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Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino

P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova, 7 marzo 2018

I
Un giorno come oggi, 7 marzo, di 744 anni fa, a pochi metri da dove noi ci troviamo, passava
alla vera vita San Tommaso d’Aquino, uno dei più grandi spiriti di tutti i tempi.

È difficile fare uno schizzo sommario della vita di un grande santo come Tommaso, non tanto
per le cose che egli fece, che sono a noi evidenti – pensiamo per esempio alle grandi opere
che ci ha lasciato –, ma è difficile soprattutto per il fatto che la santità, in ultima istanza, è
fatta di cose che non si vedono.

Un santo è santo per la vita dell’anima, e sebbene ci sia qualcosa che accomuna tutti i santi –
che è la loro unione con Dio in questa vita, che diventa piena e permanente nell’altra – i santi
in fondo sono tutti diversi, ognuno con la sua storia, fatta di mille atti di libertà nei quali il
santo rinnova la sua scelta e il suo amore a Dio prima della scelta e dell’amore di ogni altra
cosa; atti di libertà che nel santo costituiscono il proprio io, sempre più conforme a Dio, fino
all’unione trasformante che rende presente in un modo del tutto particolare l’amato
nell’amante.

Nonostante sia così difficile entrare nel mondo dell’anima di un santo, crediamo sia comunque
possibile intravedere alcuni spiragli di cielo dalle sue opere e dalla sua personalità… e questo
vale anche per San Tommaso.

Tutti conosciamo un po’ la sua vita, ci focalizzeremo quindi solo su qualche piccolo dettaglio.

Il suo sguardo – raccontano i biografi – era spesso perso in pensieri che volavano molto più
alti delle preoccupazioni terrene e denotava una fiamma interiore, una preoccupazione
constante e appassionata per ciò che è eterno.

Era quasi sempre assorto nei suoi pensieri e nella sua vita interiore, ma questo non significa
affatto che fosse introverso o noncurante degli altri. Costantemente dirigeva la sua attenzione
all’anima delle persone che lo circondavano senza preoccuparsi minimamente della posizione
sociale dei suoi interlocutori. Poteva trovarsi a parlare con un re o con un contadino, e ciò che
più importava era l’anima della persona che gli era di fronte.
Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino - P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova 7/3/2018

Era capace di trattare con passione gli argomenti delle importanti questioni studiate, ma poi
era abitualmente silenzioso e molte volte, il suo silenzio, era più eloquente di qualsiasi parola.

Tutti i santi, noi sappiamo, hanno un orrore istintivo per il fariseismo, per l’apparire, ma San
Tommaso in questo aveva una sensibilità molto particolare, cercava in tutti i modi di
nascondere le cose che accadevano nella sua vita interiore, la quale – dicono alcuni biografi
– sembrava penetrata da un grande mistero.

Poco gli importava, per esempio, di essere stato sorpreso, completamente assorto nel risolvere
una questione alla tavola di San Luigi IX re di Francia, ma il solo pensiero che la sua
apparizione di San Paolo potesse essere conosciuta lo allarmava profondamente.

Amava scherzare, scherzava in modo naturale ed onesto ma rifuggiva in un modo istintivo la


folla e il chiasso.

La nota dominante del suo carattere era la serenità – una serenità del tutto particolare – che
invadeva poco a poco l’anima di chi trattava con lui, come la serenità che pervade
l’osservatore quando contempla un tranquillo paesaggio con un grande orizzonte.

Aveva un’anima purissima, era casto come un bambino.

Tutti conosciamo l’episodio della torre. Tra il 1244 e il 1245 San Tommaso venne rinchiuso
nella torre del castello di Monte San Giovanni (non molto lontano da qui, in provincia di
Frosinone). Durante questa prigionia, un giorno, i fratelli, introdussero nella torre una giovane
donna per indurlo ad abbandonare la vocazione. In quell’occasione dovette esserci
sicuramente una grande lotta interiore ma Tommaso vinse questa lotta con l’aiuto di Dio e,
con volontà risoluta, prese un tizzone ardente e scacciò la donna. Dopo quest’episodio sembra
che la sua castità venne definitivamente suggellata. Allo stesso tempo la sua virtù crebbe
enormemente.

La sua anima si mantenne pura fino agli ultimi istanti della sua vita. Fra Reginaldo da Piperno,
che era suo confessore, racconta che la sua anima era così innocente che le sue confessioni
sembravano quelle di un bambino di 5 anni.

