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HOEPLI
UNIVERSALE
SCIENTIFICA
Rinvenuto casualmente da pescatori di spugne nel190 l al largo dell'iseo
la greca di cui porta il nome, il meccanismo di Anticitera si presentava
come un insieme di resti corrosi e malconci di un dispositivo a ingranag
gi risalente all'antica Grecia. Dal giorno della scoperta a oggi, gli esperti
sono riusciti a ricostruirne la struttura e il funzionamento, combinando
osservazione diretta, strumenti radiografici sempre più potenti e surfa
ce imaging. Il meccanismo riproduceva di fatto l'universo così come lo
concepivano i Greci, era una macchina dotata di una mezza dozzina di
quadranti per illustrare le orbite nello spazio di Sole, Luna e pianeti, e i
conseguenti cicli del tempo.
ella Macchina del cosmo, il meccanismo di Anticitera diventa la chia
ve per capire l'astronomia e la tecnologia dell'antica Grecia e il loro ruolo
nel contesto socioculturale grecoromano. Considerato a lungo un con
gegno eccentrico per l'epoca, le ricerche più recenti hanno mostrato che
si tratta in realtà di una macchina del cosmo concepita in tarda età elle
nistica sulla base di raffinate, consolidate e diffuse conoscenze meccani
che e astronomiche.
Oltre a essere un capolavoro nel genere delle macchine strabilianti, cre
ate per imitare la natura senza rivelare il proprio funzionamento allo
spettatore, il meccanismo era anche una sorta di manuale animato di
divulgazione scientifica.
i§fiM disponibile
ls E P si
SEGRETAAIATO EUROPEO PER Lf PUBBUCAZJONI SQEHTlFJCHE
ISBN 978-88-203-9062-4
www.hoeplieditore.it
Ulrico Hoepli Editore S.p.A.
via Hoepli, 5- 20121 Milano
e-mail hoepli@hoepli.it 9 788820 390624
"Questo libro è un successo sotto tutti i punti di vi
sta, come resoconto di investigazioni scientifiche di
altissimo livello, come esposizione di antiche teorie
astronomiche e come trattazione che approfondi
sce il legame fra quelle teorie e la società che le ha
prodotte ( ...) Una lettura consigliata a chiunque sia
interessato all'astronomia antica:·
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ALEXANDER j ONES
LA MACCHINA
DEL COSMO
La meraviglia scientifica
del meccanismo di Anticitera
www.hoeplieditore.it
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di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso
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IS BN 978-88-203-9062-4
Ristampa:
4 3 2 l o 2019 2020 2021 2022 2023
fece girare un secondo sole; per ingegnosità umana creò un altro cer
chio dello zodiaco; dimostrò come la luna possa riprendersi dal suo
declino mediante la luce della scienza e fece ruotare, con impercettibile
mobilità, una piccola macchina contenente il mondo, un cielo portati
le, un compendio dell'universo, uno specchio della natura a immagine
dell'etere . .. Che valore ha per un uomo creare quanto solo aver com
preso può essere eccezionale?
delle funzioni del meccanismo, ultimata nel 20 06. A parte qualche lieve
aggiustamento, la ricostruzione, fondata su numerosi reperti nonché sul
la coerenza interna del congegno, ha ricevuto l'approvazione unanime
della comunità di esperti.
Il seguito del libro prende le mosse proprio dalla ricostruzione del
meccanismo: partendo dall'esterno del congegno per arrivare al suo in
terno, ci si propone di mostrare che esso non è altro che un prodotto del
suo tempo. Il terzo capitolo illustra sia la struttura, sia il modo di fun
zionamento originari del meccanismo, presentati dal punto di vista di un
osservatore non esperto. I quattro capitoli seguenti considerano l'astro
nomia antica nel suo contesto. Ci si soffermerà in particolare sul ruolo
culturale e sulle applicazioni pratiche della disciplina, considerati nella
loro relazione con le funzioni svolte dalle componenti esterne e visibili
del meccanismo. Sarà il capitolo ottavo a occuparsi del funzionamento
interno del meccanismo, mostrando come affondi le proprie radici nel
la tecnologia che il mondo greco-romano applicava alla costruzione di
strumenti tecnici e congegni prodigiosi. Il volume si conclude con una ra
pida esplorazione della storia dei calcolatori astronomici greco-romani,
considerando in particolare il loro possibile influsso sullo sviluppo del
pensiero antico.
Un tema centrale del mio libro è il volto pubblico dell'astronomia
greca in epoca ellenistica: le diverse strategie adottate da specialisti e
divulgatori al fine di rendere le scoperte scientifiche visibili, comprensi
bili e significative anche agli occhi dell'uomo comune. Seguendo il loro
esempio, ho cercato di spiegare le nozioni di astronomia e tecnologia alla
base del meccanismo ricorrendo il meno possibile al linguaggio speciali
stico e presumendo solo conoscenze scientifiche da scuola elementare. I
capitoli centrali del volume, consacrati al funzionamento dell'interfaccia
e degli ingranaggi del meccanismo, seguono un criterio tematico e non
progressivo. Pertanto, per poter seguire le linee principali della discus
sione, il lettore non deve necessariamente interiorizzare i dettagli delle
trattazioni più tecniche. Infine, il volume è dotato di un glossario con
brevi definizioni dei termini chiave.
Il meccanismo continua a essere oggetto di vari e fruttuosi studi. Per
quanto concerne le questioni più importanti, tuttavia, ormai sappiamo
tutto quello che è possibile ricavare dai frammenti superstiti. Certo, non
si può escludere che in futuro ne vengano trovati altri. I pescatori di
spugne che fra il 1 900 e il 1901 hanno scoperto il relitto di Anticitera
sono stati in grado di recuperare soltanto una parte del meccanismo: i
frammenti finora portati alla luce potrebbero corrispondere a poco più
XII PREFAZIONE
nismo di Anticitera come uno strumento per esplorare aspetti più ampi
della scienza e della società antiche. È stato eccezionalmente paziente
con me, nonostante io abbia continuato a posticipare il progetto fino a
quando non ho avuto la certezza che il lavoro compiuto dai ricercatori
fosse una base abbastanza solida per poter costruire qualcosa di nuovo.
Mike Edmunds e il lettore anonimo scelto da OUP mi hanno fornito una
lunga serie di commenti che mi sono stati estremamente utili per miglio
rare la prima stesura.
La mia più profonda gratitudine va a mia moglie, Catherine Haines,
la mia prima e più entusiasta lettrice.
1
Il relitto e la scoperta
Disastro
Intorno al 60 a.C., una nave fece naufragio al largo della costa nor
dorientale di un'isoletta chiamata Egila, situata nello stretto che sepa
ra Creta dal Peloponneso (figura 1 . 1 ) . Non sappiamo bene di che tipo
di nave si trattasse, ma era probabilmente un grosso mercantile, forse
lungo circa 40 metri. Oltre alle consuete anfore contenenti vino e altri
prodotti, il carico comprendeva anche statue di bronzo e marmo, nonché
prezioso vasellame in vetro. I bronzi a grandezza naturale erano antichi
e risalivano almeno al secolo precedente, mentre gli altri oggetti di lusso
erano di produzione recente. A quanto pare, la nave trasportava anche
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Figura 1.1. Anticitera, la Grecia e l'Egeo (la mappa più grande è tratta da http://
d-maps.com/m/mediterranean/meditmin/meditmin04.svg).
2 CAPITOLO l
dei passeggeri: sappiamo che a bordo c'era una donna, a cui probabil
mente appartenevano due eleganti paia di orecchini d'oro.1
Fra il 1 900 e il 1 901 , quando i resti della nave furono scoperti e par
zialmente recuperati, si pensò che la maggior parte delle sculture fosse
molto più antica dell'imbarcazione che le trasportava. Cominciò a farsi
largo l'idea che il carico non fosse altro che il frutto del saccheggio di
una città greca a opera dei Romani, avvenuto agli inizi del I secolo a.C.
Nonostante questa teoria goda ancora di un certo favore, un esame più
scrupoloso dei reperti recuperati dal relitto permette di affermare con
una certa sicurezza che il carico non solo proveniva da luoghi diversi ma
era forse anche diretto verso varie destinazioni. 2
Nella maggior parte dei casi, è possibile identificare o ipotizzare il
luogo d'origine degli oggetti presenti a bordo. La tipologia delle anfore
ci consente di ricondurle a centri di produzione situati a Rodi e Cos,
nell'arcipelago del Dodecaneso, vicino a Efeso, in Asia Minore, e proba
bilmente anche in Italia, sulle coste dell'Adriatico. Il marmo delle statue
proviene da Paro, per cui probabilmente erano state realizzate in una
bottega di area egea, forse a Delo o Pergamo. Il vetro è di origine siro
palestinese o egiziana. Un passeggero aveva con sé i propri risparmi,
che consistevano in 32 monete provenienti da Pergamo ed Efeso. Un
altro era in possesso di monete di bronzo di valore inferiore, anch'esse
provenienti da Efeso, insieme ad altre monete decisamente più antiche,
coniate a Catania, in Sicilia e a Cnido, in Asia Minore. La più recente
delle monete d'argento era stata coniata fra il 76 e il 67 a.C., il che ci
permette di affermare con certezza che il naufragio avvenne dopo il 67,
con ogni probabilità nei dieci o vent'anni successivi.]
Non bisogna però immaginare che l'ultimo viaggio della nave pre
vedesse una sosta in ciascuno di questi luoghi. È plausibile che, in un
primo tempo, le diverse componenti del carico fossero state trasportate
da imbarcazioni più piccole presso uno dei porti principali, come quello
di Delo. Là le merci sarebbero poi state caricate insieme alle altre su una
nave più grande, la quale, a causa delle dimensioni, poteva attraccare
solo nei porti maggiori. La presenza di passeggeri su una simile imbarca
zione non era inusuale. In un'epoca in cui il trasporto dedicato esclusi
vamente ai passeggeri non esisteva, i viaggiatori non avevano altra scelta
che approfittare di qualsiasi occasione si presentasse loro. Si consideri
poi che, anche se le anfore erano spesso prodotte nello stesso luogo da
cui proveniva il loro contenuto, non era infrequente che venissero riuti
lizzate in viaggi successivi. Quel che è certo, in ogni caso, è che la nave
fu caricata in uno dei grandi porti dell 'Egeo, o in più d'uno. Tali porti
IL RELITTO E LA SCOPERTA 3
dovevano essere situati sulle coste dell'Asia Minore, sulle isole dell'Egeo,
o forse in entrambe le aree. L'ubicazione del relitto in dica che la nave era
diretta verso il Me diterraneo occi dentale, per scaricare le proprie merci
nei porti dell'A driatico, se non ancora più a ovest.
Un solo elemento del carico non è ancora stato menzionato: un con
gegno meccanico, delle dimensioni di una scatola da scarpe, composto
esclusivamente di legno e metallo. Per quanto non vistoso come le statue
e il vasellame in vetro, si trattava di un manufa tto delicato e prezioso:
c'è da sperare che fosse stato riposto con cura in una cassa o in un -con
tainer, per proteggerlo da urti o intemperie. Comunque sia, è impossibile
che fosse stato caricato sulla nave senza qualcuno che lo accompagnasse
nel suo lungo viaggio. A me no che non fosse parte del bagaglio del suo
proprietario - il quale non lo avrebbe certo esposto con leggerezza ai
rischi del viaggio - possiamo immaginare che fosse stato affi dato alle
cure di un tecnico, dotato delle competenze necessarie per azionarlo e
garantirne il corretto funzionamento. Come dimostrerò più avanti, è
probabile che il tecnico dovesse scortare il congegno nel viaggio che, dal
laboratorio in cui era stato pro dotto, lo avrebbe portato al suo futuro
proprietario. 4
Di certo, il tecnico si sarebbe difficilmente lasciato convincere a d apri
re l'imballaggio per mostrarne il prezioso contenuto. Tuttavia, chiunque
fosse riuscito nell'impresa avrebbe visto una scatola, le cui facce anteriore
e posteriore erano costituite da due lastre di bronzo rettangolari. Il tutto
era inserito in una cornice di legno; una sorta di manopola o manovella
spuntava dal centro di uno dei quattro fianchi lignei (figura 3 .9). La ca
ratteristica principale della faccia anteriore era un qua drante Circolare,
circon dato da due scale gra duate concentriche a forma di anello; dal suo
centro si irra diava un complesso sistema di lancette. La faccia posteriore
del congegno, invece, era per lo più occupata da due scanalature a for
ma di spirale, dotate di scale gra duate laterali e di lancette ra diali dalla
struttura complessa, e da tre qua dranti circolari di dimensioni inferiori,
provvisti di lancette più semplici. Qualsiasi osservatore avrebbe potuto
notare la presenza di fitte iscrizioni in lettere greche - come quelle delle
e pigrafi, ma di dimensioni ri dotte - disposte tutt'intorno alle scale gra
duate, negli spazi circostanti i qua dranti e persino sulle lastre di bronzo
separate collocate contro le due facce del dispositivo, quasi a fungere da
custo dia. Il tecnico avrebbe anche potuto accettare di far fare un piccolo
giro alla manovella laterale, mostran do così che essa controllava il mo
vimento di tutte le lancette, cui imprimeva velocità e direzioni diverse.
Se di buon umore - o in cambio di una mancia sostanziosa - avrebbe
4 CAPITOLO l
fi nì per a dagiarsi sul fo ndo scosceso a una profon dità compresa fra i
45 e i 6 1 metri, dove rimase per quasi 2000 a nni, probabilmente se nza
mai essere disturbata da altri esseri umani. Naturalmente, al termi
ne di questo lungo i ntervallo di tempo, la nave e il suo conte nuto si
trovava no in con dizio ni ben diverse rispetto a qua ndo l'imbarcazione
galleggiava a ncora. Il naufragio fu u n evento violento e il carico deve
aver subito dan ni ingenti non solo dura nte il primo impatto, ma anche
i n seguito, a causa della ca duta e del rotolamento degli oggetti pesanti,
fra cui soprattutto le statue di marmo. Simili episo di devono essersi
verificati in maniera i ntermittente nel corso degli an ni tutte le volte
i n cui qualcosa sotto si spostava o si deteriorava. In ma niera più gra
duale, la prolu ngata immersio ne nel mare ha i nnescato processi fisici,
chimici e biologici che hanno finito per attaccare la maggior parte dei
materiali presenti nel relitto. Il legno esposto e non in contatto con il
metallo è stato eroso dal mollusco Teredo navalis ( " verme delle navi ");
il marmo, a me no che no n fosse protetto dal fa ngo del fo ndo marino,
è stato incrostato, bucherellato e d eroso da organismi che perforano
le rocce, come le cozze e i ricci di mare; il metallo risulta incrostato e
corroso chimicame nte: quello lavorato i n lastre sottili si è trasformato
i n u n materiale fragile , simile al gesso. 6 Piccoli oggetti e frammenti
devono essere stati spostati, da nneggiati o frantumati dalle corre nti e
soprattutto dagli organismi marini.
Nel frattempo, l'isola è an data i nco ntro a vari cicli di spopolamento
e ripopolame nto. Dopo la quarta crociata ( 1202-1204) e fino al 1 8 00
fu gover nata dalla Repubblica di Ve nezia e prese il nome di Cerigotto
perlome no sulle carte geografiche, me ntre diverse varia nti del suo nome
antico (Lioi o Singilio) rimasero in uso a livello locale. Come le altre
isole ioniche, durante le guerre napoleoniche passò più volte di mano
in mano, fi nché nel 1 806 no n fu sottomessa al dominio britannico. Nel
1 8 1 5 divenne parte degli Stati U niti delle Isole Io nie, sottoposti all'am
m inistrazione brita nnica. In questo perio do l'isola fu utilizzata come
luogo d'esilio per i ra dicali dell'area io nica. Sembra che furono proprio
i patrioti ionici a ribattezzarla A nticitera ( " di fronte a Citera " ) in omag
gio alla tra dizione classica, proprio nel mome nto in cui ripristi narono
l'a ntico nome di Citera per l'isola più estesa e situata più a nor d che i
Venezia ni chiamavano Cerigo. Le isole ioniche furono ce dute al nascente
stato greco nel 1 8 65 e fi no al 1 9 1 3 A nticitera fu l'estremità meri dionale
della Grecia, u n luogo raramente visitato e poco consi derato, situato a
poco più di 200 chilometri di distanza dal porto ate niese del Pireo, circa
un giorno di viaggio co n un piroscafo.
6 CAPITOLO 1
Recupero
Anche la scoperta del relitto, avvenuta nel 1 900, si verificò a causa di
cattive condizioni meteorologiche, per quanto meno severe rispetto al
momento del naufragio. La pesca delle spugne era da tempo una del
le principali attività produttive in molte isole greche, soprattutto nel
Dodecaneso . Intorno al 1 8 70, i pescatori di Simi furono fra i primi ad
adottare l'attrezzatura dotata di "casco rigido": si trattava di caschi di
ottone e mute a tenuta stagna; l'aria veniva pompata dalla superficie
tramite un apposito tubo. In precedenza - e, a dire il vero, fin dall'anti
chità classica - i pescat ori non impiegavano alcuna attrezzatura: si tuf
favano di testa verso il fondo marino, tenendo fra le mani una pietra,
assicurata all'imbarcazione tramite una corda, la quale serviva sia per
trasmettere segnali sia per issare rapidamente il pescatore in superficie.
Con questa tecnica, i pescatori potevano raggiungere una profondità di
circa 50 metri (si dice che alcuni potessero arrivare addirittura a 70), ma
un'immersione durava globalmente un minuto e mezzo-due, permetten
do ai tuffatori di rimanere sul fondo per un minuto al massimo, anche
se, a quanto sembra, i più esperti riuscivano a restare sott'acqua fino a
quattro minuti. Un tuffatore senza attrezzatura poteva compiere anche
più di dieci immersioni al giorno. Con il casco e il tubo respiratore, si
potevano raggiungere regolarmente maggiori profondità e, cosa anco
ra più importante, ci si poteva trattenere sott'acqua più a lungo, con
una media di un quarto d'ora a 50 metri di profondità in condizioni di
mare calmo. Il limite abituale era di due immersioni al giorno. In effetti,
tuffarsi con un'attrezzatura per immersioni ad alta profondità era peri
coloso e poteva portare alla morte o alla paralisi dell'interessato, come
dimostra la spaventosa quantità di vittime fra i pescatori di spugne greci.
Nonostante ciò, l'innovazione tecnologica permise a questa attività sia
di espandersi geograficamente, sia di aumentare l'intensità della produ
zione. Entro la fine del XIX secolo, circa 50 squadre di tuffatori dotati di
casco, la maggior parte dei quali di nazionalità greca (sottoposti al go
verno greco o ottomano), operavano al largo delle coste libiche, durante
una stagione che iniziava ad aprile e terminava a ottobre. Nel 1 900 fu
proprio una di queste squadre che, dopo essersi fermata ad Anticitera
per cercare riparo, incappò nel sito del naufragio ?
La squadra era composta da due imbarcazioni. La "nave madre",
Efterpi, era lunga circa 1 5 metri ed era adibita al trasporto dei riforni
menti e delle spugne accumulate durante la pesca. L'altra imbarcazione,
Kalliopi, era lunga circa 1 0 metri e veniva usata come base dai tuffatori.
IL RELIITO E LA SCOPERTA 7
(a) (b)
Figura 1.3. La testa bronzea del "filosofo", risalente alla fine del III secolo a.C.
(Museo Archeologico Nazionale X13400), prima e dopo il restauro (Svoronos
1903a, 29 e tavola III).
Gli sforzi dei pescatori per portare alla luce il tesoro sommerso proseguo
no lentamente ma adeguatamente e in maniera più sistematica rispetto
a prima. I pescatori hanno scavato il fondale fino a una profondità di
un metro dalla superficie e al momento stanno effettuando ricerche con
reticoli a scala fine. In tal modo, nessun reperto può sfuggire alla loro
attenzione, a meno che non si trovi sott'acqua a una profondità deci
samente maggiore di 35-40 bracci [63-72 metri], il che corrisponde alla
profondità massima raggiungibile dai tuffatori di Simi.1�
In effetti, sembra che i pescatori facessero del proprio meglio per non la
sciarsi sfuggire nulla. Tuttavia, è facile capire perché il ministro non fosse
particolarmente impressionato dai loro ritrovamenti. Il giorno dopo aver
pubblicato questo rappo rto, " To Asty" riportava il contenuto di un tele-
Figura 1.4. I pescatori di spugne, gli ufficiali e l'equipaggio della Mykali, insieme
a una delegazione del Ministero dell'Educazione, tutti a bordo nel febbraio del
1901. Spyridon Stais si trova sul ponte superiore, tra le cime: indossa un cap
pello di feltro e poggia la mano sul capo di uno dei pescatori. L'uomo alla sua
destra, con lo stesso tipo di cappello e una mano sul parapetto, è Kavvadias. Di
rettamente sotto Stais si vede Fotios Lindiakos, che indossa un cappello a larghe
tese. L'uomo alla sua sinistra, e immediatamente a sinistra delle cime, è Kontos
(Lykoudis 1901, 390).
IL RELITTO E LA SCOPERTA 13
È stata ritrovata ... una lastra con un'iscrizione, di cui è stato però impos
sibile trascrivere le lettere. Oltre a ciò, sono stati recuperati vasi, fram
menti di sculture e altri oggetti antichi.
documenti che non esistono più, sa pevano che i frammenti erano stati
riesumati verso la fine delle o perazioni di recu pero. Sembra quindi che
l'oggetto avesse un as petto diverso quando fu recu perato dal mare: pro
babilmente si trattava di un aggregato costituito da alcune delle com
ponenti che sarebbero state identificate in seguito; con ogni probabilità,
inoltre, gli elementi meccanici erano ancora nascosti al suo interno.
Con l'obiettivo di accertare se avesse senso prolungare le ricerche dei
pescatori, il 30 luglio Stais si recò personalmente sul sito del naufragio a
bordo della Mykali. I ritrovamenti che erano già stati effettuati durante
quella stessa estate (in un telegramma inviato ad Atene Stais cita la sta
tuetta di bronzo e una testa di cavallo marmorea, ma non fa menzione
della lastra iscritta) lo s pinsero ad autorizzare il proseguimento dei la
vori, che continuarono per qualche altra settimana. Alla fine, le ricerche
furono definitivamente interrotte qualche gior no prima del 23 settem
bre, quando i pescatori dichiararono di non poter più fare molto altro:
ormai non restavano che frammenti di marmo, im possibili da s postare.
Stais caricò a bordo della Mykali gli antichi re perti che as pettavano
di essere tras portati ad Atene. Fu a questo punto che si verificò un e piso
dio di cui la stam pa parlò solo anni do po il fatto - sem pre ammesso che
sia davvero accaduto. Secondo l'ammiraglio loannis Theofanidis (che
incontreremo di nuovo più avanti ), il protagonista della vicenda fu un
altro ufficiale della marina, di nome Periklis Rediadis ( 1 8 75-1 938), che
era già stato a bordo della Mykali in numerose altre circostanze e che
avremo ugualmente occasione di ritrovare più tardi, in un ruolo diverso.
Rediadis avrebbe im pedito all'equi paggio, che stava caricando i re perti
antichi sul ponte della Mykali, di gettare di nuovo a mare un blocco in
crostato a pparentemente senza valore - il nostro meccanismo! - perché
vide un pezzetto di metallo fuoriuscire da una cre pa sulla sua su perfi
cie.15 L'aneddoto potrebbe senz'altro essere vero, anche se è strano che
Rediadis non ne parli nelle sue numerose pubblicazioni sul meccanismo.
È quindi difficile non sos pettare che si tratti del risultato di una moderna
tendenza a mitizzare gli eventi. Comunque sia, una volta a pprodato al
Pireo il 2 agosto, Stais scelse di portare personalmente presso gli uffici
del ministero, come fosse una s poglia preziosa, soltanto la statuetta. A
uno degli archeologi fu invece affidato il com pito di su pervisionare le
o perazioni di scarico e tras porto degli altri re perti, incluso il poco a ppa
riscente meccanismo.
Stais aveva avuto la fortuna di entrare in carica durante uno dei go
verni più longevi di questa fase della storia greca. Fu nominato ministro
dell'educazione il 2 7 maggio 1 900 e si dimise con la caduta del governo
IL RELITTO E LA SCOPERTA 15
più impellenti erano altre: era possibile ritrovare i pezzi mancanti? E chi
era più qualificato per restaurare i frammenti e ricostruire la statua ?
Nella primavera del 1 902 le questioni pratiche erano ormai in via di
risoluzione. In una coppia di fotografie che Kavvadias aveva pubblica
to l'anno precedente, vediamo la testa, la parte superiore del torso e le
braccia dell'Efebo formare un pezzo unico, mentre le gambe e la parte
inferiore del corpo sono ridotte a una ventina di frammenti, alcuni dei
quali costituiti da pochi centimetri di lastra metallica (figura 1 .5). Il mu
seo aveva assegnato uno spazio apposito ai frammenti di bronzo non
identificati, in modo che potessero essere passati in rassegna alla ricerca
di altri pezzi mancanti. I lavori di conservazione dèlla statua furono af
fidati a Othon Rousopoulos ( 1 856-1 922), un famoso chimico che aveva
sviluppato metodi pionieristici per la pulitura del bronzo. 23 Dopo una
ricerca internazionale e lunghe trattative, il distinto curatore (nonché
falsario ! ) francese Alfred André ( 1 839- 1 9 1 9) accettò di recarsi ad Atene
per ricostruire l'Efebo. Arrivò il 6 maggio per compiere una stima inizia
le del lavoro e quattro giorni dopo rientrò a Parigi, con l'intenzione di
ritornare in autunno per iniziare il restauro.
Nel contesto di questi sviluppi così interessanti per la stampa, è nor
male che nessuno si sia curato del fatto che Stais - ormai un semplice
parlamentare in rappresentanza della sua isola natale, Citera - avesse
visitato il museo insieme alla moglie e alla cognata il mattino di sabato
1 8 maggio. Nonostante il primo cugino di Stais, Valerios Stais ( 1 857-
1 923), più vecchio di lui di qualche anno, fosse il direttore del museo,
(a) (b)
Figura 1 .5. Frammenti dell'Efebo di bronzo, risalente alla metà del IV secolo
a.C. (Museo Archeologico Nazionale X1 3396), nella forma in cui si presentava
no prima di essere assemblati (Kavvadias 1 9 0 1 , 206-7).
18 CAPITOLO 1
sembra che né lui né gli altri archeologi risultassero presenti quel gior
no. Com'è comprensibile, l'ex-ministro era personalmente interessato a
verificare come stessero procedendo i lavori sui reperti di Anticitera. E
così gli venne mostrata la stanza in cui erano conservati i diversi fram
menti bronzei. Certo, altre persone li avevano già passati in rassegna,
ma erano alla ricerca di frammenti di statua e pertanto non prestavano
alcuna attenzione ai pezzi che non avevano la forma di membra umane
o indumenti. Lo sguardo di Stais fu attirato da un paio di frammen
ti, che probabilmente erano collocati l'uno accanto all'altro e facevano
evidentemente parte di un unico oggetto, dall'aspetto simile a quello di
una lastra. Uno dei due recava un'iscrizione in caratteri greci, difficili
da decifrare alla luce pomeridiana. L'altro era dotato di un sistema di
ingranaggi interconnessi, visibili sulla sua superficie.
Questa è l'ultima apparizione di Stais nella nostra storia, ma è giusto
che sia lui a ricevere il titolo di " scopritore " di quello che ora chiamiamo
il meccanismo di Anticitera, l'oggetto più sorprendente e storicamente
significativo riesumato durante le operazioni di recupero che Stais pro
mosse e portò a termine con successo - anzi, il più importante prodotto
della scienza antica che l'archeologia abbia mai portato alla luce. Certo,
Stais non fu il primo a notarlo: tale merito va al pescatore di spugne che
lo estrasse dal fondo marino, all'archeologo che ha menzionato "la la
stra iscritta " nel telegramma e, forse, anche a Periklis Rediadis, se è vero
che impedì che il reperto fosse nuovamente buttato a mare. Ma sembra
che Stais sia stato il primo a scorgere le componenti meccaniche e, cosa
ancora più importante, fu lui a fare in modo che i frammenti ricevessero
fina lmente l'attenzione degli archeologi.
2
Le indagini
Entusiasmo al museo
Il lunedì successivo alla visita di Spyridon Stais presso il Museo Arche
ologico Nazionale cominciarono a diffondersi voci sull'accaduto. I gior
nali del giovedì pubblicarono articoli preceduti da titoli come quello
di "To Asty": "IMPORTANTE SCOPERTA AL MUSEO ARCHEO
LOGICO NAZIONALE - Scoperta di una lastra di bronzo iscritta - i
reperti di Anticitera ." 1 Chiunque avesse riferito l'accaduto ai giornalisti
aveva aggiunto un commento significativo: l'esame dei caratteri iscritti
avrebbe potuto circoscrivere la datazione del relitto di Anticitera. Que
sta volta la lastra con le iscrizioni indecifrabili non sarebbe sprofondata
nuovamente nell'oscurità, visto che avrebbe potuto decidere l'esito del
dibattito fra Ioannis Svoronos e gli archeologi.
Si sono conservate numerosissime iscrizioni greche su pietra, dall'epoca
arcaica fino al tardo Impero romano. Superficialmente , hanno più o meno
tutte lo stesso aspetto, indipendentemente dal periodo di produzione: si
tratta di file di lettere, per lo più formate dai 24 caratteri dell'alfabeto
greco standard, dall'aspetto simile alle lettere maiuscole usate nell'editoria
greca moderna e nelle notazioni scientifiche, senza alcuno spazio fra le pa
role e raramente accompagnate da una qualsiasi forma di punteggiatura.
A un esame più approfondito, tuttavia, si possono osservare numerose
varianti nella forma delle lettere, alcune delle quali riflettono precise evo
luzioni stilistiche. Per citare alcuni degli esempi più facilmente riconosci
bili, epsilon e sigma lunati (E invece di E, C invece di L) sono tipici delle
iscrizioni dell'epoca romana (ossia dei secoli dopo Cristo), mentre omega
a forma di W ((J invece di .Q) aveva cominciato a diffondersi non molto
tempo prima. Le iscrizioni che contengono una data, descrivono eventi
databili o sono state trovate in contesti archeologici che ci permettono
di determinare quando furono prodotte costituiscono un quadro di rife
rimento in base a cui è possibile provare a datare un'iscrizione specifica.
20 CAPITOLO 2
Un astrolabio?
In linea generale, la storia moderna del meccanismo di Anticitera si può
dividere in due fasi. Dal 1 902 agli anni '60 del Novecento, l'unico modo
per studiarne i resti consisteva nell'osservarli direttamente o in foto. Il pe
riodo seguente, dal 1 970 all'inizio del XXI secolo, è stato caratterizzato
dallo sviluppo di tecnologie che permettevano di guardare dentro o attra
verso i frammenti. Da quel momento in poi, ogni contributo sostanziale
alla completezza e alla precisione della nostra conoscenza dei frammenti
è stato accompagnato - ed è spesso scaturito - dall'interazione fra le in
novazioni tecnologiche e una serie di ricercatori dotati di talenti, compe
tenze e modi di pensare diversi. Nella fase precedente, invece, i progressi
più significativi non derivarono da nuovi modi di osservare gli oggetti,
ma da una serie di cambiamenti subiti dagli oggetti stessi. Fra il 1 905
e il 1 953 il lavoro di abili restauratori, nonché alcuni danni accidentali
verificatisi proprio in questo lasso di tempo, portarono alla luce elementi
prima invisibili perché nascosti dietro ad altre componenti dei frammenti
o sotto strati di concrezione. Com'era inevitabile, alcune informazioni
andarono perse e le vecchie fotografie e descrizioni ci possono aiutare
solo fino a un certo punto nella ricostruzione delle condizioni originarie
dei frammenti - anche se ci piacerebbe moltissimo trovare altre testimo
nianze provenienti dal passato! Con il senno di poi, potremmo rammari
carci che la richiesta di Svoronos non sia stata ascoltata, che i frammenti
non siano stati lasciati nelle condizioni in cui erano stati trovati o che non
siano stati sottoposti soltanto agli interventi di restauro necessari per pro
teggerli da ulteriore degradazione. D'altro canto, però, se una parte del
materiale non fosse stato distrutto nelle fasi iniziali, gli studiosi di epoche
più recenti non avrebbero avuto informazioni sufficienti per decidere di
sottoporre il meccanismo a metodi di imaging sofisticati e non distruttivi
che non erano generalmente applicati agli oggetti antichi.
24 CAPITOLO 2
(b)
Figura 2.1. Due dei primi studiosi del meccanismo: (a sinistra) l'ufficiale della
marina Periklis Rediadis e (a destra) il filologo Albert Rehm, presso il sito de
gli scavi di Mileto (sinistra, Modern Greek Visual Prosopography l National
Hellenic Research Foundation; destra, Antikensammlung, Staatliche Museen zu
Berlin Preussischer Kulturbesitz, Neg.PM 171 ).
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Figura 2.2. Fotografie dei frammenti A-D prima del restauro (Svoronos 1 903a, tavola X).
LE INDAGINI 27
l' "eclittica", che passa per il centro della cintura zodiacale ed è inclinata
rispetto all'asse delle orbite dei moti quotidiani (p. 1 32). L'astrolabio
si basa su una trasformazione matematica chiamata "proiezione stere
ografica": la sfera celeste viene rappresentata su una superficie piana in
modo tale che a ogni cerchio della sfera corrisponda un cerchio sulla
mappa. Tutti i cerchi che hanno come centro il Polo nord verranno quin
di raffigurati come cerchi concentrici. Sul centro del disco è imperniata la
"rete ", un reticolo di sottili bande di metallo che rappresentano le stelle
e il cerchio dell'eclittica. Facendo ruotare la rete, è possibile mostrare la
posizione del sole e delle stelle nel cielo dell'osservatore in un giorno e
un'ora qualsiasi. In tal modo si possono anche determinare valori quali
LE INDAGINI 29
tra canto, sui frammenti del meccanismo non sembrava esserci alcuna
traccia visibile di proiezione stereografica. Perciò Rediadis suggerì che
gli ingranaggi del meccanismo avessero la stessa funzione della mappa
tura stereografica degli astrolabi convenzionali: essi avrebbero trasfor
mato in modo meccanico l'altezza osservata del sole o di una stella in
angoli rappresentati da una serie di lancette, che fornivano le informa
zioni spaziali e temporali di cui gli antichi navigatori avevano bisogno.
