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DIRITTO ‘ G. CHIOVENDA, F. CARNELUTTI ¢ P. CALAMANDRE! ;* ~PROGESSUALE FONDATA ‘NEL. m4 DA . DIRETTA DA: n LIEBMAN * ae “PADOVA CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI 1973 TOnELcARIONE TRIMESTIALE SPEDISIONE XN ANBONAGOENTO POSTALE ~ XV ORUTTO - (FEIOCIA) SIGNIFICATO ATTUALE DELL’AZIONE NEL PROCESSO PENALE (*) 1, — L’Associazione non @ nuova ad evasioni dal campo del processo civile: basta ricordare il bilancio sulla legge del 1865 sull’abolizione del contenzioso amministrativo, ad illustrare il quale fui chiamato nel convegno tenutosi, sui primi del 1965, a Bo- logna (1). Peraltro, la giustificazione delle due evasioni é diversa perché, mentre sulla prima non poco influi la esigenza di partecipare alle celebrazioni del primo centenario della costituzione dello Stato unitario nel modo, che a processualisti civili si addiceva, con veri- ficare, cio’, il lungo cammino della giurisprudenza sull'appassio- nante e fascinoso tema della tutela dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione nei processi avanti il giudice ordinario, il motivo, che ha indotto l’associazione ad iscrivere all’ordine del giorno il significato attuale dell’azione nel processo penale, é det- tato da diverse esigenze. Ci si disse nell’ottobre del 1971 a Sorrento: venga un penal- processualista a spiegare ai civilprocessualisti che cosa significa Yart. 112 della Costituzione, laddove i civilprocessualisti, molto sommessamente, scrutineranno che cosa sia, in quel contesto, utilizzabile della nozione di azione, maturata nel campo del pro- cesso civile. TI punto di congiunzione doveva essere rappresentato — sempre nelle molto sommesse congetture dei civilprocessualisti — dal raffronto tra Part. 74 cod. proc. pen. e Wart. 112 nell’ambiente, delineato dalla sentenza 9 luglio 1970, n. 123 della Corte costitu- zionale (2), che disse infondata la questione di costituzionalita (@) Retazione Jetta al decimo convegno dell'Associazione italiana fra gli stu- diosi del processo eivile, tenutosi a Genova il 22 ¢ 23 settembre 1973. (Q) Riv. trim. dir. proc. elv 1965, 1622. (2) Foro its, 1970, 1, 1841. 1973. — Riv, di dir. proc. - Num. 3, 24 ell’art, 74 e di altre disposizioni del codice di procedura penale ee nonehé dell’ordinamento giudiziario, le quali disciplinano I'azione e la giurisdizione nei reati di competenza del pretore. Naturalmente, io parlo a titolo personale, ché non mi arrogo “mmenomamente il diritto di interpretare il pensiero dei civilpro- cessualisti, né della maggioranza dei medesimi, anche perché é difficile, nel tema che ne occupa, non — diciamo — verificare una maggioranza, ma cogliere l’accordo tra due o tre persone. Non per nulla ci si é richiamati all'immarcescibile : fof capita, tol sen- (entiae, quando non si @, pitt fantasiosamente, scritto che le teorie sull’azione «come le notti della leggenda sono mille e una, e tutte meravigiiose ». 2. — Dico subito — anzi ripeto — che non condivido questo scetticismo, il quale, se valido, trasformerebbe il magistero intel- lettuale di coloro, che si sono occupati dell’argomento, in una fa- tica di Sisifo o in un vacuo concettualismo. Padronissimo chi lo desidera, di dedicarsi in questo mondo, oppresso si da tragedie, ma illuminato da promettenti aurore, alla visione trasumanata dell’azione, ma chi, per varii motivi, ha a che fare con il diritto processuale o procedura civile, che dir si voglia, non pud ignorare la realta normativa, la quale si compone del codice di procedura civile e delle neglette leggi speciali, da taluno accusate di rompere le uova nel paniere del sistema, e, pit sopra, da non molte, anzi poche, disposizioni della Costituzione. Poiché — é un insegnamento di Capograssi — anche la scienza contribuisce, con le sentenze dei giudici e coi comportamenti, negoziali e no, di coloro, i quali non hanno professionalmente a che fare con la gestione della giustizia, alla formazione dell’or- dinamento positivo, 6 d’uopo identificare il contributo della pro- blematica dell’azione alla formazione dell’apparato normativo, che, pi o meno, validamente ci regge. Ora, l'art. 310, cosi come l’art. 341 del codice del 1865, non & agnostico, perché il mitico personaggio, se introduce il proprio discorso con negare che l’estinzione del processo estingua l’azione, non identifica l'uno con I’altra, ma, di per cid stesso, ammette che si diano processi, sebbene oggetto non ne formi !’azione ; significa, per farla breve, che il legislatore ha posto fuori gioco la nozione dell’azione in senso astratto, limitando le sue preferenze alle due altre opinioni, che si disputano il campo: all’azione, intesa come SIGNIFICATO ATTUALE DELLA AZIONE ECC. 357 aspirazione ad un provvedimento di merito, e