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LA DIMENSIONE INTERTESTUALE DE
LOS ENAMORAMIENTOS
DI JAVIER MARÍAS
Appendice p. 171
Immagini p. 183
Didascalie p. 191
Ringraziamenti p. 193
Bibliografia p. 195
Abbreviazioni bibliografiche
MIR: Miramientos
1
Per gli estremi di pubblicazione di questa e delle altre opere, si veda la
bibliografia.
1
2
1. Introduzione a Los enamoramientos
2
Dichiarazione dell’autore riportata in Anónimo, Javier Marías: España es un país
difícil, ingrato, del que no se puede fiar uno, «El País», 24/9/2007, http://cultu-
ra.elpais.com/cultura/2007/09/24/actualidad/1190584802_850215.html (ultima
consultazione: 20/6/2013).
3
Risale, infatti, al 1971 Los dominios del lobo. A essere più precisi, però, Marías iniziò
a scrivere ancora prima. Nel 1965, infatti, scrisse il racconto La vida y la muerte de
Marcelino Iturriaga che fu pubblicato su El Noticiero Universal (Barcelona, 1968) e
successivamente incluso nella versione ampliata di Mientras ellas duermen (Alfaguara,
2000) e nel volume Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables (Alfaguara, 2012);
inoltre, prima de Los dominios del lobo l’autore scrisse un altro romanzo, intitolato
La víspera, rimasto inedito anche per sua volontà.
4
Cfr. Carles Geli, Javier Marías ficha por la prestigiosa editorial Penguin, «El País»,
20/10/2011, http://cultura.elpais.com/cultura/2011/10/20/actualidad/1319061-
615_850215.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Nel 2012, sempre solo in
Spagna, ha venduto altre 32.000 copie. Cfr. Inés Martín Rodrigo, La crisis rompe el
suelo bajo unos pocos best seller, «ABC», 26/12/2012, http://www.abc.es/cul-
tura/libros/20121226/abci-crisis-best-seller-libros-201212241245.html (ultima
consultazione: 20/6/2013).
5
Cfr. Anomino, Javier Marías rechaza el Nacional de Narrativa por ‘Los enamoramientos’,
«El País», 25/10/2012, http://cultura.elpais.com/cultura/2012/04/21/actualidad-
/1334998646_622912.html (ultima consultazione: 20/6/2013).
6
Cfr. Winston Manrique Sabogal, Mejor libro del año: Los enamoramientos de
Marías, «El País», 22/12/2011, http://blogs.elpais.com/papeles-perdidos/2011
3
diciotto lingue7.
Marías si è dunque confermato in grado di soddisfare diversi tipi
di lettori, «desde los fácilmente contentadizos hasta los más
exigentes»8, benché lui stesso abbia più volte espresso dei dubbi su
questo romanzo, che non era neanche sicuro di voler pubblicare:
Con esta obra tuve una enorme inseguridad […]. Tenía la sensación
de que era un libro menor a Tu rostro mañana, o fallido. El primer
sorprendido de su aceptación soy yo.10
4
lobo e Travesía del horizonte, che riprendevano ambienti e motivi del
cinema nordamericano e della letteratura inglese, Marías è arrivato a
scrivere Tu rostro mañana, nel quale il tema della memoria della guerra
civile spagnola ricopre un ruolo centrale. Ne Los enamoramientos, invece,
Madrid torna a essere puro sfondo e la storia narrata di fatto «podría
transcurrir en cualquier lugar»12. Tuttavia, alcuni potranno essere
d’accordo nel proporre anche per questo romanzo una lettura politica,
molto simile a quella che è stata suggerita da Álvaro Fernández per
Corazón tan blanco, e che evidenzia un forte, seppur implicito, legame
con la storia nazionale:
12
Come è stato scritto a proposito di Corazón tan blanco in Andony Arroyo, Madrid
en las novelas de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación
digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 34, http://www.ucm.es
/info/especulo/numero34/jmmarias.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Si
deve comunque anche notare che Los enamoramientos è una delle poche opere
dell’autore in cui l’azione si svolge interamente in Spagna e in cui mancano
«episodios ingleses», come ricorda anche Fernando Valls (Valls, El hombre de la flor
de lis, cit., p. 34).
13
Álvaro Fernández, Contar para olvidar. La política del olvido en Corazón tan blanco,
«Nueva Revista de Filología Hispanica», julio-diciembre, n. 002, año/vol. LI, p.
529.
5
infatti apre ai suoi amici (tra cui Francisco Rico, Mercedes López-
Ballesteros e Arturo Pérez-Reverte)14 dei sentieri privilegiati all’interno
della narrazione attraverso una serie di allusioni.
Anche tra i lettori comuni si crea comunque una «gerarchia di
conversazioni»15. In questo caso il terreno condiviso dall’autore e il
suo pubblico non è ovviamente biografico ma culturale: Marías sparge
infatti nel romanzo citazioni tratte dalla letteratura, dal cinema e da
varie altre fonti che regaleranno, a chi sappia riconoscerle, un senso di
soddisfazione e un affaccio privilegiato sul laboratorio dello scrittore.
14
Il dialogo segreto con Arturo Pérez-Reverte si fonda sull’uso della parola
acercanza (LE, p. 227) e fa riferimento a una loro personale “missione estetica”.
Infatti, come Marías racconta intervistato da Elide Pittarello (cfr. Javier Marías,
Voglio essere lento. Conversazione con Elide Pittarello, Passigli, Firenze, 2010, pp. 124-
125) lui e l’amico fanno parte di una commissione della Real Academia Española
che si occupa di rivedere il vocabolario e principalmente di alleggerire la versione
in vendita eliminando le parole di cui manca un uso documentato posteriore al
1500. Durante una seduta emerse la necessità di sopprimere la parola acercanza, la
cui ultima attestazione risaliva al 1494. I due la trovarono però particolarmente
bella e furono concordi nell’opporsi alla sua scomparsa, protestando fino a che il
membro anziano della commissione, Gregorio Salvador, finì per cedere e
acconsentì di non espungerla, a patto che essi si impegnassero a farla tornare nella
lingua viva, utilizzandola nei loro scritti. Marías, prima che ne Los enamoramientos, la
usò nell’articolo Guerra y crimen, pubblicato su El País il primo febbraio 2009,
mentre Pérez-Reverte le diede una nuova attestazione nel suo romanzo El asedio
(Alfaguara, 2010). Questa loro battaglia ha offerto alla giornalista Enrica Caretta lo
spunto per lanciare anche in Italia un appello per la difesa delle parole desuete ma
belle e, in particolare, di quei sessanta termini che Luca Serianni e Maurizio
Trifone avevano deciso di espungere dall’edizione del 2009 del Devoto-Oli. La
giornalista ha chiesto a vari personaggi famosi (tra cui scrittori, registi, scienziati,
filosofi) di sceglierne una e prenderla sotto la loro tutela. Sono nate così delle
«piccole autobiografie» (Cristiana de Santis, Il passadondolo e altre parole da rimettere in
gioco, «La Ricerca» 19/1/2013, http://www.laricerca.loescher.it
/index.php/attualita/lingua-italiana/-363-il-passadondolo-e-altre-parole-da-
rimettere-in-gioco, ultima consultazione: 30/9/2013), racconti orali trascritti e
raccolti nel volume: Enrica Caretta, Il passadondolo, Add editore, Torino, 2012. Per
informazioni sui modi in cui vengono omaggiati Francisco Rico e Mercedes
López-Ballesteros vedi infra, § 4 e § 6.
15
Sara Polverini, Tu rostro mañana di Javier Marías: la violenza dello sguardo. Tesi di
laurea inedita, consultabile presso la biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università degli Studi di Firenze. Relatore: María A. Roca Mussons,
correlatore: Ana Tobío Sala. Anno accademico: 2007/2008, p. 148.
6
A essere premiati saranno spesso i suoi lettori più fedeli, poiché molti
di questi riferimenti intertestuali si riallacciano alla sua produzione
narrativa precedente, oppure ai suoi articoli, rinforzando l’idea di
quello che è stato chiamato “universo mariense”16.
Tra le principali novità di questo romanzo è senz’altro da
segnalare il fatto che il narratore sia una donna, María Dolz, scelta che
ha come unico precedente nella produzione dell’autore il racconto
Menos escrúpulos17. Al di là del sesso, tuttavia, questa voce narrante non
si discosta molto dalle precedenti, come ha avuto modo di sottolineare
anche lo stesso Marías:
16
Cfr. ad esempio, la quarta di copertina di Cuñado, El espectro de la herencia, cit.
17
Il racconto apparve per la prima volta nel 1994 (AA. VV., La condición humana.
Diez relatos y un poema, FNAC, Madrid), successivamente fu incluso nella raccolta
Cuando fui mortal e in Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables. In quel caso, Marías
aveva dichiarato che l’uso della voce femminile era un esperimento e che non se la
sarebbe sentita di scrivere molte pagine in quel modo (cfr. Marías, Voglio essere
lento, cit., p. 31).
18
Intervista video del 22/12/2011 disponibile su:
http://blogs.elpais.com/papeles-perdidos/2011/12/los-enamoramientos-de-
marias-mejor-libro-de-2011.html (ultima consultazione: 20/6/2013). La
trascrizione è mia.
19
Gabriele Morelli e Danilo Manera, Letteratura spagnola del Novecento, Mondadori,
Milano, 2007, p. 252.
20
È l’autore stesso a usare questa espressione in un’intervista per indicare quelle
frasi che ricorrono più volte all’interno dei suoi romanzi, in forma identica o
7
anche lei, come gli altri narratori è «una persona pensativa y reflexiva,
con una gran actitud para meditar sobre los asuntos y una gran
capacitad lógica»21.
Oltre al linguaggio, María Dolz condivide con alcuni dei
precedenti narratori anche il ruolo svolto all’interno delle vicende che
racconta: un ruolo passivo e di mera osservazione degli avvenimenti,
di fatto assai simile a quello del lettore di fronte al testo. Anche per lei
si potrà sicuramente parlare di figura voyeurista, come si è fatto ad
esempio per Juan di Corazón tan blanco e per Víctor di Mañana en la
batalla piensa en mí 22. Non a caso, la prima cosa che María ci racconta
di sé è il fatto di avere come passatempo quotidiano quello di
osservare, «no a hurtillas pero con discreción»23, due coniugi felici
(Miguel Dervene e Luisa Alday) che fanno sempre colazione nel suo
stesso bar e che tra sé e sé lei chiama “la pareja perfecta”.
8
Questi sposi – la cui felicità coniugale rappresenta un unicum
nell’opera dell’autore24 – insieme al loro amico Díaz-Varela, saranno i
veri protagonisti del romanzo, se con protagonista si vuole intendere il
principale agente dell’azione narrata.
Il romanzo si apre in medias res con la morte di Deverne – il che
ci ricorda i tragici incipit di Corazón tan blanco e Mañana en la batalla
25
piensa en mí – una morte violenta ma “imbecille”26: l’uomo infatti è
stato ucciso per errore da un mendicante che l’aveva scambiato per un
altro. Come si avrà modo di dimostrare, per descrivere questa morte
l’autore si è ispirato a un fatto di cronaca avvenuto nel 2004,
incorporando così la realtà nella finzione e confondendo i confini
dell’una e dell’altra.
Le condoglianze offrono a María l’occasione di parlare con la
vedova, annullando per la prima volta quella distanza da cui l’aveva a
24
Benché questa coppia sia assai diversa da quelle che appaiono in Corazón tan
blanco e Tu rostro mañana, la riflessione che emerge da Los enamoramientos circa
l’istituzione del matrimonio non si discosta da quella presentata nei precedenti
romanzi. In particolare, María nutre sulla convivenza perplessità identiche a quelle
che provano Juan e Jacobo nei confronti della vita di coppia (queste perplessità
sono condivise anche dall’autore. Cfr. Elide Pittarello, Entrevista con Javier Marías,
Debolsillo, Barcelona, 2006, p. 38). Infatti, ciò che più stupisce la narratrice della
relazione tra Deverne e Luisa è la loro gioia di stare insieme nonostante la
ripetitività della loro vita: «hablaban sin parar y se divertían y estimulaban, como si
acabaran de encontrarse o incluso de conocerse, y no como si hubieran salido
juntos de casa, y hubieran dejado a los niños en el colegio, y se hubieran arreglado
al mismo tiempo ―acaso en el mismo cuarto de baño―, y se hubieran despertado
en la misma cama, y lo primero que cada uno hubiera visto hubiera sido la
descontada figura del cónyuge, y así un día tras otro desde hacía bastantes años»
(LE, p. 15).
25
Come è stato notato (cfr. Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea,
cit., pp. 120-121), tuttavia, si rileva un’importante differenza tra l’incipit di questo
ultimo romanzo e quello delle opere precedenti, incluse quelle citate. Infatti, ne
Los enamoramientos la narrazione non comincia con una delle solite digressioni, il
lettore viene invece immediatamente introdotto nel pieno della vicenda.
26
«lo último de lo que se debió de dar cuenta fue de que lo acuchillaban por
confusión y sin causa, es decir, imbécilemente» (LE, p. 11). Ricordiamo che in
Mañana en la batalla è presente una lunga lista di possibilità di modi ridicoli in cui si
può morire (vedi MBM, p. 15).
9
lungo ammirata. A casa Deverne, conosce anche Díaz-Varela, con il
quale inizia una relazione che lei vorrebbe essere amorosa, ma che per
lui rappresenta solo un passatempo poiché è in realtà profondamente
innamorato di Luisa.
Un giorno María, nel torpore che segue il coito, sente l’amante
discutere con un altro uomo, un certo Ruibérriz de Torres, in una
stanza a fianco; ben presto risulta chiaro che stanno parlando
dell’omicidio di Deverne, nel quale sono implicati e che non appare
più affatto casuale: probabilmente, pensa la narratrice, è stato
architettato da Díaz-Varela per poter avere Luisa. Questo episodio
offre all’autore lo spunto per una serie di riflessioni su un tema a lui
caro, quello del peso e del pericolo della conoscenza, nonché della sua
irresistibile tentazione27.
Dopo molte indecisioni, María decide di entrare nella stanza
dove si trovano i due, fingendo però di non aver udito niente.
Seguono giorni di silenzi, Díaz-Varela non la chiama e lei, nonostante
la nostalgia, si accorge di provare quasi sollievo. Infine però lui la
invita a casa sua, con una certa urgenza. Ha capito, infatti, che è al
corrente dell’avvenuto e vuole darle delle spiegazioni: architettare
l’omicidio di Deverne sarebbe stato per lui un tragico atto di
generosità nei confronti dell’amico, poiché questi gli aveva confessato
27
«Basta saber que no se quiere que escuchemos para hacer todo lo posible por
enterarnos, sin caer en la cuenta de que a veces se nos ocultan las cosas por
nuestro bien, para no decepcionarnos o para no involucrarnos, para que la vida no
nos parezca tan mala como suele ser.» (LE, p. 195), «[…] estuve a punto de
retirarme de la puerta para no oír más y así poder convencerme luego de que
había oído mal o de que en realidad no había oído nada. Pero siempre sigue uno
escuchando, una vez que ha empezado, las palabras caen o salen flotando y no hay
quien las pare» (ivi, p. 200), «La tentación de oír no se resiste, aunque nos demos
cuenta de que no nos conviene» (ivi, p. 203). Per un’analisi di quest’episodio del
romanzo, si veda: Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., pp.
122 e segg.
10
che stava morendo a causa di una malattia che a breve avrebbe iniziato
a devastargli il volto e a provocargli insopportabili sofferenze. Lui
stesso lo avrebbe implorato di ucciderlo, perché non aveva il coraggio
di farlo da solo. María però non sa se credere alla versione di Díaz-
Varela. La loro relazione si interrompe, ma lei non reagisce in alcun
modo: non parla con Luisa, non lo denuncia alla polizia.
Due anni dopo, in un ristorante, vede Luisa e Díaz-Varela seduti
ad un tavolo e scopre che si sono nel frattempo sposati. Il romanzo si
chiude come si è aperto, «el círculo parece cerrarse»28: la narratrice
osserva una coppia, che questa volta però difficilmente potrà apparirle
perfetta, giacché «todas la páginas de la novela […] no han tenido otro
objetivo más que poner en duda la perfección de ese rencuentro»29.
Il finale è quindi aperto e lascia il lettore pieno di incertezze:
Díaz-Varela è carnefice o amico fidato? E Deverne è vittima o
coraggioso artefice del proprio destino? I lettori di Corazón tan blanco
arriveranno forse anche a chiedersi se persino Luisa abbia avuto un
ruolo nell’omicidio, come lo ebbe Teresa in quello della prima moglie
di Ranz, sussurrando le parole «Nuestra única posibilidad es que en día
se muriera ella»30.
Tutti gli eventi che costruiscono l’impalcatura fattuale del
romanzo vengono raccontati alla narratrice da altri personaggi;
nessuna informazione è quindi di prima mano e può sempre essere
messa in dubbio. Persino i giornali sono discordanti circa i dettagli
della morte di Deverne31 e nell’opera non mancano riflessioni esplicite
sul fatto che conoscere la verità sia un’impresa impossibile: «La verdad
28
Jorge Volpi, Los enamoramientos: un diálogo plátonico de Javier Marías, «Claves de
razón práctica», n. 214, 2011, p. 73.
29
Ibidem.
30
CTB, pp. 369-370.
31
«Las versiones de la prensa diferían en algunos detalles» (LE, p. 46).
11
no es nunca nítida, sino que siempre es maraña»32. A questa
relativizzazione del concetto di verità, corrisponde anche
l’impossibilità di esprimere un giudizio etico fermo su qualsiasi
personaggio: come per Corazón tan blanco, possiamo affermare che «la
historia carece de moraleja, excepto la de la máxima incertidumbre de
la existencia»33.
Infatti, sebbene dopo la pubblicazione l’autore abbia dato una
lettura morale del romanzo, descrivendolo quasi come una denuncia
contro l’impunità34 e confermando in qualche modo la validità
dell’interpretazione in chiave politica a cui si è accennato, a noi sembra
che nell’opera si rifugga da qualsiasi giudizio manicheo, andando
piuttosto ad analizzare quali possono essere le condizioni che portano
gli uomini a divenire assassini o omertosi. Marías stesso, d’altra parte,
32
Ivi, p. 380. L’inconoscibilità della verità (e la messa in crisi del suo stesso
concetto) è un tema centrale della poetica di Marías. A partire dal suo secondo
romanzo Travesía del horizonte, infatti, l’autore «turned the question of doubt and
indecision into part of the narrative method and the story itself» (Javier Marías,
Eight Questions for Javier Marías. Voyage Along the Horizon, Believer Books, San
Francisco, 2006, p. 181). Come scrive Elide Pittarello, egli «reduce la razón a la
voluntad de tener razón y rebaja la verdad a un conjunto de ficciones –en el
sentido etimológico de moldeados, inventos, imágenes, figuras–» (Elide Pittarello,
Contar con el miedo, in AA. VV., Javier Marías. La conciencia dilatada, cit., p. 12).
Riflessioni esplicite su questo tema attraversano tutta la sua opera (cfr. ad esempio
MDT, p. 80: «[…] la verdad sólo es posible como presente y […] una vez que ha
dejado de serlo para convertirse en pasado, deja asimismo de ser verdad para verse
sustituida por la del nuevo presente, por la del momento siguiente»; CTB, pp. 294-
295:«La verdad nunca resplandece, como dice la fórmula, porque la única verdad
es la que no se conoce ni se transmite, la que no se traduce a palabras ni a
imágenes, la encubierta y no averiguada»; TRM 1, p. 243: «La verdad, la verdad. La
verdad es lo que sucede, la verdad es cuando pasa como quiéren que se la diga
ahora. Antes de suceder no se conoce […]. Y ni siquiera después, tantas veces. Y a
veces ni siquiera pasa. No sucede, la verdad.»).
33
Elide Pittarello, «No he querido saber, pero he sabido»: Javier Marías y Corazón tan
blanco, in CTB, p. 69.
34
Vedi ad esempio il discorso per la consegna del Premio Nonino (Javier Marías,
Innamoramento e impunità, in Antonio Motta (a cura di), Javier Marías. Quarant’anni di
libri, «Il Giannone», n. 17, gennaio-giugno 2011). Vedi infra, n. 122.
12
ha in più occasioni sottolineato il suo diverso atteggiamento quando
parla in qualità di scrittore e quando come cittadino:
35
Marías, Voglio essere lento, cit., p. 36.
36
Dichiarazione dell’autore rilasciata durante un’intervista alla fiera del libro di
Siviglia e riportata in Charo Ramos, Javier Marías antes la impunidad, «Diario de
Sevilla», 24/5/2011,
http://www.diariodesevilla.es/article/ocio/983649/javier/marias/ante/la/impun
idad.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Vedi anche quest’altra dichiarazione
dell’autore: «amare non ha nessun merito, amare non è bello di per sé. Si usa
spesso come palliativo e come attenuante. Amare, di per sé, non è né bello né
brutto, può essere stupendo, e può essere un orrore» (Marías, Voglio essere lento, cit.,
p. 39).
37
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. Elide Pittarello definisce il titolo
“halagador” (Elide Pittarello, Prólogo, in Javier Marías, Los enamoramientos,
Mondadori, Barcelona, 2013, p. 10).
38
La parola “corazón” non lo convinceva del tutto. Cfr. Óscar López, Javier
Marías. El hombre de moda, «Qué leer», n. 14, septiembre 1997, pp. 34-38,
13
quel caso, conclusa la lettura, il titolo perde il suo aspetto melenso,
subendo una trasformazione che inaspettatamente lo tinge di toni
nefasti.
Nelle molte digressioni che occupano gran parte delle pagine del
romanzo si esplorano anche altri temi, senza mai offrire risposte, ma
solo suggerendo domande: i morti hanno diritti sulle nostre vite?
Come ci si deve comportare se si è al corrente di un terribile segreto?
Dovremmo marchiare i colpevoli con la “flor de lis”, il marchio
dell’infamia? È lecito «perturbar el universo»39? Per il ruolo centrale
che queste riflessioni ricoprono all’interno dell’opera, Francisco Rico
l’ha descritta un ensayo-ficción40.
A fare queste digressioni non è solo María, la quale, per il suo
ruolo di spettatrice, tende spesso a cedere la parola ad altri personaggi.
Nella seconda e nella terza parte del romanzo, infatti, molte pagine
sono occupate dai suoi dialoghi con Díaz-Varela che sono spesso
piuttosto dei monologhi di quest’ultimo; nella prima, è invece Luisa a
fare a volte le veci della narratrice. È però il caso di notare che è
sempre la stessa voce che parla attraverso tutti questi personaggi:
http://www.javiermarias.es/PAGINASDEENTREVISTAS/QueLeerSeptiembre
97.html (ultima consultazione: 20/6/2013) e l’articolo Shakespeare indeciso, in LYF.
39
LE, p. 397.
40
Francisco Rico, La cultura del texto, «Babelia», 11/6/2011,
http://elpais.com/diario/2011/06/11/babelia/1307751135_850215.html (ultima
consultazione: 20/6/2013). L’autore ha però rifiutato questa definizione: «No
estaría muy de acuerdo con que mis novelas sean eso, incluyo muchas digresiones,
pero procuro no olvidar que escribo eso, novelas. Y una novela es una
representación con personajes y conversaciones. Lo que sí tienen mis novelas es
lo que yo he llamado en ocasiones “pensamiento literario”.» (dichiarazione
dell’autore riportata in Angélica Gallón Salazar, El enamoramiento es un azar, no un
destino, «El espectador», 1/7/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com
/2011/06/02/, ultima consultazione 6/9/2013). Quest’affermazione ci pare da
mettere in relazione con un passo del romanzo in cui María dice «Díaz-Varela
había dejado alguna frase inacabada o medio en el aire, había titubeado, había
estado tentado de hacer digresiones de sus digresiones, se había frenado; no quería
discursear, pese a su tendencia, sino contarme algo» (LE, p. 309).
14
questi sono infatti Javier Marías, o meglio: «nunca Javier Marías, sí su
figura, su imagen, su voz literaria»41. Tutti loro, come nota Fernando
Valls, sono «un vehículo para la exposición de las ideas del autor y el
desarrollo de sus conjetura, de su pensar literariamente»42.
«La intenciones literarias de Javier Marías son siempre
explícitas»43 e anche ne Los enamoramientos tra i molti excursus non
mancano considerazioni metaletterarie che ci permettono di
individuare nell’atto stesso della narrazione «el fin último» del
romanzo, la sua «misma esencia»44.
L’autore ci offre, infatti, un’analisi dello stile elocutorio di Díaz-
Varela – ossia del proprio – concentrandosi principalmente sulla sua
tendenza alla digressione45, sull’uso delle fonti46 e sulle difficoltà
41
Pozuelo Yvancos e José María, Figuraciones del yo en la narrativa. Javier Marías y E.
Vila-Matas, Universidad de Valladolid-Cátedra Miguel Delibes, Valladolid, 2010, p.
81.
42
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 33.
43
Elide Pittarello, Negra espalda del tiempo: instrucciones de uso in Martin Steenmeijer
(bajo la dirección de), El pensamiento literario de Javier Marías, Rodopi, New York,
2001, p. 125.
44
Sandra Navarro Gil, La narrativa de Javier Marías, «Revista Fábula», 11, invierno
2002, p. 40. Cfr. anche Antonio Sobejano-Morán, Aspectos metafictivos en la narrativa
da Javier Marías, in Steenmeijer, El pensamiento literario de Javier Marías, cit., pp. 59-65.
45
Solo per fare due esempi: «Dentro de todo, procuraba ir al grano, y tuve la
sensación de que, si aun así se espaciaba, no era contra su voluntad y porque no
pudiera evitarlo, sino que buscaba algo con ello, quizá envolverme y
acostumbrarme más a los hechos» (LE, p. 310), «Tenía una fuerte tendencia a
disertar y a discursear y a la digresión, como se la he visto a no pocos escritores de
los que pasan por la editorial[…] mientras peroraba no podía apartar los ojos de él
y me deleitaban su voz grave y como hacia dentro y su sintaxis de
encadenamientos a menudo arbitrarios, el conjunto parecía provenir a veces no de
un ser humano sino de un instrumento musical que no transmite significados,
quizá de un piano tocado con agilidad» (ivi, p. 165).
46
Ancora, solo a titolo di esempio: «[Díaz-Varela] Desde luego tenía labia y a mí
me encantaba escucharlo, me hablara de lo que me hablara y aunque me relatase
una historia vieja de Balzac que yo podría leer por mi cuenta, no por él inventada,
seguramente sí interpretada o tal vez tergiversada» (LE, p. 159). In questo altro
caso parla lo stesso Díaz-Varela: «Lo que pasó es lo de menos. Es una novela, y lo
que ocurre en ellas da lo mismo y se olvida, una vez terminadas. Lo interesante
son las posibilidades e ideas que nos inoculan y traen a través de sus casos
15
espressive date dall’impossibilità di ricordare e raccontare47. Ripropone
inoltre, anche all’interno de Los enamoramientos, le sue consuete
riflessioni sul rapporto tra realtà e finzione48. In particolare, in questo
romanzo l’autore insiste, in maniera sia implicita che esplicita,
sull’impossibilità di conoscere la realtà attraverso i suoi racconti, non
solo perché essi sono viziati dalla soggettività di chi li sta facendo, ma
anche – e soprattutto – perché le parole sono un mezzo insufficiente
per riprodurla. Così, quando il presente smette di essere tale e si
trasforma in ricordo, entra a far parte della biblioteca delle narrazioni,
confondendosi con le tracce che hanno lasciato in noi i libri che
abbiamo letto e i film che abbiamo visto.
Quest’assimilazione di realtà e finzione giustifica anche il fatto
che i personaggi de Los enamoramientos ricorrano a opere letterarie per
decifrare il mondo che li circonda, offrendo allo scrittore la possibilità
di dare sfogo alla sua vena bibliofila e di proporre degli inviti alla
lettura. Il romanzo, infatti, è caratterizzato da una struttura a scatole
imaginarios, se nos quedan con mayor nitidez que los sucesos reales y los tenemos
más en cuenta» (ivi, p. 166).
47
«[Díaz-Varela] También había empezado a mezclar tiempos verbales, presente
de indicativo, pretérito indefinido e imperfecto, como le ocurre a veces a quien
revive una mala experiencia o se está recontando un proceso del que sólo cree
haber salido y no es cierto» (LE, p. 327).
48
«Todo se convierte en relato y acaba flotando en la misma esfera, y apenas se
diferencia entonces lo acontecido de lo inventado. Todo termina por ser narrativo
y por tanto por sonar igual, ficticio aunque sea verdad» (LE, p. 331), «[…] se
depende siempre de quien nos cuenta algo, éste decide por dónde empieza y
cuándo para, qué revela y qué insinúa y qué calla, cuándo dice verdad y cuándo
mentira o si combina las dos y no permite reconocerlas, o si engaña con la
primera como se me había ocurrido que quizá estaba él haciendo; no, no es tan
difícil, basta con exponerla de manera que no se crea, o que cueste tanto creerla
como para acabar desechándola. Las verdades inverosímiles se prestan a eso y la
vida está llena de ellas, mucho más que la peor novela, ninguna se atrevería a dar
cabida en su seno a todos los azares y coincidencias posibles, infinitos en una sola
existencia, no digamos en la suma de las habidas y de las que aún discurren.
Resulta bochornoso que la realidad no imponga límites» (ivi, p. 309).
16
cinesi per cui all’interno dello stesso vengono incastonate e
commentate anche altre opere.
A dimostrare la centralità dell’atto della narrazione non sono solo
le riflessioni metaletterarie o la descrizione di circostanze che
evidenziano i pericoli di ascoltare o fare una narrazione, ma anche
tutta un’altra serie di espedienti frequentemente sfruttati dall’autore
per questo scopo. Uno di questi è la struttura stessa dell’opera, che,
come si è notato, ha una natura digressiva ed è retta da quello che
Francisco Rico definisce un «narrador centrípeto»49. Una struttura di
questo tipo individua non nei fatti ma nella stessa voce narrante «el
argumento último dell’opera»50: il fatto che si racconti, il modo in cui
lo si fa, diventa così più importante di quello che si sta raccontando.
Come in altre opere dell’autore, anche in questo caso poi sono
indicativi i mestieri dei personaggi, collegati al linguaggio e al mondo
dei libri (ricordiamo tra i narratori precedenti professori di letteratura,
scrittori fantasma, interpreti): María lavora per una casa editrice e ha a
che fare con vari scrittori, Luisa è insegnante di letteratura inglese,
Francisco Rico, che compare come personaggio secondario, è un
filologo; non sappiamo quale sia il lavoro di Díaz-Varela, ma la
narratrice sembra suggerire che potrebbe anche lui occuparsi di lingua
o letteratura: «tenía labia y vocabulario, su pronunciación en inglés era
buena sin afectación, lo que decía no era hueco e iba trabajado, me
pregunté a que se dedicaría»51.