Fra l'altro, Rediadis non cercò di spiegare come un sistema di ingra
naggi potesse concretamente convertire un angolo di altitudine nell'ora
del giorno. Più in generale, è davvero sorprendente quanto poco la sua
interpretazione della funzione del meccanismo si fondi sulle sue minuzia
se osservazioni dei frammenti e sul suo fallimentare tentativo di ricom
porli. Il suo contributo non consiste nell'aver creduto che il meccanismo
fosse una controparte meccanica dell'astrolabio - un'interpretazione ri
velatasi erronea - quanto piuttosto nell'idea generale che gli ingranaggi
formassero un dispositivo capace di elaborare dati quantitativi tramite
componenti mobili: insomma, si sarebbe trattato di un vero e proprio
computer analogico.
Un planetario?
Tre anni dopo la pubblicazione del libro di Svoronos, Georg Karo
( 1 8 72- 1963), il segretario della sede ateniese dell'Istituto tedesco di ar
cheologia, tenne una conferenza sui "Ritrovamenti di Anticitera ". In
quell'occasione, annunciò che un giovane classicista di Monaco, Albert
Rehm, aveva elaborato una nuova interpretazione del meccanismo.14
Fino a quel momento, il meccanismo era stato studiato da esperti di
resti materiali antichi (vari archeologi, un numismatico, un epigrafista )
e da autorità nel campo della storia navale. Rehm ( 1 8 7 1 - 1 949; figura
2 . 1 , a destra), invece, era un filologo, un esperto di testi greci e latini. Si
era convinto che, per potersi definire completo, uno studioso dell'anti
chità dovesse avere familiarità sia con i testi tramandati dalla tradizione
manoscritta medievale, sia con i resti materiali scoperti dall'archeolo
gia moderna. Per questa ragione, partecipò per molti anni, in qualità di
epigrafista, agli scavi tedeschi presso Mileto, in Asia Minore, e in altri
siti. Sembra anche che nutrisse un particolare interesse per l'astronomia
antica: fu affascinato dal capitolo di Rediadis sul meccanismo, da cui
pensava ci fosse molto da imparare. Siccome Atene era sulla strada da
Monaco a Mileto, nel settembre del 1 905 Rehm colse l'occasione per
ispezionare i frammenti mentre era di passaggio. 15
LE INDAGINI 31
A dire il vero, non si trattava proprio degli stessi frammenti che Re
diadis aveva descritto. A quanto pare, all'inizio del 1 905, Rousopoulos
era riuscito a smaltire la maggior parte del lavoro di restauro che si era
accumulato al Museo Archeologico Nazionale ed era pronto a iniziare i
lavori di pulizia del meccanismo, un compito che egli stesso descrisse come
"un'operazione delicata" che implicava "rischi e difficoltà" .16 Rousopoulos
si rese conto di non poter trattare i frammenti con gli stessi processi chimici
o elettrochimici utilizzati per le statue di bronzo provenienti dal relitto: i
frammenti erano formati da strati di lastre così sottili che, dopo due millen
ni di corrosione, quasi non c'era superficie metallica che fosse libera da con
crezioni. Rousopoulos decise di applicare con cautela un detergente a base
di cianuro di potassio a qualsiasi superficie gli sembrasse necessario pulire.
Questo trattamento era seguito dall'applicazione di uno strato di smalto.
Nel frattempo, un tecnico del museo asportava con cura gli strati di
lastra metallica o di concrezione che si erano attaccati alla superficie dei
Figura 2.4. Frammento 1 9 , che conserva una parte della lastra "del coperchio
posteriore". Quando la fotografia fu scattata, ossia poco dopo la separazione
del frammento 1 9 dal frammento A, questa era la sezione meglio leggibile delle
iscrizioni del meccanismo (Stais 1 905, 2 1 ) .
32 CAPITOLO 2
rispetto agli altri calendari antichi: i mesi non avevano nulla a che fare
con le fasi della luna, ma avevano tutti una durata di 30 giorni. L'anno
egizio si concludeva con cinque giorni che non appartenevano a nessun
mese. Perciò, un anno intero durava 365 giorni, ossia circa un quarto di
giorno in meno rispetto al tempo impiegato dal sole per compiere il giro
dello zodiaco (p. 87). Quando l'Egitto divenne una provincia romana
nel 30 a.C. le regole del calendario vennero rapidamente cambiate. Con
formemente alla recente riforma del calendario romano introdotta da
Giulio Cesare, si aggiunse un giorno supplementare ogni quattro anni.
Rehm dedusse che un anello su cui erano iscritti i mesi e i giorni del
calendario egizio nella sua versione riformata avrebbe indirettamente
consentito di seguire il movimento del sole attraverso lo zodiaco. Di con
seguenza, il meccanismo doveva essere dotato di un puntatore rotante,
azionato dagli ingranaggi, che rappresentava il movimento del sole. Ma
c'erano altri indizi che suggerivano che il meccanismo avesse qualcosa
a che fare con la luna e i pianeti. Fin dal principio, si era stabilito che
sull'iscrizione del frammento B si potevano leggere le prime Lettere del
nome greco del pianeta Venere, Afrodite. Sull'iscrizione del frammen
to 1 9 pubblicato poco prima da Stais, Rehm identificò due numeri che
presentavano uno stretto legame con la luna e i calendari lunari. Non
sapendo di essere stato preceduto da Svoronos, anche se di poco, Rehm
ipotizzò che gli anelli concentrici sul frammento B rappresentassero le
orbite del sole, della luna e dei pianeti intorno alla terra e che un sistema
di ingranaggi azionato da una manovella facesse ruotare ogni anello a
una velocità proporzionale al periodo di rivoluzione di ciascun corpo
celeste intorno allo zodiaco. In quello che ci resta della letteratura greca
e latina antica, non è attestata nessuna descrizione tecnica di un simile
dispositivo. Rehm fu però in grado di individuare, nelle opere dello sta
tista e filosofo romano Cicerone, una serie di passaggi che attribuiscono
la realizzazione di planetari meccanici ad Archimede e al filosofo stoico
Posidonio, un contemporaneo leggermente più anziano dello stesso Ci
cerone (pp. 158 e 220). Convinto che l'anello con il calendario rappre
sentasse la versione riformata del calendario egizio, Rehm ipotizzò che
il meccanismo fosse stato prodotto poco dopo il 3 0 a.C., circa mezzo
secolo più tardi rispetto al planetario di Posidonio.
Rehm mise per iscritto le proprie osservazioni e idee sul meccanismo
in due occasioni diverse: la prima volta, in un capitolo di un libro sulla
meteorologia antica che presentò senza successo a un concorso letterario
e che non venne mai pubblicato; la seconda volta, dopo un altro viaggio
ad Atene nel 1 906, sotto forma di un articolo manoscritto indipenden-
34 CAPITOLO 2
te, che Rehm stesso definì "Lezione ateniese " . Si trattava proprio della
lezione che Georg Karo aveva tenuto a nome di Rehm nel dicembre del
1 906.19 Gli intellettuali greci che si erano interessati al meccanismo era
no dunque a conoscenza degli elementi essenziali della teoria del plane
tario di Rehm, la quale convinse Rados, ma fu contestata da Rediadis.20
Rehm però non pubblicò mai le proprie ricerche, nonostante fosse stato
ripetutamente incoraggiato a farlo da Karo e da altri colleghi. Dopo il
1 906, anno in cui divenne professore presso l'Università di Monaco, fu
sempre più occupato dall'insegnamento e dall'amministrazione univer
sitaria. Da un punto di vista scientifico, il suo principale obiettivo era
la pubblicazione delle iscrizioni provenienti dagli scavi di Mileto. Pro
babilmente, Rehm era anche consapevole che sarebbero stati necessari
esami più approfonditi dei frammenti, migliori misurazioni e migliori
fotografie per poter giungere a un'interpretazione del meccanismo che
fosse davvero risolutiva.
Il primo a intraprendere una simile ricerca fu loannis Theofanidis
( 1 8 77- 1 939), un ufficiale della marina la cui carriera si era svolta pa
rallelamente a quella di Rediadis (entro la metà degli anni '20 avevano
entrambi ottenuto il grado di contrammiraglio) .21 I due si conosceva
no bene, anche se non è chiaro quanto questa relazione abbia influito
sull'interesse di Theofanidis per il meccanismo . Dopo il 19 1 0, infatti,
Rediadis non scrisse più nulla sull'argomento, mentre il primo lavoro
di Theofanidis sul tema risale alla fine degli anni '20. Fu pubblicato in
uno strano contesto, un articolo sui viaggi di San Paolo che Theofanidis
scrisse per la Grande Enciclopedia Navale e Militare, un'opera di rife
rimento in sei volumi uscita fra il 1 929 e il 1930.22 Theofanidis usò il
tema assegnatogli come pretesto per lanciarsi in un'ampia discussione
delle tecniche di navigazione antiche: come la maggior parte degli stu
diosi precedenti, era convinto che il meccanismo fosse uno strumento di
navrgazwne.
Entro il 1 934, grazie all'osservazione dei frammenti e a una buona
dose di immaginazione, Theofanidis giunse a ela borare una teoria molto
specifica sul funzionamento del meccanismo. Non si limitò a esporre le
proprie idee in un breve articolo, ma le mise anche in pratica costruendo
un modello funzionante, che si conserva ancora oggi, anche se parzial
mente smontato.23 Secondo la sua ricostruzione, il meccanismo era un
planetario che mostrava le posizioni del sole, della luna e di quattro dei
cinque pianeti noti ai Greci. È però molto difficile capire nel dettaglio il
suo funzionamento basandosi solo sull'articolo di Theofanidis, i cui dia
grammi sono quasi completamente impenetra bili. Fra le sue idee, c'era
LE INDAGINI 35
Un computer?
Derek de Solla Price ( 1 922-1 983) era un giovane fisico inglese, specializ
zatosi nella fisica dei metalli durante un dottorato ottenuto all'Università
di Londra come studente esterno. La sua passione per la storia della
scienza maturò verso la fine degli anni '40, quando iniziò a insegnare
matematica applicata al Raffles College di Singapore (che nel 1 949 sa
rebbe divenuto parte dell'Università della Malesia) .24 Per questa ragione,
nel 1951 si iscrisse al programma di dottorato in Storia della Scienza
presso l'Università di Cambridge, con un progetto di ricerca inizialmente
intitolato "La storia della costruzione degli strumenti scientifici". Alla
fine di quello stesso anno fece la sua prima scoperta, che lo avrebbe
reso famoso: un manoscritto del XIV secolo, conservato a Cambridge,
nella biblioteca del Peterhouse College, che conteneva una descrizione in
inglese medievale di uno strumento per i calcoli astronomici chiamato
equatorio. Basandosi su una serie di prove circostanziali, Price sostenne
che si trattava di un'opera di Geoffrey Chaucer fino ad allora scono
sciuta. Pur avendo deciso di trasformare il progetto di ricerca del suo
secondo dottorato (ottenuto nel 1 954) in un'edizione commentata di
questo trattato, Price non abbandonò mai la propria passione per il più
ampio tema della strumentazione scientifica e, in particolare, per gli an
tichi meccanismi a orologeria. Egli conosceva il meccanismo grazie alla
descrizione di Rediadis del 1 903, all'articolo di Theofanidis del 1 934 e
a qualche altra testimonianza indiretta di minore importanza. A partire
da queste fonti, Price si rese conto che i frammenti erano la prova che
36 CAPITOLO 2
fornì anche uno spazio di lavoro, che Price condivise per parte del proprio
soggiorno con Georgios Stamiris ( 1 914-1 996), l'assistente di ricerca di
Meritt. Trovandosi ad Atene proprio in quel periodo, Stamiris collaborò
alla lettura delle iscrizioni, anche perché Price non conosceva molto bene
il greco.32 Gli appunti originali redatti da Price durante questa visita non
sembrano essersi conservati, ma è chiaro che cercò di descrivere e misurare
ogni possibile dettaglio. Fra tutte le fotografie che portò con sé, ce n'è una
(figura 2.5) che lo ritrae in un abbigliamento elegante, seduto a un tavolo
dietro a cui spunta uno scaffale ricolmo di opere di riferimento, mentre
misura con un calibro a corsoio il raggio interno della grande ruota den
tata con raggi a croce conservata dal frammento A.
Una volta rientrato negli Stati Uniti, Price iniziò a preparare uno stu
dio dettagliato sul meccanismo. Nel frattempo, il 30 dicembre, tenne
una presentazione sul tema durante un incontro dell'America n Associa
tion for Advancement of Science (AAAS) tenutosi a Washington DC.
Price aveva già mostrato un certo talento per la pubblicità quando era
uno studente a Cambridge: la sua scoperta del manoscritto di Chaucer
era giunta sia sulle pagine del "Times" che su quelle del "Times Literary
Figura 2.5. Derek de Solla Price nel 1 95 8 , mentre studia i frammenti presso il
Museo Archeologico Nazionale (© eredi di Derek de Solla Price).
LE INDAGINI 39
\?, . 2. ,1(
j ,l."'(" ;
o .hd
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c.
Figura 2.6. In questo disegno realizzato da Price nei primi anni Settanta si vede
la sua ricostruzione dell'incastro fra i vari frammenti del meccanismo (© eredi
di Derek de Solla Price).
LE INDAGINI 41
con Neugebauer, che riuscì a identificare alcuni dei numeri chiave legati ai
periodi astronomici menzionati nell'iscrizione del frammento 1 9.38 Perciò,
a parere di Price, il meccanismo sembrava ormai avere meno a che fare
con le orbite nello spazio che con i cicli del tempo: non si sarebbe trattato
tanto di un planetario, quanto piuttosto di un calcolatore.
Come Rehm prima di lui, Price era convinto che il meccanismo, !ungi
dall'essere uno strumento di navigazione, fosse invece una sorta di "mac
china strabiliante", concepita per istruire e stupire. Il fatto che il dispositivo
fosse stato trovato all'interno del relitto non era che una coincidenza: pro
babilmente la nave naufragata lo stava trasportando dal luogo in cui era
stato costruito a quello in cui viveva il suo futuro proprietario.39 Inoltre,
sulla base di una serie di indizi, Price intuì che il meccanismo doveva essere
quasi nuovo quando sprofondò in fondo al mare. Esaminando alcune delle
iscrizioni, Meritt giunse alla conclusione che la forma delle lettere risaliva
al I secolo a.C. Senza contare che il lessico usato corrispondeva a quello
dei testi scientifici greci dell'epoca.40 Grazie a un piccolo segno presente sul
frammento C, sembrava possibile risalire a una data ancora più precisa.
Secondo Price, lo scopo di questo segno sarebbe stato quello di indicare
che, nell'anno di produzione del meccanismo, il calendario egizio corri
spondeva perfettamente al movimento del sole attraverso lo zodiaco (p.
94). Tramite un'argomentazione piuttosto intricata, Price giunse alla con
clusione che quest'"anno zero" fosse da collocarsi intorno all'82 a.C. e che
il meccanismo fosse stato resettato per l'ultima volta circa due anni dopoY
Negli anni successivi, egli prese a insinuare, scherzando solo in parte, che il
meccanismo fosse una copia del planetario del filosofo Posidonio, andato
perso nel cammino verso Roma insieme agli altri bagagli del giovane Cice
rone, di ritorno dai suoi viaggi in Oriente nel 77 a.C.42
A questo punto, però, Price sembra essersi bloccato.43 Era convinto
di aver ricavato tutto quello che era possibile ottenere dall'osservazione
diretta dei frammenti. Disponeva di misurazioni e di stime del numero
dei denti per la ventina di ingranaggi, completi o meno, che erano facil
mente visibili (soprattutto sulle facce anteriore e posteriore del frammen
to A). C'erano però altri ingranaggi nascosti all'interno dei frammenti;
altri ancora erano evidentemente andati persi. Stamiris aveva compiuto
grandi progressi nella decifrazione delle iscrizioni, ma le più lunghe pre
sentavano ancora ampie lacune e passi di incerta lettura: la quantità
degli elementi indecifrabili era tale che solo parole e frasi isolate risulta
vano comprensibili. Dopo una seconda visita al museo nel 1 9 6 1 , Price si
convinse definitivamente di aver ormai compiuto quasi tutto quello che
l'osservazione a occhio nudo consentiva di fare.
42 CAPITOLO 2
queste due grandi categorie di automi procedono di pari passo e sono indis
solubilmente legate in tutti i loro sviluppi successivi. Sembrano dipendere
l'una dall'altra sia da un punto di vista storico sia da un punto di vista mec
canico. Rappresentano sfaccettature complementari dell'impulso umano a
esibire la profondità della propria conoscenza e la sofisticazione delle proprie
abilità interpretando il ruolo di creatore dell'universo fai-da-te. E di questa
tendenza incarnano i due aspetti più nobili: il cosmico e l'animato.
mese lunare.53 Pertanto, Price ipotizzò che i quadranti inferiori del pan
nello posteriore mostrassero i mesi lunari. Perché questa interpretazione
funzionasse, però, fu costretto ad alterare le stime del numero dei denti
effettuate da Karakalos (che però si era sbagliato al massimo di un den
te), modificandole di un buon 1 0 % nel caso di due ingranaggi.
Le radiografie di Karakalos furono lo stimolo di cui Price aveva bi
sogno per terminare la stesura del suo piccolo libro sul meccanismo,
che intitolò Gears (rom the Greeks. Come segno di riconoscenza per
il finanziamento ricevuto in occasione del suo primo viaggio ad Atene,
Price decise di affidarlo all'American Philosophical Society, che nel 1 974
lo inserì in una delle proprie pubblicazioni scientifiche. Per Price, questo
era un modo abbastanza sommesso di annunciare le proprie scoperte,
soprattutto se si pensa all'attenzione mediatica suscitata dalla sua pre
sentazione presso la AAAS o al vasto pubblico raggiunto dal suo articolo
sullo "Scientific American". Non si può fare a meno di chiedersi se, no
nostante l'entusiasmo che dichiarò di aver provato nel risolvere gli enig
mi che caratterizzarono l'ultima fase della sua ricerca, Price non avesse
perso un po' del proprio interesse per il meccanismo dopo il 1 959. I suoi
lavori precedenti avevano già messo in evidenza l'incredibile complessità
tecnologica dell'oggetto; è quindi possibile che individuare le funzioni
astronomiche abbastanza elementari presupposte dalla sua ricostruzione
del meccanismo gli sia parso decisamente meno eccitante. Comunque
sia, Gears (rom the Greeks attirò soprattutto l'attenzione degli storici
della scienza e della tecnologia, che per lo più lo considerarono come
l'opera definitiva sul tema. Il libro di Price ebbe un maggior impatto
in Grecia: entro la metà degli anni '70 il museo ricollocò i frammenti
in esposizione permanente (nel capitolo 9 leggeremo l'impressione che
ne ebbe un visitatore famoso). Durante i tre decenni che seguirono, la
maggior parte degli archeologi e degli studiosi del mondo classico rimase
all'oscuro dell'esistenza del meccanismo e del suo significato.
contemplato l'idea. Rehrn, dal canto suo, n e era convinto: a suo parere
si sarebbe così spiegata l'apparente menzione del pianeta Venere nell'i
scrizione speculare del frammento B, senza contare che il meccanismo
sarebbe così rientrato in una categoria ben nota di dispositivi meccanici
antichi, i planetari descritti da Cicerone e da altri autori. Rehrn tracciò
anche degli scherni preliminari volti a illustrare l'ipotetica struttura de
gli ingranaggi di un simile planetario, ma non realizzò mai un modello
concreto.63 Come abbiamo visto, Theofanidis si basò sulla propria rico
struzione del meccanismo, decisamente più ambiziosa da un punto di
vista astronomico, per mettere a punto un vero e proprio modello che
rendesse conto delle caratteristiche visibili dei frammenti.
Non è quindi sorprendente che, quando si recò per la prima volta ad
Atene per esaminare il meccanismo, Price lo considerasse come "un pla
netario, forse simile a quello che, a quanto si dice, era stato costruito da
Archimede", come scrisse egli stesso nella sua richiesta di finanziamenti.
Tuttavia, le sue scoperte sulla configurazione originale dei frammenti
indicavano che le ricostruzioni dei suoi predecessori non potevano es
sere corrette. Perciò, nel suo articolo sullo "Scientific Arnerican ", Price
abbandonò l'idea del planetario, sostenendo invece che il meccanismo
fosse "la controparte aritmetica dei ben più noti modelli geometrici del
sistema solare, i quali . . . avrebbero poi dato origine ai diversi generi di
planetario" .64 Questa affermazione sembra suggerire che i quadranti non
mostrassero le variazioni effettive del moto dei pianeti, quanto piuttosto
le fasi correnti dei loro movimenti ciclici, che avrebbero costituito una
sorta di riferimento cronologico.
Con la sua estesa ricostruzione dei treni di ingranaggi del mecca
nismo a partire dalle radiografie di Karakalos, Gears (rom the Greeks
rappresentava una decisa presa di distanza dalla concezione del mecca
nismo come planetario. Ormai sembrava che la trentina di ingranaggi
superstiti appartenesse a una serie di sistemi connessi esclusivamente ai
movimenti e ai fenomeni del sole e della luna. In un passo in cui riassu
me la disposizione delle lastre e delle altre componenti del meccanismo
iniziando dalla parte anteriore per finire con quella posteriore, Price in
dica un punto dove si sarebbe potuto trovare " un insieme di ingranaggi
planetari, se si volesse proporre una ricostruzione ipotetica " . Si tratta
però solo di un rapido accenno; peraltro, non è affatto certo che si rife
risse a sistemi di ingranaggi atti a riprodurre il moto variabile dei pianeti
attraverso lo zodiaco.65 Anzi, verso la fine del libro, quando cerca di
inserire il meccanismo nel contesto dei dispositivi astronomici menzio
nati da Cicerone e da altri autori antichi, Price scrive che "il progres-
52 CAPITOLO 2
giusto in tempo per comparire in Gears (rom the Greeks, nel 1 976 era
venuto alla luce un altro frammento, precedentemente sconosciuto, cui
fu assegnata la lettera E. Price vide delle fotografie di E, che mostravano
la presenza del calco speculare di un'iscrizione su uno dei lati. Fu però
Wright a stabilire la corretta posizione di E, originariamente collocato in
uno spazio che separava i frammenti A e 8.70 Nel 2005, durante le ricer
che dell' AMRP, Mary Zafeiropoulou si recò nel magazzino del museo
per recuperare i frammenti che, a differenza di A, B e C, non facevano
parte dell'esibizione permanente: vi trovò ben 79 frammenti riposti in un
vassoio.71 Fra questi c'erano probabilmente tutti i frammenti osservati
da Price nel 1 958, i frammenti D ed E, nonché vari altri frammenti fino
ad allora sconosciuti ai ricercatori. Zafeiropoulou assegnò la lettera F al
più grande dei nuovi frammenti e la lettera G alla lastra iscritta che Pri
ce aveva soprannominato "puzzle" ; i frammenti di dimensioni inferiori
furono numerati da l a 75. Questo sistema di denominazione è stato
ormai adottato dall'intera comunità scientifica. Inoltre, siccome nella
maggior parte dei casi i frammenti sono piatti o hanno una forma simile
a quella di una lastra, le loro facce sono state più o meno arbitrariamente
designate con i numeri 1 e 2, estendendo così il criterio di numerazione
adottato da Svoronos nel 1 903.
La squadra di Malzbender fece ricorso a una tecnica di imaging, chia
mata mappatura della trama polinomiale (polynomial texture mapping),
che era stata ideata dallo stesso Malzbender in collaborazione con Dan
Gelb. A partire da allora, questa tecnologia è stata ulteriormente svilup
pata e adesso è per lo più nota con il nome di Reflectance Transforma
tion /maging (RTI).72 In una prima fase si scatta una serie di fotografie
digitali dell'oggetto interessato: la prospettiva è sempre la stessa, ma
l'illuminazione del flash proviene di volta in volta da direzioni diverse.
A partire da queste fotografie viene successivamente generato un file di
dati che assegna a ogni pixel una "funzione di riflettività ". Un software
di visualizzazione immagini permette di visualizzare l'oggetto in diversi
modi: ad esempio, è possibile simulare una sorgente di luce proveniente
da una direzione qualsiasi, aumentare l'ampiezza delle funzioni di ri
flettività, o eliminare la colorazione delle superfici. Lo scopo dell'RTI
è quello di rendere più visibili i dettagli della forma superficiale di un
oggetto, permettendo così di studiarlo sullo schermo di un computer,
senza che sia necessaria la presenza dell'oggetto stesso. Si tratta di una
tecnologia facilmente trasporta bile e relativamente poco costosa: in anni
recenti è stata ampiamente utilizzata da varie discipline interessate allo
studio del patrimonio culturale. Per quanto riguarda il meccanismo, l'u-
LE INDAGINI 55
o Centro secondario
o Centro assiale
Figura 3.2. La struttura geometrica del quadrante metonico. Il centro dei semi
cerchi neri a destra è il centro assiale, mentre quello dei semicerchi grigi a sinistra
è il centro secondario, collocato leggermente al di sopra del centro assiale. Tutte
le suddivisioni della scala sono collocate lungo raggi che attraversano il centro
assiale.
UNO SGUARDO AL MECCANISMO 61
Figura 3.3. Dettaglio del quadrante metonico, in cui le iscrizioni del calendario
sono presentate in traduzione.
UNO SGUARDO AL MECCANISMO 63
suo asse. Solo quello sulla destra si è conservato, ma è probabile che si so
migliassero molto. Si trattava di piccoli cerchi incisi sulla lastra metallica
e divisi in quattro settori identici da diametri anch'essi incisi: il quadrante
superstite aveva un diametro complessivo di 2 cm e quello scomparso do
veva avere dimensioni analoghe. Le lancette, che non si sono conservate,
dovevano essere abbastanza semplici e quasi aderenti alla superficie della
lastra, in modo da non ostacolare il puntatore del quadrante a spirale.
All'interno delle quattro sezioni del quadrante accessorio di destra era
no incisi, in ordine antiorario e con l'estremità superiore diretta verso il
centro, i numeri l, 2, 3 e 4, ciascuno preceduto dal simbolo a forma di L che
stava per "anno".10 Questo quadrante contava gli anni in base a un ciclo
ricorrente di quattro anni. All'esterno dei quadranti delle quattro sezioni e
con lo stesso orientamento dei numeri, erano incisi i nomi di diversi festival
atletici che si svolgevano regolarmente in base ai cicli annuali corrisponden
ti. Per tale ragione, d'ora in poi questo sarà per noi il quadrante dei Giochi.
Il quadrante di sinistra, che chiameremo quadrante callippico, era
dotato di una lancetta che ruotava in senso orario e, come dice l'ICP,
conteggiava cicli di 19 anni in relazione a un ciclo più esteso di 76 anni.
Così, ogni volta che il braccio estensibile del quadrante a spirale per
correva l'intera estensione della spirale stessa, la lancetta del quadrante
accessorio di sinistra si spostava nella sezione successiva, in senso orario.
Non sappiamo come fossero etichettate le quattro sezioni che lo costitu
ivano: forse con i numeri l, 2, 3 e 4, per mostrare il numero del ciclo in
corso, oppure con niente, 1 9, 38 e 57, per mostrare il numero di anni da
aggiungere a quello indicato sulla scala del quadrante a spirale.
in relazione con i mesi e gli anni del calendario, bensì con le eclissi (figu
ra 3.4). La maggior parte delle caselle non conteneva alcuna iscrizione.
Chi avesse letto la scala in senso orario a partire dal suo punto di inizio
(l'estremità interna della spirale), avrebbe visto quattro o cinque caselle
vuote seguite da una o due caselle contenenti brevi iscrizioni ricche di
abbreviazioni, le quali segnalavano che un'eclissi di sole o di luna (o di
entrambi) avrebbe potuto verificarsi in quel mese.12 Un'iscrizione tipo
potrebbe essere tradotta come segue: "luna, ora 6, E". Questa dicitura
si riferisce a una possibile eclissi lunare: l'ora indica il momento in cui
il sole e la luna sono in perfetta opposizione l'uno rispetto all'altra (os
sia il momento in cui l'eclissi è esattamente a metà del proprio corso) ;
l a lettera è un segno d i rimando che rinviava a ulteriori informazioni
sull'eclissi, contenute nell'iscrizione della lastra posteriore (ILP, da non
Figura 3.4 Dettaglio del quadrante di Saros, in cui le iscrizioni delle eclissi sono
presentate in traduzione.
66 CAPITOLO 3
Figura 3 .5. Frammento A-1 , vista laterale. Dall'estremità sinistra sporge verso
l'alto l'ingranaggio a dentatura frontale che, mettendo in moto il grande ingra
naggio a raggi perpendicolari, azionava l'intero meccanismo (Planetario Adler,
© eredi di Derek de Solla Price) .
Figura 3.6. Frammento A-2, vista laterale. In primo piano, s i vede l a faccia ester
na dell'ingranaggio a dentatura frontale; il suo asse doveva essere alloggiato
nella cavità di forma quadrata. Nella sezione centrale di questa immagine si può
anche vedere quanto fossero vicini i vari livelli di ingranaggi montati sulla lastra
di base (Planetario Adler, © eredi di Derek de Solla Price).
UNO SGUARDO AL MECCANISMO 69
Il quadrante anteriore
Se il pannello posteriore del meccanismo aveva cinque quadranti, ciascu
no dotato della propria lancetta, quello anteriore (perlomeno a quanto ne
sappiamo) aveva un solo quadrante, provvisto di numerose lancette (figura
3.7). Questo quadrante era collocato su una lastra di forma quadrata, che
aveva quasi la stessa ampiezza di quella posteriore. L'estremità superiore
di questa lastra si trovava circa 7 cm più in basso rispetto alla sommità
della lastra posteriore, mentre la sua estremità inferiore era situata circa
8,5 cm più in alto rispetto alla base della lastra posteriore. Il centro della
lastra doveva essere occupato da un'apertura circolare con un diametro
di circa 13 cm, oppure da un elemento circolare di lastra concepito per
riempire questo spazio. Quest'ultimo era circondato da due scale graduate
concentriche a forma di anello, il cui perimetro esterno andava quasi a
toccare i quattro lati della lastra quadrata. Il frammento C ha conservato
circa un quarto della lastra insieme alle sue scale graduate (figura M5).
La scala graduata più interna era suddivisa in 12 settori da una serie
di tratti incisi sul metallo; inoltre, una serie di tacche più piccole divideva
ciascuno di questi settori in 30 ulteriori sottosezioni. Ogni settore recava al
proprio interno il nome greco di un segno zodiacale: i nomi dei segni erano
disposti in senso orario e la loro linea di base era orientata verso l'interno.
Di conseguenza, le sottosezioni rappresentavano i singoli gradi del cerchio
dell'eclittica (il percorso apparente di forma circolare che il sole compie an
nualmente attraverso lo zodiaco).18 Inoltre, in corrispondenza dell'estremità
esterna di alcune delle tacche, erano incise singole lettere dell'alfabeto greco:
anche se disposte a intervalli irregolari, seguivano l'ordine alfabetico. D'ora
in avanti, questa componente sarà definita scala graduata dello zodiaco.
La scala graduata più esterna era ugualmente suddivisa in 12 settori di
uguali dimensioni, cui si aggiungeva un tredicesimo, di dimensioni inferio
ri, che sottendeva un sesto dell'arco sotteso dai settori più grandi.19 Questi
ultimi erano suddivisi in 30 sottosezioni, mentre il settore più piccolo ne
U N O SGUARDO AL MECCANISMO 71
Figura 3.7. Struttura della lastra del quadrante centrale sul pannello anteriore, con
le lancette per il sole, la luna e i pianeti. Il profilo grigio indica la parte di lastra con
servata dal frammento C. Anche il coperchio cilindrico che ospitava il dispositivo
di visualizzazione delle fasi lunari si è conservato sul frammento C, per quanto non
nella sua posizione originaria. Il più piccolo coperchio cilindrico collocato al cen
tro è frutto di una congettura: avrebbe nascosto l'ingranaggio a dentatura frontale
che attivava il dispositivo per la visualizzazione delle fasi lunari (il quale occupava
una finestra circolare collocata sul cilindro più grande) e avrebbe potuto rappre
sentare la terra nell'ambito di una cosmologia geocentrica. Gli elementi circolari di
colore grigio collocati negli angoli rappresentano le manopole dei fermi scorrevoli,
che consentivano di rimuovere la lastra dalla cornice di legno. I quattro elementi
grigi a forma di arco sono i fermi di fissaggio della scala del calendario egizio.
72 CAPITOLO 3
La scala del calendario egizio non era parte integrante della lastra
anteriore, ma era costituita da una lastra indipendente a forma di anello,
il cui spessore era pari alla metà di quello della lastra anteriore stessa:
era collocata in un solco a forma di anello situato sulla lastra principale,
in modo tale che la sua superficie risultasse perfettamente a filo con la
scala dello zodiaco e con l'intera lastra anteriore. Il solco circolare era a
propria volta attraversato da 365 fori e il retro della scala graduata del
calendario egizio doveva essere dotato di un piolo (probabilmente uno
soltanto), che poteva essere inserito all'interno di uno qualsiasi di questi
fori: ciò permetteva di impostare la scala graduata in 365 posizioni di
verse rispetto a quella dello zodiaco (figura 3.8).20
Figura 3 . 8 . La lastra del quadrante centrale con l'anello della scala del calenda
rio egizio, i cui fermi sono stati rimossi. Si può vedere il cerchio formato dai fori,
in uno dei quali andava inserito il piolo fissato al retro dell'anello del calendario.
I piccoli rettangoli neri rappresentano i fori praticati sulla lastra per potervi in
serire la base dei fermi di fissaggio.
UNO SGUARDO AL MECCANISMO 73
muovessero in modo non uniforme. In questo caso, però, l'effetto era più
spettacolare perché, oltre ai cambi di velocità, si sarebbero potuti vedere
anche cambi di direzione. Le lancette del quadrante anteriore si muoveva
no perlopiù in senso orario, il che corrispondeva a un movimento da ovest
a est attraverso lo zodiaco. Tuttavia, ciascuna lancetta planetaria alterna
va lunghi intervalli in cui si spostava in senso orario (moto diretto) a in
tervalli più brevi in cui si muoveva in senso antiorario (moto retrogrado).