all’azione, intesa come aspirazione ad un provvedimento favorevole all’attore. L'importanza, morale prima che giuridiea, di questa opzione non ha bisogno di essere sottolineata, né @ questa la sede per ripe- tere il fitto catalogo di disposizioni, dalle quali la contrapposizione tra azione e processo riceve luce, le situazioni, processuali e pre- processuali, cui quella contrapposizione da luce (3). B mia convinzione che il legislatore ordinario, si esprima esso con il codice ovvero con leggi speciali, non tanto sia stato agnostico sulle due altre nozioni di azione, rimaste in campo, quanto esprima il proprio diclum in guisa bivalente, nel senso che di un gruppo di disposizioni la fattispecie & costituita dalla sussistenza di una domanda fondata, e di altro gruppo di disposizioni dalla pronuncia di una sentenza di merito, sia essa favorevole o contraria all’attore. Il 1¢ comma dell’art, 24 della Costituzione, consentendo a tutti di agire in giudizio per la tutela dei diritti soggettivi (nonché di interessi legittimi), si allinea sulla ideologia del legislatore ordinario elevando ad oggetto della funzione, propria della giustizia civile ed amministrativa, la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi, e facendo dell’azione, che ne @ la proiezione soggettiva, una componente della capacita di essere parte, e, di per cid stesso, relegando nel cantuecio patologico del processo la risoluzione di quelle questioni processuali, che, nella migliore delle ipotesi, rap- presentano il pedaggio per coloro i quali agiscono per la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Questo @, a mio avviso, il contenuto minimo del 1° comma del- Vart. 24, che, come ogni disposizione, non pud essere avulso dal sistema, di cui fa parte, e proprio il collegamento tra i due primi commi dell’art. 24, il secondo dei quali sancisce la inviolabilita del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, consente di ricavarne V'affermazione del carattere costituzionale della ga- ranzia del contraddittorio. Talché — & da dire — la nozione di azione non @, nella nostra Carta costituzionale, avulsa dal rispetto della legge del dialogo. Non so se il significato profondo di questo collegamento sia impoverito da chi afferma che l'assemblea costituente ha abbando- nato il prudente agnosticismo del legislatore ordinario accogliendo determinato dal collegamento tra i due primi nel gioco di luci, (3) Cons, se vuol, Andrioli, Leztont dir. proc. civ. ¥, 1973, nn. 44-6, 358, RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE, commi dell’art. 24, la teoria dell’azione, intesa come aspirazione ad una sentenza di merito, che del processo esalta il carattere bi- o pluri-laterale, pur non trasformandolo in un gioco. Cheeché si pensi della collocazione, non é dubbio che il 3° comma dell’art. 24 si presenta come Despressione non tanto del secondo quanto del combinato disposto dei due primi commi, se vi si vede la rimozione di uno degli ostacoli di ordine economico, che, a stare al 2° comma dell‘art. 3 della Costituzione, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e Veffettiva partecipazione di tutti i lavoratori aila organizzazione politica, economica ¢ sociale del Paese: vale a dire la non abbienza. Che poi il 3° comma abbia dovuto attendere ben venticinque anni (il tempo di un giubileo) per essere attuato in una parte, sia pure importantissima e qualificante dell’esperienza giudiziaria (voglio dire : le controversie individuali di lavoro e di assistenza ¢ previdenza obbligatorie), é un’altra faccenda ; qui interessa chia- rire che i primi tre commi dell’art. 24, ove si leggano con riferi- mento non solo al 1° ma anche al 2° comma dell’art. 3, che distin- gue la Costituzione repubblicana dallo Statuto Albertino, consen- tono di ravvisare nell’azione, intesa come componente della ca- pacita giuridica, non un che di static, ma la pit viva manifesta zione del dinamismo, che il 2° comma imprime alla Costituzione e, quindi, alla vita civile degli Italiani. 3. — Se tale é la sostanza dell’esperienza, nella quale si colloca Vazione nei processi civili (e, forse, amministrativi), la prima im- pressione di chi si attenta a trasferirla nel campo, che vorrebbe es- sere finitimo, dell'azione penale é di sconcerto, ma procediamo con ordine. Anteriormente all’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica, che. come si sa, fa parola del pubblico ministero negli artt. 107, 4° comma, e 108, 2° comma, e dell’azione nell’art. 112, che Vattribuisce al pubblico ministero e la vuole obbligatoria, il primo capo del titolo primo, dedicato alle azioni, del libro primo del codice di procedura penale, ne conteneva (¢ ne contiene) la disciplina, ma non é senza significato che le disposizioni pitt quali- ficanti e