Avvicinandosi gli ultimi anni della sua vita terrena, come succede nei santi, la vita interiore
sembra intensificarsi sempre di più, ed è da ciò che conosciamo di questi ultimi anni che è
possibile forse penetrare un po’ di più nella sua anima.
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Chi pensa che San Tommaso sia stato solo un uomo di studio, un ragionatore sillogizzante,
certamente rimarrà stupito nel leggere ciò che raccontano i biografi degli ultimi anni della sua
vita… si tratta di visioni, colloqui interiori, alienazioni dai sensi… di anticipi di un’altra vita
della quale San Tommaso sentiva un’attrazione sempre più forte.

Ci sono poi episodi della vita mistica che tutti voi conoscete, come quello del Crocifisso di
Parigi che confermò a Tommaso di aver scritto bene il trattato sull’Eucaristia. C’è poi
l’episodio del Crocifisso nel convento di san Domenico a Napoli che dopo aver parlato a
Tommaso dicendo “Hai scritto bene di me” gli chiese cosa desiderasse come premio per il
tuo lavoro. San Tommaso rispose semplicemente: “Nient’altro che Te Signore”.

Sappiamo bene che dopo questi episodi Tommaso non volle più scrivere. Tutto ciò che aveva
scritto gli sembrava paglia in confronto a ciò che Dio gli aveva mostrato. Questo ci fa capire
come sia infinita la distanza tra ciò che noi possiamo conoscere di Dio attraverso la ragione
naturale, e ciò che invece possiamo conoscere quando è Dio stesso, ad illuminare la nostra
mente con la conoscenza infusa… nonostante ciò, questo non ci esime dal porre tutto il nostro
impegno per conoscerlo, fin dove sia possibile, con la nostra ragione naturale. Questo
Tommaso lo fece compiendo la volontà di Dio. E probabilmente la conoscenza infusa, oltre
ad essere ovviamente un dono di Dio, fu anche un premio per il suo grande impegno nella
ricerca e nella diffusione della verità.

Quella di san Tommaso è stata una vita spesa nell’apostolato intellettuale: nello scrivere,
insegnare, predicare. Ma questo è solo ciò appare esteriormente, ricordiamo che la vita di un
santo, in realtà, è soprattutto ciò che accade nell’anima. Certamente, ciò che accade all’esterno
può manifestare in qualche modo l’anima del santo… e nell’anima di San Tommaso accaddero
cose meravigliose; alcune di queste trapelarono all’esterno, nelle sue opere, nelle sue
predicazioni, nei suoi gesti, nella sua personalità …ma molte altre rimasero occulte in Dio.

Penso sia soprattutto questo allora l’esempio di San Tommaso per noi che vogliamo realizzare
un centro di studi: l’impegno incessante, costante, caritatevole nella ricerca e nella diffusione
della verità. Ma insieme a questo impegno un’intensa vita interiore, perché è possibile
penetrare in profondità la verità e farla conoscere solo se si è uniti alla Verità Incarnata.

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II

Oggi, forse più che mai, c’è urgente bisogno di penetrare in profondità la verità e farla
conoscere, in un mondo nel quale regna la confusione e domina il relativismo, in un mondo
nel quale c’è una dittatura del relativismo… E noi siamo profondamente convinti che San
Tommaso può aiutarci come nessun altro in questa missione di apostolato della verità.

Qualcuno potrebbe osservare che San Tommaso è vissuto nel medioevo e che i suoi scritti
riguardano il suo tempo, ma adesso non siamo più nel medioevo… sono passati quasi 800
anni, ci troviamo ormai nel 2018, i tempi sono cambiati.

È vero, i tempi sono cambiati, ed anche il pensiero è cambiato, e con il pensiero è cambiato
anche il modo di rapportarsi alla realtà. Ma il fatto che sia cambiato non significa
necessariamente che sia migliore e non significa neanche che questo nuovo modo di pensare
e di rapportarsi alla realtà sia più utile all’uomo per realizzarsi e per raggiungere il proprio
fine! Anzi, se veramente scaviamo in profondità, ci accorgiamo che questo nuovo modo di
pensare è deleterio ed è molto dannoso per l’uomo.

Ma in che cosa è cambiato… il modo di pensare e il modo rapportarsi alla realtà?

Il pensiero odierno si caratterizza per essere un pensiero post-metafisico, ovviamente parlo


del pensiero dei ricercatori, degli studiosi, degli accademici non del pensiero della gente
comune… Ma questo pensiero, sebbene sia teorizzato nelle alte sfere dei ricercatori, passa
poi in qualche modo anche alla gente comune, che senza accorgersene e senza conoscerne
l’origine, comincia a pensare e a vivere in un certo modo. Noi sappiamo che questi accademici
scrivono dei testi ed insegnano nelle università a degli studenti… e molti di questi studenti
universitari saranno poi professori nelle scuole superiori, oppure – se parliamo di università
pontificie – questi studenti saranno poi insegnanti e formatori nei seminari, quindi possiamo
dire che se i professori universitari sono post-metafisici o antimetafisici (che è dire lo stesso)
è molto probabile che lo siano anche i professori delle scuole superiori o i formatori dei
seminari, ed molto probabile, diciamo abbastanza certo, che generazioni di ragazzi si
formeranno con un pensiero antimetafisico.

