RIVISTA
DIRITTO PROGESSUALE CIVILE
G. CHIOVENDA _ F. CARNELUTTI
DIRETTORI
F. CARNELUTTI P. CALAMANDREI
PROFESSORE ORDINARIO PROFESSORE ORDINARIO
NELLA R. UNIVERSITA DI MILANO NELLA R, UNIVERSITA D1 FIRENZE
VoLtume XVI - PARTE I
Anno 1939 - XVII-XVIII
PADOVA
CEDAM- CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI
1939 - XVILXVIN59
— =
ANCORA: IL “SISTEMA , DEL CARNELUTTI *
1. — Chiudevo la recensione del primo volume del Sistema car-
neluttiano con laugurio che a me ancora toccasse di dar notizia e
apprezzamento della prosecuzione dell’opera del mio maestro (vedi
Rivista del diritto commerciale, 1937, 1, 80). Questa volta il mio com-
pito non é, perd, cosi ampio n& cosi gravoso, come quando scrissi
quel precedents rendiconto.
Allora traevo occasione dall’oggetto immediato del mio studio per
un’ indagine che lo trascendeva ; cercavo di ricostruire, attraverso il
Sistema, le note fondamentali del pensiero del Carnelutti. A molte
delle cose dette in quell’articolo circa questo pitt generale argomento
posso qui rimandare, restringendomi ora a fare la pura e semplice
recensione nel senso comune di questo termine.
Nel secondo. volume del!’ opera, s’ accentuano il distacco rispetto
alle Lezioni, la tendenza a uno schematismo coerente e all’abbandono
delle partizioni tradizionali, il rigore del metodo. Percid il Sistema
si chiarisce sempre pil per quello che &: un libro di pura scienza,
@altissima teoria. Percid il confronto con recenti, eminenti trattazioni
del diritto processuale, condotte da un punto di vista pratico, @, si,
utile; ma, a un certo momento, ci si accorge d’aver a che fare con
grandezze incommensurabili. Nel Sistema la costruzione giuridica &
sempre saldamente appoggiata sui testi legislativi, e sono discusse
anche talune singole questioni controverse : nondimeno si deve rico-
noscere che quest’opera carneluttiana rifugge da un preciso compi
applicativo ; fornisce al pratico i principii, che il pratico deve enu-
cleare e particolarizzare, adattandoli ai casi. Vi sono pratici idonei
alla funzione che cosi loro s’affida; se non vi fossero, metterebbe
conto di compiere ogni sforzo per formarli. Il pratico educato alla
scienza vale, a parita daltre circostanze, pitt del pratico che non sa
innalzarsi in quella sfera pil severa. Le censure alla teoria che si
strania dalla pratica sono ripetute con frequenza tanto piti ingiusta,
in quanto le accuse inverse, alla pratica che ignora la teoria, sono
pit blande e pid rare.
Le opere di scienza debbono, se si vuole che esse abbiano effi-
cacia educativa, rispondere a taluni requisiti. Debbono essere frutto
* A proposito del Sistema del diritto processuale civile di Francesco Car-_
nelutti, volume II di pag. 690, Padova, Cedam, 1937.— 60 —
d’ una prudente, ma decisa tendenza alla sintesi e alla generalizza-
zione. L’analisi non & scienza. Pochi concetti che siano colonne basi-
lari dell’edificio deduttivo ; concetti che non soddisfacciano soltanto
le esigenze del formalismo, ma si ricolleghino, in apicibus, alle cor-
renti della morale, della politica, della storia, per modo che tra le
pagine aliti un soffio di vita.
Secondariamente, bisogna che il teorico tenga conto della relati-
vita delle soluzioni desunte logicamente da criteri generali, e che sappia
modificare le soluzioni, in vista delle particolarita delle fattispecie,
frenando qualche volta la tendenza deduttiva; esprit géometrique
deve, direbbe Pascal, contemperarsi con esprit de finesse. Il Carne-
lutti ha presenti tutte queste necessita; e il tentativo di appagarle,
ch’ egli compie, & poderoso e riuscito in gran parte.
2. — Il volume recensito contiene la teoria degli atti del processo.