qualificate siano da ricercare altrove : nel primo capo del terzo titolo dello stesso primo libro che s'intitola al pubblico mi- nistero, e, segnatamente, nell’art. 74, di cui non si sa se meri- tino maggiore attenzione il 19 o il 3° comma, e nell’art. 7 dello ae SIGNIFICATO ATTUALE DELLA AZIONE ECG, 359 po, che assegna al pubblico ministero gli stessi poteri del giudice, alle disposizioni, che ne regolano Ia legitti- mazione all'impugnazione e l'appello incidentale, e, infine, nello art. 185 n. 2, che fulmina di nullita insanabile la inosservanza delle norme, che disciplinano Viniziativa del pubblico ministero nello esercizio dell’'azione penale, la sua partecipazione al procedimento ead ogni atto, in cui la legge la dichiara obbligatoria. ‘A questa scissione, cui il codice ha creduto di ispirare la nor- mativa sull'azione penale e sul pubblico ministero, corrisponde una diversa andatura della dottrina. Un po’ per importazione dal finitimo campo del processo civile, nel quale, almeno sino a quando Carnelutti dedicd le cure di stu- dioso alla procedura 0 diritto processuale penale, che vuolsi, la communis opinio ravvisava il fratello maggiore del processo pe- nale (0, in diversa prospettiva, vedeva nella procedura penale la Cenerentola), un po’ per virti propria, la dottrina si é sbizzarrita a ravvisare nell'azione penale i pit impensati esemplari della flora giuridica : la potenzialita stessa dell’azione penale di tradursi in atto, la quale somigliava maledettamente all’azione civile, intesa come diritto sostanziale sul piede di guerra, ’attivita diretta a con- seguire dal giudice la decisione sulla pretesa punitiva dello Stato, derivante dal reato, sino alla recezione, da parte del Massari, della tematica chiovendiana e alla teoria composita di Giovanni Leone, il quale concepisce I’azione penale come diritto soggettivo pubblico nei confronti dellorgano giurisdizionale ¢ come diritto potestativo nei confronti dell’imputato (4). Se non vado errato, questa ricchissima collezione non ha molto inciso sulla disciplina positiva dell’azione penale, in quanto i primi articoli del codice di procedura non ne risentono menoma- mente; nessuna di tali disposizioni, per intenderci, arieggia al 1° comma dell’art. 310 cod. proc. civ., talché non si é esitato ad jdentificare, a seguito di una accurata analisi, Yazione penale con i procedimento (5). Diverso € ben pitt consistente @ il discorso, dedicato alle altre disposizior nelle quali il legislatore del 1931, abbandonato il livello definitorio dell’azione, é disceso — 0, a seconda dell’angola- (4) Per una vistone panoramiea ¥. G. Leone, Azione penale, voce dell Enc, diritio, 1959, IV, 851. () De Lalla, 11 concetto legislative di azione penate, 1966, 360 RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE Zione di visuale, é risalito — ad esaminare i due punti nodali del- Yattivita concreta del pubblico ministero: i rapporti, cioé, con it giudice e con r'imputato, Si constatera, 0, pid precisamente, s'immorera nel constatare, che i due nodi sono strettamente collegati con il primo, in quanto non si pud prendere posizione sui rapporti tra pubblico ministero € giudice e tra pubblico ministero e imputato, se non si opera la Sseelta tra il sistema inquisitorio e il sistema accusatorio, e, piit in generale, non si colloca il pubblico ministero, al posto giusto, tra 1a giurisdizione e lo Stato — organizzazione, ma non @ inopportune Ficordare che nella vicenda, in cui i rapporti tra pubblico ministero © parte sono cmersi in guisa pit appassionante (voglio dire l'archi- Viazione), Ia dottrina ha abbandonato il pluralismo sistematico di cut aveva dato prova nel compito catalogatorio dell'azione, ed ha scritto chiaro e tondo che lazione penale & I'espressione de! fondamentale prindipio, che — si & precisato — non & enunciato in aleun testo di legge, ma é alla base di tutto il sistema giuri- sdizionale: ne procedat index ex officio ; i procedimento di archiviazione I’a: in ato. Non da ogsi ho espresso la opinione che tamente il testo del’ultimo comma dell’ Yart. 6 D. L. L. 14 settembre 1944, n. capo al principio: ne procedat index zione e la giurisdizione penale Per interpretare adegua- art. 74, quale risulta dal- 288, non sia necessario far & officio, ma sia sufficiente 74 ¢ degli artt. 1 e 296 (6). lettera dell’art. 74, la consi- lel p. m., i quale reputi che zione penale, non rappresenti addirittura lapalissiana e si 'ggia sull’aereo Roma-Genova chi, pervenuto alla aerostazione di Fiumicino, ritorna bet bello alla Citta Eterna. Ma la constatazione a) che il giudice istruttore, Procede dufficio in seguit Verissimo che, se ci si sofferma alla derazione che la richiesta, da parte d per il fatto si debba promuovere a: Pparisce meno lapalissiana, se si