Ma che cos’è un pensiero antimetafisico?

È un pensiero che considera la metafisica come un qualcosa di ormai superato e da eliminare.


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Si tratta di un pensiero secondo il quale non esiste un qualcosa che trascende questo mondo
fisico… cioè non esiste un qualcosa, o meglio un Qualcuno, che ha creato questo mondo e
che ha dato un ordine e una finalità a tutte le creature che lo costituiscono.

Ma l’eliminazione della trascendenza non è venuta così, in un batter d’occhio, all’improvviso.

Questo pensiero è l’eredità di un lungo cammino iniziato con Cartesio, proseguito con Kant
e via via sviluppatosi con Hegel, Heidegger ed altri filosofi contemporanei, un cammino che
ha radicalmente capovolto il rapporto costitutivo tra essere e pensiero e ha portato all’attuale
nichilismo e relativismo.

Nel pensiero classico l’uomo si rapportava alla realtà come colui che contempla la realtà ed
impara da essa, ed è attraverso questa contemplazione del reale che l’uomo riesce a
conoscerne le strutture, il suo ordine, le sue dinamiche, ed anche qualcosa della causa.

Nel pensiero moderno l’atteggiamento dell’uomo verso il reale è totalmente capovolto. L’uomo
è colui che produce il reale perché tutto è immanente al suo pensiero, alla sua coscienza.

Detto in termini più filosofici:

- Nel sano realismo, nel realismo di San Tommaso per intenderci, l’essere fonda il pensiero.
- Nel pensiero moderno, che ha adottato il principio di immanenza, il pensiero fonda l’essere.

Kant è stato uno dei più grandi operatori di questa svolta, ed è uno degli autori ancor oggi più
studiati e più seguiti, soprattutto per i suoi principi riguardo alla morale… ci riferiamo alla
conosciuta autonomia della morale fondata sull’imperativo categorico, che ha spalancato le
porte al soggettivismo morale.

Kant dice che Cartesio lo ha fatto svegliare dal sonno dogmatico del realismo, cioè l’ha fatto
svegliare dall’illusione di credere che si possa conoscere la realtà in sé, e gli ha permesso così
di operare quella che poi sarà chiamata la Rivoluzione Copernicana della conoscenza….

Tutti noi sappiamo che la svolta di Copernico ha rivoluzionato il pensiero astronomico e


cosmologico. Copernico, grazie ai suoi studi, dopo tanti anni che si credeva che il sole girasse
intorno alla terra, cominciò ad affermare che è la terra invece a girare intorno al sole.

Ebbene la svolta copernicana del pensiero operata dalla filosofia moderna dice qualcosa di
analogo, dice cioè che non è l’oggetto extramentale che fonda il mio pensiero ma è il soggetto,
il suo pensiero e il suo modo di conoscere che fonda – in qualche modo – tutto ciò che io
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conosco. Quindi si è passati dalla centralità del reale extramentale nella conoscenza ad una
centralità assoluta del soggetto. Affermare la centralità assoluta del soggetto è un errore molto
pericoloso ed ha delle gravi conseguenze. Certamente è corretto parlare di un certo
protagonismo del soggetto nella conoscenza ma bisogna fare molta attenzione… e tante
distinzioni… che ovviamente non vengono al caso.

Con la filosofia moderna c’è stata quindi questa svolta copernicana nel pensiero, il padre
Cornelio Fabro parla a volte di capovolgimento intensionale, in altri casi capovolgimento
dell’asse di verità o di capovolgimento dell’asse metafisico. Tutto il pensiero moderno e
contemporaneo ha messo al centro dell’universo il soggetto ed ha come sua radice teoretica
il principio di immanenza.

Affermando l’immanenza dell’essere nel pensiero è negata ogni trascendenza riferita al


conoscere, e tutta la conoscenza è risolta, in qualche modo, nell’atto di coscienza.

Ma noi capiamo bene che se l’essere è limitato alla coscienza dell’uomo, e la coscienza
dell’uomo è finita – perché l’uomo stesso è una creatura finita – allora si tratterà
necessariamente di un essere finito. Attraverso varie tappe di sviluppo della virtualità del
principio d’immanenza, Fabro mostra come si è passati da un’immanenza gnoseologica (con
Berkeley, Hume, Kant) all’immanenza ontologica (cioè all’identità di essere e pensiero) fino
ad arrivare all’immanenza metafisica (ovvero all’identità di finito ed infinito come accade per
esempio in Spinoza, Hegel, ecc.).

