove: x xo x x= y xo = yo x = y z zo z ed introducendo la matrice di rotazione R: I i J i K i R= I j J j K j I k J k K k (si noti lortogonalit` della matrice: RT R = I) a (162)

(163)

(164)

33

si pu` affermare che: o (P O) = x = xo + Rx (165)

` E possibile, quindi, ottenere la posizione di un punto di un corpo rigido attraverso tre elementi: un vettore che denisca rispettivamente le coordinate dellorigine del sistema di riferimento mobile rispetto al sistema di riferimento sso, un altro vettore che identichi le coordinate del punto rispetto al sistema di riferimento mobile ed una matrice che contenga al suo interno tutti i coseni direttori (ovvero le rotazioni relative) del sistema di riferimento mobile.

` La dinamica del corpo rigido in esame e completamente denibile attraverso le seguenti equazioni cardinali: dQ = Rext dt (166)

do + v o Q = M ext (167) o dt esse rappresentano 6 equazioni scalari che corrispondono esattamente ai 6 gradi di libert` a incogniti del sistema.

` Oltre a questi importanti richiami di cinematica e dinamica di base e importante denire altri due concetti prima di entrare in argomenti pi` specici: essi sono rappresentati dagli Angoli u di Eulero e dalle formule di Poisson:

Gli angoli di Eulero sono 3 particolari angoli che permettono di identicare la posizione angolare di una terna mobile rispetto ad una terna ssa. Come rappresentato in gura essi sono:

34

Linea dei nodi: intersezione tra il piano I,K ed il piano i,j : Angolo di nutazione (angolo tra k e K) : Angolo di precessione (angolo tra i e la linea dei nodi) : angolo di rotazione propria (angolo tra la linea dei nodi e I)

Le formule di Poisson, invece, esprimono delle relazioni differenziali tra i versori della terna mobile e le loro derivate rispetto al tempo attraverso il vettore velocit` angolare della terna, a ovvero: Formule di Poisson dirette: I =I Formula di Poisson inversa: 1 = (I I + J J + K K) 2 (169) ; J =J ; K =K (168)

3.2 Momento angolare in tre dimensioni


` Data la sua importanza negli argomenti trattati in seguito, e necessario sviluppare alcune considerazioni su questa grandezza. Il momento angolare, o momento della quantit` di moto, di un corpo rigido rispetto ad un a ` generico polo (O) e denibile attraverso il seguente integrale: o =
V

(P )(P O) v P

dV

(170)

dove la velocit` di ogni singolo punto P sar` : a a v P = v o + (P O) (171)

In generale, avendo gi` calcolato il momento angolare rispetto ad un polo O (che nel a ` nostro caso rappresenta lorigine della terna mobile), e possibile ottenerlo rispetto ad un altro polo qualsiasi attraverso la formula del trasporto della quantit` di moto: a o = o + (O O) Q Soffermiamoci quindi sul momento angolare o . Esso sar` denito dallequazione: a o =
V

(172)

(P )(P O ) v P

dV

(173)

dove la stessa velocit` avr` unespressione analitica diversa: a a v P = v o + (P O ) Inseriamo ora questultima espressione nellequazione del momento angolare: (174)

35

o =
V

(P )(P O ) (v o + (P O ))dV

(175)

poich` v o rappresenta una costante, e` ossibile portarlo fuori dal simbolo di integrazione: e p

o = [
V

(P )(P O )dV ] v o +
V

(P )(P O ) ( (P O ))dV

(176)

Se analizziamo nel dettaglio i termini scopriamo che: (P )(P O )dV = M (G O )


V

(177)

(dove M rappresenta la massa totale del corpo rigido) e deniamo: rot = o (P )(P O ) ( (P O ))dV
V

(178)

Possiamo quindi riscrivere il momento angolare rispetto al sistema di rierimento mobile come: o = M (G O ) v o + rot o (179)

dove il primo termine rappresenta un contributo unicamente legato alla posizione relativa tra origine della terna mobile e centro di massa del sistema, mentre il secondo termine rappresenta un contributo unicamente legato alla rotazione del corpo. Analizziamo questo secondo contributo: rot = o (P )(P O ) ( (P O ))dV
V

(180)

` sapendo che il prodotto vettoriale di 3 vettori e anche esprimibile attraverso la seguente relazione: a (b c) = (a c)b (b c)a Possiamo eliminare tutti i prodotti vettoriali ottenendo: rot = o (P )
V

(181)

P O

[(P O ) ](P O ) dV

(182)

Deniamo nuovamente la terna mobile solidale con un corpo rigido di forma qualsiasi:

36

dove: (P O ) = xI + yJ + zK ; = x I + y J + z K (183)

Sostituendo nellequazione del momento angolare rotatorio otteniamo 3 equazioni integrali scalari: 2 (y + z 2 )x xyy xzz rot = (P ) (x2 + z 2 )y yxx yzz dV (184) o V (x2 + y 2 )z zxx zyy Portando fuori dal simbolo di integrale il vettore , indipendente dalle dimensioni del corpo rigido, possiamo riorganizzare tutta lequazione attraverso lintroduzione della Matrice di inerzia: (y 2 + z 2 )dV V (xy)dV V (xz)dV V (x2 + z 2 )dV V (yz)dV Io = V (xy)dV (185) V 2 2 V (xz)dV V (yz)dV (x + y )dV V Essa rappresenta in modo compatti tutti i momenti di inerzia propri e centrifughi del corpo ` rispetto agli assi della terna mobile solidale con esso ed e, in qualche modo, lespressione della resistenza ad unazione rotatoria su un corpo tridimensionale. Infatti: Ixx Ixy Ixz (186) Io = Iyx Iyy Iyz Izx Izy Izz ` Si noti che i termini di questa matrice sono tutti costanti se la terna mobile e ssa con il corpo rigido. Sfruttando la matrice di inerzia lequazione del momento angolare rotatorio diventa: rot = Io o 37 (187)

Da cui possiamo risalire allequazione del momento angolare totale rispetto ad un generico polo O: o = (G O ) M v o + Io + (O O) Q Si noti che il termine M v o NON rappresenta la quantit` di moto totale del sistema. a (188)

Fissiamo ora lorigine del sistema di riferimento sso e quella del sistema di riferimento mobile nel centro di massa al ne di semplicare le equazioni: O O G G = IG ` il momento della quantit` di moto e composto dalla sola parte rotatoria. a In particolare, se oltre che ad essere centrati nel centro di massa del corpo, gli assi sono orientati in un modo tale da annullare tutti i momenti centrifughi di inerzia, allora siamo in presenza di una terna principale di inerzia la cui matrice diventa: A 0 0 IG = D = 0 B 0 (190) 0 0 C Dove A, B, C rappresentano i momenti principali di inerzia. Consideriamo allora un sistema di riferimento generico con origine nel centro di massa del sistema. La sua matrice di inerzia sar` Io . a Supponiamo di poter costruire una matrice di rotazione (R) che trasfromi la matrice di inerzia annullando tutti i termini extradiagonali; sarebbe come portare il sistema negli assi principali di inerzia: D = RIo RT quindi, otteniamo che: o = Io = RT DR premoltiplicando membro a membro per R otteniamo: Ro = RRT DR per cui: o = D Dove le nuove grandezze o e rappresentano: (194) Ro = DR (192) Io = RT DR (191) (189)

(193)

38

o = Ro : Momento angolare visto dagli assi principali di inerzia = R: velocit` angolare vista dagli assi principali di inerzia a A questo punto possiamo ridenire momento angolare e velocit` angolare dal punto di vista a della terna principale di inerzia come: = pI + qJ + rK quindi o = ApI + BqJ + CrK (196) (195)

3.3 Equazioni di Eulero


Ritorniamo alle equazioni cardinali del corpo rigido: dQ = Rext dt (197)

do + v o Q = M ext (198) o dt Se consideriamo solo la seconda equazione, possiamo applicare le nuove conoscenze sul momento angolare. Poniamoci in un sistema di riferimento principale di inerzia. La seconda equazione cardinale avr` la seguente forma: a do = M ext o dt dove: do d = (ApI + bqJ + crK) = ApI + bqJ + crK + ApI + bq J + crK dt dt (199)

(200)

Ricordando le formule di Poisson: (I = I...etc.) possiamo trasformare lequazione in questo modo: do = ApI + bqJ + crK + Ap( I) + bq( J ) + cr( K) dt Raccogliendo nella seconda parte dellequazione otteniamo: do = ApI + bqJ + crK + (ApI + bqJ + crK) dt Esprimendo = pI + qJ + rK otteniamo: do = ApI + bqJ + crK + (pI + qJ + rK) (ApI + bqJ + crK) dt 39 (201)

(202)

(203)

e sviluppando il prodotto vettoriale giungiamo ad una nuova scrittura della seconda equazione cardinale: do = ApI + bqJ + crK + [BpqK CprJ ApqK + CqrI + AprJ BqrI] (204) dt do = ApI + bqJ + crK + [(C B)qrI + (A C)prJ + (B A)pqK] = M ext (205) dt che suddivisa nelle sue componenti scalari ci permette di ottenere le Equazioni di Eulero:
ext Ap + (C B)qr = Mx ext B q + (A C)pr = My ext C r + (B A)pq = Mz

(206)

Attenzione: tutte le grandezze che compaiono nelle equazioni di Eulero (, D e M ext ) sono calcolate rispetto ad un sistema di riferimento principale di inerzia

3.4 Calcolo del momento di inerzia attraverso la matrice di inerzia


La matrice di inerzia, oltre ad essere molto utile nella denizione di momenti angolari e di momenti di forze, pu` essere utilizzata per il calcolo del momento di inerzia di un corpo rigido o tridimensionale rispetto ad un asse qualsiasi. Consideriamo il seguente caso:

` La terna considerata e una generica terna solidale con il corpo rigido. Vogliamo calcolare il momento di inerzia del corpo rigido rispetto allasse denito dal versore u = I + J + K

40

` Denito (P O) = xI + yJ + zK e possibile scrivere il momento di inerzia come: I=


V

(P )(P P )2 dV P P = P P sin

(207)

dove: (P P ) = (P O) u in forma vettoriale otteniamo:

I J K (P O) u = det x y z = (y z)I + (z x)J + (x y)K (208) Sostituendo questo prodotto vettoriale in I otteniamo: I = 2
V

(P )(z 2 + y 2 )dV + 2
V

(P )(x2 + z 2 )dV + 2
V

(P )(x2 + y 2 )dV (P )(xy)dV


V

(209) (210)

2
V

(P )(yz)dV 2
V

(P )(xz)dV 2

o pi` sinteticamente ricordando i termini della matrice di inerzia: u I = 2 Ixx + 2 Iyy + 2 Izz 2Iyz 2Ixz 2Ixy Se la terna fosse principale dinerzia: I = 2 A + 2 B + 2 C (212) (211)

Si noti che se un corpo possiede tutti i momenti principali di inerzia uguali allora tutti i possibili momenti dinerzia del corpo saranno uguali tra loro: esempio della sfera: A = B = C I = (2 + 2 + 2 )A = cost u, essendo un versore, ha norma unitaria: 2 + 2 + 2 = 1 u poich` e

41

3.5 Ellissoide di inerzia


Consideriamo il seguente luogo di punti: x2 Ixx + y 2 Iyy + z 2 Izz + 2yzIyz + 2xzIxz + 2xyIxy = 1 (213)

Esso rappresenta un ellissoide in tre dimensioni centrato nellorigine del sistema di riferimento che stiamo utilizzando. Se intersechiamo un asse qualsiasi passante per lorigine del ` sistema con questo ellissoide, ci` che otteniamo non e altro che il momento dinerzia associato o allasse considerato. Per una particolare terna otterremo che: x2 Ixx + y 2 Iyy + z 2 Izz = 1 (214)

e ci troveremo in corrispondenza degli assi principali di inerzia (coincidenti con quelli dellellissoide). Se dividiamo questa espressione per 1 P O = x2 P O P O
2

otteniamo: I + 2 yy z2 P O I 2 zz (215)

I + 2 xx

y2 P O

espressione nella quale P xi non altro che il coseno direttore del vettore (P-O) rispetto O allasse xi . Quindi, essendo valida la relazione: x2 P O
2

y2 P O

z2 P O 1 P O 42

= 2 + 2 + 2 = 1

(216)

Si ottiene direttamente il valore del momento dinerzia associato allasse come: I=


2

(217)

che ,in realt` , non rappresenta sicamente il momento dinerzia, poich` le dimensioni a e siche non corrispondono, ma solo il valore numerico ad esso associato.