I movimenti rappresentati dal quadrante anteriore avevano un ritmo
più veloce rispetto a quelli illustrati dai quadranti posteriori. Un solo giro
della manopola avrebbe prodotto tre giri quasi completi della lancetta lu
nare, mentre sarebbero bastate meno di cinque rotazioni per far compiere
un intero giro dello zodiaco alle lancette del sole, di Mercurio e di Venere.
A ogni giro e mezzo della manopola, si sarebbe vista la lancetta di Mercu
rio passare dal senso orario a quello antiorario e viceversa. Il movimento
più lento sarebbe stato sicuramente quello di Saturno, che avrebbe dato
l'impressione di avanzare per piccole oscillazioni, richiedendo circa 1 40
rotazioni della manopola prima di completare un giro del quadrante. Ma
anche così, sarebbe risultato più veloce delle lancette di due dei quadranti
sussidiari posti sul retro, il quadrante dell'Exeligmos e quello callippico.
Il fatto che la lastra del quadrante anteriore fosse alta circa la metà
della lastra posteriore suscita alcuni interrogativi riguardo all'aspetto del
pannello anteriore del meccanismo e, più in generale, riguardo alla forma
dell'intero dispositivo. Le prime fotografie di A-1 a noi note mostrano le
tracce di una cornice di legno alta appena a sufficienza da poter racchiude
re il sistema di ingranaggi, ma comunque leggermente più alta della lastra
del quadrante anteriore. Se questa cornice avesse rappresentato l'involu
cro esterno del meccanismo, allora la lastra posteriore ne sarebbe fuoriu
scita sia da sopra sia da sotto e sarebbe stata dotata di una propria cornice
più grande e meno spessa. Una ricostruzione di questo tipo fu proposta da
Price nel 1 959 ed è stata recentemente ripresa dai modelli di Wright.25 L'a
spetto negativo di questa ipotesi è che il meccanismo sarebbe potuto stare
diritto soltanto se lo si fosse sospeso in qualche modo o se si fosse aggiun
to un supporto supplementare alla parte anteriore. In alternativa, si può
pensare a una doppia cornice, con una scatola interna che racchiudeva il
sistema di ingranaggi e che era a propria volta racchiusa da una cornice
più alta, di dimensioni pari a quelle della lastra posteriore. In questo caso,
il pannello anteriore avrebbe presentato ampie aree rettangolari libere al
di sopra e al di sotto del quadrante.
Si dà il caso che siano stati ritrovati proprio i resti di due lastre dotate
di iscrizioni, in parte saldati al frammento C e in parte sotto forma di
76 CAPITOLO 3
Figura 4.2. Il fregio del calendario della Mikri Mitropoli: i mesi Posideone e
Gamelione (fotografia di Alexander Jones).
Il capitolo che Gemino dedica a questi argomenti, intitolato "Sui mesi ",
documenta un fatto curioso: i Greci non avevano nessuna parola che cor
rispondesse al nostro "calendario". Quando parliamo, per esempio, del
calendario di Atene, raggruppiamo una serie di convenzioni culturali che
erano associate nella pratica, ma che i Greci non sembravano concepire
come un insieme coerente da un punto di vista concettuale. Tali conven
zioni includevano definizioni come "quando inizia il giorno" o "quando
inizia l'anno" , nonché il modo in cui i giorni, i mesi e gli anni venivano
denominati. A questo inquadramento strutturale venivano sovrapposte le
varie date assegnate a ciascuna festività. Spesso, le feste e la struttura del
calendario erano strettamente interconnesse: da un lato, alcuni mesi pren
devano il nome dalle feste che li contraddistinguevano; dall'altro, alcune
feste erano associate a eventi stagionali come l'aratura autunnale.6
Naturalmente, sia nella vita pubblica che in quella privata, il calen
dario aveva altre funzioni oltre a quella di scandire le attività legate al
culto. In questo senso, è possibile distinguere fra due diversi usi del ca
lendario. Da una parte, aveva una funzione prescrittiva: stabiliva cioè
l'ordine e la tempistica degli eventi ricorrenti. Le feste celebrate in giorni
82 CAPITOLO 4
nuova fosse stato osservato troppo presto o troppo tardi. Peraltro, non
era affatto semplice stabilire con esattezza le date del solstizio basandosi
solo sull'osservazione. Un metodo possibile consisteva nell'individuare
la data in cui il sole sarebbe sorto nel punto più a nord rispetto all'oriz
zonte orientale; altrimenti, si poteva aspettare il giorno in cui le ombre
proiettate a mezzogiorno sarebbero state di dimensione minima. In ogni
caso, i cambiamenti giornalieri che si verificano intorno al solstizio sono
così sottili che errori di un giorno o più dovevano essere frequenti. Ba
sarsi esclusivamente sull'osservazione anche solo per stabilire quale fosse
la data del giorno successivo, o quale fosse il mese che stava per comin
ciare, non poteva che aggiungere un elemento di incertezza a qualsiasi
programma per il futuro, come ad esempio un viaggio verso un mercato
lontano o un festival religioso.
Il calendario egizio
Possiamo constatare che, in molti calendari antichi, regole e calcoli ten
dono a soppiantare progressivamente l'osservazione. Un caso estremo,
che i Greci conoscevano bene, è rappresentato dal calendario egizio.
Abbiamo prove dell'esistenza di un certo genere di calendari lunari che
furono adoperati per scopi precisi dall'epoca faraonica fino a quella ro
mana. È quindi plausibile che il primo calendario o i primi calendari
egizi si basassero sui mesi lunari. Tuttavia, dal III millennio a.C. in poi,
il principale calendario in uso in Egitto - spesso chiamato calendario
"civile", nonostante costituisse un inquadramento anche per le festività
religiose - non aveva alcun rapporto con le fasi della luna. Il calendario
egizio era costituito da tre stagioni di quattro mesi ciascuna; ogni mese
era formato da 30 giorni e ogni anno si concludeva con 5 giorni aggiun
tivi che non appartenevano a nessun mese. I nomi delle stagioni si riferi
vano rispettivamente alla piena del N ilo, alla semina e alla mietitura: con
ogni evidenza, descrivevano un anno strettamente legato alla natura, che
aveva inizio in estate. Però, siccome un anno del calendario era sempre
costituito da 365 giorni in totale, mentre l'anno solare è formato da circa
365 giorni e un quarto, l'anno civile egizio finiva per rimanere indietro
rispetto alle stagioni naturali. Intorno al 60 a.C. lo sfasamento dell'anno
egizio aveva probabilmente compiuto quasi due interi cicli a partire dal
momento in cui il calendario aveva assunto la forma appena descritta. In
effetti, l'inizio della stagione della "piena" nel calendario egizio cadeva
ormai in corrispondenza del 7 settembre nel calendario giuliano, ovvero
più o meno nel periodo in cui il Nilo aveva ormai finito di crescere.
88 CAPITOLO 4
Ovviamente, gli Egizi erano consapevoli della natura errante del loro
anno. A quanto sembra, però, fu solo durante il dominio greco che la
cosa iniziò a essere percepita come un problema da risolvere. Nel 239-
238 a.C., un'assemblea di sacerdoti svoltasi a Canopo, nei pressi del
delta occidentale del N ilo, emise un decreto in onore di Tolomeo III
Evergete. Il documento fu inciso su pietra in numerose copie, in lingua
greca e in lingua egizia, sia in caratteri demotici sia in caratteri gerogli
fici, proprio come la più celebre Stele di Rosetta.10 Questo "Decreto di
Canopo" includeva un'ampia varietà di temi, che avevano a che fare con
il coinvolgimento del re in questioni militari, politiche, sociali e, special
mente, sacerdotali. Il documento proclamava anche l'istituzione di una
grande festa in onore degli "Dei Benevoli", ossia Tolomeo e la sua regina
Berenice, che sarebbe stata celebrata nell'Egitto intero per cinque giorni,
a partire dal primo avvistamento mattutino della stella Siria. A quanto
pare, nell'anno di emissione del decreto, che era il nono anno del regno
di Tolomeo, la levata di Siria si verificò il primo giorno del mese di Payni
(il 19 luglio del 238 a.C. secondo il calendario giuliano): perciò, la festa
si sarebbe svolta in quel preciso giorno del calendario per tutto il tempo
a venire. Il decreto prosegue così:
(IMi/et inv. 84: figura 4.3, a sinistra). Evidentemente, l'autore voleva dire
qualcosa a proposito del numero di giorni intercorsi fra questi due eventi
e sulle conseguenze di questo dato per la lunghezza dell'anno solare. È
invece improbabile che queste osservazioni (sempre ammesso che di os
servazioni si trattasse) avessero qualcosa a che fare con l'Egitto.13 Nell'i
scrizione di Mileto, gli anni sono indicati usando i nomi degli arconti
ateniesi: è possibile che gli osservatori riconoscessero questa convenzio
ne, anche se non ci si può certo aspettare che avessero a portata di mano
una lista degli arconti in base a cui verificare le informazioni. Sembra
che lpparco abbia preferito designare gli anni con un sistema più adatto
ai calcoli matematici, o avvalendosi dei periodi callippici (ne sentiremo
parlare di nuovo a breve), o contando gli anni del calendario egizio in
sequenza a partire da quello della morte di Alessandro Magno: questo
evento era noto anche come "l'era di Filippo", perché segnava l'anno in
cui il fratellastro di Alessandro, Filippo Arrideo, ascese al trono.
Un'altra ragione dell'interesse che il calendario egizio suscitava al di
fuori dell'Egitto è più strettamente legata all'ambito della divulgazione
scientifica. In questo caso, il nostro testimone migliore è, ancora una
volta, il capitolo Sui mesi di Gemino: 1 4
Le opinioni e gli scopi degli Egizi sono contrari a quelli dei Greci. In
fatti, gli Egizi non regolano gli anni [del calendario] in base al sole, né
i mesi e i giorni in base alla luna, ma seguono un preciso intento che
(a ) (b)
appartiene solo a loro. In effetti, non vogliono che i loro sacrifici agli
dei si verifichino sempre nella stessa stagione dell'anno, ma preferiscono
che attraversino tutte le fasi dell'anno. E [vogliono] anche che una festa
estiva diventi una festa invernale e che una festa autunnale diventi una
festa primaverile.
L'idea che gli Egizi dei tempi che furono avessero concepito il proprio
calendario con l'espresso intento di far vagare le proprie feste da una sta
gione all'altra è piuttosto fantasiosa. Tuttavia, il fallimento della rifor
ma tentata in epoca tolemaica ci fa capire che le élite sacerdotali egizie
erano meno disturbate dallo spostamento stagionale delle loro festività
che dalla prospettiva di interferire con un sistema calendrico introdotto
secoli addietro. Così, il calendario egizio rappresentava un esempio da
manuale per illustrare un sistema che, nella sua apparente artificialità,
era in completo contrasto con i calendari lunisolari dei lettori di Gemi
no. Questi ultimi, infatti, in ossequio alla leggendaria ingiunzione che
imponeva loro di "compiere sacrifici alla maniera dei loro padri " , si
adoperavano per mantenere le feste religiose in corretta sincronia con il
sole e la luna.
Si possono dunque avanzare diverse spiegazioni per giustificare la pre
senza, sul meccanismo di Anticitera, di una scala graduata a forma di
anello le cui singole tacche corrispondono ai mesi e ai giorni dell'anno del
calendario egizio. La spiegazione apparentemente più ovvia, secondo cui il
meccanismo sarebbe stato costruito in Egitto o per essere usato in Egitto,
è la meno plausibile: come vedremo, infatti, le iscrizioni dei quadranti po
steriori contenevano informazioni legate a varie località del mondo greco,
ma non all'Egitto. È possibile che una delle funzioni della scala graduata
fosse quella di permettere all'operatore di impostare la data del meccani
smo in base a un sistema cronologico che impiegava il calendario egizio (o
di consentirgli di leggere la data corrispondente a una particolare configu
razione astronomica basandosi su tale sistema): in tal modo, lo spettatore
avrebbe potuto osservare la relazione che collegava il calendario egizio ai
fenomeni astronomici illustrati. Un'altra opzione è che la scala graduata
permettesse di misurare in giorni gli intervalli di tempo intercorrenti fra
i fenomeni astronomici simulati dai quadranti. Molto probabilmente, il
progettista non mirava a uno scopo soltanto.
Ripensiamo ora ai dettagli della scala graduata del calendario egizio.
Si trattava di un anello collocato subito all'esterno della scala dello zo
diaco sul quadrante anteriore. Proprio come la scala dello zodiaco, era
dotato di una serie di tacche che si irradiavano dal centro del quadrante
92 CAPITOLO 4
Nel capitolo 3, abbiamo visto che la scala graduata del calendario egizio
consisteva in un anello metallico che poteva essere rimosso e rimontato
in (a quanto sembra) 365 posizioni diverse intorno alla scala graduata
dello zodiaco. Per farlo, bisognava inserire un piccolo perno o piolo -
originariamente collocato sul retro della scala graduata ma ora perduto
- in uno dei fori disposti ad anello che erano stati trapanati sulla lastra
del quadrante mantenendo una spaziatura angolare apparentemente co
stante (figura 3 . 8 ) . Fra l'altro, questa scala graduata è l'unica componen
te mobile dei vari quadranti del meccanismo a dover essere impostata
CALENDARI E GIOCHI 93
Gli Isia menzionati da Gemino sono una festa in onore della dea Iside,
che veniva celebrata per quattro giorni, fra il 1 7 e il 20 del mese di
Hathyr.16 Per rafforzare la propria argomentazione, Gemino sostiene che
un tempo la festa di Iside doveva coincidere approssimativamente con la
94 CAPITOLO 4
data che Eudosso aveva assegnato al solstizio d'inverno (in effetti, que
sto doveva essere vero all'inizio del II secolo a.C.). Tuttavia, ai tempi di
Gemino, il calendario egizio collocava il solstizio d'inverno un mese più
tardi, intorno al 20 del mese di Choiak.
Con il meccanismo a portata di mano, un insegnante avrebbe potuto
illustrare visivamente la lezione di Gemino quasi senza dover azionare il
sistema di ingranaggi. Non doveva far altro che mostrare come la scala
graduata del calendario egizio riproducesse la struttura dell'anno egizio
con i suoi 365 giorni. Inoltre, visto che l'anno egizio è più breve dell'an
no solare, bisognava anche spiegare come, ogni quattro anni (forse, per
chiarire il concetto, al meccanismo veniva impresso un movimento pari a
quattro anni di tempo - circa 1 9 giri della manopola - in modo che l'os
servatore vedesse il sole attraversare lo zodiaco quattro volte) l'allinea
mento fra il calendario e il movimento del sole attraverso lo zodiaco si
spostasse all'indietro di un giorno (l'anello veniva sollevato e ricollocato
dopo aver spostato il piolo di una posizione in senso antiorario), mentre
ogni 40 anni lo sfasamento ammontava a 10 giorni (l'anello veniva fatto
ruotare di dieci fori in senso antiorario). Se ne poteva quindi dedur
re (l'anello veniva spostato in modo che la tacca corrispondente al 1 7°
giorno di Hathyr fosse allineata con l'inizio del Capricorno sulla scala
dello zodiaco) che, 120 anni prima, gli Isia coincidevano con il solstizio
d'inverno. Da allora, però (l'anello veniva sollevato), a causa dell'accu
mularsi dello sfasamento (con una mano, si faceva ruotare l'anello di
circa 3 0 ° e poi lo si riposizionava), il solstizio (si indicava nuovamente
l'inizio del Capricorno) e gli Isia (si mostrava la collocazione attuale del
l r giorno di Hathyr) erano ormai separati da un mese intero.
Usare la scala graduata del calendario egizio per impostare il mec
canismo su una data precisa all'interno di un anno specifico - oppu
re per leggere questa data - avrebbe invece comportato un'operazione
più complessa. La difficoltà maggiore consisteva nel fatto che, a quanto
sembra, il meccanismo non aveva nessun quadrante che conteggiasse
direttamente gli anni del calendario egizio. Anche se la scala graduata
fosse stata impostata manualmente nel giusto orientamento per l'anno
in questione, il quadrante frontale avrebbe mostrato soltanto quale mese
e giorno del calendario egizio corrispondessero alla situazione astrono
mica e cronologica illustrata dai vari quadranti. Tale impostazione ma
nuale non doveva essere molto complicata: sarebbe bastato conoscere
l'allineamento per un anno di riferimento, per poi correggerlo spostando
il piolo di un foro per ogni gruppo di quattro anni che separava la data
in questione dall'anno di riferimento.
CALENDARI E GIOCHI 95
Calendari ciclici
In cima alla collina ateniese chiamata Pnice, non lontano dal bell'Osser
vatorio Nazionale risalente al XIX secolo, ci sono i resti di un basamento
rettangolare lungo 4 metri e profondo 3, circondato da un fossato piano
e poco profondo, che doveva fungere da base per un'opera muraria, ora
96 CAPITOLO 4
Figura 4.4. Resti sulla Pnice, congetturalmente identificati con la base dell helio
'
allineata in modo tale da essere illuminata dal sorgere del sole soltanto
per pochi giorni intorno al solstizio: così, sarebbe stato facile identificare
il solstizio con il giorno che cadeva al centro di tale intervallo.
Il racconto di Filocoro è solo una delle numerose fonti che collega
no Metone all'anno dell'arcontato di Apseude (433-432 a.C. ) . Ognu
na di queste testimonianze presenta una versione diversa e incompleta
dell'operato di Metone e la ricostruzione della storia è controversa. Lo
scoliasta di Aristofane parla dell'erezione di uno strumento astronomi
co avvenuta in quello stesso anno, senza fornirci dettagli ulteriori su
quando e come Metone ne avesse fatto uso. Tolomeo, invece, ci informa
che, nell'anno dell'arcontato di Apseude, i seguaci di Metone ed Eucte
mone osservarono che il solstizio d'estate avvenne all'alba di uno speci
fico giorno del calendario egizio, il ventunesimo giorno di PhamenothY
Naturalmente, questa non è la forma in cui la data fu registrata in ori
gine. Tolomeo aggiunge infatti che l 'osservazione era stata "registrata
in modo piuttosto rudimentale" (torneremo a parlare di Euctemone nel
capitolo 5). La già citata iscrizione di Mileto relativa ai calendari (IMi/et
inv. 84) riporta questa stessa data identificandola con la data di un sol
stizio, ma ne indica anche l'equivalente nel calendario ateniese, il tredi
cesimo giorno del mese di Sciroforione. Metone non viene menzionato in
questo contesto, ma un altro frammento della stessa iscrizione, scoperto
di recente (IMi/et inv. 1 604: figura 4.3, a destra), riferisce che fu proprio
lui a stabilire un periodo di 1 9 anni (enneakaidekaeteris). Lo storico
Diodoro, riferendo gli eventi dell'arcontato di Apseude, collega la data
del calendario ateniese con questo periodo di 1 9 anni, senza però dirci
che si trattava di un solstizio:22
e fino alla scomparsa delle fonti cuneiformi nel I secolo d.C., si seguì
un ciclo fisso di 1 9 anni, costituito da una sequenza di anni ordinari e
intercalari, con intercalazioni di Addaru negli anni del ciclo 3, 6, 9, 1 1 ,
1 4 e 1 7 e intercalazioni di Ululu nel primo anno (in tre cicli del V secolo
a.C. l'intercalazione di Ululu fu sostituita da quella di Addaru). Nell'am
bito di questo ciclo, l'allineamento era bloccato in un intervallo tale per
cui l'equinozio di primavera cadeva sempre all'interno del primo mese
dell'anno o leggermente prima.
Il ciclo di 19 anni funziona perché 235 mesi lunari equivalgono in
media a 19 anni tropicali (ossia gli anni calcolati da equinozio a equino
zio o da solstizio a solstizio), con uno scarto di sole due ore. Visto che
moltiplicando 19 per 12 si ottiene 228, per completare il ciclo bisogna
intercalare sette mesi nei 1 9 anni del calendario: se li si sparpaglia il più
possibile, collocandoli a intervalli di due o tre anni, si può minimizzare,
sul breve termine, l'oscillazione dell'inizio dell'anno rispetto alle stagioni.
Adottando questo ciclo, i Babilonesi non erano più costretti a compie
re osservazioni astronomiche per controllare che gli anni conservassero
l'allineamento desiderato. Anzi, erano in grado di calcolare le date dei
solstizi e degli equinozi per qualsiasi anno del ciclo, seguendo uno schema
aritmetico semplice, che gli studiosi moderni hanno ribattezzato "schema
di Uruk". Peraltro, il ciclo babilonese di 1 9 anni non stabiliva quali, fra
i 235 mesi che lo componevano, fossero pieni e quali vuoti. Entro il III
secolo a.C., se non prima, l'inizio del mese non veniva più determinato
dall'osservazione della luna crescente, ma da una serie di calcoli. Questi,
però, non si fondavano sull'idea di un ciclo ricorrente, ma cercavano di
riprodurre le circostanze che determinavano se la luna fosse abbastanza
lontana dal sole per poter essere avvistata nel cielo serale.
Tornando a Metone, non possiamo che porci due domande: come
aveva scoperto l'esistenza del ciclo di 19 anni (che, a partire dal suo
nome, è stato ribattezzato "ciclo metonico" ) ? E cosa stava cercando di
farne? È possibile che Metone fosse in qualche modo venuto a conoscen
za del calendario babilonese e del modo in cui, da circa mezzo secolo
a quella parte, era stato regolato in base al suddetto ciclo. Tuttavia,
si tratterebbe di un caso estremamente precoce di trasferimento di co
noscenze tecniche da Babilonia alla Grecia e non sappiamo attraverso
quale canale possa essere avvenuto. In alternativa, sembra che ad Atene
si fosse sviluppata una tradizione di osservazione dei solstizi ben prima
dell'avvento di Metone. Nell'opera Sui segni delle acque, dei venti, delle
tempeste e del bel tempo, che in epoca moderna è stata (in modo poco
convincente) attribuita a Teofrasto, anche se la tradizione manoscritta la
CALENDARI E GIOCHI 99
mosse dall'idea che il calendario sia, prima di ogni altra cosa, un'istitu
zione sociale e, ancor più, religiosa; al contrario, il calendario callippico
era una risorsa specializzata destinata ai soli astronomi. Quanto allo
stesso Callippo, sappiamo ben poco sul suo conto. Era nato a Cizico,
nell'Asia Minore nordoccidentale, e la sua revisione delle teorie plane
tarie di Eudosso è brevemente descritta nella Metafisica di Aristotele:
di conseguenza, deve essere stato attivo intorno alla metà del IV secolo
a.C.29 La sua città natale fece erigere a Delfi una statua di bronzo in
suo onore, la cui base si è conservata fino ai nostri giorni.30 Rifacendo
si a Ipparco, Teone di Alessandria (IV secolo a.C.) dichiara che, con
frontando le proprie osservazioni con quelle dei Babilonesi, Callippo
stabilì che la durata dell'anno è di 365 giorni e un quarto, anche se ci
piacerebbe sapere di più sul significato concreto di tale affermazioneY
Non si sa se il calendario callippico sia stato concepito dallo stesso
Callippo o se sia stato chiamato così in considerazione della sua dipen
denza dall'idea generale di un ciclo di 76 anni. Pur designando i giorni
e i mesi con la stessa nomenclatura del calendario civile di Atene, que
sto calendario se ne distingueva significativamente: era adoperato dagli
astronomi perché, nonostante avesse una struttura piuttosto complicata
per un calendario lunisolare, era governato da regole presumibilmente
note all'intera comunità scientifica del mondo ellenistico. Non sappia
mo perché il calendario ateniese fosse stato adottato come modello. A
quanto ci dicono le fonti, Callippo non aveva alcun legame con Atene,
ma è possibile che il precedente lavoro di Merone abbia avuto qualcosa
a che fare con questa scelta. Comunque sia, è probabile che i mesi del
calendario ateniese avessero una diffusione maggiore rispetto a quelli
delle altre città.
Per più di quattro secoli si è dibattuto se i calendari civili delle città
greche fossero regolati in base a cicli " metonici" di 1 9 anni o a cicli "cal
lippici" di 76. Le discussioni più accese si sono concentrate sul calenda
rio di Atene, a proposito del quale disponiamo di materiale relativamente
abbondante, anche se molto più difficile da analizzare rispetto alle fonti
sul calendario babilonese - l'unico calendario lunisolare antico che cono
sciamo in modo abbastanza preciso. Nemmeno ai nostri giorni si è riusci
ti a raggiungere una posizione unanime riguardo al calendario ateniese.
Sembra però che un'interpretazione stia iniziando a prevalere sulle altre:
secondo la ricostruzione che ho descritto poco sopra, pare che durante la
maggior parte del periodo ellenistico, e fino all'epoca romana, il calenda
rio ateniese fosse soggetto almeno a una lieve regolazione, in base a cui
gli anni intercalari seguivano quasi sempre un ciclo di 19 anni; sotto altri
CALENDARI E GIOCHI 1 03
Nel frattempo, grazie al lavoro di Price (anche se, a dire i l vero, Al
bert Rehm lo aveva già osservato nei suoi manoscritti mai pubblicati ) ,
era ormai noto che i l frammento 1 9 presentava delle iscrizioni i n cui
figuravano delle notazioni che significavano " 1 9 anni" e " 76 anni" .34
Ne consegue che il progettista del meccanismo non conosceva solo il ci
clo metonico, ma anche quello callippico. Wright mostrò che il treno di
ingranaggi che conduceva al quadrante metonico avrebbe potuto azio
nare anche la lancetta di un quadrante accessorio, facendole compiere
un giro completo in corrispondenza di un impulso motorio equivalente
a 76 anni. Come vedremo fra poco, egli identificò questo quadrante cal
lippico con il quadrante accessorio diviso in quattro settori identici che
compare all'interno del quadrante metonico a spirale visibile sul fram
mento B. Questa ipotesi si è rivelata errata, ma con ogni p robabilità il
meccanismo disponeva di un quadrante callippico che conteggiava una
sequenza di quattro cicli metonici a ogni giro completo della propria
lancetta.
Come Price prima di lui, Wright attirò l'attenzione sulla presenza di
piccolissimi caratteri iscritti all'interno delle caselle del quadrante meto
nico. Tuttavia, non era possibile decifrare quasi nessuna lettera basan
dosi soltanto sull'osservazione diretta.JS Se si fosse voluto scommettere
sulla natura delle iscrizioni, le opzioni più probabili sarebbero state o
un sistema astratto di numerazione che conteggiava i mesi e gli anni,
oppure, vista la loro stretta associazione con i periodi callippici, i nomi
dei mesi del calendario ateniese. Finalmente, nel 2007-2008, grazie ai
dati forniti dalla tomografia computerizzata dell'AMRP, un gruppo di
studiosi (cui appartenevo anch'io) riuscì a leggere una parte sostanziale
delle iscrizioni all'interno delle caselle: l'esito fu decisamente sorpren
dente.36
Certo, le iscrizioni mostravano lo schema ripetitivo che ci si sareb
be aspettati di trovare nel ciclo di un calendario lunisolare: le caselle
collocate a intervalli di 12 o 13 mesi contenevano tutte lo stesso te
sto e questo fu un grande aiuto nel lavoro di decifrazione, visto che
molte delle singole caselle erano solo parzialmente leggibili. Le caselle
che corrispondevano al primo mese lunare dell'anno potevano essere
identificate grazie alla presenza di un simbolo, che rappresenta l'an
no, il cui significato era già noto; questo era seguito da un numero
che rappresentava la posizione dell'anno in questione all'interno del
ciclo metonico. Se si eccettuano questi casi particolari, ogni casella
conteneva soltanto il nome di un mese. Tali nomi sono elencati nella
tabella 4.2.
CALENDARI E GIOCHI 105
Tabella 4.2. I nomi dei mesi iscritti nella scala del quadrante metonico.
quasi tutti i mesi presenti sul meccanismo, a volte in modo esatto, altre
volte con lievi varianti ortografiche. Nessuna delle località recensite for
niva un numero di nomi sufficiente a ricostruire una lista completa di
12 elementi, ma le corrispondenze suggerivano che queste regioni con
dividessero tutte più o meno lo stesso calendario. Come suggerito da
Triimpy e dall'epigrafista francese Pierre Cabanes, il maggior conoscito
re delle iscrizioni epirote, questo calendario proveniva quasi sicuramente
da Corinto, che aveva fondato colonie in Epiro nell'VIII e VII secolo a.C.
e aveva imposto il proprio dominio culturale sulla regione.38 Dalla stessa
Corinto ci sono giunti soltanto due nomi di mesi, Fenicio e Panamo.
L'altro luogo di interesse è Tauromenio, la moderna Taormina, in
Sicilia. Una serie di iscrizioni civiche di epoca ellenistica provenienti da
questa località conserva non solo una lista di mesi quasi completa, ma
anche - e si tratta di un'informazione ancora più rara - il loro ordine.39
Sette dei mesi di Tauromenio corrispondono ai mesi del meccanismo,
mentre gli altri cinque sono completamente diversi. La cosa più sorpren
dente, però, è che le sezioni note dei due calendari possono essere alline
ate in modo tale che i sette mesi equivalenti si trovino esattamente nelle
stesse posizioni. Abbiamo ipotizzato che lo stretto legame fra i calendari
di Tauromenio e quelli dell'Epiro dipendesse dal fatto che, nel 392 a.C.,
Tauromenio fu occupata dal tiranno di Siracusa Dionisio insieme ai suoi
mercenari. A propria volta, Siracusa era una colonia corinzia risalente
all'VIII secolo. Abbiamo quindi supposto che Siracusa avesse adottato il
calendario corinzio nella forma esistente in Epiro, mentre a Tauromenio
sarebbero stati introdotti nomi diversi per alcuni mesi a causa delle ori
gini eterogenee dei mercenari che vi si erano stabiliti.
In tal modo, abbiamo individuato Corinto, l'Epiro con i suoi dintorni e
Siracusa come i tre possibili luoghi di costruzione del quadrante metonico
del meccanismo. Fra questi, abbiamo privilegiato Siracusa. Una delle ragio
ni di questa scelta risiedeva nella constatazione che Roma aveva devastato
gran parte dell'Epiro nel 168 a.C., in seguito alla Terza guerra macedonica,
mentre aveva distrutto Corinto nel 146 a.C. In base alle stime effettuate
all'epoca a partire dalla forma delle lettere delle iscrizioni, eravamo con
vinti che il meccanismo fosse stato realizzato in un'epoca successiva rispet
to alle date sopra citate. Un'altra ragione per cui Siracusa sembrava una
candidata particolarmente attraente era la vaga possibilità che vi si fosse
conservata una tradizione di costruzione di meccanismi astronomici, che
sarebbe potuta risalire al III secolo - e quindi ad Archimede.
Con grande delusione dei fan di Archimede, ci siamo sbagliati. Solo i
nomi di due mesi del calendario siracusano sono direttamente attestati: si
CALENDARI E GIOCHI 107
tratta di Carneo (la variante più comune rispetto al Craneo del meccani
smo), citato da Plutarco nella Vita di Nicia, e di un altro mese che iniziava
con le lettere AllO-. Quest'ultimo si è preservato in un'iscrizione prove
niente da Magnesia sul Meandro (IMagnes. 72) ed è stato congetturato
che la sua forma completa fosse Apollonios (Apollonio). Nessuno dei mesi
del meccanismo comincia con AllO-, ma non abbiamo dato la giusta
importanza a questo dettaglio: a nostro avviso, era possibile che l'editore
dell'iscrizione avesse mal interpretato l'ultima lettera, che si trova vicino
all'estremità conservata della pietra (il che avrebbe reso plausibile anche
la congettura Apelleo) o, addirittura, che si fosse sbagliato nel pensare
che si trattasse del nome di un mese. Nel 2008, dopo aver effettuato un'i
spezione diretta dell'iscrizione, l'epigrafista Pau! Iversen ha comprovato
l'esattezza della lettura, confermando anche che si trattava proprio del
nome di un mese.40 Apollonio è uno dei mesi non corinzi del calendario di
Tauromenio. Iversen ha dimostrato che anche altri mesi considerati tipici
di questa località erano diffusi in città sottoposte all'influenza siracusana.
È estremamente plausibile che il calendario a noi noto grazie ai resti di
Tauromenio non sia altro che il calendario siracusano, il quale era a pro
pria volta un amalgama di mesi corinzi e mesi locali.
Abbiamo commesso un errore anche quando abbiamo dato per scon
tato che, dopo il 1 6 8 a.C., in Epiro e dintorni fosse poco probabile in
contrare un oggetto raro e costoso come il meccanismo. La devastazione
punitiva imposta dai Romani nel 1 6 8 - 1 67 a.C. fu severa ma selettiva.
Strabone parla di 1 50.000 individui ridotti in schiavitù e della distruzio
ne di 70 città, aggiungendo però che si trattava soprattutto di città dei
Molossi, i quali si erano schierati contro Roma durante la guerra .41 Al
contrario, la dominazione romana coincise con un periodo di prosperità
per città costiere come Apollonia ed Epidamno, che si trovavano lungo
le rotte commerciali dell'Adriatico.
Torneremo più avanti sul problema dell'origine geografica del calen
dario presente sul meccanismo. Per il momento, ci basti constatare che
si trattava di un calendario civile locale, non di un calendario artificiale
destinato alla ricerca scientifica, come il calendario callippico o il calen
dario egizio non riformato usato dagli astronomi greci all'esterno dell'E
gitto (o anche al suo interno dopo che la riforma prese piede). Pertanto,
il calendario metonico è una rappresentazione praticamente completa di
un calendario locale, strutturato in conformità con i cicli stabiliti dagli
astronomi greci e descritti nell'opera di Gemino.
I collegamenti fra Gemino e il calendario del meccanismo riguardano
anche il trattamento della durata dei mesi. La regola di Gemino, se-
108 CAPITOLO 4
(b)
rèH8H8HeJ e 8 [@] e 8
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Figura 4.5. L'iscrizione delle vittorie atletiche di Menodoro, proveniente da Delo
(fotografia di Bizard & Roussel 1 907, 434).