riflette Pur nelle ipotesi in cui, a sensi dell'art. 1, to a rapporto, a referto, a denuncia o ad (©) Andrict. Appunti procedura penale, 1965, n. 37, RL SIGNIFICATO ATTUALE DELLA AZIONE ECC. 361 altra notizia del reato, non pud aprire la istruzione formale, se non ‘su richiesta del pubblico ministero. In perfetta consonanza con l'art. 296, che subordina I'apertura della istruttoria formale alla richiesta del pubblico ministero, Tultimo comma dell’art. 74 lascia libero il giudice istruttore di accogliere la richiesta di archiviazione del p. m. ovvero di disporre Yapertura della istruzione formale. Ne segue che l’opinamento del pubblico ministero é del tutto irrilevante perché, anche se il rappresentante della legge reputa che per il fatto non debbasi promuovere I'azione penale, il giudice istruttore ben pud disporre Yapertura della istruzione formale, e, per contro, che, in difetto della richiesta del pubblico ministero, quale che ne sia la moti- vazione, non pud il giudice istruttore far luogo alla istruzione formale. La riprova della dipendenza dell’apertura della istruzione for- male dalla richiesta del pubblico ministero, gia constatata dall’ul- timo comma dell’art. 74, @ fornita dalle disposizioni, che discipli- nano non solo la richiesta e la istanza di uffici estragiudiziari e la querela, ma anche il rapporto, il referto e la denuncia : disposi- zioni dalle quali risulta che queste iniziative, direttamente o in rettamente, hanno per destinatario non il giudice istruttore, ma il pubblico ministero. Questi, ribadito che, quali che siano Je sorgenti di notizia di reato e rimangano esse oppur no al livello di dichiara- zioni di scienza ovvero si elevino al rango di dichiarazioni di vo- Jonta, come la querela, 0 di-provvedimenti, come la richiesta e la istanza di uffici estragiudiziari, non cessa di esserne il destinatario, si vede assegnare dagli artt. 74, globalmente considerato, e 296 una scelta chiusa di alternative : anche se non ritiene sufficienti a for- mare la convinzione di fondatezza dell’azione penale le notizie del reato gid acquisite e compie direttamente o per mezzo di uffi- ciali di polizia giudiziaria atti di istruzione preventiva, il rappresen- tante della legge, ove il reato non rientri nella competenza del pretore ovvero di altro giudice, non puod sollecitare dal giudice istruttore se non apertura dell’istruttoria ovvero l’archiviazione. Pertanto, il testo novellato deil’ultimo comma dell’art. 74 ri- veste, a ben guardare, un significato puramente storico, in quanto Ia posizione del p. m. rispetto al giudice istruttore non varia, a seconda dell’interno opinamento del primo. Niun dubbio che il principio della domanda sia salvo anche nel caso, in cui il giudice istruttore opti per I'archiviazione, essendo 362 RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE Yesercizio del potere del giudice istruttore condizionato, quale che ne sia il contenuto, dalla richiesta del pubblico ministero: non in tutto esatto che il principio: ne procedal iudex ex officio sia impli- cito nell’ordinamento positivo, il quale, per contro, lo esprime in non poche disposizioni, separatamente e congiuntamente consi- derate. : Altro punto, nel quale i rapporti tra pubblico ministero e giu- dice istruttore assumevano rilievo. era dato dall'art. 389, 3° comma, il quale consentiva di procedere ad istruzione sommaria, anche per i reati di competenza delle corti di assise e dei tribunali, puni- bili con pena detentiva temporanea 0 meno grave, in ogni caso in cui la prova fosse evidente, cosi come il 2° comma della stessa norma attribuiva al procuratore della Repubblica il potere di pro- cedere con istruzione sommaria, anche se fosse stata iniziata istruzione formale, quando l'imputato nell'interrogatorio avesse confessato di aver commesso il reato e non aprissero necessari ulteriori atti istruttori. Tl 8° comma dell’art. 389, si sa, @ stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza 28 novembre 1968 n, 117 (7), nei limiti, in cui escludeva la sindacabilita, nel corso del processo, della valutazione del pubblico ministero sulla evidenza della prova, ma su questa dichiarazione di illegittimita, la cui esegesi apparve tutt’altro che limpida, sono da formulare due os- servazioni. La prima @ che la Corte costituzionale non tanto dichiaré la parziale illegittimita della disposizione impugnata, quanto disat- tese l'interpretazione, che ne offriva la Corte di Cassazione : non @ un mistero per nessuno che la discrezionalita dell’apprezza- mento della evidenza della prova non solo non era nella legge, ma contrastava principii, anche espliciti, a tenor dei quali il pubblico ministero non era affatto libero di dire evidente, oppur no, una prova (anzi un complesso di prove, che convalidassero