3.6 Energia cinetica del corpo rigido in tre dimensioni


` Riprendendo il teorema di Koenig lespressione dellenergia cinetica e: 1 1 T = M v2 + G 2 2 1 1 M v2 + G 2 2
2 V

(P )[ (P G)]2 dV =
V

(218) (219)

(P )[

(P G)]2 dV

che pu` essere sinteticamente scritta come: o 1 1 T = M v 2 + IG 2 G 2 2 Considerando il corpo rigido in una terna principale dinerzia sappiamo che: = pI + qJ + rK Quindi i coseni direttori di saranno: = p ; = q ; = r (221) (220)

ed il rispettivo momento dinerzia sar` : a IG = A2 + B 2 + C 2 ovvero: IG = Ap2 + Bq 2 + Cr2 2 (222)

In denitiva lenergia cinetica del corpo rigido sar` : a 1 T = M v 2 + T rot G 2 dove il contributo energetico dovuto esclusivamente alla rotazione del corpo sar` : a 1 1 T rot = IG 2 = (Ap2 + Bq 2 + Cr2 ) 2 2 (223)

(224)

43

Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto sso e giroscopi

In questo capitolo studieremo un particolare tipo di moto che, seppur denito da equazioni semplici, permette di studiare casi interessanti di meccanica tridimensionale come il moto dei giroscopi. Successivamente si proceder` descrivendo le rotazioni permanenti ed analizzando a la loro stabilit` per poi concludere con la trattazione dei fenomeni specici associati al moto a giroscopico.

4.1 Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto sso


Si consideri il corpo in gura:

` Un moto viene denito per inerzia attorno ad un punto sso quando e vincolato in un punto sso attorno a cui pu` solo ruotare e quando sussiste la seguente relazione: o M ext = 0 o (225)

da cui otteniamo il moto del sistema semplicemente sfruttando lintegrale primo ricavato dalla seconda equazione cardinale: do = 0 o = cost (226) dt (N.B. si noti che il termine v o Q dellequazione cardinale si annulla poich` O, essendo e un punto sso, ha velocit` nulla.) a La denizione di moto per inerzia attorno ad un punto sso non si applica rigorosamente solo a corpi vincolati in un punto qualsiasi, ma anche a corpi liberi nello spazio su cui agisce unicamente una forza attiva nel loro centro di massa (o un campo di forze costanti), come la gravit` per satelliti o vettori spaziali di dimensioni contenute. a

44

Si procede ora calcolando il moto del sistema: consideriamo innanzitutto lequilibrio delle potenze: dT = F vo + M o dt dato che per denizione di questo moto: M o = 0 e v o = 0 otteniamo: (227)

dT = 0 T = cost (228) dt Inoltre, se consideriamo sso il baricentro del corpo, possiamo scrivere lenergia cinetica come costituita dal suo solo contributo rotatorio: 1 T = T rot = (Ap2 + Bq 2 + Cr2 ) 2 Ora mettiamo a sistema questultima equazione con le equazioni di Eulero: Ap + (C B)qr = 0 B q + (A C)pr = 0 C r + (B A)pq = 0 2T = Ap2 + Bq 2 + Cr2 2 = A2 p2 + B 2 q 2 + C 2 r2 (229)

(230)

` Si noti che lintegrale primo del moto di e stato elevato al quadratoper non far comparire gli angoli di Eulero in I, J , K. denendo due nuove variabili: x = Ap2 possiamo esprimere due equazioni: x + y = 2T Cr2 Ax + by = 2 C 2 r2 (232) ; y = Bq 2 (231)

che, inserite nel sistema di equazioni iniziali, permettono di ottenere le coordinate della velocit` angolare (p, q, r) in funzione di r ovvero: a p = a br2 ; q = c dr2 ; r= rdt (233)

dove la derivata di r rispetto al tempo si esprime come: AB ) (a br2 )(c dr2 ) (234) C essa denisce unequazione differenziale dove a, b, c, d rappresentano delle espressioni costanti contenenti , T e termini della matrice di inerzia. r = ( ` La soluzione di questa equazione e ottenibile attraverso le funzioni ellittiche che non ver` ranno trattate in questa dispensa poich` esulano dagli intenti di questo corso; e chiaro che, e 45

` una volta risolta lequazione differenziale, e possibile denire univocamente il moto del corpo rigido in esame.

4.2 Moto giroscopico

Un giroscopio pu` essere idealmente approssimato come un corpo rigido caratterizzato da o una matrice principale di inerzia cos` denita: A 0 0 IG = D = 0 A 0 (235) 0 0 C quindi caratterizzato da due momenti principali di inerzia uguali che impongono alla forma del corpo una forte simmetria. Consideriamo un sistema di riferimento mobile, solidale con il giroscopio,principale di inerzia, e diretto in modo tale che lasse K sia diretto come lasse del giroscopio. Procederemo analizzando il moto per inerzia a punto sso di questo corpo innanzitutto concentrandoci sulla velocit` angolare per poi andare a considerare il moto dellasse giroscopico a (K) ed evidenziarne le caratteristiche. Moto della velocit` angolare: a Prendiamo in considerazione lequazione del momento angolare elevata al quadrato, il modulo della velocit` angolare elevato al quadrato e la terza equazione di Eulero: a 2 = A2 p2 + B 2 q 2 + C 2 r2 = p2 + q 2 + r 2 (236) C r + (B A)pq = 0 applicando la condizione di corpo a struttura giroscopica (A = B = C) otteniamo: 46

2 = A2 (p2 + q 2 ) + C 2 r2 = p2 + q 2 + r 2 Cr = 0 ` dalla terza equazione e evidente che: Cr = 0 r = ro = cost

(237)

(238)

mentre dalla prima equazione otteniamo:


2 C 2 r0 + 2 = cost A2 sostituendo questi risultati nella seconda equazione otteniamo:

p2 + q 2 =

(239)

2 C 2 r0 + 2 2 + ro = cost (240) A2 Abbiamo scoperto che, in queste condizioni, durante tutto il moto: ` 1) Il modulo della velocit` angolare risulta costante. (attenzione: solo il modulo e costante) a 2) La componente equatoriale della velocit` angolare (p2 + q 2 ) risulta costante. a 3) La componente della velocit` angolare (r) diretta come lasse giroscopico (K) risulta costante. a

Rappresentiamo gracamente la velocit` angolare: a

Ora anticipiamo che il moto di sar` tale da descrivere un cono attorno allasse giroscopa ico: infatti se andiamo a considerare la proiezione di su K otteniamo: K = cos() = ro cos() = ro = cost (241)

langolo risulta costante durante tutto il moto.

47

Cerchiamo poi una soluzione delle equazioni di Eulero: Ap + (C A)qro = 0 Aq + (A C)pro = 0 r=0 denendo: = otteniamo: p + q = 0 q p = 0 C A ro A

(242)

(243)

(244)

derivando la prima equazione rispetto al tempo otteniamo la seguente equazione differenziale lineare del secondo ordine: p + q = 0 q p = 0 p + 2 p = 0 (245)

Essa rappresenta lequazione di un oscillatore armonico che, risolta, permette di trovare completamente il moto di e di vericarne leffettiva conicit` , infatti: a le componenti p, q sviluppano una rotazione rigida attorno allasse K secondo le seguenti relazioni: p = E cos(t + ) (246)

1 q = p = E sin(t + ) (247) dove = CA ro rappresenta la pulsazione (o frequenza di rotazione) della componente A equatoriale ed E una costante che denisce lampiezza del moto. Mentre, come evidenziato precedentemente, la componente diretta come K si mantiene costante: r = ro Moto dellasse giroscopico Procediamo ora calcolando il moto dellasse K del giroscopio (detto anche asse di spin) rispetto ad un sistema di riferimento sso (i, j, k). Innanzitutto consideriamo le equazioni vettoriali del momento della quantit` di moto e della a velocit` angolare: a = A(pI + qJ ) + Cro K = costante = pI + qJ + ro K = non costante 48 (249) (250) (248)

combinando queste due equazioni otteniamo: AC ro K + (251) A A quindi i vettori , , K sono complanari poich` linearmente dipendenti luno dallaltro. e = ` E possibile evidenziare i seguenti angoli:

come dimostrato precedentemente: cos() = inoltre: = cos() 2 2 = 2T = Ap + Bq 2 + Cro ed inne: = + = cost ovvero: K = K cos() (255) (254) 2T ro = cost (252)

cos() =

= cost

(253)

dato che ( K = 1) e ( K = Cro ) otteniamo: cos() = Cro cos() = Cro = cost (256)

Ora orientiamo il sistema di riferimento sso in modo tale che lasse k sia diretto come = cost. 49

Scriviamo lasse giroscopico come: K = Kx i + Ky j + Kz k Consideriamo la componente diretta lungo k: Kz = K k ` Se e diretto come k allora basta normalizzarlo per ottenere: k= Kz = K = cos() (259) (258) (257)

` la componente dellasse giroscopico diretta come il momento angolare e anchessa costante e caratteriszzata dalla seguente espressione: Kz = cos() (260)

Per quanto riguarda le componenti equatoriali Kx , Ky sfruttiamo la formula di Poisson diretta: K =K ricordando che: AC ro K + (262) A A possiamo scrivere la formula di Poisson eliminando i termini che il prodotto vettoriale annulla: = K = K = kK A A 50 (263) (261)

Sviluppando il prodotto vettoriale otteniamo: K = k (Kx i + Ky j + Kz k) = (Kx j Ky i) A A con cui possiamo scrivere tre equazioni differenziali, ovvero: Kx = A Ky Ky = Kx A Kz = 0 (264)

(265)

Della terza conosciamo gi` il risultato, mentre derivando la prima rispetto al tempo e a combinandola con la seconda otteniamo:
Kx = A Ky Ky = A Kx

2 Kx + 2 Kx = 0 A

(266)

Tutto ci` , analogamente al caso del moto della velocit` angolare trattato precedentemente, o a ci permette di esprimere analiticamente il moto dellasse K in questo modo: Kx = K cos( 2 t + ) Ky = K sin( 2 t + ) (267) Kz = cos() dove 2 =
2 A2

rappresenta la pulsazione della componente equatoriale di K.

` ` E evidente, quindi, che il moto dellasse giroscopico e del tutto analogo al moto della velocit` angolare; esso infatti descrive un cono attorno alla direzione ssa k denita dal momento a angolare (costante in un moto per inerzia) del sistema. Questo moto conico, che avviene quan` do perturbiamo un giroscopio in rotazione esclusivamente attono al proprio asse con K k, e chiamato precessione regolare.

4.3 Rotazioni permanenti


Le rotazioni permanenti, dette anche moto alla Poinsot, rappresentano un particolare tipo di moto in cui vige la seguente relazione: = cost (268)

Se consideriamo un corpo rigido tridimensionale con tutti i momenti principali dinerzia uguali (A = B = C), come una sfera, e lo osserviamo in un moto per inerzia, scopriremo che: Dato che = cost Allora: = A = cost

Il vettore velocit` angolare si mantiene costante durante tutto il moto. a

51

Analizziamo ora un caso pi` generale: u consideriamo le tre equazioni di Eulero: Ap + (C B)qr = 0 B q + (A C)pr = 0 C r + (B A)pq = 0

(269)

e consideriamo il caso in cui solo una delle tre componenti della velocit` angolare sia a diversa da zero, ovvero: p = po = cost ` E evidente che la velocit` angolare risulter` : a a = po I (271) ; q, r = 0 (270)

Non siamo ancora sicuri che essa sia costante poich` I e un asse solidale con il corpo e e ` ` quindi mobile per denizione; e quindi necessario vericare che la derivata totale della velocit` a angolare rispetto al tempo sia costante: = dove po = 0 po I = (po ) I = (po I) = = 0 perci` : o =0 = cost (273) d = po I + po I dt (272)

Applicando lo stesso procedimento alle altre due componenti della velocit` angolare ota teniamo lo stesso risultato. Questo ci permette di denire una nuova regola: mettendo un corpo rigido in rotazione attorno ad uno qualsiasi dei suoi assi principali di inerzia, esso mantiene una velocit` angolare costante se sono vericate le condizioni di moto per ina erzia con un punto sso.