La sostanza di tutto questo è che il principio di immanenza chiude le porte a qualsiasi tipo di
trascendenza, rendendo impossibile l’accesso al Dio Vero, ed è per questo che tutto il pensiero
moderno è condannato da Fabro come intrinsecamente ateo. Cosi lo afferma in un suo testo,
con molta chiarezza:

La situazione di Dio (da parte di Dio...) verso l’uomo non è cambiata e non può cambiare,
la situazione invece dell’uomo verso Dio è nel pensiero moderno radicalmente cambiata,
rispetto alle epoche precedenti e rispetto alla stessa tendenza naturale dell’uomo. Mentre
nelle epoche precedenti le sporadiche affermazioni di ateismo provenivano da flessioni
più o meno evidenti – e quindi ricuperabili – del principio realistico, le quali potevano
essere confutate col richiamo al principio fondamentale in quanto questo manteneva intatta
l’esigenza di trascendenza, il principio dell’immanenza taglia alla radice la trascendenza.
La situazione è pertanto capovolta1.

1 CORNELIO FABRO, Introduzione all’Ateismo moderno, Opere Complete vol. 21, EDIVI, Segni 2013, pp. 35-36.
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Questo capovolgimento ha avuto delle gravi conseguenze non solo in filosofia, ma anche in
altre discipline, come nell’etica, nella morale, nel diritto, e disgraziatamente anche in teologia
dove c’è stata un’altra svolta – quella antropologica – operata dal teologo tedesco Karl
Rahner, e con la quale si è passati da una teologia teocentrica – come è ovvio che debba essere
– ad una teologia antropocentrica, con gravissime conseguenze anche nell’ermeneutica
biblica, nella morale e nella pastorale… Non possiamo soffermarci su degli esempi che
mostrino le conseguenze di questo cambiamento radicale di prospettiva, ma vediamo
senz’altro che c’è una necessità impellente di ristabilire la giusta prospettiva e di ristabilire
anche un ordine nelle discipline; perché tra le discipline di pensiero c’è un ordine gerarchico.
Quest’ordine non è arbitrario, non è stabilito dall’uomo a piacere, ma si tratta di un ordine
che è dettato dalla stessa realtà. Per questo l’importanza di un atteggiamento contemplativo
ed umile di fronte al reale, dal quale abbiamo molto da imparare.

Qual è quest’ordine gerarchico?

Se ci muoviamo nell’ambito della ragione il primato spetta senza dubbio alla metafisica, sia
per il suo oggetto che è tutta la realtà, cioè tutte le cose che sono, l’ente in quanto ente e
qualsiasi ente (mentre le altre discipline si occupano di alcuni enti e di alcune particolarità di
questi enti), sia per quanto riguarda il suo compito di ricerca. La metafisica ha il compito di
studiare e ricercare il fondamento della realtà, un fondamento che dia ragione di tutta la realtà,
delle sue strutture, del suo ordine e della sua finalità. Tutte le altre discipline sono ad essa
subordinate secondo un ordine gerarchico… Questo è spiegato in un modo preclaro da San
Tommaso all’inizio del suo ammirabile commento alla metafisica di Aristotele.

Con Cartesio, ma poi ancora di più con Kant, questo ordine gerarchico è stato stravolto: la
Critica della conoscenza è stata anteposta ad ogni altra disciplina. Si comincia così col
chiedersi se possiamo conoscere la realtà, quando invece, che noi conosciamo la realtà è un
dato di fatto, e tutt’al più possiamo questionarci – ed è doveroso farlo – sul come conosciamo
la realtà.

Nella conoscenza e nello studio della realtà noi ci muoviamo inizialmente con un approccio
fenomenologico. Ma per conoscere la realtà, non basta fare fenomenologia, occorre andare in
profondità ed arrivare al fondamento del reale, cercando di comprenderne le strutture e di

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Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino - P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova 7/3/2018

spiegarne la dinamica. Ed è per questo che San Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Fides et
ratio ha affermato – con molta forza – che:

è necessaria una filosofia di portata autenticamente metafisica, capace cioè di trascendere i


dati empirici per giungere, nella sua ricerca della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di
fondante. … Una grande sfida che ci aspetta al termine di questo millennio è quella di
saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al
fondamento. Non è possibile fermarsi alla sola esperienza; anche quando questa esprime e
rende manifesta l’interiorità dell’uomo e la sua spiritualità, è necessario che la riflessione
speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge. Un pensiero
filosofico che rifiutasse ogni apertura metafisica, pertanto, sarebbe radicalmente inadeguato
a svolgere una funzione mediatrice nella comprensione della Rivelazione (Fides et ratio, 83).