la fondatezza della imputazione), ma doveva far uso di canoni logici e di comune esperienza, la cui applicazione non poteva non essere motivata. Si aggiunga che la esigenza di una motivazione coerente e suffi- ciente sulla evidenza della prova doveva essere verificata, in sede di legittimita, dalla Cassazione, se si riflette che la scelta del pubblico ministero incideva ex necesse sia sulla posizione del (1) Foro it,, 1968, 1, 2913. SIGNIFICATO ATTUALE DELLA AZIONE ECG. 363 pubblico ministero, sia sulla condizione dell'imputato, e cio’ sui un. 2 e 3 deli’art. 185, 1a cui inosservanza di Iuogo a nullité insa- nabile ¢ da rilevarsi d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Lialtra osservazione @, pitt precisamente, una constatazione : @ parametro della dichiarazione d’incostituzionalita era stato as- sunto dal giudice istruttore del Tribunale di Torino, che aveva ritenuto non manifestamente infondata la questione, non l'art. 25, 20 comma, né l'art. 112, ma l'art. 25, 1° comma, con la conseguenza che Ia postulata insindacabilita della scelra del pubblico ministero era stata censurata con precipuo riferimento alle modificazioni sulla competenza del giudice del dibattimento, che ne potevano derivare. Cid significa che il dubbio di costituzionalita e le conseguenze normative, che dalla affermazione della sua fondatezza sono sca- turite con la legge 7 novembre 1969, n. 380, non hanno in guisa precipua attinto alla complessa tematica intrecciatasi intorno alla dottrina processualistica dell’azione, con la quale anzi sembrano versare in una condizione di intellettuale contrasto in quanto si sono ricollegati non al processo di produzione del provvedimento giudiziale o istruzione che dir si voglia, nel quale s'inserisce l'azione, ma alla contrapposizione tra le due istruttorie (I’una affidata al giudice istruttore e Valtra al pubblico ministero), quale cagione di attentato alla garanzia del giudice naturale precostituito per legge. Questa sentenza s'inserisce nella corrente, che ha la sua espres- sione fondamentale nelle due famose sentenze del 1965, luna (a. 11) interpretativa di rigetto e Paltra (n, 52) interpretativa di accoglimento, sulla estensione delle garanzie della istruzione for- male alla istruzione sommaria, ma altro pregio non si pud, almeno al suo dispositivo, riconoscere, cosi come non del tutto pregevole é la soluzione di compromesso, che si @ finito con il preferire nella legge 7 novembre 1969, n. 380, ispirata com’é alla visione giudi- ziale del pubblico ministero, il cui provvedimento reiettivo della istanza dell’imputato pud da quest‘ultimo essere impugnato con ricorso al giudice istruttore. Si avvertono in questa procedura reminiscenze civilprocessualistiche, come il reclamo immediato al collegio contro le ordinanze, con cui il giudice istruttore ha cono- sciuto di questioni di ammissibilita e di rilevanza di mezzi istrut- tori 0, addirittura, fallimentari, come il ricorso di chiunque vi ha interesse contro Poperato del curatore al giudice delegato, il cui 364 RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE reclamo pud formare oggetto di ulteriore reclamo al collegio det tribunale, ma sono reminiscenze di diritto positive, che non sa- rebbe lecito agganciare alla problematica dell’azione civile. Peraltro, si coglie, nel testo novellato dall’art, 389 un punto, che interessa al fine di intendere il significato attuale dell’azione nel processo penale : voglio dire le facolta di rimostranza contro la scelta della istruzione sommaria, operata dal pubblico mi stero, e di reclamo al giudice istruttore contro il provvedimento reiettivo della rimostranza, riconosciute all’imputato. Facolta, di cui si awverte il collegamento con quella parte della motivazione della sentenza, in cui la Corte costituzionale afferma che la istru- zione sommaria, pur rigenerata dalle sentenze del 1965, cui, a scoppio non poco ritardato, sono seguiti, con riferimento all’art. 304, Vart. 8 legge 5 dicembre 1969, n. 932 a sua volta sostituito com Vart, 3, legge 15 dicembre 1972, n. 773, l'art. 1, legge 18 marzo 1971, n, 62, con riferimento all’art. 304 bis, e gli art. 4 e 5 dellaor richia- mata legge e 5, legge 18 marzo 1971, n. 62 con riferimento agli artt. 304 quater, 316 ¢ 317, riserva all’imputato garanzie di difesa meno efficienti delle altre offerte dalla istruzione formale: «A parte, invero, che le norme di competenza non possono subire Giscrezionali modificazioni in nessun caso, sta di fatto che le due istruttorie, anche se meno differenziate di quanto prima non lo fossero, non possono identificarsi sul piano teorico né su quello pratico. La presenza di un giudice che la dirige e la maggiore ampiezza che essa conferisce alla dialettica processuale, pongono di per sé Ja