52

4.4 Stabilit` delle rotazioni permanenti a


Risulta interessante analizzare come questi moti si evolvono se sottoposti ad una perturbazione, ma prima di fare ci` e necessario introdurre i concetti di stabilit` alla Lyapounov nella loro geno` a eralit` . a Stabilit` alla Lyapounov a Consideriamo unequazione differenziale vettoriale che descriva landamento temporale del sistema considerato: z = f (z, t) (274)

dove z rappresenta un vettore di equazioni che descrivono il moto delle singole parti del sistema: z = (z1 (t), z2 (t), ...zn (t)) La soluzione nominale dellequazione differenziale sar` : a zo z o = f (z o , t) (276) (275)

La denizione di stabilit` impone che: a Un sistema dinamico risulta stabile se > 0 (, to )/ allora z(t) z o (t) < Si osservi la schematizzazione in gura: t > to (278) z(to ) z o (to ) < (277)

53

` Possiamo affermare che il movimento nominale e stabile quando, a fronte di una perturbazione esterna, la differenza tra movimento perturbato e movimento nominale si mantiene limitata. Consideriamo le equazioni differenziali associate ai due movimenti. Movimento perturbato: z = f (z, t) Movimento nominale: z o = f (z o , t) Scriviamo la loro differenza come: = z zo z z o = f (z, t) f (z o , t) (279)

In generale le equazioni differenziali considerate non sono lineari ed a coefcienti costanti; ma, se ci interessa solo come si evolve il movimento perturbato attorno a quello nominale, possiamo linearizzare il sistema dinamico attorno ad esso: deniamo uno sviluppo di Taylor al primo ordine: f |z=zo + o( 2 ) (280) z in modo da ottenere unequazione differenziale vettoriale lineare a coefcienti non costanti. = Ipotizziamo, allora, il sistema come autonomo, ovvero: z = f (z) e studiamo la stabilit` , non pi` attorno a generici movimenti nominali, ma attorno alle a u posizioni di equilibrio dove: zo = 0 e inoltre: f |z = z o = L z dove L rappresenta una matrice composta da termini costanti. Possiamo riscrivere il moto di come: = L (283) (282) z o = cost = z z o = cost (281)

Questa equazione differenziale, vettoriale, lineare ed a coefcienti costanti rappresenta la dinamica della differenza tra soluzione nominale (intesa come soluzione di equilibrio dinamico) e soluzione perturbata per valori di abbastanza piccoli da poter trascurare i termini di grado elevato.

54

` E possibile impostare la soluzione di questa equazione nel modo seguente1 : = aet con a = cost. Verichiamo la correttezza di questa espressione: = aet = Laet (L I)a = 0 (285) (284)

` La condizione per cui lespressione = aet sia soluzione dellequazione differenziale e denita dal seguente problema agli autovalori: (L I)a = 0 Dove rappresenta un autovalore di L e a lautovettore ad esso associato. (286)

Considerando che la matrice L abbia k autovalori otteniamo la soluzione (t) come sovrapposizione di esponenziali:
n

(t) =
k=1

Ck ak ek t

(287)

` Sulla base di questa soluzione e possibile evidenziare tre possibilit` : a

Caso 1. k / (k ) > 0 La soluzione (t) risulta instabile ` e per il teorema di Lyapounov e instabile anche la soluzione non linearizzata (z o (t)). Caso 2. k (k ) < 0 La soluzione (t) risulta stabile ` e per il teorema di Lyapounov e stabile anche la soluzione non linearizzata (z o (t)). Caso 3. k (k ) = 0 La soluzione (t) risulta stabile ` ed il teorema di Lyapounov non e in grado di affermare la stabilit` dellequazione non lina eare. (z o (t)).

Sfruttando queste nuove conoscenze, analizziamo ora la stabilit` nel caso di rotazioni prea manenti: Consideriamo un caso in cui la soluzione nominale di riferimento sia: p = po = 0 ; q, r = 0 = po I (288)

(considereremo solo questa soluzione poich` le altre due possibilit` saranno del tutto analoghe e a e non aggiungeranno nuove informazioni a quello che scopriremo in seguito)
1

valida solo per autovalori distinti

55

Esprimiamo la differenza tra la soluzione perturbata e quella nominale come: 1 = p po 2 = q 0 3 = r 0 ovvero: p = po + 1 q = 2 r = 3 Sostituendo questi risultati nelle equazioni di Eulero otteniamo: 1 = BC 2 3 A 2 = CA (po + 1 )3 B 3 = AB (po + 1 )2 C

(289)

(290)

(291)

Dato che consideriamo il caso in cui le differenze siano piccole, semplichiamo i termini di ordine superiore al primo ( 2 ): 1 = 0 2 = CA po 3 (292) B AB 3 = C po 2 Si noti che, in prima approssimazione, la generica perturbazione imposta al sistema, mantiene limitata la variazione di velocit` angolare 1 in direzione I ovvero in direzione dellasse di roa tazione del corpo. Per quanto riguarda gli effetti della perturbazione nelle altre direzioni principali abbiamo bisogno di studiare le restanti equazioni: derivando la seconda equazione: 2 = e combinandola con la terza otteniamo: (C A)(A B) 2 (294) po 2 BC Da questo risultato possiamo scrivere lequazione differenziale che governa il moto dello scarto 2 come: 2 = 2 + 2 2 = 0 (295) C A po 3 B (293)

Essa rappresenta un equazione differenziale del secondo ordine, lineare ed a coefcienti costanti, la cui soluzione dipende unicamente dal parametro che esprimiamo come:

56

(A C)(A B) 2 po (296) BC Di conseguenza abbiamo tre possibilit` sicamente possibili (con questultima affermazione a intendo escludere i casi in cui uno o pi` dei tre momenti principali dinerzia siano nulli): u 2 = 1) A > B > C 2 > 0 Soluzione oscillatoria: lequazione differenziale considerata diventa un oscillatore armonico. Da teoremi pi` rafnati scopriamo che il moto u 2 nominale o (t) = po I risulta stabile . 2) B > A > C 2 < 0 Soluzione iperbolica: lequazione differenziale considerata tende a divergere. Dal teorema di Lyapounov sappiamo che il moto nominale o (t) = po I ` e instabile. 3) B > C > A 2 > 0 Soluzione oscillatoria: lequazione differenziale considerata diventa un oscillatore armonico. Da teoremi pi` rafnati scopriamo che il moto u ` stabile. nominale o (t) = po I e Possiamo, quindi, sintetizzare i risultati ottenuti affermando che: un moto alla Poinsot di un corpo rigido tridimensionale risulta dinamicamente stabile se la velocit` angolare e diretta a ` come lasse principale dinerzia associato al momento dinerzia massimo o minimo; e invece ` instabile se la velocit` angolare e diretta come lasse principale di inerzia associato al moa ` mento dinerzia compreso tra quello massimo e quello minimo.

Esempio: Si consideri un giroscopio a forma cilindrica di massa M , raggio R ed altezza h con lasse di spin diretto come lasse K. La matrice dinerzia del corpo sar` cos` fatta: a 1 M R2 0 4 1 = 0 M R2 D 4 0 0

0 0 1 2 MR 2

(297)

quindi se mettiamo il giroscopio in rotazione a velocit` costante attorno allasse K (di a Spin), asse associato al momento dinerzia massimo, il suo moto sar` stabile e, quindi, il sisa tema risponder` ad un piccolo impulso ad esso applicato mantenendo sostanzialmente immua tato il suo movimento.

Per approfondimenti vedere Levi Civita - Lezioni di meccanica razionale - ed. Zanichelli capitolo sulle rotazioni permanenti.

57

4.5 Fenomeni giroscopici


Il moto dei giroscopi presenta alcune singolari caratteristiche che permettono il loro utilizzo ` in numerosi campi della meccanica moderna. Una di queste e alla base del funzionamento di mezzi di trasporto di comune utilizzo come biciclette e motociclette, e va sempre tenuta in considerazione durante il progetto di elicotteri o di velivoli monomotori (specialmente ad elica). Stiamo parlando della Tenacia dellasse giroscopico. Consideriamo un generico corpo a struttura giroscopica durante un generico moto per inerzia come rappresentato in gura:

K = K(t) : versore mobile rispetto al sistema di riferimento sso (i, j, k) che rappresenta lasse giroscopico. La matrice dinerzia, come noto, sar` : a A 0 0 D= 0 A 0 0 0 C (298)

Scriviamo lequazione del momento della quantit` di moto: a o = A(pI + qJ ) + CrK e deniamo una nuova grandezza: e = pI + qJ (300) (299)

che chiameremo componente equatoriale di e ci permetter` di riscrivere le equazioni di a velocit` e momento angolare in questo modo: a = e + rK 58 (301)

o = Ae + CrK ` E possibile calcolare e conoscendo solamente K e K in questo modo: Scriviamo la formula di Poisson diretta associata a K: K = K = (e + rK) K = e K Riscriviamo lequazione ottenuta in questa forma: K e = K Per una equazione vettoriale del tipo: ax=b Perch` la soluzione x esista deve sussistere la condizione: e x a b = 0 ` Se questa condizione e vericata la soluzione sar` : a x= ba + a a 2

(302)

(303)

(304)

(305)

(306)

(307)

Ora, se applichiamo questi concetti al nostro caso, dobbiamo vericare che: K K =0 Per fare ci` introduciamo il concetto di norma di un versore come: o K =1 K K =1 (309) (308)

Derivando questultima equazione rispetto al tempo otteniamo: d d (K K = 1) (K K) = 0 2K K = 0 dt dt ` quindi la condizione di esistenza della soluzione e vericata. La soluzione sar` del tipo: a e= K K + K K 2 (311) (310)

sapendo che: K = 0 poich` e = e(I, J ) e 2 e che: K = 1 Otteniamo la seguente soluzione semplicata: e=K K 59 (312)

Da cui il momento della quantit` di moto diventa: a o = AK K + CrK (313)

Dalla seconda equazione cardinale sappiamo che: do = Mo (314) dt quindi derivando lespressione ottenuta rispetto al tempo ricaviamo la seguente equazione: Mo = A d d (K K) + C (rK) dt dt (315)

Immaginiamo ora due tipi di moto:


d 1) r = 0 : M o = A dt (K K) = M o Essa rappresenta una normale coppia di inerzia associata al moto considerato. d 2) r = 0 : M o = M o + C dt (rK) Essa rappresenta una coppia di inerzia il cui secondo ` termine e tanto pi` grande rispetto al primo quanto pi` la componente r della velocit` angolare u u a ` e grande.

A questo punto abbiamo tutti gli strumenti necessari per evidenziare la tenacia del giroscopio: Immaginiamo di applicare al giroscopio una forza F come rappresentato in gura:

Il momento generato da F rispetto al polo O avr` le seguenti componenti: a 60

Mo = b F

Mx = F My = 0 Mz = 0

(316)

Considerando la terza equazione di Eulero per un corpo a struttura giroscopica (A = B): C r = Mz Cr = 0 r = ro = cost (317)

` Per ro >> 1 e possibile trascurare il termine M o approssimando la seconda equazione cardinale con questa espressione: dK M o Cro = dt (318)

In prima approssimazione giungiamo al seguente risultato: la derivata di K rispetto al ` tempo e quindi il moto dellasse giroscopico e in direzione del momento, e non della forza che lo ha generato.

In realt` anche in queste condizioni il termine M o non sarebbe trascurabile, perch` , per un a e breve tempo iniziale, lasse giroscopico tenderebbe a muoversi in direzione della forza prima che la tenacia del giroscopio si manifesti. Ad ogni modo, una volta che il sistema si sia stabiliz` zato nella condizione di regime, la componente preponderante del moto dellasse e unicamente 3 quella sviluppata nella direzione del momento.

Per approfondimenti vedere Levi Civita - Lezioni di meccanica razionale - Ed. Zanichelli, capitolo sulle rotazioni permanenti.

61

Meccanica Relativa

A questo punto della nostra trattazione risulta interessante analizzare come le equazioni che reggono la meccanica vista nora cambino in presenza di un sistema di riferimento non inerziale. Per fare ci` occorre considerare innanzitutto alcuni concetti di cinematica relativa per poi paso sare allanalisi dinamica attraverso le equazioni fondamentali e successivamente attraverso le equazioni di Lagrange.