30
• Il sole in Acquario.
• Il Leone inizia a tramontare al mattino
e la Lira tramonta .
• •
I piccoli cerchi neri rappresentano piccoli fori trapanati nella roccia, che
avevano evidentemente la funzione di ospitare un piolo mobile. Ogni
foro rappresenta uno dei trenta giorni (il numero che compare nella se
conda linea conservata) che il sole impiega per attraversare il segno zo
diacale dell'Acquario. Ogni giorno il piolo veniva spostato da un foro al
successivo, indicando così i giorni in cui i fenomeni descritti nell'iscrizio
ne avrebbero dovuto svolgersi.
Nella maggior parte dei casi, viene semplicemente segnalato il mo
mento in cui una costellazione sorge o tramonta per la prima o l'ultima
volta nel cielo mattutino o serale. Le uniche eccezioni sono l'entrata del
sole in Acquario e l'inizio della stagione dei venti di Zefiro (da ponente) .
Anche le altre colonne avevano struttura e contenuto analoghi. L'iscri
zione completa doveva essere alta un metro e larga un metro e mezzo:
secondo le ricostruzioni, comprendeva sei colonne, ciascuna delle quali
elencava i fenomeni che avrebbero dovuto svolgersi durante il passaggio
SOLE, LUNA E STELLE 123
col. i
• Le !adi [?] tramontano la sera secondo Eu
dosso [?], ma secondo Callaneo degli Indiani
le ladi [?] tramontano la sera,
la grandine segnala il cambiamento del tempo.
• • •
Figura 5.2. Iscrizione del parapegma proveniente da Mileto, !Milet inv. 456A
(inv. SK 1 606 l, Antikensammlung, Staatliche Museen zu Berlin Preussischer
Kulturbesitz; fotografia di Johannes Laurentius).
1 24 CAPITOLO 5
col. ii
• La Capra tramonta al calar della notte
secondo Euctemone.
• La Capra tramonta al calar della notte secondo
Filippo e gli Egizi.
• La Capra tramonta la sera secondo
Callaneo degli Indiani.
• L'Aquila sorge la sera
secondo Euctemone.
• Arturo tramonta all'alba e
secondo Euctemone è indicato un cambiamento del tempo
e in questo giorno
l'Aquila sorge la sera secondo
Filippo.
È difficile dire quale delle due fonti conservi il calcolo originale di Eucte
mone. Quel che è certo, è che numerosi astronomi della Grecia classica,
fra cui anche Euctemone e Merone, davano per scontato che le stagioni
non avessero una durata uniforme: la spiegazione più plausibile è che
fossero arrivati a questa conclusione cercando di determinare le date dei
solstizi e degli equinozi. Lo "schema di Uruk" dei Babilonesi, associato
al loro ciclo calendrico di 19 anni, presupponeva invece che questi inter
valli avessero tutti più o meno la stessa durata.
Lo zodiaco e l'eclittica
I parapegmi ellenistici come quello di Mileto e !'"appendice" di Gemino
condividono una caratteristica strutturale che non risale a Euctemone:
si tratta della ripartizione dell'anno solare in 12 sezioni in base al movi
mento del sole attraverso i segni zodiacali. Questa ripartizione dell'anno
del parapegma si fondava su due elementi. Il primo era l'idea che lo
zodiaco fosse una sorta di sentiero celeste per il movimento apparen
te del sole rispetto alle stelle. Il secondo era la convinzione che le date
d'ingresso del sole nei segni del Cancro, della Bilancia, del Capricorno
e dell'Ariete corrispondessero rispettivamente al solstizio d'estate, all'e
quinozio d'autunno, al solstizio d'inverno e all'equinozio di primavera.
La suddivisione dello zodiaco in parti uguali fu inventata a Babilonia
128 CAPITOLO 5
poco prima del 400 a.C.; la sovrapposizione dei solstizi e degli equinozi
con le date d'ingresso del sole nei segni zodiacali era un'innovazione
greca. Fu ela borata in seguito alla trasmissione del concetto di zodiaco
da Babilonia alla Grecia , forse durante il IV secolo a.C., anche se alcuni
studiosi privilegiano una data più tarda, intorno all'epoca ellenistica.13
Il più grande ostacolo all'elaborazione del concetto di "sentiero del sole"
consiste nel fatto che il sole stesso non può essere avvistato contemporane
amente alle stelle che sembra attraversare, se non nella rara occasione di
un'eclissi solare totale. Quello che invece si può verificare tramite l'osser
vazione diretta è il tragitto della luna. In particolare, è possibile osservare
che, in corrispondenza del novilunio, la luna tramonta sempre nello stesso
punto dell'orizzonte in cui tramonta il sole; al contrario, durante il plenilu
nio, essa tramonta in un punto diametralmente opposto. A partire da tali
constatazioni, si può concludere che sole e luna percorrono più o meno lo
stesso tragitto. Il manuale astronomico babilonese chiamato MUL.APIN,
forse risalente al 1000 a.C. (e comunque non posteriore al 700 a.C.), mostra
che i Babilonesi erano già al corrente di questo fenomeno e che il percorso
suddetto era concepito come una cintura composta da 1 8 costellazioni:14
Gli dei che si trovano sul cammino della luna, la quale attraversa le loro
regioni nel corso di un mese toccandoli uno a uno, [sono]: le Stelle, il Toro
Celeste, il Vero Pastore di Anu, l'Uomo Anziano, il Pastorale, i Grandi
Gemelli, il Granchio, il Leone, il Solco, la Bilancia, lo Scorpione, Pabilsag,
il Pesce Capra, il Grande, le Code, la Rondine, Anunitu e il Mercenario.
Questi sono gli dei che si trovano sul cammino della luna, la quale attraver
sa le loro regioni nel corso di un mese toccandoli uno a uno.
Il sole percorre [lo stesso] cammino che la luna percorre. Giove percor
re [lo stesso] cammino che la luna percorre. Venere percorre [lo stesso]
cammino che la luna percorre. Marte percorre [lo stesso] cammino che
la luna percorre. Mercurio, il cui nome è Ninurta, percorre [lo stesso]
cammino che la luna percorre. Sa turno percorre [lo stesso] cammino che
la luna percorre. Insieme, [sono] sei dei che hanno le stesse posizioni [e]
che toccano le stelle del cielo e continuano a cambiare le loro posizioni.
delle costellazioni che avevano il loro stesso nome. I segni dello zodiaco
babilonese sono riportati nella prima colonna della tabella 5 . 1 .
Figura 5.3. Lo Scorpione e le sue chele nel fregio del calendario della Mikri Mi
tropo/i di Atene (fotografia di Alexander Jones).
132 CAPITOLO 5
non è altro che una versione idealizzata e adimensionale della cintura dello
zodiaco, anch'essa divisa in 12 segni identici. Alcuni astronomi greci, fra
cui Ipparco e Tolomeo (ma non Eudosso), presupponevano che l'eclittica
rappresentasse anche il movimento apparente del sole attraverso lo zodia
co. Grazie al concetto di eclittica, la posizione apparente dei corpi celesti
poteva essere precisata da una coppia di coordinate: la longitudine, misu
rata spostandosi verso est lungo l'eclittica, e la latitudine, misurata spo
standosi perpendicolarmente rispetto all'eclittica, verso nord o verso sud.
Il parapegma più antico che si sia conservato è un papiro greco prove
niente da Al-Hibah in Egitto (PHibeh 27) e risalente al 300 a.C. circa. In
questo documento, i fenomeni astronomici e meteorologici sono struttura
ti secondo il calendario egizio "dall'anno vagante" (pertanto, col passare
di pochi anni, le date non sarebbero più state valide). Inoltre, in modo piut
tosto inusuale per un parapegma, il papiro elenca anche le date delle feste
religiose egizie. Di tanto in tanto, il testo presenta espressioni come "nella
Vergine" o "nelle chele dello Scorpione", le quali fanno chiaro riferimento
al movimento del sole attraverso lo zodiaco. Simili espressioni compaiono
soltanto nelle date in cui una stella o una costellazione appare o scompare
e perciò non ci dicono nulla riguardo al giorno in cui il sole ha occupato
tale posizione per la prima volta. Anzi, a ben vedere, forse vogliono sem
plicemente dire che il sole si trovava in quella posizione nel corso di uno
specifico mese egizio.18 Tuttavia, gli esempi superstiti ci inducono a pensare
che le espressioni suddette si riferissero ai segni zodiacali e non alle costel
lazioni. I parapegmi più recenti che abbiamo analizzato sopra usano le date
d'ingresso del sole nei segni zodiacali per dividere l'anno solare in sezioni
dalla lunghezza variabile, anche se sempre prossima ai 30 gradi. Siccome
i solstizi e gli equinozi sono equiparati all'ingresso del sole nel Cancro, nel
Capricorno, nell'Ariete e nella Bilancia, ogni sequenza costituita da tre se
zioni consecutive e il cui punto di inizio coincida con uno di questi eventi,
costituisce una stagione astronomica. Anche in questo caso, la durata di
tali stagioni è variabile, ma si aggira sempre intorno ai 90 giorni.
dopo l'ingresso del sole nel Toro, oppure che esso h a luogo quando la
lancetta del sole si trova in corrispondenza della tacca che indica il 1 7°
grado del Toro. Non sappiamo quale delle due interpretazioni sia corret
ta; tuttavia, in linea di massima, il numero del grado e quello del giorno
erano identici o differivano di una sola unità.
Sezioni come quelle introdotte dalle lettere M o II usano una termi
nologia simile a quella delle sezioni relative alle stelle, ma in realtà si rife
riscono all'ingresso del sole nei segni zodiacali. Per questa ragione, sono
costantemente seguite dal numero l, a indicare che l'evento descritto si
verifica nel giorno in cui il sole raggiunge il primo grado del segno. Il
verbo "sorgere " (epitellein o anatellein) è usato con un'accezione diversa
quando si riferisce ai segni zodiacali. Quando le Pleiadi "sorgono", si
gnifica che diventano effettivamente visibili agli occhi di un osservatore.
Invece, affermare che il Toro "inizia a sorgere " equivale a dire che il
primo grado del segno è all'orizzonte al momento del sorgere del sole, un
fenomeno che non può essere osservato. Ciascuna delle quattro colonne
dell'iscrizione del parapegma iniziava con una frase di due righe, simile
a quella qui introdotta dalla lettera I, in cui l'entrata del sole in un segno
zodiacale era equiparata a un solstizio o a un equinozio.
L'iscrizione del parapegma presente sul meccanismo somiglia alla pri
ma delle iscrizioni provenienti da Mileto, IMi/et inv. 456B: proprio come
quest'ultima, non contiene affermazioni ripetute o attribuite a un'autorità,
né include osservazioni meteorologiche. D'altro canto, il parapegma del
meccanismo segue la lista delle stelle e delle costellazioni risalente a Eucte
mone. Non conosciamo la fonte dei dati specifici, né sappiamo se fossero
il risultato di osservazioni o di calcoli teorici sulle condizioni di visibilità
delle stelle. Le informazioni superstiti sembrano adeguarsi alla latitudine
della Grecia meridionale o, per dire, di Rodi (circa 36° N), piuttosto che a
quella di Alessandria (circa 3 1 o N) o dell'Epiro (circa 4 1 o N).23 Tuttavia,
l'analisi astronomica dei parapegmi antichi è sempre un esercizio frustran
te e dai risultati limitati. In parte, questo dipende dal fatto che la visibilità
stellare è un fenomeno per cui non esistono criteri scientifici esatti, poiché
è influenzata dall'acutezza della vista dell'osservatore e dalle condizioni
atmosferiche in prossimità dell'orizzonte, due elementi che non possono
essere oggetto di previsioni precise. Bisogna poi considerare un'ulteriore
fonte di incertezza: non sempre sappiamo quali stelle, all'interno di una
costellazione, fossero ritenute essenziali perché la costellazione stessa ve
nisse considerata visibile. In aggiunta a queste considerazioni, va notato
che l'iscrizione del parapegma sembra essere influenzata dal complesso
corpus di dati dei parapegmi tramandati dalle epoche precedenti.
136 CAPITOLO 5
nell'ambito di un più ampio ciclo di 76: una cosa simile avrebbe avuto
senso solo presupponendo un anno solare della durata di 365 giorni e %.
È possibile che, forse in una sezione perduta dell'ICP, ci fosse una regola
aggiuntiva che stabiliva che un certo mese all'interno del ciclo di 19 anni
andava considerato pieno in tre cicli, ma vuoto nel quarto, in modo da
garantire un corretto conteggio dei giorni sul lungo termine.
Intorno al 128 a.C., Ipparco osservò che gli anni tropicali e siderali
non erano esattamente identici: in particolare, scoprì che l'anno tropica
le era più breve di 1hoo di giorno rispetto a 365 giorni e %, mentre l'anno
siderale era più lungo di una piccola frazione di giorno. Un altro modo
per descrivere questo fenomeno, noto come "precessione degli equinozi"
o semplicemente "precessione ", è che la posizione delle stelle subisce un
lentissimo spostamento verso est rispetto ai punti solstiziali e equinoziali
(ossia i punti dell'eclittica occupati dal sole nei solstizi e negli equinozi).
lpparco dedusse anche che il movimento relativo delle stelle consisteva
in una rivoluzione intorno ai poli dell'eclittica e non intorno all'equa
tore. Ne risultava che, se le stelle si spostano lentamente verso est in
longitudine, anche il punto dell'orizzonte in cui sorgono e tramontano è
soggetto a uno spostamento graduale.
Una conseguenza della precessione è che le date della prima e ulti
ma apparizione delle costellazioni non sono stabili né rispetto ai solsti
zi e agli equinozi, né le une rispetto alle altre. Siccome l'anno siderale è
più lungo dell'anno tropicale, le date di questi eventi finiranno per ca
dere sempre più tardi se l'anno solare viene fatto iniziare, ad esempio,
con il solstizio d'estate. Ma anche i cambiamenti a lungo termine che
interessano il punto dell'orizzonte in cui le stelle sorgono e tramonta
no hanno conseguenze complesse sulle date in cui le stelle diventano
visibili. Pertanto, la precessione degli equinozi riduce la validità delle
datazioni degli eventi stellari riportate nei parapegmi che si rifanno
ad autorità dei secoli precedenti, quali Euctemone ed Eudosso. Senza
contare che, anche rimanendo nella stessa epoca, le date della levata
e del tramonto delle stelle sarebbero state valide solo nei luoghi che si
trovavano esattamente alla stessa latitudine per cui queste date erano
state calcolate.
Per illustrare questa duplice variabilità, possiamo confrontare le date
del primo sorgere mattutino di Arturo e il numero di giorni che lo se
paravano dall'equinozio d'autunno, calcolati mediante metodi moderni
per tre latitudini diverse e per gli anni 400 a.C. (più o meno il periodo in
cui vissero Euctemone ed Eudosso) e 100 a.C. (in prossimità dell'epoca
di Gemino e del meccanismo):25
140 CAPITOLO 5
Terra
ché lo considera più equilibrato e più in linea con la simmetria del cosmo.
Tolomeo, invece, preferisce il cerchio eccentrico perché è più semplice e
Gemino non menziona nemmeno la possibilità di un epiciclo. Considerata
dalla moderna prospettiva eliocentrica, la variazione apparente della ve
locità del sole è una conseguenza dell'orbita ellittica della terra intorno al
sole: per un osservatore terrestre, questo si traduce nell'orbita ellittica del
sole intorno alla terra. L'intuizione di Tolomeo era quindi corretta.
L'ipotesi epiciclica ci permette di concepire l'anomalia del sole come
un processo continuo. Immaginiamo che il centro dell'epiciclo sia un
vero e proprio corpo visibile: lo vedremmo attraversare lo zodiaco con
velocità uniforme, mentre il sole, pur percorrendo il suo stesso cammino,
talvolta lo precederebbe e talaltra rimarrebbe un po' indietro. Chiame
remo il centro dell'epiciclo "sole medio" e il sole vero e proprio "sole
S OLE, LUNA E STELLE 145
Terra
Figura 5.6. L'ipotesi epiciclica relativa al sole secondo Ipparco e Tolomeo. Sono
mostrate le po sizioni occupate dall'epiciclo e dal sole in corrispondenza dell'equi
nozio di primavera, del solstizio d'estate e del momento in cui il sole è all'apogeo.
vero " . Il divario fra il sole medio e il sole vero non supera mai i 2° circa.
Inoltre, la differenza fra il moto giornaliero apparente del sole e il suo
moto medio giornaliero, pari a 59 minuti di arco, non supera mai i 2,5
minuti: un effetto quasi impercettibile.
Nel capitolo 3 abbiamo visto che il meccanismo doveva avere una lan
cetta che indicasse la posizione del sole sulla scala graduata dello zodiaco. È
possibile che questo dispositivo rappresentasse il movimento del sole come
un moto a velocità variabile? La presenza della scala graduata del calendario
egizio complica la questione, poiché sembra richiedere una lancetta che si
sposti in modo uniforme rispetto alla velocità media del sole. Nella ricostru
zione di Price, secondo cui il meccanismo mostrava soltanto il sole, la luna e
i cicli cronologici, sia la lancetta del sole sia quella della luna si muovevano
in modo uniforme rispetto alla rotazione d'ingresso. Dopo aver ricostruito
146 CAPITOLO 5
consiste nel fatto che l'asse maggiore dell'orbita lunare, chiamato linea ab
sidale, si sposta gradualmente verso est rispetto alle stelle. Perciò, mentre la
luna impiega in media 27 giorni e 1!J per compiere un'intera rotazione in
torno allo zodiaco, ci mette poco più di 27 giorni e 1h per passare due volte
dall'apogeo (il punto della sua orbita più lontano dalla terra). Questi due
periodi sono definiti rispettivamente mese siderale e mese anomalistico.
Tolomeo ci informa che, in fasi diverse, lpparco lavorò sia con un'ipo
tesi eccentrica sia con un'ipotesi epiciclica per cercare di spiegare l'anoma
lia della luna, proprio come aveva fatto con il sole. Secondo la sua ipotesi
eccentrica, la linea che congiunge il centro della terra al centro dell'orbita
e al suo apogeo si sposta uniformemente verso est. La sua ipotesi epici
elica, invece, presuppone che la velocità di rivoluzione della luna intorno
al suo epiciclo sia lievemente più lenta rispetto alla velocità di rotazione
dell'epiciclo intorno alla terra. In tal modo, le due ipotesi riflettevano in
modo accurato la distinzione fra mesi anomalistici e mesi siderali.
Gemino affronta il tema dell'anomalia lunare nel capitolo conclusivo
dell'Introduzione ai fenomeni.40 Diversamente da quando aveva trattato
l'anomalia solare, non sembra affatto interessato a spiegare perché la luna
rallenti e acceleri. Al contrario, il suo obiettivo è quello di derivare un sem
plice schema aritmetico che permetta di calcolare, in gradi, il progresso
approssimativo compiuto dalla luna giorno dopo giorno. Questo schema
aritmetico corrisponde a quella che noi chiamiamo "funzione lineare a trat
ti ". Il presupposto è che il moto giornaliero della luna aumenti in modo
costante da un giorno all'altro fino a raggiungere un valore massimo prefis
sato e che, da questo punto in poi, diminuisca giorno dopo giorno secondo
la stessa costante fino a raggiungere un valore minimo fisso, e via di questo
passo. Simili schemi erano tipici dell'astronomia babilonese. E in effetti,
grazie a una serie di tavolette cuneiformi, sappiamo che la funzione lineare
a tratti che Gemino applica alla luna era proprio di origine babiloneseY
Adottando un metodo probabilmente scorretto da un punto di vista
storico, Gemino collega la funzione a tratti con un periodo che chiama
Exeligmos: secondo la sua definizione, si tratterebbe del più breve inter
vallo di tempo in grado di contenere numeri interi esatti di mesi lunari,
mesi anomalistici e giorni. L'Exeligmos si fonda sulla relazione seguente:
zione periodica alla base del sistema di ingranaggi non corrisponde alla
relazione babilonese di 251 mesi convalidata da lpparco, ma al Saros (o,
per usare un termine equivalente, all'Exeligmos).
Il Saros è parte integrante della struttura del meccanismo, essendo an
che alla base delle funzioni legate alla previsione delle eclissi, come ve
dremo nel capitolo 6. Proprio come Gemino, il progettista sembra aver
avuto completa fiducia nell'affidabilità del Saros. Molto probabilmente,
questo significa che non aveva molta familiarità con le ricerche di Ipparco
(a quanto pare, non ne aveva neanche Gemino, il quale, nel corso della
sua intera opera, menziona Ipparco solo in riferimento alla descrizione
dell'aspetto di due costellazioni). Il fatto che il meccanismo dell'anomalia
sia conforme a un'ipotesi epiciclica o eccentrica non è necessariamente la
prova di una dipendenza, anche solo indiretta, da lpparco. In effetti, non
è affatto sicuro che lpparco sia stato il primo astronomo ad applicare tali
ipotesi alla luna. Addirittura, secondo Evans e Carman, sarebbe stata la
scoperta di un sistema di ingranaggi capace di generare un moto anoma
listico ad aver condotto ai concetti di epiciclo e orbita eccentrica, e non il
contrario.46 Tuttavia un simile percorso concettuale, sempre ammesso che
si sia sviluppato così, avrebbe dovuto precedere di molto l'epoca di lppar
co, per non parlare dell'epoca di costruzione del meccanismo (soprattutto
se, come sostengo in questo libro, esso risale all'inizio del I secolo a.C.).
Sotto molti aspetti, il meccanismo era più efficace di un autore come
Gemino, soprattutto grazie alla sua capacità di fornire una rappresentazio
ne dinamica e visiva di concetti astronomici che un libro poteva presentare
solo sotto forma di parole o diagrammi lineari. Eppure, il meccanismo non
poteva far altro che mostrare simulazioni dei fenomeni. Le teorie sottese
a tali simulazioni, che fornivano anche la spiegazione dei fenomeni, erano
integrate al sistema di ingranaggi. Ma anche se un insegnante-operatore
avesse aperto il dispositivo per mostrarne il funzionamento interno, ben
pochi spettatori avrebbero capito qualcosa in più. Aggiungendo una simu
lazione meccanica dell'anomalia lunare, il progettista correva il rischio di
creare un effetto potenzialmente problematico per l'operatore, che avreb
be dovuto escogitare un modo per darne una dimostrazione convincente.
In effetti, la variazione del movimento giornaliero della luna è modesta;
secondo Gemino, il valore minimo si aggirerebbe intorno a 1 1 o 1 2 gra
di al giorno, mentre quello massimo corrisponderebbe a circa 15 o 1 6
gradi. Gli errori casuali relativi a l posizionamento delle tacche sulla scala
del calendario egizio, grazie alle quali l'operatore poteva mostrare di aver
impresso una rotazione d'ingresso pari a un giorno, avrebbero senz'altro
oscurato una variazione di ampiezza così limitata nel movimento della
SO LE, LUNA E STELLE 151
di carri ).49 Se la luna era una sfera divisa in due emisferi, uno chiaro e uno
scuro, l'aspetto delle sue fasi poteva essere spiegato così: si immaginava
che la linea di demarcazione circolare fra i due emisferi ruotasse in modo
tale che la metà della linea diretta verso di noi ci apparisse ora come un
semicerchio, ora come metà di un ovale, ora come una linea retta.
Per quanto riguarda la divisione della luna in un emisfero chiaro e in un
emisfero scuro, abbiamo visto che questo fenomeno era attribuito al fatto
che la luna stessa riceve la propria luce dal sole. Ripercorriamo brevemente
gli argomenti elaborati dagli astronomi greci a questo proposito. Si era con
statato che le fasi lunari sono correlate all'apparente allontanamento della
luna dal sole. In particolare, la luna cresce man mano che si allontana dal
sole finché non diventa piena quando è in una posizione diametralmente
opposta rispetto al sole stesso. Al contrario, man mano che si riavvicina al
sole, la luna decresce. Inoltre, la sezione scura e invisibile del disco lunare
si trova sempre sulla faccia lontana dal sole. Nel presentare queste argo
mentazioni, Gemino aggiunge un'ulteriore precisazione: quando la luna è
una falce crescente o calante e si trova molto vicino al sole al tramonto o
all'alba, è possibile visualizzare una linea immaginaria che divide in due
parti uguali la linea che congiunge i due corni della falce lunare; tale linea
immaginaria si dirige proprio verso il punto dell'orizzonte in cui il sole sor
ge o tramonta, indipendentemente dal fatto che sia inverno (e che questo
punto si trovi a sud rispetto all'orizzonte orientale) o estate (e che questo
punto si trovi a nord rispetto all'orizzonte orientale: figura 5.7).50
Un corollario di questa teoria ottica delle fasi lunari è che il sole deve
essere più lontano da noi di quanto non lo sia la luna. Se si trovassero
Luna
t· ,
�
-
. ... .
·
. . ...· ·····
.
.. .
..
.. .
.
.
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. . ..
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'"'' a··/
Figura 5.7. Una linea immaginaria divide in due parti uguali la linea che collega
i due corni della falce di luna: in prossimità dell'alba o del tramonto questa linea
immaginaria punta verso il sole.
SOLE, LUNA E STELLE 153
alla stessa distanza dalla terra, o se la luna fosse più lontana rispetto al
sole, non vedremmo mai la luna crescente. All'inizio del III secolo a.C.,
Aristarco di Samo (che adesso è famoso soprattutto per aver ipotizzato
che fosse la terra a ruotare intorno al sole e non il contrario) scrisse un
libro intitolato Sulle dimensioni e le distanze del sole e della luna, in cui
descriveva un metodo matematico per determinare di quanto il sole fosse
più lontano da noi rispetto alla luna.
Aristarco capì che in corrispondenza della fase di mezza luna (ossia
quando la linea di demarcazione fra le due metà chiara e scura appare
come una linea retta), le rette che collegano il centro della luna, quello del
sole e l'osservatore (possiamo anche prendere come punto di riferimento
il centro della terra, visto che ci stiamo occupando di grandi distanze) de
vono formare un angolo retto (figura 5.8). Ciò significa che i centri della
terra, della luna e del sole formano i vertici di un triangolo rettangolo e
che l'angolo osserva bile fra il sole e la luna è inferiore a un angolo retto. Se
riusciamo a misurarlo, siamo in grado di calcolare i rapporti fra i diversi
lati del triangolo, il che, a sua volta, ci permette di stabilire il rapporto fra
la distanza del sole dalla terra e la distanza della luna dalla terra.
Aristarco ci informa che l'angolo fra la luna, la terra e il sole corri
sponde a 87°, ma non ci dice nulla sulla provenienza di questa stima,
né se si tratti dell'esito di una misurazione o solo di una congettura.H
Egli dimostra che, presupponendo un angolo di tale entità, il sole risulta
essere 1 8 o 20 volte più lontano dalla terra rispetto alla luna.H Se inve
ce partissimo da un angolo più vicino ai 90°, la distanza del sole dalla
terra risulterebbe molto maggiore in proporzione a quella della luna.
Terra
Figura 5.8. Il metodo del triangolo rettangolo elaborato da Aristarco per de
terminare il rapporto fra le distanze del sole e della luna rispetto alla terra (la
rappresentazione non è in scala).
154 CAPITOLO 5
In realtà, il sole è circa 400 volte più lontano dalla terra di quanto non
lo sia la luna: pertanto, l'angolo teoricamente formato da terra, luna e
sole in corrispondenza della fase di mezza luna è quasi pari a 90°, con
un'approssimazione inferiore a un sesto di grado. Nessuno, nell'antichi
tà, avrebbe avuto i mezzi per osservare un dettaglio così minuto.
Il metodo per calcolare i rapporti fra distanze introdotto da Aristarco
non fu ripreso dagli astronomi greci successivi, i quali continuarono a
dare per scontato che il rapporto fosse relativamente piccolo, talvolta
anche più piccolo di quello stabilito dallo stesso Aristarco.53 L'opera
di Aristarco finì per essere usata come manuale scolastico. Perciò, gli
astronomi dovevano sapere che, in base a una semplice dimostrazione
geometrica, le distanze generalmente postulate per il sole e per la luna
implicavano che la fase di mezza luna non si trovava esattamente a metà
strada fra congiunzione e plenilunio.
Abbiamo già incontrato uno degli elementi più enigmatici osservabili
sui frammenti del meccanismo subito dopo il ritrovamento del 1 902: mi
riferisco al coperchio cilindrico, simile a quello di un barattolo, collocato
su C-2 (figura M-6 ). Al suo interno si possono vedere dei resti di elementi
meccanici disposti lungo una linea radiale che parte dal centro del coper
chio stesso, dove si trova un piccolo foro quadrato, per arrivare a un foro
circolare più grande, collocato vicino alle pareti sporgenti del coperchio,
anch'esse di forma cilindrica. Nei suoi appunti inediti, Rehm ipotizzava
che si trattasse di una sorta di congegno volto a rappresentare un'ipotesi
epiciclica per la luna.54 Price presentava due congetture possibili:55
La prima delle due ipotesi era perspicace e, tutto sommato, corretta, ma Pri
ce preferì l'altra. Sul modello ricostruttivo che donò al Museo Archeologico
Nazionale e che è stato per lungo tempo esposto insieme ai frammenti A, B
e C, il sistema destinato a imprimere la rotazione in ingresso è rappresentato
da una manovella che è evidentemente ispirata al coperchio suddetto.
La corretta identificazione della funzione del coperchio cilindrico
rappresenta uno dei più raffinati contributi di Wright alla nostra com
prensione del meccanismo.56 Come suggerito da Price, in origine questo
elemento si trovava al centro del quadrante anteriore e, grazie a un al
bero che passava per il foro quadrato, ruotava per rappresentare il mo
vimento della luna attraverso lo zodiaco. Sul frammento C-2 vediamo il
SOLE, LUNA E STELLE 155
coperchio dal suo lato interno. Probabilmente c'era anche una lancetta,
ormai perduta, che fuoriusciva dalle pareti del coperchio per indicare
la posizione della luna sulla scala dello zodiaco. Grazie alle radiografie
effettuate con la tomografia lineare, Wright stabilì che uno degli elementi
meccanici all'interno del coperchio è un ingranaggio a dentatura fronta
le danneggiato, attraverso cui passava un albero che, in origine, faceva
ruotare una piccola sfera collocata nel foro circolare: l'impronta di que
sta sfera è ancora visibile nello strato di concrezione accumulatosi dietro
al foro. La sfera rappresentava la luna e doveva essere per metà nera e
per metà bianca (o argentata ). Wright dimostrò che, se l'ingranaggio a
dentatura frontale si fosse innestato con un altro ingranaggio (ormai
perduto) collegato all'albero che rappresentava il movimento del sole, la
sfera della luna avrebbe iniziato a ruotare, mostrando una simulazione
della fase lunare corrente attraverso la finestra circolare. Quasi sicura
mente, questo elemento veniva descritto in una sezione dell'iscrizione
del coperchio posteriore (ICP) di cui si sono conservate solo limitate
sequenze di lettere per ogni linea di testo: ad esempio, è ancora leggibile
il termine greco che significa "nero" (ICP, parte I, linea 12).
Wright era però consapevole di una difficoltà: l'ingranaggio a dentatu
ra frontale è rivolto nella direzione sbagliata per potersi innestare con un
ingranaggio montato sull'asse centrale. Wright cercò di spiegare la cosa
ipotizzando che qualcuno, nell'antichità, avesse smontato questa parte del
meccanismo per poi rimontarla con l'ingranaggio rivolto nella direzione
sbagliata. Tuttavia, non si sarebbe trattato di un'operazione semplice. A
causa del modo in cui l'ingranaggio a dentatura frontale è fissato al suo
albero, avrebbe potuto essere rimontato al contrario solo se l'albero fosse
già stato danneggiato. Inoltre, se sull'asse centrale ci fosse stato un ingra
naggio fisso con cui l'ingranaggio a dentatura frontale avrebbe dovuto
innestarsi, i denti del primo si sarebbero scontrati con il retro del secondo
qualora quest'ultimo fosse stato inserito nel senso sbagliato.
È possibile dare un senso alla posizione attuale dell'ingranaggio a den
tatura frontale? Nel 2008 Tony Freeth ha pubblicato un diagramma sche
matico che ricostruisce il sistema di ingranaggi del meccanismo. A suo
parere, all'interno del coperchio lunare c'era una coppia di ingranaggi co
assiali: uno di essi avrebbe dovuto ingaggiare il presunto ingranaggio fissa
to all'asse centrale, mentre l'altro si sarebbe innestato con l'ingranaggio a
dentatura frontale. 57 Questo sistema, però, avrebbe prodotto esattamente
lo stesso effetto della più semplice ricostruzione di Wright con l'ingranag
gio a dentatura frontale rivolto verso l'interno. Non sembra quindi esserci
alcun motivo per aggiungere questa complicazione ulteriore.58
156 CAPITOLO 5
Timori e rassicurazioni
Una tavoletta cuneiforme proveniente dall'archivio reale di Ninive con
serva una lettera che lo studioso babilonese Bel-usezib inviò al re assiro
Esarhaddon (68 1 -669 a.C.) esortandolo a non temere le conseguenze
dell'eclissi lunare che si era appena verificata : 1
Ricordo che quando ero ancora un ragazzo, mentre mio padre era console
in Macedonia e ci trovavamo nell'accampamento, il nostro esercito fu scon
volto dalla superstizione e dalla paura, perché in una notte serena la luna
splendente e piena all'improvviso scomparve. Allora Gallo, che era nostro
158 CAPITOLO 6
luogotenente circa l'anno prima di essere nominato console, non esitò il gior
no dopo a dichiarare davanti a tutti che non si trattava di un prodigio e che
tale fenomeno si era verificato in quel momento e sempre a determinati in
tervalli di tempo si sarebbe ripetuto, ogni volta che il sole si venisse a trovare
nella posizione di non poter raggiungere la luna con la sua luce.
influenzare il colore apparente del disco del sole o della luna, soprattutto
quando questo si trova vicino all'orizzonte. Le direzioni dell'oscuramento
svolgono un ruolo ugualmente importante nell'interpretazione dei presagi
connessi alle eclissi (figure 6.1-6.2). All'inizio e alla fine di un'eclissi, solo
una piccola frazione del corpo celeste interessato è oscurata. Un osservatore
poteva prendere nota della direzione cardinale di questa frazione rispetto al
centro del disco, scrivendo, ad esempio: "l'eclissi è iniziata a sud (del disco)
ed è scomparsa a ovest (del disco)." Nel caso di un'eclissi parziale, era an-
{a)
3
2
Orizzonte
Sud Sud-ovest
Sud-est
che possibile registrare la direzione della frazione del disco oscurata nel suo
momento di massima estensione, ossia a metà dell'eclissi. A quanto sembra,
queste direzioni venivano calcolate rispetto all'eclittica, perlomeno in modo
approssimativo. Fra le varie circostanze incidentali delle eclissi, i repertori
di presagi includono anche i fenomeni ottici causati dalle condizioni mete
orologiche, come gli aloni di luce, e la direzione del vento durante l'eclissi.
