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13/08/23, 13:29 Emanuela Orlandi e la morte di Paola Diener, figlia del capo dell'Archivio segreto vaticano.

aticano. «Fu scelta per ricattare i vertici Ior»…

Emanuela Orlandi e la morte di Paola Diener, figlia


del capo dell'Archivio segreto vaticano. «Fu scelta
per ricattare i vertici Ior»
di Fabrizio Peronaci

La pista dei messaggi da Boston rilancia il movente economico. La 33enne morì (folgorata
sotto la doccia) nell'ottobre 1983. In quei giorni la commissione Italia-Vaticano discuteva
sul mega-rimborso legato al crack dell'Ambrosiano

Emanuela Orlandi e la pista di Boston, il crack del Banco Ambrosiano e


il profondo rosso delle casse vaticane. All'indomani dell'individuazione da parte
della Procura di Roma di una donna 59enne coinvolta nell'invio (a fine 1983) di
messaggi dal Massachusetts, nel giallo della "ragazza con la fascetta" torna alla
ribalta il movente economico. La novità, in estrema sintesi, è questa: da
oltreoceano, in una delle 4 lettere inviate al giornalista Richard Roth,
corrispondente romano dell'emittente Cbs, i responsabili dell'«operazione
Orlandi» parlarono della "soppressione" di una non meglio
precisata "cittadina", avvenuta "il 5 ottobre 1983", oltre tre mesi dopo il
mancato ritorno a casa di Emanuela. Un messaggio rimasto incomprensibile fino
al 2013, quando il reo confesso Marco Accetti spiegò che i sequestratori
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alludevano a Paola Diener, 33 anni, figlia del responsabile dell'Archivio


segreto vaticano, morta folgorata sotto la doccia proprio quel giorno, nella casa
di via Gregorio VII in cui viveva con gli anziani genitori, il cavalier Joseph
Diener, appunto, stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, e sua moglie
Maria. «Avevamo già attenzionato la ragazza per svolgere pressioni in ambito
ecclesiale - dichiarò il fotografo romano oggi 67enne - ma la morte
improvvisa della giovane, evento a noi estraneo, ci colse di sorpresa.
Tuttavia, sfruttammo la disgrazia per far credere che l'avessimo uccisa noi e
per aumentare la nostra capacità intimidatoria».

Il messaggio da Boston e la notizia su Paola Diener sui giornali dell'epoca

La commissione Ior-Ambrosiano
Fin qui, quanto già emerso. Ma c'è dell'altro. Dal recente riesame degli atti
dell'inchiesta 2008-2015 sui sequestri Orlandi-Gregori, infatti, è affiorata una
circostanza sfuggita (o sottovalutata) in passato, ritenuta centrale dagli attuali
inquirenti. «A differenza di Emanuela e di Mirella - pose a verbale Marco Accetti
una decina d'anni fa - la Diener non doveva essere sequestrata, ma utilizzata
a fini di ricatto. Ci serviva una nuova donna per influire sui lavori
della Commissione bilaterale riguardante i fatti dell'Istituto opere di religione,
che avrebbe dovuto consegnare i risultati entro il 30 settembre 1983».

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CRONACA
La famiglia Orlandi e Giovanni Paolo II, ecco le
foto private

Il maxi-debito della Santa Sede


Eccolo, dunque, il colpo di scena: secondo il principale sospettato delle
scomparse Orlandi e Gregori (Accetti fu prosciolto nel 2015, ma dal 2022 è
tornato sotto indagine per l'omicidio collegato di Katy Skerl), una terza
giovane, Paola Diener, finì nel mirino dello stesso gruppo di potere
coperto (tonache infedeli, servizi segreti deviati, malavita) con un fine
preciso: far capitolare i vertici del Vaticano nella partita in corso
sugli scandali finanziari. La commissione bilaterale sul dissesto Ior-
Ambrosiano era composta da Agostino Gambino, Pellegrino Capaldo e Renato
Dardozzi per la parte vaticana e da Filippo Chimenti, Mario Cattaneo e Alberto
Santa Maria per quella italiana. Un negoziato duro, segnato da numerosi passi
falsi, con una posta in gioco altissima: trovare il modo di far restituire all'Italia
dalla Santa Sede, salvando la faccia, le molte centinaia di miliardi di
lire inghiottite dalle casse vaticane negli anni precedenti, in buona parte per
sostenere il sindacato polacco Solidarnosc.