5.1 Cinematica relativa


Si consideri un sistema di riferimento sso (i, j, k) ed un sistema di riferimento mobile rispetto al primo (I, J , K). Allinterno di questo spazio inseriamo un punto (P ) come rappresentato in gura:

Studiamo il moto del punto tenendo conto di entrambi i sistemi di riferimento.

La posizione del punto sar` : a (P O) = (O O) + (P O ) ovvero: (P O) = (O O) + x I + y J + z K Derivando rispetto al tempo otteniamo la velocit` del punto: a d(P O) = v(O ) + x I + y J + z K + x I + y J + z K dt che, sfruttando le formule di Poisson dirette (I = I...), diventa: v(P ) = 62 (321) (320) (319)

v(P ) = v(O ) + (x I + y J + z K) + x I + y J + z K ovvero: v(P ) = v(O ) + (P O ) + x I + y J + z K ` Lequazione ottenuta e composta da due contributi: 1) v T (P ) = v(O )+ (P O ) 2) v r (P ) = x I + y J + z K

(322)

(323)

Velocit` di trascinamento del punto nella terna mobile a

Velocit` relativa del punto rispetto alla terna mobile a

che permettono di riscrivere la velocit` come: a v(P ) = v T (P ) + v r (P ) (324)

in questa forma lequazione prende il nome di: formula classica di composizione delle velocit` . a

Intuitivamente si potrebbe pensare che la formula di composizione delle accelerazioni abbia la medesima forma di quella delle velocit` ma, derivando, si scoprono alcune differenze: a d(P O ) d + (x I + y J + z K) dt dt

a(P ) = a(O ) + (P O ) + quindi evidenziando i termini gi` noti: a

(325)

a(P ) = a(O ) + (P O ) + [v r (P ) + (P O )] + ar (P ) + v r (P ) (326) dove gli ultima due termini dellequazione sono stati ottenuti con procedimento analogo a quello utilizzato per il calcolo della velocit` . a Raggruppando i termini si ottiene la seguente equazione a(P ) = a(O ) + (P O ) + [ (P O )] + 2( v r (P )) + ar (P ) ` in cui e possibile evidenziare i seguenti contributi:

(327)

1) aT (P ) = a(O ) + (P O ) + [ (P O )]

Accelerazione di trascinamento

` (esiste anche se il punto resta fermo rispetto al sistema di riferimento mobile, e intrinseca 63

alla natura non inerziale del sistema O ).

2) ac (P ) = 2( v r (P ))

Accelerazione di Coriolis

(compare solo se il punto si muove rispetto alla terna mobile).

3) ar = x I + y J + z K

Accelerazione relativa del punto

(accelerazione del punto rispetto alla terna mobile).

Questi contributi ci permettono di esprimere laccelerazione del punto rispetto alla terna nel modo seguente: a(P ) = aT (P ) + ac (P ) + ar (P ) (328)

5.2 Dinamica relativa


Dato un generico sistema di riferimento cartesiano ed inerziale rispetto ad un sistema di riferimento sso, lequazione fondamentale della dinamica, per un punto, assume la seguente forma: F = ma (329)

Consideriamo ora un punto in moto allinterno di un sistema di riferimento non inerziale e supponiamo di voler scrivere lequazione fondamentale rispetto ad un sistema di riferimento sso. Molto semplicemente otterremo: F = m(aT + ac + ar ) oppure, dal punto di vista del sistema di riferimento mobile: ar = F maT ac (331) (330)

Come evidenziato, quindi, osservando il moto del punto rispetto al sistema non inerziale, si manifestano delle nuove forze che chiameremo forze apparenti o inerziali4 : Fapp = maT F c dove F c = ac rappresenta la forza di Coriolis.

in sica per forze vere si intendono forze che provengono dallazione di un corpo su un altro; queste forze, invece, dipendono unicamente dal tipo di sistema di riferimento considerato. Attenzione per` : la denizione di o apparenti NON implica che in realt` siano forze inesistenti sicamente. a

64

Si procede ora con la trattazione di alcuni esempi:

1) Sistema in caduta libera:

Si consideri un sistema di riferimento mobile (O ) in moto rettilineo accelerato rispetto al sistema di riferimento sso come rappresentato in gura:

e supponiamo di avere un punto di massa m sottoposto allazione della forza gravitazionale. Visto dal sistema di riferimehnto sso, il moto del punto sar` retto dalla seguente equazione: a ma = F Cerchiamo, ora, lequazione di moto riferendoci al sistema di riferimento mobile. Laccelerazione di trascinamento sar` : a aT = aO (333) (332)

mentre laccelerazione di Coriolis sar` nulla poich` le due terne non ruotano luna rispetto a e allaltra ( = 0). Di conseguenza otteniamo la seguente equazione: mar = F aO (334)

` dove e evidente che se la terna mobile possiede una accelerazione pari a quella gravitazionale, ovvero: aO = gK otteniamo: mar = 0 65 (336) ; F = mgK (335)

` quindi, da questo punto di vista, e come se il punto non avesse peso.

2) Sistema in rotazione:

Consideriamo due terne (O, O ) con origine comune (O O ) ed in rotazione luna rispetto allaltra attorno allasse (k K) come rappresentato in gura:

Si consideri la terna (i, j, k) come terna ssa e si denisca un punto (P ) solidale con la terna mobile (I, J , K). In queste condizioni avremo: = cost ; aT = [ (P O)] (337)

Si denisca con (P ) la proiezione del punto (P ) sullasse di rotazione in modo da esprimere: (P O) = (P P ) + (P O) dove (P P ) In questo modo otterremo: aT = [ (P P )] ovvero: aT = [ (P P )] ricordando la regola dei prodotti vettoriali per cui: (a b)c = (a c)b (b c)a 66 (341) (340) (339) e (P O)//. (338)

otteniamo: aT =
2

(P P )

(342)

Quindi, come evidente dallultima equazione, laccelerazione di trascinamento riferita alla terna mobile risulta diretta come (P P ) rappresentando quindi laccelerazione centripeta del punto (si noti la proporzionalit` tra questa accelerazione e la distanza dallasse k). Se a scriviamo, invece, lequazione di moto del punto vista dal sistema di riferimento ruotante, mettiamo in evidenza laccelerazione centrifuga agente su di esso. mar = aT =
2

(P P )

(343)

Consideriamo, ora, un punto fermo sulla supercie terrestre, come rappresentato in gura:

Lequazione di moto del punto visto dalla terra (sistema di riferimento ruotante) sar` analoa ga a quella appena analizzata; quindi, esprimendo la velocit` angolare della terra come: a = 0.0073 ed il suo raggio come: R = 6.38 106 m m s2 (345) rad s (344)

e ponendoci alla massima distanza dallasse di rotazione (equatore: = 90) otteniamo: aT =


2

(P P ) = 0.03369

(346)

Ora, rapportando laccelerazione ottenuta a quella di gravit` : a aT 0.0034 (347) g ` e evidente come laccelerazione di trascinamento per un punto fermo sulla supercie terrestre sia, agli effetti pratici, trascurabile. 67

5.3 Esempi di applicazione della dinamica relativa al caso terrestre


A causa della rotazione dellasse terrestre, qualsiasi oggetto posto sulla supercie terrestre ed osservato dalla terra stessa si trova allinterno di un sistema di riferimento non inerziale. ` E, quindi, utile considerare alcuni casi in cui la suddetta rotazione comporti effetti direttamente osservabili sperimentalmente e che, nella storia, hanno permesso di dimostrare le effettive caratteristiche geometriche del nostro pianeta.

- CASO 1: Effetto di deviazione dei gravi

Si consideri un punto posto sulla supercie terrestre ad altezza (h) osservato dal sistema di riferimento solidale al pianeta come rappresentato in gura:

Lequazione di moto del punto sar` : a ma = mgK aT 2m( v r ) (348)

trascurando laccelerazione di trascinamento del sistema (che come dimostrato nel paragrafo precedente sar` 103 g) otteniamo: a ma = mgK 2m( v r ) Possiamo esprimere la velocit` angolare come: a I J K = I v r = det 0 0 = zJ yK x y z (349)

(350)

da cui, proiettando lequazione vettoriale lungo i tre assi della terna mobile otteniamo:

68

m = 0 x m = 2m z y m = mg + 2m y z Date le seguenti condizioni iniziali, integriamo le equazioni: C.I. : t=0 (z = h ; x, y = 0 v r (0) = 0) x=0 y = 2(h z) 1 z = h 2 gt2 ;

(351)

(352)

` si noti che nella terza equazione si e trascurato il termine in (y) poich` dipendente da 2 e e quindi molto piccolo.

Ora, sfruttiamo le informazioni della terza equazione ed inseriamole nella seconda: y = 2(h z) z h = 1 gt2 2 y = gt2 1 y = gt3 3 (353)

` Otteniamo che la componente in direzione J del moto e diversa da zero a causa della presenza della velocit` angolare . a

` Calcoliamo, ora, se questo effetto e effettivamente misurabile: dalla terza equazione calcoliamo il tempo di caduta come: Tc = e sostituiamolo in (y) ottenendo: y(Tc ) = Ora poniamo: h = 300 m ; g = 9.81 m s2 ; = 7.272 105 rad s 2h 3g 2h g (355) 2h g (354)

ottenendo: y(Tc ) = 0.114m che rappresenta un effetto di deviazione visibile ed, in linea di principio, misurabile.

69

- CASO 2: Pendolo di Foucault

Consideriamo una coppia di sistemi di riferimento analoghi a quelli del caso precedente e deniamo la latitudine come rappresentato in gura:

la velocit` angolare nella terna solidale con la terra sar` espressa come: a a = cosI + sinK (356)

Ora, poniamo un pendolo nel sistema di riferimento mobile vincolandolo con una cerniera sferica ideale allasse (K) ad altezza (l) come rappresentato:

deniamo il vincolo come: = g 70 (357)

dove la supercie (g) rappresenta una sfera di raggio (l) centrata sulla cerniera sferica ideale (g : x2 + y 2 + (z l)2 = l2 g(x, y, z) = cost).

Quindi: = xI + yJ + (z l)K (358)

Lequazione di moto del pendolo dal punto di vista del sistema solidale con la terra sar` : a ma = mgK maT mac (359)

trascuriamo, ancora una volta, laccelerazione di trascinamento del sistema poich` proe 2 porzionale ad ottenendo: ma = mgK 2m( v) (360)

sviluppando il prodotto vettoriale potremo esprimere laccelerazione di Coriolis come: I J K ac = 2( v) = det cos 0 sin (361) x y z ac = sin()yI + ( sin()x cos()z)J + cos()yK (362)

e, successivamente, scrivere le equazioni differenziali che governano il moto delle singole componenti del sistema come: m = x + 2m sin()y x m = y 2m( sin()x cos()z) y (363) m = (z l) mg 2m cos()y z In questa forma il sistema risulta molto complicato da risolvere, sono opportune quindi alcune semplicazioni:

Innanzitutto ipotizziamo che il pendolo compia solo piccole oscillazioni e scriviamo il teorema dellenergia cinetica: dV dT = mg z 2m[ v] v = mg z = (364) dt dt come evidente la forza di Coriolis non compie lavoro permettendoci di scrivere lenergia totale del sistema come: E = T + V = cost (365)

` Questo e un risultato importante perch` dimostra che, in queste condizioni, la forza di Corie olis non pu` provocare oscillazioni di grande ampiezza aumentando lenergia del sistema. o

71

Procediamo ora linearizzando le equazioni attorno la posizione di equilibrio stabile del pendolo prendendo in considerazione solo i termini di ordine zero. Dalla terza equazione otteniamo: mg l di conseguenza, sostituendo nelle prime due equazioni non linearizzate otteniamo: 0 = (l) mg = m = mg x + 2m sin()y x l mg m = l y 2m sin()x + 2m cos()z y (366)

(367)

Il termine 2m cos()z risulta trascurabile in unapprossimazione per piccole oscillazioni z z poich` , nel punto di equilibrio (ovvero lorigine del sistema di riferimento) le derivate x ; y si e annullano dimostrando che z introduce solo contributi del primo ordine rispetto ad x, y.