Come notato da Francisco Rico, infine, il linguaggio usato
dall’autore rappresenta, attraverso una serie di titubanze, il fatto che
49
Francisco Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, Real Academia Española,
Madrid, 2008, p. 48.
50
Ibidem.
51
LE, p. 137.
17
«la realidad se le resiste»52, esso è cioè specchio dell’impossibilità di
raccontare. Adempiono a tale scopo, ad esempio, l’incertezza
cervantina sul nome di Miguel (Deverne o Desvern) 53, le indecisioni e
le correzioni54, le enumerazioni con varianti55, l’aggettivazione
multipla56.
Ai meccanismi individuati dallo studioso, aggiungeremmo anche
il frequente uso di espressioni come «por así decir», «quiero decir»,
«cómo decir».
Manca, invece, ne Los enamoramientos una più esplicita
autocoscienza della narrazione, che troviamo in altre opere dell’autore
come El hombre sentimental, Todas las almas o Negra espalda del tiempo: la
narratrice non spiega, infatti, le ragioni che l’hanno spinta a raccontare
52
Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, cit., p. 49.
53
Alexis Grohmann, analizzando l’incertezza del narratore circa il modo in cui si
debba scrivere il nome di uno dei personaggi di Travesía del horizonte (Holden
Branshaw o Hordern Bragshawe), nota come questa «buscada indeterminación»
(Alexis Grohmann, Literatura y trastorno o la alegoría de la narración en Javier Marías,
«Iberoamericana», vol. 8, n. 30, 2008, p. 67) tenda a ricorrere anche nelle opere
successive dell’autore (si pensi in particolare a Tu rostro mañana, ma anche a El siglo)
e individua anche due importanti predecessori: oltre al già ricordato Cervantes
(Quijote, Quijada, Quijana, Quesada, Quijano, Quijótiz) anche Benet, nella cui
opera la “polinomia” è un elemento ricorrente (ad esempio, in Volverás a Región
per riferirsi ad uno stesso personaggio l’autore usa i nomi di Rumbal, Rombal,
Rubal, Robal e Rumbás).
54
«[…] en orden, o si se prefiere en armonía» (LE, p. 12), «[…] compartía con
ellos el desayuno, quiero decir a distancia» (ibidem), «Se convirtieron casi en una
obligación. No, la palabra no es adecuada para lo que nos proporciona placer y
sosiego. Quizá en una superstición, aunque tampoco» (ibidem), «sentarse o más
bien dejarse caer» (ivi, p. 56).
55
«el mundo está lleno de imprudencia, peligros, amenazas y mala suerte» (LE, p.
50), «no parecía haber publicado ninguna necrológica de Deverne in ningún sitio,
ninguna rememoración o evocación escrita por un amigo o compañero o colega,
ninguna semblanza» (ivi, p. 51)
56
«su mirada era viva, sosegada y alegre» (LE, p. 19), «las cuchilladas habían sido
tan furiosas, tan sañudas y seguidas –y por lo visto tan certeras–» (ivi, p. 47), «la
manera de morir, infame y absurda, o cómo decir, teñida además de miseria» (ivi,
p. 53).
18
la sua storia, né il momento in cui lo fa57 e a chi si rivolge. Possiamo
tuttavia ipotizzare che la narrazione rappresenti una sorta di diario
scritto con la funzione di «fijar y extrañar el hecho»58 e attraverso cui si
produce una «desrealización de lo narrado»59: quasi un atto psicomagico60,
metaforicamente rappresentato all’interno del romanzo dalla decisione
di María di dare alle stampe un’edizione de Le Colonel Chabert, opera di
cui tanto le aveva parlato Díaz-Varela, per liberarsi del suo legame con
lui:
57
Secondo Fernando Valls la narrazione non sarebbe stata fatta in un unico
momento, ma via via nel corso del tempo, man mano che gli eventi avevano
luogo. Questo giustificherebbe anche la ridotta dimensione della quarta e ultima
parte del romanzo, corrispondente ai due anni di vita di María senza Díaz-Varela:
«ha pasado el tiempo, los recuerdos se atenuan y solo queda por hacer el balance
final» (Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32).
58
Fernández, Contar para olvidar, cit., p. 568.
59
Ibidem.
60
Un atto psicomagico è un gesto apparentemente privo di senso, ma in realtà
carico di un forte impatto emotivo, che è in grado di aiutare chi lo compie a
superare una difficoltà o una paura, percependo la realtà da un punto di vista
nuovo. Cfr. Alejandro Jodorowsky, Psicomagia, Siruela, Madrid, 2007.
61
LE, pp. 387-388.
19
20
2. Il concetto di intertestualità
1
Come scrive Andrea Bernardelli, «la nozione di intertestualità si è trovata
coinvolta suo malgrado nei più diversi settori disciplinari e di ricerca,
dall’antropologia alla sociologia delle comunicazioni» (Bernardelli, Intertestualità, La
Nuova Italia, Milano, 2000, p. 2).
2
Elisabetta Sarmati, Introduzione: intertestualità, crocevia metodologico, in id. e Simone
Trecca (a cura di), La biblioteca dello scrittore. Percorsi intertestuali nella narrativa spagnola
contemporanea (Laforet, Puértolas, Marías, Méndez, Neuman), Edizioni Nuova Cultura,
Roma, 2012 (ebook. Dei testi in formato elettronico non indichiamo il numero di
pagina). A partire dagli anni ’60, infatti, quando il termine intertestualità fu coniato
dalla studiosa post-strutturalista Julia Kristeva sulla base di idee tratte dagli studi di
Saussure sulla teoria dei paragrammi e da quelli di Michail Bachtin sul dialogismo,
esso è stato utilizzato per indicare diversi concetti, e, ancora oggi, «malgrado le
messe a punto e lo sforzo di chiarificazione» il suo utilizzo «rimane vago» (Marika
Piva, Memorie di seconda mano. La citazione nei Mémoires d’outre-tombe di
Chateaubriand, Morlacchi Editore, Perugia, 2008, p. 7). Gli studi sull’intertestualità
sono accomunati dal tentativo di concepire «la produzione e la recezione
dell’opera letteraria come fondate sull’intreccio di diversi testi, codici e discorsi»
(Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 1), ma i risultati possono diversificarsi
significativamente in base a quale elemento funzionale del processo di
comunicazione letteraria (cfr. Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario,
Einaudi, Torino, 1985, pp. 5-6) i diversi studiosi hanno scelto come punto focale e
che può essere rappresentato dall’autore, dal testo, dal lettore, dai codici culturali o
dal contesto di riferimento (cfr. Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 12).
Per un’ampia discussione sull’argomento con bibliografia vedi: Michael John
Worton and Judith Still, Intertextuality. Theories and Practice, Manchester-New York,
1990; Graham Allen, Intertextuality, Routledge, London, 2000; Bernardelli,
Intertestualità, cit.; Marina Polacco, L’intertestualità, Laterza, Bari, 1998. Per un focus
sul dibattito in Spagna, vedi Sarmati, Introduzione: intertestualità, crocevia metodologico,
cit.
21
generato una «pericolosa polisemia»3. Non intendiamo qui ripercorrere
la complessa evoluzione del suo significato, ma semplicemente chiarire
in quale senso noi lo intenderemo e anche perché si sia scelto di
usarlo, scartando, a suo favore, precedenti categorie di analisi che
potevano tutto sommato risultare ancora valide, come quella
dell’influenza letteraria o della critica delle fonti.
La definizione che ci è parsa più semplice e comoda da usare, e
che quindi abbiamo scelto come linea guida benché ampliata con
contributi di altri studiosi, è quella presentata da Gérard Genette nel
suo saggio Palinsesti. Genette descrive l’intertestualità (da lui però
chiamata transtestualità) come tutto ciò che mette un testo «in relazione,
manifesta o segreta, con altri testi»4. Il suo studio rappresenta un
«imprescindibile punto di riferimento»5 poiché offre una
classificazione molto utile al fine dell’organizzazione del lavoro critico
e ha il merito di aver dato concretezza a un concetto che, seppur
affascinante, rischiava di essere «inoperativo»6. Infatti, a differenza del
dialogismo di Michail Bacthin – da cui deriva tutta la teoria
dell’intertestualità e che sottolinea il rapporto delle opere (descritte
come «una complessa struttura di voci»7) con la realtà, la storia, la
società – l’analisi di Genette si focalizza esclusivamente sulle più
3
Cesare Segre, Intertestuale/interdiscorsivo. Appunti per una fenomenologia delle fonti, in
Costanzo Di Girolamo e Ivana Paccagnella (a cura di), La parola ritrovata. Fonti e
analisi letteraria, Sellerio, Palermo, 1982, p. 15.
4
Gérard Genette, Palinsesti. La letteratura al secondo grado, Einaudi, Torino, 1997, p.
4.
5
Polacco, L’intertestualità, cit., p. 28.
6
Marika Piva definisce inoperativo il concetto di dialogismo di Bacthin (Piva,
Memorie di seconda mano, cit., p. 9).
7
Antoine Compagnon, Il demone della teoria. Letteratura e senso comune, Einaudi,
Torino, 2000, p. 117.
22
facilmente dimostrabili e analizzabili «relazioni storicamente attive tra
testi»8.
In questa limitazione del campo d’indagine sta la praticità della
definizione (e anche Cesare Segre ha sottolineato la necessità di porre
un simile discrimine)9; tuttavia è pur vero che essa riduce lo scarto tra
il concetto di intertestualità e quello di fonte10, rischiando di rendere il
testo nuovamente «prigioniero della sua sostanziale letterarietà»11.
Come ha scritto Antoine Compagnon, che pure è un suo discepolo,
con Genette, infatti, «ci si è rifugiati sull’Olimpo, dove la complessità
delle relazioni intertestuali è servita per sopprimere l’interesse per il
mondo che il dialogismo conteneva in sé»12.
La differenza tra il concetto di influenza letteraria e quello di
intertestualità, anche intesa in questo senso più ristretto, è stata
sottolineata da vari studiosi. Ad esempio, Segre ha riconosciuto al
nuovo termine la capacità di far uscire il fenomeno dall’ambito
erudito13, mentre Marina Polacco ha evidenziato la distanza tra le due
definizioni sfruttando l’opposizione delle categorie di passivo e attivo:
8
Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 20-21.
9
Vedi Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, cit., pp. 85-86. Nel riassetto
proposto da Segre, l’intertestualità va a designare i rapporti che un testo intrattiene
con altri testi dati, mentre l’interdiscorsività descrive il rimpiego di materiali di tipo
eterogeneo che non sono riconducibili a opere specifiche.
10
Vedi Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 2-3.
11
Compagnon, Il demone della teoria, cit., p. 117.
12
Ivi, pp. 119-120.
13
Cfr. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, cit., pp. 85-86.
14
Polacco, L’intertestualità, cit., p. 27.
23
Tale processo di trasformazione interessa, per altro, non solo il lavoro
di produzione dell’opera ma anche quello della sua recezione. Il
lettore, infatti, svolge un ruolo centrale nel meccanismo intertestuale,
tanto che è stato definito da Roland Barthes come «le lieu où la
multiplicité du texte se rassemble»15. Anche in questo senso,
l’opposizione attivo/passivo risulta fruttuosa per notare come, a
differenza dello studio delle fonti, l’intertestualità si associa a una
concezione dell’opera come nuovamente “scrivibile” (nel senso di
“testo scrivibile” di Barthes): richiede, cioè, al destinatario una
partecipazione attiva che non si ferma all’identificazione dei
riferimenti, ma che, attraverso essi, può produrre un nuovo personale
testo16. Si viene così a creare una gerarchia di lettori: da un lato, quelli
che Umberto Eco chiama lettori semantici, ossia coloro che scorrono il
testo godendo semplicemente della trama, dall’altro, i lettori critici, che
vanno invece a caccia dei sovrasensi testuali (il cosiddetto double coding)
e delle catene intertestuali. Oltre alla diversa attitudine di fronte al
testo, questa gerarchia si verrà a stabilire anche sulla base di differenti
competenze intertestuali, cioè dal differente bagaglio di letture17.
Alla luce di queste considerazioni, per il nostro studio ci sembra
più opportuno parlare di intertestualità piuttosto che di studio delle
fonti, poiché non ci proponiamo semplicemente di indicare i
15
Roland Barthes, La mort de l’Auteur in Le bruissement de la langue, Seuil, Paris, 1984,
p. 67. Come scrive Paolo Ferrantini, infatti, l’intertestualità è un sistema ternario
che si basa su l’ipotesto, l’ipertesto e, appunto, il lettore, inteso non come figura
storica e sociale, ma come soggetto individuale della lettura (cfr. Paolo Ferrantini,
Dinamiche dell’intertestualità, «Intersezioni», n. 5, 1985, p. 140).
16
Cfr. Roland Barthes, S/Z, Einaudi, Torino, 1973, p. 10; cfr. anche Andrea
Bernardelli, La rete intertestuale. Percorsi tra testi, discorsi e immagini, Morlacchi Editore,
Perugia, 2010, p. 17.
17
Cfr. Umberto Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi,
Bompiani, Milano, 1979; cfr. anche Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 33-35.
24
riferimenti ad altri testi presenti ne Los enamoramientos, ma vorremmo
andare più a fondo, mostrando, da un lato, come essi possano
generare nuovi significati o diversi piaceri di lettura e, dall’altro, come
siano lo specchio di una particolare concezione della letteratura.
Noteremo, infatti, che Los enamoramientos non è solo un’opera
caratterizzata da una forte relazione con altri testi, ma anche un’opera
che riflette su tali relazioni, sia a livello implicito che esplicito. Si tratta
di un libro sui libri, che nasce proprio in risposta ad alcune domande
che stanno alla base degli studi sull’intertestualità, indagando sia il
processo creativo (in che modo i testi che ho letto in passato
influenzano il mio modo di produrre nuovi testi?), che quello recettivo
(in che modo i testi che ho letto in passato influenzano il mio modo di
leggere nuovi testi?).
Inoltre, la categoria dell’intertestualità risulta essere più
appropriata per il tipo di riferimenti presenti nel romanzo, che non si
limitano alla citazione o alla ripresa di alcuni topoi. Troviamo al suo
interno, infatti, riscritture e commenti, ossia forme che sono state
oggetto degli studi sull’intertestualità, piuttosto che di quelli
sull’influenza letteraria18.
18
A tal proposito dobbiamo però anche segnalare che molti degli studi
sull’intertestualità hanno analizzato opere di stampo postmodernista (cfr.
Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 32) e hanno sottolineato la dimensione
ironica con la quale gli autori si relazionano con le opere a cui fanno riferimento:
tipiche forme di letteratura intertestuale, oltre a quelle della riscrittura e del
commento già menzionate, sono infatti il pastiche e la parodia. Vedremo che questo
tipo di relazione non è quella che Marías intrattiene con gli autori citati ne Los
enamoramientos, sebbene in passato anch’egli abbia scritto testi di questo tipo, in
particolare pensiamo a Los dominios del lobo.
Per un approfondimento sulla dimensione ironica dell’intertestualità postmoderna,
vedi ad esempio Linda Hutcheon, Intertextuality, in Erik Barnouw (edited by),
International Encyclopedia of Communication, 2, New York-London, Oxford University
Press, 1989, pp. 349-351; id., A Theory of Parody, New York and London,
Routledge, 1985.
25
2.2 La classificazione di Genette
Come si accennava, Genette ha coniato un nuovo termine per indicare
il fenomeno che abbiamo descritto: transtestualità. Sebbene la sua
definizione, così come la classificazione che la accompagna, sia stata
favorevolmente accolta dalla critica, l’espressione «non si è mai
affermata in maniera diffusa»19. Per questo motivo, preferiamo non
adottare la sua innovazione terminologica: questo ci dà infatti modo di
sfruttare in maniera più agile i contributi di altri studiosi che, pur
riferendosi allo stesso concetto descritto da Genette, hanno
continuato a parlare di intertestualità.
All’interno di Palinsesti, Genette elenca cinque tipi di relazioni
testuali:
19
Giovanni Guagnelini e Valentina Re, Visioni di altre visioni: intertestualità e cinema,
Gedit Edizioni, Bologna, 2007, p. 7. Facendo una ricerca su Google, otteniamo
appena 901 risultati per il termine transtetualità (9.900 per transtextuality), contro i
35.600 di intertestualità (919.000 per intertextuality). Ovviamente ricordiamo che tra
questi ultimi ce ne saranno alcuni che andranno intesi in un’accezione distinta da
quella proposta da Genette, tuttavia i numeri ci sembrano indicativi. Possiamo
inoltre osservare un’evidente resistenza al termine nella trattatazione che
Bernardelli fa delle teorie di Genette. In due suoi differenti testi, infatti, possiamo
leggere: «la teoria intertestuale (o transtestuale) di Genette» (cfr. Bernardelli,
Intertestualità, cit., p. 23; id., La rete intertestuale, cit., p. 31).
20
Genette, Palinsesti, cit., p. 4.
26
2) Relazione con il paratesto. Il paratesto è tutto ciò che è in
stretto rapporto con il testo all’interno del volume stesso
(ossia titolo, sottotitolo, prefazione, postfazione, avvertenze,
immagini, note ecc.; Genette chiama l’insieme di questi
elementi peritesto) e con altri materiali di commento al testo che
si trovano però al di fuori del libro, inteso come oggetto
materiale (comunicazioni dell’autore relative all’opera,
interviste, recensioni ecc.; l’insieme di questi elementi è detto
epitesto).
27
Risulterà presto chiaro che il romanzo di Marías, per la sua
peculiarità, si presta difficilmente ad essere ingabbiato in simili
schematismi, di stampo formalista21; cercheremo quindi di utilizzare
questa griglia, che comunque rappresenta un’utile demarcazione, in
maniera abbastanza libera. Tralasceremo, inoltre, lo studio
dell’architestualità (pericoloso per la sua vaghezza) e quello delle
relazioni con il paratesto (si faranno degli accenni solo a quelle
particolarmente significative).
Amplieremo, invece, il campo di indagine ricercando le relazioni
che Los enamoramientos intrattiene anche con arti diverse dalla
letteratura, come il cinema e le arti figurative, poiché:
21
Per l’ammissione di Genette del suo debito nei confronti del formalismo russo,
cfr. Gérdard Genette, Figure III, Einaudi, Torino, 1976, pp. 153-154.
22
Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 140, descrivendo le teorie di Roman Jakobson.
28
3. Libri nel libro
84
Antonio Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías: fenomeni di intertestualità
acronica, in Sarmanti e Trecca (a cura di), La biblioteca dello scrittore, cit. Elide
Pittarello parlerebbe invece di “interpretación analógica de lo real” (vedi Pittarello,
Contar con el miedo, cit., p. 12).
29
Il personaggio (letterario) applica alla propria esperienza “vissuta” il
principio aristotelico del riconoscimento (o anagnorisis): Jacques Deza
riconosce (e quindi interpreta e codifica) determinate verità grazie a
fonti letterarie (o artistiche) che fungono da “corollari” o “supporti”
visivi o linguistici alla sua esperienza. La letteratura o la pittura o l’arte
in generale aiutano il protagonista a decodificare e ri-conoscere
esperienze vitali.85
Karen Berg nota che una simile interpretazione “pratica” delle arti, e
in particolare della letteratura, è proposta da Marías non solo nelle sue
opere di narrativa ma anche nei suoi articoli, come ad esempio in
Frívolamente86 dove mette in relazione i pericoli scatenati dai separatisti
baschi con quelli provocati dalla sete di vendetta di Shylock,
protagonista di The Merchant of Venice. Come sostiene la studiosa,
«Marías is apt to make analogies between literature and life in order to
show how literature can inform life and provide readers with a
didactic tool to confront their own personal dilemmas»87.
In Lector in fabula, Eco osserva che la competenza intertestuale
che il lettore sviluppa nel corso del tempo gli permette di riconoscere
delle sceneggiature ricorrenti e di fare quindi delle previsioni sullo
svolgimento del testo che sta leggendo88: questa capacità può essere
però applicata anche alla vita, ed è così che la letteratura può
trasformarsi in un «equipment for living»89.
Descrivendo all’interno del suo romanzo personaggi che leggono
altri libri, l’autore crea una mise en abyme paragonabile a quella del teatro
nel teatro: noi lettori vediamo rappresentati nella finzione dei simboli
85
Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit.
86
Javier Marías, Frívolamente, in id. Seré amado cuando falte, Alfaguara, Madrid, 1999.
87
Karen Berg, Javier Marias’s postmodern praxis: Humor and interplay between reality and
fiction in his novels and essays, VDM, Saarbrücken, 2008, p. 163.
88
Cfr. Eco, Lector in fabula, cit., pp. 83-84.
89
Kenneth Burke, Literature as Equipment for Living, in Walter Sutton and Richard
Foster, Modern criticism. Theory and practice, Odyssey Press, New York, pp. 242-247.
30
di noi stessi e possiamo guardarci come in uno specchio90. L’opera
diventa anche una finestra dalla quale osservare il laboratorio dello
scrittore giacché, attraverso le raffigurazioni che ne offrono i
personaggi, possiamo immaginarlo citare i suoi autori di riferimento
(prendendo in mano i testi originali e traducendoli all’impronta,
oppure ricordandoli a memoria).
Tuttavia, ne Los enamoramientos questo meccanismo non vuole
essere spia dell’autocoscienza della narrazione, né sembra
rappresentare un gioco metaletterario di stampo postmodernista91
pensato per indagare «i processi e le convenzioni della letteratura e
della scrittura»92. Esso offre, sì, la possibilità di parlare di libri
attraverso i libri, ma non fa particolare leva sull’identità tra mezzo e
oggetto della riflessione. In proposito l’autore ha dichiarato:
90
Si tratta dello stesso meccanismo per cui Arledge di Travesía del horizonte
«assumes the role of a proxy reader within the text for the real reader outside the
text» (Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., 2011, pp. 66-67).
91
Cfr. Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit.
92
Vocabolario Treccani online (www.treccani.it), alla voce metaletteratura.
93
Dichiarazione rilasciata dall’autore Javier Marías il 28 aprile 2011 presso
l’Istituto Cervantes di Madrid. L’intervista è disponibile al seguente indirizzo di
rete: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima
con-sultazione: 22/7/2013). La trascrizione è mia.
31
critica letteraria proposta da Joseph Hillis Miller94, cioè come una
relazione ambigua esemplificata attraverso la metafora dell’ospite e del
parassita: Los enamoramientos invade le fonti e le contamina con nuovi
significati, ma, attraverso la nuova lettura che ne offre, permette a
quelle stesse fonti di riprodursi, spingendo anche il lettore a
recuperarle in maniera autonoma.
Il romanzo, in effetti, rappresenta un invito alla lettura,
soprattutto per quanto concerne Le Colonel Chabert, come Todas las
almas lo era stato per l’opera di John Gawsworth. Si conferma così
quanto Isle Logie scriveva nel 2001, a proposito della natura derivativa
dei testi dell’autore:
32
Possiamo osservare che queste citazioni sono ascrivibili a due
distinte categorie. In primo luogo, ce ne sono alcune che danno l’avvio
al suo pensamiento literario97, o che sono veicolo di messaggi utili
all’argomentazione delle sue teorie. Questi riferimenti, come altri tratti
da opere con le quali il romanzo non intrattiene relazioni metatestuali
(in primis il Macbeth), entrano a far parte di un sistema di riprese che
crea motivi ricorrenti, fa riecheggiare scene precedentemente descritte
e dà ritmo e coesione alla narrazione98.
In secondo luogo, c’è una lunghissima serie di citazioni di cui
l’autore si serve invece per ripercorrere le trame delle due opere. Esse
riproducono passi spesso superflui degli originali, cosicché il riassunto
delle fonti finisce per assomigliare piuttosto a una loro traduzione.
Marías, anziché rielaborare i due testi riassumendoli o riadattandoli,
sostanzialmente li riporta tali e quali, riducendo al minimo la distanza
che si frappone tra l’originale e il lettore. In questo modo, «il testo
citato scavalca il testo che lo cita, lo cancella, sia pure per un istante, lo
fagocita e si propone direttamente allo spettatore»99.
97
Cfr. Antonio Iriarte, “Cito a menudo para mis adentro”: citas y alusiones en Tu rostro
mañana de Javier Marías, in Alexis Grohmann y Martin Steenmeijer, Allí donde uno
diría que no puede haber nada: Tu rostro mañana de Javier Marías, Rodopi,
Amsterdam-New York, 2009, p. 303.
98
Cfr. vi, p. 304.
99
Sandro Bernardi, La citazione nel cinema, in Adele Dei e Rita Guerricchio (a cura
di), Il libro invisibile, Bulzoni, Roma, 2008, p. 166. Bernardi commenta in questo
modo il meccanismo sfruttato da Jean-Luc Godard in Vivre sa vie (1962), quando il
regista ripropone allo spettatore alcune scene tratte da La passion de Jeanne d’Arc di
Carl Theodor Dreyer (1928) che la protagonista Nana sta vedendo al cinema.
Come nota il critico, la particolarità di questa citazione sta nel fatto che i
fotogrammi tratti dal film muto sono presentati attraverso una soggettiva a 180°
gradi, cioè infrangendo una delle regole del cinema classico secondo cui il
raccordo tra due inquadrature deve avere un’angolatura di circa 120°; come se non
bastasse, gli spezzoni sono inseriti nel montaggio nel loro formato originario,
facendo sì che lo schermo, da rettangolare, diventi quadrato.
33
Tuttavia, rimane sempre un «differenziale ideologico»100 tra
l’originale e la sua copia101, il cui scarto è aumentato, in questo caso,
dall’ostacolo linguistico, come evidenzia il frequente accostamento
della versione francese dei passi. La traduzione nell’opera di Marías è,
infatti, indice del «poder falsificador de la palabra»102 e dei suoi limiti
espressivi103.
100
Ferrantini, Dinamiche dell’intertestualità, cit., p. 138 (descrivendo le teorie di Mino
Bergamo, che aveva per primo utilizzato quest’espressione). Cfr. anche Paolo
Pucci, Decostruzione e intertestualità, «Nuova Corrente», 93-94 (gennaio-dicembre),
anno XXXI, 1984, pp. 291 e segg.
101
Si pensi al Quijote di Pierre Menard.
102
Jesús Isaías Gómez López, El fenómeno de la traducción (inglés-español) como
falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, in Nobel Augusto Perdu Honeyman e
Javier Villoria Prieto (bajo la dirección de), La traducción: puente interdisciplinar,
Universidad de Almería, Almería, 2001, p. 121.
103
La traduzione come inganno o come impossibilità è un tema ricorrente
nell’opera di Marías che, ricordiamo, è un affermato traduttore dall’inglese. Esso è
stato sviluppato soprattutto in Corazón tan blanco, ma emerge anche in altre opere.
Per fare solo qualche esempio, ricordiamo le riflessioni sull’intraducibilità di alcuni
termini (come i verbi to eavesdrop e to haunt) o giochi di parole (“The Wizard of
Ice”) che compaiono in Todas las almas, Mañana en la batalla piensa en mí e in Tu
rostro mañana. Per quanto riguarda il potere falsificatorio della parola, è significativo
l’episodio di Corazón tan blanco in cui si descrive l’attività di traduzione e
interpretariato negli organismi internazionali. Esso rappresenta «an emblem of the
official leveling out of meaning in postmodern society: language only refers to
more languages and never to “reality” nor the “truth”» (Karen-Margrethe
Simonsen, Corazón tan blanco: A Post-Postmodern Novel by Javier Marías, «Revista
Hispánica Moderna», Año 52, n. 1, junio 1999, p. 196). Lo stesso Juan, interprete
inaffidabile, è metafora dell’inganno della traduzione. Un suo antecedente era
presente anche in Todas las almas: ci riferiamo a Alec Dewar, il quale «disfrutaba o
disfruta tanto como interrogador vicario o interpuesto que más de una vez se le
han sospechado licencias, es decir, se le ha visto extender tan inverosímilmente en
la traducción de las preguntas al ruso que se ha llegado a tener la impresión de que
se apartaba de ellas o añadía otras de su propia cosecha» (TLA, p. 198). Marías ha
dedicato a riflessioni sulla natura della traduzione anche alcuni articoli, raccolti in
Literatura y fantasma nella sezione Asuntos translaticios. Per un approfondimento sulla
traduzione nell’opera di Marías, vedi: Rita De Maesneer, Sobre la traducción en
Corazón tan blanco de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios»
(publicación digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 24, 2003,
https://pendientedemigraci-on.ucm.es/info/especulo/numero14/jmarias.html
(ultima consultazione 27/10/ 2013); Gómez López, El fenómeno de la traducción
(inglés-español) como falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, cit.; Logie, La
traducción, emblema de la obra de Javier Marías, cit.; Gareth J. Wood, Marías’s debt to
translation: Sterne, Browne, Nabokov, Oxford University Press, Oxford, 2012.
34
3.2 Le Colonel Chabert di Honoré de Balzac
Le Colonel Chabert è una «novelita»104 di Balzac facente parte della
Comédie humaine che racconta le vicende del personaggio omonimo, il
quale, dato per morto nella battaglia napoleonica di Eylau del 1807,
cerca di reintegrarsi nel mondo dei vivi e, in particolare, di
riappropriarsi dei suoi beni usurpati dalla moglie, nonché di
riconquistare l’amore di lei. Quest’opera viene riprodotta quasi nella
sua interezza all’interno de Los enamoramientos attraverso il commento
che ne fa Díaz-Varela, che, come si accennava, non ne traccia uno
schizzo approssimativo, ma la ripercorre con ricchezza di dettagli e
citazioni, anche in francese.
L’inclusione di questo testo all’interno del romanzo può essere
interpretata come una mise en abyme. L’opera di Balzac, infatti,
rappresenta una miniatura di quella che la contiene poiché tratta,
anch’essa, di una sostituzione (quella di una vedova che si innamora di
un altro uomo dopo la scomparsa del marito)105 e di una presenza
fantasmale (quella del marito morto, che ostacola la nuova coppia).
Queste analogie consentono di considerare le vicende de Le Colonel
Chabert come una sorta di doppio di quelle de Los enamoramientos, per
cui i personaggi di Balzac diventano le ombre di quelli di Marías, delle
repliche che ci permettono di osservarli da un altro punto di vista.
Sono gli stessi Díaz-Varela e María a utilizzare Le Colonel Chabert come
104
LE, p. 178.
105
Per dirla con le parole dell’autore, pronunciate in occasione di un’intervista per
Repubblica, le due opere condividono «l’idea che si possa fare a meno di qualcuno
che ci appare indispensabile, e amare oltre, andare oltre». Concita De Gregorio,
Javier Marías e la legge del desiderio. “La distanza è la chiave di una buona relazione”, «La
Repubblica», 10/12/2012, http://www.repubblica.it/speciali/repubblica-delle-
idee/edizione2012/2012/12/10/news/javier_marias_e_la_legge_del_desiderio_la
_distanza_la_chiave_di_una_buona_relazione-48455639/ (ultima consultazione
20/6/2013).