istruttoria formale in una posizione ben diversa da quella sommaria, ai fini dell'obiettivo accertamento della verita e delle garanzie per P'imputato ». Ad un quinquennio dalla pronuncia di questa sentenza, le cui difficolta esegetiche sono state sottolineate anche in sede di elabo- razione della legge del 1969, rimane ancora incerto se la ratio deci- dendi sia stata la garanzia del giudice naturale ovvero la tutela della inviolabilita del diritto di difesa dell'imputato, 0, pit piana- mente, I'uno e Valtro di questi beni della vita, né questa ambi- guita si pud negare che siasi ripercossa anche nella legge, nella quale coesistono il provvedimento del pubblico ministero e la duplice facolta d'impugnazione, attribuita all'imputato. In sintesi: direi che in questa vicenda di grande rilievo s'inse- risce 1a tematica del giudice naturale, della quale invano si an- drebbe in traccia nell'ambiente non, diciamo, dell'azione civile, ma laa SIGNIFICATO ATTUALE DELLA AZIONE ECC. 365 addirittura della giurisdizione civile (a precostituzione del giudice é la proiezione processuale del nullum crimen sine lege, di cui, pur sostituiti alla pena sanzioni e, in genere, effetti civili non si ¢ av- vertita l’esigenza nella tutela dei diritti soggettivi), e dalla dottrina dell'azione civile si pud afferrare I’aspetto della garanzia del con- traddittorio, che la caratterizza, non in sé, ma con riferimento al 2° comma dell’art. 24. Non a caso ho tiprodotto una parte della motivazione della sen- tonza del 1968, perché occorre una gran dose di buona volonta per coordinarla con la successiva sentenza 9 luglio 1970, n. 123 (8), con la quale la Corte costituzionale ha detto infondate le questioni di costituzionalita delle norme, che disciplinano la giurisdizione e V'azione nei reati di competenza del pretore : infondatezza, riaf- fermata con la ordinanza 27 giugno 1973, n. 101 (9). Silegge nella motivazione di questa sentenza che «anche quando pro- cede a sommarie indagini o eventualmente ad una vera istrut- toria, il pretore non persegue istituzionalmente altro interesse fuori ai quello oggettivo, dell’accertamento della verita e delle respon- sabilita, del quale V’interesse alla tutela dell’innocente @ parte integrante allo stesso titolo dell’interesse della punizione del reo. Ed & significativo al riguardo che V'art. 409, 3° comma, cod. proc. pen. prescriva che il pretore debba indicare nel decreto di citazione a giudizio «i testimoni tanto a carico quanto a discarico dell’im- putato, che reputa utili per I'accertamento della verité.», senza pregiudizio, naturalmente, delle disposizioni in materia probatoria applicabili alla fase del diritto ». E ancora : « Neppure sussiste la lamentata violazione del diritto di difesa, di cui al 2° comma dell’art, 24 Costituzione, poiché questo, sotto il profilo che qui viene in considerazione, comporta bensi, essenzialmente, che l’accusa sia portata a conoscenza dell'impu- tato, in modo da metterlo in grado di opporvi le proprie ragioni ‘ed addurre prove in sua difese, ma non comporta anche che ci sia un apposito organo cui esclusivamente spettino Je funziont di accusatore, E quella fondamentale esigenza @ rispettata, specie dopo la dichiarazione di parziale illegittimita costituzionale del- Tart, 398 cod. proc. pen. (sent. n. 33 del 1966), con la sola diffe- Oe ee ee ee ee ee eee 366 RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE ferenza che, nel processo pretorile, ad essa provvede lo stesso pretore ». Certo, la sentenza, che si esamina, nella problematicita, dalla quale apparisce animata, segna un progresso rispetto alla assio- matica glorificazione del fatto compiuto, di cui fu non Jaudabile documento la sentenza 24 maggio 1967, n. 61 (10), ma cid non basta a salvarla dalle critiche, che le sono state, e possono esserle, rivolte : lo so, la casella dommatica, atta ad inquadrare il pretore, che é ad un tempo attcre e giudice, c’é ed é stata da lungo tempo utilizzata per inserirvi la dichiarazione di fallimento d’ufficio dell’imprenditore commerciale insolvente, ma non si pud da un episodio, estremamente sporadico in pratica, trarre esca per pro- clamare la costituzionale legittimita della giurisdizione senza azione. Cid naturalmente non suona ostracismo decretato alla giuri- sdizione penale dei pretori (tanto pit anacronistico in un tempo, in cui @ stata attribuita a questo giudice monocratico la cogni- zione delle controversie individuali di lavoro e di assistenza e previdenza obbligatoric, in collegamento con la constatazione che posizioni, estremamente impegnate, come taluni diritti per- sonali e certi profili di tutela dell’impresa, ricevono I’unica, effet- tiva tutela con i provvedimenti d’urgenza previsti nell'art. 700), ché il problema é, in