Fenomenologia e Metafisica allora devono andare insieme, sono come l’esterno e l’interno di
un medesimo edificio: per noi, che possiamo penetrare la realtà solo dal di fuori, la
fenomenologia fornisce un primo ed indispensabile punto di appoggio per la conoscenza
metafisica del reale, ma ciò non è sufficiente, è indispensabile avere uno sguardo metafisico
anche nello stesso approccio fenomenologico, è necessario cioè riconoscere che la realtà non
fonda e non può fondare se stessa ma deve avere un fondamento che la trascende.

III

Ecco quindi, e già entriamo nella terza ed ultima parte della nostra riflessione, l’importanza e la
necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino. San Tommaso può aiutarci certamente a
vincere questa grande sfida, la sfida cioè di compiere il «passaggio, tanto necessario quanto
urgente, dal fenomeno al fondamento» di cui ha parlato così chiaramente San Giovanni Paolo II.

L’attuale filosofia rimane in superficie e si riduce quasi sempre ad essere una onto-
fenomenologia che studia in un modo epidermico la realtà e pretende di spiegare tutto
attraverso le relazioni. Questa nuova filosofia, molto in voga oggi negli ambienti accademici,
non è capace di penetrare la realtà, non riesce a conoscerne le strutture e tanto meno a
spiegarne le dinamiche. Si tratta di una filosofia che ormai non si pone neanche il problema
di arrivare al fondamento, e proprio per questo finisce per presentare una visione del mondo
in continua evoluzione e senza niente di stabile, succube di uno storicismo di matrice
hegeliana.

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Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino - P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova 7/3/2018

Il passaggio dal fenomeno al fondamento è possibile solo attraverso un ritorno alla metafisica
dell’essere di cui San Tommaso è – sicuramente – il più grande maestro.

Per ritornare ad una visione metafisica del reale noi dobbiamo studiare in profondità san
Tommaso perché solo uno studio profondo ci permetterà di acquisire un’intelligenza
autenticamente metafisica, e ci permetterà di fare delle diagnosi precise per i problemi del
mondo e di applicare così dei rimedi opportuni.

Oltre a questi motivi molto chiari che devono spingerci allo studio di San Tommaso si
aggiunge – per noi religiosi della Famiglia del Verbo Incarnato – che lo studio dell’Aquinate
è un dovere, perché fortemente raccomandato dal nostro diritto proprio e dal Magistero della
Chiesa. Le nostre costituzioni, rifacendosi al magistero e al Codice diritto Canonico
affermano chiaramente che nei nostri studi

Un posto preferenziale avrà la conoscenza di San Tommaso d’Aquino poiché la formazione


deve essere realizzata “sotto il suo magistero” (Come afferma l’Optatam Totius al n. 16),
“avendo come maestro principalmente San Tommaso” (come afferma il Codice di Diritto
Canonico nel c. 252, § 3). Perché S. Tommaso “illuminò la Chiesa più di tutti gli altri
dottori… e lo studio dei suoi testi durante un solo anno giova più all’uomo che lo studio di
altri autori durante tutta vita” (come affermò Giovanni XII in un Discorso al Concistoro il
14/07/1323) (Costituzioni IVE, 227).

L’importanza dello studio di San Tommaso è stata inoltre ricordata diverse volte dai nostri
padri capitolari. Nel nostro Capitolo Generale del 2007 è emerso che uno degli elementi non
negoziabili del nostro carisma consiste nel fatto che «Dobbiamo avere la chiara intenzione di
seguire San Tommaso d’Aquino, come è comandato dalla Chiesa e in questo contesto, i
migliori tomisti» ed è stato nominato in modo esplicito il Padre Cornelio Fabro.

Padre Fabro per noi è certamente un esempio di come bisogna studiare san Tommaso perché
ci mostra l’impegno costante di una ricerca seria e profonda, capace di far emergere la vitalità
del tomismo… ci mostra cioè un tomismo vivo, capace di dar risposta alle istanze del pensiero
moderno e contemporaneo.