Ricordo qui il piano generale dell’ opera. II primo volume trattava, in
guisa introduttiva, della funzione del processo, e iniziava I’ esposi-
zione della struttura. La struttura era considerata dal punto di vista
statico: elementi del processo (parti, ufficio, prove, beni) ; effetti
processuali (oneri e obblighi); contenuto del processo, ossia rapporti
tra processo e lite: considerati, quegli elementi ed effetti e questo
contenuto, in una posizione d’ immobilita, astraendo cioé dal movi-
mento che trae il processo verso la conclusione, grazie all’ iniziativa
combinata delle parti e dell’ ufficio.
Nel secondo volume comincia la dinamica strutturale. Ancor non
s’esamina lo svolgimento del processo, inteso come ordine di sequenza
degli atti; cid sara fatto nel volume che ancora manca e che deve
compiere il Sistema. Gli atti del processo sono studiati come indi-
vidualité separate, a prescindere dunque dalla connessione temporale
e finale che tra essi intercede; e sono raggruppati in categorie secondo
le note comuni. Alle differenti categorie presiedono principii del pari
comuni; che si ricollegano ai caratteri della generalissima categoria
«atto processuale >.
Se riuscird a dar corpo al vagheggiato disegno d’ un breve sag-
gio sulla storia del metodo nel diritto processuale, penso che dovrd
partire da questo rilievo, che l’esposizione teorica del diritto proces-
suale comincia storicamente come narrazione della vicenda proces-
suale, nell’ordine in cui essa suole aver luogo. Questa tecnica espo-
sitiva @ una sorta di preistoria della scienza processuale ; @ la tecnica
pitt semplice, e si presenta come la pitt ovvia al processualista pri-
mitivo, il quale raggruppa, intorno a una pitt o meno ampia cronaca
del processo, come praticamente si svolge, quel pochi principii di
diritto ch’egli ha saputi ricavare da un’ osservazione ancora superfi-
ciale ed esterna del fenomeno giudiziario.—61—
La storia della formazione della scienza processuale & precisamente
la Storia delabbandono_graduale di_questo_primitivismo, di_questo
cronachismo ; @ la storia della progressiva_prevalenza d’ una consi-
Merazione_statica, invece che dinamica del processo. ‘Solo la conce-
zione statica del processo & concezione giuridica. [I diritto statica ;:
il regolamento giuridico delle situazioni di fatto ha come presupposto
e come carattere la durevolezza. Certamente la stabilita degli effetti:
giuridici_processuali &, per definizione, di gran lunga minore che
quella dei rapporti di diritto sostanziale; le situazioni processuali
sono destinate a succedersi, ed @ anzi augurabile che si susseguano,
rapidamente. Nondimeno, condizione per lo studio giuridico di quegli
effetti, di queste situazioni & che si considerino nella loro sia pur
breve permanenza, e che si supponga in esse un minimo di stabilita.
La distinzione di James Goldschmidt, ta_una i juridica
‘ nziale, ch’ bbe statica, € una concezione giuridica proces-
“ suale, che sarebheinvece dinamica, & dungue Wafondata. Tero ®
che si_pud aver un concetto dinamico del_processo, ma questo _€ per
—Lappunto un concetto metaginricice
Se Videale d” una esposizione giuridica del processo & quella, in.
cui sia sidotta al minimo la parte dinamica, o narrativa, € largamente
sviluppata la trattazione statica, da questo ideale il Sistema del Car-
nelutti non @ molto lontano. Due nutriti volumi di questo Sistema
sono apparsi, € ancora non ® cominciata la parte narrativa, che sara.
ristretta nel terzo e ultimo € sara in certo senso secondaria, in con-
fronto con le indagini sin qui svolte. Nei primi due volumi, i prin-
cipali problemi giuridici del processo sono impostati e risolti: nel
volume che ancor deve apparire, le regole fissate nel corso della pre-
cedente trattazione avranno applicazione é conferma. La stessa teoria
degli atti processuali, sebbene appartenga gia alla dinamica proces-
suale, per altro verso si ricollega alla statica, di cui @ un’ appendice ;.
fa da anello di congiunzione fra statica e dinamica, ed @, per adoprare
lV’ espressione’ immaginosa del Carnelutti, dinamica col rallentatore.
Altro rilievo importante da fare @ questo, che la teoria degli atti &
comune al processo d’accertamento e a quello d’esecuzione.
