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CREDO

CREDO nel Sole anche quando non splende CREDO nellAmore anche quando rallenta la presa e viene a mancare CREDO nella Verit anche quando stravolta e tradita CREDO nella Vita anche quando forte il vento di morte CREDO nellUomo anche quando chiuso nel suo egoismo CREDO nellAmicizia anche quando viene meno ed rifiutata CREDO nel valore della Sofferenza anche quando non c speranza CREDO nella Luce anche quando Cristo stesso avvolto nelle tenebre CREDO in Dio Anche quando tace
Don Domenico

Fondato nel 1948 Anno 64

n. 1 - gennaio 2012
Sped. in abb. postale comma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perue -Tariffa riscossa To C.M.P.

UN POETA DEL PRESEPE UN POETA DEL PRESEPE LETTERA A UNA LETTERA A UNA
PRINCIPESSA PRINCIPESSA LAFRICA LAFRICA DAI COLORI FORTI DAI COLORI FORTI

LEUTANASIA E LA VITA LEUTANASIA E LA VITA

VISTA DAL COTTOLENGO VISTA DAL COTTOLENGO

S OMMARIO
3 Periodico della Famiglia Cottolenghina e degli ex Allievi e Amici della Piccola Casa n. 1 gennaio 2012
Periodico quadrimestrale Sped. in abb. postale Comma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96 Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71 Indirizzo: Via Cottolengo 14 10152 Torino - Tel. 011 52.25.111 C.C. post. N. 19331107 Direzione Incontri Cottolengo Torino Direttore Onorario Don Carlo Carlevaris Direttore responsabile Don Roberto Provera Amministrazione Avv. Dante Notaristefano Segreteria di redazione redazioneincontri@hotmail.it redazione Salvatore Acquas Mario Carissoni collaboratori Mauro Carosso Fr. Beppe Gaido Progetto grafico Valter Oglino Stampa Tipografia Gravinese Corso Vigevano 46 - Torino Tel. 011 28.07.88

I l

p u n t o

Il punto
Don Roberto Provera

4-5 6-7 8-9 10-11 12-13 14-15 16-17 18-19 20-21 22-23

Un poeta del presepe in mezzo a noi


Redazione

Carissime Amiche e carissimi Amici,


l Prof. Mario Monti ha varato il decreto Salva Italia, che speriamo trovi larga adesione fra le forze politiche, senza cedere a utopistiche ed egoistiche derive separatiste. Senza questo pacchetto lItalia crolla ha denunciato il Professore, che ha continuato: Lo sforzo che chiediamo al paese non solo grande, ma urgentissimo. Ma questo sforzo non sar sufficiente se ciascun cittadino non contribuir personalmente. Parole sagge queste, che certamente debbono indurre a riflettere ciascuno di noi, sollecitandoci a un corretto e responsabile comportamento civile. Ma anche tutto questo non sar sufficiente per traghettare lItalia oltre la crisi. Occorre anche e soprattutto altro. La parola crisi significa etimologicamente distinzione e poi decisione. Ci che veramente indispensabile il riconoscimento e quindi il perseguimento dei veri valori, quelli che assicurano allindividuo e alla societ un fondamento stabile. Le difficolt economiche in cui oggi versa il mondo occidentale non si risolveranno solo con misure eque e allo stesso tempo coraggiose, pur necessarie, ma solo se, in un clima di rinnovata solidariet indispensabile in questo nostro mondo globalizzato gli individui e le nazioni sapranno trovare regole giuste e condivise, che mirino veramente al bene comune. Tutto questo pu essere ragionevolmente accet-

Natale 1943
Mario Carissoni

Due angeli viaggiatori


Rosanna Faggiani

Lettera a una principessa


Pap Antonio

Maratona padre e figlio disabile


Redazione

Don Spirito Bonaventura Comba


Le suore del Monastero Il Carmelo di Cavoretto

La fede che spinge a rischiare


Piero Coda

Noi, immerse nellinutilit della croce


Suor Chiara Letizia - Gerusalemme

Quando lo Spirito Santo interviene


Piero Coda

Gli europei hanno perso il senso della vita


Beppe Del Colle

24-25 26-27 28-29 30-31 32

In bilico tra Spiritualit e Realt


Daniele Delcarmine

LAfrica dai colori forti


Fr Beppe Gaido

Ritorno in India
Giuseppe e Ornella

Briciole di carit
Redazione

Credo
Don Domenico

INCONTRI consultabile su http://chaariahospital.blogspot.com/ Questa rivista ad uso interno della Piccola Casa Cottolengo

tato, ma noi, poveri cristi alle prese con le mille preoccupazioni della vita quotidiana, che possiamo fare nellimmediato? Papa Benedetto XVI prima della recita dellAngelus domenica 4 dicembre, additando la figura di Giovanni Battista, che vestiva peli di cammello e mangiava cavallette addolcite (!) da miele selvatico, ha auspicato che tutti cristiani adottino uno stile di vita sobrio, specialmente in preparazione alla festa del Natale, in cui il Signore da ricco che era, si fatto povero per voi, come scrive Paolo nella II lettera ai Corinzi 8,9. Non vi sembra un buon suggerimento? Oltre a tutto ci, tuttavia, come figlie e figli della Piccola Casa della Divina Provvidenza, abbiamo ancora unimportante missione da compiere: testimoniare la speranza. Se Dio un Padre, che conosce e ama ciascuno dei suoi figli, potr mai abbandonarli? Potr dimenticarsi di loro? E nella sua onnipotenza potr permettere che sopravvenga loro qualche male? La vicenda terrena di Ges, iniziata con il Natale e conclusa con la risurrezione, attesta indiscutibilmente che il bene pi forte del male, destinato perci a scomparire. Questa sicura speranza unita a un profondo senso di responsabilit ci accompagni sempre. Care Amiche e cari Amici, BUON NATALE e BUON ANNO NUOVO a ciascuno di voi. don Roberto Provera

P e r s o n a g g i

I n c o n t r i

Un poeta del presepe in mezzo a noi


Mentre scorrevo distrattamente lultimo numero di un mensile, improvvisamente sono stato richiamato dallimmagine di un volto conosciuto; una figura che molto popolare qui da noi, particolarmente nella famiglia SantAntonio e dal nome importante, Abramo. La fotografia lo ritrae intento a sistemare una pecorella nellaia davanti la porta di una vecchia casa di campagna (mi stato detto poi), la casa natale di Don Bosco. Tutto miniaturizzato, ma perfettamente proporzionato, ridotto in scala con le dimensioni reali. Stava allestendo il presepe della grandezza di circa 120 metri quadri che verr poi collocato nel salone della sua Parrocchia, San Vincenzo de Paoli in Torino, per la gioia dei grandi e piccoli innamorati di questa bella e mai dimenticata tradizione del presepe. Abramo, professore in pensione, che forse perch nato il 23 dicembre ha da subito assorbito e sentito il fascino di questi gior-

ni natalizi da sempre un costruttore di presepi con la passione della creativit nel suo dna. Non una passione periodica legata alle cadenze del calendario, ma costantemente presente, in luoghi o situazioni che in qualche maniera possono proporre, offrire occasione per immagini da memorizzare o materiale da trasformare, pazientemente, come fossero creature vere, in figure di rara bellezza. Abramo ama il significato del Presepe e ricorda con nostalgia i tempi di quando nella sua natia Calabria, ricca di fede e tradizioni, il presepio era il protagonista del Natale, si

aspettava insieme la mezzanotte e il pi piccolo della famiglia disponeva Ges nella Mangiatoia. Era un modo per unire la famiglia, ma anche per ricordare chi era lontano. Il pap era emigrato in Argentina ed toccato a lui sin da piccolo aiutare la mamma a fare il presepe e da l sposta un pastore prima, una pecorella poi, scoppiata la passione. Quello allestito in parrocchia, nel tempo si adeguato ai progressi della meccanizzazione e ormai, fatta salva la Sacra Famiglia tutto un movimento di personaggi, il fabbro che batte il ferro, la massaia che stende i panni, le pecore che brucano lerba, e tanti altri

movimenti e momenti che si avvicendano sul ciclo della giornata rispondendo diligentemente ad un cervello elettronico. Ma le statuine sono creature sue e lui le fa nascere e le cura con lamore di una mamma. Abramo , da parecchi anni ormai, un volontario in pianta stabile nella famiglia SantAntonio, famiglia maschile di invalidi, giornalmente necessitati del suo estro per rattoppare i piccoli e grandi bisogni della giornata, momenti nei quali la sua presenza passa dalla materia a esseri vivi e lo fa con la stessa anima che materializza nei suoi presepi (una sua statuetta nel presepe internazionale dellUNESCO a Betlemme), sia quello della parrocchia, o quello della famiglia SantAntonio o del Tribunale o delle carceri. In ogni momento e nelle sue opere traspare e si manifesta una mamma lontana, che ha cresciuti i suoi figli attorno allaltare, nella fede e con le virt nobili di chi si sporca le mani per vivere. Mauro Carissoni