CRONACA
Emanuela Orlandi, ecco i 4 messaggi (più il
codice segreto e l'audio) inviati da Boston a fine
1983

La scadenza del 30 giugno


Tale trattativa, cruciale per l'immagine della Chiesa, rappresentò dunque il
movente primario del sequestro di una giovane concittadina del Papa? A
giudicare dall'interventismo di Karol Wojtyla, che fin dal 3 luglio 1983, a soli
11 giorni dal mancato rientro di Emanuela, si espose in prima persona
lanciando accorati appelli per la liberazione, parrebbe di sì. E va considerata
un'altra tessera del mosaico che si va componendo: la scadenza del 30
settembre 1983 non era la prima. In precedenza c'erano state altre date-

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ultimatum. Tre mesi prima del presunto ricatto-Diener, in particolare,


una situazione pressoché identica - come si legge negli atti giudiziari oggi
"rivisitati" - avrebbe tragicamente influito sulla mancata riconsegna di
Emanuela e Mirella alle rispettive famiglie: «Il 30 giugno 1983 la commissione
incaricata di risolvere il contenzioso Ior-Ambrosiano - ha dichiarato Accetti in
uno degli interrogatori davanti al pm Giancarlo Capaldo - avrebbe dovuto
esprimere un parere definitivo e risolutivo sulla vertenza, ma venne
aggiornata. I lavori furono rinviati sine die. Tale decisione ci insospettì, per cui
le due ragazze vennero ulteriormente trattenute in attesa di comprendere le
ragioni del rinvio». Fu insomma il primo tempo? Fallito il ricatto tramite la
finta "scappatella" da casa di Emanuela (così lasciarono intendere i telefonisti
iniziali, all'indomani del 22 giugno) i rapitori dopo l'estate rilanciarono le loro
pretese, nelle trattative sotterranee, facendo credere di aver "soppresso" Paola
Diener, guarda caso anche lei figlia di una personalità nota nella Città del
Vaticano?

Il palazzo dove vivevano i Diener e l'Annuario 1983

Morte di Calvi, attentato a Rosone


Le nebbie sembrano diradarsi, alla luce dei messaggi di
rivendicazione pervenuti da Boston, uno dei quali, l'audio contenuto in una
cassetta, registrato dalla donna oggi 59enne (allora era poco più che
maggiorenne), di ceto medio alto, residente a Roma nord, identificata dalla

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Procura nelle scorse settimane. D'altra parte, nella vicenda Orlandi-Gregori


il movente economico (da integrare con quello politico internazionale, connesso
alle accuse di Ali Agca a Est come mandante dell'attentato) si impose fin da
subito come il più accreditato e sostenuto dai maggiori riscontri. L'ipotesi di un
sequestro legato al dissesto della banca della Santa Sede, il famigerato Ior
guidato da Paul Marcinkus, fu presa in considerazione innanzitutto perché il
contesto parlava chiaro: il presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi "suicidato"
l'anno prima a Londra (giugno 1982); il suo vice, Roberto Rosone, vittima di un
attentato a Milano (aprile 1982) eseguito dalla "mala" romana; soldi, tanti
soldi in entrata nella banca vaticana; gli stessi danari in partenza, con modalità
semiclandestine, verso la Polonia "testa d'ariete" contro Mosca; l'agente
segreto Francesco Pazienza a colloquio con altissimi prelati (qui il servizio del
Corriere) per "incastrare" Marcinkus; Giovanni Paolo II in visita a Cracovia,
nelle stesse ore in cui Emanuela telefonava a casa per dire di aver ricevuto una
strana proposta di lavoro per la Avon, che letta al contrario si legge Nova, come
la pontificia fondazione che gestiva l'obolo della Chiesa...

Il giornalista Roth e una delle lettere ricevute da Boston (alla quale era allegato un
codice segreto)

Le mosse della Procura


Uno scenario complesso ma con più di un fondamento, a quanto pare. Tanto più
adesso che l'ingresso sulla scena della donna che rivendicò il sequestro da
Boston, interpretato alla luce delle risultanze già agli atti, consente ulteriori
approfondimenti. Sul fatto che la nuova testimone sia stata o no sentita il riserbo
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è totale. Bocche cucite in Procura. Il pm Erminio Amelio, titolare dell'inchiesta


collegata su Katy Skerl (dopo la scoperta, nel 2022, del furto della salma al
Verano), avrebbe consegnato il materiale istruttorio che eccede le sue
competenze al collega Stefano Luciani, titolare del fascicolo su Emanuela
Orlandi aperto in seguito a un ricorso della famiglia al Csm.