35
chiave di lettura della loro propria realtà, in particolare analizzando le
figure del colonnello e della moglie.
Il primo parallelismo che troviamo è quello stabilito da Díaz-
Varela, che mette in relazione la moglie di Chabert e Luisa:
36
racconto originale, la vedova di Chabert emerge in tutta la sua
negatività: è una donna spietata e profittatrice, nei confronti della
quale il lettore non può provare alcuna empatia. Attraverso il pensiero
di Díaz-Varela, tuttavia, tendiamo a sovrapporla a Luisa e possiamo
quindi osservarla in una fase della sua vita che non è descritta da
Balzac, ossia nei giorni del lutto per la morte del marito:
110
Ivi, pp. 157-158.
37
perturbar el universo que no sabe ni puede rectificar y que por tanto
continuó sin él.111
Le due figure sono accostate dalla narratrice anche per il fatto che
nessuno ha indagato seriamente sul loro stato fisico. María, infatti,
sospetta che il medico che aveva fatto l’autopsia su Deverne non si
fosse preso la briga di verificare se nel suo corpo, già prima delle
pugnalate, albergasse un male incurabile; allo stesso modo, due secoli
prima, «dos cirujanos negligentes»112 non si erano curati di tastare il
polso di Chabert, travolto dall’esercito, benché ne avessero ricevuto
l’ordine da Napoleone in persona.
Tuttavia, all’accostamento Chabert–Deverne María oppone una
lettura differente, che porta ad associare il colonnello piuttosto a Díaz-
Varela. Infatti, sebbene l’uno fosse una «víctima de la guerra, de la
negligencia, de la burocracia y de la incomprensión»113, mentre l’altro
«había perturbado gravemente el universo con su crueldad, su egoísmo
tal vez estéril y su descomunal frivolidad»114, sono entrambi uomini in
attesa che una donna si (r)innamori di loro. Anche Díaz-Varela ha
dunque un aspetto spettrale:
111
Ivi, pp. 246-247.
112
Ivi, p. 359.
113
Ivi, p. 247.
114
Ibidem.
115
Ibidem.
38
Una volta stabilita questa analogia inaspettata, María cerca di
immaginare i pensieri dell’uno e dell’altro, che di conseguenza si
assomigliano («los dos debían de pensar algo parecido, algo que les
daba fuerza y los sostenía en su espera y les impedía rendirse»)116. Il
parallelismo è sottolineato attraverso la corrispondenza formale e
linguistica dei due soliloqui. Entrambi sono chiaramente divisi in due
parti. Nella prima, che è caratterizzata dall’anafora «No puede ser»117
(la quale ricorre due volte nel soliloquio di Chabert e quattro in quello
di Díaz-Varela), si ripercorrono le improbabili peripezie che li hanno
visti protagonisti; nella seconda, si immagina un destino infelice
(Chabert non accolto dalla moglie, Díaz-Varela smascherato da Luisa)
che viene però scartato come possibilità perché non appare essere il
logico punto di arrivo di un percorso tanto tortuoso. Anche in questa
seconda parte si assiste alla ripresa di un’uguale anafora: «Qué sentido
tendría»118.
Al di là delle evidenti somiglianze, dai due testi emerge però
anche la sostanziale differenza tra i due personaggi: Chabert è infatti
ritratto come una figura passiva, una vittima, Díaz-Varela invece come
un agente, un colpevole, come si evince chiaramente dai due incipit:
[Chabert] No puede ser que haya pasado por lo que he pasado, que
me hayan matado un sablazo en el cráneo y los cascos al galope de
infinitos caballos […].119
116
Ivi, p. 248.
117
Ivi, p. 248 e p. 249.
118
Ivi, p. 249 (due volte) e p. 251 (due volte).
119
Ivi, p. 248.
120
Questa espressione ricorda la figura etimologica shakespeariana “I have done
the deed” (Macbeth, scena II, atto II), più volte citata in Corazón tan blanco sia nella
forma inglese (CTB, pp. 174, 175, 310, 313, 365) che in traduzione spagnola «he
39
Un ulteriore elemento che lega Los enamoramientos a Le Colonel Chabert
sono le somiglianze nel finale. Entrambe le opere, infatti, si
concludono con una riflessione sul tema dell’impunità122. Le Colonel
hecho el hecho» (CTB, pp. 174, 310, 365). L’espressione compare anche in Veneno
y sombra y adíos (TRM3, p. 104).
121
LE, p. 249.
122
Come si accennava in § 1, al momento di promuovere Los enamoramientos, ancor
prima della pubblicazione, l’autore aveva indicato l’impunità come uno dei temi
centrali dell’opera. Si leggano, ad esempio, questi estratti dal discorso tenuto a
gennaio 2011 in occasione della consegna del premio Nonino a Ronchi di Percoto
(poi pubblicati sotto forma di articolo su El País. Javier Marías, La plaga de la
impunidad, «El País», 27/2/2011, http://elpais.com/diario/2011/02/27/eps
/1298791619_850215.html. (ultima consultazione: 20/6/2013): «credo che il
carattere più scuro di questo romanzo […] abbia a che fare con un’altra questione,
l’impunità che sempre impera nel mondo» (Marías, Innamoramento e impunità, cit., p.
21); «La sensazione che l’impunità dòmini è inevitabile nelle nostre società e ciò le
conduce, in maniera graduale ma indefettibile, ad avere sempre maggiore
tolleranza nei confronti di essa» (ivi, p. 22). Si veda poi quest’altra dichiarazione
rilasciata durante un’intervista per un giornale italiano: «Penso che la mia
letteratura non sia mai sordida, ma i miei romanzi sono desolati, molto pessimisti,
e quello che ho appena terminato lo è più di tutti. Questi sono tempi bui, che non
invitano a essere ottimisti. […] Siamo in un tempo di impunità; si penserebbe che
l’applicazione della giustizia dovrebbe essere sempre progressiva, invece si ha la
sensazione che non ci si possa aspettare che l’impunità» (Mario Turello, Marías:
circondati dal buio è il tempo delle impunità, «Messaggero veneto», 30/1/2011,
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2011/01/30/news/marias-
circondati-dal-buio-e-il-tempo-delle-impuni-ta-1.47709 (ultima consultazione:
20/7/2013). Queste considerazioni di Marías (e probabilmente ancor di più, in
quanto peritesto, la quarta di copertina delle edizioni spagnole che recita: «[…] Los
enamoramientos es también un libro sobre la impunidad […]») sono state accolte
come una delle principali chiavi di lettura del romanzo, come risulta evidente dai
titoli di alcune recensioni: Javier Marías explora el amor y la impunidad en Los
enamoramientos Del amor a la impunidad, Enamoramientos, la impunidad. In realtà, le
riflessioni intorno a questo tema non occupano che uno spazio marginale
all’interno dell’opera e risultano, a nostro avviso, secondarie rispetto ad altre
questioni, come la colpa e il peso della conoscenza, tra l’altro più tipiche della
poetica dell’autore. Inoltre, dal romanzo non emerge una condanna altrettanto
chiara dell’atteggiamento omertoso della narratrice. A questo proposito Marías,
interpellato da una lettrice che, memore del comportamento del padre di Deza nei
confronti dell’amico traditore in Tu rostro mañana, gli chiese se nel libro si
spiegassero le ragioni per cui non si possa accettare l’impunità, dichiarò: «No, en el
libro no se explica nada de eso, porque las novelas, a diferencia de los artículos, no
juzgan o no deben juzgar, no dan lecciones de moral ni de nada. Sólo plantean
cuestiones, para las que a menudo no hay respuesta clara» (Entrevistas digitales. Los
internautas preguntan a Javier Marías, 11/4/2011, http://www.elpais.com/edi-
gitales/entrevista.html?id=7920, ultima consultazione: 24/7/2013).
40
Chabert si chiude con il monologo dell’avvocato Derville123, il quale si
era fatto carico della sorte del colonnello, sperando di riuscire ad
aiutarlo. L’uomo di legge descrive un mondo pieno di crimini
raccapriccianti che si ripetono identici ancora e ancora, senza che la
giustizia possa smascherarli od opporvisi («Je ne puis vous dire tout ce
que j’ai vu, car j’ai vu des crimes contre lesquels la justice est
impuissante»)124. Egli non ha alcuna fiducia in un possibile
cambiamento; la sua soluzione personale sarà quella di allontanarsi
dalla corruzione per fuggire in campagna, luogo che rappresenta un
idillio di incorrotta innocenza.
Una scelta simile, di rinuncia e inattivismo, è quella adottata da
María, che decide di tacere e non denunciare la probabile colpevolezza
di Díaz-Varela. La narratrice si autogiustifica, da un lato,
riconoscendosi una debolezza arrecata dallo strascico
dell’innamoramento e, dall’altro, affermando ― con una sfiducia verso
la giustizia che ricorda quella dell’avvocato ― che: «[…] algunos
hechos civiles, si es que no la mayoría, se quedan sin registrar,
ignorados, como es la norma»125. Derville è tra l’altro ricordato anche
esplicitamente:
123
Vedi infra, n. 158, per la sua trascrizione completa.
124
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333.
125
LE, p. 401.
126
Ivi, pp. 397-398.
41
Nel finale, c’è anche un altro riferimento che rinforza il legame con
l’opera di Balzac e crea un elemento di circolarità all’interno del
romanzo. Si tratta di una citazione del monologo in cui il colonnello
Chabert racconta le sue disavventure dopo la battaglia (il passo era già
stato precedentemente introdotto da Díaz-Varela)127:
127
Ivi, p. 156.
128
Ivi, pp. 400-401.
129
Iriarte, “Cito a menudo para mis adentro”, cit., p. 304.
130
Nel romanzo si insinua questa possibilità («No sé» dice María «si es que lo veía
todo a la misma luz o si se buscaba textos literarios e históricos que apoyaran sus
argumentos y acudieran en un ayuda (quizá lo orientaba Rico, hombre de saber
inmenso, aunque por lo que yo sé es tarea vana intentar sacar a este desdeñoso
erudito del Renacimiento y la Edad Media, ya que nada de lo habido y sucedido
después de 1650 le merece por lo visto respeto, incluida su propia existencia)»,
42
cerca di incuriosirci, di farci appassionare alle vicende del colonnello,
salvo poi frustrarci con ampie omissioni, cosicché saremo spinti a
seguire l’esempio di María e a procurarcene una copia:
LE, pp. 154-155), che viene confermata dallo stesso Rico in un suo articolo (cfr.
Francisco Rico, La cultura del texto, «Babelia», 11/6/2011, http://elpais.com-
/diario/2011/06/11/babelia/1307751135_850215.html, (ultima consultazione
20/6/2013).
131
LE, pp. 178-179.
132
Ivi, pp. 165-166.
133
Ivi, p. 166.
43
Questa riflessione è particolarmente importante: attraverso il
personaggio di Díaz-Varela, Marías ci spiega quale uso fa delle fonti e
quali sono le ragioni che lo spingono a utilizzarle. Oltre a questo,
confessa quale sia la traccia che spera di lasciare nel lettore anche con
la propria narrativa.
Díaz-Varela non soddisfa quindi la curiosità di María e,
attraverso un’ampia ellissi, passa a descrivere la scena in cui il
colonnello incontra la contessa. Poi María lo incalza ancora: «¿Y así lo
hizo? ¿Abandonó el campo y se dio por vencido? ¿Se volvió a su fosa,
se retiró?»134 e lui di nuovo ribatte «Ya lo leerás»135. Sebbene
successivamente citi il monologo che chiude l’opera, non chiarirà cosa
sia successo al colonnello, pur lasciando intuire che per lui non ci sia
un lieto fine (e in effetti Chabert resterà emarginato dalla società e l’ex-
moglie riuscirà a mantenere integri la sua nuova famiglia e il suo
patrimonio).
Un altro espediente che Marías usa per promuovere questo testo
è quello di fornire informazioni curiose sulla sua genesi e diffusione,
come il fatto che ne siano state tratte tre versioni cinematografiche136 o
che, sebbene fosse stata scritta nel 1832, la conversazione che lo
conclude è ambientata nel 1840, ossia, relativamente parlando, nel
futuro, «como si [Balzac] supiera a ciencia cierta que nada iba a
cambiar, no ya en los siguientes ocho años sino jamás»137.
134
Ivi, p. 168.
135
Ibidem.
136
Cfr. ivi, p. 175. In realtà, ne sono state girate cinque: del 1911 la prima versione
francese di André Calmettes e Henri Pouctal, del 1920 la versione italiana di
Carmine Gallone, del 1932 la versione tedesca di Gustav Ucicky, del 1943 la
seconda versione francese di René le Hénaff e del 1994 la terza versione francese
di Yves Angelo.
137
Ivi, p. 173.
44
L’autore decide di seguire il testo fedelmente, riproducendo
attraverso citazioni puntuali anche dettagli marginali, invece di
riassumerlo e riportarlo in una forma più snella. Si confrontino ad
esempio le due versioni di uno stesso passo, il quale, detto per inciso,
non ha nessuna funzione dal punto di vista dell’avanzamento della
trama (con il corsivo si intendono sottolineare le corrispondenze
testuali, che non si limitano a quelle segnalate da Marías con le
virgolette):
45
cree estar muerto, se da cuenta de que está vivo, y con muchas
dificultades y suerte logra salir de esa pirámide de fantasmas después
de haber pertenecido a ellos quién sabe durante cuántas horas y de
haber oído, o creído oír, como dice —y aquí Díaz-Varela abrió el librito y
buscó una cita, las debía de tener señaladas y tal vez por eso lo había
cogido, para ofrecerme alguna de vez en cuando—, ‘gemidos lanzados
por el mundo de cadáveres en medio del cual yo yacía’; y añade que aún ‘hay
noches en que creo oír esos suspiros ahogados’.140
140
LE, p. 156, corsivo mio.
141
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 315, corsivo mio.
142
LE, p. 168, corsivo mio.
143
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 312, corsivo mio.
46
testo, rendendolo il più autonomo possibile dal contenitore che gli
offre e riducendo lo schermo che frappone fra l’originale e i lettori. In
secondo luogo, traducendo alcuni passi dell’opera vuole respingere la
cattiva versione di Joaquín García Bravo, risalente al 1903, attraverso
cui il romanzo breve di Balzac è stato diffuso in Spagna («Te presto el
libro si quieres» dice Díaz-Varela a María «¿o no lees francés? La
traducción que hay por ahí es mala»)144. Osserviamo come due degli
esempi di traduzione che abbiamo già ricordato perfezionino la
versione spagnola precedente, proponendo una forma più fedele
all’originale francese:
47
[García Bravo] «El convencimiento de mis derechos me mata»153
152
LE, pp. 168-169.
153
Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit.
154
Cfr. Rico, La cultura del texto, cit.
155
Cfr. infra, § 4.2.
156
LE, p. 167, corsivo dell’autore. Questa citazione di Balzac ricorre altre volte nel
romanzo (cfr., LE, pp. 274, 347, 362) contribuendo a creare coesione nell’opera.
157
LE, p. 172.
158
«Le dice a su antiguo empleado Godeschal, que ahora se va a estrenar como
abogado: ‘¿Sabe usted, querido amigo, que en nuestra sociedad existen tres
hombres, el Sacerdote, el Médico y el Hombre de justicia, que no pueden estimar
el mundo? Tienen vestimentas negras, quizá porque llevan el duelo de todas las
virtudes, de todas las ilusiones. El más desgraciado de los tres es el abogado’.
Cuando la gente acude al sacerdote, le explica, lo hace con remordimiento, con
arrepentimiento, con creencias que la engrandecen y le confieren interés, y que en
cierto modo consuelan el alma del mediador. ‘Pero nosotros los abogados’ —y
aquí Díaz-Varela me leyó en español de la última página de la novela, traduciendo
sobre la marcha sin duda, no es que se hubiera preparado una versión—,
‘nosotros vemos repetirse los mismos sentimientos malvados, nada los corrige,
nuestros bufetes son cloacas que no se pueden limpiar. ¡De cuántas cosas no me
he enterado al desempeñar mi cargo! ¡He visto morir a un padre en un granero,
sin blanca, abandonado por dos hijas a las que había donado cuarenta mil libras de
48
ancora più evidente il processo di scomparsa del testo citante a favore
di quello citato). In particolare, è interessante la parte che dice: «He
visto a mujeres darle al niño de un primer lecho gotas que debían
traerle la muerte, a fin de enriquecer al hijo del amor»159. Quando
María legge autonomamente lo scritto di Balzac, si accorge che Díaz-
Varela pronunciando quella frase era incorso in un errore di
traduzione, forse involontario o forse deliberato «para cargarse aún
más de razón»160. Infatti, nell’originale francese si legge: «J’ai vu des
49
femmes donnant à l’enfant d’un premier lit des goûts qui devaient
amener sa mort»161, non «des gouttes».
Questo episodio rappresenta un’importante riflessione
metaletteraria sull’uso della fonte in Marías: l’autore, come il suo
personaggio, manipola i testi che sceglie di citare, attribuendo loro
significati che non avevano in origine. Ciò può avvenire sia in maniera
smaccata come in questo caso, cioè con una modifica linguistica
facilmente verificabile, che in modo più sottile, quando il testo è
riportato fedelmente ma in un contesto che ne altera il significato.
Emblematico, in questo senso, è il caso delle citazioni shakespeariane
che l’autore sceglie come titoli per i suoi romanzi o racconti: esse,
presentate isolate dal loro contesto, si mostrano in tutta la loro
misteriosa ambiguità, prestandosi ad essere interpretate in sensi lontani
da quello che avevano nella fonte.
In Corazón tan blanco, in particolare, possiamo osservare una
deformazione della fonte molto simile a quella operata da Díaz-Varela.
La canzone cubana citata nel romanzo, infatti, presenta – oltre ad
alcune variazioni “innoque” e frequenti nelle canzoni (l’omissione di
un verso, qualche sostituzione sinonimica) – una «transformación
difícilmente explicable»: la parola negra è sostituita con suegra con
l’unico scopo di rendere il riferimento intertestuale più calzante alla
storia narrata162.
Ne Los enamoramientos, Marías ci avverte anche in altre occasioni
che sta reinterpretando e utilizzando le fonti a suo piacimento:
161
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333. La frase è riportata anche da Marías, cfr.
LE, p. 181.
162
Cfr. Gómez López, El fenómeno de la traducción (inglés-español) como falsificación del
lenguaje en Corazón tan blanco, cit., pp. 125-126.
50
Desde luego tenía labia y a mí me encantaba escucharlo, me hablara
de lo que me hablara y aunque me relatase una historia vieja de Balzac
que yo podría leer por mi cuenta, no por él inventada, seguramente sí
interpretada o tal vez tergiversada.163
163
LE, p. 159. Cfr. con MBM, p. 176: «las historias no pertenecen sólo al que
asiste a ellas o al que las inventa, una vez contadas ya son de cualquiera, se repiten
de boca en boca y se tergiversan y tuercen»; NET, p. 17: «por el mero hecho de
contar [lo sucedido] ya lo está deformando y tergiversando» (le distorsioni
interessano ogni narrazione).
164
Rico, La cultura del texto, cit.
165
Come scrive Genette «La dedica di un’opera pubblica implica sempre
dimostrazione, ostentazione, esibizione: essa mostra una relazione, intellettuale o
privata, reale o simbolica, e questa esibizione è sempre al servizio dell’opera, come
argomento di valorizzazione o tema di discussione» (Gérard Genette, Soglie. I
dintorni del testo, Einaudi, Torino, 1989, p. 132). In questo caso specifico, essa
sembra fungere da legame intertestuale che collega ulteriormente Los
enamoramientos all’edizione Redonda de Le Colonel Chabert.
166
In spagnolo nell’originale.
51
[…] convencí a Eugeni de que preparásemos a toda prisa una
edición de El Coronel Chabert, con traducción nueva y muy buena (la
más reciente era en efecto malísima), y le añadimos tres cuentos más
de Balzac para conseguir un volumen con lomo, ya que esa obra es
bastante breve, lo que en francés llaman nouvelle. A los pocos meses
estaba en las librerías y yo me deshice así de su sombra, sacándola a
la luz en mi lengua en las mejores condiciones.167
167
LE, pp. 387-388.
168
Durante un incontro che ebbe luogo il 28 aprile 2011 presso l’Istituto
Cervantes di Madrid per promuovere Los enamoramientos, Marías a proposito di
questa traduzione dichiarò: «se me ocurrió que, tal vez, algunos lectores, pocos
probablemente, de esta novela sentieran algo de curiosidad por leer la novelita de
Balzac de la cual hablan los personajes en un momento dado y, como la
traducción preexistente a la que he sacado yo ahora era francamente mala, desde
mi punto de vista, […] me pareció buena idea [reeditarla]» (il video dell’intervista è
disponibile all’indirizzo di rete: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-
con-javier-marias/, ultima consultazione: 20/7/2013. La trascrizione è mia).
169
Si tratta di un volume curato da Marías per celebrare il centenario della nascita
di Faulkner. Include la traduzione di dodici poesie facenti parte di A Green Bough e
un commento. Javier Marías, Si yo amanecería otra vez. William Faulkner: un
entusiasmo, Alfaguara, Madrid, 1997.
170
Javier Marías, Genios a merced de mindundis, in DTS, p. 252.
52
edizione del romanzo una copia de Le Colonel Chabert (edizione
Alfaguara, non Redonda, ma sempre nella traduzione di Mercedes
López-Ballesteros). La fascetta sulla copertina recitava queste parole,
abbastanza ambigue (ma, d’altronde, «da dimenticare una volta fatto il
loro effetto»171): «De regalo, El coronel Chabert, personaje clave de Los
enamoramientos»172.
Riprendendo le fila del nostro discorso, sembra interessante
andare a osservare se nella sua edizione Marías trovi spazio per
accogliere quella che Rico definisce «una conjectura, del tipo que se
consigna en un aparato crítico»173, ma, in effetti, non è così. La
traduzione di Mercedes López-Ballesteros segue la tradizione del testo
e all’ipotesi dell’emendamento non si fa accenno neanche in nota
(d’altra parte, non si tratta di un’edizione critica). Tuttavia, c’è un
legame che unisce Los enamoramientos alla nuova edizione de Le Colonel
Chabert. Quando María si accorge dell’errore di traduzione di Díaz-
Varela, commenta:
171
Così parla della funzione delle fascette promozionali Genette in Genette, Soglie,
cit., p. 29.
172
Vedi http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/11/23/el-coronel-chabert-
de-regalo-con-los-enamoramientos/ (ultima consultazione: 20/7/2013). Un’altra
edizione ancora della traduzione della López-Ballesteros è stata pubblicata da
Debolsillo nel 2013 (http://javiermariasblog.wordpress.com/2013/05/24/reino-
de-redonda-en-debolsllo-el-coronel-chabert/, ultima consultazione: 20/7/2013).
173
Cfr. Rico, La cultura del texto, cit.
174
LE, p. 181, corsivo dell’autore.
53
Vediamo che la López-Ballesteros accoglie questo suggerimento nella
sua versione: «He visto a mujeres inculcar al hijo de un primer lecho
aficiones que le ocasionarían la muerte, para enriquecer al hijo de un
amor»175, correggendo la traduzione di García Bravo, dove si leggeva:
«He visto madres que daban todos los gustos al hijo habido en el
primer matrimonio, para acarrearle la muerte y poder enriquecer al
hijo del amor»176.
La traduzione della López-Ballesteros emenda anche un altro
sostanzioso errore della precedente, ripristinando il finale originale.
Nella versione di García Bravo, infatti, l’opera si conclude con il
monologo di Derville, ma a questo seguirebbe un’ultima battuta:
«―J’en ai déjà bien vu Desroches, répondit Godeschal»177. Non
sappiamo perché questa parte sia stata espunta da García Bravo, ma lo
stesso Marías, attraverso le parole di Díaz-Varela, ci offre una
possibile giustificazione estetica:
175
Honoré de Balzac, El coronel Chabert, in El coronel Chabert seguido de El verdugo, El
elixir de larga vida y la obra maestra desconocida, traducción de Mercedes Lopéz-
Ballesteros, Reino de Redonda, Barcelona, 2011, p. 105.
176
Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit. (corsivo
mio).
177
Id., Le Colonel Chabert, cit., p. 333.
178
LE, p. 173.
54
permette di identificarla con l’edizione della casa editrice J’Ai Lu del
2004:
179
Ivi, p. 175.
180
Vedi fig. 1. È curioso notare che Jean Rouaud, autore francese coetaneo di
Marías, cita in uno dei suoi libri il romanzo breve di Balzac, commentando
l’immagine di copertina, anche in questo caso di Géricault: «Bien à l’abri, bien au
chaud, vous lisez “Le Colonel Chabert”. Vu la couverture illustrée d’un cavalier de
Géricault, il s’agit sans doute d’une version abrégée pour la jeunesse, mais, quand
vous douterez d’avoir été un lecteur précoce, vous vous rappellerez qu’une raison
plus impérieuse que l’ennui vous fit interrompre, le lendemain de Noël de vos
onze ans, la lecture d’un roman de Balzac» (Jean Rouaud, Des hommes illustres,
Editions de Minuit, Parigi, 1993, p. 109). Si tratta in questo caso del quadro più
famoso, il quale è stato più volte usato come copertina per il romanzo, ad esempio
dalla casa editrice Seine nel 1993.
181
«abrió el librito y buscó una vita, las debía de tener señaladas y tal vez por eso
lo había cogido, para ofrecerme alguna de vez en cuando» (LE, p. 156), «buscó
otra cita en el pequeño volumen, aunque esta era tan corta que por fuerza se la
tenía que saber de memoria» (ivi, p. 167), «rebuscó entre las páginas hasta dar con
la cita» (ivi, p. 169), «me leyó en español de la última página de la novela» (ivi, p.
172). A volte cita anche a memoria: «citó esta vez de memoria y se paró, quizá
porque no recordaba más, quizá porque no tenía objeto seguir» (ivi, p. 175).
55
3.3 Les Trois Mousquetaires di Alexandre Dumas
Il meccanismo di presentazione di quest’opera all’interno de Los
enamoramientos è simile a quello adottato per Le Colonel Chabert: uno dei
personaggi (in questo caso María) ne ripercorre parte della trama in
maniera dettagliata, anche attraverso l’uso di citazioni testuali riportate
in traduzione o in lingua originale. Anche in questo caso, dunque, il
testo citante tende a scomparire a favore del testo citato.
Come si può facilmente immaginare considerandone la mole, di
questo romanzo non viene riproposto che un episodio, quello che
narra le vicende di Athos e Milady raccontate nei capitoli La femme
d’Athos (XXVII), Scène conjugale (XLV), Le jugement (LXV) e L’exécution
(LXVI). La fonte è utilizzata in maniera complessa e ambivalente,
come si avrà modo di mostrare, e offrirà spunti per riflessioni sui temi
della punizione e della colpa, ma anche sulle presenze fantasmali.
Il primo riferimento a questo testo compare nella terza parte del
romanzo, ossia in una fase già avanzata, quando María si trova a
temporeggiare cercando il coraggio di presentarsi a casa di Díaz-Varela
dove questi l’ha invitata perché desidera parlarle («Tengo que
consultarte algo urgente»)182; María, a ragione, teme che si tratti della
conversazione con Ruibérriz che aveva origliato e si interroga su quale
dovrebbe essere la sua condotta.
182
LE, p. 260.
183
Ivi, p. 266.
56
È a questo punto che si ricorda de Les Trois Mousquetaires e di Athos
che le offre un modello di integrità e coerenza, rappresentando la
forza della giustizia che riesce a piegare quella dell’innamoramento. In
particolare, ciò che le torna in mente è una citazione in francese, che
suo padre amava recitare di tanto in tanto «sin venir mucho a
cuento»184, poiché ne apprezzava «el ritmo, la sonoridad y la concisión
de las frases»185. Marías non fa riproporre alla sua narratrice la frase
fuori contesto, ma, venendo incontro al lettore, descrive l’intero
episodio da cui è tratta. Lo fa con ricchezza di dettagli e citazioni,
anche in lingua originale (ma sempre accompagnate da una
traduzione).
Trascriviamo il brano, inserendo in nota la versione francese,
dove si sono evidenziate in corsivo le frasi riportate testualmente:
confrontandole con le parti virgolettate de Los enamoramientos ci
rendiamo conto immediatamente che, nell’ultima parte del riassunto
della scena, Marías cita così tanto che la sua versione tende a diventare
una traduzione dell’originale; lo sforzo di sintesi è ridotto al minimo e
i due testi finiscono sostanzialmente per coincidere:
57
verdugos señalaban para siempre a las prostitutas y a las ladronas o a
las criminales en general, no lo sé. ‘El ángel era un demonio’,
sentencia Athos. ‘La pobre muchacha había robado’, añade un poco
contradictoriamente. D’Artagnan le pregunta qué hizo el Conde, a lo
que su amigo responde con sucinta frialdad (y esta era la cita que
repetía mi padre y de la que yo me acordé): ‘Le Comte était un grand
seigneur, il avait sur ses terres droit de justice basse et haute: il acheva de déchirer
les habits de la Comtesse, il lui lia les mains derrière le dos et la pendit à un
arbre’. O lo que es lo mismo: ‘El Conde era un gran señor, tenía sobre
sus tierras derecho de justicia baja y alta: acabó de desgarrar las ropas
de la Condesa, le ató las manos a la espalda y la colgó de un árbol’.
[…] D’Artagnan se horroriza y exclama: ‘¡Cielos! ¡Athos! ¡Un
asesinato!’. A lo que Athos responde misteriosa o más bien
enigmáticamente: ‘Sí, un asesinato, no más’, y a continuación pide más
vino y jamón, dando así por concluido el relato. 186
186
LE, pp. 266-269, corsivo dell’autore. Questo il passo corrispondente
dell’originale: «―Qu’il soit fait donc comme vous le désirez. Un de mes amis, un
de mes amis, entendez-vous bien! pas moi, dit Athos en s’interrompant avec un
sourire sombre; un des comtes de ma province, c’est-à-dire du Berry, noble
comme un Dandolo ou un Montmorency, devint amoureux à vingt-cinq ans d’une
jeune fille de seize, belle comme les amours. À travers la naïveté de son âge perçait un
esprit ardent, un esprit non pas de femme, mais de poète; elle ne plaisait pas, elle
énivrait; elle vivait dans un petit bourg, près de son frère qui était curé. Tous deux
étaient arrivés dans le pays: ils venaient on ne savait d’où; mais en la voyant si
belle et en voyant son frère si pieux, on ne songeait pas à leur demander d’où ils
venaient. Du reste, on les disait de bonne extraction. Mon ami, qui était le
seigneur du pays, aurait pu la séduire ou la prendre de force, à son gré, il était le
maître; qui serait venu à l’aide de deux étrangers, de deux inconnus?