R a c c o n t i

I n c o n t r i

Natale

1943

i stato chiesto di preparare una paginetta da inserire in questo numero di fine anno ed eccomi qua a rimescolare nelle mie arruffate memorie, cercando di cogliere quanto pi attinente allo specifico di questa straordinaria ricorrenza. Ma chiss perch, mi calata uninsolita malinconica tristezza e i miei pensieri, non trovano spazio nelle immagini di questi nostri tempi, mi portano invece al ricordo di tempi lontani, nel cuore dellultimo conflitto. Quellanno 1943 mese di luglio, Milano era stata sottoposta ad una serie ininterrotta di bombardamenti e la citt era tutta un rogo che illuminava le notti di quei giorni infelici ben oltre la citt; la popolazione lasciava la citt con ogni mezzo disponibile per cercare rifugio in paesi e campagne dove sentirsi al riparo dai pericoli, almeno da quelli che piovevano dal cielo. Passa lestate, arriva lautunno, larmistizio, il disfacimento dellesercito, la reazione dei tedeschi, loccupazione, la nascita di un esercito

fascista, che si riallinea con lantico alleato germanico, che imporr una disciplina oppressiva. Giorni di paura, miseria e con larrivo dellinverno, di tanto freddo. Saltato ormai il baluardo delle ataviche virt dellonest e del rispetto delle cose altrui, ogni notte nei magnifici boschi che coprivano la vasta zona che da Arcore si allungava e spandeva verso le colline della Brianza, in quegli stessi boschi dove la popolazione si rifugiava ad ogni allarme aereo, padri e madri di famiglia sfidando i pericoli della vigilanza, si davano un gran daffare a tagliare alberi per farne legna da ardere e difendersi dal freddo. Arcore ha una bella chiesa parrocchiale col

suo bel campanile, che fa bene il suo dovere ed ha anche un belloratorio, con campo di calcio e una copia della grotta di Lourdes; per assistente un santo e dinamico sacerdote pieno di iniziative. Consuetudine tramandata e consolidata in tutte le case, a Natale in ogni casa un presepio. Quellanno per don Domenico volle dare al presepio un messaggio speciale: lancia un concorso per il pi bel presepio, ma in parallelo lo vuole veicolo di raccolta offerte il cui ricavo servir per lacquisto di un dipinto del Sacro Cuore, da collocarsi nellunico altare delle chiesa parrocchiale rimasto ancora vuoto. Chiama a raccolta tutti i ragazzi deloratorio e li sprona creando entusiasmo e interesse per liniziativa; suggerisce di collocare un bella cassetta per la raccolta nel cuore del presepio, vicino alla grotta della nativit. Avevo gi un debole per il Sacro Cuore, cos il messaggio mi calato dentro, si impadronito dei miei pensieri e mi sono messo allopera. La mamma ha messo a disposizione

un bel tavolo grande; lungo le sponde dei molti ruscelli sparsi nelle campagne, ho cominciato a raccogliere muschio e licheni. Nei boschi, lungo la recinzione del grande parco di villa Borromeo dAdda (allepoca occupata da un comando tedesco e quindi bisognava stare bene allerta, perch gli ufficiali giravano spesso a cavallo), superata la bella immagine della Madonnina incastonata nel muro, tenendo occhi abbassati per non guardarla, abbiamo cominciato a sfrondare rami di alloro, altri sempreverdi e strappare edera e corteccia dai tronchi di alberi secolari, raccogliendo materia prima necessaria. Dal fondo dei cassettoni, la mamma ha ricuperato la carta necessaria per inventare cieli e paesaggi, ed eccoci allopera. Disegnavo benino, quindi questa parte era mia; ricordo con nostalgia di aver fatto cose belline e col pensiero della guerra sempre presente, avevo disegnato anche un alpino, che dalla sua trincea volgeva lo

sguardo verso la mamma lontana, davanti al camino con il rosario tra le dita. Poi la grotta e la stalla, costruite con i ciottoli raccolti lungo le rive del fiume Lambro che scorre nelle tante frazioni di Arcore; ciottoli selezionati, misurati a dimensione e tanti bei tronchetti di legno. La buona zia Vincenzina, sorella della mamma, terziaria carmelitana arrivata con le statuine necessarie; sicuramente carpite al buon cuore di qualche fraticello del convento di Concesa. Con laiuto dei fratelli eccoci pronti a inventare grotte, stalle, pozzi, ruscelli, ponti, staccionate e recinzioni, il tutto immerso nel soffice muschio raccolto. Con ledera una bella frangia lungo il perimetro del tavolo, sulla parete i miei disegni con angeli, stelle e casette colorate, qualche lumino qua e l, una spruzzatina di farina bianca, una manciata di paglia secca nella grotta, erba verde nella mangiatoia ed ecco l, Madonna e San Giuseppe sono sistemati, Ges lo collocheremo la notte di Natale. Ormai nella vecchia cucina si circolava a targhe alterne, ma che bello, me lo godevo e ammiravo con orgoglio il mio capolavoro, specialmente durante il Rosario serale con tutti attorno al mio presepio; gelide quelle sere, ma come si pregava con

gioia. Qui sorge ora il problema della raccolta offerte; risolto con una vecchia scatola di cartone delle scarpe ed una bella incisione al centro del coperchio! Passavano in tanti a vedere il mio presepio ed io subito scuotevo la scatola per sentire suono di soldini, ma la tanto desiderata musica non cera mai. La guerra pesava su tutte le famiglie, ma io non lo capivo bene, e allora lapprensione per i risultati della mia raccolta andavano crescendo; che fare per scuotere un po di generosit e invogliare la partecipazione? Lesempio, ci vuole lesempio. Idea: un bel grosso bottone nella scatola cos che non si senta troppo vuota! Arriva il giorno della benedizione delle famiglie; nelloccasione verr fatta la valutazione dei lavori fatti, poi ritireranno la cassetta con i contributi raccolti.. per il presepe mi verr assegnato il secondo premio. In altre case meno male che qualche soldino stato raccolto, cos il dipinto del Sacro Cuore arrivato. Lo si pu vedere nellaltare a sinistra appena entrati in chiesa. Don Domenico sprizza felicit, ci chiama a raccolta, fa il bilancio delliniziativa e il ragguaglio di quanto raccolto e speso: Raccolte lire ecc ecc e UN BOTTONE! Sarei sprofondato, il bottone non poteva essere che il mio! Ancora oggi quando vado in visita dai miei fratelli, non manco mai di entrare in quella chiesa, vado la davanti al mio Sacro Cuore e dico: Perdonami, tu lo sai il bottone ce lho messo io! Comerano belli quei brutti giorni! Mario Carissoni

R a c c o n t i

I n c o n t r i

Due Angeli viaggiatori

A volte esattamente ci che accade quando le cose non vanno cos come dovrebbero. Se hai fede, c bisogno di credere che qualsiasi cosa accade a tuo vantaggio. Forse non lo capirai se non pi tardi... Delle persone vengono nella nostra vita e vanno via. Altri divengono amici e rimangono per un p... lasciando delle orme nei nostri cuori... e noi non siamo mai pi gli stessi perch abbiamo trovato un amico!! Ieri storia. Domani un mistero. Oggi un dono. Ecco perch si chiama presente! Loggi penso sia speciale... vivi e assaporane ogni momento... Non un vestito da provare!