Riscriviamo le equazioni come: x = g x + 2 sin()y l g y = l y 2 sin()x (368)

Se consideriamo, quindi, la proiezione sul piano (x, y) dellaccelerazione del pendolo si nota che: g a(x, y) = (P O) + ? (369) l Compare un ulteriore termine non necessariamente diretto come (P O). Per quanticarlo consideriamo la proiezione di () su (K) ovvero: 1 = sin()K; Essa ci permette di sintetizzare le due equazioni differenziali scritte precedentemente nellequazione vettoriale: g a(x, y) = (P O) 2( 1 v) (370) l ` In questa forma il sistema e equivalente ad un oscillatore armonico visto in un sistema di riferimento ruotante con frequenza di rotazione pari a 1 .

Qualitativamente, quindi, non osserveremo solo il pendolo oscillare tra due posizioni, ma anche ruotare su se stesso con un periodo dipendente dalla latitudine. Al polo nord, infatti, avremo un periodo di 24h mentre muovendoci verso lequatore esso tender` a diminuire no a ad annullarsi. (sin() 0).

72

5.4 Meccanica relativa dal punto di vista lagrangiano


Per un sistema caratterizzato da vincoli ideali sottoposto a sollecitazioni esclusivamente posizionali e conservative, come visto nel capitolo 1, lequazione di Lagrange assume la seguente forma: d L L =0 dt qk qk dove L rappresenta la lagrangiana del sistema L = T V (371)

` La componente generalizzata della sollecitazione attiva in questo contesto e esprimibile come: Qk = Deniamo, ora, una nuova funzione: = (qk , qk , t) e supponiamo di poter scrivere: Qk = e L=T La funzione di Lagrange nella forma precedente risulter` ancora valida. a (375) d + ( ) qk dt qk (374) k = 1...n (373) V qk (372)

Deniamo allora la nuova funzione come potenziale generalizzato.

Questo nuovo potenziale permette di esprimere leffetto delle forze apparenti, racchiudendo in s` le grandezze dinamiche che si manifestano in presenza di sistemi di riferimento non e inerziali. Procediamo, quindi, allanalisi di due casi che, nella loro generalit` , permettono di giungere a alle equazioni di moto del sistema attraverso le equazioni di Lagrange in presenza di sistemi di riferimento non inerziali.

73

- CASO 1 : sistemi di riferimento in puro moto traslatorio

Si consideri un sistema di punti (Pi i = 1...N ), una terna ssa (i, j, k) ed una terna mobile (I, J , K) di origine rispettivamente (O) ed (O ) come rappresentato in gura:

e si consideri la velocit` di trascinamento della terna mobile come: a v T (Pi ) = v O essa, quindi, sar` caratterizzata da velocit` angolare nulla: = 0 a a (376)

Lenergia cinetica del sistema rispetto al sistema di riferimento sso sar` : a 1 T = 2


N

mi v 2 i
i=1

1 = 2

i=1

1 mi (v T + v i ) = 2
2

mi (v i ) +
i=1 i=1

1 mi v T v i + M v 2 T 2

(377)

ovvero: 1 T = T + vT Q + M v2 T 2 dove i singoli termini rappresentano: (378)

- T : energia cinetica relativa (rispetto al sistema di riferimento mobile) - Q : quantit` di moto relativa (rispetto al sistema di riferimento mobile) a 1 2 - 2 M v T : energia cinetica associata al moto del sistema di riferimento mobile

74

Possiamo riscrivere la lagrangiana come: 1 L = T V = T (V v T Q M v 2 ) T 2 e denire il potenziale generalizzato come: (379)

1 = V vT Q M v2 (380) T 2 a questo punto potremo trovare le equazioni di moto semplicemente integrando le equazioni di Lagrange nella loro forma nota: L d L =0 dt qk qk - CASO 2 : sistemi di riferimento in rotazione L=T (381)

Si consideri ancora un sistema di punti (Pi i = 1...N ), una terna ssa (i, j, k) ed una terna mobile (I, J , K) come rappresentato in gura:

le due terne risultano entrambe centrate in (O) e la terna mobile ruota attorno alla terna ssa con velocit` angolare = 0). a

Possiamo scrivere la velocit` di trascinamento della terna come: a v T (Pi ) = (Pi O) di conseguenza la velocit` del punto i-esimo sar` : a a v i = v T (Pi ) + v i Lenergia cinetica vista dal sistema di riferimento sso sar` : a 75 (383) (382)

1 T = 2 ovvero: 1 T = 2 dove:
1 2 N i=1 N

mi v 2 i
i=1

1 = 2

mi (v T + v i )2
i=1

(384)

i=1

1 mi (v i ) + 2
2

mi [ (Pi O)] +
i=1 i=1

mi v T v i

(385)

mi [ (Pi O)]2

rappresenta lenergia cinetica di rotazione del sistema.

Poich` : (Pi O) = (Pi Pi ) + (Pi O) e dove (Pi Pi ) e (Pi O)// otteniamo che: 1 2
N

i=1

1 mi [ (Pi O)] = 2
2

i=1

1 mi [ (Pi Pi )] = 2
2

2 i=1

mi (Pi Pi )2 (386)

ovvero: 1 2
N

i=1

1 mi [ (Pi O)]2 = I 2

(387)

` questo termine rappresenta il potenziale delle forze centrifughe dove I e il momento dinerzia del sistema di punti (che, ovviamente, sar` un corpo rigido). a N i=1

mi v T v i

rappresenta:
N N

mi v T v i =
i=1 i=1

mi [ (Pi O)] v i

(388)

permutando ciclicamente i fattori otteniamo:


N N

mi [(Pi O) v i ] =
i=1 i=1

mi [(Pi O) v i ] = (O)

(389)

quindi:
N

mi v T v i = (O)
i=1

(390)

questo termine rappresenta il prodotto scalare tra la velocit` angolare della terna ed il moa ` mento angolare del sistema rispetto al polo ed alla terna mobile ed e denito come potenziale delle forze di Coriolis. 76

in conclusione otteniamo: 1 L = T V = T + I 2 dove: 1 = V I 2 (O) (392) 2 a questo punto potremo nuovamente trovare le equazioni di moto del sistema integrando le equazioni di Lagrange nella loro forma nota: L=T ; L=T d L L =0 dt qk qk (393)
2

+ (O) V

(391)

5.5 Bussola giroscopica


Procediamo nella trattazione applicando i nuovi concetti di meccanica lagrangiana ad un caso ` reale in cui il sistema in esame e osservato da un sistema di riferimento non inerziale ovvero la supercie terrestre.

Consideriamo, innanzitutto, una terna di riferimento solidale con la supercie della terra nella quale andiamo a porre un corpo rigido, per ora di forma generica, come rappresentato:

Allinterno della suddetta terna deniamo unaltra terna mobile questa volta solidale con il moto del corpo che sar` caratterizzato dalla sola velocit` angolare () diretta come lasse (K 1 ) a a come rappresentato: 77

per ogni singolo punto (P ) appartenente al corpo rigido possiamo scriverne la velocit` a assoluta come: v(P ) = v T (P ) + v r (P ) dove i contributi v T (P ) e v r (P ) sono esprimibili come: v T (P ) = v O + (P O) che rappresenta la velocit` del punto se fosse fermo in (I, J , K). a v r (P ) = v O + (P O) che invece rappresenta la velocit` del punto in moto visto da (I, J , K). a (396) (395) (394)

Per O O

(P O) (P O ) quindi: v(P ) = v(O) + ( + ) (P O) (397)

` la velocit` angolare percepita dal corpo rigido e data dalla somma vettoriale della velocit` a a angolare propria del corpo allinterno della terna mobile con la velocit` angolare della terna a stessa rispetto al sistema di riferimento sso.

Studio del moto del disco in rotazione:

consideriamo ora, non pi` un corpo di forma generica, ma uno a struttura giroscopica e u modichiamo il sistema di riferimento (I 1 , J 1 , K 1 ) in modo tale che K K 1 bloccando, quindi, le rotazioni del corpo rigido attorno a (K) come rappresentato in gura:

78

Questo vincolo corrisponde ad orientare lasse di spin del giroscopio (I 1 ) sempre parallelamente alla supercie terrestre. In questo contesto le equazioni che deniscono il nuovo sistema di riferimento rispetto alla terna solidale con la supercie terrestre saranno: I 1 = cos()I + sin()J J 1 = sin()I + cos()J K1 = K (398)

Ora rappresentiamo una seconda terna mobile (I 2 , J 2 , K 2 ) completamente solidale con il moto del giroscopio:

e caratterizzata dalle seguenti equazioni: I2 = I1 J 2 = cos()J 1 + sin()K 1 K 2 = sin()J 1 + cos()K 1 79 (399)

Per ottenere la velocit` angolare del giroscopio sfruttiamo la formula di Poisson inversa, a ovvero: 1 = (I 2 I2 + J 2 J 2 + K 2 K 2 ) 2 che, sfruttando le tre equazioni precedenti, ci permette di ottenere: = I 1 + K 1 (400)

(401)

Per ottenere, invece, la velocit` angolare del sistema di riferimento mobile (I 1 , J 1 , K 1 ) a consideriamo la seguente gura:

da cui: = cos()I 1 + sin()K 1 Di conseguenza la velocit` angolare assoluta sar` : a a a = + = ( cos() + )I 1 + ( sin() + )K 1 Ora scriviamo lenergia cinetica attraverso il teorema di Koenig: 1 T = mv 2 + T rot (404) G 2 dove, rispetto al sistema di riferimento principale dinerzia e solidale con il corpo (I 2 , J 2 , K 2 ) avremo: 1 T rot = (Ap2 + Bq 2 + Cr2 ) (405) 2 Essendo v 2 = v 2 = cost possiamo trascurare n da subito il primo termine dellenergia G O cinetica totale (T ) poich` al momento della derivazione nellequazione di Lagrange scompare ir` . Inoltre, essendo il corpo a struttura giroscopica (A = B). Quindi, tenendo conto di ci` , a o lenergia cinetica risulta: 80 (403) (402)

1 T = T rot = (A(p2 + q 2 ) + Cr2 ) (406) 2 dove le componenti della velocit` angolare vista dalla terna principale dinerzia saranno le a proiezioni di ( a ) su di essa: p = ( + ) J 2 q = ( + ) K 2 (407) r = ( + ) I 2 da cui, sostituendo le equazioni viste, otteniamo: p = cos() cos() sin() + sin()[ sin() + ] q = cos() sin() sin() + cos()[ sin() + ] r = cos() cos() + Queste espressioni, inserite nellenergia cinetica del giroscopio, ci restituiscono: 1 T = [A(2 cos2 () sin2 ()+[ sin()+])+C(2 cos2 () cos2 ()+2 +2 cos() cos())] 2 (409) dove trascuriamo i termini in (2 ), poich` molto piccoli, ottenendo: e 1 T = [A( sin() + ) + C(2 + 2 cos() cos())] (410) 2 ` Scriviamo la lagrangiana del sistema tenendo conto che lunica azione sul disco e rappresentata dalla reazione vincolare che, non lavorando, non compare: L=T ed esprimiamo le due equazioni di Lagrange che reggono il moto del giroscopio: d L L =0 dt d L L =0 dt A + C cos() sin() = 0 T =0 : var.ignorabile (412) (413) (411)

(408)

Avendo evidenziato una variabile ignorabile esprimiamo subito il momento cinetico ad essa associato che, come visto nel primo capitolo, rappresenter` un integrale primo del moto: a P = T = C( + cos() cos()) = Cro = cost (414)

Esso esprime la conservazione della componente di velocit` angolare diretta come lasse a del giroscopio (r = ro ).

Ora occupiamoci dellequazione differenziale associata alla coordinata libera (): 81

A + C cos() sin() = 0

(415)

Il termine () rappresenta la velocit` di rotazione del giroscopio attorno al suo asse di spin a ` (che solitamente e pari a 2000 giri/min circa) ed ha la seguente espressione: + cos() cos() = ro ma poich` e possiamo trascurare la parte in () scrivendo: una nuova grandezza: C cos()ro A otteniamo la seguente equazione differenziale: 2 = A + sin() = 0 che, per piccole oscillazioni del sistema, pu` essere linearizzata ed espressa come: o A + = 0 Essa rappresenta lequazione di un oscillatore armonico di frequenza = e periodo T =
2 .