3, — Vengo a dare il riassunto critico del libro. Degli atti pro-
cessuali, il Carnelutti propone, prima della classificazione giuridica,
una classificazione tecnica (n, 395 e segg-, Pag. 6 e segg.) Distin-
gue quattro tipi principali: atti di governo processuale, d’acquisizione
processuale, d’elaborazione processuale, di composizione processuale.
—
(1) Confr. Calamandrei, /f processo come situazione giuridica, Riv. dir.
proc. civ. 1927, I, 225.A a a en wa
‘una nozione pregiuridica del matrim:
agiuridica del processo. Se ne vuol
— 62 —
Vi sarebbe qui forse qualcosa a ridire. La tecnica processuale non é,
di per sé, tecnica giuridica? Parrebbe di sl, perché il processo é
bensi regolato dal diritto, ma anche creato dal diritto. E possibile
onio, non @ possibile una nozione
le la riprova? La classificazione
4ecnica degli atti del processo, proposta dal Carneiutti, @ 1a classifi-
cazione degli atti secondo la tecnica processuale riconosciuta dal
nostro diritto positivo ; non secondo una tecnica pitt arretrata o pitt
progredita. E alla tecnica processuale del nostro diritto positivo, non
‘a una tecnica agiuridica o pregiuridica, appartengono categorie d’atti,
-come la notificazione e la documentazione, che in un diferente ordi-
namento del processo si potrebbero, in astratto, concepire come
sassenti.
Cid non vuol dire che 1a classificazione tecnica degli atti del
processo non sia utile. Vuol dir solo che non & puramente tecnica,
ma anche giuridica. E una classificazione funzionale; chi condivi-
.desse, di causa, il concetto tradizionale, da cui tanto si discosta quello
carneluttiano, potrebbe chiamarla anche classificazione causale. E,
dicevo, utile, perché, sulla soglia della trattazione teorica degli atti
-del processo, offre un panorama realistico e vivo della varieta di
«questi atti.
4, — Segue quella che @ propriamente chiamata classificazione
-giuridica : secondo Veffetto, secondo lo scopo € secondo la struttura.
Sotto il primo profilo (n. 410 e seg., pag. 60 e seg.) s’elencano i
atti processuali estintivi, e le circostanze processuali impeditive e
modificative (ma queste non sono, anch’esse, parzialmente costitutive
-o parzialmente estintive ?)e
La classificazione secondo lo scopo si riallaccia all’elencazione
delle diverse situazioni giuridiche, quale si pud desumere dal primo
svolume (vedine il n. 22, pag. 56). Ogni tipo d’atto costituisce lo svol-
-gimento d’ una di queste situazioni : Vatto facoltativo della facolta ;
il negozio giuridico e il provvedimento, rispettivamente, del diritto
soggettivo e della potesta ; I’atto necessario, dell’onere ; Vato dovuto
e, in senso opposto, I’ atto illecito, dell’ obbligo. I primi tre si rag-
gruppano come atti transitivi, gli ultimi tre come atti intransitivi, e
un atto pud appartenere insieme a una sottospecie dei transitivi e a
-una degl’ intransitivi, ma non contemporaneamente a due sottospecie
dei primi o dei secondi (nn. 415-418, pagg. 67-75). Terminologia e
concetti difficili, ma suggestivi. Le obiezioni a questa classificazione
sono le medesime che si potrebbero rivolgere alla distinzione delle
situazioni giuridiche, cosl come il Carnelutti l’elabora. Una critica in
-questo senso ci condurrebbe troppo lontano: basti accennare che
-quella distinzione, se arricchisce la flora processuale d’esemplari che— 63 —
meritano attenzione, accanto alla categoria tradizionale del rapporto
giuridico, rompe perd I’ unita di considerazione dei fenomeni del di-
ritto, che si conseguiva studiandoli tutti sub specie del rapporto.
L’ inclusione delle istanze fra i negozi giuridici processuali (n. 420,
pag. 79) pud destar qualche dubbio, quando si pensi che effetto im-
mediato dell’ istanza & bensi quello di produrre nel giudice il potere
e il dovere di pronunciare su essa; ma tale non é forse lo scopo
dell’ istanza, che mira, per verita, a produrre non l’obbligo della pro-
nuncia, ma il mutamento giuridico che conseguira alla pronuncia.