Malheureusement il était honnête homme, il l’épousa. Le sot, le niais, l’imbécile!
―Mais pourquoi cela, puisqu’il l’aimait? demanda d’Artagnan.
―Attendez donc, dit Athos. Il l’emmena dans son château, et en fit la première
dame de sa province; et il faut lui rendre justice, elle tenait parfaitement son rang.
―Eh bien? demanda d’Artagnan.
―Eh bien, un jour qu’elle était à la chasse avec son mari, continua Athos à voix
basse et en parlant fort vite, elle tomba de cheval et s’évanouit; le comte s’élança à
son secours, et comme elle étouffait dans ses habits, il les fendit avec son
poignard et lui découvrit l’épaule. Devinez ce qu’elle avait sur l’épaule,
d’Artagnan? dit Athos avec un grand éclat de rire.
―Puis-je le savoir? demanda d’Artagnan.
―Une fleur de lis, dit Athos. Elle était marquée!
Et Athos vida d’un seul trait le verre qu’il tenait à la main.
―Horreur! s’écria d’Artagnan, que me dites-vous là?
―La vérité. Mon cher, l’ange était un démon. La pauvre fille avait volé.
―Et que fit le comte?
―Le comte était un grand seigneur, il avait sur ses terres droit de justice basse et haute: il acheva
de déchirer les habits de la comtesse, il lui lia les mains derrière le dos et la pendit à un arbre.
―Ciel! Athos! un meurtre! s’écria d’Artagnan.
58
Notiamo inoltre che, come aveva già fatto anche per tradurre alcune
frasi del Macbeth187 e de Le Colonel Chabert, Marías propone una serie di
varianti per rendere in spagnolo l’espressione ‘belle comme les
amours’ che diventa ‘bella como los amores’, o ‘como los amoríos’, o
‘como los enamoramientos’. La frase è meno enigmatica di quelle di
Shakespeare e Balzac e non sembra giustificare tutta questa incertezza.
Le oscillazioni in questo caso non sono dovute all’oscurità dell’autore
citato, ma alla polisemia del termine amour e alla non perfetta
coincidenza dei significati ad esso connessi, neanche con i suoi
corrispettivi nelle lingue romanze. In particolare, sotto amour ricade
anche lo spagnolo enamoramiento, per mancanza di un più perfetto
corrispondente. In un altro punto del romanzo Díaz-Varela riflette su
queste differenze:
―Oui, un meurtre, pas davantage, dit Athos pâle comme la mort. Mais on me laisse
manquer de vin, ce me semble» (Alexandre Dumas, Les Trois Mousquetaires,
Gallimard, Saint-Amand (Cher), 1962, pp. 337-338).
187
Cfr. infra, § 4.2.
188
LE, pp. 307-308.
189
«L’idea che si possa fare a meno di qualcuno che ci appare indispensabile, e
amare oltre, andare oltre. Prendo in prestito un romanzo di Balzac, per dirlo. Ma
anche I tre moschettieri, il titolo viene da lì», Javier Marías intervistato da Concita de
Gregorio, Javier Marías e la legge del desiderio, cit.
59
francese il titolo sia stato tradotto Comme les amours, probabilmente per
venire incontro a questa volontà dell’autore190.
Per quanto riguarda invece la frase amata dal padre di María,
essa, come nota César Pérez Gracia, suscita un’eco della ballata Lord
Randall191. Questa canzone popolare scozzese, si ricorderà, dà il titolo a
un racconto di Marías (La canción de Lord Rendall) pubblicato per la
prima volta sotto lo pseudonimo di James Ryan Denham nella
raccolta Cuentos únicos e, in seguito, all’interno di Mientras ellas
duermen192. In entrambi i volumi, esso è accompagnato da una falsa
biografia dello pseudo-autore inglese nella quale si spiega anche il
titolo dell’opera:
190
L’autore aveva scelto anche il titolo della versione francese di Todas las almas
(Roman d’Oxford) (cfr. Javier Marías, Quién escribe, in LYF).
191
Cfr. César Pérez Gracia, Las fullerías del amor, «Heraldo», 7/4/2011,
http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/page/2/ (ultima consultazione:
25/7/2013).
192
Recentemente il racconto è stato pubblicato anche in AA. VV, Antología
universal del relato fantástico, Edición y prólogo de Jacobo Siruela, Atalanta, Vilaür,
2013.
193
MED, p. 110.
60
comune con il romanzo breve di Balzac194, poiché tratta di un uomo,
Tom Booth, che torna dalla moglie dopo la guerra e si rende conto di
essere stato sostituito da un individuo con le sue stesse sembianze:
un’altra storia, dunque, di presenze fantasmali e sostituzioni.
Tuttavia, la frase su cui María insiste di più non è quella che le fa
riaffiorare il ricordo della lettura di Les Trois Mousquetaires, ma è la
risposta che Athos dà a d’Artagnan (‘Sí, un asesinato, no más’), che
ripete poco più avanti, citando questa volta la versione originale
francese. La narratrice immagina anche altre possibili risposte che
avrebbero potuto essere date da Athos, in qualche modo ampliando i
confini della fonte, attraverso un meccanismo in parte affine a quello
che genera anche le citazioni shakespeariane contraffatte195. Se in quel
caso, però, l’autore aveva rielaborato, fino a farla diventare il suo
contrario, una singola frase (“He should have died hereafter” che diventa
“He should have died yesterday”), questa volta plasma un’intera situazione:
194
Non riteniamo comunque che sia lecito considerare Le Colonel Chabert una fonte
d’ispirazione per il racconto poiché, da Los enamoramientos e dal suo paratesto,
sembra evincersi che per l’autore questa lettura sia stata una scoperta recente.
195
Vedi infra, § 4.2.
196
LE, p. 269.
61
moschettiere e vorrebbe riuscire a comportarsi con altrettanta durezza
nei confronti di Díaz-Varela:
197
Ivi, pp. 268-269.
198
Vedi ivi, p. 310 e p. 350.
199
Ivi, p. 310.
200
Cfr., Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., p. 130.
62
La risposta del moschettiere costituisce inoltre un’altra
raffigurazione dell’impossibilità e dell’inutilità di opporsi ai mali del
mondo, che era stata già descritta anche attraverso le parole
dell’avvocato Derville. Le due fonti vengono esplicitamente accostate
dall’autore, come emerge dal frammento seguente:
Admite que fue un asesinato, sí, pero ‘no más’, sólo eso y no otra cosa
más execrable, como si el asesinato no fuera lo peor concebible o
fuese algo tan común y corriente que ante ello no cupieran el
escándalo ni la sorpresa, en el fondo lo mismo que opinaba el
abogado Derville que tomó a su cargo el caso del muerto vivo que
debió seguir muerto, el viejo Coronel Chabert, y que, como todos los
de su oficio, veía ‘repetirse los mismos sentimientos malvados’ sin que
nada los corrigiera, sus bufetes convertidos en ‘cloacas que no se
pueden limpiar’.201
Un altro collegamento tra fonti diverse è stabilito anche più avanti per
riprendere la narrazione delle vicende di Athos e Milady,
ricominciando dal capitolo XLV. In questo caso la narratrice accosta
l’opera di Balzac a quella di Dumas individuando un elemento
condiviso nelle trame (il ritorno di una persona creduta morta),
201
LE, p. 269.
202
Vedi infra § 4.2.
203
Ivi, p. 268.
63
presentato però in due maniere assai distinte, anche in risposta alle
differenti esigenze di pubblico.
204
Ivi, pp. 271-272.
205
Cesare Segre, descrivendo le teorie sul dialogismo di Batchtin, in Cesare Segre,
Teatro e romanzo, Einaudi, Torino, 1984, p. 104. L’immagine del giglio ricorrerà
ancora nel romanzo fuori dal contesto de Les Trois Mousquetaires: cfr. LE, p. 282 e
p. 400 (due volte).
64
novela de Dumas comete unos cuantos más, convirtiéndose
posiblemente en el personaje femenino más malvado, venenoso e
inmisericorde de la historia de la literatura, imitado luego hasta la
saciedad. En un capítulo irónicamente titulado ‘Escena conyugal’, se
produce el encuentro entre Athos y ella, que tarda unos segundos en
reconocer con un estremecimiento a su antiguo marido y verdugo, a
quien también daba por muerto, como él a su amadísima esposa con
bastante más razón. ‘Os cruzasteis ya en mi camino’, le dice Athos,
algo así, ‘creía haberos fulminado, Madame; pero, o bien me
equivocaba o el infierno os ha resucitado’. Y añade, respondiendo a
su propia duda: ‘Sí, el infierno os ha hecho rica, el infierno os ha dado
otro nombre, el infierno casi os ha reconstruido otro rostro; pero no
os ha borrado las manchas del alma ni la mancilla de vuestro cuerpo’.
Y poco después viene la cita de la que me acordé, en mi camino hacia
Díaz-Varela por última o penúltima vez: ‘Me creíais muerto, ¿no es
así?, como os creía yo muerta a vos. Nuestra posición es en verdad
extraña; el uno y el otro hemos vivido hasta ahora tan sólo porque
nos creíamos muertos, y porque un recuerdo molesta menos que una
criatura, aunque a veces un recuerdo sea algo devorador’.206
206
LE, pp. 271-273. Questo il passo corrispondente tratto dal romanzo: «―Vous
êtes donc un démon envoyé sur la terre? dit Athos. Votre puissance est grande, je
le sais mais vous savez aussi qu’avec l’aide de Dieu les hommes ont souvent
vaincu les démons les plus terribles. Vous vous êtes déjà trouvée sur mon chemin, je croyais
vous avoir terrassée, madame, mais, ou je me trompai, ou l’enfer vous a ressuscitée.
Milady, à ces paroles qui lui rappelaient des souvenirs effroyables, baissa la tête
avec un gémissement sourd.
―Oui, l’enfer vous a ressuscitée, reprit Athos, l’enfer vous a faite riche, l’enfer vous a donné un
autre nom, l’enfer vous a presque refait même un autre visage mais il n’a effacé ni les souillures
de votre âme, ni la flétrissure de votre corps.
Milady se leva comme mue par un ressort, et ses yeux lancèrent des éclairs. Athos
resta assis.
―Vous me croyiez mort, n’est-ce pas, comme je vous croyais morte? et ce nom d’Athos avait
caché le comte de La Fère, comme le nom de Milady Clarick avait caché Anne de
Breuil! N’était-ce pas ainsi que vous vous appeliez quand votre honoré frère nous
a mariés? Notre position est vraiment étrange, poursuivit Athos en riant, nous n’avons vécu
jusqu’à présent l’un et l’autre que parce que nous nous croyions morts, et qu’un souvenir gêne
moins qu’une créature, quoique ce soit chose dévorante parfois qu’un souvenir!» (Dumas, Les
Trois Mousquetaires, cit., pp. 497-498).
65
Es otra razón más para que los muertos no regresen, al menos
aquellos cuya condición nos provoca alivio y nos permite avanzar, si
se quiere como espectros, tras enterrar nuestro antiguo yo: a Athos
como a Milady, al Conde de la Fère como a Anne de Breuil, se lo
permitieron durante años sus creencias respectivas de que el otro era
sólo un muerto y ya no hacía temblar ni una hoja, incapaz de respirar;
también la suya a Madame Ferraud, que rehízo sin estorbos su vida
porque para ella su marido, el viejo Coronel Chabert, sin duda era
solamente un recuerdo, y ni siquiera devorador.207
Si noti anche la citazione della frase «Les morts ont donc bien tort de
revenir», tratta da Le Colonel Chabert, che apre il passo (questa volta
inserita senza virgolette: Marías l’ha ormai fatta propria) e l’eco
dell’espressione di Balzac “recuerdo devorador”.
L’ultima parte della storia di Milady ― corrispondente ai capitoli
LXV e LXVI dell’originale ― viene ricordata dalla narratrice in quanto
emblema di un’età dell’oro ormai perduta in cui c’era ancora un
«simulacro de justicia»208. Nel passo, infatti, si descrive l’esecuzione
capitale della donna, richiesta con severa fermezza da tutti i
moschettieri e compiuta dallo stesso uomo che tanti anni addietro
l’aveva segnata con il marchio.
Questa volta la versione originale è seguita in maniera meno
pedissequa e leggermente più sbrigativa. Le citazioni, infatti, seppur
fedeli nel senso, non sempre corrispondono esattamente nella forma
alla fonte. Ad esempio, nel brano seguente possiamo osservare come
Marías concentri in un’unica battuta le condanne che nell’originale
ogni moschettiere pronunciava singolarmente:
207
LE, p. 274.
208
Ivi, p. 276.
66
— Nous attestons, dirent d’un seul mouvement les deux
mousquetaires.
D’Artagnan continua:
— Devant Dieu et devant les hommes, j’accuse cette femme d’avoir
voulu m’empoisonner moi-même, dans du vin qu’elle m’avait envoyé
de Villeroy, avec une fausse lettre, comme si le vin venait de mes
amis; Dieu m’a sauvé; mais un homme est mort à ma place, qui
s’appelait Brisemont.
— Nous attestons, dirent de la même voix Porthos et Aramis.
— Devant Dieu et devant les hommes, j’accuse cette femme de
m’avoir poussé au meurtre du baron de Wardes; et, comme personne
n’est là pour attester la vérité de cette accusation, je l’atteste, moi. J’ai
dit.
Et d’Artagnan passa de l’autre côté de la chambre avec Porthos et
Aramis.
— À vous, Milord, dit Athos.
Le baron s’approcha à son tour.
— Devant Dieu et devant les hommes, dit-il, j’accuse cette femme
d’avoir fait assassiner le duc de Buckingham.209
67
Ci sono comunque anche qui casi in cui l’originale è seguito con
perfetta accuratezza, come quello che riportiamo di seguito e di cui
sicuramente l’autore avrà apprezzato (e cercato di riprodurre) la
sonorità e il ritmo, simili a quelli schietti e solenni della frase amata dal
padre di María(s):
Se, per altri versi, il riassunto che egli fa della fonte è talmente vicino
all’originale che da scrittore tende a trasformarsi in traduttore,
assorbendo quindi lo stile di un altro, in questo caso, invece, è lo stile
di Dumas che viene contaminato dal suo (questo è un altro modo in
cui si manifesta l’influenza reciproca tra testo citante e testo citato).
212
LE, p. 277.
213
Dumas, Les Trois Mousquetaires, cit., p. 697.
214
LE, p. 277.
215
Ivi, p. 277.
68
Come nel caso de Le Colonel Chabert, gli echi ritornano anche al di
fuori dello spazio dedicato espressamente alla riproduzione della fonte
o al suo commento, entrando a far parte del vocabolario personale dei
personaggi, come possiamo osservare nei frammenti seguenti:
216
Ivi, p. 286, corsivo mio. L’immagine torna anche a p. 310 e a p. 354 (in
quest’ultimo caso associata alla figura del colonnello Chabert).
217
Ivi, p. 357, corsivo mio. L’immagine torna anche a p. 366.
218
Ivi, pp. 400-401.
69
Se da una parte María aspira alla “giustizia”, ossia al fatto che i
colpevoli paghino per le loro colpe, dall’altra, i gigli con cui vengono
marchiati le appaiono inutili e crudeli, a volte persino totalmente
controproducenti. Questa incertezza e difficoltà nell’esprimere giudizi
morali univoci si riflette chiaramente nell’interpretazione de Les Trois
Mousquetaires che risulta essere, come abbiamo notato, altrettanto
ambivalente e contraddittoria.
Pero qué porquería de edición es esta […] Cómo se puede tener esta
edición, existiendo la mía. Es pura necedad intuitiva, no hay método
ni ciencia en ella, y ni siquiera es ocurrente, copia mucho. Y encima
en casa de una profesora universitaria, para mayor inri, si mal no he
entendido. Así anda la Universidad madrileña. 220
219
LE, p. 126.
220
Ibidem.
70
ristampe. Per individuare con certezza l’edizione, definita una
«porquería», è invece necessario tenere in considerazione anche un
altro passo del romanzo, quando il personaggio di Rico, aprendo il
volume del Quijote a caso, esclama: «Aquí ya hay un error de bulto. […]
Se lo restregaré en un artículo»221. Grazie a questo dettaglio aggiuntivo
possiamo affermare che ci si riferisce senz’altro all’edizione di
Florencio Sevilla, con introduzione di Antonio Rey, pubblicata da
Alianza nel 1996: quel lavoro, infatti, venne duramente attaccato da
Rico in un articolo al vetriolo pubblicato su Babelia222. Due anni più
tardi, nel novembre del 1998, lo studioso ricordava ancora quella
disputa con un certo accaloramento, come emerge da un’intervista
recentemente ripubblicata dalla Revista de estudios cervantinos:
221
Ivi, p. 127.
222
Francisco Rico, ‘Por Hepila famosa’, o cómo no editar el Quijote, «Babelia», n. 261,
26/10/1996.
223
Artemisa Helguera y Carlos Ulises Mata, Charla con el maestro Francisco Rico
(noviembre de 1998), «Revista de estudios cervantinos», n. 14, octubre-noviembre
2010, http://www.estudioscervantinos.org/entrevistas/Francisco%20Rico.pdf
(ultima consultazione 5/9/2013).
71
Leggendo questo estratto ci rendiamo conto che il Francisco Rico
descritto ne Los enamoramientos, per quanto possa apparire romanzesco,
rappresenta molto fedelmente la figura a cui si ispira: è lo stesso
accademico ad avere costruito il suo personaggio224.
L’altro libro di cui si parla all’interno del romanzo è la biografia
Im Keller di Jan Philipp Reemtsma (Hamburger Edition HIS,
Hamburg, 1997), ricordata da María per un’associazione mentale
attivata dal tipo di sigarette che fuma Díaz-Varela:
224
Approfondiremo l’analisi della sua figura in § 6.4.
225
LE, p. 304.
72
4. Un mosaico di citazioni226
226
Julia Kristeva ha definito i testi “mosaici di citazioni”, rendendo famosa
quest’espressione. La stessa metafora era stata tuttavia usata molto tempo prima
da Leon Battista Alberti nei Profugiorum ad erumna libri, proprio per descrivere il
processo imitativo compiuto dai letterati.
227
Annick Bouguillaet, Une typologie de l’emprunt, «Poétique», 80, nov. 1989, p. 495.
228
Con riferimento traduciamo il termine «référence», inventato dalla Bouguillaet per
colmare una lacuna della classificazione di Genette.
73
essere efficacemente utilizzato in senso tecnico. Preferiremo quindi
sfruttare soltanto l’opposizione tra riferimenti espliciti (che
indicheremo con il termine citazione) e impliciti (che chiameremo
allusioni), sentendoci giustificati anche dal fatto che questi vocaboli,
pur essendo stati ampiamente discussi, continuano a essere utilizzati in
modo non univoco229.
In questo lavoro elencheremo molte più citazioni che allusioni e
si potrebbe evincere che è tendenza generale dell’autore riportare le
parole d’altri segnalandole per mezzo di particolari codici tipografici
(corsivo e/o virgolette) o per mezzo di espressioni quali «se lee en…»,
«como dice…» e simili. Si tratta probabilmente di una deduzione
corretta, ed è la stessa conclusione cui è arrivato Antonio Iriarte
analizzando i riferimenti intertestuali presenti in Tu rostro mañana: «el
autor, como es lógico, no siempre indica explícitamente cuáles son las
fuentes, aunque sea de justicia señalar que casi siempre indica que está
citando, y el texto suele aparecer debidamente entrecomillado»230.
Tuttavia, è doveroso segnalare che presumibilmente ci sono sfuggiti
dei riferimenti nascosti, e che quindi lo scarto tra i due meccanismi è
da considerarsi meno marcato di quanto potrebbe apparire.
È da notare inoltre che, sebbene la critica indichi come forma più
propria di citazione quella virgolettata, in letteratura è in effetti assai
raro rintracciare esempi di questo tipo. Le virgolette rappresentano
piuttosto «un marcatore caratteristico del discorso scritto di carattere
saggistico, in cui è proprio l’esigenza di correttezza scientifica a
richiedere una marcatura precisa, nel proprio discorso, del discorso
229
Per una bibliografia relativa ai due concetti, si veda Bernardelli, Intertestualità,
cit., pp. 155-156.
230
Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 308.
74
altrui»231. Il fatto che ne Los enamoramientos se ne faccia un così largo
uso è una delle ragioni per cui si può definire questo romanzo un
ensayo-ficción232, ma è anche spia dell’inevitabilità di esprimersi per
citazioni: tutti i testi che abbiamo letto, infatti, si stratificano nella
nostra mente e diventano parte di noi.
Come sottolinea Antoine Compagnon nel suo fondamentale
saggio La Seconde Main (ancora non tradotto in italiano), il termine
citazione deriva dal verbo latino citare, che signfica “mettere in moto”,
“far passare dal riposo all’azione”. La prima funzione della citazione è
dunque quella di riattivare un testo, per mezzo di un cortocircuito tra
lettura e scrittura che le porta a coincidere (questo fatto è esplicitato
ne Los enamoramientos nel momento in cui l’autore descrive i personaggi
intenti a leggere dei libri e riporta le frasi che stanno leggendo: le loro
letture diventano la sua scrittura). Lo studioso Stefan Morawski
individua cinque altre più specifiche funzioni della citazione che
risultano utili per la nostra analisi233:
231
Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 18.
232
Vedi supra, n. 40.
233
Stefan Morawski, The Basic Functions of Quotation. In Sing, Language, Culture,
Mouton, Le Haye-Paris, 1970. Noi facciamo riferimento al riassunto delle sue
teorie presente in Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 32-36.
75
4) Funzione ornamentale, quando la citazione funge da riempitivo
del discorso (questa modalità citatoria è di solito poco attenta a
rispettare il significato originario della fonte).
5) Funzione critico-parodica, quando la citazione viene collocata
in un contesto che ne ribalta gli intenti originari.
234
Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 304.
76
whole, ultimately also attesting a compulsion to repeat which, in turn,
foregrounds the uncanny nature of the narration.235
Ne Los enamoramientos un esempio di citazione-eco è la frase di
Shakespeare «She should have died hereafter». Anche le allusioni
possono ripetersi più volte, come nel caso dell’espressione «perturbar
el universo», tratta da Eliot. È importante segnalare che le ripetizioni
possono creare collegamenti non solo tra scene ma anche tra romanzi;
in particolare, si noterà che Los enamoramientos è fortemente connesso a
livello linguistico a Corazón tan blanco. Questi legami retorici tendono a
sottolineare parallelismi e vicinanze tematiche, ampliando i confini del
testo con il portato di opere precedenti e gratificando i lettori che
sapranno coglierli.
I lettori che sono in grado di stabilire questi collegamenti e di
riconoscere l’origine delle allusioni nascoste sono quelli che Eco
chiama “lettori modello”, ossia coloro che fruiscono del testo in modo
da cogliere pienamente il suo contenuto potenziale: essi sono infatti
«capac[i] di cooperare all’attualizzazione testuale come egli, l’autore,
pensava, e di muoversi interpretativamente così come egli si è mosso
generativamente»236. Il romanzo è ovviamente fruibile in modi diversi,
ma chi condivide le competenze dello scrittore ed è in grado di
mettere in atto i “movimenti cooperativi” da lui richiesti occupa il
vertice di un’ideale gerarchia dei lettori, poiché «without the
knowledge of an informed reader the reachness of meanings in the
novel can only be diminished»237.
235
Alexis Grohmann, Coming into one’s Own: The Novelistic Development of Javier
Marías, Rodopi, Amsterdam-New York, 2002, p. 187. Cfr. anche Sebastiaan Faber,
Un pensamiento que hace rimas. El afán universalizador en las novelas de Javier Marías,
«Revista Hispánica Moderna», n. 56, 2003, p. 200.
236
Eco, Lector in fabula, cit., p. 55.
237
David K. Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 53 (parlando di come
il romanzo Los dominios del lobo richieda ai lettori una specifica cultura
cinematografica).
77
In Corazón tan blanco Marías aveva riflettuto sul differente modo
in cui varie persone possono recepire uno stesso testo, a seconda della
loro capacità o meno di cogliere i riferimenti interstestuali che esso
contiene. Infatti, quando, durante la loro luna di miele, il narratore e
Luisa si trovano ad ascoltare le voci della coppia nella stanza accanto,
Juan è in grado di riconoscere la canzone cantata dalla donna e ricorda
l’inquietante storia ad essa collegata, ma non così la moglie:
238
CTB, p. 148.
239
Questi ultimi verranno trattati in § 5.
240
Giulio Ferrori, I confini della critica, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2005, p. 74.
Cfr. anche con quanto scritto da Herzberger circa il citazionismo di Tu rostro
mañana: «Marías has never embraced fully the technical, stylistic, or philosophical
foundations of overtly experimental fiction or postmodern writing. In Rostro, he
again shows such reticence […]. Rostro will not be confused, for example, with the
innovative and sometimes bizarre avant-garde writing of the early twentieth
century in Europe and America, or with the most recent hypertextual multimedia
production of blogger novelists and cyber writers. However, as Spanish writer
Félix de Azúa has smartly pointed out, the novel fuses “elementos democráticos
con la hipertécnica de una escritura para profesionales” (Félix de Azúa, Lanzas,
espadas, rostros y nada, in Grohmann y Steenmeijer, Allí donde uno diría que no puede
haber nada, cit., p. 51). In other words, not unlike in postmodern fiction, which
often consists of a mélange of texts speaking to one another, Marías pays homage
in Rostro to elements of popular culture in film and literature, much like he has
done since is earliest referencing of Hollywood and the adventure novel in Los
78
dimensione enciclopedica, come scrive Antonio Candeloro, è da
ricondursi piuttosto al fatto che Marías (come Eliot)241 concepisce
«l’intera storia della letteratura universale come una sorta di Biblioteca
di Babele di borgesiana memoria, in cui “tutti i libri di tutte le epoche”
sono disposti in un ordine simultaneo e vivono un’esistenza simultanea»242:
questi testi rappresentano un materiale che può essere riscritto e
rivitalizzato «alla luce delle preoccupazioni, delle speranze
dell’orizzonte di attesa del lettore e dello scrittore contemporanei»243.
Se per gli autori postmoderni il riciclaggio di materiale narrativo del
passato è segno evidente dell’angosciosa consapevolezza che l’artista
non può dire se non ciò che già è stato detto, per Marías è invece
ancora vivo un credo modernista secondo cui per l’autore è ancora
possibile confrontarsi con la tradizione, instaurando con essa un
rapporto di creatività originale244.
Per la stesura di questo capitolo avevamo a disposizione due
modelli, rappresentati dai contributi di Iriarte e Candeloro sulla
dimensione intertestuale di Tu rostro mañana. Pur trattando di uno
stesso argomento, i due lavori sono completamente diversi: quello di
Iriarte è, infatti, un ricco ed esauriente elenco delle fonti, mentre
quello di Candeloro è un’analisi delle citazioni più significative, volta a
individuare in che modo esse entrino a far parte del romanzo e
vengano rivitalizzate dall’autore. Abbiamo deciso di ibridare i due
dominios del lobo and Travesía del horizonte» (Herzberger, A Companion to Javier Marías,
cit., p. 180).
241
Alla base dello studio di Candeloro ci sono le teorie esposte da Eliot nel saggio
Tradition and the individual talent.
242
Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit. (corsivo dell’autore).
243
Ibidem.
244
Cfr. Vita Fortunati, Intertestualità e citazione fra Modernismo e Postmodernismo. Il
pastiche di Antonia Byatt fra letteratura e pittura, in Led on line (Electronic Archive of
Academic and Literary Texts): http://www.ledonline.it/leitmotiv/Allegati
/leitmotiv020208.pdf, p. 88 (ultima consultazione 20/6/2013).
79
modelli. Da un alto, infatti, abbiamo scelto di riprodurre, per la sua
chiarezza, la struttura a elenco di Iriarte: una simile organizzazione
dello studio potrà risultare particolarmente utile, ad esempio, a chi
voglia andare a ricercare gli echi di una certa frase all’interno dell’opera
di Marías; dall’altro lato, abbiamo sviluppato l’elenco in forma di
commento, seguendo il modello di Candeloro e l’invito di Marina
Polacco, secondo cui:
245
Polacco, L’intertestualità, cit., pp. 90-91.
246
Manfred Pfister, How Postmodern is Intertextuality?, in Heinrich F. Plett,
Intertextuality, de Guyter, Berlin-New York, 1991, p. 217.
80
romanzo, risultavano di difficile collocazione. Segnaliamo, inoltre, che
in § 6 emergeranno diversi altri esempi di autocitazioni.
4.2 Macbeth di William Shakespeare
Com’è noto, l’influenza di Shakespeare sull’opera di Marías è enorme
e dichiarata dall’autore stesso. Anche se Los enamoramientos non potrà
probabilmente essere considerata un altro “romanzo shakespeariano”
(così David K. Herzberger definisce Corazón tan blanco e Mañana en la
batalla piensa en mí)247, al suo interno non mancano citazioni tratte
dall’opera del drammaturgo inglese, né riferimenti tematici più
nascosti. Alcune delle citazioni e allusioni presenti erano già state usate
dall’autore in Corazón tan blanco: per queste sarà dunque possibile
parlare di fonte multipla o di multiplo legame intertestuale. Esse,
infatti, riporteranno alla memoria del lettore fedele di Marías, oltre al
Macbeth, anche quest’altro romanzo, con cui Los enamoramientos
condivide tutte le tematiche principali. Una delle funzioni dei
riferimenti a Shakespeare è, in effetti, proprio quella di «relacionar las
novelas de Marías unas con otras, estableciendo no sólo una red de
autoreferencias o autocitas, sino un verdadero diálogo entre ellas»248.
La prima citazione da Shakespeare che troviamo nel romanzo è
tratta dall’introduzione al celebre soliloquio pronunciato da Macbeth
nel momento in cui viene a sapere della morte della moglie, «soliloquio
extraordinario que tanta gente se ha aprendido de memoria en el
mundo y que empieza: ‘Mañana, y mañana, y mañana…’»249 (Macbeth,
247
Vedi Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., 2011.
248
Cora Requena Hidalgo, El narrador en las novelas de Javier Marías, «Espéculo.
Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad Complutense
de Madrid), n. 24, 2003, http://pendientedemigracion.ucm.es/info/especulo/nu-
mero24/jmarias.html (ultima consultazione: 19/8/2013).
249
LE, p. 217.