I verbali su Paola Diener


Tra le nuove prove testimoniali all'esame della Procura, inevitabilmente, quelle
attorno a Paola Diener (e alla connessa pista economica) sono state poste in
cima alle altre. E dunque può essere utile rivederle in rapida sequenza, una ad
una, le dichiarazioni di Marco Accetti tornate dopo anni sotto la lente
d'ingrandimento. La prima riguarda la decodificazione del comunicato (il
terzo da Boston, dicembre 1983) rimasto per 30 anni inspiegato. Cosa
intendevano dire i rapitori con la frase «comunicheremo esclusivamente al
Segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli il nominativo della cittadina
soppressa il 5-10-1983 a causa della reprensibile condotta vaticana?». Ecco la
risposta: «Ci riferivamo alla morte di Paola Diener, una giovane che avevamo
contattato nei mesi precedenti, un po’ come la Orlandi, per esercitare pressioni su
alcuni prelati, solo che si dimostrò non idonea alle nostre aspettative...». Poi, a
seguire, le altre dichiarazioni. Il profilo della vittima: «La giovane Diener, sulla
trentina, abitava in via Gregorio VII con i genitori. In casa sua mettemmo delle
microspie. Ma non facemmo in tempo ad avvalerci di lei perché morì in un
incidente casalingo: un fatto casuale nel quale noi, e credo anche la nostra
controparte, fummo estranei». L'azione criminale: «Volevamo essere certi che
non riferisse al padre il contatto avuto con noi, e per questo posizionammo una
microspia presso la sua abitazione. Io ero in strada, controllavo che non arrivasse
nessuno della famiglia». I possibili riscontri: «Per accedere al palazzo ci
fingemmo clienti di uno studio di agopuntura cinese. L'appartamento era al piano
terra, entrando sulla destra, dotato di cortile. C'era un cagnolino vivacissimo, che
ci intralciò nel nostro lavoro, tanto che dovemmo interrompere l’azione per
dargli da mangiare. Ma alla fine riuscimmo a microfonarla». La disgrazia:
«Sorprendentemente, leggendo i quotidiani, ne riscontrammo l’improvvisa morte
dovuta a folgorazione per elettricità mentre la stessa era all’interno della vasca da
bagno. Ritenemmo il fatto assolutamente incidentale, ma lo sfruttammo per far
credere che fosse nostra opera, citandolo in uno dei nostri comunicati…». Infine,
l'ultima macabra dichiarazione: «Fotografammo il viso della Diener presso la
camera ardente e lo mostrammo a chi di dovere».

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Marco Accetti e, nei riquadri, Mirella Gregori e Emanuela Orlandi

L'accordo di Ginevra
Ora, l’idea che un giovanotto coinvolto in azioni coperte, senza dubbio all’epoca
in uso dentro e fuori gli ambienti ecclesiastici, una mattina di quel lontano
ottobre 1983 si sia intrufolato, mescolato ai parenti in lutto, in una delle sale
dell’obitorio dell’istituto di medicina legale, al Verano, per scattare foto alla
defunta, ha dell’abominevole. Ma tant'è. Toccherà ai magistrati, nella nuova fase,
mettere un punto fermo. Tenendo presente un altro dato certo: la Commissione
bilaterale sullo Ior-Ambrosiano, tra ultimatum e pressioni esterne, in effetti alla
fine un'intesa la trovò, con la firma (nel maggio 1984) del cosiddetto accordo di
Ginevra, in base al quale il Vaticano si impegnò a versare all'Italia 250 milioni di
dollari a titolo di "contributo volontario". Scandalo rientrato e Santa Sede
costretta a cedere, insomma: da questo punto di vista, chi aspirava a vedere
Marcinkus nella polvere avrebbe avuto partita vinta, al netto della tragedia di
due ragazzine sparite e delle altre vittime di questo enigma
infinito. (fperonaci@rcs.it)

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a fine 1983
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della 15enne scomparsa: il ruolo di portavoce, la prima telefonata segreta

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09 agosto 2023 (

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