Secondo la struttura qualitativa, gli atti processuali son divisi in
operazioni, ispezioni, dichiarazioni (nn. 429-431, pagg. 96-107) ; se-
condo la struttura quantitativa, in atti semplici e atti complessi, i
quali ultimi si classificano a loro volta in atti continuati, atti colle-
giali e convenzioni (accordi 0 contratti) (nn. 432-437, pagg. 107-126).
Qui (n. 435 5) @ ripresa la dimostrazione della teoria della vendita
forzata come contratto, risultante dalla fusione d’? un negozio con un
provvedimento; ed @ dimostrazione cosi logicamente plausibile, che
la tesi opposta, quella pubblicistica, non pud ormai piii prevalere sul
terreno logico, ma deve affermarsi sul terreno storico. Si tratta di
vedere se nel nostro ordinamento positivo, magari a differenza che
in altri ordinamenti succedutisi nella storia, non abbia acquistato im-
portanza preponderante, rispetto agli atti, d’ ufficio € di parte, che lo
precedono, il provvedimento che riassume in sé il trapasso forzato
(la sentenza di vendita) ; al quale provvedimento il Carnelutti vuol
dare la semplice funzione di suggello degli effetti d’ un contratto
perfezionatosi prima. Jnteressante & anche la distinzione tra accordo
e contratto, imperniata sul rilievo che nel primo, a differenza che nel
secondo, le parti perseguono identica causa (n. 136, pag. 116).
Nelle pagine or ora riassunte, e ancora in quelle seguenti, I’ og-
getto precipuo dell’ opera, ossia Y esposizione scientifica del diritto
processuale, non @ mai del tutto offuscato ; solo qualche volta si trova
in ombra. Pare che l’esame dei problemi processuali sia mera occasione
di risalire alle summae divisiones del diritto: il Carnelutti si rivela gran-
dissimo teorico generale; le sue intuizioni, i paralleli, quello ch’ egli
chiama «metodo comparativo interno» spaziano nei rami apparente-
mente pitt remoti del diritto, ed é specialmente notevole V utilizzazione
di categorie elaborate dai penalisti : nello stesso modo come al diritto
penale furono da lui applicati con memorabile sforzo, in un memora-
bile libro (Teoria generale del reato, 1933), i concetti del diritto privato.
5, — Il regolamento giuridico degli atti processuali si risolve, se-
condo il Carnelutti, nella statuizione dei requisiti di Hi atti, Ei
requisiti, secondo che sono interni o esterni, vanno di in elementi
e circostanze (nn. 439-440, pags. 126-130).— 64 —
Tra gli elementi dell’atto processuale, il Carnelutti ne definisce due
soggettivi, ossia la capacita e la legittimazione, e tre oggettivi, che
sono la forma, la volonta e la causa. L’originalita del pensiero car-
neluttiano si manifesta, sopra tutto, rispetto a tre dei citati elementi +
la legittimazione, !a forma e la causa. La capacita non & concepita
in maniera nuova, ma nella trattazione di questo elemento tradizio-
nale dell’atto giuridico si riflette la novita del concetto di legittima-
zione. Nelle pagine relative alla volonta non & nuova V idea gene-
rale, ma ben nuove sono, come si vedra, parecchie applicazioni.
La distinzione fra capacit& e legittimazione & imposta su una linea
poco comune; su una linea che attenua la differenza dei due con-
cetti, segnando una tendenza all’assorbimento della capacita nelia
legittimazione, alla fungibilita dell’ una con Valtra (v. n. 445, pag. 137).
La nozione della capacita si fonda sulle qualita della persona, cioe
sui modi di essere di questa, considerata in sé, indipendentemente
dalla sua posizione nella societa (ivi, pag. 135): invece la legittima-
zione si ricollega a «posizioni della persona, le quali le vengono
attribuite in ragione di certe sue qualita e in seguito all’accertamento
di queste> (ivi, pag. 137). Percid il minore @ un incapace, V inter-
detto un non-legittimato ; il tutore & legittimato, in via secondaria (vedi
n. 449, pag. 144), a compiere gli atti che interessano il pupillo, nello
stesso modo come il creditore @ legittimato ad agire in surrogatoria
per far valere le ragioni del debitore. Cosi situazioni diversissime,
come per esempio le ultime due indicate, rientrano insieme in un con-
cetto di legittimazione, la cui ampiezza @ certo suggestiva, ma pud
parere soverchia, ove si pensi che altra é la figura di colui che agi-
sce nell’ interesse altrui in virti d’ un ufficio commessogli, come il
tutore ; altra la figura di colui che agisce con efficacia sulla sfera
giuridica altrui, in virti d’ un interesse connesso con quello d’altri,
come il creditore che, forte dell’art. 1234 cod. civ., si sostituisce al
proprio debitore nell’affermarne i diritti.