Ciascuna circostanza presa singolarmente, o anche un insieme di circo
stanze considerate nel loro insieme, poteva trovare corrispondenza in un
(a)
4 5
3
2
Orizzonte
Sud Sud-ovest
Sud-est
(b)
Figura 6.2. Le fasi di un'eclissi lunare totale, con le direzioni dell'oscuramento all'i
nizio ( 1 ), appena prima della fase totale (2), a metà dell'eclissi (3), subito dopo la
fine della fase totale (4) e alla fine dell'eclissi (5). (a) Posizioni della luna e dell'om
bra della terra; (b) lo stesso fenomeno come appare a un osservatore terrestre.
ECLISSI 1 65
repertorio di presagi, inclusi quelli che non avevano direttamente a che fare
con le eclissi. Ad esempio, in seguito all'eclissi lunare dell'l l giugno del 669
a.C., Issar-sumu-erd, che era il principale scriba del re, nonché il suo tutore,
inviò a Esarhaddon un lungo rapporto in cui compaiono ben 1 1 presagi
legati all'eclissi, fra cui figurano, in combinazioni diverse: il mese del calen
dario, il giorno del mese, la vigilia notturna, le frazioni del disco lunare in
cui l'ombra è caduta per la prima e l'ultima volta e la direzione del vento. A
questi elementi si aggiungono: un presagio relativo all' "oscurità" della luna
in un mese preciso, un presagio riguardante una stella "oscurata" in una
particolare costellazione, tre presagi relativi a Giove, che era apparso per la
prima volta pochi giorni prima.11 A partire da questi presagi possiamo ri
costruire una descrizione completa dell'eclissi così come fu osservata allora:
Nel quattordicesimo giorno del mese di Simanu, durante la vigilia mattu
tina e fino alla sua conclusione, mentre era nella costellazione di Pabilsag
[Sagittario] la luna ha subito un'eclissi, iniziata nella parte sudorientale
del suo disco e terminata nella parte nordoccidentale del suo disco; soffia
va il vento del Nord. Durante l'eclissi Giove era visibile.
Così, la struttura dei repertori di presagi aveva finito per stabilire la routi
ne da seguire nell'osservazione delle eclissi. In epoche successive, l'ora e la
posizione rispetto alle stelle sarebbero state registrate con maggior preci
sione. A parte questo, però, il contenuto delle osservazioni delle eclissi ri
mase sorprendentemente stabile. Citiamo, a titolo di esempio, un rapporto
dell'eclissi lunare del 2 1 marzo del 154 a.C., proveniente da Babilonia :12
Mese di] Addaru, notte del quindicesimo giorno, dalla levata della luna al
tramonto del sole: 3 [gradi temporali], misurazione [avvenuta nonostante]
le nuvole. Eclissi lunare; quando è iniziata sul lato sud-est [del disco luna
re], in 20 [gradi temporali] della notte si erano oscurate 10 dita; a 6 [gradi
temporali] della notte, fase massima. Quando ha iniziato a scomparire, in
1 8 [gradi temporali] della notte si è ritirata dal [lato] nord-est [del disco]
al [lato] sud-est. 44 [gradi temporali in totale per] inizio, fase massima e
fine. L'eclissi era rossa e il rosso era prossimo al marrone. Durante l'eclissi
soffiava il vento del Nord, in direzione ovest. Al principio della fase iniziale
il vento del Sud soffiava [parte del testo è perduta]. Durante l'eclissi, erano
visibili Venere, Marte e Sirio; Giove è apparso durante la fase inziale; alla
fine della fase iniziale, Venere è tramontato; gli altri pianeti non erano più
visibili. [La Luna] si è eclissata 2 cubiti dietro la Stella Luminosa del Solco
e 1 cubito verso l'alto a nord. 4 [gradi temporali] dopo il tramonto del sole.
c--
Figura 6.3. Quattro allineamenti della terra, del sole e della luna.
168 CAPITOLO 6
la luna si muove più lentamente quando si trova nelle sezioni della sua
orbita ellittica più lontane dalla terra - l'orbita lunare, peraltro, cambia
continuamente forma per influsso della gravità solare. Le forme delle or
bite influenzano la tempistica delle eclissi, nonché il modo in cui queste
appaiono a un osservatore terrestre: in effetti, le ombre della terra e della
luna variano con il variare deJla distanza.
A dire il vero, visto che il sole non è una fonte di luce puntiforme,
ma una sfera più grande deJla terra e della luna, l'ombra proiettata da
queste ultime è un'ombra complessa (figure 6.�.5). L'"ombra" vera e
propria è la parte più scura: un osservatore che si trovi al suo interno non
può vedere nemmeno una porzione del sole; si tratta di uno spazio conico
che si restringe con l'aumentare deJla distanza del corpo che la proietta.
DaJl'interno della "penombra ", che è più ampia, un osservatore può ve
dere parte del sole, ma non il suo intero disco; anche la penombra è uno
spazio conico, che però diventa più ampio con l'aumentare della distanza.
Per un osservatore a occhio nudo, l'oscuramento subito dalla luna
durante il suo passaggio nella penombra della terra è molto lieve. Gli
astronomi della Mesopotamia e della Grecia antiche non sembrano aver
mai notato un'eclissi penombrale (durante la quale la luna transita at
traverso parte della penombra, ma non entra mai nell'ombra), né le fasi
penombrali di un'eclissi normale. Abbiamo già detto che l'ombra è un
cono d'oscurità che si restringe: di conseguenza, se prendiamo due eclissi
parziali in cui la luna si trova alla stessa distanza a nord o a sud rispetto
all'orbita terrestre, ma a distanze differenti rispetto alla terra, l'eclissi
con la distanza maggiore sarà quella con l'ampiezza minore. Le stes
se condizioni che, nel caso di una distanza inferiore, possono generare
un'eclissi totale, producono un'eclissi parziale se la luna si trova a una
Figura 6.4. Ombra (in grigio scuro) e penombra (in grigio chiaro) proiettate
dalla luna sulla terra durante un'eclissi solare. Le dimensioni e le distanze non
sono rappresentate in scala.
ECLISSI 169
. . . -··
..
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· -. . . .
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· · · - - - ..
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------------- --- --'Sole__
- _
Figura 6.5. Ombra (in grigio scuro) e penombra (in grigio chiaro) proiettate
dalla terra sulla luna durante un'eclissi lunare. Le dimensioni e le distanze non
sono rappresentate in scala.
1 70 CAPITOLO 6
Si tratta di previsioni astrologiche. Non c'è nessuna ragione per cui una
luna apparentemente ampia, un'aura intorno al sole o il presentarsi del
la nebbia in un mese particolare debbano essere seguiti da un'eclissi. In
questo caso "ci sarà un'eclissi" è solo un altro modo di dire che gli dei
invieranno una qualche disgrazia, proprio come "ci sarà un'inondazione".
Quanto ai metodi astronomici veri e propri, l'osservazione di sche
mi ricorrenti nella comparsa delle eclissi era uno strumento efficace per
prevedere quando avrebbero potuto presentarsi e persino quale aspet
to avrebbero avuto. A un livello elementare, c'è la constatazione che le
eclissi di luna si verificano solo durante la fase di luna piena, mentre le
eclissi di sole avvengono solo nell'intervallo di tempo in cui la luna è
invisibile, ovvero fra la sua ultima comparsa mattutina e la sua prima
comparsa serale. I repertori di presagi contenuti nell' Enuma Anu Enlil
mostrano di essere al corrente di questi parametri: in effetti, i presagi
basati sul giorno del mese cadono sempre in una serie di giorni ben pre
cisi. Per le eclissi lunari, le opzioni sono i giorni 14, 15 e 1 6 del mese - il
che ha perfettamente senso se si tratta delle date della luna piena - cui
si aggiungono, inesplicabilmente, i giorni 20 e 2 1 , che invece non hanno
alcun senso da un punto di vista astronomico. È probabile che gli studio
si assiri dediti all'osservazione dei presagi fossero in grado di restringere
il numero dei giorni e degli orari in cui il sole e la luna sarebbero stati
allineati o diametralmente opposti. A questo scopo, nei giorni precedenti
l'evento atteso, si osservava l'andamento delle misurazioni dell'orologio
ad acqua per le ore che separavano la levata della luna da quella del sole
o la levata della luna dal tramonto del sole.
L'esperienza avrebbe mostrato che due eclissi lunari o due eclissi so
lari non si verificano mai in mesi lunari consecutivi. Anzi, di solito, fra
1 72 CAPITOLO 6
due eclissi lunari consecutive passano sei mesi; tuttavia, siccome alcune
eclissi non sono osservabili, spesso si registravano intervalli di 12 mesi o
anche più: nella maggior parte dei casi, si trattava comunque di multipli
di sei. In alcune occasioni, però, il numero di mesi che intercorrevano
fra l'osservazione di due eclissi consecutive era inferiore di uno rispetto
a un multiplo di sei: di conseguenza, nella sequenza andava inserito un
intervallo di cinque mesi ogni sette o otto intervalli di sei mesi. Possiamo
definire "possibilità di eclissi lunare" la serie di pleniluni distribuiti a
intervalli di sei o, in alcuni casi, di cinque mesi che include tutte le eclissi
lunari osservate. Le eclissi di sole si verificano solo nella congiunzione
precedente o successiva rispetto a una possibilità di eclissi lunare, un
principio di cui gli studiosi assiri erano chiaramente a conoscenza.
Dopo aver radunato un'ampia collezione di rapporti relativi alle
eclissi osservate, era possibile notare schemi ricorrenti che interessavano
periodi di tempo più estesi. Ad esempio, è molto probabile che un'eclissi
lunare sia osservabile 47 o 1 35 mesi lunari dopo l'osservazione di un'al
tra eclissi lunare. Questi intervalli sono chiamati "periodi eclittici". Un
periodo eclittico particolarmente utile è quello che, in epoca moderna,
ha assunto il nome di Saros. Lo abbiamo già incontrato nel capitolo 5 ,
sotto i l nome d i Periodikos, la relazione periodica per l'anomalia lunare.
La durata del periodo di Saros è di 223 mesi lunari e quindi corrisponde
esattamente a 1 8 anni solari più 1 1 giorni. I Babilonesi lo chiamavano
semplicemente " 1 8 anni ", forse perché, normalmente, un intervallo di
1 8 anni civili comprendeva 223 mesi.
Il periodo di Saros è particolarmente utile per la previsione delle eclissi:
in effetti, dopo 223 mesi lunari dall'osservazione di un'eclissi lunare, la
luna non si limita a tornare al suo asse nodale, generando così un'altra
eclissi, ma torna anche più o meno alla stessa distanza dalla terra, cosicché
le eclissi avranno anche dimensioni e durata simili. Il fatto che il periodo di
Saros corrisponda quasi perfettamente a un numero intero di anni solari
ha una conseguenza importante: alcuni fattori che influenzano la tempi
stica e la dimensione delle eclissi e che sono legati alla posizione della
terra sulla propria orbita risultano quasi completamente annullati. Questo
significa che è possibile prevedere le eclissi in modo ragionevolmente accu
rato e piuttosto dettagliato con ben 1 8 anni di anticipo. Basta presupporre
che ripeteranno l'andamento delle eclissi osservate nell'anno in corso.
C'è un problema, però: un periodo di Saros non contiene un nume
ro completo di giorni. L'intervallo di tempo fra due pleniluni avvenuti
precisamente a distanza di 223 mesi l'uno dall'altro varia da circa 6585
giorni e 6 ore a circa 6585 giorni e 9 ore, con una media che si avvicina
ECLISSI 1 73
Figura 6.6. Un frammento proveniente dalla grande serie di tavolette babilonesi che
registravano osservazioni e previsioni di eclissi lunari (British Museum BM 32234
recto). Ogni colonna della tabella conteneva le possibilità di eclissi di un periodo di
Saros, poste a distanza di sei o cinque mesi l'una dall'altra. Perciò, una linea della
tabella letta da sinistra a destra rappresenta una serie di possibilità di eclissi collo
cate a intervalli di un Saros l'una dall'altra (© The Trustees of the British Museum).
Ottica e geometria
Quando descrive l'estate del primo anno della Guerra del Peloponne
so, lo storiografo Tucidide (circa 460-400 a.C.) menziona anche l'eclissi
solare del 3 agosto del 431 a.C. : in quel giorno, il sole avrebbe assunto
la forma di una mezza luna e alcune stelle sarebbero diventate visibili.20
Tucidide sostiene che questo fenomeno si verificò dopo mezzogiorno
nel primo giorno del mese (lunare) e aggiunge anche che questo sembra
essere l'unico periodo del mese in cui il sole può subire un'eclissi. Evi
dentemente anche gli Ateniesi colti dell'epoca avevano una conoscenza
limitata delle eclissi e delle loro cause! Più oltre, lo storiografo riferisce
che il generale ateniese Nicia, seguendo il consiglio degli indovini, decise
di ritardare l'evacuazione militare di Siracusa per tre volte nove gior
ni dal verificarsi dell'eclissi lunare completa del 27 agosto del 4 1 3 a.C.
Nel commentare l'evento, Tucidide osserva che Nicia "era troppo dedito
alla superstizione e ad altre simili cose".21 Eppure, anche lo storiografo
doveva essere convinto che le eclissi avessero un qualche significato per
le faccende umane, dal momento che le include in una lista di calamità
verificatesi durante la Guerra del Peloponneso. Questo sembrerebbe suf
ficiente a confermare il loro valore di presagio:22
E risultarono allora non incredibili quei fenomeni naturali di cui si tra
mandava notizia senza, però, che se ne avesse effettiva conferma: i terre
moti, che (durante il periodo della guerra) furono al tempo stesso diffusi
per larga parte della terra e più violenti che per il passato; e ancora le
eclissi di sole che si verificarono più frequentemente di quelle di cui si
narrava per l'età precedente; in alcune zone esplosero grandi siccità e
conseguenti carestie; e poi il contagio pestilenziale, che non poco danno
arrecò e in un certo senso fu deleterio.
1 76 CAPITOLO 6
Mentre essi, con pari fortuna, conducevano la guerra, nel sesto anno,
durante uno scontro, accadde che, nel pieno della battaglia, il giorno
all'improvviso divenne notte. Talete di Mileto aveva predetto agli Ioni
che ci sarebbe stato questo cambiamento del giorno e aveva indicato l'an
no in cui effettivamente ebbe luogo. I Lidi e i Medi, quando videro farsi
notte in pieno giorno, smisero di combattere, ed entrambi s'impegnarono
di più per concludere fra- loro la pace.
state del 585 e che, sempre secondo Plinio, sarebbe l'anno in cui Talete
effettuò la propria previsione), né con l'anno dalla fondazione di Roma
(che iniziò il primo aprile del 584 e che Plinio presenta come l'anno in
cui l'eclissi ebbe effettivamente luogo).
È possibile che Erodoto volesse descrivere un'eclissi solare, ma non
ne consegue necessariamente che le sue informazioni siano precise. In un
passo successivo della sua opera (7.37), lo storiografo descrive in modo
simile la scomparsa del sole dal cielo sereno osservata dall'esercito di Serse
nel 480 a.C. Eppure, per quella data non si registrano eclissi che avreb
bero potuto apparire totali o quasi a osservatori situati nella regione in
questione. 3° Comunque sia, non è possibile che la presunta previsione di
Talete si riferisse a un'eclissi. Come abbiamo visto, le possibilità di eclissi
solari sono frequenti. Perciò, sarebbe stato inutile prevedere semplicemen
te la possibilità di un'eclissi, o anche annunciare che un'eclissi diurna di
dimensioni indeterminate si sarebbe verificata a un certo punto di un anno
preciso. D'altro canto, all'epoca non c'era nessuno, né in Grecia né in
Mesopotamia, che avesse le conoscenze necessarie per prevedere un'eclissi
solare totale. È quindi possibile che la storia di Erodoto sia soltanto parte
dell'aura di leggenda che circondava il personaggio di Talete e che mirava
a esaltare l'eccezionale sapienza del "primo filosofo".
A partire da quando i Greci (e i Romani) iniziarono davvero a preve
dere le eclissi in modo scientifico? Se la storia di Livio su Sulpicio Gallo
e l'eclissi del 168 è vera, erano in grado di prevedere le eclissi lunari,
i nclusa l'ora della comparsa, fin dall'inizio del II secolo a.C. Come ab
biamo visto, però, ci sono buoni motivi per essere scettici. Subito dopo
aver menzionato Talete, Plinio loda profusamente lpparco, che avrebbe
"previsto il corso di entrambi gli astri (ossia il sole e la luna) per 600
anni, tenendo conto dei mesi delle varie popolazioni, dei giorni, delle
ore, della configurazione dei luoghi e del campo visivo(?] dei popoli". 3 1
Dal contesto è chiaro che tutto ciò h a qualcosa a che vedere con l e eclissi,
ma Plinio si esprime in modo così oscuro da dar adito a diverse interpre
tazioni. La possibilità che lpparco avesse previsto e registrato le eclissi
future è solo una delle letture possibili.
Ironicamente, è proprio nell'unica opera conservata di lpparco,
Il commento ai Fenomeni di Arato ed Eudosso, che troviamo un ri
ferimento contemporaneo attendibile a previsioni di eclissi effettuate
intorno alla metà del II secolo a.C. E in questo caso Ipparco non sta
parlando di séY Il suo obiettivo è quello di confutare un'idea risalente
a Eudosso, secondo cui, nel suo moto annuale intorno allo zodiaco, il
sole non si sposterebbe esattamente lungo l'ecl ittica. A questo scopo,
180 CAPITOLO 6
Anno 27, tempo 6 mesi: la luna si eclissa davanti [?] al Cancro, nelll
ll
mese di ll;l.t 9.
una fonte greca; i mesi e i giorni (come ad esempio III smw 28) seguono
il calendario egizio e vengono quindi riportati secondo la prassi egizia:
numero del mese, nome della stagione, numero del giorno. Per ogni pos
sibilità di eclissi, il testo cita il segno zodiacale occupato dalla luna al
momento esatto del plenilunio. Solo per il secondo evento dell'anno 26
si forniscono dettagli ulteriori, a indicare che in quella data si verificherà
un'eclissi vera e propria: in particolare, vengono menzionate l'ora della
notte e la parte del disco lunare su cui sarà visibile l'oscuramento. Si
tratta dell'eclissi lunare del 28 gennaio del 76 a. C.
Un frammento di una simile lista di possibilità di eclissi lunari, que
sta volta in greco, è conservato in un papiro di Ossirinco risalente al I
secolo d.C. (POxy astron. 4137).34 Le date sono espresse sia secondo il
sistema del calendario callippico, con menzione del mese e del giorno
del calendario ateniese, sia secondo il calendario egizio. Inoltre, le eclissi
sono descritte in modo più dettagliato rispetto al papiro in demotico.
In particolare, viene fornita una stima delle dimensioni dell'eclissi e le
direzioni dell'oscuramento del disco lunare sono specificate per l'inizio,
la metà e la fine dell'eclissi.
John Steele ha suggerito, in modo convincente, che le compilazioni
di previsioni di eclissi presenti in questi due papiri siano state generate
avvalendosi di un periodo eclittico paragonabile al Saros -nel caso del
papiro di Ossirinco deve per forza trattarsi del Saros, visto che gli altri
periodi non servono a prevedere dettagli come le dimensioni e la dire
zione dell'oscuramento.JS Entro il II secolo d.C., tuttavia, l'astronomia
matematica greca era andata incontro a un progresso notevole: era or
mai possibile prevedere in modo dettagliato sia le eclissi lunari sia quelle
solari grazie a una sofisticata teoria dei movimenti del sole e della luna,
in cui si teneva conto del variare della loro distanza dalla terra e degli
effetti della parallasse. Tale teoria è esposta da Tolomeo nel sesto libro
del suo Almagesto. Nei capitoli in cui descrive il metodo da adottare per
la previsione delle eclissi, Tolomeo passa in rassegna alcune delle loro
caratteristiche: questo repertorio rispecchia perfettamente il contenuto
delle previsioni tramandate dal papiro di Ossirinco.
Meccanizzare le eclissi
Secondo il racconto del De re publica ciceroniano, Sulpicio Gallo riuscì
a convincere i soldati romani che l'eclissi che avevano osservato non era
un presagio: si trattava infatti di un evento che accadeva regolarmente
i n conseguenza di una serie di cause fisiche. Apparentemente, la sphaera
meccanica di bronzo costruita da Archimede riproduceva queste cause
in modo grafico e visivo, mostrando che la luna entra nell'ombra della
terra quando, nel corso delle loro rispettive rivoluzioni intorno alla terra
stessa, la luna e il sole si trovano in posizioni diametralmente opposte.
Cicerone vuole che consideriamo la sphaera come uno strumento di
dattico capace di mostrarci che il cosmo è un sistema ordinato e che, di
conseguenza, è sbagliato credere che le eclissi siano dei presagi.
Molti intellettuali antichi avrebbero respinto il ragionamento di Gallo
considerandolo semplicemente illogico. Gli studiosi assiri dediti all'osser
vazione dei presagi sapevano che le eclissi potevano verificarsi soltanto in
certe date, molto distanti le une dalle altre e legate alle fasi lunari; erano
anche in grado di prevedere il momento approssimativo della loro com
parsa. I loro successori nell'Egitto tolemaico potevano consultare delle
previsioni di eclissi lunari attendibili e dettagliate e non vedevano nessuna
contraddizione fra la prevedibilità delle eclissi e la loro interpretazione
come presagi. Tolomeo, il più importante fisico dell'Impero romano, era
capace di prevedere sia le eclissi di luna sia quelle di sole in base a una
teoria che si fondava proprio sulla spiegazione ottica delle eclissi citata
da Gallo. Eppure, nel suo scritto astrologico Tetrabiblos (2.4), egli scrive
che, per quanto riguarda le calamità che interessano gli stati e le città , "la
causa principale e più efficace si verifica in occasione delle congiunzioni e
opposizioni del sole e della luna, che sono accompagnate dalle eclissi e dai
moti dei pianeti in quelle occasioni".39 A un certo momento fra l'epoca
degli Assiri e quella di Tolomeo, la logica alla base della previsione delle
eclissi era cambiata: non più considerate come messaggi inviati dagli dei,
le eclissi venivano ormai interpretate come configurazioni dei corpi cele-
184 CAPITOLO 6
sti che ne amplificavano gli effetti fisici sul mondo sottostante in base a
principi scientificamente giustificabili. La realizzazione di un meccanismo
capace di mostrare la regolarità delle eclissi non doveva necessariamente
scaturire dalle stesse intenzioni di Cicerone.
Quanto a quest'ultimo, le sue parole suggeriscono che, quando era im
postata per mostrare la configurazione della volta celeste al momento di
un'eclissi lunare, la sphaera di Archimede mostrava la luna transitare nel
cono d'ombra della terra; nonostante alcune parole del testo siano andate
perdute, è probabile che si dicesse qualcosa di simile anche in relazione alle
eclissi di sole. Ma una riproduzione così dettagliata delle eclissi è altamente
inverosimile. Ci si può chiedere, innanzitutto, come fosse possibile che uno
strumento costruito nel III secolo a.C. potesse generare un effetto tale da
riprodurre le ombre coniche della terra e della luna. Ma anche tralasciando
questo problema, si sarebbe dovuto trovare un sistema per impedire sia
che il modellino della luna transitasse attraverso l'ombra della terra sia
che l'ombra della luna cadesse sul modellino della terra al di fuori delle
congiunzioni e opposizioni appropriate. Insomma, si sarebbe trattato di un
vero e proprio tour de force di movimento meccanizzato a tre dimensioni!
Il progettista del meccanismo di Anticitera ha scelto di incorporare
le eclissi nel proprio dispositivo tramite un sistema diverso, volto a ren
dere visibili gli effetti e gli schemi ricorrenti delle eclissi piuttosto che le
loro cause. Proprio come il quadrante anteriore, che mostrava quando
le stelle sarebbero apparse e scomparse per la prima volta, il dispositi
vo di visualizzazione delle eclissi sul pannello posteriore dipendeva dal
testo delle iscrizioni per una descrizione verbale dei fenomeni previsti.
Il puntatore azionato dal sistema di ingranaggi aveva semplicemente la
funzione di segnalare la data approssimativa di ciascuna previsione su
un quadrante che rappresentava visivamente il comportamento ciclico
delle eclissi. Per ottenere informazioni complete riguardo a un'eclissi,
chiunque azionasse o osservasse il meccanismo doveva prestare con
temporaneamente attenzione al pannello anteriore e a quello posterio
re. I quadranti collocati sulla parte inferiore del pannello posteriore gli
avrebbero permesso di stabilire che, per il mese lunare mostrato in quel
momento, era prevista un'eclissi; il nome di questo mese secondo il ca
l endario corinzio era indicato dal quadrante metonico. Guardando il
quadrante anteriore, invece, si poteva identificare il giorno specifico in
cui sole e luna sarebbero stati nel corretto allineamento, così come le
posizioni che avrebbero occupato all'interno dello zodiaco: il tutto era
indicato secondo il calendario egizio, forse con un'approssimazione di
un giorno o due. Infine, i quadranti e le iscrizioni sulla parte inferiore del
ECLISSI 185
(a) (b)
Figura 6.8. Glifi dell'eclissi solare e lunare nella casella corrispondente al mese nu
mero 137 sulla scala del quadrante di Saros. A sinistra: traslitterazione. A destra:
traduzione. Il theta contraddistinto da un tratto orizzontale è la lettera di rimando
che collega questi glifi ai relativi paragrafi sull'iscrizione della lastra posteriore.
186 CAPITOLO 6
lato sinistro della lastra dei quadranti e sulla parte superiore del suo lato
destro; è possibile che quelli dedicati alle eclissi solari corressero lungo
quanto rimaneva del lato destro. I paragrafi che si sono conservati riguar
dano le eclissi solari. Riportiamo di seguito la traduzione di uno di essi:44
Iniziando da thrakias, cambiano direzione e finiscono verso apeliotes.
Grande[?]. Il colore è rosso vivo. Z e� P X
La serie di lettere alla fine del paragrafo identifica i glifi delle eclissi so
lari cui il paragrafo stesso fa riferimento. Ad esempio, il glifo solare ripro
dotto e tradotto nella figura 6.8 appartiene a questo gruppo. Le possibilità
di eclissi solari associate a uno stesso paragrafo avevano tutte un elemento
in comune: in corrispondenza di ognuna di esse, la luna si trovava sempre
allo stesso intervallo di latitudine a nord o a sud dell'eclittica.4 5
Ciascuno dei paragrafi conservati inizia con un'affermazione relativa
a un cambiamento di di rezione, espresso tramite i nomi greci dei venti.
Nell'esempio citato, thrakias è il nome di un vento che soffia da nord-ovest,
mentre apeliotes è un vento che proviene da est. Queste frasi sono state
interpretate in due modi diversi. Secondo una prima lettura, potrebbero
riferirsi alle direzioni dell 'oscuramento delle eclissi previste, in conformità
alla pratica, comunemente diffusa in Grecia, di usare i nomi dei venti per
designare le direzioni cardinali basandosi su una "rosa dei venti" stan
dard. 4 6 In questo caso, l'esempio citato descriverebbe delle eclissi solari in
cui il settore nordoccidentale del disco solare è il primo a oscurarsi, mentre
il settore orientale è quello che si oscura per ultimo. Se questa è l'interpre
tazione corretta, dobbiamo dedurre che il testo si basava su conoscenze
astronomiche di pessima qualità. In effetti, le direzioni dell'oscuramento
non dipendono solo dalla latitudine della luna, ma anche dalla direzione
del suo movimento, verso nord o verso sud. Eppure, le possibilità di eclissi
radunate da ciascuno dei paragrafi superstiti mescolano casi in cui lo spo
stamento è diretto verso nord e casi in cui è diretto verso sud. Inoltre, nelle
eclissi solari le direzioni devono tendere tutte verso est, dal momento che
la luna si sposta verso est lungo l'eclittica con un moto più rapido rispetto
a quello del sole. Nonostante questo, uno dei paragrafi menziona un cam
bio di direzione da nordest a sudovest.
Secondo un'altra interpretazione, le indicazioni di direzione non
sono altro che previsioni del mutamento dei venti nel corso dell'eclissi o
in un intervallo di tempo successivo. Si tratterebbe quindi di un caso di
previsione sistematica dei fenomeni meteorologici a partire dalle eclissi,
una pratica paragonabil e a quelle menzionate da Tolomeo nel suo Al
magesto. 47 Se così fosse, la previsione del meccanismo si riferirebbe a
ECLISSI 189
una delle presunte caratteristiche delle eclissi che, secondo quanto ci dice
Efestione, erano considerate come presagi. Lo stesso vale per la terza fra
se di ciascuno dei paragrafi solari dell'ILP, dove si preannuncia il colore
del disco dell'eclissi.48 Il colore delle eclissi svolge un ruolo fondamentale
nelle previsioni astrologiche di Efestione, proprio come avveniva nelle
protasi (le frasi introdotte da "se") dei presagi dell'Enuma Anu Enlil.
Contrariamente alle nostre aspettative, queste osservazioni non erano
limitate alle sole eclissi totali. Il mondo greco-romano non ci ha lasciato
nessun altro esempio di previsione del colore delle eclissi, ma nella tra
dizione astronomica indiana e islamica si conservano schemi complessi
concepiti proprio a questo scopo.4 9
Fra le frasi sulla direzione e quelle sui colori, l'ILP inserisce una sin
gola parola volta a segnalare delle dimensioni, come "piccolo", "medio"
o "grande". Probabilmente questa espressione si riferiva o alle dimen
sioni dell'eclissi -ossia alla frazione del disco che sarebbe stata oscura
ta -o alla sua durata. Tuttavia, nella migliore delle ipotesi, una simile
previsione avrebbe potuto determinare soltanto il valore massimo delle
dimensioni o della durata di un'eclissi solare reale visibile da un punto
di osservazione qualsiasi.
Se le descrizioni delle eclissi solari presenti sull'ILP ci sembrano stra
ne, dobbiamo tenere presente che il Saros era praticamente inutile per
anticipare quelle caratteristiche delle eclissi solari che l'astronomia mo
derna è in grado di prevedere senza problemi. È un peccato che i para
grafi lunari siano andati persi. Con ogni probabilità erano molto diversi
e contenevano informazioni quantitative sulle dimensioni, la durata e
-se erano raggruppati secondo l'andamento del moto latitudinale e non
solo in base alla latitudine -le direzioni dell'oscuramento, che forse so
stituivano o completavano le previsioni dei venti e del colore dell'eclissi.
L'indicazione delle ore presente nei glifi si riferiva quasi certamente
all'ora del plenilunio o al momento in cui avveniva la congiunzione. Nel
caso di un'eclissi di luna, si trattava anche del momento in cui l'eclissi era
a metà del suo corso. In un'eclissi di sole, invece, il momento in cui l'eclissi
è a metà del suo svolgimento può differire di più di un'ora da quello della
congiunzione: la causa di questo sfasamento è la parallasse. L'espressione
"ora n del giorno" o "della notte" sembra riferirsi alle ore stagionali, ossia
le convenzionali divisioni del giorno e della notte adottate nel mondo gre
co-romano. Un'ora stagionale corrisponde a un dodicesimo del tempo che
separa il sorgere del sole dal suo tramonto o viceversa. Di conseguenza, la
sua lunghezza varia a seconda delle stagioni. Tuttavia, i glifi non sembra
no tenere conto della variazione stagionale. Perciò, il conteggio delle ore è
190 CAPITOLO 6
effettuato in base alle ore equinoziali (che corrispondono alle ore moder
ne, ciascuna delle quali equivale a un ventiquattresimo del valore medio di
un giorno e di una notte), dalle sei del mattino alle sei di sera locali.
L'idea alla base del quadrante di Saros era che il ciclo delle possibilità di
eclissi inciso sulla scala si sarebbe ripetuto identico ogni 223 mesi. Questo
principio però non si applicava alle ore perché, come abbiamo visto, il Saros
non corrisponde a un numero intero di giorni. Per questo motivo, all'inter
no del quadrante di Saros fu aggiunto il quadrante dell'Exeligmos, il quale
avrebbe indicato le correzioni da apportare agli orari previsti per le eclissi.
Questo quadrante era diviso in tre settori identici, due dei quali recavano al
proprio interno i numeri 8 e 16. La lancetta di questo quadrante aggiuntivo
compiva una rotazione completa una volta ogni tre cicli di Saros, i quali
corrispondono esattamente a un Exeligmos. Quando la lancetta si trovava
nel settore vuoto, non era necessario applicare alcuna correzione; quando
invece si trovava in uno dei due settori con le iscrizioni, all'ora segnalata dal
glifo bisognava aggiungere il numero di ore equinoziali indicate.
Probabilmente, le ore indicate dai glifi sono state calcolate con un
metodo simile a quello adottato dai "fogli di calcolo" delle tavolette
babilonesi.50 Per ogni congiunzione e ogni plenilunio del ciclo di Saros
deve essere stata calcolata una sequenza di orari, ma solo quelli che cor
rispondevano a delle possibilità di eclissi sono stati registrati sul qua
drante. Siccome gli orari sono registrati con un'approssimazione pari
a un'ora e molti sono interessati da errori, è impossibile stabilire quale
metodo di calcolo sia stato usato. Analizzando gli orari, però, emerge
che il conteggio delle ore era basato su un assunto molto preciso: in par
ticolare, si presupponeva che nel plenilunio del primo mese del ciclo (il
quale, fra parentesi, non coincideva con una possibilità di eclissi lunare),
la luna fosse esattamente al proprio apogeo, ossia nel punto della sua
orbita più lontano dalla terra. Questo allineamento era reso visibile dal
le quattro linee radiali tracciate all'interno della scala del quadrante di
Saros (p. 65 ). La loro funzione era proprio quella di segnalare quando la
luna piena si sarebbe trovata alla minor distanza possibile dall'apogeo.