PRENDI QUESTANGELO E MANTIENILO VICINO UN ANGELO GUARDIANO MANDATO PER PRESERVARTI Rosanna Faggiani

ue angeli mentre viaggiavano si fermarono per trascorrere la notte a casa di persone benestanti. La famiglia era sgarbata e si rifiut dalloggiare gli angeli nella stanza degli ospiti. Diedero invece agli angeli una piccola stanza fredda nellinterrato. Mentre si prepararono il letto sul pavimento duro, langelo pi anziano vide un buco nel muro e lo ripar. Quando langelo pi giovane chiese il perch, langelo pi anziano rispose: Le cose non sono mai quelle che sembrano. La notte seguente la coppia si ferm presso la casa dun contadino e sua moglie molto poveri,ma molto ospitali. Dopo aver condiviso il po di cibo disponibile, fecero si che gli angeli dormissero nel loro letto cos permettendogli davere una buona notte di riposo. Quando il sole si lev il mattino seguente gli angeli trovarono il contadino e sua moglie in lacrime. La loro unica mucca, il cui

latte era la loro unica fonte di guadagno, era l che giaceva morta nel campo. Langelo pi giovane sinfuri e chiese al pi anziano come aveva potuto permettere che ci accadesse? Accusandolo disse, il primo uomo aveva tutto e lhai aiutato. La seconda famiglia aveva poco ma era desiderosa di condividere tutto e gli hai lasciato morire la mucca. Le cose non sono mai ci che sembrano, rispose langelo pi anziano. Quando eravamo nellinterrato della grande casa, ho notato che nel buco cera conservato delloro. Visto che luomo era cos ossessionato dallavidit e non era tanto desideroso di condividere la sua fortuna, ho sigillato il muro cos non lo trover mai pi. Ieri sera mentre dormivamo nel letto del contadino, langelo della morte venne per prendersi sua moglie. In sua vece gli ho dato la mucca. Le cose non sono mai cos come sem.brano

Leggilo, ti giunge da un angelo molto speciale....


Proprio adesso Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Y Qualcuno ti sta pensando. Qualcuno si sta preoccupando per te. Qualcuno sente la tua mancanza. Qualcuno vuole parlarti. Qualcuno vuole stare insieme a te. Qualcuno spera che tu non sia nei guai. Qualcuno ti grato per lappoggio che hai fornito. Qualcuno vuole tenerti la mano. Qualcuno spera che tutto ti vada per il meglio. Qualcuno vuole che tu sia felice. Qualcuno vuole che tu trovi il tuo lui/lei. Qualcuno celebra il tuo successo. Qualcuno vuole farti un regalo. Qualcuno pensa che tu SIA un regalo. Qualcuno ti vuol bene. Qualcuno ammira la tua forza. Qualcuno ti pensa e sorride. Qualcuno desidera essere la spalla su cui tu puoi piangere.

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T e s t i m o n i a n z e

I n c o n t r i

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Principessa

Lettera a una

C iao

mia piccola Principessa.

Nel giorno dei tuoi funerali, vincendo la commozione,


ti dico in questa letterina che mi manchi tantissimo.

Mi mancano il tuo profumo, i tuoi bacetti, ma soprattutto le notti passate accanto al tuo lettino, mano nella mano. Ricordi? Quando prendevo la tua mano tra le mie eri sicura che nessuno avrebbe potuto farti alcun male, sicura che il tuo pap ti avrebbe difesa da ogni dolore. Purtroppo n io n la tua mamma abbiamo potuto far nulla, e neppure i medici anche di altri Paesi ai quali ci siamo rivolti per debellare la rarissima malattia che ti aveva colpita. Tu lo sai che abbiamo tentato limpossibile, con i pochi mezzi a disposizione, malgrado laiuto di tanti. Oggi ti scrivo e piango, soprattutto per ringraziarti dei tre anni bellissimi in cui mi hai fatto diventare un uomo migliore e a tutti quelli che ti hanno conosciuta hai dato il tempo di innamorarsi di te. Mi hai fatto provare tante gioie: ogni tuo respiro era il mio, il mio cuore batteva insieme al tuo. E tante sofferenze hai provato senza mai lamentarti: cercavi anzi di apparire felice, preoccupandoti per un mio graffio; anche se non avevi voglia di mangiare, ti sforzavi solo per procurarmi piacere. Ma lesperienza pi grande che devo a te stata quella di riu-

scire ad arrendermi alla volont di Dio. Non stato facile, ci ho messo del tempo. Ma invece di chiudermi nel mio dolore, grazie a te ho scoperto unaltra dimensione della vita, pi vera. Finch ieri notte, mentre pregavo a lungo davanti allimmagine della Madonna, tu mi hai dato la forza di dire a Dio: Sia fatta la tua volont. Avrei voluto donarti chiss cosa nellesistenza che ti si apriva davanti, ma ora so che la vita migliore per te era questa che ora vivi insieme agli angeli. Grazie, Principessa, sei la figlia che ho sempre desiderato, di cui mi sento orgoglioso; e spero di essere stato anchio per te il pap che desideravi.
Il tuo pap Antonio

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P e r s o n a g g i

I n c o n t r i

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Maratona
padre e figlio disabile
La cosa che mi piacerebbe di pi che mio pap si sedesse sulla sedia e fossi io a spingerlo, per una volta.
S, certo. Come avrebbe fatto Dick, che chiamava se stesso un ciccione e che non aveva mai corso per pi di un chilometro, a spingere il figlio per oltre otto chilometri? Comunque prov. Quel giorno la vita di Rick cambi. Pap scrisse, quando correvamo, non mi sentivo pi disabile! E quella frase cambi la vita di Dick. Divenne ossessionato dallidea di far provare a Rick quella sensazione pi spesso che poteva. Si mise cos in forma che lui e Rick erano pronti per la maratona di Boston del 1979. Gli Hoyt non erano un corridore singolo, e non erano un contendente in sedia a rotelle. Per diversi anni Dick e Rick si unirono semplicemente alle enormi competizioni, finch non trovarono un modo per entrare in gara ufficialmente: nel 1983 corsero una maratona cos forte che si qualificarono per quella di Boston dellanno successivo. Poi qualcuno disse: Ehi, Dick, perch non il triathlon? Un tipo che non ha mai imparato a nuotare e che non salito su una bici da quando aveva sei anni, come pu

portarsi dietro suo figlio di 50 kg in una gara di triathlon? Ora hanno allattivo 212 gare di triathlon, inclusi 4 massacranti Ironman da 15 ore alle Hawaii. Ehi, Dick, perch non vediamo cosa faresti da solo? Neanche per idea dice. Dick lo fa puramente per la sensazione straordinaria che prova nel vedere Rick con un sorrisone mentre corrono, nuotano e pedalano insieme.

uesta storia inizia a Winchester, nel Massachussetts, 43 anni fa, quando Rick rimase soffocato dal cordone ombelicale durante il parto, ricavandone un danno cerebrale che lo rese inabile a controllare gli arti. Sar un vegetale per il resto della vita, racconta Dick, lo dissero i dottori a lui e a sua moglie Judy quando Rick aveva nove mesi. Mettetelo in un istituto. Ma gli Hoyt non ci stettero. Avevano

notato che gli occhi di Rick li seguivano per la stanza. Quando Rick ebbe 11 anni lo portarono alla facolt di Ingegneria alla Tufts University e chiesero se ci fosse qualcosa che avrebbe potuto permettere al ragazzo di comunicare. Non esiste, dice Dick. Non c niente che vada nel suo cervello. Gli racconti una barzelletta, ribatt Dick. Lo fece e Rick rise. Evidentemente cerano un sacco di cose che andavano nel suo cer-

vello. Collegato a un computer che gli permetteva di controllare un cursore toccando un interruttore con un lato della testa, Rick fu finalmente in grado di comunicare. Le prime parole? Go Bruins! [squadra di hockey di Boston, ] E quando un suo compagno di classe rimase paralizzato per un incidente e la scuola organizz una corsa per raccogliere fondi, Rick si lanci: Pap, la voglio fare.

Questanno, alle rispettive et di 65 e 43 anni, Dick e Rick hanno finito la loro ventiquattresima maratona, al 5.083esimo posto su oltre 20.000 concorrenti. Il loro miglior tempo? Due ore e 40 minuti nel 1992, solo 35 minuti in pi rispetto al record del mondo (nel caso in cui non ti occupi di questo genere di cose, voglio ricordare che stato ottenuto da un tipo che non spingeva unaltra persona su una sedia a rotelle). Non c dubbio scrive Rick, mio pap il padre del secolo. E anche Dick ne ha ricavato dellaltro. Due anni fa ebbe un leggero attacco di cuore durante una gara. I dottori scoprirono che una delle

sue arterie era chiusa per il 95%. Se tu non fossi stato in una forma cos strepitosa, gli disse un medico, probabilmente saresti morto 15 anni fa. Cos, in un certo senso, Dick e Rick si sono salvati la vita a vicenda. Rick (che ha la sua casa dove riceve assistenza a domicilio e lavora a Boston), e Dick (in pensione dalla sua occupazione come militare e che vive a Holland nel Massachussetts), trovano sempre il modo per stare insieme. Fanno conferenze in giro per il Paese e gareggiano in competizioni durissime ogni fine settimana, compreso quella della festa del pap. Quella sera Rick offrir la cena a suo pap, ma la cosa che vuole veramente fargli un regalo che non potrebbe mai comprare. La cosa che mi piacerebbe di pi, scrive Rick, che mio pap si sedesse sulla sedia e fossi io a spingerlo, per una volta.