Di « forma » il Carnelutti discorre in un significato pure molto vasto =
tanto che egli stesso avverte che si tratta di «forma in senso lato».
La «forma» carneluttiana @ la fattispecie : 8 quel mutamento del mondo
esterno, in cui l’atto giuridico si sostanzia: il mutamento non soltanto
come «azione >, ma come «evento» (sono qui estese note catego-
rie penalistiche) ; non solo come «modo >, ma come risultato 0 « con-
tenuto » (1). Sono successivamente esaminate la forma delle opera-
(1) Pud causare qualche disorientamento nel neofiti il sentir parlare det
«contenuto » come parte della «forma» (forma intrinseca, in antites! alla
forma estrinseca), mentre nel linguaggio corrente i-due concetti sono con-
trapposti.— 6 —
zioni processuali, la forma delle ispezioni, quella delle dichiarazioni
e quella degli atti complessi (nn. 467 e seg., 476 e seg., 480 e seg.,
494 € seg., pagg. 194 e seg., 237 € seg., 260 e seg., 328 e seg.).
Nella trattazione della volonta, che si risolve in gran parte in quella
dei vizi della volonta medesima, & notevole ed esatta la spiegazione
del dolo (rectius anzi: inganno) come sottospecie qualificata del-
Verrore (n. 505, pag. 379), ed & pure importante I’ affermazione che la
violenza esorbiti dalla categoria dei vizi della volonta, e sia aa con-
cepire come anormalita, non della volonta, ma della causa (meglio:
del movente) rispetto alla forma (n. 501, pag. 369). Tale affermazione
é in rapporto col particolare concetto carneluttiano della causa, stret-
tamente apparentato col concetto del movente. D’altro lato, seno equi-
parati errore ostativo ed errore nei motivi, e anche il primo & con-
siderato, in contrasto col modo di vedere tradizionale, come vizio
della volonta (n. 506, pag. 385).
Nell’esame del problema della causa, si rivela quella vastita d’ im-
postazione e quella semplicita di formole che @ uno dei maggiori pregi
del Sistema. Si potra dissentire dalle soluzioni carnetuttiane, specie
quando sovvertono la linea tradizionale della trattazione di certi argo-
menti: ma lo studio di quelle soluzioni riesce sempre utile, per gli
avvicinamenti inaspettati che esse suggeriscono, per gli scorci istrut-
tivi sopra norme e istituti diversi e in apparenza lontani, per la schiet-
tezza e la forza che il Carnelutti pone nella critica delle opinioni
acquisite.
La causa @, secondo il Carnelutti, 1’ interesse prossimo, per cui si
fa l’atto, cosi come i moventi sono gli interessi mediati, che l’atto &
volto ad attuare. Ora, poiché questo interesse prossimo é I’ interesse
alla produzione degli effetti giuridici propri dell’atto, la causa, secondo
il concetto propostone nel Sistema, riassorbe in sé l’oggetto dell’atto,
che consiste pur esso negli effetti giuridici a cui l’atto mira.
Su questa definizione poggiano costruzioni interessanti, come
quella dell’ atto putativo, ossia senza causa (n. 513, pagg. 400-403)
eV’ altra dell’ atto simulato (n. 515, pagg. 405-409), profilato esatta-
mente come atto, in cui v’ha discordanza fra causa e forma, non
tra volonta e forma. Mi pare discutibile I’ idea che la sentenza che
decide una lite ormai giudicata (pag. 402) sia atto putativo: il giu-
dicato compone, ma non ispegne la lite; esso costituisce un nuovo
regolamento del rapporto sostanziale controverso (1), ma cid non toglie
(1) Cid secondo 1a dottrina sostanziale della cosa giudicata, che la
sola vera, e che @ accettata anche dal Carnelutti (cfr. Sistema, |, n. 97,
pag. 278).