81
atto V, scena V)250. La frase è riportata in inglese, ma a seguire il
personaggio di Díaz-Varela propone varie traduzioni in spagnolo,
partendo da soluzioni più letterali e spingendosi poi a parafrasi che
dovrebbero renderne il significato meno ambiguo:
‘There would have been a time for such a word’, ‘Habría habido un tiempo
para semejante palabra’, esto es, ‘para tal información’ o ‘semejante
frase’, la que acaba de oír de labios de su ayudante Seyton, portador
del alivio o la desgracia: ‘La Reina, mi Señor, ha muerto’. Como tantas
veces en Shakespeare, los anotadores no se ponen de acuerdo sobre la
ambigüedad y el misterio de tan famosas líneas. ¿Qué quiere eso
decir? ¿’Habría habido tiempo más apropiado’? ¿’Mejor ocasión para
ese hecho, porque esta no me conviene’? ¿Tal vez ‘un tiempo más
oportuno y pacífico, durante el que se le podrían haber rendido
honores, en el que yo podría haberme detenido y haber llorado
250
«She should have died hereafter: / There would have been a time for such a
word. / To-morrow, and to-morrow, and to-morrow, / Creeps in this petty pace
from day to day, / To the last syllable of recorded time; /And all our yesterdays
have lighted fools / The way to dusty death. Out, out, brief candle! / Life’s but a
walking shadow, a poor player / That struts and frets his hour upon the stage
/And then is heard no more: it is a tale / Told by an idiot, full of sound and fury/
Signifying nothing» (William Shakespeare, Macbeth, Versione di Cino Chiarini con
testo a fronte, Sansoni, Firenze, 1965, p. 166).
251
LE, pp. 136-137, corsivo dell’autore. Secondo la maggioranza dei critici, hereafter
dovrebbe significare “dopo la battaglia” (cfr. Blanche Coles, Shakespeare studies.
Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, p. 279).
82
debidamente la pérdida de quien compartió tanto conmigo, la
ambición y el crimen, la esperanza y el poder y el miedo’?252
L’autore aveva già riflettuto in Corazón tan blanco sulla difficoltà di
decifrare Shakespeare e sulla molteplicità di interpretazioni e
traduzioni possibili253. Aveva dedicato a questo tema anche l’articolo
Shakespeare indeciso, del quale riteniamo utile riportare uno stralcio:
252
LE, p. 217, corsivo dell’autore. Vedi anche ivi, p. 60: «Con el tiempo corriendo
en su contra y dentro de un plazo, además, a sabiendas de que precisamente en
este caso, más que nunca, ‘there would have been a time for such a word’, como había
añadido Macbeth tras enterarse de la intempestiva muerte de su mujer. De que sin
duda ‘habría habido un tiempo, otro tiempo, para semejante palabra’, esto es,
‘para tal frase’ o ‘noticia’ o ‘información’».
253
Cfr. Rita De Maeseneer, Sobre la traducción en Corazón tan blanco de Javier Marías,
«Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad
Complutense de Madrid), n. 24, 2003, http://pendientedemigracion.ucm.es
/info/especulo/numero14/jmarias.html (ultima consultazione 27/10/2013).
254
Marías, Shakespeare indeciso, cit.
83
la moglie o, secondo altri, sarebbe invece specchio di apatia e di
disinteresse255.
L’unico modo in cui a Marías sembra lecito tentare di superare
questa incomprensione è quello di accettare al contempo una rosa di
possibilità, ossia in qualche modo di arrendervisi. È, d’altronde,
proprio questa ambiguità che Marías trova affascinante in
Shakespeare, ciò che lo ispira:
255
Per un’analisi delle interpretazioni di questo brano, v. ad esempio Simone A.
Blackmore, A great soul in conflict. A critical study of Shakespeare’s master-work, Scott,
Foresman and Company, Chicago-New York, 1915, p. 295, Blanche Coles,
Shakespeare studies. Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, pp. 269-270 e
Agostino Lombardo, Lettura del Macbeth, Nuova Biblioteca di Cultura, Vicenza,
1969, pp. 275-276. Dall’osservazione di alcune traduzioni spagnole e italiane del
passo emergono differenti letture: «Un día u otro había de morir» (edizione
dell’Instituto Shakespeare a cura di Manuel Ángel Conejero, Alianza Editorial,
Madrid, 1980), «¡Ojalá hubiera sido más tarde!» (Edaf, Madrid, 1981, traduzione di
Marcelino Menéndez y Pelayo e José Arnaldo Márquez), «Più in là avrebbe dovuto
morire» (Einaudi, Torino, 1967, traduzione di Cesare Vico Lodovico), «Sarebbe
dovuta morire lo stesso, più tardi» (Sansoni, Firenze, 1964, traduzione di Cino
Chiarini).
256
Sarah Fay, Javier Marias, The Art of Fiction No. 190, cit.
257
Come scrive Antonio Iriarte: «Está claro que una vez adoptada la imagen
literaria ajena, Marías la hace suya del todo» (Iriarte, “Cito a menudo para mis
adentros”, cit., p. 306).
84
nuove riflessioni258. Il verso sarà in effetti citato molte altre volte
all’interno del romanzo e alcune di queste verrà presentato in una
forma alterata. In particolare, ci sembra interessante analizzare una di
queste citazioni “contraffatte” per mostrare come l’autore faccia
discutere i suoi personaggi attraverso l’uso libero del testo
shakespeariano.
Díaz-Varela si serve del passo di Shakespeare per dimostrare
come Luisa si sbagli credendo che la morte del marito sia prematura: è
un errore che tutti facciamo, perché desideriamo che niente cambi e
vorremmo sempre restare ancorati al presente259. Ma non possiamo
decidere il nostro destino; se potessimo «todo continuaría
indefinidamente, contaminándose y ensuciándose, sin que ningún vivo
pasara jamás a ser muerto»260. María, che di solito si lascia ipnotizzare
258
Vila-Matas, nel suo Hijos sin hijos, ha riportato una citazione segretamente
contraffatta di un memorabile passo dei diari di Kafka: «Hoy Alemania ha
declarado la guerra a Rusia. Por la tarde fui a nadar». Qualche anno più tardi
l’autore, intervistato da Juan Villor, si è preso gioco dei critici che erano caduti nel
suo inganno, ritenendo la citazione autentica. In effetti, però, è difficile biasimarli,
visto che l’unica differenza era che nell’originale la seconda parte della frase era
«Nachmittag Schwimmschule» («Nel pomeriggio, scuola di nuoto»). Kafka non
sembra dunque essere più malleabile di così. Cfr., Edoardo Pisani, Enrique Vila-
Matas in Colombia. Inedito in Italia, «Satisfiction»,
http://www.satisfiction.me/enrique-vila-matas-in-colombia-inedito-in-italia/
(ultima consultazione: 20/6/2013).
259
La riflessione ne ricorda una di Corazón tan blanco: «Si nadie fuera nunca
obligado a nada el mundo se detendría, todo permanecería flotando en una
vacilación global y continua, indefinidamente» (CTB, p. 169).
260
LE, p. 137. Più avanti, ascoltando Díaz-Varela spiegare le ragioni che l’hanno
spinto a far uccidere l’amico Deverne, María invalida la frase di Macbeth con
un’altra argomentazione: «‘He aquí un caso entonces’, pensé, ‘en el que no
convendría decir “He should have died hereafter”, porque ese “más adelante”
significaría mucho peor, con más padecimiento y humillación, con menor entereza
y más horror para sus allegados, no siempre es deseable, por tanto, que todo dure
un poco más, un año, unos meses, unas semanas, unas cuantas horas, no siempre
nos parece temprano para que se les ponga fin a las cosas o a las personas, ni es
cierto que jamás veamos el momento oportuno, puede haber uno en el que
nosotros mismos digamos: “Ya. Ya está bien. Es suficiente y más vale. Lo que
venga a partir de ahora será peor, un rebajamiento, una denigración, una
mancha”» ivi, pp. 340-341.
85
dalle parole di Díaz-Varela, non è del tutto d’accordo. Infatti, secondo
lei, il destino è nelle nostre mani quando queste sono mani suicide,
oppure assassine. Osserviamo in che modo la narratrice contraddice
Díaz-Varela alterando la sua prova, ossia la citazione dal Macbeth:
A veces supone —aunque sólo a veces— que bastaría con que cayese
quien ocupa el primero, eso lo han intuido todos los hermanos
menores de los reyes y los príncipes y aun los parientes menos
cercanos y los apartados y remotos bastardos, que saben que de ese
modo se pasa también de ser el décimo al noveno, del sexto al quinto
y del cuarto al tercero, y en algún momento todos ellos se habrán
formulado en silencio su inexpresable deseo: “He should have died
yesterday”, o “Debería haber muerto ayer, o hace siglos”; o el que a
continuación se enciende en las cabezas de los más atrevidos:
261
Ivi, p. 140.
86
“Todavía está a tiempo de morir mañana, que será el ayer de pasado
mañana, si para entonces yo sigo vivo”.262
Sí, es verdad que uno sabe, sabe la verdad en el fondo, cómo no,
cómo va a ignorarla. Sabe que uno ha puesto en marcha un
mecanismo y que además podría pararlo, nada es inevitable hasta que
ha sucedido e y el ‘más adelante’ con que todos contamos deja de
existir para alguien.265
262
Ivi, p. 152.
263
Ivi, p. 237.
264
Ivi, p. 254.
265
Ivi, pp. 323-324.
87
molte. Alcune sono descritte più o meno esplicitamente nel romanzo,
mentre altre devono essere ricostruite indipendentemente dal lettore;
rispetto al caso de Le Colonel Chabert e de Les Trois Mousquetaires, il
lavoro lasciatogli è sicuramente maggiore.
Andiamo ad analizzare alcune di queste connessioni,
cominciando da un caso ambiguo e, per così dire, polisemico. María si
trova a casa di Díaz-Varela, che sa essere coinvolto nell’omicidio di
Deverne. Tuttavia non ha paura, perché sa che lui non le farebbe mai
del male con le sue proprie mani:
266
Ivi, p. 281.
88
non è stato capace di commettere un omicidio con le proprie mani,
ma solo di convincere altri a commetterlo al suo posto.
La figura di Lady Macbeth tuttavia, rappresenta anche un altergo
di María, sebbene per riconoscere la forza di questo parallelismo sia
richiesta la lettura di Corazón tan blanco. Vediamo come.
Nel romanzo, oltre alle citazioni, possiamo rintracciare
un’allusione al Macbeth: «Lamentablemente [los muertos] ya están fijos
como pinturas»267. Questa frase parafrasa e scioglie in una similitudine
la metafora usata da Lady Macbeth per tranquillizzare, (o schernire?)268
il marito, che ha paura di tornare nella stanza dove giace il re defunto:
«The sleeping and the dead are but as pictures» (Macbeth, atto II, scena
II)269.
Ne Los enamoramientos questo verso è presentato in un contesto
completamente differente da quello originario: l’immagine viene infatti
utilizzata da Díaz-Varela per spiegare come sia necessario a un certo
punto dimenticarsi delle persone care che sono morte, le quali
267
Ivi, p. 157.
268
La critica non è concorde sull’interpretazione del passo. Blanche Coles descrive
così la scena: «she [Lady Macbeth] taunts him [Macbeth] by arguing that the
sleeping and the dead are but as pictures» (Blanche Coles, Shakespeare studies.
Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, p. 90, corsivo mio), ritenendo che
Lady Macbeth stia dando del vigliacco al marito, prendendosi gioco della sua
paura. Altri critici sostengono invece che con queste parole Lady Macbeth cerchi
di calmarlo e confortarlo, scacciando le sue paure (cfr. ad esempio Simone A.
Blackmore, A great soul in conflict. A critical study of Shakespeare’s master-work, Scott,
Foresman and Company, Chicago-New York, 1915, p. 142 e Agostino Lombardo,
Lettura del Macbeth, Nuova Biblioteca di cultura, Neri Pozza, Vicenza, 1969, p.
110). Lo stesso Marías commenta il passo in Corazón tan blanco, avvicinandosi a
questa seconda interpretazione, ma non accogliendola del tutto: «Por eso [Lady
Macbeth] quiere restarle importancia, quizá no tanto para apaciguar al aterrado
Macbeth […] cuanto para minimizar y ahuyentar su proprio conocimiento, el de
ella misma» (CTB, p. 174).
269
«Infirm of purpose! / Give me the daggers. The sleeping and the dead / Are
but as pictures; it is the eye of childhood / That fears a painted devil. If he do
bleed, / I’ll gild the faces of the grooms withal, / For it must seem their guilt.»
(Shakespeare, Macbeth, cit., p. 52).
89
(«lamentablemente», avverbio che ovviamente manca nel testo fonte)
non possono più avere alcun ruolo nella nostra vita. È anche
interessante notare che, quando Díaz-Varela cita il verso, sta
raccontando a María la trama de Le Colonel Chabert: in questo modo
esso fa da ponte tra i due testi270.
Anche questa frase riecheggia all’interno del romanzo, la
ritroviamo infatti più avanti: «Lamentablemente o por suerte, los
muertos están fijos como pinturas, no se mueven, no añaden nada, no
dicen nada ni jamás responden»271. Questa volta il verso è citato da
María quando si avvicina al tavolo di Luisa e Díaz-Varela
recentemente sposati e si accorge di non voler svelare il segreto della
morte di Deverne. Si rende conto, infatti, che è già avvenuta una
sostituzione, che, se anche Díaz-Varela avesse ucciso l’amico, adesso
si sta prendendo cura della vedova e, a questo punto, oltre che
«lamentablemente» è anche «por suerte» che i morti siano immobili
come dipinti e che non tornino, come ha appreso attraverso la lettura
dell’opera di Balzac.
Come nota Fernando Valls, questa frase può considerarsi anche
come uno di quegli elementi che creano un legame tra Los
enamoramientos e le precedenti opere dell’autore272. Si tratta, infatti, di
un’allusione ripresa non solo dal Macbeth ma anche da Corazón tan
blanco, romanzo in cui questa metafora shakespeariana era già stata
270
Un’altra citazione da Shakespeare farà da ponte anche tra Los enamoramientos e
Les Trois Mousquetaires, quando Díaz-Varela, raccontando un episodio di questo
romanzo, dice «[…] sin darle a la Condesa oportunidad de explicarse ni de
defenderse, de negar ni de persuadir, de implorar clemencia ni de volverlo a
embrujar, ni siquiera de ‘morir más adelante’» (LE, p. 268).
271
LE, p. 399.
272
Cfr. Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 34.
90
ampiamente sfruttata273. È inoltre interessante notare che in Corazón
tan blanco la fonte era esplicitata; in questo modo l’autore permette ai
suoi lettori più fedeli di risalire alla tragedia anche qualora non la
ricordino o non la conoscano direttamente:
Ahora que sé que esa cita venía de Macbeth no puedo evitar darme
cuenta (o quizá es recordar) de que también está a nuestra espalda
quien nos instiga, también ese nos susurra al oído sin que lo veamos
acaso, la lengua es su arma y es su instrumento.275
91
Escuchar es lo más peligroso, es saber, es estar enterado y estar al
tanto, los oídos carecen de párpados que puedan cerrarse
instintivamente a lo pronunciado, no pueden guardarse de lo que se
presiente que va a escucharse, siempre es demasiado tarde. No es sólo
que Lady Macbeth induzca a Macbeth, es que sobre todo está al tanto
de que se ha asesinado […] Ella oye la confesión de ese acto o hecho
o hazaña, y lo que la hace verdadera cómplice no es haberlo instigado,
ni siquiera haber preparado el escenario antes ni haber colaborado
luego, haber visitado el cadáver reciente y el lugar del crimen para
señalar a los siervos como culpables, sino saber de ese acto y de su
cumplimento.276
Attraverso una lettura di questo tipo, risulta chiaro che Lady Macbeth
non è soltanto il doppio di Díaz-Varela, ma è anche il doppio di
María.
La narratrice, per altro, aveva già suggerito un parallelismo tra sé
stessa e Lady Macbeth, giustificato dal fatto che entrambe si trovano
ad essere senza un futuro: Lady Macbeth perché muore, lei perché la
sua storia con Díaz-Varela deve concludersi:
276
Ivi, p. 174.
277
Ivi, p. 316.
92
Duncan: ciò che realmente conta è che entrambe sono a conoscenza
del delitto, e questa consapevolezza le rende complici degli assassini278.
A differenza di Juan, che nel Macbeth «encuentra la configuración
de lo siniestro que pugna por salir desde el fondo magmático de sus
pensamientos»279, in María questo tipo di autocoscienza tende a non
rivelarsi, eppure viene comunque suggerita al lettore attraverso i
martellanti riferimenti alla fonte, la quale rappresenta una sorta di
verità superiore.
Vengono in questo modo a generarsi una moltitudine di analogie
tra le tre opere letterarie: il lettore non rivedrà in María solo il riflesso
di Lady Macbeth, ma anche quello di Juan e di sua moglie Luisa e così
in Díaz-Varela non vedrà solo quello di Macbeth (e di Lady Macbeth),
ma anche quello di Ranz.
Sia Corazón tan blanco che Los enamoramientos nel finale si
distaccano dal modello shakespeariano, offrendo una riflessione sul
cambiamento della morale e dei costumi. Infatti, se Lady Macbeth si
suicida divorata dai sensi di colpa280 e Macbeth viene punito con la
morte, nessuno dei personaggi di Marías andrà incontro a una fine
tragica che ne estirpi le colpe.
278
Anche Jorge Volpi definisce María «complice» di Díaz-Varela, pur senza
ricorrere al riferimento shakespeariano (cfr. Volpi, Los enamoramientos: un diálogo
plátonico de Javier Marías, cit., p. 73).
Attraverso la lettura, anche noi lettori diveniamo colpevoli perché siamo al
corrente dei fatti: «Nosotros somos cómplices. Lo evidente y lo enredado nos
llegan gracias a ese caudal escrito, a ese torrente de revelaciones seguramente
inexactas» (Justo Serna, Javier Marías: Los enamoramientos, «Ojos de papel»,
2/5/2011, http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article=4025, (ultima
consultazione: 30/7/2013).
279
Pittarello, «No he querido saber, pero he sabido», cit., p. 39.
280
Questa è l’interpretazione più diffusa. Nella tragedia non sono espresse del
tutto chiaramente le cause del decesso.
93
4.3 The Love Song of J. Alfred Prufrock di T. S. Eliot
«¿Quién soy yo para perturbar el universo?»281 si chiede María quando
reincontra Luisa e avrebbe l’occasione di svelarle il segreto di Díaz-
Varela. Questa frase rappresenta un’allusione, per così dire, di fonte
multipla. Senz’altro, infatti, è tratta da Eliot (Do I dare disturb the
universe?)282, ma è anche un’autocitazione da Tu rostro mañana. Inoltre,
come ricordato anche da Elide Pittarello283, il passo di Tu rostro mañana
che cita Eliot è a sua volta citato nel discorso (poi divenuto articolo)
Mi cubo de la basura, o “so how should I presume?”, scritto dall’autore per
introdurre il Grand séminaire de Neuchâtel dedicato allo studio della
sua opera.
Prima di vedere in che modo le differenti fonti arricchiscano la
lettura de Los enamoramientos, vorremmo elencare gli echi di questo
verso all’interno del romanzo: l’attestazione «¿Quién soy yo para
perturbar el universo?», infatti, è l’espressione più evidente
dell’influenza del poeta modernista (in entrambi i casi la frase è una
domanda), ma viene preceduta da altre tre allusioni più generiche.
La prima volta il passo di Eliot viene usato da Díaz-Varela per
descrivere la situazione del colonnello Chabert:
No hay mayor desgracia, para el que regresa, que descrubrir que está
de sobra, que su presencia es indeseada, que perturba el universo, que
constituye un estorbo para sus seres queridos y que éstos no saben
qué hacer con él.284
281
LE, p. 397.
282
The Love Song of J. Alfred Prufrock, componimento scritto tra il 1910 e il 1911 e
pubblicato per la prima volta nel 1917 all’interno della raccolta Prufrock and Other
Observations.
283
Cfr. Elide Pittarello, Sobre las fotos in Grohmann y Steenmeijer, Allí donde uno
diría que no puede haber nada, cit., p. 101.
284
LE, p. 169, corsivo mio. Cfr., anche un passo che precede di poco l’allusione a
Eliot e che in qualche modo la introduce con un vago richiamo lessicale
(perturbaciones che rimanda a pertubar e mundo che rimanda a universo): «Es decir, hay
que entender, habría querido no causarle más problemas ni perturbaciones, no
94
La seconda e la terza volta è invece citato da María, che riflette sulle
parole dell’amante (il collegamento con il monologo di Díaz-Varela è
rinforzato proprio dal ricorrere delle stesse espressioni linguistiche, tra
cui anche quella che stiamo analizzando). Come abbiamo già
evidenziato in § 3.2, María interpreta le parole dell’amato prima
stabilendo un’analogia fra il colonnello e Deverne (1) e, in seguito, tra
il colonnello e Díaz-Varela stesso (2):
(1) […] el muerto que debe seguir muerto puesto que su muerte
constó en los anales y pasó a ser un hecho histórico y se relató y
detalló, y cuya nueva e incomprensible vida es un incómodo postizo,
una intrusión en la de los demás; el que viene a perturbar el universo que
no sabe ni puede rectificar y que por tanto continuó sin él.285
entrometerse en un mundo que había dejado de ser el suyo, no ser más su pesadilla
ni su fantasma ni su tormento, suprimirse y desaparecer» (ivi, p. 167, corsivo mio).
285
Ivi, pp. 246-247, corsivo mio.
286
Ivi, pp. 247-248, corsivo mio.
95
‘Aunque otros lo hagan [perturbar el universo], como este hombre
que está aquí delante, finge no conocerme pese a que yo bien lo he
querido y nunca le he hecho ningun daño. Pero que otros lo
descompongan y lo zarandeen, y lo violenten de la peor manera, no
me obliga a mí a seguir su ejemplo, ni siquiera con el pretexto de que
yo, al revés que ellos, enderezaría un hecho torcido y castigaría a un
posible culpable y haría un acto de justicia.’287
[…] y un poco más tarde viene la pregunta que nadie se hace antes de
obrar ni antes de hablar: ‘Do I dare disturb the universe?’, porque todo el
mundo se atreve a ello, a turbar el universo y a molestarlo, con sus
rápidas y pequeñas lenguas y con sus mezquinos pasos, ‘So how should I
presume?’.288
Hace tan sólo un par de días, en una página del segundo volumen de
Tu rostro mañana, que ahora escribo con la vacilaciones de siempre,
hice recordar al narrador, Jacques o Jaime o Jacobo Deza, un par de
versos de T. S. Eliot […].289
287
Ivi, p. 397.
288
TRM2, p. 124. La citazione compare anche in TRM3, pp. 391, 549. Vedi anche
Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., pp. 125 e segg.
289
Javier Marías, Mi cubo de la basura, o “So how should I presume?”, in AA. VV.,
Cuadernos de narrativa: Javier Marías. Grand séminaire de Neuchâtel. Coloquio internacional
Javier Marías. 10-12 de noviembre de 2003, Arco/Libros, Madrid, 2005, p. 13.
96
En el proceso de escribir, más de una vez me ha asaltado una duda, o
quizá un remordimiento anticipado: “Si yo tengo la mala suerte”, he
pensado, “de que se me occurra esta idea o de ver lo que he visto,
ideas o visiones más bien desoladoras según mi criterio, ¿qué derecho
tengo a metérselas en la cabeza a nadie, o a hacer que las comparta el
incauto lector que compre este libro?”. No es turbar el universo,
desde luego; pero basta turbarle el ánimo a una sola persona para
sentir cierta responsabilidad por ello […].290
290
Ibidem.
291
Ibidem.
292
Questi i contributi più specifici: Idoya Puig, Cervantes’s presence in Javier Marías’s
Mañana en la batalla piensa en mí, «Cuaderno internacional de estudios
humanísticos y literatura», n. 16, otoño 2011; Alexis Grohmann, “Con las espaldas
altas y desnudas”: Cervantes, Time and Freedom of the Novel in Javier Marías’s Tu rostro
mañana, in Idoya Puig (edited by), Tradition an Modernity: Cervantes’s presence in
Spanish Contemporary Literature, Peter Lang, Oxford, 2009, pp. 157-169; ai quali
possono aggiungersi anche: Irene Zoe Alameda, La voz narrativa como argumento
constante, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías, cit., pp. 73-89; María
Aranda, Narración y sombra: función del “Siglo de Oro” en Tu rostro mañana / 1 Fiebre
y lanza, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías, cit., pp. 189-195.
97
and the role of verisimilitude in the process of writing and, secondly,
the form of the novel and the use of digression»293.
Ne Los enamoramientos l’eredità di Cervantes si manifesta a vari
livelli. Oltre ai due aspetti generali sottolineati dalla Puig e alla già
citata incertezza sul nome di Miguel Desvern, essa, come nota Ángel
Basanta, «es manifiesta en la autocrítica de la novela a través de la voz
y la visión de la narradora, quien, a veces, se convierte en receptora
crítica»294. Inoltre, lo studioso indica come una delle fonti di
ispirazione del romanzo El curioso impertinente, sulla base delle analogie
che legano i due triangoli amorosi: quello tra Lotario, Anselmo e
Camilla e quello tra Díaz-Varela, Deverne e Luisa295.
293
Puig, Cervantes’s presence, cit., p. 134.
294
Ángel Basanta, Los enamoramientos, «El Cultural», 8/4/2011,
http://www.elcultu-ral.es/version_papel/LETRAS/28975/Los_enamoramientos
(ultima consulta-zione 6/9/2013).
295
Il critico probabilmente fonda l’analogia sulla richiesta che María, prima di
scoprire le macchinazioni alla base dell’omicidio, immagina che Deverne abbia
fatto a Díaz-Varela: ‘‘Si alguna vez me ocurriese una desgracia y ya no estuviera
[…] cuento contigo para que te ocupes de Luisa y los niños. […] No te pido que
te cases con ella ni nada por el estilo, evidentemente. […] Pero, por favor,
mantente cerca de ella si yo alguna vez falto. No te retraigas por mi ausencia sino
todo lo contrario: hazle compañía, dale apoyo y conversación y consuelo, ve a
verla un rato a diario y llámala cuanto puedas sin necesidad de pretextos, como
algo natural y que pertenece a su día. Sé una especie de marido sin serlo, una
prolongación de mí. No creo que Luisa saliera adelante sin una referencia
cotidiana, sin alguien a quien hacer partícipe de sus pensamientos y a quien
contarle su jornada, sin un sucedáneo de lo que tiene ahora conmigo, al menos en
algún aspecto. A ti te conoce desde hace tiempo, contigo no tendría que vencer
sus resistencias como con cualquier desconocido. Hasta podrías contarle tus
aventuras y entretenerla con ellas, permitirle vivir vicariamente lo que le parecería
imposible volver a vivir nunca por su cuenta […].’ (LE, pp. 113, 117, 118).
Richiesta a cui Díaz-Varela avrebbe così risposto, sempre secondo quanto
immagina María: «Pero ¿tú te das cuenta de a lo que me arrojarías? ¿Te das cuenta
de lo difícil que es convertirse en un falso marido sin pasar a serlo real a la larga?
En una situación como la que has descrito, es muy fácil que la viuda y el soltero
pronto se crean más de lo que son, y con derechos» (ivi, p. 119).
98
A livello più esplicito, quest’influenza si realizza in una citazione
tratta da El viaje al Parnaso e ai già ricordati accenni a due edizioni del
Quijote296.
Il passo citato è il verso «Tú mismo te has forjado tu ventura»297,
tratto dalla risposta data da Apollo a Cervantes-personaggio per
spiegargli perché a lui tocchi restare in piedi, mentre gli altri poeti
prendono posto su scranni assegnati in base al loro merito. Il passo è
ricordato dalla narratrice mentre ascolta Luisa parlare del gorrilla
colpevole dell’uccisione di Deverne:
Sin da questo riferimento (si tratta della prima citazione del romanzo)
emerge chiaramente la funzione didattica della letteratura299, una
scuola di vita i cui insegnamenti tuttavia gli uomini tendono a
dimenticare.
È interessante notare anche la giustapposizione dei verbi recordar
e citar. È tipica di Marías l’accumulazione di termini simili per arrivare
a un significato più esatto, ma in questa occasione essa appare
particolarmente pregnante e ci sembra offrire una riflessione sull’atto
296
Vedi supra, § 3.4.
297
Miguel de Cervantes, Viaje al Parnaso, IV, v. 79. V. anche id., Quijote, II, 66,
1168 «cada uno es artefice de su fortuna».
298
LE, pp. 80-81.
299
Secondo la classificazione di Morawski, la funzione di questa citazione è quella
di invocare un’autorità.
99
stesso di citare. Si pensi infatti alle parole di Compagnon che
definiscono la lettura come:
Pues ¿quién, en todo tiempo y lugar, no ha querido ser otro del que
es? ¿Y quién no ha temido lograrlo y querer después volver a ser el
que fue y dejó de ser? ¿Quién no teme hoy, en suma, las palabras del
propio Cervantes? Dijo: «Tú mismo te has forjado tu ventura».302
300
Il passo di Antoine Compagnon è tratto da La Seconde main ou le travail de la
citation (1979); noi citiamo da: Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit. (p. 93).
301
MBP, p. 37.
302
Javier Marías, Nuestra ventura, LYF.
303
Dell’amore di Julían Marías per questa frase si parla in Antonio Astorga, Julián
Marías: «La guerra civil fue consecuencia de una ingente frivolidad», «ABC», 17/12/2012,
http://www.abc.es/20120429/cultura-libros/abci-julian-marias-guerra-civil-20120
4271954.html (ultima consultazione: 7/8/2013). La frase è citata dal filosofo
nell’articolo Cervantes como clave española.
100
4.5 Tesoro de la lengua castellana o española
La citazione successiva è assai curiosa. Si tratta di un’inusuale citazione
da un vocabolario che, tuttavia, è alquanto “narrativo”. Il suo autore,
Sebastián de Covarrubias (1539-1613), infatti, introduce
costantemente la prima persona per manifestare opinioni personali,
fare divagazioni, raccontare storie o aneddoti.
La citazione è riportata da Luisa durante la conversazione con
María ed è accompagnata da indicazioni generali sull’opera da cui è
tratta:
304
LE, pp. 83-84.
305
Anche in altre opere di Marías si parla di questo particolare potere dei libri: vedi
MBP, p. 70: «basta con que no leamos un libro para que no sepamos la principal
advertencia» e il racconto Lo que dijo el mayordomo in MED, p. 163: «los libros que no
leemos están llenos de advertencias» (corsivo dell’autore).
101
Sebbene Luisa ricordi la frase per descrivere una possibilità in realtà
non realizzata, avanzando nella lettura del romanzo ci renderemo
conto che Covarrubias aveva effettivamente ragione.