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T e s t i m o n i a n z e

I n c o n t r i

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Ges a destra, la Madonna a sinistra, lei, in mezzo. Vivere per Ges lunica realt appassionante su questa terra. Quando si chiede una grazia al Signore, bene ringraziare in anticipo: questo un modo indefettibile per far capitolare il cuore di Ges. Il segreto dei segreti attaccarsi alla Madonna. Tutto si decide nella fede. La pazienza vince sempre. Raccogliamo ancora, scegliendo fior da fiore, dalle sue omelie: Il Signore, Egli solo lonnipotente, e la sua onnipotenza tutta per coloro che di Lui si fidano (1983). Labbandono e la mansuetudine, sono il vertice della Carit. Labbandono il vertice dellAmore per Dio; la mansuetudine o misericordia il vertice dellAmore per il prossimo. Pensare bene, agire bene (1983). la gioia il segreto della nostra perseveranza gioia per il bene che il Signore ci dona (la sua presenza accanto a noi) e quello che ci prepara (il Paradiso) gioia da coltivare con la contemplazione (2007). Facciamo una squadretta di Santi prediletti e diciamo loro: Dateci una mano (2007). Il miracolo pi grande: Ges va in Paradiso con un

delinquente a braccetto: il buon ladrone. Un delinquente che gli ha dato fiducia, ha creduto. Gli sono bastate poche parole: Ges ricordati di me. E noi diciamo: Ges, abbi piet di noi (2007). Impariamo a credere nella fecondit della sofferenza. Sfoghiamoci con Ges, con la Madonna (2008). La gioia il termometro della nostra fede nellAmore che ci viene dal Padre, da Ges. Partenza contemplativa: la mia vita nelle tue mani, Ges; So che mi porterai alla santit (2006). Don Comba amava scherzare dicendo di voler festeggiare quaggi i suoi 100 anni, raggiunti i quali, il profeta Elia lavrebbe fatto salire sul suo carro per rapirlo da questa terra.

Don Spirito Bonaventura Comba


(barbo Ninou per familiari e amici).

Cos accadde metaforicamente: Don Comba durante la sua vita arse del fuoco del divino Amore. Negli ultimi 18 mesi il fuoco della malattia lo and lentamente purificando. Infine la Carit che egli aveva vissuta nelleroismo quotidiano fu il carro di fuoco che lo trasport nella Vita senza fine. Caro Don Comba, ci richiami anche lei come il nostro S. Fondatore, alla... bella festa quando noi, poveretti della Piccola Casa saremo insieme per sempre a lodare Dio! (cf DP 175) E, con Lui, si attacchi al manto della Madonna e continui ad aiutarci. (cf DP 337) Deo gratias!
Le suore del Monastero cottolenghino Il Carmelo di Cavoretto

Chi di noi non lo conosceva? Un altro santo cottolenghino lo dissero in molti, ricevendo la notizia della sua dipartita da questo mondo. I funerali rivelarono i suoi amici pi cari: le persone povere, semplici, i piccoli. Erano suoi figli, sue figlie, fratelli e sorelle beneficati spiritualmente ed economicamente da don Comba che, orientati da lui, condotti con soavit e fortezza, serano avviati lungo la via evangelica dellabbandono fiducioso nel Padre provvidente, del ricorso filiale a Maria S.S.; che avevano imparato a vivere nellamabile compagnia dei Santi, ritenendo capofila S.

Teresa di Ges Bambino. Don Comba amava tutto ci che bello e puro, era uomo capace di trattare con piccoli e grandi, incline a gioire di tutto e a sperare sempre. Il suo era un ottimismo dalle salde radici affondate in un terreno ricco di fede genuina, limpida che egli trasmetteva, che lasciava trasparire silenziosamente nella gioia. Un uomo abituato a scrutare le stelle e i cuori, un bambino ebbero a dire molte persone che lavevano frequentato. Un uomo libero della libert dei figli di Dio, vero israelita senza frode; solidale con ogni uomo, con spiccata predilezione

per i pi soli ed emarginati. Don Comba ricopr lufficio di Cappellano nel nostro Monastero per circa 30 anni. Sempre vigile, buono, presente. Una presenza la sua da cui ci sentivamo protette. Una presenza serena, umile intelligente, discreta, molto discreta. A lui si poteva ricorrere per consiglio, per aiuto; lo si trovava sempre disposto ad ascoltare, a compatire e, in ogni evento, da lui si ripartiva con il cuore in pace, aperto alla fiducia. Riportiamo alcune brevi frasi ricorrenti sulle labbra del nostro Cappellano: Avanti, con la Madonna.

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S p i r i t u a l i t

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Ricordo di Padre Pellegrino

La Fede che spinge a rischiare


Il card. Michele Pellegrino, allora arcivescovo di Torino, portava al collo una croce di legno e si faceva chiamare padre.
ei novembre 1972: 10.000 giovani gremiscono il Palasport di Torino. La manifestazione prevede, dopo la rinuncia alla cena per devolverne lequivalente in denaro ai poveri, un discorso di Dom Helder Camara, arcivescovo di Olinda-Recife, in Brasile, ovunque noto per la sua lotta appassionata a favore della giustizia. A Pentecoste dellanno successivo, lesperienza si ripete con il cardinal Suenens, arcivesco-

vo di Malines-Bruxelles, in Belgio, uno dei moderatori, e non solo a parole, del Concilio Vaticano II. Lo affianca fratel Carlo Carretto, gi dirigente dellAzio-

ne cattolica italiana e ora piccolo fratello di Ges nella famiglia religiosa di Charles de Foucauld. Qualche anno prima, era stato accolto a Torino Raoul Follereau, lapostolo dei lebbrosi. E qualche anno dopo vi sar accolta Madre Teresa di Calcutta: nella chiesa del lAr civesco va do, messa a disposizione del Sermig di Ernesto Olivero. Michele Pellegrino il cardinale che si faceva chiamare padre e portava sul

petto una croce di legno attento ai fermenti giovanili e invita a Torino grandi e umili profeti della speranza per dar respiro e concretezza allutopia del mondo nuovo che accende i giovani nella stagione burrascosa del dopo 68. Dice: La speranza, per sostenersi, per fortificarsi, ha bisogno di comunicazione. Quando si d agli altri, e soprattutto quando ci si d, siamo prima di tutto noi a sentire che rifiorisce la speranza e la gioia in noi. Difficile dire quanto questa

scuola sia stata decisiva, per tanti, nel momento cruciale delle decisioni che orientano lesistenza. Non vi devessere nella Chiesa esortava Pellegrino la paura dipendente da poca fede. Oggi, spesso, non si ha abbastanza fede nello Spirito che guida la Chiesa, che spinge anche a scelte audaci, a rischi calcolati. Son passati venticinque anni dalla sua morte. Si era ritirato a Vallo: lo aveva convinto la bellezza semplice di una comunit lievitata dallo spirito del Concilio e dal carisma dellunit. Un ictus lo inchiod a una carrozzella nel-

la Piccola Casa della Divina Provvidenza, il Cottolengo. Fu la sua ultima cattedra. Ges ci ha voluto dire aveva rimarcato nella sua ultima omelia lo ho vinto il mondo: e cio con la croce sembra che io sia sconfitto, in realt la mia croce quella che porta al mondo la salvezza. I cristiani che vogliono veramente seguire Ges, molte volte non che facciano fortuna. Quel che conta la fede, la fede che si traduce nellamore, nella coerenza della nostra vita a ci che crediamo. Fu questo lo stile evangelico di padre Pellegrino. E ancora gliene siamo immensamente grati.
Piero Coda