(416) ro = e, denendo

(417)

(418)

(419)
C cos()ro A

Si noti che, a seconda della latitudine () e della velocit` di rotazione (ro ), si possono avere a i due seguenti casi: - Caso 1: 2 > 0 ` La funzione che si ottiene e periodica ed oscillatoria, ma non necessariamente riconducibile ad una serie di Fourier. - Caso 2: 2 < 0 ` La funzione che si ottiene e analoga alla precedente ma ruotata di .

In entrambi i casi, comunque, risulta evidente che il giroscopio oscilla tanto pi` veloceu mente quanto pi` ci troviamo lontano dai poli e quanto pi` ci avviciniamo allequatore oppure u u quanto pi` lo mettiamo in rotazione velocemente. u

Consideriamo un caso pratico: dati: 1 mR2 C = 2 =2 ; 1 A mR2 4

= 0.0073 82

rad s

r0 = 104.67

rad s

Otteniamo:

rad ; T = 51 s s Il giroscopio, seppur comportandosi ragionevolmente come una bussola e mantenendo approssimativamente lorientazione del nord non risulta molto afdabile a causa delle oscillazioni ` che lo caratterizzano; esso, quindi, anche se e possibile eliminare parzialmente leffetto di queste oscillazioni aumentando la velocit` di rotazione dellasse di Spin, necessita di una cona tinua calibrazione. = 0.123

83

Principi variazionali e meccanica hamiltoniana

In questo capitolo tratteremo alcuni importanti strumenti teorici ed applicativi che estendono le conoscenze acquisite attraverso la meccanica lagrangiana e le equazioni di Lagrange. Tratteremo metodi che permettono la risoluzione numerica delle equazioni di moto e che facilitano, spesso fortemente, le equazioni dei problemi di meccanica ma prima di poter entrare nel ` dettaglio, e necessario sviluppare delle nuove conoscenze matematiche.

6.1 Funzionale e stazionariet` del funzionale a


Si consideri, a titolo di esempio, un volume spaziale (V ) occupato da un uido in moto casuale. Lenergia cinetica del uido sar` denita dalla seguente equazione: a 1 (P, t)v 2 (P, t)d (420) 2 V questa trasformazione, ssate le condizioni al contorno (V ) associa ad ogni coppia di funzioni un numero reale: T = (P, t) ; v 2 (P, t) T R (421)

Deniamo come Funzionale: una trasformazione in cui largomento e a sua volta rapp` resentato da una o pi` funzioni. Esso rappresenta unapplicazione dello spazio di funzioni in u ingresso attraverso numeri reali.

Ad esempio la trasformazione che denisce la lunghezza della linea denita da una funb ` zione e un funzionale, infatti: l = a 1 + y 2 dx Consideriamo, ora, una funzione denita in un intervallo nito sullasse reale come rappresentato in gura:

84

la funzione denita sar` : y c2 ([a, b]) ovvero continua e derivabile no al secondo grado a nellintervallo considerato. Ora deniamo la funzione: L = L(y(x), y (x), x) e deniamo il funzionale F (y) come:
b

(422)

F (y) =
a

L(y(x), y (x), x)dx

(423)

Nella nostra trattazione gli elementi di un funzionale che risultano sicamente interessanti sono gli estremi. Per trovarli, deniamo una particolare funzione y = y (x) deni ta tra (a, y(a)),(b, y(b)) per cui ci interessa evidenziare se il funzionale ad essa applicato sia stazionario. Ora introduciamo una nuova funzione che chiameremo funzione variata: y(x) = y + (x) (424)

dove rappresenta una funzione assegnata generica che si annulla agli estremi e che risulta continua e derivabile no al secondo grado in tutto lintervallo considerato, ovvero: (a) = (b) = 0 ; la funzione y(x) avrebbe la seguente forma: (x) c2 ([a, b]) (425)

Essendo y , assegnate ed avendo denito lintervallo (a, b), si pu` riesprimere il funzionale o come strettamente dipendente dal parametro ovvero:
b

F (x)

F () =
a

L( + , y + , x)dx y

(426)

deriviamo questa espressione rispetto ad : 85

dF = d

(
a

L L )dx + y y

(427)

e calcoliamo la velocit` di variazione del funzionale in y ponendo = 0, ovvero: a dF |=0 = d


b a

L |y=dx + y y

b a

L |y = dx y y

(428)

Sviluppando il secondo integrale per parti otteniamo: dF |=0 = d


b a

L L |y=dx + [ |y = ]b y y a y y

b a

d L ( )|y = dx y dx y

(429)

essendo (a) = (b) = 0 se le derivate rimangono limitate (come imposto) possiamo affermare che: [ quindi la derivata diventa: dF |=0 = d
dF | d =0 b

L |y = ]b = 0 y a y

(430)

[
a

L d L |y= ( )|y = ](x)dx y y y dx y

(431)

essa ci permette di denire che: il funzionale F (y) si dice stazionario in y = y se e solo se = 0 (x).

Esiste un teorema che indica la classe di funzioni che rendono stazionario il funzionale F (y), esso afferma che: Condizione necessaria e sufciente per la stazionariet` del funzionale F (y) in y = y e che: a ` L d L |y= ( )|y = = 0 y y y dx y (432)

` ` Si noti che se questa differenza e nulla e ovvia la stazionariet` del funzionale ma, da teoa rema, anche la stazionariet` del funzionale nulla deve implicare lannullarsi di questo tera mine. Questultima affermazione non risulta cos` scontata, si procede quindi con la sua di mostrazione.
d L Ipotizziamo per assurdo che la funzione L dx ( y ) sia diversa da zero solo nellintorno y di un punto xo ; per un particolare (x) otterremmo sicuramente un integrale non nullo come rappresentato:

86

d L ` quindi perch` lintegrale ( a ( L dx ( y ))(x)dx) si annulli (x) e necessario che la e y ` possibile riscrivere questa funzione in unaltra forma: funzione vista si annulli. E

d L L ( ) =0 dx y y

(433)

Si noti la somiglianza tra questa equazione e lequazione di Lagrange, somiglianza non casuale, come vedremo in seguito.

6.2 Principio di Hamilton


` Il principio di Hamilton e un principio generale che afferma la diretta provenienza delle equazioni di Lagrange dai principi variazionali. Secondo Hamilton, infatti, le equazioni di Lagrange rendono minimo il seguente funzionale:
t1

W =
t0

L(q1 , q2 , ..., qn , q1 , q2 , ..., qn , t)dt

(434)

dove tutte le variabili presenti sono funzione UNICAMENTE del tempo. Questo funzionale prende il nome di azione.

Deniamo come spazio delle congurazioni lo spazio n-dimensionale individuato dalle n coordinate libere del sistema come rappresentato idealmente in gura:

87

Come si nota il sistema percorre una traiettoria tra due estremi A e B che sono corrispondenti al tempo iniziale (t0 ) e nale (t1 ). In questo spazio la traiettoria percorsa rappresenta il moto delle coordinate libere del sistema.

Consideriamo, allora, il moto di un sistema caratterizzato dalle seguenti funzioni: qk = qk (t) k = 1...n ; t 0 < t < t1 (435)

per cui lazione avr` come variabili queste funzioni e le loro derivate: a W = W (qk , qk , t) k = 1...n (436)

e deniamo un insieme di funzioni qk (t) che identicano il moto di riferimento nel cui in torno vogliamo studiare la variazione del funzionale.

Deniamo come moto variato le funzioni: qk (t) = qk (t) + k k (t) k = 1...n dove, analogamente al paragrafo precedente: k (t0 ) = k (t1 ) = 0 k = 1...n (438) (437)

` Quindi, e possibile riscrivere lazione come funzione dei soli parametri k : W = W (1 , 2 , ..., n ) (439)

` Come dimostrato, la condizione di stazionariet` dellazione e rappresentata dal seguente a funzionale: dW | =0 = dk k


t1

[
t0

d L L |qk =k ( )| ]k (t)dt = 0 q qk dt qk qk =qk 88

k = 1...n

(440)

Perci` , volendo lannullarsi di tutte queste equazioni k (t) otteniamo necessariamente o che: W : stazionario d L L ( ) =0 dt qk qk k = 1...n (441)

Come dimostrato Lagrange ed Hamilton riescono a giungere al medesimo risultato per due strade differenti. Equazioni di Lagrange e principio di Hamilton esprimono lo stesso concetto. In sostanza abbiamo denito che il moto di qualsiasi sistema meccanico avviene in modo tale che lazione sia stazionaria. 5

6.3 Equazioni di Hamilton


Procediamo cercando un modo di semplicare le equazioni differenziali del moto che si ottengono dalle equazioni di Lagrange. d L L ) =0 ( dt qk qk k = 1...n (442)

Quello scirtto rappresenta un sistema di equazioni differenziali del secondo ordine. Si consideri il teorema per cui e sempre possibile scomporre un sistema di equazioni differenziali del ` secondo ordine in un sistema di equazioni differenziali del primo ordine.

Per fare cio supponiamo, per semplicit` di essere in presenza di un sistema ad un solo a grado di libert` caratterizzato da vincoli ssi e sollecitazione conservativa; per esso possiamo a scrivere la seguente lagrangiana: L = L(q, q) (443)

Deniamo come funzione di Hamilton quello che precedentemente avevamo chiamato integrale generalizzato dellenergia, ovvero, per questo sistema: H = H(q, q) = pq L dove p = L rappresenta il momento cinetico coniugato alla coordinata libera q. q Ora immaginiamo di poter invertire q = q(q, p), sostituendo in H otterremmo: H = H(q, p) Scriviamo il differenziale della funzione di Hamilton: H = H(q, p) o, allo stesso tempo:
` anche se non e stato dimostrato in questa sede, il moto avviene solo in corrispondenza di un minimo dellazione.
5

(444)

(445)

dH =

H H dq + dp q p

(446)

89

H = pq L

dH = qdp

L dq q

(447)

Per uguaglianza tra le due espressioni scritte otteniamo che: q= H p ; L H = q q (448)

Inoltre, introducendo lequazione di Lagrange del sistema sappiamo che: d L (p) = dt q quindi, sostituendo, otteniamo le due equazioni di Hamilton: q= H p ; p= H q (450) (449)

che hanno lo stesso signicato delle equazioni di Lagrange con il limite di essere raddoppiate, ma con il grande vantaggio di essere equazioni del primo ordine invece che del secondo.

A questo punto, denendo delle nuove grandezze: = q p ; S= 0 1 1 0 ;


H =

H =

H q H p

(451)

` e possibile riscrivere le equazioni di Hamilton in forma matriciale, ovvero: =s H (452)

` In questo contesto, poi, e utile denire un nuovo tipo di spazio: lo spazio hamiltoniano. In esso le variabili sono contemporaneamente rappresentate sia da p che da q rendendo questo ` spazio non pi` n-dimensionale ma 2n-dimensionale. Questo spazio e anche detto spazio delle u fasi.

90

6.4 Teorema di Donkin (trasformazione di Legendre)


Il teorema di Donkin risulta valido per funzioni arbitrarie e non necessariamente relative alla meccanica hamiltoniana.

Data una funzione : F = F (x1 , x2 , ...xn , 1 , 2 , ...n ) (453) con F c2 (R) e denendo una matrice H (che non rappresenta lhamiltoniana) cos` fatta: F ) H=( xi xj con det(H) = 0. (454)

Inoltre ipotizziamo che, date le equazioni: F = yi (x1 , x2 , ...xn , 1 , 2 , ...n ) (455) xi queste relazioni siamo invertibili poich` , scrivendo la matrice di Jacobi, otteniamo la mae trice H che rappresenta lhessiana del sistema: yi = F = ( F ) = H J= xi xi xj permettendoci di scrivere: xi = xi (y1 , y2 , ...yn , 1 , 2 , ...n ) Ora deniamo una nuova funzione:
n

(456)

(457)

G = G(y1 , y2 , ...yn , 1 , 2 , ...n ) =


k=1

(yk xk F (xk , k ))

(458)

tale per cui: xj = Infatti se espandiamo i termini, otteniamo: G = [ (yk xk F (xk , k ))] = yj yj k=1
n n

G yj

(459)

(
k=1

yk xk F xk xk + yk ) yj xj xk xj

(460)

91

Ricordando la denizione di yk otteniamo: yk xk xj G = yj


n

F xk xk xj

= 0 quindi6 : (461)

(
k=1

yk xk ) = kj xk = xj yj

` In sintesi, quindi, e possibile invertire le relazioni viste a partire da questo teorema a patto che il determinante dellhessiana del sistema considerato sia non nullo.