pratica, assai pit semplice: per svuotarlo di pratico contenuto basta attribuire nelle preture, cui é addetto pit di un magistrato, la istruzicne predibattimentale a magi- strato, diverso da quello, cui sono riservate la istruzione dibat- timentale e la decisione, seppure non si vuol accedere alla pit radicale soluzione di istituire uffici autonomi del pubblico mini- stero presso ogni pretura. Certo, una pid filtrata coscienza dell’azione civile avrebbe forse indotto a dubitare della razionalita del magistrato, che porta il giudizio sulla imputazione, da lui stesso predisposta e, quindi, reputata, quanto meno, non infondata, ma il problema @ ben pitt vasto ¢ s'inserisce in un ambiente, nel quale tra il pro- cesso civile e il proceso penale c’é solo assonanza, pi che iden- tita o affinita di condizioni. Si consideri: nel proceso civile il principio nemo iudex in (10) Fore ii., 1967, 1, 1655. SIGNIFICATO ATTUALE DELLA AZIONE ECC. 367 causa propria si fonda sulla normale coincidenza tra titolarita dell'azione e pertinenza del diritto controverso, della cui consi- stenza non pud ovviamente giudicare il titolare dell’azione, lad- dove il pubblico ministero non é mai la parte lesa, seppure non si vuole aggiungere che gli interessi, cui si riferisce la norma pe- nale, non sempre s‘identificano con quelli, di cui & portatore Ja parte lesa. Si obiettera che V'investigatore, che prende sul serio le sue funzioni, finisce con l'identificarsi con la parte lesa e, meno figu- rativamente, che la nolitia criminis si trasforma in imputazione, sol a seguito della istruzione, di cui & autore il pubblico mini- stero, ma, a parte che le due posizioni non possono essere scam- biate, c’@ da dire che il problema si sposta su altro campo, che in parte condizionato dall’azione, ma non puo riuscirne identi- ficato: mi riferisco al_principio_dispositivo, sul_significal del uale vivacl dispute si sono in tempo recente accese, tra i cul- tori del processo civile, sul se la disponibilita delle prove, da K rte del giudice, sia sufficientemente equi fibrata dalle garanzie pare end nel aivieto di utilizz del contraddittorio e si esaurisca, quindi, nel divieto di utilizza- zione del sapere privato del _giudice inaudilis artibus, oppure ‘se Si Fisolva in una rigorosa distinzione, quoad personas, tra istru- Guesto punto, sembra che pit sostanziosi suechi potreb- pero essere ricavati dalla convenzione europea per Ia salvaguar- dia dei diritti dell’uomo e, segnatamente, da quell'art. 6, di cui, troppo disinvoltamente, si liberd la Corte costituzionale nella sentenza del 1970. ‘Art. 6, invece, presentissimo, in spirito, nella sentenza 17 no- vembre 1971, n. 177 (11), con eui la Corte costituzionale ha dichia- rato Villegittimita dell'art. 515, ult. comma, cod. proc. pen., che prevedeva Vappello incidentale del p.m.; nella motivazione @ Sottolineato il carattere transattivo che, informando di sé ogni forma d'impugnazione incidentale tardiva, mal si concilia con Ja obbligatoriet& dell’azione del pubblico ministero, ma piace Joggervi che «T'appello incidentale, essendo consentito ad una sola delle parti nel processo, tuba Vequilibrio del contraddit- torio, che si polatizza nellimputato (¢ nel suo difensore) da_un (it) Fore it, 1971, 1, 2918. a i i ee 368 RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE lato, e, dall’altro, nel pubblico ministero, portatori di interessi contrapposti». Esigenza di equilibrio, che sta alla base della sentenza 16 dicembre 1970, n. 190 (12), che ha dichiarato l'ille- gittimita dell’art. 304 bis, 1° comma cod. proc. pen., limitatamente alla parte in cui esclude il diritto del difensore dell’imputato di assistere all’interrogatorio istruttorio del medesimo, per violazio- ne dell’art. 24, 2° comma. Art. 24, 2° comma ; ecco il ponte, su cui si possono e si debbono dar la mano tutti i processi e non é dubbio che il gemellaggio sia favorito dalla coscienza di quel che, nella teoria dell'azione civile, & vivo su questo argomento, e di quel che, a seguito delle vicende sommariamente esposte, ne é entrato a far parte, ma a condizione di non dimenticare le non identiche estrazioni e i diversi ambienti. 