A conferma di questo, il riferimento a questa frase ritorna anche
esplicitamente nel finale del romanzo, quando María ricorda le parole
di Luisa, che vengono riproposte identiche secondo un procedimento
caro all’autore307. Ricordando nuovamente il passo, si sottolinea il fatto
che l’avvertimento è rimasto ingiustamente inascoltato, avendo Luisa
sposato quell’amico da cui avrebbe dovuto guardarsi.
Da notare sono anche il rapido accenno all’attività di traduzione
e alla presenza fisica del libro. In questo caso, come già con Le Colonel
Chabert, Marías riproduce all’interno del romanzo una raffigurazione di
sé stesso che cita un’opera consultandola.
306
Questo consiglio risveglia nel lettore fedele di Marías il ricordo del tradimento a
danno del padre di Deza descritto in Tu rostro mañana.
307
LE, p. 396: «‘Pero sí a los inductores’, había añadido, y me había leído parte de
la definición de Covarrubias de ‘envidia’, fechada en 1611, lamentándose de que ni
siquiera a eso pudiera achacarse la muerte de su marido: ‘Lo peor es que este
veneno suele engendrarse en los pechos de los que nos son más amigos, y
nosotros los tenemos por tales fiándonos de ellos; y son más perjudiciales que los
enemigos declarados’».
102
superabundancia del corazón habla la boca’, se lee en la Biblia en
algún sitio308.
103
opere dell’autore. Infatti, esso riecheggia una formula introdotta in
Todas las almas e poi usata tre volte in Corazón tan blanco: «la boca está
siempre llena y es la abundancia». Nei precedenti romanzi, la fonte
biblica (non esplicitata) era usata in maniera ancora più libera e quasi
sempre presentata in contesti erotici, particolarmente audaci nel caso
di Todas las almas310. Possiamo osservare che, in corrispondenza di una
delle tre occorrenze di Corazón tan blanco, si rileva un’ulteriore analogia
a livello lessicale con Los enamoramientos, poiché compare anche qui il
verbo persuadir311:
310
«Que tenga la polla en la boca de Muriel es incomprensible […]. Mucho más
incomprensible que ir a tenerla, como la tendré muy pronto, metida en su sexo,
pues en su sexo –es de esperar– no habrá habido nada durante las últimas horas,
mientras que en su boca ha habido chicle y ginebra y tónica y hielo, y humo de
cigarrillos, y cacahuetes, y mi lengua, y risa, y también palabras que yo no he
escuchado. (La boca está siempre llena y es la abundancia.)» (TLA, pp. 164-165)
«[…] hablar un poco sin prestar atención y con impaciencia, simular que se
adquieren méritos en una conversación, una anécdota, observar la boca, servir el
vino, ser educado, encender cigarrillos, reír, la risa es a veces el preludio del beso y
la expresión del deseo, su transmisión, sin que se sepa por qué, la risa desaparece
luego durante el beso y el cumplimiento, casi nunca hay risa mientras la gente se
abraza despierta sobre la almohada y las bocas ya no se observan (la boca está
llena y es la abundancia), se tiende a la seriedad por risueños que sean los
prolegómenos y las interrupciones, la demora, la espera, la prolongación y las
pausas, un respiro, la risa se corta, a veces también las voces, se callan las voces
articuladas, o hablan con vocativos o interjectivamente, no hay nada que traducir»
(CTB, p. 307). Nell’unico caso in cui non compare in contesti erotici, l’immagine è
comunque associata a un vizio, in questo caso a quello del fumo e del cibo: «Ya no
debía de temer al fuego, porque el camarero le trajo la caja de puros, cogió sin
dudarlo uno (conocía las marcas), no lo olisqueó (era un hombre educado,
tampoco llevaba sortijas), se lo llevó a la boca –la boca mojada que está llena y es
la abundancia– y permitió que le acercaran demasiado a la cara una llama inmensa
con la que se lo prendieron» (ivi, p. 346).
311
È ancor più ovvio l’eco di Todas las almas, vedi nota precedente.
104
escucharía, el incomprensible susurro que nos persuade. La boca está
siempre llena y es la abundancia.312
Il medio verso è tratto dalla ballata La Belle Dame Sans Merci314 del 1819,
dove si racconta la storia di un cavaliere che incontra una giovane
misteriosa della quale si innamora, ma da cui viene immediatamente
abbandonato. La trama può ricordare quella de La canción de Lord
Rendall, anche per il fatto che entrambe le donne servono del cibo agli
amanti e che lo scenario dei due amori è sempre un bosco.
Dopo l’incontro, il cavaliere di Keats è assalito da incubi che
possono dirci qualcosa circa la concezione dell’innamoramento in
Marías:
312
CTB, p. 238. Attraverso il termine persuadir si stabiliscono altre connessioni tra i
due romanzi; si confronti ad esempio questo passo de Los enamoramientos con
quello appena citato: «Le habían proporcionado un móvil seguramente para
hacerle ellos llamadas, no para que llamara él […], para persuadirlo al oído, como quien
susurra […]» (LE, p. 210), corsivo mio.
313
LE, pp. 353.
314
Il titolo è in francese perché tratto da un poemetto del XV secolo di Alain
Chartier.
105
Pale warriors, death-pale were they all;
They cried – ‘La Belle Dame sans Merci
Hath thee in thrall!’315
315
John Keats, Complete poems, edited by Jack Stillinger, Harvard University press,
Cambridge (MA), 1978, p. 271. Traduzione tratta da http://www.keats-shelley-
house.org (ultima consultazione 6/11/2013): «Cerei re vidi, e principi e guerrieri /
Tutti eran pallidi di morte/ “La belle dame sans merci” mi dicevano / “Ha ormai
in pugno la tua sorte”».
316
Ivi, p. 270. Traduzione tratta da http://www.keats-shelley-house.org (ultima
consultazione 6/11/2013): «Perché soffri, oh cavaliere in armi / E pallido indugi e
solo? / Sono avvizziti, qui i giunchi in riva al lago / E nessun uccello cantando
prende il volo».
106
que mal recuerdo, algo así dice ese verso antiguo que leí en mi
adolescencia.317
O und die Nacht, die Nacht, wenn der Wind voller Weltraum
uns am Angesicht zehrt -, wem bliebe sie nicht, die ersehnte,
sanft enttäuschende, welche dem einzelnen Herzen
mühsam bevorsteht. Ist sie den Liebenden leichter?
Ach, sie verdecken sich nur mit einander ihr Los.318
317
LE, p. 396.
318
Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, Traduzione e introduzione di Piero Marelli,
edizione con testo a fronte, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2007, p. 52 (il testo
originale delle Duineser Elegien a fronte segue l’edizione contenuta nella Sämtliche
Werke pubblicata da Insel Verlag, Frankfurt am Main, nel 1955). Dalla traduzione
italiana di Marella risulta impossibile riconoscere la citazione: «Ah la notte, la
notte, mentre il vento con tutti / i suoi luoghi ci divora la faccia: e la desiderata /
resterebbe con noi, in dolce inganno pensando / su ogni cuore. Sarà allora per gli
amanti più facile? / Ah sì, negandosi osservando il destino!» (ivi, p. 53); si veda
però la versione di Franco Rella: « Oh e la notte, la notte quando il vento colmo
del sogno del mondo / ci consuma il volto, chi non resta la desiderata dolcemente
disillusa, /che sul cuore estenuato faticosamente incombe? È forse più lieve agli
amanti?/Ah, essi nascondono l’uno all’altro il fato» (Rainer Maria Rilke, Elegie
duinesi, Introduzione, traduzione e commento di Franco Rella, edizione con testo a
fronte, BUR, Milano, 1994, p. 54).
319
Cfr. Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 312.
320
Cfr. supra, p. 64.
321
Rainer Maria Rilke, Antología poética, estudio versión y notas de Jaime Ferreiro
Alemparte, Espasa-Calpe, Madrid, 1968, p. 113.
107
D’altronde, che l’autore conosca perfettamente l’opera del poeta
boemo e, in particolare, le elegie duinesi è dimostrato, oltre che dalla
loro ricorrente presenza in Tu rostro mañana322, dal capitolo di Vidas
escritas a lui dedicato (§ Rainer Maria Rilke a la espera). Come nelle altre
biografie di quella raccolta, Marías si concentra più su aneddoti curiosi
della sua vita che non sulla sua produzione letteraria; tuttavia,
menziona due volte proprio le elegie duinesi323. In quella sede,
definisce Rilke «el más grande poeta del siglo»324.
Non possiamo sapere perché Marías abbia deciso in questo caso
di non indicare la paternità del riferimento intertestuale. Il risultato, in
ogni caso, è quello di aprire al lettore con cui condivide lo stesso
universo di letture “adolescenziali” un percorso privilegiato all’interno
del romanzo, regalandogli il «piacere dell’agnizione»325.
A chi sappia riconoscere la fonte, il riferimento apparirà
particolarmente calzante poiché il passo del romanzo in cui è inserito
condivide con l’elegia anche il tema generale. Nel romanzo, infatti, la
citazione viene inserita dopo che María ha ricordato il passo del
Covarrubias che negava la possibilità della purezza nei rapporti di
amicizia, troppo spesso corrotti dall’invidia; il passaggio successivo è
quello di arrivare, attraverso la citazione di Rilke, a dubitare anche dei
nostri amanti (di nuovo, è la letteratura a metterci in guardia). Allo
stesso modo, nell’elegia, il sospetto nei confronti dell’amato è l’ultimo
stadio di un percorso di disillusione. Ecco infatti i versi che precedono
322
Cfr. Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., pp. 311, 313, 314, 317, 322,
324, 328, 335, 355, 356, 358, 363.
323
VE, p. 84 e p. 85.
324
Ivi, p. 86.
325
Cfr. Polacco, L’intertestualità, cit., p. 90.
108
quello citato da Marías, che esprimono una più generica
preoccupazione e un senso di solitudine:
326
Rilke, Elegie duinesi, cit., p. 52. «Ma di chi possiamo / fidarci? Degli angeli no e
degli uomini nemmeno / e anche gli astuti animali sanno sicuramente che /
questo mondo decifrato non è la nostra / tranquilla dimora […]» (ivi, p. 53).
109
5. La realtà come motore della finzione
327
NET, p. 17.
328
L’autore ha dichiarato di aver preso in prestito la vita del padre per la stesura di
Tu rostro mañana. Cfr. Paolo Lepri, Javier Marías: «ho preso in prestito la vita di mio
padre», «Corriere della sera», 10/5/2010, http://archiviostorico.corriere.it/2010/
110
e che è ancora troppo recente perché le persone interessate lo abbiano
dimenticato329. Anche se uno scrittore di finzione non deve «pedir
permiso para introducir ahí, en su ficción, a cualquier persona o
episodio real que conozca»330, come Marías ha scritto in Negra espalda
del tiempo, da un punto di vista giuridico (e di marketing) le cose vanno
diversamente; d’altra parte è innegabile che l’autore abbia ragione
quando afferma che se lo scrittore decide di farlo «nada ni nadie se lo
podrá impedir»331, e infatti così è stato.
L’evento reale che è entrato a far parte del romanzo è la morte di
Luis Marsans (figlio del fondatore dell’impresa Viajes Marsans),
avvenuta nel 2004 e, a suo tempo, ampiamente documentata dai
quotidiani spagnoli332. Marías ne ricalca i dettagli con irriverente
esattezza: come Deverne, Marsans fu ucciso durante le prime ore del
pomeriggio, nel distretto di Chamartín, con un pugnale dalla lama di
sette centimetri, proprio il giorno del suo compleanno; in tutti e due i
casi, l’omicida era un parcheggiatore abusivo, scagliatosi contro la
vittima pensando che gli avesse rapito le figlie per introdurle nella rete
della prostituzione.
A oggi – ottobre 2013 – la critica non ha ancora indicato questo
maggio/17/Javier_Marias_preso_prestito_vita_co_9_100517046.shtml (ultima
consultazione 16/10/2013).
329
Cfr. infra, n. 333.
330
NET, p. 65.
331
Ibidem.
332 Come testimonia la Prof.ssa Ana Tobío Sala – che ha conosciuto Marías negli
anni della giovinezza (è ricordata fugacemente anche in Negra espada del tiempo) –
tuttavia, molto probabilmente, l’autore non è venuto a sapere di questa morte solo
dai giornali: Luis Marsans era infatti il fratello dell’ex-compagna di Elias Querejeta,
Maria Marsans, e la coppia faceva parte del gruppo di amicizie dello scrittore nel
periodo della movida. L’evento quindi lo avrebbe toccato da vicino, nonostante i
rapporti tra lui e Querejeta si fossero incrinati a causa dell’adattamento
cinematografico di Todas las almas del 1996, finanziato da quest’ultimo (cfr. infra,
§ 7.1).
111
fatto di cronaca come matrice del romanzo333, benché l’autore abbia
esplicitamente dichiarato almeno in un’occasione il suo debito nei
confronti della realtà:
333
Lo ha fatto però un utente anonimo tra i commenti di un blog, cfr.
http://juandelaciervabiblioteca.blogspot.it/2011/04/los-enamoramientos-de-
javier-marias.html (ultima consultazione: 12/10/2013). L’utente ha così
commentato il fatto che il romanzo descrivesse un evento reale: «no creo que sea
ni de buen gusto para la familia de éste, si es que ha tenido conocimiento. Éste
hecho me ha desagradado bastante»; un altro ha invece scritto: «Plagio y mal gusto
al escribir mentiras copiando la realidad» (ibidem).
334
Intervista radiofonica di Mario De Santis a Javier Marías
(http://www.youtube.com/watch?v=Z-76eF5HYZI). La trascrizione è mia.
Ipotizziamo che l’amica di cui parla sia Mercedes López-Ballesteros perché, come
scrive l’autore in un articolo in cui parla di lei, «lleva […] seis años en la misma
empresa, desayunando a diario en una cafetería cercana a su sede» (Javier Marías,
Hacia la ley del más grosero, in Harán de mí un criminal, Alfaguara, Madrid, 2003, p.
236). Il dettaglio, di per sé trascurabile, risulta più significativo se si considera che
la traduttrice è variamente omaggiata all’interno del romanzo.
335
Cfr. con il passo di Mañana en la batalla piensa en mí in cui il narratore consulta la
pagina dei necrologi sul giornale per cercare informazioni sulla morte di Marta.
336
Per agevolare la consultazione li riproduciamo in appendice.
112
[el gorrilla337] lo había apuñalado repetidamente, tirándole las
cuchilladas al tórax y a un costado338, según un periódico, a la espalda
y el abdomen339, según otro, y a la espalda, el tórax y el hemitórax340,
según un tercero. También divergían en el número de navajazos
recibidos por el empresario: nueve341, diez342, dieciséis343, y el que daba
esta última cifra —quizá el más fiable, porque el redactor citaba
‘revelaciones de la autopsia’— añadía que ‘todas las puñaladas
afectaron a órganos vitales’ y que ‘cinco de ellas eran mortales, según
dedujo el forense’344.345
Según otros, le gritó una sarta de frases ininteligibles de las que sólo
captaron dos: ‘¡Me quieres dejar sin herencia!’346 y ‘¡Me estás quitando
el pan de mis hijos!’347.348
‘Tras debatirse unas cinco horas entre la vida y la muerte, sin recobrar
en ningún instante el conocimiento, la víctima falleció a primeras
horas de la noche349, sin que los médicos pudieran hacer nada por
salvarla’.350
337
L’autore riutilizza questa parola prendendola dai giornali (cfr. LE, p. 46, 47, 48,
50, ecc.). Glauco Felici ha mantenuto il termine nella traduzione italiana,
scrivendolo il corsivo e aggiungendo, alla prima attestazione, una nota esplicativa:
«Gorilla, diminutivo di gorra “berretto”» (Javier Marías, Gli innamoramenti, Einaudi,
Torino, 2012, traduzione di Glauco Felici, p. 29).
338
Cfr. Appendice, p. 175.
339
Ivi, p. 171. Si tratta dell’unico articolo on-line nel quale abbiamo trovato
accenni alle ferite all’addome, ma non si fa riferimento a ferite alla schiena.
340
Ivi, p. 174.
341
Ivi, p. 171.
342
Ivi, p. 174
343
Ivi, p. 178.
344
Ibidem.
345
LE, p. 47.
346
Cfr. Appendice, p. 171.
347
Ibidem.
348
LE, pp. 46-47.
349
Cfr., Appendice, p. 171.
350
LE, p. 393. Questa frase non è tratta dal passo di quella che abbiamo chiamato
“rassegna stampa”. María ricorda questa frase letta nei giornali nel finale del libro
e essa la fa dubitare delle parole di Díaz-Varela: non le sembra infatti possibile che
i medici abbiano esaminato il corpo per cinque ore senza essersi resi conto della
sua malattia.
113
ficción o no ficción o en aparente ficción o en aparente no ficción»351.
Questa rassegna stampa rappresenta il momento in cui l’autore
più si avvicina a rivelare di aver introdotto un evento reale all’interno
del suo romanzo; c’è, tuttavia, una differenza considerevole tra la
riproduzione degli articoli attraverso la voce di María e quella fatta a
livello grafico in Negra espalda del tiempo352. Nel caso de Los
enamoramientos, fare riferimento ai giornali può essere interpretato dai
lettori come un semplice meccanismo, tutto interno alla finzione,
volto a creare verosimiglianza: gli articoli, insomma, sembrano
inventati dall’autore; in Negra espalda del tiempo, invece, la riproduzione
smaschera la natura della fonte, confondendo in maniera più esplicita
il confine fra realtà e fantasia.
In un’intervista, Marías ha dichiarato che il suo desiderio quando
scrive è che il lettore non distingua «the different origins of the
material but reads everything as what it is – as part of a novel»353.
Questo proposito è perfettamente realizzato ne Los enamoramientos,
mentre nelle sue opere precedenti rappresentava una vera sfida per il
lettore, a cui si richiedeva di considerare come inventato qualcosa che
gli veniva al contempo dimostrato essere vero. Los enamoramientos si
presenta dunque come un’opera più semplice e meno innovativa da
questo punto di vista, sebbene apra percorsi di lettura più complessi a
chi risalga alla notizia dell’omicidio Marsans. Potenzialmente, essa dà
materiale sufficiente per mettere in moto una reazione ancor più
351
Dichiarazione dell’autore raccolta in Michael Pfeiffer, El destino de la literatura.
Entrevistas con: Rafael Argullon, Bernardo Atxaga, Félix de Azúa, Luis Alberto de Cuenca,
Javier Marías, Eduardo Mendoza, Quim Monzó, Antonio Muñoz Molina, Soledad Puértolas,
José Ángel Valente, El acantilado, Barcelona, 1999, pp. 104-105.
352
Ricordiamo, infatti, che nella “falsa novela”, quando viene commentato un
articolo, come ad esempio quello sui due librai di Oxford, l’autore ne include una
copia originale.
353
Cfr. Sarah Fay, Javier Marías, The Art of Fiction No. 190, cit.
114
potente di quella generata da Todas las almas e potrebbe essere seguita,
a sua volta, da un metaromanzo di commento.
Trovandosi davanti agli articoli che narrano la stessa storia del
libro, si stenta a credere che ciò che appariva così romanzesco possa
essere invece realtà: un uomo è stato veramente ucciso nel mezzo della
strada in pieno giorno, esattamente il giorno del suo compleanno.
Marías riesce così a dimostrare che la verità è – paradossalmente –
inverosimile, come scriveva nell’articolo Los malditos detalles:
[…] la vida está llena de ellas [de verdades inverosímiles], mucho más
que la peor novela, ninguna se atrevería a dar cabida en su seno a
todos los azares y coincidencias posibles, infinitos en una sola
existencia, no digamos en la suma de las habidas y de las que aún
discurren.355
354
Javier Marías, Los malditos detalles, in id., Mano de sombra, Alfaguara, Madrid,
1997, p. 275, corsivo dell’autore.
355
LE, p. 309.
356
Cfr. Emanuele Pirani, Esercizi di semiotica fantomatica: postmodernismo, testo estetico,
discorso cognitivo in Fantomas contra los vampiros multinacionales, Tesi di laurea
inedita in Semiotica del testo, Università degli Studi di Bologna, Relatore: Prof.
115
le narrazioni stesse dei giornali, che finiscono per essere concepite, a
loro volta, come false:
116
sulla natura testuale della nostra conoscenza del mondo e della storia,
una conoscenza mediata e non oggettiva: «The past really did exist,
but we can only know it today through its textual traces»359.
Tuttavia, a differenza dei romanzi analizzati dalla critica canadese
– tutti di stampo chiaramente postmodernista – e di altre opere
dell’autore, ne Los enamoramientos la fusione di materiali di realtà e
fantasia non è esplicitata attraverso un’autocoscienza della narrazione.
Sebbene, come si è visto, non manchino considerazioni a proposito
del fatto che passato che esiste solo in qualità di racconto, la
complessità attraverso cui in questo romanzo finzione e realtà
vengono equiparate rimane in parte ignorata, se il lettore non riesce a
risalire alla fonte primaria rappresentata dagli articoli.
Stabilire il legame intertestuale cambia la lettura dell’opera anche
in un altro senso, consentendoci di osservare il laboratorio dello
scrittore da una prospettiva privilegiata e di apprendere qualcosa a
proposito della genesi del romanzo. L’aneddoto letto sui quotidiani
mette in moto la fantasia e il pensiero dell’autore. Come già ricordato,
all’interno del romanzo Díaz-Varela spiega come ciò che importa delle
opere di finzione non è la trama, ma son le riflessioni che ci spingono
a fare, le idee che ci suggeriscono i loro casi immaginari, che
ricordiamo con maggior nitidezza rispetto a quelli reali. Ebbene,
scoprendo la fonte da cui Marías ha sviluppato Los enamoramientos,
possiamo immaginarlo leggere gli articoli sulla romanzesca morte
dell’impresario proprio come se si trattasse di racconti, traendo da essi
lo spunto per una riflessione che occupa le oltre 400 pagine dell’opera
e che, a partire da un evento particolare, arriva a toccare vari grandi
359
Hutcheon, A Politics of Postmodernism, cit., p. 78.
117
temi universali come la morte, il tradimento, la colpa, il pericolo della
conoscenza.
118
119
6. Personaggi migranti
120
realtà e finzione.
Il riconoscimento di queste figure provoca nel lettore la
sensazione di appartenere a un circolo di destinatari speciali e
selezionati, più vicini all’autore e in grado di comprendere il suo
linguaggio autoreferenziale. Tali agnizioni possono però talvolta
andare al di là del puro piacere ludico ed “erudito” e servire a mettere
in relazione testi diversi, generando nuovi significati.
Nella produzione di Marías la dimensione intertestuale dei
personaggi può basarsi su elementi diversi ed essere più o meno
specifica. In alcuni casi possiamo riconoscere un identico personaggio
spostarsi attraverso differenti testi, in altri di esso si manterranno solo
alcuni dettagli come il linguaggio, il nome o certi tratti dell’aspetto
fisico.
Ne Los enamoramientos veri e propri personaggi intertestuali sono
Francisco Rico e Ruibérriz de Torres, due figure ricorrenti nell’opera
dell’autore. Questi, nelle loro peregrinazioni, non oltrepassano solo il
confine tra testi, ma anche quello tra realtà e finzione. Un altro
personaggio migrante (più difficilmente riconoscibile) è il medico che,
secondo quanto dice Díaz-Varela, avrebbe diagnosticato a Deverne il
suo male. Si tratta del Dottor Vidal, che ritroviamo in due articoli
pubblicati su El País.
Diverso il caso di Luisa, Díaz-Varela e María che, pur non
essendo già noti ai lettori di Marías, stabiliscono comunque delle
connessioni con altri testi, riecheggiando alcuni tratti specifici di
personaggi che vi compaiono.
Per quanto riguarda Luisa, come osserva Maricarmen R.
Margenot, è il nome che contribuisce a creare «un alto grado de
121
intertextualidad»363: si chiamano così, infatti, le mogli dei narratori dei
romanzi Corazón tan blanco e di Todas las almas (e quindi anche di Tu
rostro mañana) e dei racconti Mientras ellas duermen, Domingo de carne e
Cuando fui mortal; Luisa è anche la sorella di Marta Téllez in Mañana en
la batalla piensa en mí. Interrogato sul perché di quest’uso ricorrente,
l’autore ha dichiarato:
No hay más razón que esta: me siento cómodo, en las novelas, con
pocos nombres de pila. Unos me parecen demasiado vulgares (como
no llamarle nada al personaje), otros demasiado literarios o
alambicados. Luisa es uno de los que me van bien, por eso lo utilizo
en casi todas mis novelas. También Marta, por ejemplo. En mi vida
personal no ha habido ninguna Luisa ni ninguna Marta de
importancia para mí. No hay más, de verdad.364
363
Maricarmen R. Margenota, El narrador ante el personaje femenino en algunas obras de
Javier Marías, «Crítica Hispánica», n. XXIV, 2003, p. 99.
364 Entrevistas digitales. Los internautas preguntan a Javier Marías, 11/4/2011,
122
indistintamente en los relatos y en las novelas del autor»367. Abbiamo
già sottolineato nell’introduzione come in effetti, nonostante il sesso
femminile, la voce narrante de Los enamoramientos sia assimilabile a
quella delle opere precedenti, sia per lo stile linguistico che per la
riflessività.
367
Navarro Gil, Los relatos de Javier Marías, cit.
368
Lo nota anche Elide Pittarello, cfr. l’intervento tenuto presso l’Istituto
Cervantes di Madrid il 16/7/2013 (http://cervantestv.es/2013/07/16/una-
celebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/, ultima consultazione: 14/10/2013).
369
LE, p. 111. I riferimenti alla bocca e alla miopia costellano l’intero libro e
costituiscono una delle vistose risonanze del romanzo.
123
En la segunda […] intenta resultar muy duro, y a ello lo ayuda un
poco el mentón más decidido que enérgico y fantasmalmente partido, pero esos
labios femeninos siguen restando veracidad a la representación elegida.
[…]
Ha perdido pelo y la frente es ahora un rasgo, antes era una transición
solamente. Se percibe bien el estrabismo del ojo izquierdo, claramente más
pequeño que el derecho, en el cual, en cambio, se adivina mejor la miopía
innegable. […]
Aquí sí resulta duro, pero es obvio que de nuevo está fingiendo. O
aún es más: está jugando. A ser Lee Marvin o Jack Palance o ni
siquiera: Ciu Gulager. Lo ayuda un poco la cerrada, azulada barba
[…].370
370
Javier Marías, Autorretrato farsante, in MIR, pp. 117-125.
371
NET, p. 21.
372
CTB, p. 182.
373
Vedi infra, § 4.2.
124
cuenta eso»374. L’uguaglianza dei tratti fisici sembra allora suggerire che
Díaz-Varela sia un alter ego dello scrittore, attraverso cui
rappresentare «quien [él] pud[o] ser pero no fu[e]»375. Il fatto che si
tratti di una figura così ombrosa non deve lasciare perplessi: Marías,
infatti, ama attribuire alcune delle sue caratteristiche ai personaggi più
negativi per fare ironia su sé stesso.
Anche il narratore di Todas las almas era servito all’autore per
esplorare la sua biografia rimasta in potenza. Nell’articolo Quién escribe,
commentava così le analogie che lo legano a lui:
374
Javier Marías, Lo que no sucede y sucede, in LYF.
375
Id., Quién escribe, in LYF.
376
Ibidem.
377
Come nota Valls, con i nomi di Javier e María «casi podría componerse el del
autor» (Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32). Su questa coincidenza
onomastica che «no puede ser casual» (ibidem) riflette più diffusamente Jorge
Volpi, secondo il quale ne Los enamoramientos Marías, cedendo la sua voce a una
narratrice donna, cerca di ristabilire la natura ermafrodita degli esseri umani che si
sarebbe persa per una punizione divina (come sostenuto da Platone), salvo poi
dover «constatar que la ansiada reconciliación entre sus dos mitades ―entre Javier
y María― es, en efecto, inalcanzable» (Volpi, Los enamoramientos: un diálogo
platónico de Javier Marías, cit., p. 72).
Nella sua opera, Marías ama giocare con il proprio nome. Oltre che in Negra
espalda del tiempo, anche nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED) il narratore si
chiama Javier Marías. Il racconto Gualta (MED) ha per protagonisti due
125
loro “situazione” si mantiene una certa vaghezza e probabilmente non
è casuale il fatto che Díaz-Varela sia l’unico, nel libro, di cui non
conosciamo il mestiere378. Certo, nessun lettore sarà facilmente
disposto a ritenere Marías il mandante di un assassinio379, ma è pur
vero che, se anche lo fosse, non lo sapremmo, come nessuno lo sa
della figura da lui creata.
Ne Los enamoramientos l’identificazione tra autore e personaggio è
complicata dal fatto che non hanno lo stesso cognome. Questa
differenza, come nota lo stesso Marías, ha una portata maggiore
rispetto al «sencillísimo subterfugio»380 di Todas las almas che voleva il
narratore sposato e con un figlio, quando l’autore è invece scapolo:
personaggi identici che si chiamano Javier e Xavier (questo è il nome con cui
l’autore veniva chiamato dalla madre e anche quello che ha scelto in qualità di
regnante dell’isola di Redonda). Javier è infine il falso nome con cui il narratore di
Mañana en la batalla piensa en mí si presenta alla prostituta che gli sembra la sua ex-
moglie.
378
Intervistato da Michela Murgia per il Circolo dei lettori (Torino) il 3 dicembre
2012, Marías ha dichiarato che c’era un preciso motivo per cui non aveva voluto
specificare il lavoro svolto da Díaz-Varela, dicendo che lo avrebbe spiegato più
avanti se la scrittrice glielo avesse chiesto, il che però non è avvenuto. Per il
discorso completo vedi: http://www.youtube.com/watch?v=wmtT
KJ488RE&list=P-L1X2j-_j8IF0ZsiUIMiycbhc78RwKANCa (ultima consulta-
zione: 21/8/2013).
379
Vedi però quanto scrive César Pérez Gracia a proposito della raccolta Mala
índole «Llega uno a preguntarse si la biografía del autor madrileño es fiable, o si por
el contrario, en lugar de dar clases en Oxford o Boston, ha estado a la sombra en
algún presidio de campanillas. No sé, un doctorado en delincuencia comparada
por Alcatraz o Sing Sing. El estrangulador de Chamberí. Su familiaridad con ese
mundo, su simpatía o cercanía, su forma de codearse con personajes siniestros,
nos deja atrapados a la página como meros comparsas. Es casi imposible asimilar
ese mundo sin haberlo vivido. ¿Basta el cine o la imaginación literaria para
lograrlo?» (César Pérez Gracia, De Oxford a Alcatraz. Cuentos de Marías, «Heraldo»,
18 ottobre 2012).
380
Marías, Quién escribe, cit.
126
noventa, ni llamarme Juan (puesto que me llamo Javier), yo, el autor,
sí podría haberme casado y haber tenido un hijo a mi regreso de la
ciudad de Oxford.381
381
Ibidem.