Ma queste previsioni si riferivano a date real i? Oppure si tratta solo
di una sequenza artificiale volta a illustrare in astratto l'andamento delle
eclissi? A sostegno della prima ipotesi possiamo citare il fatto che il pri
mo mese del ciclo non contiene alcuna possibilità di eclissi: nel caso di
una sequenza puramente ideale, in corrispondenza del plenilunio iniziale
ci aspetteremmo di trovare la luna sul suo asse nodale. Possiamo esami
nare gli ultimi secoli a. C. alla ricerca di una serie di date le cui condizio
ni astronomiche corrispondano sia alla distribuzione delle possibilità di
ECLISSI 191
eclissi sul quadrante, sia all'andamento degli orari delle eclissi indicati
nei glifi: la corrispondenza migliore (e, a dire il vero, l'unica accettabile)
prevede che la luna piena della prima casella del quadrante coincida con
quella del 12 maggio del 205 a. C. Perciò, l'inizio del mese lunare che
segna la data zero del ciclo corrisponderebbe all'incirca al 28 aprileY
Se così fosse, l'intero ciclo di Saros coprirebbe gli anni compresi fra il
205 e il 187 a. C. Queste date sono state stabilite, anche se con metodi
diversi, in una serie di articoli recentemente pubblicati da Tony Freeth e
da Christian Carman, in collaborazione con James Evans. 52
Secondo Carman, Evans e Freeth, se si considera che le eclissi previste
dal meccanismo corrispondono a una serie di eclissi verificatesi intorno al
200 a.C., è probabile che il meccanismo stesso sia stato costruito intorno
a quella data o poco più tardi. La loro argomentazione principale è che,
a causa delle imprecisioni inerenti al ciclo di Saros, le previsioni dei qua
dranti di Saros e dell'Exeligmos sarebbero presto risultate eccessivamente
approssimative: in particolare, gli errori sarebbero diventati intollerabili
solo dopo pochi cicli di Saros a partire dalle date per cui gli orari delle
eclissi erano stati calcolati. Questa interpretazione, però, presuppone una
datazione decisamente anteriore rispetto a quella che abbiamo proposto
in precedenza. Se la si accettasse, bisognerebbe ipotizzare che la proget
tazione e la costruzione del meccanismo siano avvenute a una distanza di
circa un decennio dalla morte di Archimede (212 a. C.) e un secolo e mez
zo prima del naufragio di Anticitera. Nel capitolo 4 ho dimostrato che
il contesto archeologico rafforza l'ipotesi che il meccanismo fosse nuo
vo quando andò perso nel naufragio. Se così non fosse, sarebbe difficile
spiegare come mai, in un carico partito dall'Egeo e diretto verso ovest, ci
fosse un oggetto di antiquariato che era stato evidentemente costruito per
un luogo a ovest dell'Egeo. Ma ci sono anche altre argomentazioni che
consentono di confutare l'idea che il 205 a. C. sia stato scelto come data
zero perché prossimo al momento della costruzione.
In primo luogo, il fatto che il ciclo delle eclissi avesse una data zero
precisa rende ancora più probabile che anche i cicli calendrici sulla par
te superiore del pannello posteriore ne avessero una (mi riferisco al ciclo
di 19 anni del quadrante metonico e al ciclo di 4 anni del quadrante dei
Giochi). Se così fosse stato, il quadrante metonico avrebbe indicato il prin
cipio dell'anno civile il cui inizio cadeva il più vicino possibile al solstizio
d'estate, mentre la lancetta dei Giochi avrebbe indicato un anno del calen
dario corinzio che prevedeva la celebrazione dei Giochi Olimpici. Questa
data non avrebbe coinciso con la data zero delle eclissi perché l'anno del
calendario corinzio che iniziava nella tarda estate, forse due mesi dopo ri-
192 CAPITOLO 6
spetto all'anno del calendario ateniese (p. 113). Però, l'anno del calendario
corinzio che iniziava alla fine dell'estate del 205 sarebbe potuto essere una
plausibile data zero per le funzioni legate al calendario.53 Nel capitolo 4
abbiamo visto che simili corrispondenze fra il ciclo di 19 anni e quello di
4 anni si verificano solo ogni 76 anni; abbiamo anche osservato che l'an
no 205 - 204 a.C. sarebbe potuto essere uno di questi anni se il calendario
corinzio fosse stato sincronizzato con quello ateniese in base agli schemi
di intercalazione attestati per Atene a partire dalla metà del I secolo d.C.
La prova decisiva, però, proviene dal modo in cui il quadrante dell'Exe
ligmos è disposto sul pannello posteriore del meccanismo. Le linee diviso
rie del quadrante si trovano rispettivamente a ore una, a ore cinque e a ore
nove, segnando così i punti del ciclo di Saros a partire dai quali gli orari
delle eclissi vanno corretti aggiungendo O, 8, o 16 ore equinoziali. Ovvia
mente, la linea situata a ore una indica il punto in cui la lancetta avrebbe
dovuto trovarsi nella data zero delle eclissi. Un orientamento così pecu
liare deve avere una qualche motivazione. Immaginiamo di impostare le
lancette del Saros e dell' Exeligmos sulle posizioni corrispondenti alla data
zero delle eclissi (verso l'alto per il puntatore del Saros e in corrispondenza
della linea orientata verso le ore una per la lancetta dell'Exeligmos). Im
maginiamo poi di spostare il meccanismo in avanti di quattro mesi lunari,
fino al punto che, secondo noi, rappresenta la data zero del calendario
(intorno al25 agosto del 205 a.C.). In tal modo, le due lancette finirebbe
ro per trovarsi parallele, entrambe orientate verso le ore una; allo stesso
tempo, le lancette del quadrante metonico, di quello dei Giochi e (proba
bilmente) di quello callippico si troverebbero anch'esse a essere parallele e
tutte orientate verso le ore sei (figura 6.9).54 È chiaro che questo schema di
allineamenti era un elemento intenzionale della progettazione del pannello
posteriore, motivato anche da ragioni estetiche.
Di conseguenza, il meccanismo aveva due date zero: quella per le
funzioni legate al calendario cadeva all'incirca il 25 agosto del 205 ;
quella per il ciclo delle eclissi cadeva quattro mesi prima, intorno al 28
aprile del 205 . Siccome la scelta era limitata dal ciclo di 76 anni, la de
cisione di selezionare proprio queste date deve essere scaturita proprio
dalla data zero del calendario. Inoltre, poiché il ciclo calendrico sem
bra essere stato sincronizzato con il più recente allineamento del ciclo
di intercalazione del calendario ateniese, possiamo dedurre che questo
aspetto del meccanismo fu progettato dopo la metà del II secolo a.C. È
noto infatti che l'aggiustamento del ciclo di intercalazione ateniese non
può essere avvenuto prima di questa data. Nel 129 a.C., l'anno 205 / 204
a.C. del calendario corinzio sarebbe ancora stato l'anno più recente in
1 94 CAPITOLO 6
I pianeti in Mesopotamia:
osservazioni e interpretazioni di presagi
Dopo che il meccanismo fu portato alla luce e consegnato al Museo Ar
cheologico Nazionale, si cercò subito di decifrare le poche lettere greche
visibili sui frammenti incrostati. Due sequenze attirarono subito l'atten
zione degli osservatori: HAIOYAKTIN, che corrisponde alle parole
Heliou aktin ("raggio di sole"), e TI-ILA<l>P, che sembrava coincidere con
le prime lettere di tes Aphrodites ("di Afrodite"). 1 Afrodite era un'impor
tante divinità del pantheon greco antico. In questo caso, però, il suo nome
compariva accanto a quello del sole, per di più su un oggetto che chiun
que avrebbe potuto identificare come una sorta di strumento scientifico: si
concluse perciò che doveva trattarsi della "stella di Afrodite", il nome con
cui i Greci designavano comunemente il pianeta Venere. Gli esperti che
nel 1902 dibattevano sui possibili scopi del misterioso manufatto furono
grati di trovare un indizio che lo legava all'astronomia. Mai avrebbero
immaginato che proprio la comprensione dell'esatto significato di queste
iscrizioni avrebbe permesso di risolvere l'ultimo degli enigmi sulle funzioni
del meccanismo: qual era il suo rapporto con i pianeti?
Dopo il sole e la luna, Venere è il corpo celeste più luminoso e le circo
stanze in cui appare lo pongono inevitabilmente al centro dell'attenzione.
Per più di otto mesi di fila, Venere è la "stella della sera", il primo corpo
celeste simile a una stella a diventare visibile nel cielo occidentale dopo il
tramonto. Per buona parte di questo intervallo di tempo, Venere appare
ben al di sopra dell'orizzonte e le altre stelle compaiono prima che tramonti.
Qualche giorno prima che la "stella della sera" diventi invisibile, Venere
compare nel ruolo di "stella del mattino", mostrandosi a oriente prima del
sorgere del sole e rimanendo l'ultima stella visibile nel cielo mattutino. Pri
ma che Venere scompaia di nuovo, questa volta per circa due mesi, passano
poco più di otto mesi. Poi il ciclo ricomincia con una nuova stella della sera.
196 CAPITOLO 7
Venere si distingue dalle stelle normali per tre evidenti ragioni: è più
luminosa e la sua luminosità è più stabile; compare e scompare secondo
un ciclo diverso da quello annuale delle stelle ordinarie; si sposta rispet
to alle altre stelle. Durante i periodi in cui è visibile, Venere attraversa
gradualmente le costellazioni dello zodiaco, per lo più spostandosi verso
est. Tuttavia, qualche giorno prima di finire il suo turno come stella della
sera, inverte il senso di marcia, per poi riprendere a spostarsi verso est
qualche giorno prima della sua comparsa mattutina.
Gli osservatori mesopotamici del III millennio a.C. sapevano che la
stella della sera e la stella del mattino erano lo stesso corpo celeste e lo
associarono con la dea chiamata Inana in Sumero e Ishtar in Accadico.2
Entro l'inizio del II millennio, avevano ormai identificato cinque stelle
speciali, che chiamarono bibbu, "pecore selvatiche": possiamo afferma
re con certezza che si trattava di Mercurio, Venere, Marte, Giove e Sa
turno, gli unici pianeti regolarmente visibili per un osservatore a occhio
nudo.3 Anche se tutti e cinque hanno un aspetto simile a quello di una
stella, Giove e Venere sono più luminosi degli altri e Marte tende ad
avere un caratteristico colore rossastro, in contrasto con le sfumature
biancastre e giallastre degli altri pianeti. Nonostante ciò, non è sempre
facile distinguerli solo in base al loro aspetto. Per questa ragione, i popo
li mesopotamici si affidarono sempre di più alla conoscenza dei cicli che
regolavano la loro scomparsa e ricomparsa. Ad esempio, un anonimo
studioso babilonese del II millennio a.C. ha registrato una serie di date
in cui Venere era apparsa o scomparsa, inserendole nel calendario babi
lonese. Le sue annotazioni iniziano così:4
Sole
Sole
Figura 7.3. Moto apparente di un pianeta esterno (B) visto dalla terra (A) in
prossimità della congiunzione. Oppure, moto apparente di un pianeta interno
(A) visto dalla terra (B) in prossimità della congiunzione superiore. Nel diagram
ma, le linee di vista (linee punteggiate) ruotano in senso antiorario e rappresen
tano il moto apparente diretto.
Sole
Figura 7.4. Moto apparente di un pianeta esterno (B) visto dalla terra (A) in prossi
mità dell'opposizione. Oppure, moto apparente di un pianeta interno (A) visto dal
la terra (B) in prossimità della congiunzione inferiore. Nel diagramma, le linee di vi
sta (linee punteggiate) ruotano in senso orario e rappresentano il moto retrogrado.
VAGABONDI CELESTI 203
Tabella 7. 1. Cicli sinodici dei pianeti. I fenomeni registrati dagli astronomi ba
bilonesi sono in grassetto.
varia a seconda della posizione che tale pianeta occupa nello zodiaco
rispetto a un osservatore terrestre. Questi elementi influiscono solo sulle
date della prima e dell'ultima comparsa del pianeta. Un'ultima causa di
irregolarità è rappresentata dal fatto che le orbite dei pianeti, terra inclu
sa, non sono cerchi il cui centro corrisponde al sole, ma ellissi con il sole
in corrispondenza di uno dei due fuochi; perciò, la velocità di un pianeta
non è costante, ma diminuisce con l'aumentare della distanza dal sole.
Queste considerazioni influiscono sulle date di tutti i fenomeni sinodici,
sempre a seconda della posizione apparente del pianeta nello zodiaco.
Di conseguenza, la durata di ogni periodo sinodico di un pianeta è
diversa da quella dei periodi precedenti e successivi. Inoltre, anche il nu
mero di giorni che intercorrono fra fenomeni sinodici diversi all'interno
di uno stesso periodo - ad esempio fra la prima comparsa mattutina e
la stazione mattutina - cambia da un periodo all'altro. Senza contare
che ogni pianeta si comporta in modo diverso. Ad esempio, Venere ha
un'orbita quasi circolare, come quella della terra: perciò, presi nel loro
insieme, i periodi di Venere sono quasi costanti, anche se l'inclinazione
della sua orbita causa ampie fluttuazioni nella durata dei suoi intervalli
di invisibilità. Le orbite di Marte e Mercurio sono meno circolari e pre
sentano un'eccentricità relativamente grande: di conseguenza, la durata
dei loro periodi sinodici è piuttosto variabile.
206 CAPITOLO 7
navigare, fare la sentinella e per quante altre attività si fanno di notte, du
rante il mese o l'anno, al fine di sapersi servire per esse di buone indicazioni,
conoscendo bene le fasi suddette. Ed era facile imparare questi insegnamenti
dai cacciatori notturni, dai piloti delle navi, da molti altri che si preoccupano
di sapere queste cose. Ma di studiare l'astronomia fino alla conoscenza dei
corpi celesti che non stanno nella medesima orbita, i pianeti e le stelle non
fisse, e sciupare il tempo per cercare le loro distanze dalla terra e i loro per
corsi e le cause di queste cose, lo sconsigliava con energia. Confessava infatti
di non riconoscere neanche in questo una qualche utilità.
Era solo per una questione di brevità che gli scrittori greci usavano il
nome del dio al posto del pianeta corrispondente, chiamando Mercurio
semplicemente "Hermes" e così via. Generalmente non identificavano
gli oggetti visibili in cielo con queste particolari divinità, anche se spesso
li definivano "divini" (theioi), se non direttamente "dei" (theoi). A par
tire dall'inizio del III secolo a.C., sia in sostituzione ai nomi teoforici, sia
in combinazione con essi, si iniziò a usare una diversa serie di nomi, che
descrivono il modo in cui ciascun pianeta appare alla vista (tabella 7.5).
Figura 7.5. Cosmologia planetaria corrispondente ai fusaioli del Fuso della Ne
cessità (vedi anche tabella 6 ) .
2 8 giallo 5 Saturno
4 3 rossastro 3 Marte
5 6 giallo 2 Mercurio
6 2 bianco 2 Venere
un unico elemento - ruota intorno alla terra da est a ovest (ossia in senso
orario per un osservatore che guardi verso sud), ma a velocità lievemente
diverse: le stelle sono quelle che si spostano più velocemente, mentre la
luna è la più lenta. Secondo l'interpretazione alternativa, tutti i corpi
celesti partecipano alla stessa rivoluzione cosmica, che è direttamente
osservabile nel sorgere e nel tramontare delle stelle, ma il sole, la luna e
i pianeti combinano questo moto più rapido con un altro più lento nel
senso opposto, da ovest a est: per un osservatore terrestre, questo se
condo moto corrisponde al loro spostamento più graduale rispetto allo
sfondo delle stelle. Secondo questo punto di vista, la luna è la più veloce
e Sa'turno il più lento, mentre le stelle non sono dotate di alcun movi
mento indipendente. Questo è anche il modo in cui Platone descrive il
moto dei fusaioli.
Pertanto, Platone scompone i cicli apparenti che determinano il sor
gere e il tramontare dei pianeti in una rapida rivoluzione dell'intero
cosmo intorno alla terra e una lenta rivoluzione individuale di ciascun
pianeta: questa prospettiva può essere facilmente adeguata alla perce
zione moderna del sistema solare. Se pensiamo che la terra abbia una
posizione fissa, la rivoluzione cosmica non è altro che il modo in cui
percepiamo la rotazione della terra sul suo asse. Una rivoluzione com
pleta richiede circa 23 ore e 56 minuti (questo è l'intervallo di tempo che
separa il sorgere di una stella dal successivo). Il movimento della luna
2 16 CAPITOLO 7
rispetto alle stelle corrisponde alla sua orbita intorno alla terra, che viene
completata in circa 27 giorni e 8 ore. Se continuiamo a immaginare che
la terra abbia una posizione fissa, il moto del sole non è altro che il modo
in cui percepiamo l'orbita della terra intorno al sole. Come nel caso dei
periodi sinodici, le rivoluzioni dei pianeti interni rispetto alle stelle non
hanno lo stesso andamento di quelle dei pianeti esterni. Noi vediamo
l'orbita di un pianeta esterno più o meno come se ci trovassimo sul sole,
se si eccettua il fatto che l'orbita della terra oscilla rispetto al sole; in ogni
caso, l'entità di tale oscillazione è trascurabile in confronto all'orbita del
pianeta. Di conseguenza, la rivoluzione di un pianeta esterno corrispon
de in media al suo periodo orbitale: circa 30 giorni per Saturno, 12 per
Giove e poco più di due per Marte. D'altro canto, percepiamo l'orbita
di un pianeta interno come un moto oscillatorio che ha una velocità al
ternativamente superiore e inferiore rispetto al sole, pur non riuscendo
mai a superare una certa elongazione limite rispetto a esso. Perciò, la
rivoluzione di un pianeta interno ha una durata media pari a quella del
sole (ossia, un anno solare). Gli antichi lettori di Platone non avevano
certo in mente il sistema solare moderno, ma dovevano conoscere alcuni
fatti basilari facilmente osservabili ed erano quindi in grado di ricono
scere l'abbinamento fra i fusaioli di Platone e i corpi celesti: quello della
luna è il più veloce nel suo moto contrario, quelli del sole, di Venere e di
Mercurio si muovono tutti alla stessa velocità media, mentre quelli dei
tre pianeti restanti - nell'ordine, Marte, Giove e Saturno - sono più lenti.
Non sarà sfuggito che nella descrizione del Fuso della Necessità non
compare alcun accenno ai periodi sinodici. Si dice semplicemente che i
fusaioli corrispondenti ai pianeti, così come quelli del sole e della luna,
ruotano "nella direzione opposta rispetto al tutto", come se le stazioni e
il movimento retrogrado non esistessero affatto. È possibile che, quando
descrive il modo in cui le Moire mettono in moto i fusaioli con un mo
vimento intermittente della loro mano destra o sinistra, Platone inten
da alludere a una qualche variazione di velocità. Se così fosse, avrebbe
scelto un modo abbastanza oscuro per trasmettere il proprio messaggio.
L'idea che i corpi celesti si trovino tutti a diverse distanze dalla terra è
tipica della cosmologia greca. C'erano prove empiriche evidenti del fatto
che la luna è più vicina a noi rispetto agli altri corpi celesti: la si vedeva
transitare spesso davanti alle stelle e più raramente davanti ai pianeti. Sen
za poi contare che ai tempi di Platone si era ormai stabilito che le eclissi
solari erano causate dal passaggio della luna fra il sole e la terra. Se si
lascia da parte la posizione della luna, l'ordine delle distanze suggerito dai
fusaioli di Platone si basava su un assunto che, pur non fondato su prove
VAGABONDI CELESTI 217
in cui il destino del cosmo stesso e dei suoi abitanti sono controllati dalle
Moire. La relazione fra un modello del cosmo e il cosmo vero e proprio
è caratterizzata da una forte ambiguità: un modello costruito dall'uomo
sarebbe un'imitazione imperfetta del cosmo osservabile, ma nel raccon
to mitico di Platone è il nostro cosmo a imitare un modello. La stessa
idea compare in alcuni sarcofagi romani su cui sono scolpite delle Moire
dotate di meridiana e sfera celeste: non si trattava di strumenti per l'os
servazione, ma di oggetti metaforici che simboleggiavano il controllo sul
destino dell'individuo e sul momento della sua morte.19
In epoche successive, i lettori della Repubblica furono particolarmen
te interessati alla possibilità di collegare il racconto di Platone a qualche
costruzione tangibile realizzata dall'uomo. Teone di Smirne, il filosofo
platonico dell'inizio del II secolo a.C. che abbiamo incontrato rapida
mente nel capitolo 5, ci dice di aver costruito un modello fisico (sphairo
poiia) del Fuso della Necessità per usarlo come strumento didattico.20 Il
De re publica di Cicerone si conclude con il Sogno di Scipione - delibera
tamente ispirato al Mito di Er - in cui Scipione Emiliano ha la possibilità
di osservare le sfere del cosmo reale durante un sogno. Questa storia,
però, è abilmente bilanciata da un altro racconto (capitolo 6): all'inizio
dell'opera, si descrive la dimostrazione a casa di Marcello del funziona
mento della straordinaria sphaera meccanica di Archimede.
Il Sogno di Scipione (Somnium Scipionis) acquistò vita propria sot
to forma di testo autonomo accompagnato dal commento di Macrobio
(V secolo d.C.). A dire il vero, per lungo tempo fu l'unica parte del De
re publica nota ai lettori moderni, fino a che, nel 1 8 1 9, Angelo Mai
non scoprì un codice palinsesto della Biblioteca Vaticana che conserva
va buona parte del dialogo. In alcuni manoscritti medievali la sezione
del Sogno dedicata alle sfere celesti è accompagnata da un diagramma
che rappresenta una sezione trasversale del cosmo ciceroniano: la terra
è al centro ed è circondata da sette anelli destinati al sole, alla luna e ai
pianeti, a propria volta circondati da un anello più esterno in cui sono ri
portati i nomi dei 1 2 segni zodiacali (figura 7.6). Diagrammi simili com
paiono in numerosi manoscritti greci di epoca bizantina: ad esempio,
servono a dimostrare l'evidente falsità della cosmologia "pagana" in al
cune copie della Topografia cristiana di Cosma Indicopleuste - uno dei
pochi autentici terrappiattisti del Medioevo (figura 7.7). Anche se non
conosciamo nessun esempio che risalga a prima della tarda antichità,
simili rappresentazioni visive del sistema planetario devono essere state
frequentemente utilizzate nell'insegnamento dell'astronomia elementare
già in epoca ellenistica.
VAGABO N D I CELESTI 219
Non ci viene però detto come venissero mostrati i movimenti dei pianeti,
né se fossero in qualche modo rappresentati i rapporti fra le distanze
che li separavano l'uno dall'altro e dalla terra. Anche l'uso della paro
la sphaera lascia aperta la questione della forma di questi dispositivi.
Letteralmente il termine significa "sfera", ma dobbiamo necessariamen
te dedurne che le sphaerae meccaniche avevano la forma di un globo?
Oppure il termine aveva un valore metaforico e stava a indicare che si
trattava piuttosto di rappresentazioni della sfera cosmica?
Si potrebbe essere tentati di concludere che l'unico significato pos
sibile del termine sphaera sia quello metaforico, perché costruire un
planetario di forma sferica doveva essere estremamente difficile, se non
impossibile, da un punto di vista tecnico. Tuttavia, Michael Wright ha
confutato questa idea costruendo un ingegnoso prototipo meccanico in
castonato in un guscio sferico di metallo che rappresenta la sfera celeste
e le sue costellazioni. Ruotando la sfera in modo da simulare la sua
rivoluzione giornaliera intorno alla terra, si mettono in funzione degli
ingranaggi nascosti. Questi ultimi attivano un sistema di lancette, collo
cate a filo con la superficie e fissate a uno dei poli dell'eclittica, le quali
simulano il movimento del sole, della luna e dei pianeti attraverso lo
222 CAPITOLO 7
[Il meccanismo] deve aver reso visibile il movimento delle stelle; deve
aver mostrato come, durante il corso dell'anno, il movimento del sole
faccia sì che le stelle sorgano al di sopra dell'orizzonte o tramontino sotto
di esso anche a diverse ore del giorno; deve anche aver mostrato come i
pianeti transitino attraverso il cielo stellato, talvolta precedendo il sole,
talaltra rimanendo indietro.
più esterna, quella delle stelle fisse. Subito dopo la descrizione delle lan
cette planetarie, sull'iscrizione compariva la parola "cosmos", anche se,
sfortunatamente, il contesto è piuttosto frammentario.
Apollonia prevedeva solo due moti circolari uniformi: il centro del moto
primario del pianeta era la terra; il moto secondario consisteva nella
rivoluzione del pianeta attorno a un punto che a propria volta ruotava
intorno alla terra, proprio come nelle due ipotesi formulate da Ipparco
a proposito della luna. La velocità dei due moti circolari poteva essere
ricavata direttamente da qualsiasi periodo di ricorrenza fosse stato as
sunto per i periodi sinodici del pianeta. L'altro valore che permetteva di
determinare l'andamento dell'ipotesi era il rapporto fra i raggi dei due
moti circolari.
Il teorema di Apollonia mostrava che, una volta ottenuti dati precisi
per tutti e tre i parametri, era possibile calcolare la durata degli inter
valli di tempo che intercorrevano fra le congiunzioni e le stazioni di un
pianeta. Nel caso di un pianeta esterno, si potevano calcolare anche gli
intervalli fra due opposizioni rispetto al sole. Quanto ai pianeti inter
ni, c'era un metodo geometrico semplice per calcolare le date delle loro
elongazioni massime. D'altro canto, le date della prima e dell'ultima
comparsa e del sorgere acronico non possono essere calcolate solo a par
tire dall'ipotesi e dai suoi parametri: in questo caso, infatti, entrano in
gioco anche fattori ottici. Perciò, se si descrive il periodo sinodico di un
pianeta in base a un'ipotesi epiciclica o eccentrica, si presta attenzione
a una serie di fenomeni sinodici ben diversi rispetto a quelli considerati
importanti dall'astronomia babilonese.
A differenza delle ipotesi di Eudosso, che erano costituite solo da
moti sferici concentrici, le ipotesi epiciclica ed eccentrica possono fornire
prime approssimazioni soddisfacenti del percorso dei pianeti, se si con
sidera la terra come il punto di riferimento fisso del sistema planetario.
Consideriamo in primo luogo un pianeta interno come Venere e immagi
niamo ancora una volta che le orbite di Venere e della terra siano cerchi
perfetti il cui centro è il sole (figura 7.8a). Ora, se al sole sostituiamo la
terra come punto di riferimento fisso dei moti relativi, adesso è il sole a
orbitare intorno alla terra, mentre Venere orbita intorno al sole (figura
7.8b): in questo sistema geocentrico, il rapporto fra il raggio dell'orbita
di Venere e quello dell'orbita del sole è identico al rapporto fra il raggio
dell'orbita di Venere e quello dell'orbita della terra nel sistema eliocen
trico. Siccome un osservatore a occhio nudo può determinare solo le di
rezioni dei corpi celesti e non le loro distanze, possiamo separare il moto
di Venere da quello del sole riducendo le dimensioni assolute dei due
cerchi che costituiscono il moto di Venere in modo tale che si trovino
interamente all'interno dell'orbita del sole: otteniamo così una semplice
ipotesi epiciclica (figura 7.8c). Da questo ragionamento si capisce imme-
234 CAPITOLO 7
Marte
metodi mostrano chiaramente che gli intervalli di tempo e di moto fra fe
nomeni sinodici sono variabili. Gli algoritmi babilonesi erano fondati su
sequenze aritmetiche adeguate a schemi di date e posizioni determinati
in modo empirico; pertanto, sarebbe stato difficile "tradurle" in ipotesi
costruite a partire da moti circolari. Tolomeo ci dice che, dopo lpparco,
alcuni studiosi di cui non viene citato il nome cercarono di costruire teo
rie planetarie geometriche che rendessero conto dell'anomalia zodiacale,
ad esempio tramite l'introduzione del concetto di eccentricità all'interno
di un'ipotesi epiciclica. Ma non sappiamo come simili progressi si siano
sviluppati. I tre secoli di ricerca astronomica che separano l'epoca di
lpparco da quella di Tolomeo ci sono quasi completamente sconosciu
ti. A quanto ne sappiamo, le ipotesi presentate nell'A lmagesto rappre
sentano il culmine della teoria planetaria greca: il problema del moto
planetario, per com'era compreso all'epoca, viene essenzialmente risolto
tramite una combinazione economica di epicicli e orbite eccentriche. A
questo si aggiunge una sottile ridefinizione del moto circolare uniforme,
che conduce a una buona approssimazione della seconda legge del moto
planetario di Keplero, secondo cui il raggio vettore che congiunge un
pianeta al sole spazza aree uguali in tempi uguali.46
gione, un'ampia porzione di questa lastra era saldata alla parte anteriore
del frammento C quando fu scoperta per la prima volta nel 1 902. Nel
1 905, in occasione della prima operazione di restauro dei frammenti,
lo strato di concrezione che ricopriva la lastra del coperchio anteriore,
nonché i resti della lastra stessa, furono separati pezzo per pezzo dal
frammento C. Buona parte della lastra fu poi nuovamente assemblata
a formare quello che ora conosciamo come frammento G. Oltre a ciò,
disponiamo anche di due frammenti separati della lastra e di numerosi
frammenti dello strato di concrezione, i quali conservano impressioni
speculari dei caratteri iscritti. I termini che si riferivano alle stazioni e
alle retrogradazioni scoperti da Rehm e da Price si trovano proprio su
alcuni di questi frammenti. Nella maggior parte dei casi, però, i resti
deii'ICA sono molto più corrosi rispetto alle altre iscrizioni del mecca
nismo e la ricostruzione del testo, che presenta lacune frustranti, è stata
particolarmente impegnativa.
Ne è emersa una descrizione dei periodi sinodici dei pianeti: si tratta
della testimonianza più dettagliata sulla teoria planetaria greca di cui
disponiamo per l'intero intervallo di tempo che separa Eudosso da To
lomeo. È probabile che, in origine, l'iscrizione si riferisse anche al sole e
alla luna, ma le 42 linee di testo superstiti appartengono a una serie di
sezioni che prendono in considerazione, uno dopo l'altro, i cinque piane
ti, secondo l'ordine seguente: Mercurio, Venere, Marre, Giove e Saturno
- si tratta dello stesso ordine in cui compaiono anche neii'ICP, ma senza
l'inserimento del sole fra Venere e Marre. Quello che l'iscrizione dice
a proposito di ciascun pianeta ha evidentemente lo scopo di descrivere
la dimostrazione cui l'osservatore avrebbe assistito una volta aziona
to il meccanismo. D'altronde, non avrebbe avuto alcun senso indurre
lo spettatore ad aspettarsi cose che il meccanismo non sarebbe stato in
grado di fare. Perciò, pur non dicendo nulla sulla struttura interna del
meccanismo, l'iscrizione fornisce informazioni preziose sia riguardo al
modo in cui il progettista percepiva il moto dei pianeti, sia riguardo ai
congegni meccanici con cui ha cercato di riprodurre i relativi fenomeni
sul quadrante anteriore.
Ogni sezione iniziava con il nome descrittivo del pianeta interessato
(a quanto pare, il nome teoforico era regolarmente omesso); veniva poi
citata una relazione periodica che stabiliva equivalenze fra numeri interi
di periodi sinodici, anni solari e rivoluzioni dei pianeti intorno allo zo
diaco; al termine di ciascuna sezione compariva una stima in giorni della
durata approssimativa del periodo sinodico. Nessuno dei numeri relativi
alla durata dei periodi sinodici si è conservato per intero: possiamo leg-
VAGABONDI CELESTI 239
gere solo la prima cifra (500) del periodo di Venere. Non si tratta però di
una grande perdita, dal momento che, con ogni probabilità, queste cifre
venivano derivate dalla relazione periodica per essere poi arrotondate
al numero intero più vicino, talvolta preceduto da espressioni quali "un
po' più di" o "un po' meno di" . Qualsiasi relazione periodica accetta
bile, persino una relazione piuttosto rozza come quelle del periodo del
Goal-Year babilonese, avrebbe dato lo stesso risultato. Possiamo quindi
affermare con certezza che i dati presenti nell'iscrizione corrispondono a
quelli riportati nella tabella 7.7. Vale la pena notare che il testo presenta
questi periodi come se fossero delle costanti.
Per quanto riguarda le relazioni periodiche, solo due numeri sono leggi
bili: 462 nella sezione relativa a Venere e 442 in quella relativa a Satur
no. Per fortuna, questi numeri sono sufficienti per ricostruire le relazioni
periodiche complete di questi due pianeti:
289 periodi sinodici di Venere = 462 anni solari = 462 rivoluzioni zodiacali
427 periodi sinodici di Saturno = 442 anni solari = 15 rivoluzioni zodiacali
periodiche ACT fossero note agli scienziati greci già all'inizio del I secolo
a.C. Anche se non abbiamo altre prove a sostegno di questa ipotesi, si
tratta di uno scenario tutt'altro che inverosimile. Tuttavia, la relazione
di Saturno non può essere spiegata in questo modo, visto che la relazione
ACT per questo pianeta si presta perfettamente a essere rappresentata
da un sistema di ingranaggi. Di conseguenza, l'iscrizione dimostra che
gli astronomi greci erano impegnati in una linea di ricerca indipendente
volta a raffinare le periodicità dei pianeti, una ricerca di cui non sa
premmo nulla, se non fosse per il meccanismo. Il fatto che quest'ultimo
fosse programmato in base a relazioni periodiche così raffinate implica
che, indipendentemente dalle possibili imprecisioni a breve termine, la
rappresentazione dei cicli che regolavano il moto dei pianeti avrebbe
mantenuto un allineamento corretto per un intervallo di diversi secoli.