Il padre Fabro iniziò a studiare San Tommaso da giovanissimo, durante la sua formazione in
Seminario. Inizialmente il suo studio era guidato dai commentatori, i quali però non lo
convincevano, e così molto presto si distaccò da essi, per immergersi nei testi originali in
latino dell’Aquinate… fino ad affermare, nella sua tesi dottorale in teologia, difesa a soli 26
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anni, di aver «letto e riletto tutta l’opera del S. Dottore». Lo studio di San Tommaso è
continuato durante tutta la sua vita e, sebbene Fabro ne abbia colto subito la chiave
ermeneutica del pensiero, nella nozione metafisica di partecipazione, la profondità
dell’Angelico è stata scandagliata grazie al confronto continuo di questo grande genio con il
pensiero moderno. Fabro ha studiato in profondità ed ha preso molto sul serio le legittime
istanze del pensiero moderno, ed ha risposto a queste istanze partendo dai principi di S.
Tommaso, ma ha anche mostrato in modo chiaro gli errori del pensiero moderno e le gravi
conseguenze del suo modo di considerare il reale. Per questo quello di Fabro è un tomismo
vivo, che ci fa conoscere un San Tommaso il cui pensiero non rimane confinato nel tempo e
i cui principi sono attualissimi, un San Tommaso capace di entrare in dialogo e rispondere ai
quesiti posti anche dagli attuali pensatori.

San Tommaso è uno di quegli studiosi che Fabro chiama pensatori essenziali, ciò significa
che egli non si è preoccupato di risolvere solamente i problemi del proprio tempo, ma di dare
risposta alle istanze fondamentali dell’uomo, a quelle domande che trascendono il tempo e la
situazione storica e che sono insite nell’anima dell’uomo di ogni tempo, e quindi anche in
ognuno di noi. Per questo il pensiero di San Tommaso non è legato ad un tempo storico, ma
lo trascende, e permea, in qualche modo, ogni situazione temporale.

Quest’idea è ripetuta da alcuni documenti del magistero ai quali accenneremo, ma anche nei
discorsi di alcuni Papi… solo a modo di esempio, il beato Paolo VI disse in occasione di un
discorso al VI congresso internazionale tomista, nel 1965:

«La filosofia di San Tommaso […] sfugge alla situazione storica particolare […] essa non
è né medievale né propria di una nazione particolare; ma trascende il tempo e lo spazio,
e non è meno valida per tutti gli uomini di oggi»2.

Sempre Paolo VI in una lettera al Maestro Generarle dei Domenicani in occasione del VII
centenario della morte di San Tommaso:

Oltre il contesto storico-culturale in cui visse San Tommaso, la sua figura emerge per
collocarsi su un piano di ordine dottrinale, il quale trascende i periodi storici che si
succedono dal secolo XIII al nostro tempo. La Chiesa in questi secoli ha riconosciuto il
valore permanente della dottrina di San Tommaso, particolarmente in alcuni momenti

2 Discorso Nous sommes particulierment heureux al VI Congresso Internazionale Tomista, 10/12/1965.


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Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino - P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova 7/3/2018

salienti, come durante i concili di Firenze, di Trento e il Vaticano I, nella codificazione


del Diritto Canonico, e nel Concilio Vaticano II3.

Sono innumerevoli le testimonianze dei pontefici che consigliano lo studio di San Tommaso.
Si può dire che praticamente non c’è stato pontefice, a partire da Gregorio X, che era Papa
quando morì san Tommaso, fino agli attuali papi che non abbia raccomandato, elogiato o
direttamente comandato di seguire i suoi insegnamenti. Si tratta di più di 80 Papi.

Il positivo influsso della dottrina di San Tommaso è cominciato nella Chiesa già a partire
dalla sua canonizzazione nel 1323… si è manifestato poi in modo molto più chiaro nel
Concilio di Trento, ed in modo esplicito nel 1567, quando Papa Pio V proclamò san Tommaso
Dottore della Chiesa. È stato però in tempi a noi più vicini che la Chiesa lo ha riconosciuto
come suo dottore ufficiale4. Colui che in modo particolare ha iniziato un processo di ritorno
al tomismo è stato il Papa Leone XIII con la sua enciclica Aeterni Patris pubblicata nel 1879.
Subito dopo, il suo successore, San Pio X, proclamerà il Motu proprio Doctoris Angelici, nel
1914, nel quale è affermata con molta forza la necessità dello studio di San Tommaso
d’Aquino.

Nel 1923 Papa Pio XI nella sua enciclica Studiorum Ducem, in occasione del VI centenario
della canonizzazione, nomina S. Tommaso Dottore Universale.

Più tardi nel Concilio Vaticano II è raccomandato nominatim, cioè per nome, come teologo
da seguire. È la prima volta nella storia della Chiesa che un Concilio raccomanda una persona
concreta come teologo da seguire e lo fa due volte in modo esplicito e una volta in modo
implicito.