4. — Avrei finito, se, invertendo Vangolo di visuale, dal quale si é svolta la presente indagine, non mi domandassi che cosa dica ad un civilprocessualista il principio dell’obbligatorieta dell’azione penale, che, almeno nelle sue linee essenziali, dovrebbe vigere anche nel campo del processo civile (13). Intanto, & chiaro che la responsabilita del pubblico ministero potrebbe sorgere, in utroque, sol in omiitendo, non gia in commit- tendo, perché il modo del’esercizio dell’azione anche penale é assorbito dalla decisione del giudice, salvi i margini, fissati, per il solo processo civile, dall’art. 74 cod. proc. civ., che chiama responsabili i magistrati del pubblico ministero, quando, nello esercizio delle loro funzioni, sono imputabili di dolo, frode © concussione. Per quel che concerne le omissioni, 1a responsabilité del p. m. non é prospettabile nel campo del processo civile, perché l'art. 74, a differenza dell’art. 55, non considera, né potrebbe considerare ipotesi di responsabilita civile dei magistrati del pubblico mini- stero gli ingiustificati rifiuti, ritardi e omissioni di provvedere su domande e istanze delle parti e, in generale, di compiere atti del loro ufficio, seppur non si vuol soggiungere che coloro che sarebbero in ipotesi pregiudicati dal comportamento del magi- strato, sono legittimati in via concorrente ad agire in giudizio. (12) Foro it, 1971, 1, 8. (13) Chiavario, It pubblico ministero organo di giustisia?; Ghiara, Riforma det tuolo € det poteri del pubblico ministero, in Riv. it, dir. proc. pen., 1971, 714 @ 775, SIGNIFICATO ATTUALE DELLA AZIONE ECC. 369 A proposito del pubblico ministero, agente nel processo penale, la omissione va limitata all’ipotesi, in cui non viene scelta alcuna delle tre alternative, previste dal gia illustrato art. 74; @ il caso del magistrato, che, malgrado la notitia criminis, pervenutaght in uno dei modi previsti dalla legge, 0 la istruzione preventiva, eseguita direttamente o per mezzo degli ufficiali di polizia giudi- ziaria, non trasmette gli atti al pretore o ad altro giudice compe- tente, né fa richiesta di archiviazione ovvero di apertura di istru- zione formale al giudice istruttore. Sol il magistrato, che versa e persiste in questo stato di ata rassia, non adempie all'obbligo di esereitare I'azione penale, non gid il magistrato, che richiede Parchiviazione perché questa segue al decreto del giudice istruttore, il quale non & menomamente vin- colato dall’opinamento del pubblico ministero. Che poi il magistrato, di cui si favoleggia, osservi V'aurea mas- sima del quieta non movere perché non gli & gradito lavorare, 0 per atteggiamenti estragiuridici, non interessa, cosi come nulla hanno a che fare con Vart. 112 le troppo affrettate archiviazioni, di cui sono autori taluni giudici istruttori. Naturalmente, perché Tazione penale non sia insidiata dal solo evento valutabile (¢ cio’ dalla omissione nel senso pregnante, che si @ visto), @ mecessario non tanto eliminare la vigilanza del ministro per In grazia ¢ la giustizia 0, a seconda dei punti di vista, sostituirla con la dipendenza gerarchica da quel ministro ovvero — perché no? — dalla Presidenza del Consiglio dei Mini- stri, quanto «personalizzare» V'operato (¢ le omissioni) dei singoli magistrati del pubblico ministero, e, per cid fare, & necessario serutinare Ja conformita, all'art. 112, dell'art. 70 dell’ordina- mento giudiziario, che attribuisce ai soli procuratori generale € ai procuratori della repubblica Je funzioni del pubblico ministero presso le corti e i tribunali prevedendo che Je esercitino personal- mente 0 per mezzo dei dipendenti magistrati, e, soprattutto, del- Yart, 16 d. legisl. 30 maggio 1964, n. 511, che estende la sorve- glianza del procuratore generale della corte d'appello ai magi- Strati, addetti alle procure della repubblica presso i tribunali compresi nel distretto. Questo principio, che si suol definire dell'indivisibilita del Yufficio del pubblico ministero, proviene dalla Francia, ma il certificato di origine non esime dal domandarsi se un obbligo del tipo di quello, previsto nell'art. 112, possa essere imputato al 370 RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE solo capo di un ufficio o se il riferimento dell’obbligo all’ufficio non imponga il rispetto della collegialita tra le persone fisiche, che lo compongono, e, ove cid si appalesi in concreto inattuabile, non mini alla base il riferimento globale e persuada di ravvisare nei singoli magistrati i soggetti passivi dell’obbligo. Rilievi, che, se validi, valgono a fortiori per il potere di sorveglianza dei pro- curatori generali di corte d’appello (14) (15). ViraiLio ANDRIOLI prof. ord. nell'Universita di Roma (14) Purtroppo le recenti sentenze 18 luglio 1973, nn. 143 € 144 (Foro tt., 1973, I, 2644), von cui la Corte costituzionale ha ritenuto infondate le questioni di costituzio- nalita delle normative disciplinatrici delle parallele situazioni degli uftici giudiziari divisi in pitt sezioni, fan temere la perpetuazione del « mal francioso ». (15) Non @ inopportune ricordare l'insegnamento del Manzini, Diritto penale ita- iano, 1950, V*, n. 1391, essere escluse dalla riserva dell'art. 328 cod, pen. le ipotesi del dell'omissione 0 del ritardo d’atto d’ufficio, che sono punibili e perseguibili Fifiuto, incondizionatamente.

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