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di Pierre Hadot
[1922-2010]
[Il sentimento oceanico: unesperienza contemporanea] [...] J. Carlier: E lei era un bambino religioso? P. Hadot: S, avevo una fede del tutto ingenua, ma, devo ammetterlo, senza entusiasmo. Ad esempio, il giorno della prima comunione mio nonno mi aveva detto: il pi bel giorno della tua vita, e io non ero aatto contento che me lavesse detto, perch non provavo niente di particolare. Quando, a dodici anni, sono andato a Roma in pellegrinaggio con i miei due fratelli e il papa apparso sulla sedia gestatoria, mio fratello Henri si messo a gridare: Viva il papa! e io ero molto sorpreso di questo entusiasmo. Trovavo che era interessante, ma che non cera bisogno di agitarsi in quel modo. Le cose sono cambiate con ladolescenza. Del resto, per lungo tempo ho avuto limpressione di essere venuto al mondo solo a partire dal momento in cui sono diventato adolescente e rimpianger sempre di avere buttato via, per umilt cristiana, le prime note scritte che erano leco della mia personalit nascente, perch mi difcile adesso ricostruire il contenuto psicologico delle scoperte sconvolgenti che ho fatto allora. Mi ricordo per il contesto. Successe una volta nella rue Ruinart, lungo il tragitto tra il Seminario minore e la casa dei miei genitori, dove rientravo tutte le sere, essendo allievo esterno. Era calata la notte e le stelle brillavano in un cielo immenso. A quellepoca si poteva ancora vederle. Unaltra volta accadde in una stanza di casa nostra. In entrambi i casi fui invaso da unangoscia insieme terricante e soave, provocata dal sentimento della presenza del mondo, o del Tutto, e di me in questo mondo. In realt ero incapace di esprimere la mia esperienza, ma in seguito sentii che poteva corrispondere a domande come: Chi sono? Perch sono qui? Provavo un senso di estraneit, lo stupore e la meraviglia di esserci. Nello stesso tempo, percepivo di essere immerso nel mondo, di farne parte, e che il mondo si estendeva dal pi piccolo lo derba no alle stelle. Il mondo mi era presente, intensamente presente. Molto pi tardi avrei scoperto che questa presa di coscienza della mio essere immerso nel mondo, questa impressione di appartenenza al Tutto, era ci che Romain Rolland ha chiamato il sentimento oceanico. Credo di essere losofo a partire da quel momento, se per losoa si intende la
Tratto da: La losoa come modo di vivere. Conversazioni con Jeannie Carlier e Arnold I. Davidson, trad. it., Torino 2008, 8ss., 12s. e 19s. [ed. or.: La philosophie comme manire de vivre. Entretiens avec J.C. et A.I.D., Paris 2001]. N.B. Titolature mie.
coscienza dellesistenza, dellessere al mondo. A quellepoca non sapevo come esprimere ci che provavo, ma sentivo il bisogno di scrivere e mi ricordo molto chiaramente che il primo testo che ho scritto era una sorta di monologo di Adamo che scopre il suo corpo e il mondo circostante. A partire da quel momento, ho sentito di essere distante dagli altri, poich non potevo concepire che i miei compagni o addirittura i miei genitori o i miei fratelli potessero immaginare cose simili. Solo molto pi tardi ho scoperto che molte persone hanno esperienze analoghe, ma non ne parlano. Ho cominciato a percepire il mondo in modo nuovo. Il cielo, le nuvole, le stelle, le sere del mondo, come dicevo a me stesso, mi aascinavano. Sporgendomi dalla nestra a testa in su, guardavo il cielo notturno, con limpressione di immergermi nellimmensit stellata. Questa esperienza ha dominato tutta la mia vita. Lho provata di nuovo, molte altre volte, ad esempio davanti al lago Maggiore ad Ascona, o guardando la catena delle Alpi dalle rive del Lemano a Losanna, o da Salvan, nel Vallese. Questa esperienza stata anzitutto per me la scoperta di qualcosa di emozionante e aascinante che non era assolutamente legato alla fede cristiana. Ha dunque avuto un ruolo importante nella mia evoluzione interiore. Per altro verso, ha fortemente inuenzato la mia concezione della losoa: ho sempre considerato la losoa come una trasformazione della percezione del mondo. Da allora ho percepito molto fortemente lopposizione radicale che esiste tra la vita quotidiana, che viene vissuta in una semincoscienza, in cui siamo guidati dagli automatismi e dalle abitudini, senza essere consapevoli della nostra esistenza nel mondo, e quegli stati privilegiati nei quali viviamo intensamente e abbiamo coscienza del nostro essere al mondo. Sia Bergson sia Heidegger hanno distinto nettamente questi due livelli dellio, lio che resta al livello di ci che Heidegger chiama il si e quello che si eleva al livello di ci che chiama lautentico. Da quel momento, dato che non osavo rivelare a