Lo troviamo così nel decreto sulla formazione sacerdotale Optatam Totius dove al n. 16 è
affermato che nello studio della teologia dogmatica bisogna partire dalla Sacra Scrittura e
passare per i Padri della Chiesa, per la storia del dogma e la storia generale della Chiesa e si
afferma che:

…per illustrare quanto più possibile i misteri della salvezza, gli alunni imparino ad
approfondirli e a vederne il nesso con un lavoro speculativo, avendo san Tommaso per
maestro (Optatam totius, 16).

3 Paolo VI, lettera al Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori in occasione del VII centenario della morte di San Tommaso
(20/11/1974).
4 Cfr. CORNELIO FABRO, Introduzione a San Tommaso, Opere Complete vol. 34, EDIVI, Segni 2016, p. 95.

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Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino - P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova 7/3/2018

La seconda volta che il concilio si riferisce esplicitamente a San Tommaso è nella


dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum Educationis, al n. 10 si dice:

La Chiesa ha grande cura delle scuole di grado superiore specialmente delle università e
delle facoltà. Anzi, in tutte quelle che da essa dipendono, mira organicamente a che le
varie discipline siano coltivate secondo i propri principi e il proprio metodo, con la libertà
propria della ricerca scientifica, in maniera che se ne abbia una sempre più profonda
comprensione e – indagando accuratamente le nuove questioni e ricerche suscitate dai
progressi dell’epoca moderna – si colga più chiaramente come fede e ragione si
incontrano nell’unica verità, seguendo le orme dei dottori della Chiesa, specialmente di
S. Tommaso d’Aquino.

Un riferimento implicito a San Tommaso si trova anche nel n. 15 dell’Optatam Totius

Le discipline filosofiche vengano insegnate in maniera che gli alunni siano anzitutto
guidati all’acquisto di una solida e armonica conoscenza dell’uomo, del mondo e di Dio.
Ci si baserà sul patrimonio filosofico perennemente valido tenuto conto anche delle
correnti filosofiche moderne, specialmente di quelle che esercitano maggiore influsso nel
loro paese, come pure del progresso delle scienze moderne. Così i seminaristi, provvisti
di una adeguata conoscenza della mentalità moderna, potranno opportunamente
prepararsi al dialogo con gli uomini del loro tempo.

Non possiamo entrare nei dettagli dell’espressione “patrimonio filosofico perennemente


valido”, diciamo solamente che in una nota il decreto conciliare rimanda all’enciclica Humani
Generis di Pio XII nella quale si esorta esplicitamente che i futuri sacerdoti siano istruiti nelle
discipline filosofiche secondo il metodo, la dottrina e i principi del Dottore Angelico.

L’importanza data allo studio di San Tommaso nei documenti conciliari è quindi manifesta.

È necessario ricordare inoltre che – nonostante in filosofia siamo fuori dal campo dogmatico
e della fede – un errore in campo filosofico può causare errori e danni molto gravi anche per
ciò che riguarda la teologia e la fede. San Pio X ha affermato chiaramente che «il discostarsi
dall’Aquinate, specialmente in cose metafisiche, non avviene senza grave danno» 5, e rende
impossibile perfino capire il significato delle parole con le quali il magistero della chiesa
espone le verità di fede.

Oltre a questi brevi testi del magistero a cui abbiamo fatto riferimento, ci sono poi una serie di
documenti posteriori al Concilio Vaticano II, che continuano a ribadire l’importanza e la necessità
dello studio di San Tommaso. Non ci soffermeremo su questo, osserviamo solamente che è stato

5 SAN PIO X, Pascendi Dominici Gregis, parte II, I.


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Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino - P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova 7/3/2018

San Giovanni Paolo II ad intervenire personalmente, affinché nel nuovo codice di diritto canonico,
si inserisca un esplicito riferimento a san Tommaso come maestro principale da seguire.

Per concludere allora: Studiare san Tommaso è quindi una necessità per risolvere il più
importante e il più radicale dei problemi che tocca l’umanità intera e, in certo qual modo, anche
la Chiesa. Si tratta del problema della soggettività introdotto dal pensiero moderno... che in fondo
non è altro che un nuovo travestimento dell’antico peccato di credere di poter essere, e di voler
essere, come Dio. Otre a ciò, per noi religiosi in particolare, studiare san Tommaso è anche un
dovere perché raccomandato dalle nostre costituzioni e dal Magistero della Chiesa.

Capire in profondità San Tommaso non è facile, ne sono prova i tanti errori che nel corso
della storia si sono susseguiti sull’interpretazione del suo pensiero. Ma non bisogna
scoraggiarsi perché se si riesce a cogliere bene la chiave ermeneutica che sottende tutta la
trama del suo pensiero – è in questo Fabro è di grandissimo aiuto – se ne rimane letteralmente
affascinati… i suoi testi sono chiari, limpidi, cristallini… e lasciano trasparire la luce della
verità facendoci percepire tutta la sua forza.