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T e s t i m o n i a n z e

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Noi, immerse nellinutilit


della Croce
passare attraverso la morte. E la risposta che mi sto dando che la clausura il modo pi povero per perdere la vita: perderla proprio tutta, senza salvarne nemmeno un pezzettino, senza poter tenere per te almeno una vaga ipotesi che serva a qualcosa, che fai del bene a qualcuno... In monastero, di solito, non succede niente di straordinario: le grandi vie del dialogo interreligioso non passano di qui, e per quanto ci si sforzi di costruire relazioni, ti rendi conto che non qualcosa che dipende da te, o che avviene come e quando vuoi tu. Accadr, se Dio vuole. Spendi ore e ore a studiare le lingue, ma non sai in anticipo se ci sar qualcuno con cui parlare. Le grandi sfide della politica spesso ci trovano incapaci perfino di fare una lettura o una sintesi, tanto la situazione complessa. In Italia e nel resto del mondo! i monasteri sono spesso luoghi di incontro, di amicizia, di condivisione della preghiera, di aiuto spirituale. Qui tutto questo raro, e comunque, anche quando accade, capisci che il cuore del nostro essere qui non ancora questo. In clausura a Gerusalemme ci si sta solo per consegnarsi alla inutilit della croce, ovvero a quel mistero per cui Dio salva chi non nulla, che il suo Regno donato ai poveri. Per vivere quella parola del Vangelo per cui chi perde la vita la salva, e chi vuole salvarla la perde. Per abbandonarsi allesperienza che prima di ogni altra cosa la vita solo grazia. La tentazione di sottrarsi a questa inutilit a volte grande, e non sarebbe difficile trovare delle sante motivazioni per farlo. In pi, da questo luogo di osser-

gni tanto me lo chiedo: ma che senso ha vivere in clausura a Gerusalemme? Qui, dove gi non facile incontrare la gente, dove le necessit sono tante, dove di motivi per uscire se ne potrebbero trovare a migliaia... Perch starsene chiuse fra quattro mura? Non sarebbe meglio andare a cercare laltro, a costruire dialoghi e ponti? O a toccare con mano

le diversit, o a conoscere meglio i luoghi della salvezza? una domanda che si fanno gli

altri, quelli che ci vedono. Ma una domanda che ci facciamo anche noi, che in clausura, a Gerusalemme, ci viviamo. Per trovare il senso e il modo di uno stare qui, per viverlo con passione, con fedelt. La risposta alla quale si arriva non una risposta facile, perch la sfida alta, ed quella di sempre, ovvero di scoprire come il Vangelo riesce a rendere piena unesperienza umana, dentro quei paradossi evangelici appunto che riescono a portarti alla vita facendoti

vazione, bello vedere la Chiesa che si china sul dolore delluomo: qui il dolore grande, e la Chiesa che vi si china particolarmente bella, e a volte vorresti esserci anche tu in questo suo chinarsi. tutto bello, tutto veramente importante: aiutare i palestinesi, fornire casa e lavoro ai cristiani perch possano rimanere, incontrare i beduini, creare amicizie con gli ebrei e con i musulmani... Quante cose sarebbe bello fare. Ma per quanto sia bello, non nostro. Nostro, invece, il deserto che tutto attende da Dio, che ha nel Padre quella fiducia cieca per cui sai che la Vita viene solo da Lui. il fare cos fortemente lesperienza del limite da sceglierlo come dimora, come quella ferita che chiede tutto a Lui. E perch questa fiducia non siano solo parole, ma sia la roccia che tutto regge, deve passare per delle vite cos, totalmente inutili, completamente perse. E anche assolutamente certe che Lui dona, esattamente a misura della nostra povert: cio pi noi siamo poveri, persi, niente, pi Lui dona tutto. Al centuplo. Suor Chiara Letizia
Monastero Santa Chiara Gerusalemme

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S p i r i t u a l i t

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QUANDO LO SPIRITO

SANTO INTERVIENE
ualche tempo fa mi stata raccontata non so pi da chi unarguta storiella sulle effettive possibilit dintervento dello Spirito Santo nella nostra vita e nelle nostre faccende, ecclesiali ma non solo. Un giornalista, dopo molto penare, ottiene infine unintervista niente meno che dallo Spirito Santo. La domanda che pi gli sta a cuore la formula a bruciapelo, dopo i convenevoli, pressappoco con queste parole: Ma senta, lei che in fin dei conti ha la parola decisiva nellaiutarci a discernere le situazioni anche pi intricate e a prendere di volta in volta le decisioni pi opportune, perch a quanto troppo spesso si constata interviene cos di rado?.

costi la tabella di marcia, i giudizi da formulare, le decisioni da prendere. Bisogna essere distaccati, aperti gli uni verso gli altri e tutti insieme verso di lui, mettendo a profitto ci che possiamo e sappiamo come un dono. Non per affermare noi stessi, ma per accogliere i suggerimenti dello Spirito, il pi delle volte sussurrati a bassa voce, e che perci, per essere captati e decifrati, esigono pazienza e ascolto di tutti, in disarmata reciprocit.

La risposta venuta subito e di getto. Beh, veda ha detto pi o meno lintervistato , quando mi sinvoca allinizio di riunioni, consigli e assemblee, subito mi precipito per offrire laiuto che mi chiesto, ma quando arrivo... i giochi son fatti e tutto gi deciso!.

Irriverente? Non direi. Mi sembra piuttosto che lapologo veicoli un prezioso insegnamento , insieme, teologico ed esistenziale: non si pu chiedere che lo Spirito intervenga a darci luce e forza, se di fatto noi non gliene diamo lo spazio. E ci vale per ciascuno di noi. Occorre con coraggio azzerare precomprensioni, pregiudizi e decisioni preconfezionate, per metterle al fuoco della sua ispirazione, che il pi delle volte spariglia le carte e ci sorprende. Di fronte a Dio come ho udito dire un giorno da Chiara Lubich occorre stare nudi e vuoti di tutto. Ma ci vale anche quando ci si mette insieme per capire il da farsi, nelle piccole come nelle grandi cose. Lo Spirito Santo, di fatto,

altro non vuole se non intervenire, e cio venire in mezzo a noi per accendere i cuori e illu-

minare le menti. Ma affinch ci accada occorre non voler dettare noi a tutti i

In fondo, non significa proprio questo impegnarci a fare di tutti i luoghi di vita, discernimento e indirizzo nella Chiesa altrettante case e scuole di comunione, come auspicato da Giovanni Paolo II nella Nova millennio ineunte, la lettera apostolica che ha voluto dare il la al terzo millennio dellera cristiana?
Piero Coda

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GLI EUROPEI HANNO PERSO IL SENSO DELLA VITA


Leutanasia e la vita viste dal Cottolengo
n Olanda stata approvata recentemente una legge che consente leutanasia infantile, che autorizza cio ad estinguere con il consenso dei genitori e sotto il controllo di diversi medici e di un magistrato la vita dei bambini venuti al mondo con malattie inguaribili e handicap insormontabili, e per di pi costretti a sopportare dolori fortissimi. Il provvedimento ha suscitato proteste e polemiche non solo in Olanda, anche in ambito medico-scientifico, ma pure in Italia dove un ministro, lonorevole Giovanardi, lo ha qualificato come nazista. Se ne discusso lo scorso gennaio alla trasmissione televisiva Otto e mezzo su La7, con la partecipazione del medesimo Giovanardi e del radicale Capezzone, pi una europarlamentare olandese. Le continue intemperanze di Capezzone hanno provocato un immiserimento del dibattito, che ha finito col ridursi al solito vecchio conflitto fra diritti dellindividuo e comprensione dei casi pietosi da una

parte, e quello che resta della morale ispirata dai valori religiosi dallaltra. Il tema, invece, meritava e merita ben altro rispetto e approfondimento. Il ministro, che appartiene allUDC, ha certamente commesso un errore diplomatico nel definire nazista la legge olandese, di un Paese cio che del nazismo storico ha un tragico e tristissimo ricordo; ma nella sostanza il suo discorso serio.

Il nazismo stato fondato e poi costruito su una interpretazione estrema e indicibilmente crudele di un sistema di pensiero ben definito e ben noto, leugenetica, che alla fine dellOttocento si proponeva di indicare allumanit una strada per migliorare se stessa attraverso il progresso scientifico e il miglioramento genetico della specie, anche attraverso leducazione, in materia di malattie ereditarie. Nella realt tedesca della prima met del Novecento leugenetica purtroppo servita a giustificare un programma di purificazione della societ dagli elementi non produttivi, a cominciare dagli anziani non pi autosufficienti, la cui avviata eliminazione provoc la coraggiosa protesta dellarcivescovo Von Galen (che gli cost linternamento in un lager) e proseguendo man mano con gli handicappati di vario genere e poi, per estensione, con gli zingari e per finire con gli ebrei, in difesa della razza pura ariana. Un processo, dunque, non per colpa delleugenetica ma col pretesto delleugenetica, che si sbaglierebbe a sottova-

