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Mattia Pascal vive a Miragno, in Liguria.

Mentre si trova nella biblioteca della città, Mattia


Pascal decide di raccontare la sua storia.

Il protagonista del romanzo racconta che in precedenza viveva insieme alla madre e al fratello
Roberto in condizioni agiate grazie al lavoro del padre, che investì soldi in proprietà. Dalla sua
morte, avvenuta quando Mattia aveva quattro anni e mezzo, si erano affidati a Batta Malagna,
il quale per pagare i debiti iniziò a venderle, arricchendosi sfruttando l’ignoranza della madre.
Mattia Pascal era stato perciò costretto a cercare lavoro trovandolo presso la biblioteca.

L’amico Pomino è innamorato di Romilda Pescatrice, la quale però si innamora di Mattia, che
la sposa. Mattia e Romilda vivono insieme alla suocera.

La famiglia e il lavoro rappresentano una trappola per Mattia Pascal. Lui e la moglie hanno due
gemelle: la prima muore subito la seconda dopo un anno; poco dopo muore anche la madre,
così Mattia decide di andare in America. Si ferma a Montecarlo, dove gioca d’azzardo al casinò
per 12 giorni, andandosene con un bottino di 82 mila lire.

Mentre in treno escogita un modo per scappare dalla sua vita, legge il suo necrologio: la
moglie e la suocera, credendolo morto, lo avevano riconosciuto in un cadavere ritrovato in
quei giorni. Mattia decide di iniziare una nuova vita e sentendo due signori discutere
sull’iconografia cristiana, ricava il nuovo nome: Adriano Meis.

Adriano getta la fede e si inventa un nuovo passato. Decide di operarsi l’occhio strabico, di
tagliare barba e capelli e da Milano si trasferisce a Roma. Qui vive in affitto in una camera
ammobiliata. Stinge amicizia con l’affittuario, la figlia Adriana e l’altra donna in affitto. Presto si
accorge che non avere un passato lo costringe alle bugie: molto iniziano a fargli domande
personali, alle quali lui risponde con storie inventate.

Adriano continua a ripetere di essere libero, ma molto spesso il ricordo va alla famiglia. Si
innamora di Adriana e durante una seduta spiritica la bacia. La vuole sposare ma non può
perché Adriano Meis non esiste e sapendo di essere vivo per la morte ma morto per la vita,
decide di fingere un suicidio. Lascia vicino al ponte un biglietto d’addio e torna al suo paese.
Qui trova la moglie sposata con Pomino con una figlia. Decide di non riprenderla in moglie ma
di lasciarla all’amico, fa due giri intorno al villaggio ma nessuno se ne accorge e si dirige verso
la biblioteca. Ogni tanto va al cimitero, dove lascia dei fiori.
Rosso Malpelo è un ragazzo di cui quasi tutti ignorano il vero nome, al punto che persino la
mamma lo ha quasi dimenticato. Tutti, infatti, lo chiamano Malpelo per via dei suoi capelli
rossi che gli sono valsi non solo questo spiacevole soprannome, ma anche una pessima
nomina. Stando alle credenze popolari, infatti, i capelli rossi sono indice di cattiveria.
Trascurato e maltrattato da tutti, madre e sorella comprese, Malpelo cresce “torvo, ringhioso,
e selvatico" rassicurato solo dal padre, che lo difende spesso, con cui lavora presso una cava di
rena.

Le cose precipitano quando l’uomo, Mastro Misciu, accetta di abbattere un pilastro


considerato ormai inutile. Si tratta di un incarico molto pericoloso, accettato solo per bisogno
di denaro, che finisce con il costargli la vita malgrado gli sforzi compiuti dal figlio per liberarlo
dalle macerie. Il lutto segna profondamente Malpelo, che decide di meritarsi definitivamente
la nomina dovuta al suo aspetto e inizia effettivamente a comportarsi in modo cattivo con tutti
e ad avere comportamenti violenti di vario tipo arrivando anche a picchiare il vecchio asino.

La sua solitudine fatta solo di duro lavoro, però, non è destinata a durare, perché alla cava
arriva Ranocchio: un ragazzo con un femore lussato molto gracile e inesperto. Tra i due nasce
uno strano legame: Malpelo maltratta il nuovo arrivato e si rivolge spesso a lui in modo
violento ma, d’altro canto, fa di tutto per proteggerlo dandogli il proprio cibo e svolgendo al
suo posto le mansioni più pesanti. Il tempo trascorre in questo modo fino a che il cadavere di
Mastro Misciu non viene ritrovato consentendo al ragazzo di recuperare almeno gli attrezzi da
lavoro del padre, che decide di tenere come ricordo. Si tratta di una magra quanto
temporanea consolazione: Ranocchio, malato di tisi, dopo essere finito a terra per via di una
spinta del suo compagno di lavoro, peggiora e, nonostante gli sforzi dell’amico che gli porta
vino e minestra nel tentativo di farlo riprendere, muore.

Ora Malpelo è definitivamente solo. La madre e la sorella sono andate a vivere altrove e a lui
non resta che lavorare nella cava dove le giornate sono talmente dure da spingere addirittura
un evaso, che lì aveva trovato un impiego e un rifugio, a cercare una soluzione migliore. Senza
nessuno che si prende cura di lui, il ragazzo accetta di svolgere le mansioni più ingrate e
rischiose al punto che un giorno, portando con sé gli attrezzi del padre, scompare durante
un’esplorazione del sottosuolo alla ricerca di un pozzo. Inghiottito dalla terra Malpelo
scompare lasciando ai ragazzi una pesante eredità: la paura che il suo fantasma si aggiri per la
cava “coi capelli rossi e gli occhiacci grigi".

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