Il resto di ciascuna sezione deii'ICA consiste in una descrizione del
periodo sinodico del pianeta interessato. Viene indicata la durata in gior
ni degli intervalli fra i fenomeni sinodici (anche in questo caso trattati
come costanti), insieme alla direzione in cui il pianeta si sposta durante
ogni intervallo; per i pianeti interni, viene anche detto se lo spostamento
generi un allontanamento o un avvicinamento rispetto al sole. I fenome
ni elencati per i pianeti interni includono le congiunzioni, le elongazioni
massime e le stazioni; quelli relativi ai pianeti esterni includono la con
giunzione, le stazioni e le opposizioni. Nel testo conservato non compare
alcuna menzione della prima e dell'ultima comparsa dei pianeti. Tutto
sommato, il trattamento dei periodi sinodici è piuttosto diverso rispetto
a quello dell'astronomia babilonese e sembra riconducibile a semplici
ipotesi epicicliche o eccentriche.
Si possono ancora leggere molte delle cifre che indicano il numero di
giorni intercorrenti fra fenomeni sinodici: questi dati sono in perfetto ac
cordo con gli intervalli che si ricaverebbero dalle ipotesi epiciclica o ec
centrica presupponendo un rapporto astronomicamente appropriato fra
i raggi dei moti circolari coinvolti. Per quanto riguarda Venere, l'iscrizio
ne indica 224 giorni per gli intervalli fra la congiunzione superiore e le
elongazioni massime e 68 giorni per i restanti intervalli fra le elongazioni
massime e la congiunzione inferiore. Calcoli fondati su un rapporto pre
ciso derivante da teorie moderne danno come risultato 221 giorni e 7 1
giorni rispettivamente {p. 202). Per quanto riguarda Marte, l'iscrizione
indica 349 giorni fra congiunzione e stazione e 82 giorni per la retro
gradazione fra stazioni, cifre perfettamente in linea con i valori corretti,
che ammontano rispettivamente a 354 e 72 giorni {p. 203). Quanto a
Giove, i 1 3 9 giorni segnalati dall'iscrizione per l'intervallo fra congiun-
VAGABONDI CELESTI 241
Figura 8 .2. L'albero tubolare permette a due alberi di avere moti diversi, pur
condividendo lo stesso asse.
248 CAPITOLO 8
te dal lato del meccanismo, mentre l'altro faceva ruotare la piccola sfera
che rappresentava le fasi lunari sul quadrante anteriore.
I denti degli ingranaggi del meccanismo di Anticitera hanno forma trian
golare, quasi a costituire una serie di triangoli equilateri. I pochi meccani
smi dotati di ingranaggi che ci sono stati tramandati dalla tarda antichità
(ad esempio una meridiana meccanica portatile di epoca bizantina, risalen
te al V o VI d.C. e conservata presso il Museo della Scienza di Londra) o
dal Medioevo islamico (ad esempio l'astrolabio meccanico di Muhammad
b. Abi Bakr, risalente al 1221/1222 d.C. e conservato presso il Museo della
Storia della Scienza di Oxford) hanno denti dalla forma simile. Anche i dia
grammi degli antichi testi meccanici conservati dai manoscritti medievali
rappresentano i denti degli ingranaggi come degli oggetti dalla forma trian
golare.5 Si tratta però di una forma tutt'altro che ideale: se gli ingranaggi
innestati sono troppo vicini, si possono inceppare, mentre se sono troppo
lontani, le loro prestazioni risultano discontinue, senza contare che non c'è
sufficiente contatto per la trasmissione della forza motrice.
Quando gli ingranaggi dentati si innestano, il rapporto fra i loro pe
riodi di rotazione non è più determinato dai loro raggi, ma equivale al
rapporto fra il numero dei loro denti, che deve necessariamente essere un
rapporto fra numeri interi. Poiché i denti dei due ingranaggi devono avere
più o meno le stesse dimensioni per potersi incastrare in modo efficace,
questo rapporto sarà quasi uguale al rapporto fra i raggi, anche se con un
certo margine di differenza. Per poter esprimere dei problemi astronomici
tramite un sistema di ingranaggi è quindi necessario trovare delle combi
nazioni di rapporti fra numeri interi che, se moltiplicate, rappresentino
Figura 8.8. Vista esplosa degli ingranaggi che attivano i quadranti calendrici e
i dispositivi di visualizzazione dei fenomeni solari e lunari. La lastra dì base è
rappresentata dal rettangolo trasparente al centro. Gli ingranaggi in grigio scu
ro si sono conservati almeno in parte, mentre quelli in grigio chiaro sono stati
integrati per completare i treni. Essendo il risultato di congetture, il quadrante
callippìco e i quattro ingranaggi che avrebbero dovuto attivarlo sono stati omes
si (immagine e copyright di M.G. Edmunds) .
INGRANAGGI NASCOSTI 255
bi
Figura 8.9. Gli ingranaggi del frammento A situati davanti alla lastra d i base,
rappresentati come se visti dal retro. Le sfumature più chiare di grigio sono riser
vate agli ingranaggi più vicini alla lastra di base.
Figura 8 . 1 0. Gli ingranaggi del frammento A situati dietro alla lastra di base,
rappresentati come se visti dal retro. In questo diagramma non compaiono e5,
e6 e k2, per cui si veda la figura 8.16. Le sfumature più chiare di grigio sono
riservate agli ingranaggi più vicini alla lastra di base.
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Figura 8.13. Treno di ingranaggi delle lancette del quadrante dei Giochi e del
quadrante callippico.
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Figura 8.15. Treno di ingranaggi che conduce alla lancetta del quadrante del
l' Exeligmos.
Il differenziale
In un meccanismo a ingranaggi, due velocità di rotazione possono essere
sommate, ma è anche possibile sottrarle una all'altra tramite un apparec
chio chiamato "differenziale". Nella letteratura meccanica antica, però,
questo dispositivo non viene mai menzionato. Price credeva di aver identi
ficato un differenziale in un sistema di ingranaggi montato sugli ingranag
gi congiunti e3-e4. 8 Secondo la sua ricostruzione, i movimenti in ingresso
di questo dispositivo erano costituiti dalle rotazioni che rappresentavano
il moto medio del sole e della luna attraverso lo zodiaco. Il movimento in
uscita sarebbe stato pari alla differenza fra questi due movimenti in in
gresso e sarebbe dovuto corrispondere al moto relativo della luna rispetto
al sole, in base a cui si misura la fase corrente del mese lunare. Tuttavia,
Wright ha dimostrato che la ricostruzione di Price era errata.9
Eppure, nel meccanismo c'era un sistema differenziale e la sua fun
zione era proprio quella di sottrarre il moto del sole a quello della luna.
Grazie a un ulteriore colpo di fortuna, fu proprio Wright a identificarlo
per primo. 10 Questo dispositivo non è altro che il sistema con cui veniva
fatta ruotare la sfera che mostrava le fasi lunari sul pannello anteriore,
già menzionata nel capitolo 5. Come abbiamo visto in quella sede, sono
state presentate due ipotesi contrapposte per ricostruire il dispositivo di
visualizzazione delle fasi lunari. Quella di Wright è più economica, ma
si basa sul presupposto che la posizione attuale di un elemento chiave
(l'ingranaggio a dentatura frontale che si trova sul frammento C) vada
INGRANAGGI NASCOSTI 263
bl
Figura 8 . 1 9. I l dispositivo per l'anomalia lunare, visto dal retro. Gli ingranaggi
k l e k2 sono montati su e3 ed e4, con cui formano un sistema epicicloidale.
268 CAPITOLO 8
gli ingranaggi s' e s" ruotano in senso orario con un periodo pari a
59157 anni solari, il che, in base alla relazione periodica adottata, cor
risponde al periodo sinodico di Saturno. Dal canto suo, b" condivide
questo stesso periodo di rotazione, ma si sposta in senso antiorario.
Questa rotazione è leggermente più lenta rispetto al moto medio del
sole. Nell'ambito del sistema di riferimento stazionario rappresentato
dal meccanismo, la rotazione di s", che è stata sottratta dal moto medio
del sole, rappresenta la velocità media del lento moto di Saturno, con
un periodo di 59/2 anni.
Rispetto al piano di riferimento rappresentato da h l , la coppia di in
granaggi s'-s" ruota con il periodo sinodico di Saturno. Di conseguenza,
se questi due ingranaggi non fossero accoppiati tramite un comune albe
ro, ma attraverso un perno collocato su s' e inserito in una scanalatura
su s", nella rotazione di s" e b" si introdurrebbe un'anomalia, capace di
riprodurre il comportamento di un'ipotesi eccentrica o epiciclica. L'effet
to è così evidente che, sempre adottando hl come piano di riferimento,
la velocità della rotazione antioraria di b" risulta avere un periodo leg
germente inferiore rispetto alla rotazione in senso orario del moto medio
del sole: di conseguenza, nel nostro quadro di riferimento stazionario,
b" ruota alternativamente in senso orario e antiorario, rappresentando
l'alternanza di moto diretto e retrogrado che caratterizza il transito di
Saturno attraverso lo zodiaco.
Grazie all'ICA (capitolo 7), adesso sappiamo che il meccanismo
adottava la seguente relazione periodica per Saturno:
442 anni solari = 427 cicli sinodici = 15 rivoluzioni di Saturno intorno
allo zodiaco
della corrosione. Alcuni dettagli sono andati persi anche in seguito alle
prime fasi di restauro e di pulizia dei frammenti. D'altro canto, però, una
serie di strumenti per la lavorazione del metallo conservatisi fino a noi,
insieme ad alcuni esempi di lavorazione del metallo visibili su manufatti
meglio preservati, ci danno un'idea piuttosto chiara delle risorse disponi
bili in un laboratorio di tarda età ellenistica o di epoca romana. In base
a questi elementi e alla propria esperienza nella costruzione di modelli
funzionanti, Wright ha dimostrato che la progettazione e la costruzione
delle componenti del meccanismo rientravano perfettamente nelle com
petenze ordinarie di un laboratorio antico.23
Per la realizzazione dei pannelli anteriore e posteriore, della lastra di
base su cui erano montati gli ingranaggi, dei cosiddetti coperchi iscritti
e di altre componenti statiche era stata utilizzata una lastra metallica.
Secondo Wright, lo spessore medio era di 1 ,5 mm circa, con la sola ecce
zione della lastra di base, che era considerevolmente più spessa. 24 Le altre
componenti, come ad esempio gli alberi, potrebbero essere state intaglia
te o colate a partire da pezzi di metallo più grandi. Nel 1958, Price ot
tenne il permesso di prelevare dei piccoli campioni da un insieme di pezzi
sbriciolati, costituiti prevalentemente dai prodotti della corrosione metal
lica e conservati in una delle scatole di cartone che all'epoca servivano a
custodire i frammenti. È probabile che queste briciole metalliche prove
nissero soprattutto dalle lastre.25 Le analisi chimiche condotte da Earle
Caley dell'Università statale dell'Ohio e le analisi spettrografiche realizza
te da Ciril Smith dell'Istituto per lo Studio dei Metalli presso l'Università
di Chicago hanno stabilito che i campioni erano costituiti essenzialmente
da rame con una piccola percentuale di stagno (probabilmente meno del
10% ) , cui si aggiungevano altri metalli in quantità trascura bili: in altre
parole, si trattava di bronzo a basso contenuto di stagno. 26 Secondo Ca
ley, l'assenza di quantità significative di piombo nella lega indicherebbe
che il manufatto fu costruito ben prima del I secolo a.C.: in effetti nella
tarda età ellenistica e in epoca romana si usava prevalentemente il bronzo
piombato. Tuttavia, il piombo era usato principalmente per migliorare le
proprietà di fusione del bronzo; pertanto, anche nell'antichità più tarda,
gli oggetti realizzati con lastre di metallo continuarono a essere costruiti
usando bronzo non piombato, che era meno fragile e quindi più adatto a
essere martellato. La composizione della lamina metallica con cui furono
prodotte le componenti in forma di lastra del meccanismo fu probabil
mente scelta per la sua durabilità meccanica e per la sua lavorabilità.
Nelle radiografie e nella tomografia computerizzata, alcune compo
nenti dei frammenti più grandi si rivelano essere molto più radiodense
274 CAPITOLO 8
Imperfezioni e imprecisioni
Quando ci interroghiamo sulla precisione del meccanismo in quanto
calcolatore astronomico, non facciamo altro che condensare una serie
di domande diverse: quali errori sarebbero potuti derivare dalle imper
fezioni insite nella fabbricazione del dispositivo ? Se tralasciamo tali im
perfezioni, fino a che punto il progetto del dispositivo rappresentava le
conoscenze astronomiche dell'epoca? E fino a che punto le conoscenze
contemporanee rispecchiavano la realtà dei fenomeni celesti ?
La più evidente delle imperfezioni legate alla fabbricazione avrebbe
potuto essere la difficoltà di dividere i cerchi in frazioni di arco uguali,
un'operazione necessaria sia per l'incisione delle tacche sulle scale gra
duate dei quadranti, sia per la realizzazione dei denti degli ingranaggi.
Possiamo prendere come esempio la divisione della scala del calendario
egizio in 365 archi (apparentemente) uguali, ciascuno dei quali rappre
sentava uno dei giorni che costituivano l'anno del calendario egizio. An
che se il frammento C conserva soltanto un quinto della scala graduata
ad anello, possiamo dare per scontato che il costruttore del meccanismo
si fosse assicurato che la scala comprendesse un totale di 3 65 tacche; per
dirlo altrimenti, non devono essersi verificati errori sistematici nel posi
zionamento dei segni divisori all'interno del cerchio nel suo complesso.
È però possibile che tali errori sistematici interessassero porzioni più
ampie della scala: ad esempio, avrebbero potuto derivare da imprecisio
ni commesse al momento della prima divisione geometrica del cerchio
in metà, in quarti o in sesti. Per noi è difficile valutare errori di tal genere
a causa della condizione frammentaria e distorta dei resti. Tuttavia, sic
come queste ampie ripartizioni di un cerchio sono facili da stabilire e da
verificare, è probabile che si trattasse di errori di piccola entità.
È però possibile stimare la portata degli errori casuali che interessano
le singole suddivisioni. Nel caso della scala del calendario egizio (e lo
stesso vale per la scala dello zodiaco), la deviazione standard fra gli ar
chi compresi tra tacche consecutive ammonta a circa 1/w di grado: perciò,
la data indicata dalla lancetta subirà uno sfasamento casuale pari a 1/10
276 CAPITOLO 8
Figura 8.22. Gioco fra due ingranaggi innestati. Il contorno nero dell'ingranaggio
di sinistra mostra la posizione che esso assume quando fa ruotare"l'ingranaggio di
destra in senso orario; il contorno grigio mostra la posizione che assume quando
fa ruotare l'ingranaggio di destra in senso antiorario. L'ingranaggio di sinistra
p uò muoversi liberamente fra queste due posizioni senza spostare l'ingranaggio
di destra.
278 CAPITOLO 8
Tabella 8.1. Confronto fra diversi valori antichi per i periodi sinodici medi e il
mese anomalistico, espressi in anni solari. I dati tratti da Tolomeo e dalle teorie
moderne (validi per il 2000 d.C.) sono espressi in anni siderali.
Tabella 8.2. Confronto fra diversi valori antichi per i periodi medi della rivoluzio
ne zodiacale, espressi in anni solari. I dati tratti da Tolomeo e dalle teorie moderne
(validi per il 2000 d.C.) sono espressi in anni siderali. Il periodo zodiacale medio
di Venere è stato omesso, visto che corrisponde esattamente ad un anno solare.
rispetto a quelli derivanti dal ciclo di 1 9 anni e dal Saros; con ogni pro
babilità, questi dati provenivano dai testi astronomici cuneiformi (ACT)
babilonesi.34 Tuttavia, come abbiamo visto nel capitolo 6, Tolomeo di
chiara anche che alcuni astronomi venuti dopo Ipparco continuarono a
considerare corretto il Saros. È possibile che il progettista del meccani
smo fosse consapevole che le relazioni periodiche alla base degli ingra
naggi lunisolari, per quanto adatte a essere rappresentate in modo mec
canico, non fossero le migliori fra quelle disponibili. Ritengo tuttavia
improbabile che fosse a conoscenza del lavoro di lpparco. Similmente, il
fatto che la lunghezza dell'anno solare e la precessione non riflettano in
alcun modo le ricerche di Ipparco potrebbe derivare o da ignoranza o da
una semplificazione intenzionale.
Per quanto riguarda la gestione del moto non uniforme, è possibile
che il meccanismo rappresentasse in modo ragionevolmente fedele le ac
quisizioni dell'astronomia geometrica greca contemporanea. Il dispositi
vo a perno e scanalatura dell'anomalia lunare aveva un sistema di ingra
naggi che rispecchiava le ipotesi epiciclica ed eccentrica semplici con cui
lavorava Ipparco. Inoltre, la gamma di variazioni di velocità generata da
questo dispositivo si avvicinava all'ideale per una teoria che prendeva in
considerazione una singola anomalia: gli errori di posizione che ne risul
tavano erano infatti dell'ordine di un grado. Non contemplando alcuna
possibilità di variazione, anche le descrizioni dei cicli sinodici planetari
sull'ICA implicano che i sistemi di ingranaggi dedicati a ciascun pianeta
altro non erano che la controparte di un'ipotesi eccentrica o epiciclica
semplice. Secondo Tolomeo, pur avendo dimostrato che le ipotesi ba
sate su una sola anomalia non riuscivano a spiegare l'andamento del
moto osservabile dei pianeti, Ipparco non fu in grado di presentare una
soluzione alternativa. Le teorie planetarie di grande successo presentate
nell'Almagesto si fondano sia sulla combinazione dei concetti di epiciclo
e di orbita eccentrica, sia su una nuova e sofisticata definizione del moto
circolare uniforme, nozioni che avrebbero dovuto rappresentare le fon
damenta delle ipotesi astronomiche; tuttavia, è altamente probabile che
queste innovazioni risalissero a un'epoca decisamente posteriore rispetto
a lpparco. Quanto al meccanismo, è inevitabile che i dispositivi volti a
mostrare le posizioni dei pianeti nello zodiaco fossero soggetti a errori
significativi, soprattutto per quanto riguarda Marte e Mercurio, le cui
orbite intorno al sole sono meno circolari di quelle degli altri pianeti. Nel
caso di Marte, gli errori dovevano essere dell'ordine dei 30°_35
In qualità di simulatore qualitativo dei moti celesti, il meccanismo
doveva essere davvero impressionante; tuttavia, in quanto calcolatore
INGRANAGGI NASCOSTI 281
Progettare il meccanismo
Gli antichi autori che si erano occupati di tecnologia meccanica erano
ben coscienti della tensione fra i suoi aspetti teorici e pratici. Per dirlo
con le parole del matematico Pappo di Alessandria (circa 300 d.C.):36
troppo miniaturizzato e troppo raffinato per essere il primo nel suo gene
re. È tuttavia possibile che, una volta scoperte le idee chiave che stanno
dietro al funzionamento del meccanismo, un'intensa campagna di speri
mentazione abbia condotto a realizzare il dispositivo nella forma in cui
è giunto fino a noi, forse nel giro di un'unica generazione e nell'ambito
di un solo laboratorio.
Probabilmente, i primi meccanismi astronomici a ingranaggi impie
gavano esclusivamente una serie di treni di ingranaggi ramificati per
trasformare un movimento di ingresso uniforme in movimenti di uscita
diversi, ma ugualmente uniformi, visibili su quadranti separati, proprio
come accade con i quadranti posteriori del meccanismo. Un dispositivo
in cui si vedono il sole e la luna ruotare intorno alla terra con moto uni
forme e secondo rapporti adeguati avrebbe rappresentato un progresso
notevole: da una semplice illustrazione schematica di movimenti, simile
a quella dell'odometro, si sarebbe passati a un vero e proprio realismo
visivo. Per ottenere questo risultato, sarebbero stati necessari degli alberi
tubolari e, se si intendeva mostrare le fasi della luna, degli ingranaggi a
dentatura frontale. L'aggiunta dei pianeti a un simile dispositivo avrebbe
rappresentato un esercizio più problematico e poco soddisfacente. Si sa
rebbe forse ritenuto utile far vedere che Marte, Giove e Saturno ruotano
intorno allo zodiaco più lentamente del sole, anche se non era possibile
riprodurne le tipiche retrogradazioni. Ma sarebbe stato semplicemente
assurdo rappresentare Mercurio e Venere che ruotano con un periodo
identico a quello del sole, senza poter mostrare che questi pianeti si tro
vano talvolta davanti al sole, talaltra dietro di esso. I planetari si svilup
parono in seguito all'invenzione di dispositivi che impiegano ingranaggi
epicicloidali ed elementi scanalati per convertire rotazioni uniformi in
moto non uniforme: simili innovazioni non devono aver preceduto di
molto il nostro meccanismo.
9
Epilogo
Il significato del meccanismo
mgranagg1.
L'astrologia è l'unico contesto pratico in cui era essenziale conoscere
la posizione dei pianeti nello zodiaco. Un astrologo di alta classe, in
grado di permettersi un dispositivo come il meccanismo, avrebbe potuto
usare il planetario come un'alternativa alle tavole astronomiche, senza
le quali non era possibile calcolare la posizione dei corpi celesti per gli
oroscopi dei clienti. Eppure, il costruttore del meccanismo non sembra
288 CAPITOLO 9
Figura 9.1. POxy astron. 4 1 75, il più antico frammento a noi noto di un'efeme
ride greca, risalente al 24 a.C. La parte superiore della tabella riassume i moti e
i fenomeni dei cinque pianeti, mentre la parte inferiore riporta le posizioni gior
naliere della luna. Le date sono espresse secondo i calendari egizio e romano (©
The Egypt Exploration Society and Imaging Papyri Project, Oxford).
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( a) (b)
Tu ritieni quindi che, per utilizzare le tue stesse parole, esista un'unica
causa del tutto, ineludibile, che produce ogni cosa alla pari di un grande
meccanismo e che sia tale causa a muovere ogni parte del reale; l'univer
so sarebbe una grande macchina dove tutte le parti si incastrerebbero le
une con le altre alla stregua di ingranaggi, alcune come ruote capaci di
muovere e alcune, ovvero gli esseri particolari, i viventi e le anime, mosse
dalle prime, mentre esisterebbe un'unica causa motrice.
Gli scrittori scientifici sembrano aver adottato una certa cautela nel
formulare analogie fra i meccanismi costruiti dall'uomo e il funziona
mento della natura. Galeno lo fa in un'occasione soltanto, quando de
scrive la trasformazione coordinata del seno e dell'utero durante la gra
vidanza. Questi fenomeni - si domanda Galeno - mostrano forse che gli
organi sanno cosa devono fare in seguito a una sorta di ragionamento?
Se così fosse, però, si tratterebbe di esseri razionali a pieno titolo e non di
organi: dopo tutto, il significato fondamentale del termine greco organa
è quello di strumenti o utensili. Oppure è la struttura fisica del corpo a
determinare il loro comportamento ?
Infatti, come coloro che imitano le rivoluzioni degli astri erranti, dopo
aver dato attraverso certi strumenti [organa] il principio del movimento
se ne vanno, mentre gli astri funzionano come se l'artefice fosse presente
e li sorvegliasse continuamente, allo stesso modo, io penso, ciascuna delle
parti del corpo funziona per successione e trasmissione di movimento a
partire dall'inizio sempre senza aver bisogno di alcun sorvegliante.20
materiali con cui costruiamo i nostri modelli non sono altro che i quattro
elementi, la cui natura è mutevole; senza contare che le parti meccaniche
sfregano l'una contro l'altra e resistono al moto. Al contrario, la materia
eterea di cui è composta la volta celeste è divina e libera da qualsiasi
impedimento che potrebbe osta�;olarne il moto. Di conseguenza, delle
combinazioni di movimenti che ci appaiono tanto complesse da essere
impossibili potrebbero essere semplici per i corpi celesti e le sfere che li
trasportano.
La cosmologia di Tolomeo rifiuta l'idea del cosmo come meccani
smo, non importa se privo di scopo come quello di Teodoro o plasmato
da un Demiurgo come quello dei filosofi platonici. Grazie alle loro ca
ratteristiche fisiche, i corpi celesti eterei possono ruotare senza sforzo,
ma quello che li mette in moto non è altro che l'impulso razionale delle
anime che governano ciascun pianeta, proprio come le nostre anime go
vernano le nostre membra e i nostri organi.24 Pertanto, non dobbiamo
paragonarli al funzionamento di ingranaggi invisibili, ma "a un circolo
di mani unite in una danza, o a un cerchio di persone che compiono una
danza in armi: nello scambio si sostengono a vicenda e uniscono le forze,
senza che i loro corpi entrino in contatto, in modo tale che questi non
ostacolino le loro azioni, né essi ne siano intralciati" .25
Il meccanismo di Anticitera e i suoi omologhi meccanici antichi con
vertirono ben poche persone all'idea di un universo a ingranaggi. E così,
non furono in grado di anticipare l'Illuminismo di un paio di millenni,
né di rappresentare l'avanguardia di una Rivoluzione industriale antica.
Lo scrittore scientifico Arthur C. Clarke ha descritto questo potenziale
mancato in termini sensazionalistici: "Se le intuizioni dei Greci fossero
state pari al loro ingegno . . . adesso non ci limiteremmo a girellare sulla
luna, ma avremmo già raggiunto le stelle più vicine."26 Be', forse ! In ogni
caso, queste meraviglie della scienza antica sono riuscite ad avvicinare le
stelle al mondo dei Greci e dei Romani.
Glossario
Albero: un asse fisso o rotante cui sono collegati gli ingranaggi, le lancette o i
puntatori.
Albero tubolare: una componente meccanica a forma di tubo; si può trattare, ad
esempio, di un albero cavo che racchiude un secondo albero con cui condivi
de lo stesso asse di rotazione.
Anno del calendario (o anno civile): un anno definito da un calendario; si con
trappone all anno solare.
'
Anno siderale: l'intervallo di tempo medio impiegato dal sole per compiere una
rivoluzione intorno all'eclittica rispetto alle stelle fisse.
Anno solare: un anno definito dalla rivoluzione del sole intorno all'eclittica o da
fenomeni che dipendono dalla rivoluzione del sole.
Anno tropicale: l'anno solare medio, definito da due solstizi o da due equinozi
successivi dello stesso tipo.
Anomalia: termine tecnico utilizzato dagli astronomi per indicare un moto non
uniforme.
Apogeo: in base a un'ipotesi geometrica, è il punto più distante dalla terra
dell'orbita di un corpo celeste o di una componente del suo moto.
Asse: un centro di rotazione. In un sistema di ingranaggi, uno o più alberi possono
condividere lo stesso asse di rotazione tramite l'uso di alberi tubolari .
Calendario: un insieme di pratiche o regole che determinano il numero e il nome
dei giorni all'interno di un mese civile, nonché il numero e il nome dei mesi
all'interno di un anno civile. Normalmente, il calendario svolge una funzione
religiosa, politica e privata nell'ambito della comunità che lo adotta, ma può
anche essere impiegato per stabilire una cronologia astronomica.
Calendario, callippico: un calendario concepito per uso astronomico. È regolato
da un ciclo di 76 anni e i mesi che lo compongono hanno lo stesso nome di
quelli del calendario ateniese. Gli anni del calendario callippico erano con
teggiati in base a periodi callippici di 76 anni, il primo dei quali iniziò subito
dopo il solstizio d'estate del 330 a.C.
Calendario, egizio: il calendario civile utilizzato in Egitto dall'epoca dei faraoni
fino a quella romana. Il calendario egizio era composto da 12 mesi di 30 giorni
ciascuno, seguiti da alcuni giorni detti "giorni epagomeni", che non apparte
nevano ad alcun mese. Nella forma originale e non riformata del calendario,
tutti gli anni comprendevano 5 giorni epagomeni, cosicché l'anno egizio era
302 GLOSSARIO
Direzioni dell'oscuramento: le parti del disco del corpo eclissato che sono oscu
rate all'inizio, alla fine e nelle altre fasi di un'eclissi; vengono definite tramite
le direzioni cardinali nord, sud, est e ovest.
Eclittica: il percorso circolare apparente che il sole traccia sulla sfera celeste at
traversando il centro dello zodiaco.
Eliocentrico: il sistema di riferimento secondo cui il sole è al centro del cosmo o
del sistema di moto planetario.
Elongazione: l'intervallo di longitudine che separa due corpi celesti.
Elongazione, massima: il momento in cui Venere o Mercurio raggiungono la
loro massima elongazione rispetto al sole in una direzione o nell'altra.
Epiciclo: nell'astronomia greca, l'epiciclo è l'ipotetica traiettoria di un corpo celeste; a
sua volta, il centro dell'epiciclo compie una rotazione più ampia intorno alla terra.
Equatore, celeste: il cerchio della sfera celeste che è equidistante dai poli della sua rotazio
ne. Esattamente metà dell'equatore celeste è sempre al di sopra dell'orizzonte, cosic
ché i giorni in cui il sole si trova sull'equatore celeste prendono il nome di equinozi.
Equinozio: il giorno dell'anno in cui il sole sorge esattamente a est e tramonta
esattamente a ovest sull'orizzonte. In un equinozio, la durata del giorno è
quasi perfettamente uguale a quella della notte.
Exeligmos: un ciclo di 669 mesi lunari utilizzato per prevedere le eclissi. Com
prende tre cicli di Saros di 223 mesi ciascuno e si ritiene corrisponda esatta
mente a 1 9.756 giorni.
Geocentrico: il normale sistema di riferimento adottato dall'astronomia greca. Nel
sistema geocentrico, il centro della terra è il centro stazionario del cosmo.
Ingranaggio a dentatura frontale: un ingranaggio i cui denti sporgono ad angolo
retto rispetto al piano dell'ingranaggio stesso, permettendo così di trasferire il
moto a un asse perpendicolare rispetto a quello dell'ingranaggio.
Ipotesi: nell'astronomia greca equivale a una teoria o un modello astronomico.
Generalmente, le ipotesi volte a spiegare i moti apparenti dei corpi celesti
includevano moti circolari uniformi come le orbite eccentriche e gli epicicli.
Latitudine celeste: le coordinate della posizione (o del moto) apparente di un
corpo celeste misurate perpendicolarmente a nord o a sud dell'eclittica.
Levata (o sorgere) : il termine "levata" viene spesso utilizzato per indicare il mo
mento in cui una stella o un pianeta sono visti sorgere per la prima o l'ultima
volta prima dell'alba o dopo il tramonto.
Levata, mattutina: Il momento in cui una stella o un pianeta sono visti sorgere
per la prima volta prima dell'alba.
Levata serale o acronica (sorgere serale o acronico) : il momento in cui una stella
o un pianeta esterno sono visti sorgere per l'ultima volta dopo il tramonto.
Longitudine celeste: le coordinate della posizione (o del moto) apparente di un
corpo celeste misurate verso est lungo l'eclittica.
Luna nuova (novilunio): il giorno in cui, dopo il tramonto, la luna è visibile
per la prima volta sotto forma di falce crescente in prossimità dell'orizzonte
occidentale. (In questo libro non viene mai impiegato un possibile significato
alternativo del termine, equivalente al concetto di congiunzione.)
Marker fiduciale: segno di riferimento su una scala graduata o un quadrante.
304 GLOSSARIO
Saros: un ciclo costituito da 223 mesi lunari, impiegato per la previsione delle
eclissi. Alcuni astronomi greci gli assegnavano una durata costante di 6585
giorni e Yl.
Segni zodiacali: ogni segno corrisponde a una sezione dello zodiaco pari a 30" e
prende il nome dalla costellazione con cui coincideva nell'antichità.
Settimana astrologica: un ciclo ricorrente di sette giorni, in cui ogni giorno è
dominato sul piano astrologico da uno dei corpi celesti, secondo la sequenza
seguente: Crono (Saturno), sole, luna, Ares (Marte), Ermes (Mercurio ), Zeus
(Giove), Afrodite (Venere).
Sfera celeste: una superficie sferica immaginaria che ha come centro quello della
terra e che viene utilizzata come quadro di riferimento per le posizioni ap
parenti dei corpi celesti. Nell'astronomia greca, per giustificare la levata e il
tramonto giornalieri di sole, luna, stelle e pianeti, si immaginava che la sfera
celeste ruotasse intorno a un asse fisso.
Solstizio: giorno in cui i punti dell'orizzonte dove il sole sorge e tramonta e la
sua altitudine a mezzogiorno raggiungono la massima altezza a nord o a sud,
dando luogo al giorno più lungo o più breve dell'anno.
Sphaira (sphaera): termine utilizzato nei testi greci e latini per indicare un pla
netario.
Stazione: il momento in cui un pianeta passa dal moto diretto al moto retrogra
do o viceversa.
Stelle vaganti: corpi celesti visibili a occhio nudo che cambiano posizione rispet
to alle stelle fisse: si tratta del sole, della luna e dei cinque pianeti.
Tramonto: il termine "tramonto" è spesso utilizzato per indicare il momento in
cui una stella o un pianeta sono visti tramontare per la prima o l'ultima volta
prima dell'alba o dopo il tramonto.
Tramonto mattutino: il momento in cui una stella o un pianeta esterno sono visti
tramontare per la prima volta prima dell'alba.
Tramonto serale: il momento in cui una stella o un pianeta sono visti tramontare
per l'ultima volta dopo il tramonto del sole.
Treno di ingranaggi: una serie di ingranaggi connessi per via meccanica.
Zodiaco: la fascia circolare che attraversa le stelle e costituisce il percorso lungo
il quale il sole, la luna e i pianeti compiono il proprio moto apparente; è
diviso in dodici segni zodiacali.
Note
Prefazione
1 Cassiodoro, Variae 1 .45. Trad. it. di L. Viscido.
2 Price, "An Ancient Greek Computer", 60.
l . Il relitto e la scoperta
1 Il più autorevole studio del relitto di Anticitera e del suo carico è quello di Kaltsas et al.
2012 (di cui esiste anche un'edizione in lingua greca). Tra le pubblicazioni precedenti,
si possono segnalare le seguenti: Anonimo 1902, Svoronos 1 903, Weinberg et al. 1 965,
Throckmorton 1970, 1 13-68 .
2 Bouyia 2012. Grazie all'analisi isotopica del piombo contenuto nei ceppi dell'ancora, nel
rivestimento dello scafo e negli altri reperti provenienti dal relitto, possiamo stabilire che
la nave era stata costruita nella Penisola Calcidica e che quindi proveniva dalla Grecia e
non dall'Italia: Foley 2016.