lutare anche in comunit nazionali lontane da ogni tipo di ideologia totalitaria e razzista. Infatti anche una cultura civile che si presenti come ragionevole e come umana, ma parta dallidentificazione di una persona geneticamente debole (o divenuta tale con il tempo in una societ che assiste al continuo prolungamento della vecchiaia), con un soggetto scomodo prima di tutto a se stesso, ma poi anche alla famiglia e alla intera collettivit in generale, corre il serio rischio di indursi a risolvere il problema alla radice, eliminando quella persona (con il suo consenso, o anche senza, come nel caso olandese). E questo, in nome della ragionevolezza e della piet umana; ma anche dei costi economico-sociali, sempre meno sopportabili. Mentre ascoltavamo quellamaro dibattito televisivo ci venne da domandarci se una cultura del genere non avesse una risposta non meno ragionevole ed umana, ma che non fosse di natura solo ideologica o astratta. E ci venne in mente il Cottolengo. Proprio lui, il canonico ottocentesco Giuseppe Benedetto Cottolengo, di famiglia ricca e colto di suo, amico della Corte sabauda e di tanti nobili del suo tempo, che si accorse di colpo, per un caso del tutto eccezionale nella sua vita normale, che intorno a lui e ai suoi amici viveva una societ poverissima, degradata, umiliata, arresa al dolore

quotidiano. Gli bast vederla, e cambi la propria esistenza e la propria missione sacerdotale. Che cultura aveva il Cottolengo? A nessuno del suo ambiente, dove pure cerano medici, amministratori pubblici, scienziati, filantropi, veniva mai in mente che i deboli, gli handicappati, i vecchi, i bambini disgraziati dovessero essere eliminati, sia pure con buona grazia. Ma non si poteva ignorare che esisteva laborto (illecito e moralmente condannato, ma praticato correntemente dalle mammane nella clandestinit) ed esistevano lesposizione dei neonati indesiderati nelle ruote dei conventi, e soprattutto linfanticidio. Non la morte, ma la cura della vita, a qualunque costo e in qualunque condizione, senza chiedersi perch, in nome del Dio del Vangelo. Quella fu la risposta del Cottolengo: e chi cercasse nel suo Carteggio una ragione semplicemente umana non la troverebbe, se non lobbedienza a un comando divino allamore del prossimo. Oggi, a 180 anni dal giorno in cui il santo torinese decise di aprire la sua Piccola Casa alle

ragazze e ai ragazzi mentalmente handicappati, senza pensare che fosse meglio eliminarli, la dottoressa Chiara Castellani ci scrive dal Congo: Nelleutanasia il medico diventa strumento di morte. Io qui a Kimbau, nel mio piccolo, mi sento strumento di Dio. E la coscienza di essere una piccola cosa nelle sue Grandi Mani mi esalta e mi d il coraggio di continuare. In Europa, ho limpressione che la mia professione stia cercando di sfidare Dio. E proprio per questo fallisce, perch anzich accettare la malattia cronica, linvalidit, la morte come evento doloroso ma da interpretare in modo positivo nella globalit del disegno di Dio di cui facciamo parte, rifiuta tutto ci che sofferenza e sceglie il suicidio, leutanasia. Perch in 15 anni di Congo non ho mai assistito a un caso di suicidio? Gli africani sono innamorati della vita, gli europei hanno perduto il senso della vita. E i medici hanno perduto il senso della loro professione. Io non voglio perderlo. Il Mistero continua. Beppe Del Colle

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tra Spiritualit e Realt


approdo di chi non ha nessuno. Luogo di vita dei perdenti, dei diseredati, degli esclusi da questa societ cinica e meschina, un vero e proprio anacronismo. Alle soglie del duemila c ancora un posto in cui ci si occupa degli altri, disinteressatamente. Il Cottolengo unistituzione a s fuori dal tempo e dal mondo. un luogo in cui tempo e spazio trovano, da parte di

In bilico

zioni della societ saltano: dove ci si mette a servizio di chi da tutti viene dimenticato. La Piccola casa pu essere senzaltro considerata unimportante esperienza per il cammino di fede, una preziosa fonte per la crescita dellanima. Ma ancora di pi: un luogo di crescita umana, di autocoscienza. Offre la possibilit di mettersi alla prova, di poter essere con-

chi ci arriva, una percezione completamente diversa. Il Cottolengo crea un senso di

disorientamento, la stessa mancanza di sincronia tra il suono del tuono e la luce del lampo. In unepoca caratterizzata dalla ricerca ossessiva ed esasperata di tecnologie in grado di abbattere le barriere spaziali, di velocizzare i tempi e creare simultaneit, nel centro di unindustrializzata metropoli esiste un posto in cui un senso di immobilit e stabilit pervade lanima. Ecco cos il Cottolengo! un mondo a s, in cui le regole e le conven-

sapevoli dei propri limiti. Questo frammento di mondo regala la forza e la serenit di sapere che esiste un posto in cui gli indifesi e i pi deboli vengono rispettati, vivono in condizioni dignitose e ricevono affetto e cure da chi pronto a prodigarsi per loro, da chi non vive mai dentro di s il senso del dovere ma vive questa esperienza avvolto in un involucro fatto di gioia, serenit e anche di orgoglio. Il Cottolengo soprattutto unesperienza umana. Lo perch per giorni si condividono situazioni da ragazzi e ragazze trascinati a Torino da venti di diversa intensit. Con loro si pu stabilire un rapporto straordinario, un prezioso e sorprendente scambio umano. unesperienza di vita perch per la prima volta si pu fare qualcosa per gli altri. Gli altri non sono esseri inanimati che non hanno nulla da dire e da dare. Sono bozzoli di preziosa seta esistenziale, fili tesi dal destino e tessuti in una Torino sfavillante di luci notturne e pulsante di vita.

Tutti feriti, chi da un trauma infantile, chi da un abbandono, gli ospiti della Piccola casa vivono avvolti in un guscio che insieme li separa e li protegge dal mondo. Le loro esistenze sembrerebbero destinate a scorrere senza senso e senza direzione quando, improvvisa, c la possibilit di un cambiamento, la speranza di un rivolgimento. Da questa esperienza si traggono ombre plastiche, insinuanti,

che echeggiano il vuoto della notte e la paura della solitudine. unesperienza vicina al germogliare pi segreto delle emozioni, che accompagna in unavventura dellanima di straordinaria incisivit. Daniele Delcarmine Questo articolo stato scritto nel 1999 dopo unesperienza di volontariato fatta dallautore. Oggi Daniele insegnante presso la scuola Primaria Cottolengo e collabora alla realizzazione de La gazzetta.

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LAFRICA DAI COLORI FORTI

i muovo attraverso il bananeto per raggiungere il posto di polizia e da l inoltrarmi verso Chaaria dove voglio partecipare allazione liturgica della Chiesa Metodista, dalla quale sono stato invitato a predicare con finalit ecumeniche. Ci che mi colpisce, mentre cammino con passo veloce, sono gli odori che si susseguono nellaria che respiro: dapprima sono passato vicino a un glicine che mi ha riempito le narici di profumo soave, e mi ha fatto tornare in mente il carino episodio biblico in cui Giona se la prende con Dio che ha mandato il verme a corrodere quella deliziosa pianticella sotto la cui ombra lui trovava ristoro. Un po pi avanti vedo, sul ciglio del sentierino, una fila di jacarande in fiore: anche loro profumano, ma la cosa pi bella sono le loro chiome di color violetto,

che spiccano prepotentemente tra il verdolino dei bananeti. Saluto un gruppo di donne che stanno facendo una riunione allombra rinfrescante di un grande albero di mango, che con le sue foglie di color verdone, non solo offre refrigerio ai passanti, ma anche una casa a migliaia di uccelli tessitori, sgargianti nelle loro piume gialle e nere, e tutti intenti nel chiassoso compito di preparare i loro nidi prima della stagione delle piogge.

Arrivo finalmente sulla strada principale di Chaaria. Il rosso della terra si staglia sullo sfondo azzurrissimo di un cielo equatoriale terso. In Africa la terra rossa ovunque: la gente pensa che sia cos perch mischiata al sangue di tutti quelli che nei secoli sono morti a causa della tratta degli schiavi, delle violenze coloniali, e delle moltissime guerre fratricide. Guardo la terra, e per un attimo ritorno con la mente al Rwanda, al Nord Uganda, al Congo, al Sudan e alla Somalia: quanto sangue anche oggi si mescola a questi granelli finissimi, rendendoli ancora pi rubicondi. Il cielo invece, soprattutto se spingo lo sguardo fino allorizzonte, di un blu impossibile da vedere alle nostre latitudini. Le nuvole bianche che si rincorrono veloci sospinte dalle correnti di alta quota, non fanno che aumentare il contrasto: ricordo di aver visto qualcosa di simile solo quando stavo scalando il Monviso, insieme ad alcuni Fratelli molti anni fa. Mi si avvicina velocemente un matatu: un vecchissimo Peugeot, simile al Fiorino della Fiat. stipato di gente, non solo allinterno ma anche sulla bagagliera. Procede velocissimo verso di me. Gli uomini sul tettuccio mi urlano dietro, e ripetono continuamente: Mzungu, mzungu... dove hai lasciato lautomobile?. Ci rimango un po male pensando che, dopo molti anni di servizio e di sacrificio per que-