nessuno ci che avevo provato, ho sempre sentito che esistono cose indicibili. Avrei potuto dire solo banalit. E mi accorgevo anche che quando i preti parlavano di Dio o della morte, realt enormi o terricanti, formulavano frasi belle e fatte, che mi sembravano convenzionali e articiali. Quanto vi era di pi essenziale per noi non si poteva esprimere. [...] [Il sentimento oceanico: esperienze antiche] [...] J. Carlier: Quello che lei chiama il sentimento oceanico, poich cos che lo chiama Romain Rolland, sarebbe forse preferibile chiamarlo sentimento cosmico, in quanto pi generale. Del resto, non forse capitato a tutti di viverlo, magari con unintensit minore? Ma la cosa si ferma qui, solo un evento che piomba addosso cos. Inoltre lei dice che questo sentimento del tutto estraneo al cristianesimo. In eetti, a parte nellAntico Testamento (il Cielo e la Terra raccontano la gloria di Dio), in tutti i testi cristiani da lei citati, specialmente negli esercizi spirituali cristiani, questo sentimento non appare molto, mentre nel mondo antico il senso di meraviglia di fronte alla natura si ripete con uno straordinario lirismo, non solo in poeti come Lucrezio, ma anche nel pi asciutto dei loso, come Epitteto. Non si tratta in denitiva di una forte rottura? 2
P. Hadot: Intendo difendere lespressione sentimento oceanico usata da Romain Rolland e distinguere appunto questa esperienza da quella della meraviglia di fronte alla natura, che pure ho provato. Parlando di sentimento oceanico, Romain Rolland ha voluto esprimere una sfumatura molto particolare, limpressione di essere unonda in un oceano sconnato, di essere parte di una realt misteriosa e innita. Michel Hulin nel suo ottimo libro Misticismo selvaggio (per lui la mistica selvaggia altro non che il sentimento oceanico) caratterizza questa esperienza come il sentimento di essere presente qui e ora in mezzo a un mondo anchesso intensamente esistente e parla inoltre di un sentimento di coappartenenza essenziale tra me stesso e luniverso circostante1 . Ci che fondamentale limpressione di immersione, di dilatazione dellio in un Altro al quale lio non estraneo, poich ne costituisce una parte. Il sentimento della natura esiste nel Vangelo. Ges parla dello splendore dei gigli dei campi. Ho spiegato per che il sentimento oceanico, cos come lho provato io, e che diverso dal sentimento della natura, estraneo al cristianesimo perch non chiama in causa n Dio n Cristo. qualcosa che si pone al livello del puro sentimento di esistere. Non sono certo che i greci lo abbiano conosciuto. Lei ha ragione di dire che hanno avuto, e al massimo grado, il sentimento della natura, ma parlano solo molto raramente di immersione nel Tutto. C, vero, questo spezzone di frase in Seneca [N.d.A. Epistulae ad Lucilium, LXVI 6]: toti se inserens mundo, immergendosi nella totalit del mondo, a proposito dellanima perfetta, ma non si pu aermare che corrisponda allesperienza di cui parliamo. Forse c anche unallusione a questa esperienza quando Lucrezio (III, 29) parla del brivido e della volutt divina che lo colgono al pensiero degli spazi inniti. Lassenza di testimonianze letterarie non signica che manchi lesperienza, ma siamo costretti a rimanere nellignoranza. Questa esperienza, in ogni caso, non ha nulla di eccezionale. Gli scrittori pi disparati la citano, per esempio Julien Green nel suo Journal, Arthur Koestler in Zro et linni, Michel Polac nel suo Journal, Jaqueline de Romilly nel suo libro Sur les chemins de Sainte Victoire, Dostoevskij nei Fratelli Karamazov, forse Rousseau nelle Fantasticherie del passeggiatore solitario (Quinta passeggiata), per non citare che alcuni nomi di una lunghissima lista. La si ritrova in altre culture, ind [...] o ancora cinese: la si intuisce in alcuni aspetti del pensiero o della pittura cinesi. [...] [Il metallo e le idee: ovvero del rigore nelle opere delle spirito] [...] J. Carlier: Lei non stato il primo losofo a lavorare con le mani: credo che Cleante fosse stato facchino. Ma aggiustatore, com simbolico! P. Hadot: Ho imparato allora almeno una cosa importante. Fino a quel momento, nelle mie dissertazioni, letterarie o losoche o teologiche, avevo aggiustato non metallo, ma idee. In questo caso, si riesce sempre, in un modo o in un altro, a cavarsela. I concetti sono facilmente malleabili. Con la materia, invece, le cose si facevano serie. Finiti il gioco, lapprossimazione, gli arrangiamenti pi o meno articiali. Il che non signica che non ci sia rigore possibile
1 M.
Hulin, La Mystique sauvage, Paris 1993, pp. 56-57 [trad. it. Como 2000].
nelle opere dello spirito. Ma assai raro ed molto facile darla a intendere, sia agli altri che a se stessi. [...]