Inne dimostriamo che: G F = l l Infatti: G = [ (yk xk F (xk , k ))] = l l k=1


n n

(462)

(yl
k=1

xk F xk F ) l xk l l
n F k=1 xk )

(463)

annullandosi il termine in sommatoria (si ricordi: yl = voluta.

otteniamo luguaglianza

A questo punto, applichiamo il teorema al caso meccanico ponendo: F L G H x q q, t y p dove H =


n k=1

(464)

pk qk L rappresenta lhamiltoniana del sistema.

Il momento cinetico risulta ancora essere : pk = L = pk (q1 , q2 , ..., qn , q1 , q2 , ..., qn , t) q H pk (465)

Sfruttando il teorema di Donkin otteniamo: qk = (466)

` E quindi possibile invertire H ed, allo stesso tempo, le variabili t, qk si comporteranno come parametri non intervenendo nella trasformazione: H L = qk qk
6

L H = t t

(467)

si ricorda che la di Kronecher assume valore nullo per per indici diversi e valore unitario per indici uguali.

92

In questo modo possiamo ottenere nuovamente le equazioni di Hamilton, infatti: la prima ` e stata gi` trovata invertendo le relazioni, la seconda invece si ottiene in questo modo: a
L qk

Dalle equazioni di Lagrange: pk =

da cui, sfruttando le ultime relazioni scritte: H qk (468)

pk =

Sfruttando questo teorema abbiamo ottenuto le equazioni di Hamilton anche per un caso caratterizzato con n gradi di libert` : a qk = H pk H qk (469) (470)

pk =

Analogamente al paragrafo precedente, anche in questo caso possiamo compattarne la scrittura denendo: x = (q1 ...qn , p1 ...pn ) ; per cui: H (472) x Si noti che s rappresenta una matrice emisimmetrica, a blocchi ed ortogonale di dimensioni (2n 2n) mentre I rappresenta la matrice identit` di dimensioni (n n). a x=s s= 0 I I 0 (471)

6.5 Esempi di utilizzo delle equazioni di Hamilton


Consideriamo, ora, due esempi noti con il ne di analizzarli attraverso le equazioni di Hamilton e non pi` attraverso quelle di Lagrange: u

Esempio 1: oscillatore armonico

Il sistema massa-molla possiede un solo grado di libert` e la sua lagrangiana presenta la a seguente forma: 1 1 L = mq 2 kq 2 2 2 il momento cinetico sar` : a p= L = mq q 93 q= p m (474) (473)

Lhamiltoniana del sistema, quindi, presenter` la seguente forma: a 1 p2 1 2 + kq = T + V = E = cost 2m 2 ed il corpo avr` durante tutto il suo moto energia meccanica totale (E) costante. a Scriviamo, ora, le equazioni di Hamilton ad esso asscociate: H = pq L = q= p= H p = p m (475)

(476)

H = kq (477) q Derivando la prima equazione rispetto al tempo e sostituendo in essa la seconda equazione, otteniamo: p k q+ q=0 m m che rappresenta lequazione differenziale associata al moto delloscillatore. q= (478)

Si noti che nello spazio delle fasi, ssando lenergia (E) del sistema, si ottengono dei graci che hanno la seguente forma:

dove il gradiente spaziale di H si mantiene sempre ortogonale al moto, infatti: H H H H x =q +p =0 (479) x x q p A causa di questa ortogonalit` il sistema, se non sollecitato, non acquista mai ulteriore ena ergia. x=s

94

Esempio 2: moto di un punto in un campo di forze centrali

Dato il seguente sistema in moto centrale:

` esso e caratterizzato da due gradi di libert` a cui associamo le coordinate libere , e la a seguente lagrangiana: 1 L = m(2 + 2 2 ) V (P ) 2 I momenti cinetici del sistema saranno: p = p = L = m (480)

(481) (482)

L = m2 e la funzione di Hamilton assumer` la seguente forma: a 1 p2 1 p2 H= + + V (P ) 2 m 2 m2 da cui otteniamo le equazioni di Hamilton associate a : = p = e quelle associate a : H = p = p m2 95 H p = p m

(483)

(484) (485)

H p2 V = ( 3 + ) m

(486)

H =0 (487) Come evidente, il momento cinetico associato a rappresenta una costante e denisce, quindi, un integrale primo del moto. Allo stesso tempo diventa una variabile ignorabile. p =

` A questo punto e possibile scrivere il moto del sistema come: = p p2 V 1 = 2 3 m m m (488)

6.6 Parentesi di Poisson


Le parentesi di Poisson rappresentano un modo sintetico ed interessante di esprimere grandezze complesse che spesso compaiono nella trattazione della meccanica.

Si consideri una generica funzione: F (q, p, t) izzano siano esclusivamente dipendenti dal tempo:

in cui le singole variabili che la caratterF (q, p, t) = F (q(t), p(t), t).

Scriviamo ora la derivata rispetto al tempo di questa funzione: dF = dt


n

(
k=1

F F F qk + pk ) + qk pk t

(489)

Introducendo le equazioni di Hamilton: qk = H pk H qk (490) (491)

pk = ` e possibile riscrivere la derivata come: dF = dt


n

(
k=1

F H F H F )+ qk pk pk qk t

(492)

Deniamo, ora, le parentesi di Poisson:


n

[F, H] =
k=1

F H F H ) qk pk pk qk

(493)

attraverso le quali otteniamo che: dF F = [F, H] + dt t 96 (494)

- Se F risulta un integrale primo del moto ( dF = 0) otteniamo: dt F F [H, F ] = t t - Se F risulta un integrale primo del moto e non dipende esplicitamente dal tempo ( dF = 0 ; F = 0) otteniamo: dt t [F, H] = [F, H] = 0 (495)

(496)

che rappresenta una propriet` importante degli integrali primi del moto non esplicitamente a dipendenti dal tempo.

` E possibile scrivere le equazioni di Hamilton attraverso le parentesi di Poisson: qk = [qk , H] pk = [pk , H] Ora analizziamo alcune propriet` delle parentesi di Poisson: a 1. [F, F ] = 0 2. [F, G] = [G, F ] propriet` anticommutativa a propriet` di linearit` a a (497) (498)

3. [aF1 + bF2 , G] = a[F1 , G] + b[F2 , G] 4. [F1 F2 , G] = [F1 , G]F2 + [F2 , G]F1

5. [F1 , [F2 , F3 ]] + [F2 , [F3 , F1 ]] + [F3 , [F1 , F2 ]] = 0

identit` di Jacobi a

` Lidentit` di Jacobi e una propriet` molto importante perch` ci permette di dimostrare il a a e seguente teorema: Dati due integrali primi del moto: F = F (q, p); G = G(q, p) non esplicitamente dipendenti dal tempo si ottiene che anche [F, G] rappresenti un integrale primo del moto.

Dimostrazione: scriviamo lidentit` di Jacobi: a [F, [G, H]] + [G, [H, F ]] + [H, [F, G]] = 0 (499)

` e evidente che i seguenti termini sono nulli poich` , per ipotesi, F, G rappresentano due e integrali primi del moto non esplicitamente dipendenti dal tempo: [G, H] = 0 ; quindi lidentit` di Jacobi afferma che: a 97 [H, F ] = 0 (500)

[H, [F, G]] = 0

(501)

da cui, perch` lultima equazione sia vericata, deve necessariamente sussistere che [F, G] e sia un integrale primo del moto.

Si conclude dando la denizione di parentesi di Poisson fondamentali: 1. [qk , ql ] = [pk , pl ] = 0 2. [qk , pl ] = kl k, l e = 0 ; k = l)

( = 1 ; k = l

6.7 Trasformazioni canoniche


` E evidente che, per gli strumenti che abbiamo a disposizione, non ci e quasi mai possibile integrare esattamente le equazioni differenziali a cui perveniamo risolvendo le equazioni di ` Lagrange o di Hamilton. Ogni semplicazione, quindi, e sempre di grande aiuto.

In questo senso cerchiamo un metodo per trasformare le equazioni di Hamilton in altre equazioni di Hamilton, possibilmente pi` semplici da risolvere. Le trasformazioni che tratteru emo prendono il nome di trasformazioni canoniche.

Per semplicit` consideriamo un sistema generico caratterizzato da un singolo grado di a libert` e dalle seguenti equazioni di Hamilton: a q= H p H q (502) (503)

p=

e deniamo due nuove coordinate (conseguenti alla trasformazione) Q = Q(q, p, t) ; P = P (q, p, t)

in modo che siano valide le seguenti equazioni di Hamilton: K Q= P K P = Q (504) (505)

` Lobbiettivo che ci preggiamo e quindi quello di passare dalle equazioni di Hamilton nelle vecchie coordinate a quelle nelle nuove coordinate.

98

Per fare ci` consideriamo innanzitutto una trasformazione in cui le coordinate non dipeno dano esplicitamente dal tempo; ovvero trattiamo il problema delle trasformazioni canoniche ristrette.

Dati: Q = Q(q, p) ; derivando rispetto al tempo otteniamo: Q Q Q= q+ p q p P P P = q+ p q p Deniamo ora una matrice di supporto: M= due vettori di coordinate: x= e due gradienti spaziali: H = x
H q H p Q q P q Q p P p

P = P (q, p)

(506) (507)

(508)

q p

X=

Q P

(509)

H = X

H Q H P

(510)

Essendo valida la seguente relazione: X = M sx Le equazioni in forma matriciale equivalenti alle equazioni di Hamilton saranno: x=s H x ; H X = Ms X (512) (511)

Ora introduciamo lhamiltoniana trasformata: K(Q, P ) = H(q(Q, P ), p(Q, P )) Denendo il gradiente spaziale di K come: (513)

99

K = X ed essendo valide le relazioni:

K Q K P

(514)

H K Q K P = + q Q q P q K Q K P H = + p Q p P p possiamo affermare che: H K = MT x X da cui oteeniamo:

(515) (516)

(517)

H K X = Ms X = M sM T (518) X X Quindi, perch` la trasformazione ristretta sia canonica (cio` il suo risultato possa dare e e ancora equazioni di Hamilton) occorre che sia vericata la seguente condizione: M sM T = s (519)

Una matrice M con queste caratteristiche si dice simplettica e permette di scrivere le nuove equazioni di Hamilton come: X=s K X (520)

Per meglio comprendere questi nuovi concetti, procediamo, ora, con la loro applicazione ad un esempio noto: loscillatore armonico.

