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Genova (1)

di Adriano Maini

Negli anni Cinquanta - e ancora dopo! - si potrebbe dire che non


c'era bambino (e forse non solo loro!) che non sbirciasse
estasiato per pochi secondi dal finestrino del treno che stava
entrando nella stazione di Principe le navi alla fonda nel porto (il
Porto Antico!) visibili come per un'improvvisa apparizione
attraverso un piccolo varco panoramico. La gioia era più grande
se erano presenti dei transatlantici, tra i quali ben presto i più
ambiti furono Raffaello e Michelangelo, gli stessi che gli scolari
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più fortunati, residenti a ponente della Superba, talvolta
potevano con entusiasmo vedere passare non molto al largo delle
loro spiagge.
Erano altri tempi certamente, di ben ridotto progresso tecnico e
materiale rispetto al presente, ma tali da lasciare accontentare i
più piccoli con poco: si provi a pensare a quale ridda di emozioni
si sarebbero scatenate decenni fa se fossero già stati presenti
quei colossi che sono le attuali navi da crociera!
Una distinta signora, già bambina slovena imbarcata
nell'immediato secondo dopoguerra da Genova con la famiglia
alla volta dell'Argentina, racconta tuttora della perdurante
emozione di quella partenza poco a levante della Lanterna alle
figlie, in particolare alla ragazza trasferitasi da tempo nel
Bariloche, la quale, conoscendo l'italiano, ha trasmesso
dialogando via email ai cugini liguri questa intensa memoria.
Non c'era ancora la sopraelevata, quando più di adesso famiglie
in gita a Genova non mancavano di farsi ritrarre con il porto alle
spalle quale prezioso ricordo.
L'importante infrastruttura, che tale è anche se rappresenta un
vero ingombro visivo sullo scalo, fa dall'epoca della sua
costruzione da sfondo - una cornice che racchiude - ad una serie
impressionante di vicende grandi e piccole.
A stare sul banale e in ordine sparso: incontri casuali, soprattutto
di amici e conoscenti delle due Riviere; trattorie tipiche, con tipici
piatti genovesi, come il particolare minestrone; gite scolastiche,
oggi soprattutto con meta l'Acquario; continui lavori in corso -
memorabili quelli per le Colombiadi -; per gli automobilisti foresti

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frequenti errori per indovinare le uscite, specie per quelle
prossime ai parcheggi.
All'ombra dell'arteria inizierà a breve l'opera di recupero - con
ristrutturazioni "alla moderna" - di Hennebique, l'ex silos granario
che, come recita un articolo di un portale, fu "costruito nel 1901
in stile Art Déco da Giovanni Antonio Porcheddu, utilizzando il
sistema [di cemento armato] brevettato da François
Hennebique". Non sempre nelle cronache di questa vicenda era
emerso il nome di Porcheddu, che adesso sembra ottenere un
giusto riconoscimento, che dovrebbe onorare anche gli abitanti di
Bordighera e zona, dato che l'ingegnere Porcheddu, producendo
solo due esempi circa la sua discendenza, fu padre dell'artista
antifascista Giuseppe e nonno del pittore Gian Antonio.

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