sta gente di giorno e di notte, sette giorni alla settimana, ancora sono considerato semplicemente un bianco, che per definizione non sa camminare, e quindi si muove sempre e solo in auto, dal momento che tutti i bianchi sono molto ricchi. Non voglio per rattristarmi con questi pensieri. Il matatu sfreccia rapido a due centimetri dal mio braccio destro. Ora vengo investito da un nuvolone di polvere che mi impedisce sia di vedere che di respirare. Mi fermo un attimo per permettere al pulviscolo di depositarsi: una nebbia rossa, cos fitta che potrei finire sotto unaltra macchina senza neppure vederla. Dopo alcuni minuti, quando lorizzonte ritorna limpido, scorgo davanti a me una fila di persone in abiti da festa, che camminano rapidi in direzione opposta alla mia: oggi domenica e si dirigono verso la Chiesa cattolica per la Messa. Soprattutto le donne vestono colori vivacissimi. Hanno abiti dagli accostamenti arditi. Rosso porpora associato al giallo canarino Verde scuro, blu e arancione si rincorrono sulle gonne, sulle camicette e sui foulard. Molti sono gli uomini in kitenge, ed anchessi amano tinte assai evidenti. Pen-so che anche questo esprima un carattere propriamente africano. Infatti sembra che allequatore i contrasti siano molto pi forti, in

ogni aspetto della vita. Quando di notte non c la luna, si sperimenta davvero il buio assoluto, e se ci si trova per strada non si riesce proprio a camminare. Per poi allalba si passa dalle tenebre alla forte luminosit solare in pochissimi minuti. Lo stesso avviene al tramonto, quando il sole si tuffa allorizzonte, e la notte ti avvolge completamente in meno di un quarto dora. Anche lospedale vive ogni giorno di questi contrasti fortissimi, per esempio tra la vita e la morte: oggi ho ricevuto una mamma con una malaria in gravidanza. Era confusa ed agitata. Stava complicando con una forma cerebrale. Mi parso che la cosa migliore fosse quella di curare prima la malaria e poi di pensare al parto, magari domani, se le condizioni del feto fossero deteriorate. Ho iniziato il chinino in vena questa mattina, ma purtroppo sono stato chiamato in serata dallinfermiera che mi ha comunicato: il battito cardiaco scomparso e la donna contrae fortemente.Che crisi! Se magari decidevo per un cesareo in mattinata, potevo salvare quella creatura. Invece ho optato per la terapia medica. Un altro di quegli errori che costano la vita a qualcuno. Come difficile essere lunico a decidere per tutte le emergenze!!! Che margine enorme di errore! Per non mi posso permettere di continuare in questo stato danimo. Mi

dicono che hanno bisogno di me in sala parto perch ci sono due donne che non riescono a spingere e necessitano di fundal pressure, quella che solo io so applicare con forza e discrezione. Seguo Judith con la testa ancora tra le nuvole: in meno di mezzora Dio ci regala due creature bellissime: piangono forte e non hanno problemi. Poco dopo, la nostra malarica cerebrale partorisce nel letto, assistita da Wambeti. Il bambino un maschio e gi presenta i primi segni di macerazione post mortem. Lo guardo a lungo e lo deposito sul fasciatoio, dove pochi minuti prima erano stati assistiti i due pupi nati senza problemi. Anche qui il contrasto lo sento in modo tagliente! Quasi una lotta continua tra gli estremi della vita e della morte. LAfrica cos. Non permette le mezze misure. Anche chi ci viene, magari come volontario o come turista, o si innamora e si becca il famoso mal dAfrica, oppure la odia con tutte le forze e la rifiuta. Io, dopo 10 anni, ancora sento la forza di questi opposti che si confrontano ogni giorno, ne vengo scalfito quotidianamente, e mi porto le cicatrici nel cuore, sia nel bene che nel male, sia nel brutto che nel bello.

Fr. Beppe Gaido

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N o t i z i e

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Ritorno in India

Arrivo al Seminario di Parur

iamo stati in India nel 2004 e nel 2005. Ci siamo ritornati nel 2007 per un soggiorno concordato con la Piccola Casa, nel sud ovest, nel popoloso Stato del Kerala: destinazione iniziale tre settimane con la comunit delle Suore Cottolenghine di Cochin, poi una settimana a Karumkulam. La Casa di Cochin ben attrezzata, con un Centro di riabilitazione; qui Ornella sta impegnata a tempo pieno come masso- fisioterapista. Per Giuseppe, che medico, invece le occasioni di lavoro sono state pi limitate. A Karamkulam limpegno stato quello di gestire al mattino un piccolo ambulatorio medico. Di questo periodo non possiamo che ricordare quanto le buone Suore si siano adoperate per allietare il nostro soggiorno, anche con gite e trattenimenti. Settembre 2010: Giuseppe va in pensione e qui don Roberto ripresenta la mai

sopita proposta di un altro soggiorno in India. Cos l8 aprile si riparte, destinazione Parur, per rimanerci sino il 28 maggio. Allarrivo allaeroporto di Cochin una bella sorpresa; ci accolgono festosamente don Paolo Boggio, gi da alcuni giorni in visita al Seminario e don Taj, Superiore della comunit locale. Trasferimento al Seminario di Parur e il festoso incontro e accoglienza nella tradizione indiana del Rettore don Shony, del suo vice

Raccolta Jack fruit

don Jobin e di tutti i simpaticissimi giovani seminaristi. Il complesso del Seminario fronteggia una strada di grande traffico. Appena entrati sulla destra abbiamo un campo in cemento per pallacanestro e pallavolo, a sinistra la prima costruzione, un belledificio stile Keralase, di fronte a questo il Seminario. Il tutto contornato da bei giardini con palme da cocco, alberi da frutta, banane e manghi, poi una voliera con uccellini, una conigliera, un recinto con i polli, una mucca con il vitello e un toro. Sembrava di essere in una fattoria. Dallaltra parte della strada vi sono gli edifici delle comunit delle Suore e dei Fratelli, la Chiesa del Santo Cottolengo con il Parroco, don Joseph Cocheril. Quando labbiamo incontrato ci ha molto ringraziati per laiuto inviato dagli Amici del Cottolengo per la costruzione della Chiesa. Abbiamo fatte varie conoscenze e partecipato alle Funzioni della Settimana Santa che qui durano ore, ma avvolti dallarmonia dei canti, rapiti dallintensit nella partecipazione, il tempo scorreva via velocemente. Per alcuni giorni siamo anche stati ospiti dei Fratelli e delle Suore di Palluriti, accolti con gioia e fraternit. Abbiamo visitato due ospedali privati e uno pubblico, molto fatiscente, un lebbrosario, un villaggio per ragazze madri e bambini abbandonati e un Centro per disabili psichici. Per alcuni giorni siamo stati presso il

Ospiti della comunit Mary Litty

Centro Little Servants of Divine Providence fondato nel 1978 da Suor Mary Litty. Durante i suoi studi in medicina a Roma era andata in visita a Torino nella Piccola Casa della Divina Provvidenza e qui fu ispirata a fondare una Casa simile in India, dove assistere disabili fisici e psichici. Dopo Pasqua siamo stati inseriti nel programma socio-sanitario denominato Speranza, organizzato da don Taj in collaborazione con alcuni medici dellOspedale governativo, infermieri e assistenti sociali. Avevamo un elenco di nominativi di persone, redatto dai medici dellospedale pubblico, da visitare a domicilio. Erano soggetti di diverso credo religioso, in condizioni di salute gravi o con invalidi-

Raccolta noci di cocco

t tali da rendere problematico, anche per motivi organizzativi, il trasporto in ospedale. Lattivit si svolgeva al mattino. Il gruppo era composto da Giuseppe, Ornella, don Taj in abito talare, una o due assistenti sociali e a volte una persona del posto per localizzare le abitazioni che in genere erano sperdute nelle immense piantagioni di cocco, motivo per cui si doveva camminare molto nel caldo e con umidit notevoli. Riuscivamo a fare una media di cinque sei visite al giorno; non tutti i giorni, perch cerano altri impegni. Le patologie pi comuni riscontrate sono state: diabete e sue complicazioni, ipertensione, postumi di ictus cerebrale, malnutrizioni con gravi deperimenti organici, neoplasie, cardiopatie, depressione. Abbiamo dovuto, previo consenso della famiglia, ricoverare in urgenza un signore che viveva solo; era malnutrito, con respiro affannato e ritmo cardiaco altissimo, segno di grave compromissione della salute. Dopo alcuni giorni lo abbiamo incontrato in ospedale, molto migliorato; ci ha commosso la sua riconoscenza. Il pomeriggio compilavamo le relazioni mediche, sorseggiando il buon The che ci veniva offerto mattino e pomeriggio,

con molto latte fornito dalla mucca del Seminario! Anche il cibo indiano stato molto gradito, soprattutto se piccante. basato su molto riso bollito da condire con diversi sughi e intingoli, spezzatino, pesce in umido o fritto, pollo, cavoli, fagiolini, gamberetti e frutta, raccolta direttamente dal giardino. La domenica, per consuetudine, il pranzo per lOspedale pubblico, circa cento pasti, viene preparato dalla cucina del Seminario e viene servito da don Taj, fratel John e tre