Data lhamiltoniana di un sistema massa-molla: 1 p2 1 2 H= + kq = E = cost con p = mq (521) 2m 2 abbiamo visto precedentemente che, nello spazio delle fasi, la rappresentazione del moto ` di questo sistema e caratterizzata da ellissi centrate nellorigine tanto pi` ampie, quanto pi` u u ` grande e lenergia totale (E) del sistema. Tenendo conto di ci` possiamo utilizzare come o nuove coordinate il modulo rispetto allorigine dello spazio delle fasi e la fase rispetto allasse q, ottenendo: q= f (P ) sin(Q) m 100 (522)

p = f (P ) cos(Q) con =
k . m

(523)

Il nostro obbiettivo diventa cercare f (P ) afnch` la trasformazione sia canonica. e Per fare ci` sostituiamo le nuove coordinate nellhamiltoniana: o 1 p2 1 2 1 2 1 sin2 (Q) + kq = f (P ) cos2 (Q) + kf 2 (P ) 2 2 2m 2 2m 2 m 2 ponendo k = m otteniamo: H= K(Q, P ) = H(q(Q, P ), p(Q, P )) = K(Q, P ) = 1 2 f (P )(cos2 (Q) + sin2 (Q)) 2m (524)

(525)

1 2 f (P ) (526) 2m La nuova hamiltoniana non contiene la coordinata Q che, quindi, viene denita come variabile ignorabile. Ora, imponiamo la canonicit` : M sM T = s a Data: M= otteniamo: M sM T = 0
)f f (Pm(P ) f (P )f (P ) m f (P ) cos(Q) sin(Q) m f (P ) sin(Q) f (P ) cos(Q) f (P ) m

(527)

0 1 1 0

(528)

da cui la condizione di canonicit` risulta: a f (P )f (P ) = m che pu` essere vista come: o 2f (P )f (P ) = 2m perci` , integrando, otteniamo: o f 2 (P ) = 2mP che ci permette di riscrivere la nuova hamiltoniana come: (531) d 2 (f (P )) = 2m dP (530) (529)

101

K(Q, P ) = P a cui conseguono le nuove equazioni di Hamilton: K Q= = P K P = =0 Q che risultano molto semplici da integrare: Q = t + P =P

(532)

(533) (534)

(535) (536)

e, ritrasformate nelle vecchie coordinate, permettono di ottenere lequazione di moto delloscillatore rispetto alla coordinata libera q (ampiezza delloscillazione) ed il momento cinetico ad essa coniugato: q = 2P sin(t + ) p = 2m P cos(t + ) (537) (538)

6.8 Cambiamenti di scala


I cambiamenti di scala rappresentano trasformazioni in cui le coordinate nuove differiscono da quelle vecchie solo per una costante: Q = aq P = bp La condizione di canonicit` diventa: a M sM T = s ovvero: ab = 1 det(M ) = 1 (541) 0 ab ab 0 = 0 1 1 0 ab = 1 (540) M= a 0 0 b (539)

In realt` , il non soddisfare questa condizione, permette comunque di ottenere un sistema a che soddisfa le equazioni di Hamilton, infatti: Q = aq = bp P Q = a H = a K P p P p = b H = b K Q P q Q q (542)

` N.B. Nellultima equazione trascuriamo le altre derivate perch` la trasformazione e diagoe nale ( Q = P = 0) p q 102

Sapendo che:
P p Q q

=b =a

(543)

otteniamo: Q = ab K P P = ab K Q (544)

Dato che le costanti a, b aono indipendenti sia da P che da Q possono essere inglobate nelle derivate rendendo la trasformazione effettivamente canonica: K Q= P K P = Q con K = abK (valida solo per i cambiamenti di scala). (545) (546)

6.9 Principio di Hamilton e Trasformazioni canoniche


Prima di applicare i concetti di trasformazione canonica a sistemi meccanici a pi` gradi di libu ert` ed esplicitamente dipendenti dal tempo, ritorniamo alla dimostrazione delle equazioni di a Hamilton.

Abbiamo denito come azione il seguente funzionale:


t2 n

W =
t1

[
k=1

pk qk H(q, p, t)]dt

(547)

Verichiamo ancora che il moto di un qualsiasi sistema minimizza il valore dellazione. Consideriamo delle variazioni innitesime delle coordinate hamiltoniane: qk (t) = qk (t) + qk (t) pk (t) = pk (t) + pk (t) e sostituiamole nel funzionale:
t2 n

(548)

W =
t1

[
k=1

((k (t) + pk (t))(qk (t) + qk (t))) H( + q, p + p, t)]dt p q

(549)

sviluppando i prodotti no al primo ordine:

103

t2

W =
t1

[(
k=1

pk qk +
k=1

pk qk +
k=1

pk qk ) H(, p, t) q
k=1

H H qk + pk )]dt (550) qk pk

e separando i termini differenziali da quelli algebrici:


t2 n t2 n n n

W =
t1

[
k=1

pk qk H(, p, t)]dt + q

[
t1 k=1

pk qk +
k=1

pk qk
k=1

H H qk pk ]dt qk pk k=1 (551)

in modo da denire: W = W + W ` dove il termine differenziale e:


t2 n n n

(552)

W =
t1

[
k=1

p k qk +
k=1

pk qk
k=1

H H qk pk ]dt qk pk k=1
t2 t1

(553)

Integrando per parti il primo termine dellintegrale diventa:


t2 t1

[k qk ]dt = [k qk ]t2 p p t1

pk qk dt

(554)

ma, richiedendo ancora che qk si annulli alle estremit` dellintervallo7 k, esso diventa: a
t2 t2

[k qk ]dt = p
t1 t1

pk qk dt

(555)

che sostituito nel differenziale dellazione ci permette di scrivere:


t2 n

W =
t1 k=1

[(pk

H H )qk + (qk )pk ]dt qk pk

(556)

Per ottenere la stazionariet` imponiamo che W = 0, quindi che largomento dellintegrale a sia identicamente nullo: (pk H )=0 ; qk H qk ( qk H )=0 pk H pk (557)

In questo modo riotteniamo le equazioni di Hamilton: pk = ; qk = (558)

ed anocora una volta stazionariet` dellazione ed equazioni di Hamilton si implicano a a vicenda:


7

si noti che imponiamo la condizione di annullamento alle estremit` solo per le coordinate q non per i momenti a

104

W = 0 eq.diHamilton

(559)

Ora supponiamo di aver denito un insieme di coordinate e di momenti tali che siano vericate le equazioni di Hamilton: W = 0
H qk = pk H pk = qk

(560)

e deniamo un insieme di nuove coordinate: Q = Q(q, p, t) ; P = P (q, p, t) (561)

Se fosse possibile ricavare queste equazioni dai principi variazionali otterremmo: W = 0


K Qk = Pk Pk = K

(562)

Qk

ovvero lazione iniziale e quella trasformata dovrebbero avere entrambe differenziale nullo, permettendoci di denire:
n

W = W

c(
k=1

pk qk H) =

dF P k Qk K + dt k=1

(563)

dove F rappresenta la Funzione generatrice di trasformazione canonica. Si verica che per W = 0 e W = 0 lequazione vista rimanga valida: c(W ) = W + 0 infatti
dF dt

0=0

(564)

rimane invariata se t1 e t2 rimangono invariati.

A questo punto possiamo scrivere che: dF = c( pk qk H) P k Qk + K dt k=1 k=1 Si presentano quindi due possibilit` : a 1. c = 1 2. c = 1 Trasformazione canonica estesa (che non tratteremo) Trasformazione canonica
n n

(565)

105

Ipotizzando di poter invertire liberamente le relazioni delle nuove coordinate (P, Q) con quelle delle precedenti (p, q), analizziamo due tipi di funzione generatrice:

- Tipo 1: F1 = F1 (q, Q, t) q, Q: variabili indipendenti

Scriviamo la derivata della funzione generatrice come: dF = dt


n

(
k=1

F1 F1 F1 qk + Qk ) + = qk Qk t

p k qk
k=1 k=1

Pk Qk + K H

(566)

e, per analogia tra i termini scritti, deniamo: F1 F1 ; Pk = qk Qk quindi la nuova hamiltoniana sar` : a pk = K=H+ ; K H = F1 t (567)

F1 t

(568)

- Tipo 2: F = F2 (q, P, t) q, P : variabili indipendenti

n k=1

Qk Pk

Scriviamo la derivata della funzione generatrice come: dF = dt F2 F2 F2 ( qk + Pk ) + Pk Qk Pk Qk = qk Pk t k=1 k=1 k=1


n n n n n

p k qk
k=1 k=1

P k Qk + K H (569)

ovvero, semplicando i termini uguali: F2 F2 F2 qk + Pk ) + Pk Qk = ( qk Pk t k=1 k=1 e, ancora per analogia tra i termini scritti, deniamo: F2 F2 ; Qk = qk Pk quindi la nuova hamiltoniana sar` : a pk = K=H+ 106 ; K H = F2 t (571)
n n n

pk qk + K H
k=1

(570)

F2 t

(572)

6.10 Cenni alla teoria di Hamilton-Jacobi


` Come e stato detto precedentemente, le trasformazioni canoniche sono utili per ottenere equazioni di moto pi` semplici da risolvere. Avendo, quindi, a disposizione questo mezzo, cerchiamo di u semplicare il pi` possibile le equazioni cercando di ottenere una hamiltoniana trasformata di u questo tipo: K = 0 = cost In questo modo le equazioni di Hamilton diventerebbero semplicissime da integrare:
K Pk = Qk = 0 K Qk = Pk = 0

(573)

Pk = Pk Qk = Qk

(574)

e le nuove incognite Q, P sarebbero tutte delle costanti.

Per raggiungere questo risultato supponiamo di avere unhamiltoniana difcile da trattare (H = H(q, p, t) ed immaginiamo di cercare una funzione generatrice di trasformazione canonica F2 = F2 (q, P, t) tale che K = H + F2 = 0. t Dal paragrafo precedente sappiamo che, in queste condizioni: pk = F2 qk (575)

quindi possiamo denire una nuova equazione che chiameremo: equazione di HamiltonJacobi H(q1 , q2 , ..., qn , F2 F2 F2 F2 , , ..., , t) + =0 q1 q2 qn t (576)

Essa, spesso presenta una soluzione pi` semplice rispetto alle equazioni di Hamilton e, una u volta ottenuta F2 , permette di trovare il moto del sistema in esame semplicemente invertendo le relazioni: pk = F2 (qk , P , t) qk (577)

F2 Qk = Qk = (qk , P , t) (578) Pk Come evidente questo metodo ci permette di passare da un sistema di equazioni differenziali ad un sistema di equazioni alle derivate parziali. La teoria di Hamilton-Jacobi mette, quindi, a disposizione uno strumento molto potente per la trattazione del moto di sistemi complessi e, storicamente, senza di essa, sarebbe stato impossibile sviluppare nuovi campi della sica come la meccanica quantistica o la meccanica statistica. Nellambito di questo corso si rimanda la loro importanza alla creazione di metodi approssimati per la soluzione delle equazioni di moto di sistemi meccanici.

107

Un aiuto per studiare: Non hai veramente capito qualcosa no a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna - Albert Einstein

Indice degli argomenti


1. Pag. 1 - Equazioni di Lagrange per un sistema costituito da un punto 2. Pag. 5 - Equazioni di Lagrange per un sistema di N punti 3. Pag. 10 - Considerazioni sulla componente generalizzata della sollecitazione attiva 4. Pag. 11 - Funzione di Lagrange e sue caratteristiche 5. Pag. 13 - Integrale generalizzato dellenergia

Capitolo 1 Elementi di Meccanica Analitica

Capitolo 2 Problema dei due corpi 1. Pag. 16 - Moti centrali 2. Pag. 20 - Formula di Binet 3. Pag. 21 - Calcolo della traiettoria in un moto centrale 4. Pag. 22 - Risoluzione del problema dei due corpi 5. Pag. 28 - Formule utili per il calcolo orbitale Capitolo 3 Corpo rigido nello spazio 1. Pag. 33 - Richiami di meccanica razionale 2. Pag. 35 - Momento angolare in tre dimensioni 3. Pag. 39 - Equazioni di Eulero 4. Pag. 40 - Calcolo del momento dinerzia attraverso la matrice dinerzia 5. Pag. 42 - Ellissoide dinerzia 6. Pag. 43 - Energia cinetica del corpo rigido in tre dimensioni Capitolo 4 Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto sso e giroscopi 1. Pag. 44 - Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto sso 2. Pag. 46 - Moto giroscopico 3. Pag. 51 - Rotazioni permanenti 4. Pag. 53 - Stabilit` delle rotazioni permanenti a 5. Pag. 58 - Fenomeni giroscopici Capitolo 5 Meccanica relativa 1. Pag. 62 - Cinematica relativa 108

2. Pag. 64 - Dinamica relativa 3. Pag. 68 - Esempi di applicazione della dinamica relativa al caso terrestre 4. Pag. 73 - Meccanica relativa dal punto di vista lagrangiano 5. Pag. 77 - Bussola giroscopica Capitolo 6 Principi variazionali e meccanica hamiltoniana a 1. Pag. 84 - Funzionale e stazionariet` del funzionale 2. Pag. 87 - Principio di Hamilton 3. Pag. 89 - Equazioni di Hamilton 4. Pag. 91 - Teorema di Donkin (Trasformazione di Legendre) 5. Pag. 93 - Esempi di utilizzo delle equazioni di Hamilton 6. Pag. 96 - Parentesi di Poisson 7. Pag. 98 - Trasformazioni canoniche 8. Pag. 102 - Cambiamenti di scala 9. Pag. 103 - Principio di Hamilton e trasformazioni canoniche 10. Pag. 107 - Cenni alla teoria di Hamilton-Jacobi

109

Potrebbero piacerti anche