1939, — Riv. di dir. proc. civ. - Num, 1 - P. 1. 5— 66 —
che la lite possa perdurare 0 riaccendersi dopo il giudicato, magari
sull’ interpretazione del gludicato. E la nuova sentenza sulla lite non
sara atto senza causa; ma sara viziata, in quanto € solo in quanto
ponga in essere un regolamento differente da quello che emerge dal
precedente giudicato.
Notevoli del pari le vedute esposte sull’ illiceita del movente, sulla
violenza come sostituzione d’ un movente anormale alla causa natu-
rale, sulla tipicita della causa e sul negozio indiretto, infine sull’eccesso
di potere (nn. 517-520, pagg. 412-428).
Dopo fa lettura delle pagine or ora riassunte, rincresce che il Car-
nelutti non abbia saggiato il suo concetto di causa rispetto alla cate-
goria del negozio astratto. E vero che Vesistenza della categoria non
& ben certa nel nostro diritto positivo, tanto pil quando si veda
nella cambiale quel che ci vede il Carnelutti, ossia non un negozio
astratto di diritto sostanziale, ma un’operazione processuale, la for-
mazione d’ un documento munito di speciale efficacia probatoria. Ma,
poiche la teoria generale degli atti giuridici, elaborata dal Carnelutti
consta d’ un complesso d’ idee solitamente idonee a inquadrare non
solo gli istituti del nostro diritto positivo, ma anche istituti apparte-
nenti a ordinamenti lontani e diversi dal nostro, ci si pud domandare
se, per esempio, il concetto carneluttiano di causa spieghi la manci-
patio romana. L’ effetto giuridico di questa @ il trasferimento della
proprieta della cosa; la causa della mancipatio sarebbe dunque,
secondo il Carnelutti, 1’ interesse a quel trasferimento. Ognuno vede
allora che, nel pensiero del Carnelutti, non esistono negozi astratti:
perché negozio astratto & tradizionalmente considerato quello che pud
corrispondere a vari tipi di cause e che non accusa esteriormente quale
causa esso miri a realizzare.
Ora, se la causa dovesse essere, come pare al Carnelutti, la ten-
denza dell’atto verso le sue conseguenze giuridiche, ogni atto pale-
serebbe esteriormente e univocamente la sua causa, perché ogni atto,
considerato nel sistema della legge, rivela le conseguenze giuridiche
che sono a esso proprie. In questo senso, nessun negozio é astratto.
La mancipatio é, invece, negozio astratto secondo il concetto tra-
dizionale della causa, perché pud servire al fine di porre in essere
una donazione, una vendita, una permuta, una dazione in paga-
mento .... Cid vuol dire che il concetto tradizionale, della causa come
funzione economica dell’ atto, spiega il fenomeno della mancipatio ;
mentre il concetto carneluttiano della causa, come interesse alla pro-
duzione delle conseguenze giuridiche dell’ atto, non spiega la manci-
patio ne gli altri negozi che si sogliono chiamare astratti.
L’ osservazione che precede non pretende, naturalmente, di con-
futare la dottrina carneluttiana, altamente apprezzabile non solo come
tentativo ma come risultato, per la coordinazione felice, che essa per-— 61 —
mette, di numerose categorie concettuali sinora fluttuanti e non bene
ingranate fra di loro. Peraltro né le difficolta possono essere nasco-
ste, ne le obiezioni taciute ; e sulla via che conduce alla precisazione
del pitt arduo concetto della nostra scienza, quello di causa, é forse
necessario un ulteriore cammino. =
Agli elementi degli atti processuali segue l’altra specie di requisiti :
le circostanze. Vi sono circostanze generiche (tempo e luogo) e circo-
stanze specifiche (condizioni e presupposti: nn. 522-544, pagg. 428-
486). La mente sintetica del Carnelutti gli permette d’ esporre (n. 537,
pagg. 461-462) un concetto unitario della condizione, volontaria o
legale, dal punto di vista della comunanza di regime giuridico fra
queste due circostanze : mentre & noto come, ancor di recente (i), sia
stata combattuta I’ idea della condizione legale sol perché essa e la
condizione volontaria differiscono nelle rispettive fattispecie. Natu-
ralmente le note comuni a due istituti non si debbono ricercare dove
a priori si sa che non ci possono essere, perché allora la conclu-
sione che i due istituti non abbiano nulla di comune rischia di esser
una conclusione affrettata, anzi avventata.