382
Massimo Fusillo, L’altro e se stesso. Teoria e storia del doppio, La Nuova Italia
Editrice, Firenze, 1998, p. 18.
383
Javier Marías, Siete razones para no escribir novelas y una sola para escribirlas, in LYF.
Nel discorso di ingresso alla Real Accademia l’autore individua un’altra ragione
per scrivere romanzi, così riassunta da Francisco Rico: «JM ha empezado su
discurso con una confesión de humildad y lo ha acabado con una manifestación
de arrogancia. El razonamiento, dejado en los huesos, viene a ser éste: contar la
realidad es empresa imposible, porque toda realidad es infinitamente compleja,
multiforme, y el lenguaje no llega a abarcarla por entero; precisamente por esa
127
6.3 Ruibérriz de Torres
Nell’articolo Ser y no ser quien se es, Marías ci racconta che Ruibérriz è
uno dei cognomi della sua famiglia e che da questi cognomi egli ha
liberamente attinto, specialmente per attribuirli a personaggi «más bien
sinvergüenzas o amenazantes»384. Come ha dichiarato in un’intervista a
Elide Pittarello, alla base di questa omonimia:
c’è una specie di ammiccamento, non rispetto al lettore, che non deve
per forza sapere quali sono i miei cognomi secondari, ma rispetto a
me stesso, vale a dire: «Io sono anche questo, sono anche questi
individui senza scrupoli». Lo posso essere in modo effimero o lo
posso essere in modo immaginario.385
imposibilidad, sólo el autor de ficciones puede contar las cosas por entero, porque
incluso cuando asume elementos reales las cosas no tienen más dimensión que el
lenguaje y es el tránsito a la ficción lo que les da una realidad inalterable y
permanente» (Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, cit., p. 47).
384
Javier Marías, Ser y no ser quien se es, 2005, http://www.javiermarias.es/-
2005/08/javier-maras-ser-y-no-ser-quien-se-es.html (ultima consultazione:
20/6/2013). L’altro cognome della famiglia dell’autore ceduto a personaggi
negativi è Custardoy.
385
Marías, Voglio essere lento, cit., p. 33.
386
L’autore si prende in giro anche nel capitolo dedicato agli scrittori: «todavía hay
algún pirado que sigue utilizando esta última [la máquina] y al que después hay que
escanearle los textos, cuando los entrega» (LE, p. 32). Cfr. Valls, El hombre de la flor
de lis, cit., p. 33.
387
Il racconto fu pubblicato per la prima volta a puntate su El País nel 1995 e poi
incluso nella raccolta Cuando fui mortal.
128
di uno stesso personaggio migrante. Cominciamo confrontando la
descrizione del Ruibérriz de Los enamoramientos con quella presente in
Mañana en la batalla piensa en mí (evidenziamo in corsivo gli elementi
ricorrenti):
388
LE, pp. 215-216.
129
acariciando o midiendo. Es uno de esos individuos a los que, vayan como vayan
vestidos uno ve siempre en niki y con botas altas, y creo que con esto ya he
dicho bastante.389
389
MBM, pp. 112-113.
390
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32.
130
Ruibérriz de Torres se alisó el pelo con coquetería. Le bastaba saber
que había una mujer notable en las inmediaciones para segregar
virilidad y ponerse presumido. Aunque él no la viera ni ella a él; todo
un poco animalesco, se le hinchó el niki.391
391
CFM, p. 186.
131
differenza di Juan, con i suoi interlocutori, deviando la conversazione
verso direzioni da lui prescelte. Per sottolineare la fedeltà della
traduzione, l’autore sceglie di trascrivere due volte la stessa identica
frase, sempre in spagnolo, anche quando essa dovrebbe comparire in
inglese, come si può osservare negli esempi seguenti:
—Le vas a decir esto palabra por palabra al bigotes, Roy, no te dejes
ni una sílaba. Dile esto: Usted es un matón y un cerdo, y la única
maricona gorda es su amiguita del pañuelo. —Así dijo en inglés, con
la boca torcida que se le ponía a menudo y que hacía desconfiar de él
a las madres de sus fans más jóvenes. […]
Y yo se lo dije a Ricardo César, le dije en español (pero con titubeos):
―Usted es un matón y un cerdo, y la única maricona gorda es su
amiguita del pañuelo. —En español sí dije “maricona gorda” tal cual,
y nada más soltarlas me di cuenta de que era la primera vez que esas
palabras concretas se pronunciaban allí realmente, aunque no eran
mucho más ofensivas que “bailona” o “nena vieja”.393
392
MI, pp. 78-79.
393
Ivi, pp. 86-88.
132
Il Ruibérriz di Mala índole è diverso dagli altri. Si tratta di una
figura più raffinata, priva di quei tratti volgari che caratterizzano i suoi
omonimi. La sua voce è la voce dei narratori di Marías, lontanissima
dall’eloquio rozzo del personaggio de Los enamoramientos e in questo
caso l’omonimia non sembra suggerire né giustificare alcuna
sovrapposizione. Il dubbio che essa non sia casuale, tuttavia, può
insinuarsi quando, en passant, il personaggio ricorda a Díaz-Varela che
è ricercato in Messico per un fatto successo tanti anni prima, quando
era solo un ragazzo. Nelle ultime pagine del romanzo, poi, María lo
incontra di nuovo e gli chiede di raccontarle cosa gli fosse successo in
quel Paese, tanti anni prima. Questi le rivela di aver ucciso un uomo,
ma di averlo fatto per legittima difesa. Tutto era avvenuto per colpa di
Elvis Presley, per il quale stava lavorando.
A questo punto, l’agnizione è inevitabile per il lettore di Mala
índole (anche l’età coincide: i due avevano entrambi ventidue anni
quando vissero la medesima avventura). Chi legge crederà a Ruibérriz,
saprà che dice il “vero” (accettando come verità quella dell’universo
letterario di Marías), e la sovrapposizione che finalmente si compie
muterà in positivo la sua percezione del personaggio: l’empatia che
aveva provato nei confronti del narratore del racconto dovrà, infatti,
necessariamente trasferirsi anche sul personaggio de Los
enamoramientos. Tuttavia, le differenze tra i due continuano a creare
delle stonature insanabili, generando nel lettore un certo
disorientamento. Lo sconcerto viene aumentato dal fatto che per la
prima volta questi sentirà venire meno l’aderenza tra sé e la voce della
narratrice, che sinora l’aveva guidato394: non potrà dubitare con lei di
394
Per questo rapporto di identità tra personaggio e lettore, cfr. Fusillo, L’altro e se
stesso, cit., p. 18.
133
Ruibérriz e, con lei, deriderlo o compatirlo. Così infatti la narratrice
commenta la sua confessione:
C’è però anche un altro gruppo di lettori, quelli che non conoscono
Mala índole, per i quali non si produrrà, verosimilmente, alcuno
scollamento tra le impressioni della narratrice e le proprie. Come a
María, anche a loro sembrerà che Ruibérriz stia mentendo e questa sua
bugia contribuirà a rinforzare la commiserazione mista a rimprovero
che provano nei suoi confronti.
Oltre a produrre una diversa lettura dell’opera, questo
riferimento intertestuale rappresentava un premio per i lettori più
fedeli dello scrittore: quando uscì Los enamoramientos, Mala índole era
conosciuto solo dai lettori di nicchia, non solo perché il genere del
racconto è meno popolare rispetto a quello del romanzo, ma anche
perché l’edizione del 1998 era introvabile da tempo. Tuttavia, la
promozione che ha accompagnato la riedizione dell’opera nel 2012 ha
smascherato questo legame segreto, riducendo il piacere che poteva
essere ricavato dalla sua scoperta. Con l’obiettivo di incrementare le
vendite della raccolta, infatti, l’autore e la casa editrice hanno
esplicitato in più occasioni la provenienza letteraria del personaggio di
395
LE, pp. 383-384.
134
Ruibérriz396. Dunque, anche in questo caso, come per il volume di
racconti di Balzac, possiamo riscontrare un risvolto economico
dell’intertestualità e vedere come essa possa essere sfruttata per
contagiare con il successo dello scrittore anche opere meno
commercializzabili397.
396
Ad esempio, nella Nota previa all’edizione, Marías dichiara che a Mala índole si fa
«leve referencia» ne Los enamoramientos (Javier Marías, Nota previa a esta edición, in
MI, p. 9) e nella quarta di copertina il racconto viene descritto come un romanzo
breve «sobre las divertidas y espeluznantes andanzas de un viejo conocido,
Ruibérriz de Torres, durante el rodaje en México de una película con Elvis
Presley». L’autore parla del legame tra i due testi anche in un’intervista rilasciata a
Cadena SER il 10 ottobre 2012 per la promozione della raccolta (per il discorso
completo vedi: http://www.cadenaser.com/cultura/video/literatura-_escritor-
_entrevista- _javier _marias-cuentos-javier-marias/csrcsrpor/20121010csrcsrcul
_1/Ves, ultima con-sultazione 21/8/2013).
397
Vedi anche: Cecilia Dreymüller, Las leyes del mercado. Acerca del fenómeno literario y
editorial de Javier Marías, in José Manuel López de Abiada, Hans-Jörg Neuschäfer y
Augusta López Bernasocchi, Entre el ocio y el negocio: industria editorial en la España de
los 90, Verbum, Madrid, 2001, pp. 83-92. L’articolo, in cui si descrivono le
relazioni intertestuali che intercorrono tra Todas las almas e Negra espalda del tiempo
come un puro espediente commerciale (l’autrice parla di «autoplagio»), è tuttavia a
nostro parere poco scientifico e caratterizzato da un’eccessiva vena polemica.
398
LE, p. 101.
399
Ne Los enamoramientos e in Tu rostro mañana osserviamo Rico fumare una
sigaretta con identica noncuranza: TRM3, p. 239: «Estaba indolentemente sentado
en una butaca, […] en la mano un cigarrillo cuya ceniza dejaba caer al suelo
dándole golpecitos tenues con la uña del pulgar al filtro. Era obvio que si alguien
no le ponía un cenicero justo debajo, él no iba a molestarse en buscarlo», LE, pp.
135
parolaccia davanti al figlioletto di Luisa e inizia a parlare di coltellate
risvegliando involontariamente nella vedova brutti ricordi.
Il famoso cattedratico non è l’unico personaggio reale presente
nei romanzi di Marías: a lui vanno aggiunti, per fare degli esempi, lo
scrittore John Gawsworth (di cui si parla in Todas las almas, in Negra
espalda del tiempo e nel racconto Un epigrama de lealtad400), il professor
Peter Russell (chiamato Peter Wheeler in Tu rostro mañana) e Margaret
Thatcher (si ritiene infatti che sia lei il funzionario inglese di Corazón
tan blanco). La presenza di queste figure «en compañía de personajes y
en una situación enteramente ficticios»401 rappresenta un chiaro
esempio di osmosi tra il mondo della realtà e quello della fantasia.
L’autore, tuttavia, ha avuto cura di sottolineare che «el hecho
accidental de que alguien lleve en una novela el mismo nombre que
lleva en la vida no priva de ser ficticio al de la novela, esto es, al que es
contado o representado»402. Questo concetto, ne Los enamoramientos, è
evidenziato dal fatto che Francisco Rico è il protagonista di quello che
Jorge Volpi definisce uno degli episodi più romanzeschi dell’opera403 e
che appare come un personaggio di finzione anche a María; questo è
104-105: «Sacó un cigarrillo y lo encendió, como si hacerlo sin consultar fuera hoy
tan normal como cuarenta años atrás. Luisa le alcanzó en seguida un cenicero […]
El Profesor hizo un gesto condescendiente con la mano en la que sostenía el
cigarrillo, y al hacerlo se le cayó. Lo miró en el suelo con desagrado y curiosidad,
como si fuera una cucaracha andante que no era de su responsabilidad, y esperara
que alguien la recogiera o la matara de un pisotón y la apartara de un puntapié. Al
no inclinarse nadie, echó mano de su cajetilla y sacó otro pitillo. No parecía
importarle que el caído pudiera quemar la madera, debía de ser de esos hombres
para los que nada es grave y que suponen siempre que otros lo pondrán todo en
su sitio y arreglarán los desperfectos».
400 Il racconto fu pubblicato per la prima volta nel 1989 su Revista de Occidente
136
infatti ciò che pensa la narratrice osservando il professore parlare con
Díaz-Varela a casa di Luisa:
404
Ivi, p. 105.
405
Sfruttiamo il termine cinematografico usato da Marías in NET (p. 61) e poi
ripreso da Fernando Valls in questo contesto (cfr. Valls, El hombre de la flor de lis,
cit., p. 33).
406
È lo stesso autore a confermarci che si tratta di lui in Negra espalda del tiempo.
407
L’articolo uscì per la prima volta su El País il 12 giugno 1998, poi è stato
raccolto in Literatura y fantasma.
408
Così lo descrive in NET, p. 60.
137
pretesto per inserire degli intermezzi comici all’interno della
narrazione409. La sua figura, infatti, è sempre ritratta in maniera
irriverente e la caratterizzazione del personaggio si basa sul contrasto
tra due aspetti: la seriosità accademica e la goffaggine. Nel caso di
Todas las almas, ad esempio, dopo essere stato presentato come «el
mayor y más joven experto mundial en Cervantes según él mismo»410,
lo osserviamo intento a scambiarsi effusioni con una ragazza
“ingombrante”411; in Corazón tan blanco, invece, questa ambivalenza
emerge chiaramente sin dalla sua prima ossimorica descrizione: «el
profesor Villalobos […] es sobre todo conocido (para un público muy
letrado) por sus estudios sobre pintura y arquitectura españolas del
XVIII, amén de por su infantilismo»412.
Anche nella sua rappresentazione fisica ci sono elementi reiterati.
Per cominciare, le sue fattezze sono sempre note ai narratori, ancor
prima di incontrarlo, per averlo visto in foto o in televisione413.
Ritornano poi la bocca umida414, la calvizie portata con nonchalance415 e
409
Come nota Elide Pittarello, episodi comici non mancano neanche nei romanzi
più cupi dell’autore e tutta la sua opera è percorsa da “fulgoraciones burlescas”
(cfr. Pittarello, Contar con el miedo, cit., p. 14). Ne Los enamoramientos contribuisce ad
arricchire questa dimensione anche il capitolo che parla degli scrittori (per un
approfondimento, vedi Pittarello, Prólogo, cit., p. 11).
410
TLA, p. 158.
411
«gruesa» (ivi, p. 165), «ingombrante» è la traduzione di Glauco Felici (Javier
Marías, Tutte le anime, Einaudi, Torino, 1999, p. 130).
412
CTB, pp. 334-335.
413
«Yo lo conocía de fotografías» (TLA, p. 158), «la cara de éste la conocía bien de
la televisión y los diarios» (TRM3, p. 237), «La cara del Profesor Rico la conocía
bien, ha salido numerosas veces en la televisión y en la prensa» (LE, p. 101).
414
«Después de cada bocado o trago se pasaba la servilleta por la boca mojada,
que seguía mojada después de secarsela» (CTB, p. 338), «boca grande, bien trazada
y como esponjosa» (TRM3, p. 238), «boca muelle» (LE, p. 101).
415
«una muy bien llevada calva» (TLA, p. 158), «un hombre calvo que curiosa y
audazmente no se comportava como calvo» (TRM3, p. 237), «su calva limpia y
muy bien llevada» (LE, p. 101).
138
l’abbigliamento raffinato416.
In particolare, circa quest’ultimo, è interessante notare che, in
Negra espalda del tiempo, l’autore/narratore ci informa che Rico non era
rimasto molto soddisfatto della sua apparizione in Todas las almas,
salvo «haberse visto complacido por algún detalle indumentario y dos
o tres adjetivos»417: Marías ha dunque insistito su questo punto per
lusingare l’amico, anche se in maniera beffarda. Analogamente, torna
ne Los enamoramientos ad attribuirgli «una melancolía de fondo»418,
tratto che il professore aveva dimostrato di apprezzare e desiderare
per le sue rappresentazioni. Secondo quando si racconta ancora in
Negra espalda del tiempo, infatti, quando Rico si informava sul
personaggio che avrebbe potuto impersonarlo in Corazón tan blanco,
avrebbe detto «No está mal, no me desagrada. Me ha gustado lo del
enaltecimiento. ¿Es melancólico el personaje?»419. Attraverso Negra
espalda del tiempo – che intrattiene con gli altri romanzi dell’autore una
relazione metatestuale – si amplifica, dunque, la dimensione
canzonatoria delle apparizioni di Rico.
In generale, si può affermare che la figura di Rico (così come
quella di Ruibérriz) genera nel lettore di Marías un piacere analogo a
416
In Todas las almas indossa una camicia di Ferré, in Corazón tan blanco un
doppiopetto di Gigli, in Tu rostro mañana un completo di Zelda o Cordeliani e una
camicia di Cuprì o Sensatini, ne Los enamoramientos si parla della sua «elegancia
negligente –algo inglesa, algo italiana–» (LE, p. 101) e ci si sofferma a lungo sulla
descrizione dei suoi abiti: «el Profesor Rico vestía una bonita chaqueta de color
verde nazi y llevava la corbata algo aflojada con despreocupación, una corbata más
intensa y luminosa –verde sandía, quizá– sobre una camisa marfil. Iba bien
intonado sin que pareciera haber mediado estudio en la acertada combinación,
pese al pañuelo verde trébol que asomaba del bolsillo de la pechera, quizá ese era
un verde de más» (ivi, p. 104).
417
NET, p. 61.
418
LE, p. 101.
419
NET, p. 62. Di seguito, il narratore si affrettava a specificare che «El profesor
Rico no es muy melancólico que digamos, quizá por eso le interesaba parecerlo en
la ficción» (ibidem).
139
quello che l’amante dei gialli prova di fronte al continuo ripresentarsi
dei topoi del genere: entrambi vengono pervasi da «un senso di pace e
di rilassamento, legato alla familiarità e alla rassicurazione data da
situazioni già conosciute e amate in precedenza»420.
420
Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 35.
421
Per il discorso completo tenuto il 28 aprile del 2011 vedi:
http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima con-
sultazione: 22/7/2013).
140
mayores. Tuttavia, così come aveva fatto per l’articolo di cronaca sulla
morte di Marsans, nel romanzo l’autore fornisce numerosi indizi per
permettere al lettore di compiere autonomamente il riconoscimento.
Infatti, quando la narratrice insiste con Díaz-Varela perché le dica il
nome completo del medico, questi non solo glielo fornisce (si chiama
José Manuel Vidal Secanell e «con el segundo apellido no había
pérdida»422), ma le suggerisce anche il modo di rintracciarlo: «no tienes
más que consultar la lista del Colegio de Médicos o como se llame,
seguro que estará en Internet»423. Ulteriori informazioni vengono
fornite successivamente quando María scopre che il dottore lavora
presso la Unidad Médica Angloamericana, situata in Calle Conde de
Aranda, nel quartiere di Salamanca.
Con tutti questi dati, il lettore dotato di sufficiente spirito
investigativo (la narratrice dichiara di non averne abbastanza)424 può
iniziare a indagare sull’omicidio Deverne e controllare la versione di
Díaz-Varela, varcando a sua volta il confine tra realtà e finzione.
Sospetterà, comunque, con María, che il medico sia un «viejo
compañero suyo y no de Desvern»425 e che continuerà quindi a
coprirgli le spalle.
422
LE, p. 355.
423
Ivi, p. 343.
424
Cfr. ivi, p. 355.
425
Ibidem.
141
7. Intersezioni tra letteratura e arti visive
7.1 Il ruolo del cinema nell’opera di Marías
L’influenza del cinema sull’opera di Marías è evidente e lo stesso
autore ha in più occasioni riconosciuto i suoi debiti nei confronti di
quest’arte; tuttavia sono ben pochi i contribuiti critici che sono stati
dedicati a indagare questo aspetto del suo lavoro. Non è nostra
intenzione colmare qui tale lacuna: con questo paragrafo introduttivo
vorremmo solo offrire alcuni esempi dai quali speriamo si evinca, da
un lato, la longevità di questa relazione e, dall’altro, la pluralità di modi
in cui essa si è realizzata.
La settima arte ha influenzato l’opera di Marías sin dai suoi
esordi; anzi, Los dominios del lobo è senz’altro la sua opera più
“cinematografica”. Esso è stato definito da Herzberger «a novel made
of movies»426: si tratta, infatti, di un pastiche costruito, come dichiarato
dall’autore427, attingendo a piene mani da pellicole americane degli
anni quaranta e cinquanta e che può essere considerato una loro
novellizzazione428. Il debito è chiaramente svelato nel finale del
romanzo, quando, attraverso un meccanismo di metafinzione429,
scopriamo che le storie che abbiamo letto avevano luogo su uno
schermo cinematografico. Sebbene la schematizzazione di Genette
non sia stata pensata per catalogare i rapporti intermediali, ci sembra
426
Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 48.
427
Cfr. il prologo all’edizione del 1987.
428
Il termine novellizzazione indica la trasposizione di un film in un racconto
letterario. Vedi Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 54 e Raffaele De
Berti, La novellizzazione in Italia. Cartoline, romanzo, rotocalco, radio, televisione, «Bianco
e Nero», 1 (fascicolo 548), gennaio-aprile 2004.
429
Los dominios del lobo è stato definito appunto «a metafictional novel»
(Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 50).
142
di poter definire “ipertestuale” la relazione che lega Los dominios del lobo
ai film che l’hanno ispirato.
Sempre cercando di applicare le categorie del critico francese a
un campo per il quale non erano state inizialmente ideate,
catalogheremmo sotto la voce “intertestualità” le parti di Corazón tan
430
blanco e Mañana en la batalla piensa en mí in cui l’autore descrive
alcune scene di film che i personaggi stanno guardando in televisione.
Il meccanismo ricorda da vicino quello che la critica cinematografica
indica con l’espressione citazione-riporto431: una citazione-riporto è
proprio la presenza di un film in un altro che si realizza per mezzo di
uno schermo secondario che compare all’interno dell’inquadratura.
Questa tecnica a sua volta è «facilmente assimilabile alla virgolettatura
nel verbale»432.
Non sempre però i riferimenti a scene tratte da film sono indicati
da marcatori così chiari. Infatti, come ha detto l’autore:
es raro que no haya en ellas [mis novelas] alguna escena o pasaje que,
calladamente, no sea deudor de algo contemplado en la oscuridad de
una sala y retenido en la memoria para siempre jamás.433
Ci sono poi racconti, come Mala índole e Menos escrúpolos, che hanno
inizio su dei set e che ci mostrano il mondo del cinema, invece che
430
Per l’analisi dei riferimenti cinematografici in questo secondo romanzo vedi
Elizabeth Scarlett, Victors, Villains, and Ghosts: Filmic Intertextuality in Javier Marías’s
Mañana en la batalla piensa en mí, «Revista canadiense de estudios hispánicos»,
vol. 28, n. 2, invierno 2004, pp. 391-410; Vincenzo Magitti, § La novellizzazione
postmoderna. Puig, Coover, Marías, Bram e Viel in id., Lo schermo tra le righe. Cinema e
letteratura del Novecento, Liguori Editore, Napoli, 2007; Herzberger, A Companion to
Javier Marías, cit., pp. 166 e 175.
431
Vedi Alberto Negri, Lucidi disincantati. Forme e strategie nel cinema postmoderno,
Bulzoni, Roma, 1996.
432
Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 18.
433
Javier Marías, Todos los días llegan, in DTS p. 30. Vedi Polverini, La violenza dello
sguardo, cit., pp. 146-147, dove si elencano alcuni ascendenti cinematografici di Tu
rostro mañana.
143
dall’usuale prospettiva dello spettatore in sala, da dietro le quinte. A
differenza di quello che si potrebbe pensare, l’autore non fa particolare
leva su questo mutato punto di vista per fare riflessioni di tipo
metanarrativo e parlare della genesi delle opere d’arte. Tuttavia, anche
se solo implicitamente, lo scenario del set suggerisce al lettore di
pensare all’artificiale come reale (quello che oggi vedo su uno schermo
è stato in passato vivo e tridimensionale) e al reale come artificiale (gli
attori sono persone vere ma stanno fingendo).
L’influenza della settima arte sulla sua opera si manifesta anche
attraverso frequenti accenni ad attori, meccanismo ricordato da
Antonio Costa come uno dei modi in cui il cinema può comparire
nella letteratura434. Come ha affermato lo stesso Marías, «Jerry Lewis y
Sean Connery, George Sanders y Jack Palance han aparecido a veces
en [sus] novelas para ayudar a describir a un personaje (las menos) o
como mera sugerencia de un error o una amenaza»435.
Inoltre l’importanza di quest’arte si rileva a livello di tecniche e
stile. Lo stesso autore ha infatti dichiarato: «Los nacidos en los años
cuarenta y cincuenta […] narrativamente hablando debíamos tanto a la
literatura como al cine, aunque nos valiéramos de las palabras en
nuestra tarea»436. Un esempio di meccanismo cinematografico
riprodotto da Marías in letteratura è quello del cameo.
Lo scrittore ha anche dedicato a riflessioni sul cinema molti
articoli, descrivendo il lavoro dei suoi attori e registi preferiti, le trame
dei film che ha amato e la sua relazione con la settima arte. Questi
articoli sono raccolti nel volume Donde todo ha sucedido. Al salir del cine.
434
Antonio Costa, Nel corpo della parola, l’immagine: quando la letteratura cita il cinema,
in Massimo Fusillo e Marina Polacco, La letteratura e le altre arti, «Contemporanea.
Rivista di studi sulla letteratura e sulla comunicazione», 3, 2005, p. 59.
435
Marías, Todos los días llegan, cit., p. 31.
436
Ibidem.
144
Infine, visto che stiamo parlando di intermedialità, non ci sembra
fuori luogo accennare anche alle transcodificazioni di direzione
opposta, ossia alle versioni cinematografiche di opere dell’autore.
Sinora soltanto Todas las almas è stato portato sullo schermo, nel
1996, da Gracia Querejeta con il titolo El último viaje de Robert Rylands.
La pellicola non piacque a Marías che, oltre a esprimere la sua
indignazione su El País con l’articolo El novelista va al cine437, querelò la
regista e il produttore, vincendo la causa, e pretese che ogni
riferimento alla sua persona e al suo romanzo venissero eliminati dai
titoli.
In seguito rifiutò di cedere i diritti per la realizzazione di film
ispirati a Mañana en la batalla piensa en mí o Corazón tan blanco, anche
perché, a suo avviso, «no se prestan mucho porque son novelas en las
que la voz narrativa es tan importante como la historia, como el
argumento»438. Nel 2011 ha però firmato un contratto con una casa di
produzione di Hollywood che realizzerà un adattamento di Tu rostro
437
Uscito il 6 novembre 1996 e poi raccolto nel volume Donde todo ha sucedido. A
questo articolo risposero pubblicando il 10 novembre dello stesso anno un
articolo sempre su El País sia Gracia Querejeta (A Marías) che il padre Elías,
produttore del film (Algunas precisasiones sobre El último viaje de Robert Rylands).
Marías scrisse un’ulteriore risposta, El novelista se sale del cine, uscita la domenica
successiva (17 novembre) e poi anch’essa inclusa nella succitata raccolta. L’autore
parla di questo fatto anche in Negra espalda del tiempo. Per altre informazioni su
questo film, vedi: Dona Kercher, Javier Marías’s novel, Todas las almas, and Gracia
Querejeta’s El último viaje de Robert Rylands, «Cine-Lit», n. 3, 1997, pp. 100-112.
438
Dichiarazione dell’autore riportata in Isabel Lafont, Dal libro al cine, un viaje
peliagudo, «El País», 29/1/2009, http://javiermariasblog.wordpress.com/2009/01/
(ultima consultazione: 11/9/2013). In un altro articolo, Marías ha invece
dichiarato di aver rifiutato tutte le proposte di adattamenti cinematografici di
Mañana en la batalla piensa en mí per non scatenare l’ira di un certo Ruibérriz de
Torres che lo aveva contattato quando uscì il romanzo, lamentandosi del fatto che
un personaggio negativo fosse suo omonimo. L’uomo convenne che «lo escrito
escrito estaba» (Marías, Ser y no ser quien se es, cit.), ma che auspicava che il suo
nome non venisse usato in modo così sconveniente anche in un film perché «eso
ya era más grave» (ibidem).
145
mañana439 e nel 2012 ha annunciato che il regista cinese Wayne Wang
porterà al cinema il racconto Mientras ellas duermen440.
439
Cfr. Ana Mendoza, Tu rostro mañana, de Javier Marías, será llevada al cine por
Hollywood, «EFE», 6/4/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/06
/tu-rostro-manana-de-javier-marias-sera-llevada-al-cine-por-hollywood/ (ultima
consultazione: 13/11/2013).
440
Cfr. Susana Gaviña, Waine Wang llevará al cine Mientras ellas duermen, de Javier
Marías, «ABC», 10/10/2012, http://www.abc.es/20121010/cultura-libros/abci-
wayne-wang-llevara-cine-201210091743.html (ultima consultazione 13/11/2013).
441
Antonio Costa, Nel corpo della parola, l’immagine, cit., p. 61.
146
Roland, uno de aquellos hombres simpáticos ya olvidados por casi
todo el mundo.442
Tenía una nariz recta y picuda con el hueso muy marcado, parecía
más romano que madrileño y me recordaba a aquel actor, Vittorio
Gassman, no en su viejez de aire más noble sino cuando interpretaba
a truhanes.443
442
LE, p. 318.
443
Ivi, p. 215.
444
Ivi, pp. 374-375.
445
Ivi, p. 215. L’impermeabile di pelle nera come simbolo stereotipato del male era
stato usato dall’autore anche nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED).
446
LE, p. 20.
147
mentre glielo toccava con l’indice447. Sebbene il riferimento sia dato in
maniera abbastanza incerta (forse per mettere alla prova il lettore e la
sua cinefilia), è possibile individuare la fonte nella pellicola Charade
(1963), diretta da Stanley Donen, in cui compaiono Audrey Hepburn
e, appunto, Cary Grant. Questo film è tra l’altro ricordato dall’autore
come uno dei suoi preferiti nell’articolo Campanadas y viento y fantasma y
muerto448.
Quest’ultimo esempio risulta particolarmente significativo perché
mette in relazione il voyeurismo di María con quello degli spettatori al
cinema: la narratrice, infatti, guarda la coppia proprio come noi
potremmo guardare le figure che si muovono su uno schermo, ossia
con interesse ma senza la possibilità di interagirvi, né di essere a nostra
volta visti («Ellos no me necesitaban, ni probablemente a nadie, yo era
casi invisible, borrada por su contento»449). L’analogia viene sviluppata
poche pagine più avanti, quando la narratrice paragona la coppia ai
protagonisti di un film (o di un libro):
les deseaba todo el bien del mundo, como a los personajes de una
novela o de una película por los que uno toma partido desde el
principio, a sabiendas de que algo malo va a ocurrirles, de que algo va
a torcérseles en algún momento, o no habría novela o película.450
148
un’opera di finzione.