Abitazioni lungo il canale

o quattro volontari. Abbiamo visitato alcuni asili e doposcuola, incontrato bimbi, che con giochi semplici e danze pittoresche, sprigionavano unallegria contagiosa che ci coinvolgeva a cantare e giocare con loro. Come vorremmo che il loro sorriso e la loro allegria lavessero anche i nostri bambini. Queste esperienze, laver visto il prezioso lavoro dei giovani Sacerdoti, delle Suore e dei Fratelli ci ha lasciato nel cuore tanta gioia e speranza. Ringraziamo qui dellaccoglienza durante il nostro soggiorno e soprattutto dellamicizia riservataci da parte di tutti.
Giuseppe e Ornella volontari e Amici del Cottolengo.

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BRICIOLE DI CARIT
PREGHIERA DI UN GIOVANE AL TERMINE DELLA TRE-GIORNI DI SPIRITUALIT A DRUENTO:
Signore, eccomi inginocchiato davanti a Te! Concentro il mio sguardo su Te, ma Vedo realmente Te o mi fermo a quella porticina con la fiammella sempre pronta a salutarci?! Sono inginocchiato perch?! lumilt a piegare il mio ginocchio o il peso del mio io?! Fisso il mio sguardo sulla fessura della serratura come si infila una moneta in una macchina per bevande in attesa del prodotto selezionato o sono realmente assetato della Tua Acqua?! Sgonfia il mio orgoglioso egoismo e fammi conchiglia pronta ad accogliere limmensit del Tuo Amore, orecchio capace di ascoltare il Tuo silenzio, bambino che rimane a bocca aperta nello stupore del dono di ogni singolo attimo eternamente vivo. Paolo

DEO GRATIAS!
Penso che non si possa iniziare che cos Il 2011 appena finito mi ha lasciato un regalo grande: la Piccola Casa, dove ho trovato amici, fratelli e sorelle con cui condividere un cammino e un nuovo posto dove sentirmi davvero a CASA. Se dovessi riassumere in unimmagine quello che ho ricevuto dal campo invernale a Druento sceglierei lo sguardo sorridente di Sr Raffaella che spacchetta i regali per il suo compleanno: penne, matite, oggetti quotidiani. la gioia dei semplici che ti fa rimettere tante cose nella giusta prospettiva. E questo lo fanno allo stesso modo gli ospiti che incontri, che piano piano inizi a conoscere. E nei miei primi giorni al Cottolengo, nel reparto degli Angeli Custodi, ho conosciuto persone davvero speciali: due donne, due amiche, entrambe sordomute e sulla sedia a rotelle, una di loro triste e sofferente; eppure le tornava il sorriso, quando laltra girava le ruote della sua carrozzina per arrivare da lei a stringerle la mano E poi ci sarebbero tante cose da raccontare; volti, parole, sguardi, sorrisi, Cristo che puoi vedere chiaramente in ogni persona che ti accanto, che sia un paziente che stai imboccando, la caposala che ti spiega come si fanno i letti,

o una suora che sta ad ascoltare per ore i tuoi silenzi, quando non riesci a parlare La cosa pi importante che davvero se entri a cuore aperto, tutto questo ti entrer nel cuore, e non andr via, perch non riuscirai pi a farne a meno e il desiderio pi grande sar quello di tornare Bianca

Invece di cercare devo lasciarmi trovare! come se Dio mi dicesse: Dove vai? Non vedi che sei gi a casa?. Non posso non pensare a queste perle se non attraverso immagini colorate: sono salici, querce, sequoie, vecchi sognanti; sono come pettirossi quando trovano una briciola di pane, o meglio ancora un cono di gelato vuoto. Amano vedere il volo di una rondine (anche nel grigiore di Torino), i capelli bianchi di una montagna o la danza di un petalo di rosa che cade volteggiando nel cortile. Raccontano di cieli con tante lune, le stelle sono per terra, colombe e cuori ricamano le loro giornate; le montagne su cui volgono lo sguardo sono dolci come panettoni e attraverso la volont, la speranza e lamore

Prendi in mano il timone della tua vita e scegli la rotta. Hai soltanto questa possibilit: non copiarla da altri, non rimpiangere quello che non hai. Pensaci bene, ma poi parti per la meta che ti sei proposta. Scegliere significa rinunciare. Conta su dite, non sullapprovazione degli altri; non dipendere da critiche e giudizi: hai una coscienza e solo a lei devi rispondere. Avrai solo ci che decidi veramente di avere e nella misura in cui ti dai da fare per ottenerlo. Non avere paura: a vivere si impara vivendo. Lo scopo della vita di essere felici, non di arrivare primi: Non confrontarti con gli altri: ognuno diverso e ognuno vale. Invece di fare paragoni guarda con orgoglio a quello che hai realizzato. C chi disposto a tutto pur di riuscire: barare, sgomitarsi. Per salire in alto occorre faticare scalino dopo scalino. Qualunque sia il problema ricordati che puoi farcela. Guarda il bello e il buono che c intorno a te e non smettere di meravigliarti. Forse non sei il sole ma non un buon motivo per essere un nuvolone nero. I pregiudizi e le opinioni altrui ti bloccheranno. La curiosit, lapertura e lazione ti salveranno. Il bello, il buono e lutile sono cose grandi e semplici. Sei uno strumentista in una grande orchestra. Impara a suonare bene la tua vita. Ti servono onest e lucidit per riconoscere i talenti, le capacit e i limiti che hai. Non puntare sulla fortuna, ma su quello che ti senti in grado di realizzare. Ogni giorno devi partecipare.

fluenza altrui, e non neanche reagire: essere padroni di s. Unaltra cosa importante: bene e male esistono e tu hai la coscienza per distinguere luno dallaltro. Non avere paura. Vivere sempre correre qualche rischio. Non avere paura di sbagliare.Non spaventarti per gli errori, contengono sempre una lezione per il futuro. Si progredisce soltanto attraverso gli errori e ci che ci insegnano. Non rifugiarti nelle abitudini, non affidarti alle mode, limitano il nostro modo di vivere. Vivere pu essere difficile. Momenti di smarrimento, voglia di lasciar perdere, non mancano nella vita. Non lasciarti schiacciare: c sempre unaltra occasione. Non sei obbligato a strafare ma a scoprire la dolcezza, la luminosit, la bont, la meraviglia di ogni istante. E ricordati di ridere. La gioia come il sole. Sii onesto, gentile, rispettoso, tollerante Se provi un senso di rivolta contro lingiustizia e la cattiveria umana, ribellati. La vigliaccheria e legoismo sono sempre pi comodi. Se i grandi non sembrano troppo difficili, inizia da quelli piccoli. E impara ad amare Concludo con questa frase di Emerson: La felicit un profumo che non puoi donare agli altri senza che qualche goccia non cada su di te. Con affetto, Cris

RIFRESSIONI PERSONALI...
Per sapere quanta felicit una persona pu ricevere nella vita, basta sapere quanta capace di darne (ARTHUR SCHOPENHAUER). Voglio raccontarvi la mia gioia nel ripensare alle piccole pietre preziose che vivono alla Piccola Casa e lunico modo per farlo era di iniziare con questa frase che riassume ci che vivo quando entro nel cortile di Via Cottolengo 14. Quello che mi spiazza in queste esperienze ogni volta il pensare di dover fare sempre qualcosa, di arrivare da qualche parte.

tentano di superarle. Mi raccontano della tenerezza, del rispetto, della comprensione, della speranza, di Dio. Questi prodigi del Signore mi hanno dato alcune istruzioni per luso con lesempio e la testimonianza. Vorrei condividerle con voi

Puoi controllarti e quindi sei responsabile. Le tue decisioni, le tue emozioni, la tua realt dipendono in gran parte da te. Non dare mai con leggerezza la colpa agli altri. Dovrai lavorare, avrai degli impegni, delle scadenze da rispettare. Agire non subire lin-

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