§. — Qui comincia l’esame dei rimedi degli atti processuali: l’esame
insomma delle conseguenze giuridiche prodotte dalla mancanza di
requisiti degli atti processuali.
Ml Carnelutti tratteggia una progressione armoniosa di queste con-
seguenze, dalla pit semplice < pit radicale, che & la nullita, sino alla
pit raffinata e complessa, all’ impugnazione, attraverso la conversione,
la nullita relativa e lannullabilita.
Questa progressione realizza la tendenza dell’ordinamento giuri-
dico a salvare in misura sempre maggiore il salvabile nell’atto viziato,
stabilendo che esso abbia almeno un’ efficacia pid ristretta (conver-
sione) o che non ne venga meno I’ efficacia, se non in quanto cid
sia voluto dalla parte interessata, la quale reagisca contro l’atto (nul-
lita relativa, annullabilita) o infine che il venir meno dell’efficacia
dell’atto sia correlativo alla sostituzione di questo con un atto nuovo
(impugnazione). |
L’ impugnazione come istituto processuale pare al Carnelutti spe-
cie d’ un genere pitt vasto; e il concetto stesso d’ impugnazione si
rivela appartenente alla teoria generale del diritto, piuttosto che alla
teoria del processo : V’avvicinamento tra I’ impugnazione e la rescis-
sione (per lesione) di diritto privato & suggestivo 0 suadente.
Al Carnelutti non sfugge il significato storico dell’evoluzione sopra
descritta: alle osservazioni interessanti ch’egli propone brevemente
(1) Dal Barbero, Contributo alla teoria della condizione, 1931, pagg. 67 sgg.— 68 —
su questo tema (n. 564, page. 518) occorrerebbe perd aggiungere,
con speciale risalto, il rilievo che la progressione dalla nullita verso
V impugnabilita degli att! processuali, rientra, come fenomeno parti-
colare, in quello generale della pubblicizzazione del processo.
Chiave della classificazione delle impugnazioni & la distinzione fra
processo di riparazione e processo di rinnovazione (vedi gia Lezioni
di dir. proc. civ., IV, n. 317). Al genus «riparazione » appartengono
le opposizioni e la rivocazione ; al genus «rinnovazione » l’appello
e il reclamo. Sono delineati, a questo punto, i principii comuni a
tutte le impugnazioni: oggetto dell’ impugnazione, domanda d’ impu-
gnazione, contenuto dell’ impugnazione (nn. 571-585, pagg. 522-595) ;
sono poi studiati i caratteri delle singole impugnazioni (a. 586 e seg.,
pagg. 595 e seg.).
‘Veramente notevcle é, in queste pagine, il profilo della cassazione
come secondo appello, straordinario perd e limitato, caratterizzato
dalla divisione del iudicium rescindens dal iudicium rescissorium, Ne
deriva che i legami tra il procedimento di cassazione vero € proprio
e il procedimento di tinvio sono concepiti in maniera pit stretta che
non tradizionalmente, e un singolare corollario pratico & che, perento
to stadio di rinvio, acquisti valore la sentenza cassata (n. 605, pag. 651):
la cassazione non sarebbe < modificazione > ai sensi dell’ art. 341 cpv.
cod. proc. civ.
7. — Se, dopo questi cenni sul contenuto del secondo volume
del Sistema, dopo questo sommario rendiconto, che vuol essere pura-
mente un invito alla lettura della massima opera carneluttiana, voglia-
mo risalire a un’ impressione d’ assieme, lo sforzo sistematico com-
piuto appare degno non solamente d’ammirazione, ma di gratitudine
profonda. 7
E se talvolta, soprattutto al lettore non esercitato, e pit in questo
secondo volume che nel primo, il rigore del metodo pud sembrare
limitrofo al formalismo, bisogna pensare alla novita dell’ impresa, che
glustifica quest’apparente difetto; e bisogna riflettere che il proposito
del Carnelutti fu piuttosto di disegnare che di colorire. Meglio che
rivolta una critica al Carnelutti, va additato un cdmpito ai suoi conti-
nuatori: d’ immettere il torrente della realta, ossia della storia, nelle
forme perfette che egli ha delineate. zl
ENRICO ALLORIO
Professore della Regla Universita di Messtna