3 Tselekas 2012.
4 Si veda il capitolo 4.
5 Per la storia e l'archeologia dell'isola, Bevan e Conolly 201 3, soprattutto 133-35 e 1 87-
9 11 calendario giuliano fu utilizzato in Grecia fino al 1 923. Le date menzionate dalle fonti
greche appartenenti a questo periodo verranno citate nella loro forma originale, espressa
secondo il calendario giuliano. Per ottenere la data equivalente nel calendario gregoriano
è sufficiente aggiungere 13 giorni. La Pasqua ortodossa del 1 900 cadde il 9 aprile (sempre
secondo il calendario giuliano).
10
Si veda Seiradakis (in corso di stampa), che a propria volta si basa su Lykoudis 1957.
Sfortunatamente, nell'Archivio Storico delle Antichità e Monumenti non si conservano
testimonianze relative a tale evento (come comunicatomi personalmente dalla dott.ssa
Stavroula Masouridi).
308 NOTE
era stato ampiamente perturbato fino a quasi un �J�etro di profondità: Foley 2016.
15 Theofanidis 1929, 83.
16 Oltre al compenso del governo, la Società Archeologica di Atene assegnò 500 dracme a
ciascun pescatore (Svoronos 1903a, 14). La stima dell'equivalente in dollari si basa sul pre
supposto che il pagamento sia avvenuto in dracme d'oro. Il valore di una dracma in ban
conota equivaleva a due terzi circa di una dracma d'oro. In ogni caso, il pagamento fu con
siderevole: ammontava all'otto percento delle spese annuali del governo greco (circa 120
milioni di dracme nel 1 902; Colby 1903, 3 15).
17 Tsipopoulou et al. 2012, 23.
18 Pur essendo stata ampiamente documentata dai giornali ateniesi, la campagna di recupe
ro del 1 905 fu ben presto dimenticata.
19 Dumas 1 972, 67-82; Kolonas 2012.
20 Vyzantinos 1 901a, Vyzantinos 1 901b.
2 1 La disputa è documentata dai giornali dell'epoca, molti dei quali sono citati da Svoro
nos 1903.
22 Tsipopoulou et al. 2012, 24-8.
23 Suo padre, Athanasios Rousopoulos (1823-1898), era stato un archeologo ragguardevo
le, la cui reputazione fu compromessa da accuse di traffico illegale di antichità.
2. Le indagini
1 "To Asty", 21 maggio 1902. Buona parte del racconto che seguirà si fonda su articoli di
10 Anonimo 1902. Secondo Svoronos, gli autori di questo articolo sono da identificarsi con
Valerios Stais, Christos Tsountas e Konstantinos Kourouniotis, che scrissero sotto la super
visione di Kavvadias (Svoronos 1903, 16).
1 1 Svoronos 1903.
12
Svoronos 1903, 44-52. In una serie di articoli pubblicati su "To Asty" (23 e 24 giugno
1 902), Rediadis aveva già fornito una descrizione provvisoria dei frammenti A, B e C. Il 7
giugno 1 902 (che in Grecia corrispondeva al 25 maggio), "The Standard" (Londra) aveva
pubblicato un breve articolo in cui si annunciava che, tra i frammenti di bronzo provenien
ti da Anticitera, era stato scoperto uno "strumento astronomico . . . che sembra fosse uti
lizzato come un astrolabio". Il meccanismo viene citato anche da Vicars, in considerazione
della sua importanza per la datazione del relitto (Vicars 1903, 562, che sembra aver tratto
le proprie informazioni da Kavvadias).
NOTE 309
13 Per un'illustrazione più approfondita dell'astrolabio e delle sue funzioni, Evans 1998,
141-61.
14 L'evento fu annunciato per il 16 dicembre 1 906 in Mitteilungen des Kaiserlich Deutschen
Archi:iologischen Instituts, "Athenische Abteilung" 31 (1906), 569. Per brevi resoconti del
la conferenza, si vedano le pubblicazioni citate a nota 20.
15 Le pagine seguenti si basano principalmente sugli scritti inediti di Rehm conservati pres
so la Bayerische Staatsbibliothek (Nachlass von Albert Rehm) di Monaco di Baviera e, in
particolare, su Rehm 1905, Rehm 1906a e Rehm 1906b.
16 Rousopoulos 1905, 253.
17 Stais 1905, 1 8-23.
18 Diels e Rehm 1904.
1 9 Sembra che Karo fosse interessato alle ricerche di Rehm soprattutto in virtù del loro con
tributo alla datazione del relitto.
20 Rados 1910, 34-6; Rediadis 1 910, 157-9.
21 Theofanidis fu il capostipite di tre illustri generazioni di ammiragli della marina greca;
sua moglie era la pronipote di Kolokotronis, l'eroe della Guerra d'indipendenza.
22 Theofanidis 1929.
31 All'epoca, il frammento D non era ancora stato individuato. Per le analisi chimiche e
spettroscopiche dei campioni estrani dalla "scatola di briciole", si veda il capitolo 8.
32 Price 1974, 12.
33 "The Science News-Letter", 75.3 (17 gennaio 1959): 36.
45 Lang e Middleton 2005 offrono un'eccellente rassegna dell'uso della radiografia nell'am
bito dell'archeologia e degli studi del patrimonio culturale.
46 Nel 1964, Edwin Banison, curatore del reparto di ingegneria meccanica presso la
20, Folder "Mise., Computer, Astronomica!, Antikythera"). Non è chiaro se Price abbia
avuto qualcosa a che fare con la richiesta di Battison.
47 Toishi 1965; Miller et al. 1970.
48 Price 1974, 12-13.
4� La relazione in cui Karakalos descrive le proprie radiografie del meccanismo è citata da
Price 1974, 66--68.
50 Le parti dell'oggetto più vicine al punto focale generano proiezioni più grandi sulla pelli
cola. Quest'effetto viene amplificato avvicinando la fonte di raggi X all'oggetto.
5 1 Price 1974, 41.
52 Price 1974, 32.
53 Wright 2003a, 275.
54 Price 1974, 41-42. Si veda il capitolo 8.
55 Zeeman 1986, 150-51.
·16 Wright et al. 1995. Per un resoconto della collaborazione tra Wright e Bromley, frutto
di una serie di interviste rilasciate da Wright, si veda Marchant 2008, 171-93. Questa ver
sione dei fatti è stata oggetto di diverse critiche da parte degli amici e familiari di Bronùey
(http://www.connectives.com/decoding-the-heavens-bromley-comments.html).
57 Littleton e Littleton 1996.
5 8 Wright 2005a.
5� Price 1959a, 64-65.
60 Price aveva congetturato un treno di ingranaggi che avrebbe prodotto un periodo di 3,8
anni per il quadrante superiore del pannello posteriore, ma la sua ricostruzione si basava
su conteggi errati dei denti degli ingranaggi (Price 1 974, 44). In seguito, Price optò per un
treno di ingranaggi con un periodo più lungo, pari a quattro anni esatti.
61
Wright 2003a, 279; Wright 2005b, 57-59 e 61�2.
62 Price 1974, 34-5; Wright 2005b, 54, nota 34.
63 Wright 2005c.
.., In un momento successivo della sua carriera, Rehm ebbe uno scambio epistolare con lo
storico dell'astronomia Ernst Zinner circa la possibilità di costruire un modello del mecca
nismo. Tuttavia, poiché era impossibile ottenere misurazioni precise dei frammenti, la cosa
si concluse con un nulla di fatto (la corrispondenza inedita è conservata presso la Bayeri
sche Staatsbibliothek, Rehmiana IV).
6s Price 1959a, 66.
66 Price 1974, 21.
67 Price 1974, 59.
68 Wright 2002a.
6� Wright 2011.
7 0 Edmunds et al. 2006; Antikythera Mechanism Research Project 2012.
71 La corrispondenza inedita tra Price e Petros Kalligas è conservata presso la collezione del
Planetario Adler; Wright 2004.
72 Zafeiropoulou 2006; Zafeiropoulou 2012, 242.
73 Per spiegazioni e informazioni ulteriori si consultino i siti seguenti: http://www.hpl.
hp.com/research/ptm/ e http://culturalheritageimaging.org/Technologies/RTI/.
74 Heilmeyer 1985; Goebbels et al. 1985.
75 Seabrook 2007.
76 Wright et al. 1995, 542.
n Freeth et al. 2006.
78 Questa modifica fu apportata dopo aver scoperto che il quadrante accessorio conserva
tosi sulla parte superiore del pannello posteriore non mostrava un ciclo di 76 anni, come
si era pensato in un primo momento, ma di 4 anni. A questo proposito, Freeth et al. 2008,
nota supplementare 22.
NOTE 311
lendario egizio fu descritta per la prima volta da Rehm 1905 e Rehm 1906b.
20
Wright 2003b, 20. Price fu il primo a notare questi fori grazie a un esame delle radiogra
fie, ma la sua descrizione del loro posizionamento è inesatta (Price 1 974, 17).
21
Wright 2002b; Freeth e Jones 2012, sezione 3.3.3.
22
Wright 2006.
23 Freeth e Jones 2012, sezione 2.3.2. Wright ha proposto di ricostruire un sistema di lan
cette planetarie non dissimile da quello qui descritto (la proposta di Wright precede la deci
frazione di questo passo deii'ICP; per maggiori dettagli sulle sue argomentazioni, si vedano
Wright 2002 e la relativa discussione nel capitolo 7).
24
Freeth et al. 2006, 590-- 1 . Si veda anche il capitolo 5.
15 Price 1959a, figura a p. 62; Wright 2012. Le ricostruzioni della cornice di legno proposte
4. Calendari e giochi
1 Kiilerich 2005.
2 Palagia 2008.
3 BOtticher 1 865.
4 Gemino, Introduzione ai Fenomeni 8.6-15.
5 Traduzione tratta da Attic Inscriptions Online, https://www.atticinscriptions.com/inscrip
23 Britton 2007.
24 [Teofrasto), Sui Segni 4.
37 Tri.impy 1997.
38 Cabanes 2007.
39 Inscriptiones Graecae (IG) XN 423-31; Manganaro 1964, 38-68.
40 Iversen 2013a.
�1 Strabone, Geografia 7.7.3.
42 Toomer 1984, 12-3; Bowen e Goldstein 1 988, 43.
chi Istnùci. Questa assenza potrebbe dipendere dalla perdita di prestigio subita da questa
manifestazione in seguito alla distruzione di Corinto da parte dei Romani. Dopo questo
evento l'amministrazione dei giochi passò a Sicione.
�s Parker 2004 .
.. Price 1959a, diagramma a pagina 64.
�7 Wright 2005a, 1 0-1 .
48 Freeth et al. 2008, note supplementari 1 9-21.
50 lversen 2013a.
51 Per una discussione di questa ipotesi, Iversen 2017.
52 Price 1 974, 44.
53 lversen 2013b. M. Zafeiropoulou aveva già ipotizzato che i giochi menzionati dall'iscri
zione del quadrante fossero quelli delle Aliee (Zafeiropoulou 2012, 247). La prima pub
blicazione delle iscrizioni del quadrante dei Giochi suggeriva che ci fosse un terzo nome in
corrispondenza dei settori del secondo e quarto anno. I dati ottenuti tramite la tomografìa
computerizzata hanno definitivamente invalidato tale ipotesi.
5� Scoli alle Olimpiche di Pindaro 7, 147c.
55 Jones 2012.
56 Cicerone, La natura degli dei 2.288.
3 Jones 2007.
4 Sofocle, Edipo Re 1 1 33-7; Tucidide 2.78; [Demostene] Contro Lacrito 10.
5 Diels e Rehm 1903, Rehm 1 904, Lehoux 2005.
6 L'unico altro caso simile di cui io sia a conoscenza è un piccolo frammento di un'iscrizio
ne latina (Napoli, Museo Nazionale Archeologico inv. 144808) dove un foro atto a ospi
tare un piolo compare accanto alla frase "Tramonto serale del Delfino, tempesta" (Lehoux
2007, 158-60).
7 Evans e Berggren 2006, 275-76.
8 Gemino, Introduzione ai Fenomeni 17.
nomeni 15 .1.
34 Nel corso dei secoli, i punti in cui i corpi celesti sorgono e tramontano subiscono uno
spostamento significativo a causa del fenomeno della precessione.
-'5 Teone 151-8 Hiller.
36 Tolomeo, Almagesto 3.
37 Teone 158-66 Hiller; Tolomeo, Almagesto 3.3.
18
Wright 2002b.
19 Evans et al. 2010.
40 Gemino, Introduzione ai fenomeni 18.
41 Jones 1983.
42 Tolomeo, Almagesto 4.2.
41 Freeth et al. 2006, 590-1 .
"' Wright 2002a, 1 70.
45 Wright 2005c, 3, figura 2.
46 Evans e Carman 2014.
47 Ippolito, Confutazione delle eresie 1 .6; Graham 2006, 8.
4 8 Graham 2006, 1 79-80.
49 Si veda per esempio la raffigurazione del ratto di Persefone nell'affresco del IV secolo a.C.
ritrovato nella Tomba I a Vergina.
50 Gemino, Introduzione ai fenomeni 9.3-4.
51 Aristarco, Sulle grandezze e le distanze del sole e della luna, ipotesi 4.
56 Wright 2006. In uno studio precedente, Wright aveva proposto la stessa idea con mag
gior cautela, ammettendo di essere stato preceduto da Price (Wright 2004, 1 0-1 1 ).
57 Freeth et al. 2008, note supplementari 22, figura 14.
58 In seguito, Freeth abbandonò questa idea e accettò, seppur dubbiosamente, l'ipotesi di
Wright secondo cui l'ingranaggio a dentatura frontale sarebbe stato montato al contrario.
A questo proposito, Carman e Di Cocco 2016, che riportano alcuni scambi privati con
Freeth.
59 Carman e Di Cocco 2016.
60 Gemino avrebbe potuto menzionare la cosa quando scrive che la fase di mezza luna si
verifica nel momento in cui quest'ultima si trova a una distanza dal sole pari a un quarto
dell'estensione dello zodiaco (Gemino, Introduzione ai fenomeni 9.8).
6. Eclissi
1 British Museum K 772, traduzione di Parpola 1 993, testo 1 1 4.
2 Cicerone, De re publica 1.23. Trad. it. adattata da F. Nenci.
3 La lacuna che separa la fine dell'aneddoto sulla sphaera di Archimede dall'inizio di quel
lo su Sulpicio Gallo è dovuta alla perdita di una o (meno probabilmente) tre delle pagine
del palinsesto Vaticanus latinus 5757, l'unico manoscritto che ci abbia tramandato il De
re publica (Ziegler 1969, ix-xv). Una pagina tipica corrisponde a circa 15 righe nell'edi
zione di Ziegler.
4 Si veda anche Bowen 2002.
5 Livio 44.37.
6 Polibio 29. 16 = Suda, n 1 867.
7 Rochberg 2010, 303-15.
8 Le tavolette delle eclissi lunari sono edite da Rochberg-Halton 1988.
9 Hunger 1992, testi 115 (British Museum K 742) e 4 (K 750); Parpola 1993, testo 33 (Bri
tish Museum Rm II 6).
10 Parpola 1 970-1 983, vol. 2, XXII-XXXII.
11 Hunger 1992, testo 4 (K 750).
12 British Museum BM 4 1 1 29, traduzione di Sachs e Hunger 1988-, vol. 5, testo 20.
13 Steele 2000a, 432.
14 Le statistiche sulla frequenza delle eclissi presenti in questo paragrafo e in quello seguente
sono tratte dal sito sulle eclissi della NASA, http://eclipse.gsfc.nasa.gov.
15 Parpola 1993, testo 148 (British Museum 80-7-19, 36); Huber e De Meis 2004, 34-7.
16 Hunger 1 992, testo 25 1 .
1 7 Hunger 1992, testo 382.
1 8 Hunger 1 992, testo 4 1 7.
19 Steele 2000a, 432 e Steele 201 1 , 455-57.
20 Tucidide 2.28.
21 Tucidide 7.50.
22 Tucidide 1.23. Trad. it. di L. Canfora.
23 Graham 2006, 22.
24 Questa argomentazione compare per la prima volta in Aristotele, Sul cielo 297b24.
25 Aristotele, Sul cielo 297b30.
26 Per la familiarità di lpparco con questa argomentazione, si veda Strabone, Geografia 1.1.12.
27 Aristarco, Sulle grandezze e le distanze del sole e della luna, proposizioni 1 5 e 17.
28 Erodoto, Storie, 1.74. A proposito di questa presunta eclissi si veda Stephenson 1997,
342-44. Trad. it. di L. Belloni.
29 Plinio, Storia naturale 2.53. Trad. it. di A. Barchiesi, R. Centi, M. Corsaro, A. Marco
ne e G. Ranucci.
316 NOTE
32 Ipparco 90 Manitius.
33 PBerol. 1 3146+13147, traduzione tratta dall'edizione di Neugebauer et al. 1 981; si veda
anche Jones 2000, 147-48.
34 POxy astron. 4 1 3 7, citato da Jones 1999a.
35 Steele 2000b, 86-91.
36 Rochberg 2010, 306.
37 Efestione, Apotelesmatica 1 .21-22.
38 Montelle 201 1 , 1 52-55.
39 Tolomeo, Tetrabilos 2.5 Hiibner Robbins 2.4.
=
4° Freeth et al. 2006, 589 e informazioni supplementari S; Freeth et al. 2008, note supple
mentari 24-41; Anastasiou et al. 2016b, sezioni 6-12.
41 Freeth et al. 2006, informazioni supplementari 5.
42 Steele mette in evidenza il legame fra le tavolette babilonesi e il quadrante di Saros,
pur notando delle differenze relativamente alla presentazione dei fenomeni (Steele 201 1,
461-65).
43 Anastasiou et al. 2016b, sezioni 4vi e 9-12; Freeth 2014, nota 52.
44 Le lettere di rimando sono presentate secondo la ricostruzione di Freeth 2014, nota 52;
si veda anche Anastasiou et al. 2016b, sezione 10. La traduzione "grande" si basa sulla
congettura megalen di Charles Crowther, ripresa da Freeth. Si tratta di un'ipotesi plausibi
le per quanto riguarda il senso, ma il contesto la rende problematica da un punto di vista
grammaticale.
45 Freeth 2014, nota 52.
46 Freeth 2014, nota S2.
51 Altri candidati plausibili, seppur meno soddisfacenti, potrebbero essere i pleniluni del 23
maggio 1 87 a.C. e del 3 giugno 169 a.C., ma solo se il puntatore del quadrante dell'Exelig
mos fosse stato impostato per indicare una correzione di 8 o 16 ore rispettivamente. Tut
tavia, è difficile trovare una motivazione plausibile per l'adozione di una simile correzione
per il ciclo iniziale del quadrante di Saros.
52 Carman e Evans 2014; Freeth 2014.
data zero era il 2 giugno 37.633 a.C., u n giorno tanto remoto da essere quasi inconcepibile
(si vedano Fournet e Tihon 20 14 e jones 2016a). Nel caso di un meccanismo astronomico,
però, sarebbe stato preferibile scegliere una data zero meno lontana, onde evitare di dover
ruotare troppo a lungo la manopola che trasmetteva l'impulso iniziale.
56 Secondo i calcoli moderni (e secondo le tavole dell'Almagesto di Tolomeo), il 13 ottobre
del 205 a.C. la longitudine del sole corrispondeva al diciassettesimo grado della Bilancia.
Il marker fiduciale (fìducial mark) del meccanismo coincide con il diciottesimo grado del
la Bilancia.
7. Vagabondi celesti
1 "To Asty", 23 maggio 1902.
2 Koch-Westenholz 1995, 125.
3 In certe condizioni, anche Urano può essere osservato a occhio nudo. Tuttavia, anche se
un osservatore antico fosse riuscito ad avvistarlo, lo avrebbe di certo scambiato per una
stella dalla luce fioca.
• Traduzioni adattate da Reiner e Pingree 1975.
5Parpola 1993, testi 72 (British Museum 83-1-1 8,126) e 65 (British Museum K 13 104).
6 Rochberg 2010, 1 35-42.
71 Diari astronomici datati sono editi da Sachs e Hunger 1988-, voli. 1-3.
8 Il principio generale in base a cui i fenomeni sinodici di un pianeta seguono un ordine fis
so non si applica alla prima e all'ultima comparsa di Mercurio. Nelle pagine seguenti fa
remo riferimento a un'irregolarità, l'omissione sporadica di una comparsa (e successiva
scomparsa) di Mercurio dall'alternanza degli intervalli di visibilità mattutini e serali. Inol
tre, le stazioni di Mercurio possono cadere all'interno degli intervalli di visibilità e invisi
bilità del pianeta.
9 Gray e Steele 2008, Gray e Steele 2009.
10 La relazione periodica citata per Mercurio è la più corta delle quattro relazioni ACT at
testate per il pianeta.
11
Rochberg 1998. Alcuni studiosi moderni hanno preferito definirli "proto-oroscopi" per
ché non fanno riferimento al punto dell'eclittica che sorge all'orizzonte: quest'ultimo era
designato dal termine greco horoskopos, da cui deriva il nostro "oroscopo".
2
1 Yale Babylonian Collection MLC 2190, testo 10, citato da Rochberg 1998.
(Ninurta) e Mercurio (Nabiì) presentano affinità meno evidenti con gli dei greci Crono ed
Ermes. A eccezione di Venere-Ishtar, nei testi cuneiformi i pianeti vengono raramente desi
gnati con il nome delle divinità a essi collegate.
15 Platone, La Repubblica 527dl. Trad. it. di R. Radice.
16
Platone, La Repubblica 614b2--621d3.
1 7 Platone, La Repubblica 616c5--617dl .Trad. it. di R. Radice.
18
La più antica testimonianza a noi nota sembrerebbe essere Ti bullo, Elegie 1.3.18, un'al
lusione ironica al giorno di Saturno.
19 Robert 1897-1 919, vol. 3, 436-49.
20
Teone 146 Hiller.
21
Cicerone, La natura degli dei 2.88. Trad. it. adattata da D. Lassandro e G. Micunco.
22 Cicerone, Disputazioni tuscolane 1.63. Trad. it. adattata da N. Marinone.
dei 2.47 e in Timeo 15.1; l'accezione "non cavo", in Della divinazione 1.48. L'ambiguità
dell'aggettivo latino rispecchia quella del termine greco stereos.
26 Rehm 1906b.
2 7 Price 1959a, 65.
28 Price 1 974, 21.
29 Wright 2002a, Edmunds e Morgan 2000, Freeth 2002a, Freeth 2002b.
30 Evans et al. 2010, 22-35.
3 1 Price 1974, 47, figura 36; Freeth et al. 2006, informazioni supplementari 8-9.
32 Freeth e Jones 2012, sezione 2.3.2. Si vedano Bitsakis e Jones 2016b.
33 Price 1974, 48 e figura 37, a destra (si tratta della trascrizione del frammento qui desi
8 . Ingranaggi nascosti
1 [Aristotele] Meccanica 848a19. Trad. it. adattata da M.F. Ferrini.
2 Erone, Pneumatica 1.32 e 2.32.
3 Vitruvio 10.9; Erone, Dioptra 34 e 38.
4 Edmunds offre un'utile lista di passaggi della letteratura greca e latina in cui si fa riferi
mento a meccanismi astronomici (Edmunds 2014, 1 3-4).
5 Field e Wright 1985, 116-25. Nel 2006, a Olbia (Sardegna) è stato ritrovato un frammen
nalato sopra descritto, si sarebbe potuto utilizzare anche un sistema a perno e scanalat ura
per riprodurre i moti di Venere e Mercurio (Wright 2012, 290).
2 1 Wright 2013a e scambi privati con l'autore.
11
Evans e Carman 2014, 1 64-66; Wright 2012, 291 .
23 Wright 201 1 .
24 Wright 201 1 , 9.
25 Price 1 974, 47.
26 Price 1 974, 63--66.
27 Zafeiropoulou 2012, 243.
2 8 Wright 201 1 , 14-16.
2 9 Wright 1 990, 83-7; Wright 201 1, 15.
30 Edmunds 201 1.
31 Le periodicità lunari "del meccanismo" sono state ricavate dalla ricostruzione del siste
ma di ingranaggi, mentre le fasi planetarie derivano dalle relazioni recuperare dall'iscrizio
ne del coperchio anteriore (ICP). Le periodicità planetarie ACT provengono dalle relazioni
descritte nella tabella 7.3; le fasi lunari derivano invece dalla comune equivalenza ACT per
cui un anno corrisponde a 12;22,8 mesi sinodici e dalla relazione del Sistema B per cui 251
mesi sinodici corrispondono a 269 mesi anomalistici. Le "periodicità di Tolomeo" sono
tratte dai moti medi giornalieri descritti nell'Almagesto (4.3 e 9.3) e dalla velocità di preces
sione da lui calcolata, che ammonterebbe a 1 • ogni 100 anni.
32 Jones 1999a, testi 4152--61 . La più antica di queste tavole planetarie è probabilmente
P.Oxy astr. 4160a, che riporta calcoli ACT relativi ai fenomeni sinodici di Giove fra il 6
e il 13 d.C.
33 Tolomeo, Almagesto 9.2. Sfortunatamente, Tolomeo non chiarisce se i periodi dell'An
no-Scopo adottati da lpparco prevedessero dei termini di correzione né ci dice a quan to
eventualmente ammontassero.
34 Tolomeo, Almagesto 4.2.
35 Freeth e Jones 2012, sezione 3.10.
dall'interpretazione dubbia". Tuttavia, la prima delle fonti da lui citate, ossia il presunto
libro di Archimede sulla sphairopoiia, non si è conservata.
5 Strabone, Geografìa 12.3.11. Mastrocinque 2009 ipotizza che il meccanismo di Anticitera
fosse proprio la sphaira di Billaro.
6Platone, Timeo 40d2; Epicuro, Sulla natura, libro 1 1 , citttto da Sedley 1976, 31-7 (secon
do Sedley, gli organa sarebbero effettivamente degli ingranaggi).
7Piutarco, Cicerone 4.5.
8 Cicerone, De fato 5.7. e De fìnibus 1.6.1 1 . Per lo scambio epistolare che Cicerone intrat
tenne più tardi con Posidonio, si veda Cicerone, Lettere ad Attico 2. 1 .
9 Cicerone, Disputazioni tuscolane 5.64-66.
1 0 Proclo, Commento al Libro I degli "Elementi" di Euclide 125, 241 e 243 Friedlein.
11
Proclo, Tria opuscula, Provvidenza 65.
12
Lehoux 2007, 168-79.
13 London Science Museum inv. 1983-1393. Si vedano Field e Wright 1 985 e, per una trat
tazione più generale delle meridiane portatili, Talbert 2016.
14 Field e Wright 1985, 88 e 1 1 6-21 .
1 5 Per u n punto d i vista alternativo, si veda Edmunds 2014.
16 Vitruvio, De architectura 10.1 .4.
17 Proclo, Tria opuscula, Provvidenza 2. Trad. it. di F. D. Paparella.
1 8 Erone, Automata.
19 Proclo, Tria opuscula, Provvidenza 65.
20 Galeno, Dell'uso delle parti del corpo umano 12.5. Trad. it. di I. Garofalo e M. Vegetti.
21 Galeno, Dell'uso delle parti del corpo umano 12.8.
22 Tolomeo, Ipotesi planetarie 1 . 1 .
23 Tolomeo, Almagesto 13.2.
24 Tolomeo, Ipotesi planetarie 2.3.
25 Tolomeo, Ipotesi planetarie 2.8.
26 Clarke 1975, 1 16.
Indice
possibilità di eclissi 172-74,180 Freeth,Tony 53, 56, 113, 155, 191, 259-
previsioni 171-75,177-81,184-94 60,265,270
eclittica 28, 35, 50,70,73,131-32,139, Fuso della Necessità 212-13,216-18,
141-43,164, 179,187-88,221, 220
227,236
Edmunds,M. G. 53,276, 291 Galeno 119, 125, 140,293, 299
"Efebo" (statua di bronzo) 10,16-17,36 Gallo,Gaio Sulpicio 157-60,179,183,293
efemeride 288 Gelb, Dan 54
Efeso 2 Gemino 90-91,94-95,125-27,139-40,
Efestione di Tebe 182-83, 189 150, 152,194,285
Egila,vedi Anticitera Introduzione ai fenomeni 80-81,
Egitto 33,85,87-91, 107,132,136, 90-91,93, 100-1,103,105, 107-8,
180, 182-83,228-29,231,244,288 125, 141-44, 148-49,289-90
Egizi 88, 90-91,93,124,126,182 (ps.) Parapegma 115
Elamiti 171,182 Giochi lstmici 109,111,114
Eleusine 11O Giochi Nemei 109,111,113,116
Elide 86,111-12 Giochi Olimpici 86,109-12,115-16,191
eliotropio 96 Giochi Pitici l 09-11
Empedocle 151 gioco (degli ingranaggi) 276-77
Eniima Anu Enlil 161-62,171,182,189, Giovenale 288
196-97,207 Giulio Cesare 33
Epicuro 291 Glaucone 211
Epiro 105-7,110,113-14,116-17,135 Goldstein, Bernard 96, 108
Er 218 Gospel Riots ("Scontri del Vangelo") 15
Era seleucide 85
Ermes (Thoth) 231 Hadland,Roger 53
Erodoto 178-79 hagnisterion 144
Erone di Alessandria 29, 244-45, 250, Hewlett-Packard 53
252-53,255,298 Hibah 132
Esagila 166,198 Homolion 230
Esarhaddon 157-58,160-62, 165,197
Esiodo 120,126,138 lerapoli 230
Euclide 232; Fenomeni 131 Ierone 281-82
Euctemone 97,100, 124-27, 130, 135, Imhotep 231
139-40 Indipendent 16
Eudosso 93, 102,124-26, 130-32, 139- Inghilterra 37
40,179,226-28,233,238 ingranaggi 246-75,277-78
Eufrate 198 a dentatura frontale 43,45,155-56,
Evans,James 146,150,191,224,270 248,257-58,262-63, 272
exairesimoi (giorni) 101, 108 denti 27, 41,44-50,56, 155, 247-53,
Exeligmos 66,69, 75,148-50,173,190- 257-60,263,265,267-68,271,
92,194,256,260,290 274-76,279,286
differenziali 46,48,50,272
Faino 99 epicicloidali 46, 50,52, 56,263,265-
Falasarna 4 67,269-70,272,279,283
Feynman, Richard 284 ruota folle 266
Filippo Arrideo 90 vite senza fine 252-53
Filippo, astronomo 100, 124 ipotesi epiciclica 143-44, 148,150, 154,
Filo, Lucio Furio 159-60,221 232-33, 236-37,240,263,265,
Filocoro 96-97 269,280
Filopono,Giovanni 29 lpparco 89-90, 101-2,105,117,130,
"filosofo" (statua di bronzo) 7 132,139-40,143,148-50,177,
INDICE 335
Iscrizione del Coperchio Anteriore Mileto 30, 32, 34, 85,89-90,97, 103,
(ICA) 77,237-38,265 121,124-27,133,135;vedi anche
Iscrizione del Coperchio Posteriore iscrizioni
(ICP) 58,63,108,112, 138,224, Mitropoulos,Panagiotis 274
286 Mohr,Karl 39
Iscrizione del parapegma 32,76,126, Momferratos, Antonios 23
133-37,287-88,290 Morgan,John D. 114
Iscrizione della Lastra Posteriore (ILP) Moussas,Xenophon 53
58,61,63,65,67,187-94,287 MUL.APIN 128
Iscrizioni del quadrante dei Giochi Museo Archeologico Nazionale, Atene
113-17 13,16, 19,22,31, 36-37, 43, 53,
Iscrizioni della scala del quadrante 132,154,195,284,291
metonico 63, l 04-5 Mykali 9, 14
lettere di rimando 70,75, 133-34,
185-87 Nabiì-na � ir 166
Meccanismo di Anticitera,quadranti e Naie 110, 113-14, 116
dispositivi di visualizzazione: navigazione 211, 286
dispositivo di visualizzazione dei Nechepso 231
fenomeni planetari 184, 222 Neugebauer, Otto 37,41, 207
dispositivo di visualizzazione delle fasi Nicea 117
lunari 74,225, 262,290 Nicia 175
Marker fiduciale (fiducia! mark) 95, Ninfee 110
194 Ninive 157, 161-62, 166, 197
Quadrante callippico 64,69,75,104, Nippur 157, 208
113,115,192,259,290
Quadrante dei Giochi 64, 69,113-14, odometro 29,252,254-55,283
116-17,191,259,287-88,290 Oikonomos, Antonios 8-9
Quadrante deii'Exeligmos 66,69,75, Olbia,ingranaggio di 318
190,192,260 Olimpiadi 86,111,113-14,116
Quadrante di Saros 64,66-67,69,76, orologio ad acqua 67, 165,171
185,187, 190-91, 194, 223, 260, oroscopi 208,229-31,287
269,285,287,290 Ossirinco 181
Quadrante metonico 60-61,63-64,
66,69,104-6,112,114-16,138, Panatenee 109, 113
141,184,187,191-92,223,258- papm
60,276,288,290 PBero/13146+13147180
scala graduata del calendario egizio PHibeh27 132
71-72,76,91-92,93-95, 138,140, POxy astron. 4133 229
145,288,290 POxy astro n. 4137 181
scala graduata dello zodiaco 70-71, POxyastron. 4175 289
91-93,133,137,140,145,290 PParis 1 = Louvre inv. N2325 127
Memnone di Rodi 82 Pappo di Alessandria 29, 250, 281-82,
Menodoro 108-10,112-13 294
meridiana 96,218 parallasse 177, 181, 187, 189
meridiana portatile a ingranaggi,Museo parapegma 32,126-27,130,132-33,
della Scienza di Londra 249,294 136-38,140,285,294,298
Meritt, Benjamin Dean 37-38,41 Parmenide 151
Metello, Quinto Cecilio 4 Pausania 16, 97
Metone di Atene 96-100,102,111, Peloponneso l, 86,116
126-27 Pergamo 2, 230
Mikri Mitropoli, Atene,fregio del periodi callippici 90, 101, 104,113; vedi
calendario 78-81,131 anche periodo di 76 anni
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