Noi siamo chiamati ad evangelizzare il mondo moderno e bisogna essere coscienti che non è
possibile un dialogo con il mondo moderno senza aver acquisito prima una sana e solida
formazione e – a sua volta – una sana e solida formazione non è possibile senza delle sane e
solide basi filosofiche. Si tratta di imparare ad avere un approccio metafisico nella conoscenza
della realtà e questo è possibile solamente attraverso la metafisica dell’actus essendi di cui
San Tommaso è il più grande maestro.

Per una corretta diagnosi dei problemi del mondo moderno è necessario inoltre conoscere la
filosofia moderna… Quando padre Fabro nel 1971 ebbe un incontro con il Beato Paolo VI, il
papa gli chiese dei consigli. Il principale consiglio che Fabro gli diede fu che i vescovi fossero
eletti fra coloro che avessero ottenuto una laurea in filosofia moderna perché tutti gli attuali
problemi della teologia e della Chiesa hanno la loro radice intellettuale nella filosofia moderna.

Per questo non basta conoscere il pensiero di san Tommaso – sebbene questo sia
assolutamente necessario – ma è anche indispensabile conoscere la filosofia moderna.

Ecco perché la necessità di presentare un tomismo vivo che entri in dialogo con il pensiero
moderno, e un tomismo essenziale che, occupandosi dei problemi del proprio tempo, sappia
anche dare risposta alle questioni essenziali che trascendono il tempo e la situazione storica…:
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Attuale necessità dello studio di San Tommaso d’Aquino - P. Gianluca Trombini, IVE – Fossanova 7/3/2018

Il «tomismo essenziale» – dice il p. Fabro – comporta un giudizio attivo sul pensiero


umano e cristiano in generale e sullo stesso tomismo di fronte al pensiero moderno.
Una mera «ripetizione passiva» del pensiero di S. Tommaso ci riporterebbe al secolo
XIII, mentre la storia non torna mai indietro ed incombe per ogni uomo di pensiero il
dovere di inserirsi nei problemi e nelle ansie del proprio tempo, come l’Aquinate fece
per il suo. […] Il tomismo può e deve mostrare come dalla priorità di fondamento che
compete all’essere sul pensiero la ragione è sempre in grado di muoversi nel reale
secondo l’apertura infinita delle sue possibilità, cosi da riportare al fondamento della
vita dello spirito le vie inesauribili che l’uomo tenta senza posa nell’arte, nella scienza,
nella tecnica, nelle discipline storiche, giuridiche, economiche, cosi come nelle analisi
di struttura della coscienza etica, religiosa e politica. Non si tratta tanto – almeno nel
primo momento del confronto col pensiero moderno – di un tomismo di tesi statiche
e rigide che impongano un sistema, quanto di un tomismo di approfondimento di
principi, dinamico e aperto sul fondo di tutte le valide acquisizioni di analisi e di
metodo della scienza e della cultura moderna. Nei sette secoli di distanza che ci
separano dalla morte di San Tommaso, assertore intrepido del valore del pensiero e
della dignità dello spirito umano, il mondo ha cambiato parecchie volte la sua figura
esteriore ed interiore ed ora è in travaglio per una trasformazione che sarà forse la più
decisiva e risolutiva della sua storia. Occorre affrontarla con un’altissima idea della
dignità dell’uomo e con una ferma convinzione delle possibilità della sua mente, alla
quale e stato affidato anzitutto il compito di scorgere nella natura i segni
dell’Intelligenza suprema e di riconoscere nella storia i tratti del piano divino di
salvezza per la redenzione dal male e la vittoria sulla morte6.

Invertire la tendenza generale dell’attuale pensiero, attraverso quella che potremmo chiamare
una svolta metafisica, o una rivoluzione metafisica, è una sfida ardua e sicuramente
impossibile con le nostre forze.

Ma qualcuno ci ricorda che «tutto possiamo in Colui che ci dà forza» (Fil. 4, 13).

Per questo chiediamo a Dio che ci conceda di seguire l’esempio di San Tommaso… esempio
di un impegno incessante, costante, caritatevole nella ricerca e nella diffusione della verità…
e di seguire soprattutto, come dicevamo all’inizio, il suo esempio di intensa vita interiore,
perché è possibile penetrare in profondità la verità e farla conoscere solo se si è uniti
intimamente alla Verità Incarnata.

6
CORNELIO FABRO, Tomismo e pensiero moderno, Libreria Editrice Pontificia Università Lateranense, Roma 1969, p. 19.
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