I riferimenti sin qui analizzati servono sì per arricchire la
dimensione “visiva” del romanzo, ma sono anche frutto di inevitabili
associazioni mentali, ossia di un processo che non ha niente a che fare
con la letteratura ma che è invece proprio della nostra esperienza
quotidiana. Infatti, come l’autore ha affermato nell’articolo La que tan
bien había amado:
451
Javier Marías, La que tan bien había amado, in DTS, p. 256.
I processi associativi sono un tema importante della poetica di Marías. In Todas las
almas il personaggio di Alan Mariott, analizzando elementi dell’opera dello
scrittore gallese Arthur Manchen (1863-1947), arriva a teorizzare il concetto di
pareja espantosa che si basa proprio su processi associativi capaci di generare
immagini perturbanti: «Los horrores de Manchen son muy sutiles. Dependen en
buena medida de la asociación de ideas. De la conjunción de ideas. De la capacitad
para unirlas. Usted puede no asociar nunca dos ideas de modo que le muestren su
horror, el horror de cada una de ellas, y así no conocerlo en toda su vida. Pero
también puede vivir instalado en él si tiene la mala suerte de asociar
continuamente las ideas justas.» (TLA, p. 114). Marías ha trattato questo tema
anche nell’articolo Cabezas llenas (LYF), dove parla della relazione tra scrittura e
follia. Il testo si conclude con un’analisi delle «sensaciones de locura» (corsivo
dell’autore) sperimentate da lui stesso e provocategli proprio dalle associazioni di
cui sopra, le quali gli danno un senso di vertigine e ansia dal momento che ad esse
si accompagna una rappresentazione del mondo come «un todo sin resquicios ni
escapatorias». Al di là delle riflessioni esplicite, nella sua opera affiorano continui
esempi di associazioni involontarie che stanno alla base, ad esempio, del
presentimiento de desastre di Corazón tan blanco. Inoltre, come è stato scritto, «Los
procedimientos asociativos de los narradores de Javier Marías encadenan
elementos que parecen distintos y aislados entre ellos en una estructura perfecta
donde cada razonamiento lleva al siguente de una manera intelegible» (Rusca,
Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., p. 41; vedi anche Sandra
Navarro Gil, La narrativa de Javier Marías, «Revista Fábula», 11, invierno 2002, p.
39). Ne Los enamoramientos troviamo anche un’attestazione del termine asociación
proprio con questo significato; la utilizza Luisa per spiegare come si sente dopo la
morte del marito: «No sé, es como si tuviera otra cabeza, se me ocurren
continuamente cosas que antes nunca habría pensado […] como si fuera otra
persona desde entonces, u otro tipo de persona, con una configuración mental
desconocida y ajena, alguien dado a hacer asociaciones y a sobresaltarse con ellas»
(LE, p. 68, corsivo mio). Si veda anche quest’altro passo (parla sempre Luisa): «Ya
149
Cinema, fotografia, vita (e letteratura) entrano allora a far parte di un
unico bagaglio di esperienze che si confonde con facilità, come si
evince chiaramente dal passo di Corazón tan blanco in cui il Professor
Villalobos cerca di ricordare la storia della moglie cubana di Ranz:
150
Come scrive Isle Logie, «hasta nuestros recuerdos van mediatizados
por relatos e imágenes apócrifas y poseen un fuerte carácter
intertextual»455.
L’autore fa riferimento al cinema anche in quanto
“istituzione”456, facendolo comparire all’interno del romanzo
attraverso i mestieri dei personaggi. Come si notava in § 1, la maggior
parte di essi è occupata in settori afferenti alla scrittura, ma Miguel
Deverne era proprietario di una casa di distribuzione e di varie sale
cinematografiche. Inoltre, a un certo punto Ruibérriz accenna alla sua
remota esperienza lavorativa su un set messicano, descritta in Mala
índole.
Non siamo stati in grado di individuare allusioni nascoste a
sequenze di film, ma il giornalista argentino Horacio Otheguy Riveira
definisce – senza però sviluppare meglio questo pensiero – la scena in
cui María ascolta la conversazione tra Ruibérriz e Díaz-Varela
«excelente cine»457, probabilmente riferendosi all’ambientazione noir
del passo458.
Infine, si deve segnalare che tutti i riferimenti al Macbeth
potrebbero essere considerati citazioni cinematografiche, o almeno
citazioni con doppio riferimento intertestuale. La conoscenza della
455
Logie, La traducción, emblema de la obra de Javier Marías, in Steenmeijer, El
pensamiento literario de Javier Marías, cit., p. 74.
456
Cfr. Costa, Nel corpo della parola, l’immagine, cit., p. 66. Quando la letteratura cita
il cinema, secondo il critico, può riferirsi: a) al cinema in quanto istituzione; b) al
cinema in quanto dispositivo; c) al cinema come linguaggio, tecnica; d) a un film o
a una categoria di film.
457
Horacio Otheguy Riveira, Sublime María Dolz en Los enamoramientos de Javier
Marías, «Suite 101», 13/11/2012, http://suite101.net/article/personajes-de-
novela-maria-dolz-de-los-enamoramientos-a84119#axzz2PPvtzz5h (ultima con-
sultazione: 20/6/2013).
458
Di ispirazione noir sono anche certi aspetti della trama di Mañana en la batalla
piensa en mí (cfr. Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 166).
151
tragedia da parte dell’autore passa, infatti, anche attraverso il film di
Orson Welles del 1948, come ha dichiarato lui stesso:
459
Javier Marías, Todos los días llegan, in DTS, pp. 30-31.
460
Per il discorso completo vedi: http://cervantestv.es/2013/07/16/una-
celebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/(ultima consultazione: 14/10/2013).
461
La descrizione scritta di opere d’arte realmente esistenti o esistite viene
chiamata ékphrasis mimetica, quella di opere inventate invece ékphrasis nozionale (cfr.
Michele Cometa, Letteratura e arti figurative: un catalogo, «Contemporanea. Rivista di
studi sulla letteratura e sulla comunicazione», n. 3, 2005, p. 20).
152
abbastanza completi sull’argomento462.
Innanzi tutto è bene ricordare che descrizioni di scatti e dipinti
sono presenti in numerosi scritti di Marías, ma che in alcuni esse
svolgono un ruolo particolarmente importante, come in Todas las
almas, Negra espalda del tiempo e Tu rostro mañana, o addirittura centrale,
come nel caso di Miramientos.
I riferimenti alle immagini si possono distinguere in due grandi
classi: da un lato, quelli che sono accompagnati da una riproduzione
della fonte all’interno del volume e, dall’altro, quelli che ne sono privi.
I primi danno vita a ciò che Stephen Miller ha definito Graphic-Lexical
Dialogue463, ossia alla collaborazione di parole e immagini nella
costruzione del senso, attraverso la reciproca influenza («las palabras
iluminan la imagen que a su vez ilumina las palabras»)464.
Il primo effetto dell’inclusione della fonte grafica all’interno del
testo consiste nel far collassare le convenzioni della rappresentazione
letteraria, «invadida por una emanación no metafórica del referente»465.
L’immagine è un documento del reale che, posto all’interno di un
contesto fittizio, spinge a interrogarsi circa i limiti della finzione.
Come ha scritto Herzberger a proposito della “falsa novela”: «while
the graphic materials thus seem to stabilize the lexical and referential
foundation of Negra espalda del tiempo […] they also serve the more
complex and ironic function of confounding this foundation»466.
La presenza di materiale grafico, inoltre, consente a chi legge di
sviluppare una propria lettura personale, rendendo l’opera più che mai
462
In particolare: Elide Pittarello, Sobre las fotos, in Grohmann y Steenmeijer, Allí
donde uno diría que no puede haber nada, cit., pp. 95-113; Stephen Miller, Graphic-lexical
Dialogue in Marías and Rivas, «Romance Quarterly», vol. 51, Spring 2004.
463
Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit.
464
Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 112.
465
Ivi, p. 104.
466
Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 128.
153
aperta467. Come scrive Miller, infatti, «depending on the extent to
which the reader reacts personally to the Marías word-picture
dialogue, the reader’s dialogue with the images and with Marías may
be as important as Marías’s»468. In questo senso, la scelta di riprodurre
la fonte ha una funzione assimilabile a quella che ha spinto l’autore a
riscrivere all’interno de Los enamoramientos ampi frammenti delle opere
di Balzac e Dumas: anche qui il testo citato scavalca quello che lo sta
citando per proporsi direttamente al lettore ed essere fruito
(apparentemente) senza mediazioni.
Ciò che accomuna tutte le descrizioni, sia quelle corredate dalla
fonte sia quelle che ne sono prive, è il fatto che non nascono da
letture filologiche469: quadri e fotografie, infatti, seppur osservati da
uno sguardo estremamente analitico, sono sempre oggetto di un
commento personale ed emotivo, che cerca di rimettere in moto
l’immagine, sfuggendo, come scrive l’autore nel prologo di Miramientos,
a «todo intento de objectividad, o su simulacro»470. Questo è evidente,
ad esempio, nella già citata descrizione dei quadri del Parmigianino in
Veneno y sombra y adíos, in quella rabbiosa del Rembrandt osservato
attraverso gli occhi dal guardiano del Prado in Corazón tan blanco o
ancora nei commenti ai ritratti di Gawsworth in Todas las almas e dello
zio Alfonso in Fiebre y lanza. In particolare, quando i personaggi si
dedicano ad analizzare la raffigurazione di un volto, possiamo
riconoscere nel loro sguardo quello di uno “scrutatore di anime” che,
in questo caso, attraverso l’immagine cerca di rimettersi in contatto
con una persona defunta e, spesso, non conosciuta.
467
Cfr. Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 112.
468
Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit., p. 99.
469
Cfr. la dichiarazione di Elide Pittarello: http://cervantestv.es/2013/07/16/una
-celebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/(ultima consultazione: 14/10/2013).
470
Javíer Marías, Prólogo, in MIR, p. 14.
154
7.4 Immagini paratestuali
155
tipicamente pop478 ed è una raffigurazione «del optimismo y la
felicidad»479.
Una volta iniziata la lettura, sarà inevitabile far coincidere
«metafóricamente»480 i protagonisti dello scatto con Luisa e
Deverne481. Il particolare della fotografia dal quale viene
maggiormente attratto lo sguardo dello spettatore è il sorriso della
donna, che può essere ricollegato dal lettore a una riflessione della
narratrice a proposito della coppia perfetta:
A legare la coppia della foto a quella del romanzo c’è anche la stessa
spontaneità. Valls, infatti, ci informa che, benché Erwitt conoscesse le
persone ritratte, «la instantánea no está preparada»483. Nei due non
possiamo quindi cogliere alcun «gesto edulcorado ni impostado, ni tan
siquiera estudiado, como los de algunas parejas que llevan años
conviviendo y tienen a gala exhibir lo enamoradas que siguen»484,
come a María non risultava possibile osservando Luisa e Deverne.
478
La stessa immagine era già stata usata per la copertina del disco di platino The first
of a million kisses (1988) della band inglese Fairground Attraction.
479
Justo Cerna, Reseña de Los enamoramientos, «Ojos de papel», 2/5/2011,
http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article=4025.
480
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32.
481
Non altrettanto automatica era invece l’identificazione con una delle coppie
descritte nella raccolta Cuando fui mortal.
482
LE, pp. 16-17.
483
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. Valls non cita la fonte da cui ha tratto
questa informazione.
484
LE, p. 17.
156
L’altra immagine paratestuale è una fotografia dell’autore,
riprodotta nella seconda di copertina485. Come nota Miller, in quasi
tutti i libri di Marías sono presenti suoi ritratti molto curati, sul retro o
nei risvolti. Essi riflettono il suo interesse per le illustrazioni, «with
special thematic relevance to the scrutiny of visages»486.
Ne Los enamoramientos questa foto ha però un significato
particolare. Il volto di Marías è ovviamente molto noto in Spagna, ma
la sua riproduzione all’interno del volume consente anche a chi non lo
abbia mai visto («el lector desconocido y anónimo»)487 di riconoscere
nelle sue fattezze, prestando la dovuta attenzione, quelle di Díaz-
Varela. Questo scatto ha, pertanto, una funzione paragonabile a quella
della nota biografica che accompagnava l’edizione di Todas las almas, in
cui si parlava dell’esperienza di insegnamento dell’autore presso
l’Università di Oxford, suggerendo di interpretare il libro come un
roman à clef.
157
del Samur intentaban reanimarlo, salvarlo, con un charco de sangre a
su alrededor y esa camisa blanca empapada y manchada, o eso me
figuré al vislumbrarlo.488
488
LE, p. 27-28.
489
Vedi fig. 5.
490
LE, p. 52.
491
Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla, Il Saggiatore, Milano, 1965, p. 653.
158
dispuesta a participar de esa costumbre que se nos impone, no me da
la gana de mirar lo que se nos insta a mirar o casi se nos obliga […].492
492
Ivi, pp. 27-29.
493
TRM1, p. 83.
494
José Antonio Lasa y José Ignacio Zabala erano due ragazzi facenti parte del
commando Groki dell’ETA che nel 1983 furono sequestrati, torturati e uccisi dal
GAL (Grupos Antiterroristas de Liberación) in Francia, dove avevano richiesto
asilo politico. Per maggiori informazioni: vedi Wikipedia alla voce “Caso Lasa y
Zalaba”. Per la morte di Jesus García, vedi: José Yoldi, Un infarto fulmina mientras
declara al policía que identificó los cadáveres de los dos etarras, 15/1/2000,
http://elpais.com/diario/2000/01/15/espana/947890803_850215.html (ultima
consultazione: 6/11/2013).
495
Javier Marías, Los que ya no podrán verse, in DTS, pp. 203-204.
159
La posizione di Marías nei confronti di tale questione morale è
comunque assai ambigua. Stupisce, infatti, che alla sua netta presa di
posizione non corrisponda anche una censura della parola: perché se
non è lecito mostrare una foto del cadavere dovrebbe esserlo
descrivere quella foto in ogni dettaglio? Sebbene Marías nelle sue
opere e nei suoi articoli abbia spesso sottolineato l’incapacità della
parola di raffigurare la realtà496, ne Los enamoramientos sembra
considerare l’infrazione che anche la scrittura rappresenta quando
scrive: «como si la descripción con palabras no bastara».
L’ambiguità è espressa anche dal sentimento contraddittorio di
attrazione/repulsione provato da María di fronte alla foto, che è molto
simile a quello che proverà ascoltando la conversazione tra Díaz-
Varela e Ruibérriz de Torres. Questi sono infatti i pensieri che la
assalgono quando si trova davanti l’immagine una seconda volta,
cercando su internet informazioni sulla morte di Deverne:
496
Cfr. ad esempio Marías, Sobre la dificultad de contar, cit.
497
LE, p. 52.
160
originaria, si oppone all’oblio che pure auspica, poiché indirizza
nuovamente gli sguardi su una foto dimenticata.
Chi risale alla fonte si trova a fruire de Los enamoramientos come di
un’opera assai diversa rispetto a chi non correda autonomamente il
testo di alcuna immagine. Come scrive Elide Pittarello, le fotografie
ancorano la narrazione alla verità esterna, perché sono state in diretto
contatto con essa498. Il ritratto di Deverne/Marsans assassinato
complica il rapporto fra finzione e realtà ancor più di quanto non
faccia l’articolo di cronaca che lo accompagna: esso, infatti, resta pur
sempre una narrazione e, in quanto tale, una rielaborazione
imperfetta499. Come abbiamo detto in § 7.3, inoltre, stabilendo la
relazione intertestuale si recupera la dimensione dialogica che
intercorre tra parola e immagine e i lettori si trovano nella condizione
di sommare alle impressioni di Marías le proprie.
La descrizione di questa fotografia, come quelle di Gawsworth e
dello zio Alfonso, offre all’autore lo spunto per riflettere sul modo in
cui la vista di un cadavere cambia il nostro ricordo del volto della
persona in vita. In particolare, è anche in questo caso valido quanto
scrive Elide Pittarello a proposito dell’analisi della fotografia dello zio
Alfonso presente in Tu rostro mañana: possiamo dire, infatti, che la
descrizione di Deverne vivo che troviamo all’inizio del romanzo
deriva da quella di Deverne morto; essa è il «futuro anterior de la
498
Ivi, p. 56.
499
Cfr. però con quanto scrive Herzberger: «to a large degree Marías envisiones
photography as an art of imitation as well as imagination in much the same way as
he views literature. In each case, Marías does not perceive the image as a reflection
or replica of the real, nor does it stand disconnected from the world outside it.
Instead, he envisiones it as an object in reality, and imagines how it says
something about the figure in reality that it at once represents and shapes.»
(Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 217).
161
foto»500, come viene evidenziato da una serie di elementi che
ricorrono, seppur cambiati di segno (la presenza/assenza della cravatta
e della giacca, la camicia in ordine/disordine)501.
Nel suo romanzo L’immortalità, Milan Kundera502 scrive:
Hay gente que me dice: ‘Quédate con los buenos recuerdos y no con
el último, piensa en lo mucho que os habéis querido, piensa en tantos
momentos fantásticos que otros ni siquiera han conocido’. Es gente
500
Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 104.
501
Come dice la narratrice, a Deverne «le habría horrorizado […] verse o saberse
así expuesto, sin chaqueta ni corbata ni tan siquiera camisa o con ésta abierta»
(LE, p. 52).
502
Ricordiamo che lo scrittore è duca di Amarcord del regno di Redonda e
vincitore del X premio del regno. Il suo romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere
compare in Corazón tan blanco (Berta decide di tenerlo in mano durante la ripresa
del suo video di presentazione).
503
Milan Kundera, L’immortalità, Adelphi, Milano, 1993, p. 64.
504
LE, pp. 53-54.
505
Javier Marías, Fragmento y enigma y espantoso azar, in MDT, p. 73.
162
bienintencionada, que no alcanza a entender que todos los recuerdos
están teñido ahora por este final triste y sangriento. Cada vez que me
acuerdo de algo bueno, al instante se me aparece la imagen última, la
de su muerte gratuita y cruel, tan fácilmente evitable, tan tonta. Sí, es
lo que llevo peor: tan sin culpable y tan tonta. Y el recuerdo se
enturbia y se hace malo. En realidad ya no me queda ninguno bueno.
Todos me resultan ilusos. Todos se han contaminado.506
506
LE, p. 84.
507
Ivi, p. 132.
508
Ivi, p. 131.
163
La seconda è invece più soggettiva e legata all’esperienza personale
della narratrice:
509
Ivi, pp. 131-132.
510
Ivi, p. 132.
511
Ibidem.
512
Ivi, p. 133.
164
dice «‘Ah, ya’ ni nada por el estilo, como habría dicho cualquiera que
visitara con frecuencia ese Museo»513.
La narratrice passa poi a descrivere l’installazione Garden of
Eden514 di Rosamund Purcell, artista americana vivente, ereditando la
vena critica tipica del Marías articolista:
513
Ibidem.
514
Vedi figg. 6 e 7.
515
LE, p. 133-134.
516
Pablo Núñez Díaz ha sottolineato come questa descrizione sia caratterizzata dal
tono ironico e incisivo tipico che Marías adotta nei suoi articoli, cfr. Pablo Núñez
Díaz, Las colaboraciones de Javier Marías en la prensa. Opinión y creación, UNED,
Madrid, 2011, p. 138.
165
El adefesio era la Almudena o museo de los horrores ecuménicos, la
espantosa catedral moderna, más o menos del Opus Dei, totus tuus
pero con una frente abombada, casi frankensteiniana, y los brazos
abiertos y alzados como si fuera a arrancarse a bailar como una jota; y
eso, con ser horrible, quizá sea lo menos feo, hay allí, entre otras
infamias, unas vidrieras infames de un inimaginabie artista llamado
Kiki (Kiko Algo), nada decente se puede esperar de tal nombre.517
517
TRM3, p. 313.
518
Pilar Lopez-García Gallo e María Dolores Ramirez Mittlebrunn, Guía didáctica,
Museo Nacional de Ciencias Naturales de Madrid, 2004, pp. 43-44.
166
167
Conclusioni
168
Con questo romanzo, Marías sembra voler istruire i suoi lettori a
un uso proficuo e consapevole delle associazioni tra realtà e narrazioni
finzionali che si producono nella nostra mente. La biblioteca
universale, infatti, ci permette di opporci alla disgregazione del mondo
postmoderno, facendoci percepire la realtà come un insieme chiuso di
possibilità e il tempo come circolare519: tutto ciò cui assistiamo è già
accaduto ed è già stato descritto e, come scriveva l’autore in Corazón
tan blanco: «Quizá sea esto lo que nos lleva a leer novelas y crónicas y a
ver películas, la búsqueda de la analogía, del símbolo, la búsqueda del
reconocimiento, no del conocimiento»520.
La capacità di attuare collegamenti ci consente di avere un grande
controllo sulle nostre vite (come è dimostrato in modo esemplare dalla
lettura che Díaz-Varela fa dell’opera di Balzac) e di «establecer algún
sentido del orden en un universo que se presenta caótico»521: essa
rappresenta, dunque, un modo per realizzare quello che Sebastian
Faaber ha chiamato “afán universalizador” dell’opera di Marías.
Come abbiamo osservato, nel romanzo i riferimenti intertestuali
hanno varie finalità, alcune anche giocose, come nel caso dei
personaggi migranti; tuttavia, riteniamo che questa particolare filosofia
della letteratura sia uno degli elementi che rendono l’intertestualità de
Los enamoramientos così significativa, e che ci consentono di definirlo un
vero e proprio libro sui libri.
Proprio per il ruolo centrale che le relazioni intertestuali
ricoprono nell’opera e per loro natura spesso esplicita, il romanzo può
essere anche considerato come un compendio della produzione dello
519
Per un approfondimento sull’idea di tempo circolare in Marías, vedi: Amélie
Florenchie, Marías in clave borgeana, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías,
cit., pp. 155-168; Cuñado, El espectro de la herencia, cit.
520
CTB, p. 294.
521
Faaber, Un pensamientos que hace rimas, cit., p. 199.
169
scrittore, in cui egli esibisce le sue tecniche di rielaborazione e
consente ai lettori di accedere al suo laboratorio creativo.
170
Appendice
171
172
Un “gorrilla” acaba con la vida de un hombre que
asestó nueve cuchilladas
M. J. Álvarez, 3 /7/2004, ABC
173
aún, por lo que la Policía no ha podido confirmar este extremo, ni
tampoco si eran familia política, como decían en la zona. Los
residentes describían al indigente como un hombre alto, con una
barba muy poblada, y de trato amable y correcto. Se ignora también si
sufre algún trastorno mental.
174
Muere apuñalado un hijo del fundador de Viaje
Marsans
A. A., 3/7/2004, La voz de Galicia
175
trasladaron de urgencia al hospital de la Princesa donde ingresó
inmediatamente en el quirófano. Luis Marsans sufrió diez heridas
incisas en espalda, tórax y hemitórax. Algunas de las lesiones le habían
afectado a órganos vitales y los médicos no pudieron hacer nada para
salvar su vida.
Luis Marsans murió sobre la mesa del quirófano alrededor de las
ocho de la tarde.
176
El hijo del fundador de Viajes Marsans muere tras ser
cosido a navajazos por un mendigo
Javier Barroso, 3/7/2004, El País
177
Después, al producirse el fallecimiento de Marsans, se hicieron cargo
del caso los investigadores del Grupo X de Homicidios.
Parada cardiorrespiratoria. Mientras, una UVI móvil del Samur-
Protección Civil y el jefe de guardia acudieron al lugar e intentaron
hacer las primeras curas a Marsans. Les fue harto difícil debido a las
numerosas heridas que había recibido. Además, cuando estaba siendo
entubado y estabilizado por los facultativos, entró en parada
cardiorrespiratoria. Los médicos lograron reanimarle tras varios
minutos de muchos nervios. Fue trasladado con preaviso hospitalario
al hospital de la Princesa, según un portavoz de Emergencias Madrid.
Ingresó en estado crítico.
Nada más llegar al centro hospitalario entró en quirófano para
ser operado quirúrgicamente. La gravedad de las lesiones hizo que
falleciera en la mesa de operaciones sobre las ocho de la tarde, según
fuentes sanitarias. Algunas de las puñaladas le habían afectado a
órganos vitales. Hoy le será practicada la autopsia en el Instituto
Anatómico Forense.
Los investigadores del caso creyeron inicialmente que había
alguna relación entre el asesino y su víctima, pero pronto descubrieron
que no. Según comentaron vecinos de la calle de Pedro de Valdivia,
López llevaba casi un año trabajando como gorrilla. Se dedicaba a
ofrecer los aparcamientos a los conductores, que después le daban
alguna propina. Llegaba sobre la doce del mediodía. Dejaba sus dos
mochilas azules bajo un árbol y empezaba a trabajar. Su negocio se le
acabó el pasado 1 de junio, cuando el Ayuntamiento de Madrid puso
en marcha en esa zona el Servicio de Estacionamiento Regulado (SER,
los llamados parquímetros), por lo que su función dejaba de tener
sentido, informan Manuel Cuéllar y Eva San Martín. Hace un mes
le volvieron a ver por la zona. "Nunca había mostrado una actitud
violenta. Lleva barba y tenía pinta de indigente, pero no iba sucio",
señaló José Luis Fernández, el portero del número 6 de la calle de
Pedro de Valdivia.
Pero hubo una excepción en esa actitud pacífica. Hace
aproximadamente un mes tuvo una reacción extraña con el chófer del
asesinado. Cuando éste se disponía a entrar en el garaje de Marsans, en
el paseo de la Castellana y muy cerca de donde ocurrió el homicidio,
López aprovechó que llevaba la ventanilla bajada y le propinó un
178
puñetazo en la cara que le hizo sangrar. No paró de decirle al chófer
que por qué habían secuestrado a su hija. Luego se quedó inmóvil
hasta que llegó la policía, que lo detuvo.
Discusión previa. El portero, José Luis Fernández, recordó ayer
que el empresario y su asesino ya mantuvieron el jueves por la mañana
una pequeña discusión. Entonces, Marsans ya le dijo que se estaba
confundiendo de personas y que ni su chófer ni él eran las personas
que estaba buscando. Pero López continuó hablando solo por la calle.
El fallecido era hijo de Enrique Marsans y Elena Astoreca. El
primero fundó Viajes Marsans, empresa que vendió en 1964 al
Instituto Nacional de Industria (INI) a través de la empresa
Autotransporte Turístico Español, SA (ATESA).
Luis Marsans era un prolífico empresario. Su nombre consta en
una decena de sociedades, en su mayoría dedicadas al mercado
inmobiliario. También tenía otras de venta al por menor de periódicos
y papel, a la distribución de cementos, cales y yesos o bien financieras
inmobiliarias. Estaba casado y tenía dos hijas, según comentaron
allegados al fallecido.
La familia Marsans fue una de las más acaudaladas de Barcelona.
Cristina, una de las hermanas del fallecido, es la vicepresidenta tercera
de la Real Federación Española de Golf. Estuvo casada con Alfredo
Goyeneche, ex presidente del Comité Olímpico Español (COE), que
murió en accidente de tráfico el 16 de marzo de 2002 en el desfiladero
de Pancorbo (Burgos). Otra hermana, María, está casada con uno de
los dueños de la constructora Entrecanales.
179
El empresario Luis Marsans recibió 16 navajazos,
cinco de ellos mortales
Javier Barroso, 3/7/2004, El País
180
Pedro de Valdivia. Hasta la fecha les había resultado imposible, según
reconocieron. López carece de antecedentes policiales.
Uno de esos altercados lo sufrió el conductor de Marsans hace
un mes. López se dirigió a él y, aprovechando que llevaba la ventanilla
bajada, le asestó un puñetazo en la cara. El agresor permaneció en el
lugar hasta que llegó la policía y lo detuvo. Además, el día anterior al
homicidio del empresario mantuvo una discusión con éste en plena
calle. Marsans no paró de decirle que se confundía de persona y que él
no tenía nada que ver con lo que le estaba diciendo, según señaló el
portero de una finca cercana.
181
182
Fig. 1
183
184
Fig. 3
185
Fig. 4
186
187
188
Fig. 7
Fig. 8
189
190
Didascalie
Fig. 1 Copertina dell’edizione de Le Colonel Chabert della casa editrice
J’Ai Lu (2004). L’immagine di copertina è un dettaglio del ritratto del
luogotenente Dieudonné (1812) del pittore Théodore Géricault.
Fig. 5 Foto di Luis Marsans che ha accompagnato gli articoli sulla sua
morte. Tratta dall’archivio di El País: http://elpais.com/diario
/2004/07/03/madrid/1088853854_740215.html (ultima consulta-
zione: 22/10/2013).
191
192
Ringraziamenti
Desidero innanzitutto ringraziare la Professoressa Sara Polverini e la
Professoressa Ana Tobío Sala per avermi dato fiducia, essere state così
pazienti e disponibili nei miei confronti e per avermi indirizzata nei
momenti di smarrimento.
Il mio riconoscimento va anche al Professor Andrea Bernardelli
dell’Università degli Studi di Perugia per gli utili consigli bibliografici
sul tema dell’intertestualità, per avermi chiarito molti dubbi e offerto
spunti di riflessione interessanti. Sono grata alla Professoressa Helen
Freear-Papio e al Professor Timothy Austin, entrambi del College of
the Holy Cross (Worcester, MA), che hanno condiviso con me le loro
riflessioni sull’opera di Marías, l’una, e di Shakespeare, l’altro. Utili
segnalazioni mi sono arrivate dal Dottor Vidal, cardiologo e amico di
Marías, oltre che personaggio secondario de Los enamoramientos e da
Rosamund Purcell, autrice di un’installazione descritta nel libro. Il
risultato di questo lavoro sarebbe stato senz’altro molto meno
approfondito se non avessi potuto godere dell’eccellente servizio di
prestito interbibliotecario del College of the Holy Cross e di quello
della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze.
Desidero infine ringraziare Marcella per avermi tanto gentilmente
aiutata a correggere le bozze, i miei genitori per avermi dato la
possibilità di completare questo percorso di studi nonostante le molte
deviazioni, e Simone per essermi stato vicino in tutte queste deviazioni
e avermi poi riportata a casa.
193
194
Bibliografia
1
Si segnala solo la prima edizione, a meno che non ne sia stata usata un’altra per
questa tesi. In tal caso, si segnala comunque anche la prima edizione tra parentesi
quadre.
195
Los enamoramientos, Alfaguara, Madrid, 2011.
196
Literatura y fantasma, edición ampliada, Alfaguara, Madrid, 2011
(ebook).
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BAUTISTA, VIRGINIA, Javier Marías. “La verdad es siempre maraña”,
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